Life is Strange: Before The Storm – Episodio 3: L’Inferno è Vuoto – Si Ride, Si Scherza ma alla Fine si Piange

Purtroppo tutto ha una fine, soprattutto i viaggi che vorremmo durassero per sempre, come quelli vissuti assieme a Max, Chloe e Rachel. Siamo giunti dunque alla conclusione di questa trilogia prequel, in cui è centrale il rapporto tra la fedele amica di Max Caulfield e la quasi mitologica Rachel Amber. I primi due episodi hanno sviscerato la relazione tra le due, ma soprattutto hanno dato vita a una Rachel davvero carismatica, forse la vera protagonista di questa storia. Chi ha giocato il primo Life is Strange sapeva benissimo come sarebbe andata a finire, e proprio questo portava a una domanda anche nelle recensioni precedenti: può avere senso raccontare qualcosa che di cui si conosce già il finale?

The Chloe and Rachel show

L’Inferno è vuoto è il terzo episodio di Before the Storm ed è quello sicuramente più adrenalinico. Abbiamo imparato a conoscere il passato di Chloe Price e i suoi perché, ad amare un personaggio come Rachel Amber, ma anche il contorno presente ad Arcadia Bay. Tutti i nodi devono venire al pettine, ma Deck Nine è riuscita a sorprendere, incentrando l’intero episodio su una sola parola: fiducia.
Tutte le scelte fatte in precedenza avranno delle ripercussioni, anche se alcune di esse restituiscono la sensazione di esser fin troppo guidate, per cozzare il meno possibile con l’inizio del primo Life is Strange. Anche se i finali disponibili sono tre, infatti, questi differiscono solo per qualche dettaglio, ma risultano comunque tutti ben riusciti. Partendo proprio dal finale, possiamo trovare la scelta azzeccata di chiudere il tutto in dolcezza, con qualche vena malinconica, anche se la mazzata è proprio dietro l’angolo. La gestione del finale è proprio la ciliegina sulla torta, una “torta” i cui strati stanno nelle dinamiche instauratasi tra i personaggi, fra i quali spiccano ovviamente Chloe e Rachel, ma dove trovano spazio anche elementi tangenti alla narrazione principale.
Uno degli elementi più riusciti è senza dubbio la congiunzione di esperienze del giocatore e del personaggio: a un certo punto della storia, quello che accadrà alla protagonista sarà direttamente riferito a noi stessi e al nostro approccio alla narrazione. Questo è possibile grazie a un eccellente scrittura dei personaggi, in grado di apparire reali nonostante le scelte artistiche e alcune pecche tecniche. Ma, come per Life is Strange, Before the Storm è la perfetta amalgama di esperienze ed emozioni scaturite da avvenimenti così lontani eppure così familiari; Chloe, Rachel, Max, sono solo alter ego (“unisex”) delle nostre decisioni, scaturite da esperienze personali e uniche.

Casa Arcadia

Ma torniamo al punto focale, quella fiducia che ha anche un’altra faccia, ovvero quella del dubbio. Chloe e Rachel (sempre associata al fuoco) sono ormai intime, e l’avvenimento che ha scosso il finale de Il Mondo Nuovo viene sviscerato per tutto l’arco narrativo di questo conclusivo episodio, anche se alcuni elementi non convincono a pieno – ma ne riparliamo dopo.
A differenza di quanto visto finor,a sarà il silenzio o il suono della voce a traghettarci verso la conclusione, una scelta sapiente nonostante l’intero titolo si fregi di una bellissima colonna sonora. Ma non basta avere musiche d’eccezione, bisogna saperle usare, e Deck Nine ci riesce, azzeccando il momento esatto in cui l’uso di una nota o melodia può fare la differenza. La regia tocca il picco in una scena onirica che, ruotando ancora sul concetto di fiducia, riesce a dare quella sferzata decisiva alla crescita caratteriale di Chloe e a gettare le basi del personaggio conosciuto una volta presi i panni di Max nel primo titolo. Ma, come detto, qualcosa torna meno: alcune decisioni sembrano fin troppo forzate, e anche la caratterizzazione degli interpreti pare virare bruscamente in modo da incastrarsi perfettamente in un puzzle più grande.
Nella vita si sceglie una sola volta e Before the Storm riesce a veicolare questo messaggio meglio del suo predecessore, visto che qui le nostre azioni non possono essere cancellate con un’imposizione della mano.
L’inferno è vuoto non sarà comunque l’ultimo episodio: a breve uscirà un episodio bonus denominato Addio, incentrato su Chloe e Max. Questa aggiunta sarà l’ultimo saluto prima di lanciarci nel tanto atteso seguito di Life is Strange.

In conclusione

Può avere senso, dunque, raccontare qualcosa di cui si conosce già il finale? La risposta è assolutamente sì. Before the Storm riesce a entrare con prepotenza nel nostro immaginario, diventando parte essenziale del progetto Life is Strange. C’erano tantissimi modi di rovinare il tutto, il rischio di ottenere un prodotto senza né capo né coda, o piatto, era dietro l’angolo, ma fortunatamente tutto è andato per il verso giusto. Before the Storm ci ha regalato una Rachel Amber migliore di quanto potessimo immaginare, così ben studiata che perfino il solo entrare nella sua stanzetta suscita una certa emozione: una ragazza all’apparenza perfetta ma con un inferno dentro, tenuto a bada soltanto da Chloe. Solo adesso riusciamo a dare una forma e un significato più profondo all’urlo di dolore della ragazza dai capelli azzurri in LIS alla rivelazione della perdita della sua amata, e questo è uno dei tanti meriti di questo prequel.




