Sono passati molti anni dall’ultimo volo di Ace Combat, il “simulatore” aeronautico più famoso al mondo. La sua è una storia lunga, così come la trama dei vari capitoli, via via intrecciata per formare una narrazione intrisa di personalità. Poi gli aerei, da quelli più iconici a quelli ultra moderni e, come da tradizione, prototipi dalle più disparate forme e capacità belliche. Ace Combat mancava tanto a un certo segmento di pubblico e l’arrivo del settimo capitolo ufficiale non è che una gioia per tutti i sensi di cui l’uomo dispone (tranne olfatto e gusto perché la tecnologia è pur sempre questa).
La guerra non cambia mai
Nel corso degli anni anni Ace Combat ci ha abituati a numerosi intrecci di trama che via via si son fatti ancor più intensi. Nonostante questo però, il settimo capitolo ufficiale viene in contro alle esigenze di tutti, riuscendo a essere comprensibile per i neofiti ma in grado di rispolverare vecchi ricordi e chicche per i fan. Entrano in scena dunque le battaglie aeree più intense del franchise sul pianeta Strangereal, il mondo alternativo protagonista di tutte le vicende narrate finora, in cui i vari stati si danno battaglia a suon di missili di vario tipo. Pur avendo avuto capitoli ambientati nel futuro, questa volta le vicende si svolgono nel presente, un 2019 che vede Erusea e Osea darsi battaglia per il controllo dell’Ascensore Spaziale, ormai unico modo per colonizzare lo spazio. La sua costruzione è proprio la causa del conflitto: dopo l’impatto con un asteroide, uno dei continenti, Usea, era sul lastrico, aiutato successivamente da tutti i paesi del pianeta tranne il regno di Erusea che adesso, non vede di buon occhio l’influenza di Osea in questo territorio. Inizia dunque la cosiddetta Lighthouse War, una guerra che mette in campo nuove tecnologie in grado di soppiantare i piloti umani.
Proprio l’utilizzo di droni e la ricerca scientifica atta al loro perfezionamento è uno dei temi trattati all’interno della trama di questo capito, composto da 20 missioni. L’argomento è di stretta attualità: si parla spesso di come l’uso più intenso di droni da battaglia e armi intelligenti stia pian piano stravolgendo l’operato e il significato stesso di guerra. I cosiddetti Assi, i piloti migliori dei cieli di tutto il mondo, rischiano di aver ben presto tarpate le ali, trasformando l’eliminazione dell’obbiettivo in una serie di codici binari. Benché non sia il fulcro delle vicende, questo argomento è trattato come solo i giapponesi riescono a fare, un concentrato di teatralità e suggestioni. La Lighthouse War è in grado di richiamare numerosi ricordi come Farbanti, la capitale di Erusea o la struttura Stonhenge, in un mosaico di vecchio e nuovo ben strutturato e raccontato anche grazie a ottime cutscene in CGI.
La narrazione procede dunque spedita, ricca di colpi di scena e dal buon ritmo generale, accompagnata da una regia a dir poco perfetta.
Unico, possibile piccolo neo, è riscontrabile nei sottotitoli a volte difficile da leggere in mezzo al trambusto generale. Ricordiamo che il doppiaggio è solo disponibile in giapponese o inglese.
Ma l’offerta ludica di Ace Combat 7 non si ferma alla sola campagna single player, permettendo un multiplayer che vede tra le sue fila anche una battle royale (un tempo semplicemente deathmatch). Inoltre, suggestiva è anche la possibilità di poter utilizzare visore VR, in cui, all’interno dell’abitacolo, possiamo immedesimarci in qualunque Top Gun del mondo.
E Maverick muto
Anche per chi non è avvezzo con questo tipo titoli, come da tradizione, Ace Combat permette l’approccio adeguato a ogni tipo di videogiocatore. Di fatti, potremmo scegliere due modalità di gameplay che ne modificano comandi e semplicità di utilizzo: ma scegliere tra principiante ed esperto non è così scontato. Se la prima consente un utilizzo semplificato, con l’andare del tempo finisce per esserlo troppo e limitante, in quanto in fasi avanzate, la maggior possibilità di movimento offerti dalla modalità esperto consente approcci più aggressivi ma anche più divertenti, sfruttando soprattutto lo stallo. Nonostante dunque il gameplay abbia spiccate virate verso l’arcade, il titolo riesce a essere godibilissimo, ma solo se non ci si lascia “spaventare” dall’utilizzo immediato della modalità esperto che in fin dei conti, è la modalità “normale”.
Ma ben prima di solcare i cieli di Strangereal, bisogna prepararsi: il briefing pre-missione è fondamentale, non solo a livello narrativo ma segna anche la strategia che il videogiocatore avrà di lì a poco. Grazie alla tecnologia radar infatti, è possibile sapere in anticipo la posizione e la tipologia dei nemici e, questa conoscenza, influisce sulla scelta dell’aereo da utilizzare e gli armamenti. E qui arriva il bello: gli aerei, i veri protagonisti e suddivisi per tipologia, hanno caratteristiche e possibilità belliche differenziate ma ulteriormente potenziabili una volta sbloccati vari perk. È qui che il punteggio ottenuto in missione ha la sua rilevanza: la progressione da mezzi basilari ai caccia più evoluti, avviene tramite un complesso albero di sblocco di potenziamenti e aerei, con percorsi diversi: ad esempio, se il nostro obiettivo finale è pilotare F-22 Raptor, dovremo seguire un determinato percorso che porta il giocatore a ignorare tutto il resto. Ovviamente questo avvantaggia la rigiocabilità.
