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Assassin’s Creed: vita e morte di un credo

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Il futuro è già accaduto?

Prima di arrivare al cambiamento radicale e probabilmente irreversibile, c’è tempo per Assassin’s Creed: Chronicles, una piccola trilogia composta da avventure nella Cina del XVI secolo, nell’India britannica del XIX secolo e nella Russia del XX secolo. I tre protagonisti,  Shao Jun (presente in Embers), Arbaaz Mir e Nikolai Orelov, sono immersi in ambientazioni 2.5D, un esperimento riuscito e piccolo segnale di cambiamento per il franchise.
Il tempo passava, il 2016 non vide sulla scena alcun titolo fino a quando cominciarono ad apparire in rete alcuni leak riguardanti la nuova ambientazione e nuove modalità di gioco. Origins, questo era il nome del nuovo capitolo, estremamente diverso dai suoi predecessori e che avrebbe permesso di scoprire come la Setta degli Assassini mosse i suoi primi passi. Ambientato quasi interamente nell’Antico Egitto, questo Assassin’s Creed ci metteva nei panni di Bayek di Siwa ma anche di sua moglie Aya (colei che diede davvero il via a tutto) immersi nei classici stilemi di vendetta nei confronti di cospiratori sparsi per le vie egiziane e non solo. Viene rintrodotta una trama parallela contemporanea con protagonista una ricercatrice dell’Abstergo Leyla Hassan che contravvenendo agli ordini di Sophia Rikkin (antagonista nel lungometraggio) si reca in Egitto per trovare uno dei Frutti dell’Eden. In questa fase i collegamenti diretti ad Assassin’s Creed III si fanno più evidenti, dimostrando la voglia di riprendere quanto lasciato in sospeso precedentemente. In questo capitolo viene introdotto un nuovo tipo di Animus, in grado di far rivivere ricordi anche senza l’uso del proprio D.N.A.
Le novità di Assassin’s Creed: Origins sono molteplici, a cominciare dalla maggior enfasi alla componente RPG, integrata quasi alla perfezione, con la presenza di livelli per il protagonista e nemici, livello di rarità per l’equipaggiamento e molto altro. Anche il criticatissimo combat system viene stravolto, avvicinandosi più a un souls like. La rappresentazione dell’Egitto del Medio Regno è poi da mozzare il fiato, con scorci idilliaci, ambienti molto vari e in grado di restituire quella “magia” che si prova stando ai piedi dei giganteschi monumenti egizi. Viene inoltre introdotto il Discovery Tour, una sorta di visita guidata alla storia dell’Antico Egitto, possibile grazie alla collaborazione con storici e archeologi del settore.
Grazie a queste implementazioni, Assassin’s Creed: Origins è riuscito a riportare quasi in auge il valore del brand, venendo valutato molto positivamente da critica e pubblico.
Ma, nel frattempo, le notizie su un nuovo Assassin’s Creed si facevano sempre più concrete, rimettendo ansia ai fan con un possibile capitolo ogni anno. Arriviamo dunque ad Assassin’s Creed: Odyssey, che fin da subito si presenta molto controverso.
Se i fan si aspettavano un sequel di Origins per ovvi motivi narrativi, Odyssey è invece un prequel sviluppato in contemporanea al suo predecessore. Ambientato nell’antica Grecia di 300 anni prima rispetto agli eventi egizi, la prima novità che salta all’occhio è la possibilità di scelta del sesso del personaggio a inizio partita, simil Fallout 4. Nonostante sia stato specificato dalla stessa Ubisoft che Kassandra è la vera protagonista del gioco, avremo la possibilità di impersonare anche Alexios; entrambi mercenari spartani e discendenti di Leonida I, combatteranno nella Guerra del Peloponneso contro l’esercito ateniese. A livello di gameplay non sembrano esserci grosse novità se non per una maggiore presenza di elementi RPG ed elementi sovrannaturali associati agli dèi greci (quasi sicuramente Frutti dell’Eden). Quello che cambia realmente l’intera natura del brand e che ha lasciato interdetti molti fan è la presenza dei dialoghi a scelta multipla, alla stregua di un Mass Effect: la loro presenza si scontra quasi “violentemente” con quanto narrato finora, in cui, chi rivive i ricordi dei propri antenati, non può in alcun modo alterarne gli eventi. Essendo presente anche la possibilità di mentire al proprio interlocutore, crea un problema di continuity e forse giustificabile in un solo modo: più si va a ritroso, più difficile è la ricostruzione degli eventi dal D.N.A. Che i dialoghi a scelta multipla siano un sistema dell’Animus per riempire le falle? Si tratta di pura e semplice speculazione e non ci resta che verificarlo giocando.
Ma, a questo punto, ritorniamo alla prima domanda; del resto non abbiamo fatto altro che notare come la storia in qualche modo si ripeta. Abbiamo parlato di come Assassin’s Creed sia nato da un Prince of Persia molto diverso dai suoi predecessori e proprio per questo si decise di creare questa nuova IP. E se, appunto, la storia si ripetesse? Assassin’s Creed: Odyssey è qualcosa di completamente diverso, non un frutto di una semplice evoluzione come lo furono Unity o Syndicate. Ha quindi ancora senso sfruttare un brand sì famoso, ma forse stantio? Sappiamo già che nel 2019 non uscirà nessun Assassin’s Creed, dandoci probabilmente appuntamento per il 2020 e la nuova generazione di console. Che sia il primo di una nuova stirpe?