Grandi annunci nell’odierno Nintendo Direct

Un po’ a sorpresa è arrivato il nuovo Nintendo Direct, ricco di annunci, a cominciare da un titolo che è stato una delle fortune di Nintendo DSThe World Ends With You arriverà su Switch nel corso di quest’anno e consentirà sia l’utilizzo dei controlli tradizionali che quelli touch.
Sono stati annunciati anche nuovi DLC per Pokken Tournament DX, suddivisi in due tranche: il 31 Gennaio arriverà un nuovo personaggio (Aegislash) insieme alla possibilità di supporto di Mega Rayquaza e Mimiky, mentre, il 23 Marzo sarà aggiunto al roster Blastoise, con il supporto di Mew e Celebi.
Il 16 Marzo sarà il turno di Kirby Star Allies, che presenta nuovi moveset e la possibilità di combinare le abilità in modalità coperativa.
Questo mese si attende il rilascio di Dragon Quest Builders ma, già da questo momento, è possibile provarlo su Nintendo Switch, attraverso una demo.
Questa primavera sarà anche il turno di Zelda Hyrule Warriors che, nella sua versione Ultimate, includerà tutte le espansioni rilasciate su Wii U e 3DS con inclusa la possibilità di giocare in co-op con schermo condiviso.
Oltre a Zelda, arriverà sulla console ibrida anche Mario Tennis che per la prima volta, introdurrà una modalità storia.
Qualche mese più tardi, dopo aver debuttato su PS4, PS Vita e PC, sarà il momento di vedere Ys VIII: Lacrimosa of Dana anche su Switch, l’action-RPG, sviluppato da Nihon Falcom.
A Febbraio arriverà la prima espansione per l’acclamatissimo Super Mario Odyssey in cui Luigi aiuterà il protagonista all’interno di un nuovo mondo, dopo aver concluso il plot principale. Il fratello di Mario dunque, ci darà la possibilità di avviare la modalità “Caccia al Palloncino”, una sorta di “Nascondino” in cui sarà necessario nascondere o trovare i vari palloncini che ci permetteranno di entrare nella classifica generale. L’aggiornamento includerà anche nuove skin e nuovi filtri per la modalità fotografica.
SNK Heroines Tag Team Frenzy potrebbe sembrare la festa del fan service ma potrebbe riservare qualche sorpresa. Questo picchiaduro presenterà infatti alcune caratteristiche care agli estimatori del genere. In arrivo questa estate su Nintendo Switch.
È previsto anche l’arrivo di un nuovo DLC per Mario+Rabbits: Kingdom Battle, per questa primavera. Donkey Kong sarà il nuovo personaggio disponibile.
Qualche data precisa l’abbiamo a disposizione, come quelle del 27 Febbraio, che vedrà l’arrivo di Payday 2 su Switch. Per l’occasione sarà disponibile un nuovo personaggio, il “Mago del computer giapponese” Joy.
Continuando su questa riga troveremo il 16 Gennaio il titolo indie EA, Fe mentre il 25 dello stesso mese, Celeste. Entrambi saranno disponibili su Switch.
Donkey Kong Country: Tropical Freeze sarà disponibile per Switch invece il 4 maggio. Il gioco aggiungerà un nuovo personaggio giocabile, Funky Kong, che influenzerà in modo unico il gameplay del platform.
Infine, ultimo ma non ultimo, la tanto attesa remastered di Dark Souls. Il 25 Maggio sarà il turno di un titolo sicuramente rinnovato sotto il profilo tecnico, avvalorandosi di nuovi shader e soprattutto di un comparto luci derivante dal terzo capitolo della saga. Oltre che su Switch, il titolo sarà disponibili anche sulle console rivali e PC.




Injustice 2 – Chi Aiuta un Eroe?

Siamo in pieno periodo Justice League, l’ultima fatica del DC Cinematic Universe in cui, per la prima volta, abbiamo potuto osservare le dinamiche di un gruppo disomogeneo ma, che per portare la pace, collabora al fine di salvaguardarla (circa). Ma non si vive di solo cinema: fortunatamente sono molti i videogame che, traendo ispirazione dalle stesse fonti, sono riusciti a creare storie efficaci e in grado di approfondire le personalità di uno o dell’altro eroe. Basti citare la serie Arkham dedicata al Cavaliere Oscuro firmata Rocksteady, un concentrato  “batmaniano” perfetto che, durante i suoi quattro capitoli, è riuscito a restituirci un Bruce Wayne come non si era mai visto. E un picchiaduro come Injustice? Proprio quest’ultimo è la dimostrazione che è possibile creare interi universi alternativi validi indipendentemente dal genere, proseguito splendidamente dal secondo capitolo.
Superman, ancora stravolto dalla morte di Lois Lane e di suo figlio, e imprigionato da Batman, continua a non cambiare idea sulla gestione della criminalità. Ma una nuova minaccia planetaria si avvicina e, come si suol dire, si farà di necessità virtù.

Injustice League

Injustice 2 si candida a diventare il miglior picchiaduro di quest’anno, anche grazie a un tessuto narrativo superiore alla controparte cinematografica recente. Come nel precedente capitolo, la storia prosegue su uno dei mondi alternativi al nostro, in cui Superman è diventato un vero e proprio dittatore, unificando il pianeta ed eliminando, o imprigionando, chi può ledere lui o la pace sulla Terra. Ma adesso è in una prigione speciale costruita da Batman, l’unico a essersi opposto alla tirannia del kriptoniano e unica fonte di incorruttibilità rimasta per le vie di Gotham. In questo secondo capitolo Brainiac, Il Collezionista di Mondi, sarà il villain, una minaccia totale e tangibile, essendo stato protagonista della distruzione di Krypton anni addietro. Toccherà dunque a ciò che rimane della Justice League tentare di contrastarlo.
Se c’è una cosa che caratterizza la narrazione dei ragazzi di NetherRealm è la consapevolezza di aver scritto qualcosa di maturo e lontano da banalità e momenti frivoli che la controparte cinematografica ci ha abituati a vedere. Ogni personaggio è costruito in modo credibile, soprattutto quelli che hanno accettato il cambiamento imposto da Superman. Diversi saranno i momenti epici in grado di farci sobbalzare dalla sedia e colpi di scena ben gestiti. Non mancano alcuni escamotage narrativi al fine di rendere credibile uno scontro come tra Freccia Verde e Superman e alcune chicche che i fan DC sapranno sicuramente apprezzare. Anche le cutscene beneficiano di questo lavoro, con telecamere digitali sempre al posto giusto e in grado di valorizzare, assieme ai filtri utilizzati, i primi piani sui protagonisti e le loro emozioni. Proprio i personaggi interessati proveranno sentimenti contrastanti, rendendo più accessibile ai nostri occhi la loro parte umana piuttosto che quella di semidio o semplice eroe.
Purtroppo da segnalare una mancanza – un po’ fastidiosa – di sinossi dedicata a ogni personaggio e quantomeno un riassunto del capitolo precedente.

Batman V Superman

Tutti i personaggi presenti in Injustice 2 godono di meccaniche uniche, non solo per le “super”, davvero spettacolari, ma soprattutto per le movenze e gadget utilizzati. Bilanciare un roster che vede personaggi come Superman o Darkseid non era un compito facile, eppure i ragazzi di NetherRealm sono riusciti a far sfruttare a ogni personaggio le sue peculiarità e punti di forza, stando attenti alle vulnerabilità del nemico. È un picchiaduro stratificato, con un ottimo parco mosse e che richiede buon allenamento per riuscire a padroneggiare al meglio un determinato personaggio. Colpi pesanti, medi e leggeri sono uno standard ma ben calibrati e arricchiti dalla possibilità di usare boost temporanei in grado di cambiare le sorti del match, assieme alla possibilità di scagliare oggetti di scena e persino gli avversari, in un’altra area in modo molto cinematografico. Tutto questo fa da ottima base alle tante modalità presenti, a cominciare dal single player che, oltre ad avere un’ottima campagna, si fregia anche del Multiverso, sfruttando una delle caratteristiche dei DC comics: ogni settimana saranno disponibili diverse “Terre” su cui dovremo intervenire per porre fine a una crisi, che si traduce in una serie di combattimenti a difficoltà crescente e con modificatori che creano ostacoli od opportunità nelle arene, fino al raggiungimento della pace sul nostro pianeta gemello. Questa modalità, oltre ad arricchire di molto la longevità, permette (come il resto delle modalità d’altronde) di ottenere punti specifici per noi stessi e per i singoli personaggi che, raggiungendo certe quote, possono essere personalizzati e potenziati con equipaggiamento sempre migliore. Questo aspetto è ben implementato e, oltre alla modifiche esteriore del nostro alter ego, permette di potenziarne le abilità, diventando una vera e propria macchina da guerra da utilizzare sopratutto nel multiplayer. Tutti gli oggetti vinti, identificati come casse premio, verranno visualizzate nel Caveau di Brother Eye, un nome altisonante per definire il semplice menù dove potremo visualizzare l’equipaggiamento, scegliere se utilizzarlo e persino rivenderlo per far fruttare la monete in gioco e acquistare così altre casse premio. Se per caso ve lo state chiedendo, la risposta è SI, sono presenti microtransazioni in grado di farci acquistare casse premio migliori, e di conseguenza miglior equipaggiamento, per velocizzare il processo di crescita. Fortunatamente non è invasivo come per altri titoli, presentandosi abbastanza bilanciato ma non necessario.
Chiudono le modalità presenti le Gilde dove è possibile riunirsi e affrontare battaglie in comunità, affrontandone altre, sbloccando laute ricompense.
Infine, non possono mancare gli Extra – un po’ deludenti a dir la verità – visto che tengono conto solo delle percentuali di utilizzo, statistiche, rivedere i riconoscimenti o la spiegazione del Multiverso. Avere dei modelli dei personaggi, schede dedicate e qualche art work non sarebbe stato male.