Il parco aerei vanta numerose chicche come il discusso (in Italia) F-35, o il russo Sukhoi Su-47, unico aereo (esistente) del lotto ad avere ali a freccia negativa. Un peccato non aver a disposizione caccia come quelli cinesi (come il J-20) o aerei iconici come l’F-117 Nighthawk. Un peccato è anche la poca possibilità di personalizzazione offerta, tralasciando una manciata di stemmi e skin.
Una volta scelto l’armamento a disposizione, siamo pronti a partire. Ace Combat 7 è uno dei pochi titoli a emozionare già dall’inizio della missione, con un insieme di regia, colonna sonora e gameplay che si mischiano, divenendo un unico mezzo in cui il giocatore può immergersi. Le battaglie sono vere e proprie coreografie con nemici che possono contare su una discreta intelligenza artificiale a livello di difficoltà normale. Ma anche qui, la massima difficoltà, unita al controllo esperto, è una delle esperienze più eccitanti offerte dal panorama videoludico, raggiungendo il picco durante le boss fight (poche a dir la verità). Tutti gli armamenti a disposizione hanno un range e un numero fisso di utilizzi (tranne la mitragliatrice in modalità principiante) per cui, dosare con cura ogni missile è fondamentale se non si vuole rimanere a secco proprio sul finale.
A rendere le cose ulteriormente interessanti è la simulazione degli effetti atmosferici, tra temporali, fulmini e raffiche di vento, in grado di avere un forte impatto sulla manovrabilità del mezzo o sui sistemi elettronici. Se non si sta particolarmente attenti in certi frangenti, schiantarsi al suolo o contro una montagna è un ottimo modo per ricominciare dal checkpoint. Questo sistema meteo dunque, non è solo di facciata: tutti gli elementi atmosferici sono in grado di influire attivamente rendendo alcuni scorci di missioni ancor più complessi. Senza contare inoltre, che i nemici sfrutteranno molto spesso i banchi nuvolosi per sfuggire all’agganciamento dei missili, sparendo dal nostro campo visivo.
Ma il cielo è sempre più blu
Skies Unknown è un titolo basato sul compromesso, per quanto concerne il comparto tecnico; il focus è incentrato sulla stabilità dei frame per secondo che, in un titolo come questo, è assolutamente fondamentale. Ciò non vuol dire però che ci troviamo di fronte a qualcosa di scadente: spicca tra tutto, la costruzione dello skybox grazie alla tecnologia TrueSKY, talmente ben realizzato da sembrar vero, con annessi effetti atmosferici in grado di arricchire quanto vediamo a schermo. Volare tra i cieli è qualcosa di suggestivo a prescindere, una peculiarità non di poco conto considerando che in fin dei conti, si tratta nuvole e atmosfera. Le debolezze del titolo si riscontrano una volta che il nostro mezzo si avvicina al terreno, con città, villaggi, strutture di vario tipo e vegetazione molto spesso di bassa qualità anche se, in certi frangenti si può anche chiudere un occhio. Questo perché a rendere il tutto estremamente godibile è la ricercatezza stilistica di alcune scene (anche in game), capace di mostrare una regia e una fotografia in grado di esaltare momenti che altrimenti passerebbero inosservati ai più. Ma veniamo alla realizzazione degli aerei, i veri protagonisti. La loro realizzazione può contare su un adeguato numero di dettagli, ancor più evidente al loro interno con ogni cockpit realizzato ad hoc. Grazie ad Ace Combat possiamo ammirare ogni singolo aereo sino ai particolari, rendendoci conto di come la tecnologia della costruzione di questi mezzi, sia cresciuta a livelli esponenziali. Ma ahinoi, l’esplorazione visiva degli aeroplani, mostra i compromessi citati poc’anzi: taxture e shader di bassa qualità, qualche imprecisione nella modellazione lasciano l’amaro in bocca, senza contare l‘eccessivo aliasing presente sopratutto durante i replay.
Dove invece si punta all’eccellenza, come da tradizione del resto, è sulla realizzazione della colonna sonora, che svolge un ruolo primario nell’accompagnare l’azione entrando di prepotenza nello script della regia. Le musiche composte da Keiki Kobayashi, ormai storico musicista della serie per conto di Bandai Namco, regala una delle migliori colonne sonore dell’anno – riascoltata durante questa scrittura –, costruendo brani ritmati conditi dalla classica dose di orchestrale ed elettronica. Musica e Regia divengono un tutt’uno consentendo al settimo capitolo di entrare nel novero dei migliori titoli della serie anche da questo punto di vista. Memorabile.
In conclusione
Ace Combat 7: Skies Unknow è prima di tutto un omaggio ai fan, una piccola perla per gli amanti del genere in grado di suscitare meraviglia infantile dinanzi all’eleganza mortale dei mezzi a disposizione. Quasi tutto funziona alla perfezione, dalla narrazione alla splendida colonna sonora che, in qualche modo, riesce a far dimenticare alcune magagne tecniche. Ace Combat 7 riesce nell’impresa di riportare in auge un brand storico, avvicinando magari i nuovi gamer a una saga che ha fatto della spettacolarità il suo marchio di fabbrica.