E fummo tutti assassini

Come già accennato, l’impatto di Assassin’s Creed nella cultura pop è stato un fulmine a ciel sereno. Sin dalla presentazione di Altaïr, del suo cappuccio bianco, delle sue acrobazie, del Salto della Fede e soprattutto della Lama Celata, tutto è divenuto ben presto elemento d’ispirazione per tanti fan e non solo. Proprio la caratteristica arma, la sua meccanica ed estetica, sono diventati uno dei punti di forza del brand, e uno degli elementi più iconici della storia dei videogame. Anche il Parkour è stata disciplina passata dalla nicchia all’esplosione mediatica, con innumerevoli traceur in cosplay da Assassino, realizzare le stesse evoluzioni tra i tetti e i muri delle città. Assassin’s Creed era ovunque, anche all’interno di altri videogiochi: famoso è l’easter egg dedicato al franchise da The Witcher II, in cui era possibile trovare Altaïr a seguito di un salto della fede mal riuscito, steso morente su un pagliaio. Ma anche Kojima si è divertito in tal senso, sfruttando una partnership tra Konami e Ubisoft e il Pesce d’Aprile: in un trailer presentato da Jade Raymond, era possibile osservare un assassino utilizzare armi da fuoco moderne, facendo presagire un Assassin’s Creed ambientato nel futuro. Ma di lì a poco l’inganno venne svelato, mostrando sotto la famosa tunica, niente meno che Solid Snake. Il costume di Altaïr infatti, era una delle skin sbloccabili in Metal Gear Solid 4: Guns of Patriots.
Non sono mancati nemmeno i classici romanzi, da Assassin’s Creed: Rinascimento, il primo della serie, ad Assassin’s Creed: Forsaken, tutti scritti con la speranza di approfondire e ampliare quanto avveniva all’interno del videogioco, anche se non riuscendoci pienamente mentre, sicuramente più interessanti sono i fumetti, come la serie dedicata a Nikolai Orelov con Assassin’s Creed: The Fall, ambientato negli anni antecedenti alla rivoluzione russa con lo scopo di fermare lo Zar Nicola II. Le serie sono molteplici e tutte di discreto successo, come anche Aquilus, ambientato in epoca romana e sempre oggetto di speculazione da parte dei fan su un possibile nuovo capitolo videoludico.
Il successo del brand venne sfruttato sino allo svilimento e in concomitanza con la diminuzione delle vendite e dei risultati deludenti degli ultimi capitoli come Syndicate, la forza di Assassin’s Creed pian piano cominciò a scemare. A mitigare un po’ la situazione intervennero 20th Century Fox e Michael Fassbender, produttore della trasposizione cinematografica del videogioco. Interpretando Callum Lynch e Aguilar, assassino spagnolo durante il periodo di inquisizione spagnola, Fassbender non è riuscito a far centro nel cuore dei fan e soprattutto ad attirare nuovi “credenti”, per via di una sceneggiatura travagliata e la mancanza di spessore dei protagonisti, pur vantando nel cast  Marion CotillardJeremy Irons. Il tentativo di creare dunque un universo espanso si è spento sul nascere e anche le notizie sui futuri sequel non sembrano suggerire il contrario.

Giunti alla fine del nostro viaggio ci accorgiamo di una cosa: le epoche cambiano ma il concetto di saturazione evidentemente, è faticoso da comprendere. Per chi vi scrive, passando dal racconto di Tomb Raider ad Assassin’s Creed, la sensazione di déja vù è lampante, e sono solo due dei tanti brand presenti sul mercato. Perché dunque si ricade negli stessi errori? Avidità? Potrebbe essere una risposta semplice ma forse è proprio la natura dell’Animus a fornirci la risposta: siamo programmati per fare le stesse scelte, indipendentemente dal contesto; a meno che non giochiate Odyssey, sia chiaro.
C’è da dire però che nonostante Assassin’s Creed goda di amore e odio in egual misura, non si può trascurare la forza mediatica e l’importanza che la sua realizzazione ha portato all’interno del mondo videoludico, non solo all’interno degli ambienti free roaming, ma a tutto il panorama, dando il via definitivo all’aumento di personale, costi e contorno nella realizzazione di un videogioco.
Non ci resta dunque che attendere il nuovo capitolo, cercando di capirne il destino e se mai avrà una fine.

 

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