Da DC a PC

Injustice 2 si presenta molto bene anche su PC, facendo dimenticare di colpo i passi falsi di Mortal Kombat X. A colpire sin da subito sono i modelli poligonali dei vari personaggi, ricchi di dettagli e molto vicini alla controparte cartacea. L’utilizzo di texture, shader e perfino la resa dei capelli è di ottima fattura, regalando personaggi credibili anche grazie al buon lavoro effettuato sulle animazioni. Stessa qualità anche per gli scenari che, come da tradizione, presentano oggetti con cui è possibile interagire. Si presentano molto variegate, piene di dettagli e con chicche ben riuscite, come omogenee transizioni tra i vari scenari e tra le diverse cutscene e il combattimento vero e proprio.
Tanti sono i settaggi disponibili per adattare al meglio il gioco alle vostre configurazioni hardware, con risoluzioni che arrivano fino al 4K, ma dedicata soltanto ai PC più performanti.
Anche la componente audio si presenta abbastanza bene a cominciare dal doppiaggio: infatti, al contrario del primo capitolo, tutto il gioco è localizzato in italiano, potendosi avvalere di voci conosciute ai più come Marco Balzarotti (celebre Batman della serie Arkham), Matteo Zanotti (Superman), Riccardo Peroni (Joker) e Tony Sansone (Flash). Stranamente il punto debole sono le musiche, incapaci di creare emozioni e che in qualche modo lasciano il tempo che trovano.

In conclusione

Se siete rimasti delusi dalle storie del DC Cinematic Universe potrete tranquillamente rifarvi con Injustice. Il secondo capitolo conferma quanto la distanza tra cinema e videogioco sia ormai nulla, riuscendo a portare quel pathos e quella profondità che purtroppo ai lungometraggi continua a mancare. Fortunatamente è anche un ottimo picchiaduro, mai banale, ben strutturato e con tante modalità diverse. Insomma, Injustice 2 è ottimo titolo, da non farsi scappare, sia che siate fan Marvel o DC.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




Wolfenstein II: Le Avventure di Pistolero Joe (DLC) – Er Pistola

Wolfenstein II: The New Colossus è uno dei migliori – se non il migliore – First Person Shooter del 2017. Titolo che vanta un’ottima componente narrativa ed eccellenti meccaniche, si arricchisce adesso di nuovi DLC denominati Cronache della Libertà, in cui vestiremo i panni di un trio di personaggi completamente inedito e che abbiamo avuto modo di scrutare già a partire dall’Episodio 0: Joseph Stallion (protagonista di questa recensione), il Capitano Gerald Wilkins e l’ex agente OSS Jessica Valiant, in arte Morte Silenziosa. Il trio è collegato da un’unico scopo: trovare informazioni per poter fermare il Cannone del Sole, l’arma definitiva nazista. Cominciamo questo viaggio dunque, con il Pistolero Joe.

Eliminare la carie

Joseph Stalion è un ex giocatore di football americano che, dopo essersi ribellato al regime nazista, rifiutandosi di favorire la vittoria della squadra tedesca all’Uberbowl, è stato rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, insieme ai propri compagni. Il suo desiderio è quello di trovare il prima possibile Roderick Metze, un ex dentista statunitense unitosi al regime e chiave dei suoi ricordi.
Se l’idea di raccontare storie parallele alle vicende di nostra conoscenza può far o meno piacere – personalmente avrei preferito qualcosa coincidente ai mesi in cui B.J. Blazkowicz si trovava in coma –  è il metodo narrativo a lasciare perplessi: siamo rimasti affascinati dalle bellissime cutscene del capitolo principale, le quali, purtroppo, in questo DLC non sono presenti. Tutto vira verso uno stile vicino ai fumetti americani – che può anche starci – ma le cutscene risultano troppo statiche e mal gestiste, sottraendo allo spettatore il godimento delle vicende. Le stesse, inoltre, non regalano grosse soddisfazioni, ed è il peccato principale di questo contenuto aggiuntivo: la storia del Pistolero Joe – così chiamato dai suoi tifosi – risulterebbe anche interessante ma purtroppo non approfondita a dovere, dando l’impressione di fermarsi a mero pretesto per godersi qualche ora di gameplay extra. Ma anche la durata non aiuta: andando spediti, il tutto può concludersi in un paio d’ore.

Squadra che vince non si cambia

Peculiarità dei nuovi personaggi è lo sfruttamento di alcune feature che in Wolfenstein II, a un certo punto, permettevano di variare alcuni tratti del gameplay. Il Pistolero Joe è infatti in grado di sfondare mura e alcuni elementi dello scenario come quarterback comanda, permettendoci percorsi alternativi all’interno dell’ambiente di gioco, e di prendere di sorpresa gli odiati crucchi. Purtroppo (o per fortuna) non ci sono novità di rilievo: gli ambienti presentano poche novità significative, non ci sono nuove armi e nessun nuovo nemico. Tutto è all’insegna della continuità, portando, come detto precedentemente, qualche ora in più di ottimo shooting. Certo, qualche novità in più non avrebbe guastato dal punto di vista contenutistico ma, ciò nonostante, il gameplay non stanca mai, portando tutta la frenesia e il divertimento a cui questa saga ci ha ormai abituato.
Sono presenti anche i potenziamenti per le armi, sparsi qua e là per la mappa, e alcuni collezionabili che possono allungare di qualche ora la durata del DLC.
Anche dal punto di vista tecnico non sono presenti novità particolari, presentandosi alla stessa splendida maniera come anche il comparto sonoro, con doppiaggio di buon livello in italiano e musiche sempre pronte a entrare nei momenti giusti.

In conclusione

Se non avesse alle spalle gli asset derivati da Wolfenstein II, questo DLC non avrebbe raggiunto la sufficienza. Mancano novità di rilievo e non si approfondiscono avvenimenti che difficilmente sono associabili agli eventi principali. Se l’idea alla base può risultare interessante, a conti fatti, il primo episodio delle Cronache della Libertà, non vale il prezzo del biglietto (9,99 €).

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




Super Vacanze di Natale

Esistono storie che non esistono. Mai frase fu più azzeccata per qualcosa che difficilmente può essere associato a un film o a qualsivoglia media di intrattenimento. Sarà molto difficile analizzare l’ultima fatica di Paolo Ruffini – ammesso e concesso, che abbia realizzato lui stesso questo “montaggione” – che con la dicitura di “regista”, è riuscito a confezionare Super Vacanze di Natale – ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare il Cinepanettone. A un prezzo di listino di 7,50€ a persona, questa raccolta delle migliori – a detta di qualcuno – sequenze dei classici film italiani del periodo natalizio, è un qualcosa che sfugge a una mera logica cinematografica e che soprattutto mette alla berlina il concetto di arte. Ma sarebbe facile insultare, sbraitare e urlare un «Mammamia comme sto!» alla fine della sua visione. Cerchiamo dunque di analizzare, quantomeno, seriamente questo prodotto, il fenomeno e soprattutto la risposta di un popolo italico che piano piano si è disaffezionato alle pellicole che per decenni gli sono state tanto care durante le festività. Del resto ci troviamo d’innanzi al punto più basso del cinema italiano: ocio!

Che cos’è esattamente Super Vacanze di Natale? È tante cose: è il canto d’amore di Ruffini a uno dei suoi generi preferiti; è la visione di un’Italia che era e forse non sarà mai più; ma soprattutto è una tortura.
La pellicola ha una durata di circa 67 minuti e credetemi, si sentono tutti i secondi che pian piano abbandonano la vostra esistenza per divenire qualcosa di effimero. Qualcuno potrebbe pensare che una simile opera – che ricordo consiste del ritagliare e mettere assieme spezzoni di tutti i cinepanettoni usciti sinora – possa avere un filo logico, una trama per così dire, che facendosi strada tra le varie epoche, personaggi e situazioni,  veicoli un messaggio o comunque comunichi qualcosa. Se – come me – avete pensato questo, siete in errore: la pellicola sembra essere suddivisa in capitoli, precedute da virgolettati che non vi aspettereste:

«Gli uomini sono fatti in modo da dover tormentarsi a vicenda» (F. Dostoevskij).

Questa è solo la prima delle tante citazioni che scomodano gente del calibro di Freud e Aristotele. Ma perché? Cerchiamo di analizzare. Si è sempre detto, almeno inizialmente, che i primi cinepanettoni rappresentavano, seppur con un certo gusto per il grottesco, la società italiana, con suoi usi e costumi; una sorta di Superquark che non si prende sul serio, con Massimo Boldi e Cristian de Sica come i Piero e Alberto Angela della situazione che ci accompagnavano nelle tortuose strade che l'”Homo Italicus” ha dovuto affrontare. Se almeno inizialmente questo poteva essere assolutamente plausibile, è con l’andare degli anni che qualcosa ha cominciato ad andare storto, proponendo uno schema immobile e invariato mentre il resto del mondo cominciava ad adottare una comicità più evoluta e ormai quasi totalmente slegata da gag fine a se stesse. Sappiamo tutti che, dalla metà anni novanta in poi, la qualità del cinepanettone ha avuto un crollo verticale. Quindi, l’utilizzo di queste citazioni a inizio capitolo serve solo a elevare di facciata gli attributi della pellicola, oppure nasconde un significato più profondo, un’analisi concreta del comportamento umano di fronte ad alcune circostanze? Effettivamente ogni capitolo sembra raccontare qualcosa di diverso, associando l’italiano medio ai diversi grandi argomenti che tutt’oggi affrontiamo: l’italiano e la politica, l’italiano e l’omosessualità, l’italiano e l’amicizia e ovviamente, l’italiano e il sesso.
Il risultato di tutto ciò è puro metacinema: i 67 minuti diventano vita stessa del lungometraggio, che nasce, cresce, prende consapevolezza di sé, trasmettendo la sua natura al pubblico, che non può far a meno di provare un solo e semplice sentimento: ribrezzo. Ci ho provato, davvero, a cercare una sorta di significato in tutto questo e, – come potete aver letto – ho cercato di portare avanti un ragionamento che speravo mi portasse da qualche parte.

A conti fatti, non c’è davvero nessuna differenza tra Super Vacanze di Natale e un qualunque montaggio di clip presente su YouTube. Prendiamolo quindi per quello che è: un semplice montaggio di scene. Il problema più grande – oltre a non avere senso e talmente concettualmente sbagliato da far tornare indietro gli operai dalla fabbrica Lumière in modo da arrestare l’avvento del cinema – è proprio il montaggio, che ogni tanto sembra effettuato con l’accetta per poi aggiungere le scene proposte, che in gran parte consistono in urla, peti, smorfie, gestacci ma a un ritmo così elevato da riuscire a produrre ansia e disagio, oltre a strani malesseri fisici. Funzionerebbe anche, a piccole dosi: del resto il bello delle clip è la loro intrinseca breve durata ma per più di un’ora diventa letteralmente tortura. Si fa veramente fatica a seguire quello che accade e non si desidera altro che la fine. Facendo un esempio, immaginate gli sketch comici di Benny Hill, che tempo fa, allietavano il nostro pre-serale, con scenette intrise di humor inglese. Facevano ridere, e giovano su un punto forte: la durata. Uno sketch funziona perché breve; arriva subito, diretto, cercando di provocare sorrisi o risa. Certo, intervengono anche altri fattori, ma la durata è fondamentale. Prese singolarmente, le scene del famoso duo Boldi-De Sica e di altri esponenti di genere, possono risultare comiche e per alcuni, azzarderei esilaranti. Ma tante clip, una dietro l’altra, prive di una consequenzialità a loro sostegno e non dosate con il giusto tempo per capire cosa succeda, è davvero troppo e, se l’obbiettivo è ottenere una marea di risate si finisce con l’ottenere invece un abisso di silenzio in sala.

Dopo Fuga di Cervelli e Tutto Molto Bello, Paolo Ruffini sembra continui a non capire come realizzare un buon prodotto. L’idea di portare il suo “megamix” rappresenta il punto più basso mai toccato dal cinema italiano. Non importa che sia un’operazione nostalgica o meno, è il concetto che risulta semplicemente sbagliato. Questo non è cinema e anche la dicitura “regia di Paolo Ruffini” sfida le leggi del buon senso. Davvero, se avete voglia di vedere le clip o montaggi dedicati a questa serie di lungometraggi, andate su YouTube: è gratis e ne troverete di migliori.
Per la cronaca: il film, tecnicamente, è di Pietro Morana. Chi ha orecchie per intendere, intenda.




Top 7: I migliori Action/Adventure

Action/Adventure ha assunto significati diversi col tempo: decine, forse centinaia, sono i titoli che si fregiano di tale denominazione eppure, la maggior parte di essi, presentano molti elementi eterogenei, che difficilmente risultano paragonabili alla concorrenza. Vediamo dunque quali sono i migliori titoli di questo grande contenitore.

#7 Batman: Arkham Asylum – Rocksteady (2009)

Tutto ha inizio da qui: l’open world dedicato a Batman apre una delle saghe migliori degli ultimi anni e soprattutto, uno dei pochi media a rendere veramente giustizia al Cavaliere Oscuro. Gotham e il Manicomio di Arkham non sono mai stati così belli, così come amici e nemici che via via affronteremo.

#6 Shadow of the Colossus – Team Ico (2011)

«Alcune montagne vanno scalate, altre vanno uccise». Questo è lo slogan di Shadow of the Colossus, che ci presenta una vasta mappa povera di contenuti ma in cui spiccano i giganti, che dovremo eliminare. È uno dei titoli più suggestivi del panorama videoludico, capace di rimanere impresso nelle vostre menti per sempre.

#5 Tomb Raider – Eidos Interactive (1996)

Il debutto di Lara Croft ha segnato profondamente il mondo videoludico: una donna forte, più in gamba dei rivali uomini, in un periodo in cui le Veline erano la massima espressione di indipendenza femminile. Tomb Raider ha fatto la storia di questo genere e anche i recenti reboot – che vedono una riscrittura del personaggio – non sono da meno.

#4 Uncharted 2: Il Covo dei Ladri – Naughty Dog (2009)

E proprio il figlio di Lara Croft può essere ritenuto il buon Nathan Drake che, a partire dalla splendida sequenza iniziale – vista con ammirazione da J.J. Abrams – riesce a portarci in un mondo veritiero e ricco d’azione. La sua caratterizzazione, così come quella dei comprimari, valgono da sole il prezzo del biglietto.

#3 Assassin’s Creed II – Ubisoft (2009)

Dopo l’addio di Patrice Désilets la serie Assassin’s Creed non è stata più la stessa ma, fino a quando è stato al timone, ha avuto il tempo di sfornare qualche piccolo capolavoro. Il secondo capitolo ci porta nella stupenda Italia rinascimentale con protagonista Ezio Auditore, nel frattempo divenuto uno dei personaggi più importanti del mondo videoludico. Probabilmente il miglior capitolo della sega, è il perfetto trait d’union tra una trama sorprendente e un gameplay estremamente vario.

#2 The Legend of Zelda: Ocarina of Time – Nintendo (1998)

Considerato come uno dei migliori giochi di tutti i tempi, questo episodio di Zelda – ma ricordiamo che il protagonista è Link – porta tutto ciò che ha fatto grande questa serie alla massima potenza: un gioco enorme, ricco di cose da fare, musiche d’eccezione e un comparto tecnico in grado di esaltare il tutto, rendono questo titolo uno dei più apprezzati da critica e pubblico.

#1 Red Dead Redemption – Rockstar (2010)

Non si vive di solo GTA e Rockstar lo sa bene: Red Dead Redemption è uno dei più grandi successi della software house e riconosciuto all’unanimità come un vero e proprio capolavoro. Ambientato nel Vecchio West, questo titolo continua ancora oggi ad essere uno dei punti di riferimento del genere, vincendo nel frattempo, più di un centinaio di premi. Una storia matura, con personaggi di livello e un mondo di gioco vivo e variegato, portano Red Dead Redemption a essere al vertice di questa top.




Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi

L‘annuncio di una nuova trilogia per una delle saghe più famose di sempre, Star Wars, ha lasciato interdetti molti, probabilmente perché Episodio VI riusciva già a chiudere perfettamente il cerchio su tutte le vicende, riportando equilibrio nella Forza.
Cosa si poteva raccontare, quindi, cosa approfondire? Inizialmente la risposta – saggia – è stata “prequel”: sia in ambito videoludico che cinematografico si è cercato di approfondire tematiche e motivazioni che avrebbero portato agli eventi che tanto bene conosciamo, oppure lo studio di capitoli di intermezzo, capaci di fare da collante tra i vari episodi. Il successo di Rogue One è probabilmente dovuto a questo. Adesso, Episodio VII ed Episodio VIII, tuttavia, pur essendo buoni film se presi singolarmente, forse faticano a giustificare le nuove storie e il prossimo Episodio IX, ma soprattutto, il rispetto della continuity.

Dunque, Episodio VIII: Gli Ultimi Jedi, si presenta come un film d’intermezzo che, come L’Impero Colpisce Ancora, segue la tradizione, avvalorandosi di toni più cupi rispetto al predecessore. Se questa situazione era ampiamente prevedibile, meno lo è stato l’inserirsi nel contesto creato con Il Risveglio della Forza e men che meno con il resto della saga. È un film difficile da collocare: è un buon film di intrattenimento, capace di regalare scorci memorabili, ma anche di affossare quanto di buono iniziato col prequel e fin troppo conclusivo per essere un episodio che sta nel mezzo.
J.J. Abrams resta come produttore, passando la regia nelle mani di Rian Johnson, che non vanta grandissima esperienza, avendo diretto soltanto una manciata di film, tra cui Looper. Nonostante ciò, riesce a fare un buon lavoro, riuscendo a far trasparire i conflitti interiori dei personaggi interessati con lenti primi piani, in cerca di dettagli significativi, con cui lo spettatore può facilmente interfacciarsi. Non mancano i momenti davvero spettacolari, presenti soprattutto nella seconda parte del film, con ottime trovate stilistiche in grado di farvi esaltare come nei migliori momenti della saga. La CGI, ormai parte integrante di qualsiasi film di fantascienza, riveste un ruolo chiave in diverse situazioni risultando davvero ben messa in scena nella maggior parte delle situazioni, siano esse battaglie o singoli personaggi, anche se con quest’ultimi con alti e bassi. Si cerca sempre il dettaglio, non solo poligonale, ma soprattutto cromatico: The Last Jedi, probabilmente, è il film con la migliore fotografia della saga. A cura di Steve Yedlin, le scene a più ampio respiro saranno una vera gioia per gli occhi, non solo sui paesaggi e vari ambienti, come potreste aspettarvi, ma anche nello spazio aperto, con momenti davvero suggestivi e che sicuramente entreranno con forza nella memoria degli appassionati.
Quindi visivamente il film funziona. Purtroppo però, un lungometraggio è costituito anche da altre cose che hanno una “discreta” rilevanza, come la sceneggiatura e di conseguenza l’utilizzo dei personaggi.
La gestione dei ritmi è il problema più grande del film: Episodio VIII è il titolo dalla maggiore durata dell’intera saga (quasi due ore e mezza) e in alcuni frangenti, si sente. Il film sembra essere diviso a metà, di cui la prima parte povera di eventi veramente rilevanti, dando la sensazione di far veramente fatica a carburare. La seconda parte invece è pura azione, a tratti forse un po’ troppo frenetica, ma che riesce nel suo intento, ovvero intrattenere. C’è da segnale che anche all’interno delle menzionate due parti si avvertono questi “su e giù” senza una vera amalgama.

Ma cosa racconta questa nuova trilogia? A questo punto è una bella domanda. I pochi spunti interessanti di Episodio VII, come le origini di Rey, la fine di Luke e il rinnovato Impero del Primo Ordine, in questo episodio vengono tutti risolti in maniera fin troppo sbrigativa, lasciando lo spettatore – che nel frattempo aveva cominciato a farsi delle idee – con un pugno di mosche. Tutto il pathos e le dietrologie pensate fino a questo momento risultano pura fantasia, elaborazioni contorte scaturite dalla base dei vari episodi della saga. L’ultimo capitolo, a dir la verità, lancia alcune frecce dal suo arco come la visione della guerra da un altro punto di vista e il conflitto interiore che uno Jedi o un Sith devono sopportare. Se c’è un merito – narrativamente parlando – di questo titolo, è l’aver portato lo spettatore nella cosiddetta “zona grigia della Forza”, un limbo nel quale i protagonisti sono costretti vivere, ma che purtroppo viene solo abbozzato. Se i temi precedenti sono stati risolti con facilità estrema e quelli nuovi sono appunto solamente abbozzati, è la mancanza  di risposte alle tante domande – che nel frattempo ci eravamo posti – che lascia di più l’amaro in bocca: cos’è il Primo Ordine? Chi è il Leader Supremo Snoke (l’unico e il solo Andy Serkis)? probabilmente nessuno lo saprà mai.
Ma veniamo ai nostri cari personaggi, partendo dal dualismo labile che si presenta per tutto il film: Rey (Daisy Ridley) e Ben Solo, in arte Kylo Ren (Adam Driver). Uno degli elementi riusciti del film è la loro evoluzione – forse un po’ troppo frettolosa – ma capace di instillare dubbi sulla loro natura negli spettatori. Buone prove attoriali poi, riesco a farci empatizzare con i due protagonisti, regalandoci due tra i personaggi più complessi dell’intera saga.
Punto centrale della narrazione non poteva che essere Luke Skywalker (Mark Hamill) – incredibilmente somigliante a Tyrion Lannister – terribilmente combattuto e che si evolverà, sino al climax finale. Il personaggio di Luke risulta controverso: lontano da quanto visto sul finire di Episodio VI, lo Jedi risulta un personaggio che sotto certi aspetti aspetti delude sia i protagonisti che il pubblico. Veniamo a conoscenza anche delle motivazioni, ma probabilmente si poteva, anzi, si doveva fare di più. Le note positive sui personaggi di concludono con il personaggio interpretato da Benicio del Toro, DJ, che fa la sua ottima figura ma che risulta, purtroppo, uno dei nuovi personaggi peggio sfruttati. Ha il merito di portare una ventata di realtà alla decennale guerra che continuiamo a vedere ma, ad un certo punto sembra soffrire di schizofrenia: soffre di questa patologia evidentemente anche  Amilyn Holdo (Laura Dern) e alcuni personaggi secondari mentre altri, tra cui Finn (John Boyega), vengono completamente dimenticati, o per lo meno immersi in storyline dalla dubbia utilità. La scrittura, dunque, è un altro elemento altalenante del film: se da un lato riesce a piazzare colpi di scena ben gestiti, dall’altro lascia perplessi, a cominciare dalla gestione mal curata di alcuni personaggi.
Concludiamo con Carrie Fisher: ha fatto uno strano effetto sapere che questa è la sua ultima apparizione. Non ha mai vantato grandi doti recitative ed Episodio VIII di certo non è il film che ci farà cambiare idea, ma la sua assenza si farà sentire, soprattutto in prospettiva per Episodio IX.

Che cosa racconta Star Wars? Dopo aver visto Gli Ultimi Jedi, si fa un po’ di fatica a capirlo. Nonostante i buoni spunti e il cercare di portare una ventata di aria fresca alla saga, si sente la reale mancanza di giustificazioni narrative a vantaggio di quelle commerciali. Alla fine ci si ritrova sempre al punto di partenza, con la strana sensazione di non aver imparato nulla di nuovo dal finale di Episodio VI, concludendo molte storyline che potrebbe rendere questo episodio addirittura conclusivo. Non stiamo parlando di un brutto film, tutt’altro, ma forse, a questo punto, ci si aspetterebbe qualcosa in più.




Top 7: I migliori videogame a tema Star Wars

Episodio VIII è appena uscito ma ricordiamo che la saga di Star Wars non è solo cinema: decine e decine di videogame dedicati a questo franchise si sono fatti strada, e alcuni di loro sono veri e propri capolavori da affiancare ai capitoli cinematografici. Vediamo quindi assieme quali sono i migliori:

#7 LEGO Star Wars: La Saga Completa – Traveller’s Tale (2007)

Iniziamo questa top con un titolo sorprendente. Forse l’utilizzo dei LEGO come protagonisti può far storcere il naso ai puristi, pensando che titoli come questo siano solo dedicati a un pubblico infantile. Niente di più sbagliato, in quanto, lo stile leggero che riesce a ripercorrere i sei capitoli della saga, riesce a intrattenere come pochi e con un gameplay che riesce a trarre il meglio da ogni personaggio utilizzabile. Insomma, non giudicate il libro dalla copertina.

#6 Star Wars: Battlefront II – DICE (2017)

Questo titolo ultimamente è nell’occhio del ciclone per via di un multiplayer segnato profondamente dalle microtransazioni, e ne prendiamo atto. Ma queste polemiche hanno spostato il focus dall’ottima direzione intrapresa dal sequel di EA, con una storia che crea un ottimo connubio tra mondo videoludico e cinematografico. Lo spettacolare comparto tecnico riesce a restituire poi battaglie come non se ne sono mai viste.

#5 Star Wars: Il Potere della Forza – LucasArts (2008)

Utilizzare i poteri della Forza, per spazzare via decine di Stormtrooper oppure, far precipitare uno Star Destroyer da chilometri di distanza, non è una cosa che capita tutti i giorni. L’apprendista segreto di Darth Vader, StarKiller (nome che è tutto un programma), sarà perno centrale di vicende non banali, incastonandosi tra Episodio III ed Episodio IV. Pur non essendo un gioco perfetto è comunque qualcosa di nuovo ed elettrizzante che un buon fan di Star Wars apprezzerà sicuramente.

#4 Star Wars: TIE Fighter – Totally Games (1994)

Uno dei migliori titoli dedicati a questa saga è un simulatore di volo, anzi, IL simulatore di volo: TIE Fighter, seguito di Star Wars: X-Wing, realizza i nostra sogni, facendoci entrare in campo nelle guerre spaziali più spettacolari. Quasi tutti gli elementi della nostra astronave sono configurabili, dalla potenza del motore agli scudi, scalando, con le nostre vittorie, le gerarchie militari, diventando il pilota numero uno dell’Impero.

#3 Star Wars: The Old Republic – Bioware (2011)

Il MMO della casa che ha dato i natali a Mass Effect e Dragon Age, ci porta in una galassia più antica, quando ancora le vicende cinematografiche appaiono come un lontano futuro. Tutto è incentrato sulla libertà d’approccio alla narrazione, che si presenta profonda e che ben si amalgama al contesto.

#2 Star Wars: Dark Forces – LucasArts (1995)

Un vero e proprio punto di riferimento per gli FPS dedicati a Guerre Stellari è Dark Force che, ispirandosi al DOOM di id Software, riesce addirittura a migliorane alcuni aspetti, diventando uno dei migliori sparattutto dell’epoca. L’introduzione di una nuova storia e personaggi inediti hanno dato il via al cosiddetto Universo Espanso che tanto familiare ci appare in questi ultimi anni.

#1 Star Wars: Knights of the Old Republic – Bioware (2003)

Al primo posto non poteva che trovarsi un vero capolavoro di Bioware, capace di porsi come vero e proprio prequel di Episodio IV. Come da tradizione della software house esploreremo una galassia viva, tanti retroscena e le motivazioni che hanno portato agli eventi di nostra conoscenza. Anche i personaggi con cui vivremo questa avventura saranno speciali, ricchi di carisma e con un ampio background narrativo. Star Wars: Knights of the Old Republic è un titolo da non farsi scappare da chi ama le storie di una galassia lontana lontana.




Top 7: Le migliori idee regalo per questo Natale

Come ogni anno scatta il periodo del “che cosa regalo a Natale”. Noi di GameCompass vi veniamo in soccorso, dando qualche dritta su idee regalo dedicate ai gamer. Del resto, tra amici e famiglia, chi non ne ha uno accanto!?

#7 TV 4K HDR

Grazie a console sempre più preformanti l’era del 4K si appresta a esplodere e monitor o TV con questa tecnologia, unita all’HDR, diventano essenziali per godere al meglio di quanto offerto da un film o videogame. Samsung, LG e Sony sono da preferire, stando attenti alla scelta dei pollici e alla frequenza di aggiornamento. Ormai questi prodotti posso trovarsi anche intorno ai 500€ e non mancano forti sconti sconti da poter sfruttare per strappare l’occasione della vita.

#6 Gadget

Un vero gamer che si rispetti deve essere circondato da una serie di gadget che, magari non hanno una reale utilità, ma che vengono usati come elementi in grado di affermare la propria natura in questa società diversificata. Ecco quindi lo spuntare di Action Figures dedicate agli eroi delle nostre serie preferite, libri e fumetti che ripercorrono o approfondiscono le lore, soundtrack ma anche vestiario, tazze, lampade fino alla biancheria intima, da sfoggiare nelle occasioni speciali.

#5 Controller

“La potenza è nulla senza controller”. Questa – all’incirca – si rivela sempre una frase attuale in quanto un buon sistema di controllo garantisce al giocatore migliori feedback e vantaggi nel campo del multiplayer. Uno su tutti è il Controller Elite Xbox, una macchina perfetta a livello qualitativo e personalizzabile in tutti i suoi aspetti. Costa un po’ ma sono soldi ben spesi. Ottimi anche le versioni avanzate dei controller PS4 e le versioni speciali curati da Razer mentre, per chi ama i picchiaduro, un buon Arcade Stic, come i Mad Catz, è un acquisto imprescindibile.

#4 Mini Console

Il 2017 è stato anche l’anno delle Mini Console che puntando sulla nostalgia sono riuscite a conquistare una buona fetta di mercato. Nintendo con le sue NES e SNES Mini, che hanno aperto la strada, seguite da SEGA e la sua Megadrive, permettono di rivivere le gesta passate quando le uniche preoccupazioni erano con chi andare a giocare nel pomeriggio.

#3 Headset

L’audio nei videogames è una componente essenziale e, per chi non ha a disposizione un impianto surround di alto livello, può tranquillamente ripiegare su Headset di qualità. La parte del leone la fa Logitec con G430, le migliori per rapporto qualità/prezzo. Alzando un po’ l’asticella possiamo trovare le Kingston HyperX Cloud II, con ottima qualità costruttiva che la rende estremamente leggera ed ergonomica. Tra le migliori sul mercato, SteelSeries Arctis 7 è un prodotto pensato per i gamer più esigenti e che contano su un design estremamente elegante e pulito rispetto alla concorrenza.

#2 Console

È vero. Probabilmente ci troviamo a cavallo tra due generazione ma questo “stare nel mezzo” può essere sfruttato per usufruire di grandi occasioni. Playstation 4 Standard, così come Xbox One S si trovano intorno ai 200€, risultando comunque attuali visto i recenti aggiornamenti. Nintendo Switch è la console più ricercata mentre, per chi è molto generoso, può spingersi verso console più performanti, partendo da PS4 Pro che, in bundle con un videogioco, è possibile acquistarla ad un prezzo più che ragionevole. Xbox One X è la nuova arrivata e la più costosa ma può contare su una maggiore potenza e un supporto totale al 4K, siano essi giochi o Bluray.

#1 Videogames

È stato un anno ricco di soddisfazioni in ambito videoludico, anche per l’ingresso in scena di Nintendo. Imprescindibile per quest’ultima sono Zelda: Breath to the Wild e Super Mario Odyssey. Per le restanti console si possono trovare titoli di alto livello a basso prezzo: un esempio su tutti è Prey, titolo passato un po’ in sordina ma che può contare su un ottimo impianto narrativo. Project CARS 2 è perfetto per gli amanti dei motori come FIFA 18 per chi ama il calcio. Da non dimenticare titoli come Wolfenstein II, NIER Automata o Persona 5, in grado di intrattenere come pochi.




Justice League

Ci siamo. Il progetto Justice League è completo. O almeno è così che dovrebbe essere. Finalmente abbiamo l’opportunità di vedere la Lega della Giustizia in tutto il suo splendore e, – diciamocela tutta – non vedevamo l’ora. Come accaduto per Avengers, anche qui, sin da piccoli, non abbiamo fatto altro che immaginare come sarebbe stato un lungometraggio con protagonisti gli eroi DC, immaginando quale delle tante storie sarebbe stata scelta, chi il villain e così via. Purtroppo negli ultimi anni questo hype ha cominciato a venir meno, vuoi per un discreto Men of Steel, o un imbarazzante Batman Vs. Superman, un mediocre Suicide Squad e un’accettabile Wonder Woman, finendo con l’arrivare di un Justice League che si presenta come un cinecomic dalle fragili basi e con due facce della stessa medaglia.

Il progetto Justice League ha incontrato una serie di difficoltà, la principale delle quali fu l’abbandono di Zack Snyder nel bel mezzo delle riprese per un grave lutto. La palla è dunque passata a Joss Whedon, regista dei due Avengers di casa Marvel. Non c’è bisogno che vi dica come le visioni dei due registi siano praticamente in antitesi: se Snyder predilige una fotografia desaturata e toni cupi e drammatici, Whedon si lancia in pellicole che per certi aspetti tendono alla commedia, preferendo colori sgargianti. In un modo o nell’altro, entrambi sanno fare il loro mestiere, sanno certo tenere in mano una cinepresa e hanno idee chiare sul progetto. Ma i problemi di Justice League partono proprio da qui: visioni, così diverse, di intendere in cinefumetto, rendono questo film letteralmente “lunatico”, passando a fasi alterne da momenti puramente drammatici a momenti goliardici in cui nessuno sembra prendersi sul serio. Il risultato è una concreta difficoltà a entrare nel mood del film, rimasto in un limbo che, invece di portare a una profondità di trama e personaggi, finisce per essere dimenticabile. Questa dualità si percepisce anche nella caratterizzazione dei personaggi, con scene completamente riscritte da zero, e adattate per l’occasione, e per le soundtrack composte da Junkie XL, dopo che Hans Zimmer decise – forse saggiamente – di lasciare il progetto. Proprio con l’ingresso di Whedon, anche Junkie venne sostituito con  Danny Elfman, storico compositore che, nel 1989, si occupò di realizzare la colonna sonora del Batman di Tim Burton. Questo triplo passaggio di consegne non ha fatto altro che gettare altra confusione sul comparto sonoro, con musiche che a volte, seguendo i toni diversi del film, vanno in contrasto tra loro. Non stiamo certo parlando di pessime musiche, ma è l’amalgama che proprio non funziona.
Non manca nemmeno l’infatuazione amorosa di turno: se state pensando qualcosa legata a Wonder Woman e qualche eroe del gruppo vi sbagliate di grosso. Bruce Wayne e Clark Kent divengono veri rivali di Ennis Del Mar e Jack Twist ne I segreti di Brokeback Mountain.
Ovviamente l’ormai famosa dualità si può intravedere anche per la regia, buona in generale nei diversi frangenti, tranne per alcune scene d’azione, in cui si fatica davvero a capire cosa stia succedendo. Non mancano scene di forte impatto e alcune buone idee ma è troppo poco per avvicinare questo film alla sufficienza, anche perché, i problemi (gravi) sono altri.

Abbiamo dunque detto che il film soffre di parecchi problemi, ma non sono nemmeno paragonabili a quello della caratterizzazione dei personaggi. Al contrario per quanto avvenuto con il primo Avengers, in cui ogni protagonista ha avuto il suo film stand alone (per Iron Man addirittura due), in Justice League troviamo un gruppo in cui solo Wonder Woman e Superman hanno avuto il loro momento di gloria. La bellissima Gal Gadot, pur non vantando grandi doti recitative, riesce a fare il suo, portando un personaggio con cui è facile interfacciarsi, rimanendo ancorata alla caratterizzazione figlia del suo lungometraggio. Il kryptoniano (Henry Cavill) invece è il superman che abbiamo desiderato subito dopo l’adattamento di Snyder: un personaggio solare, così come abbiamo imparato a conoscerlo in questi anni. Le note positive sui personaggi ci concludono con Cyborg (Ray Fisher), qui nella sua prima apparizione, e che riesce a ritagliarsi il suo spazio, con un discreto background narrativo ed elemento centrale della narrazione. Le perplessità scaturite dai primi trailer sulla realizzazione grafica del suo corpo cibernetico fortunatamente vengono cancellate, presentandosi come un personaggio con una buona presenza scenica e incuriosendo il pubblico per un eventuale film a lui dedicato.
Tutto il contrario invece per Steppenwolf, il villain del film. Forse era più lecito aspettarsi Darkseid, uno dei cattivi principali delle serie DC ma evidentemente gli sceneggiatori hanno optato per un nemico meno ingombrante dal punto di vista narrativo. Il risultato è un antagonista assolutamente privo di carisma e non aiuta di certo la sua realizzazione completamente in CGI: veramente brutto a vedersi, lasciando perplessi sul perché di questa scelta. Steppenwolf (Ciarán Hinds) è di natura umanoide per cui utilizzare un attore reale, con la sua bella armatura e un po’ di make-up, non vedo personalmente come avrebbe potuto essere peggio di un personaggio digitale.
Ma nemmeno lui riesce a toccare le vette della mal caratterizzazione. Partiamo da Barry Allen, in arte Flash. Anche per lui è la prima apparizione e il suo ruolo è chiaro fin da subito: il comic relief. Traendo probabilmente ispirazione dal Peter Parker di Spider-Man Homecoming,  Ezra Miller ne diventa parodia, un ragazzino con battute fuori luogo e a tratti fastidioso. Poi c’è anche la questione grafica: sappiamo tutti – tranne chi ha realizzato il film evidentemente – che il simbolo del corridore più veloce al mondo è un lampo giallo. Qui i suoi lampi sono blu.
Anche Aquaman fa la stessa fine.  Jason Momoa interpreta un misto tra Jason Momoa e Khal Drogo de Il Trono di Spade, con in mano un forchettone. Pur essendo la sua prima apparizione non sappiamo nulla di più rispetto a quanto già sapevamo sulle sue origini, anche se, la sua presenza scenica e sicuramente d’impatto. Del resto è Khal Drogo.
Dulcis in fundo, Batman. Probabilmente la peggior trasposizione cinematografica del Cavaliere Oscuro finora, il personaggio di Ben Affleck è letteralmente inutile. Un uomo che, a detta sua, ha come unico potere quello della ricchezza, finisce col diventare un Tony Stark mal riuscito, trovandosi in continua difficoltà per tutta la durata del film. Conosciamo tutti Batman, il più grande detective al mondo, dotato di grande intelligenza e tra i migliori combattenti dell’universo DC. Qui non c’è nulla di tutto questo. Bruce Wayne è semplicemente qualcuno che, in mancanza di armi (provate voi ad associare Batman e armi), è preso in contropiede, lasciandosi in balia degli eventi. E questo porta a un’altro problema del film. La Justice League dovrebbe essere un’amalgama perfetta, in cui ognuno può sfruttare le sue doti uniche per risolvere diverse situazioni e vincendo battaglie con il gioco di squadra. La Justice League cinematografica è “Supermancentrica”: tutto ruota attorno al kryptoniano, l’unico in grado di far realmente qualcosa, assieme a Cyborg, ovviamente.
La mazzata finale la danno il montaggio, realizzato in maniera discutibile e che lascia intravedere le difficoltà di un progetto partito male e finito peggio, e la CGi, davvero pessima per la maggior parte del film, col la chicca dei baffi di Henry Cavill (nel frattempo impegnato a girare un’altra pellicola) coperti digitalmente.

Cosa resta quindi? Poco, davvero poco. Justice League paga per tutte le scelte sbagliate intraprese finora e per una gestione difficoltosa. Tralasciando qualche buona idea e un paio di scene davvero niente male, il resto è solo un’accozzaglia di scene prive di amalgama e riempite da personaggi che faticano ad uscire dallo schermo, almeno per i giusti motivi. Probabilmente l’unico modo di salvare il progetto è fare un reset totale, così come avvenne nel 1985 per mettere ordine tra le infinite storie parallele dell’universo DC. Una Crisi delle Terre Infinite in salsa cinematografica, per dare un colpo di spugna, e far finta di aver visto delle storie di un mondo parallelo che non ci appartiene.
Nel frattempo, potrete rifarvi gli occhi grazie al mondo videoludico: la serie Arkham dedicata a Batman e gli Injustice, firmati NetherRealm Studios, vi faranno scoprire come una buona scrittura possa valorizzare le già ottime storie del DC Universe.