Street Fighter V: il punto della situazione

Dopo tante anticipazioni, Street Fighter V  venne rilasciato il 16 Febbraio 2016 su PC e PS4. In molti sperarono che il titolo riuscisse a superare le vecchie edizioni, grazie anche al nuovo engine, introducendo nuovi personaggi, nuove strategie e combat system innovativi, basate sull’utilizzo della barra V-Gauge e EX Gauge, in grado di fornire alla saga un ulteriore livello di coinvolgimento e sistema di combo. Ma nello specifico, su cosa si basano queste nuove tecniche?

  • Il V-Trigger si basa su tecniche uniche che usano la V-Gauge e che consentono al giocatore di cambiare il corso dell’incontro.
  • Il V-Skill comprende mosse uniche che si differenziano da personaggio in personaggio e che si possono usare in qualsiasi momento.
  • Il V-Reversal si basa su un sistema di contromosse che consumano una sezione della V-Gauge.
  • Le Critical Arts sono attacchi finali che consumano tutta la EX Gauge.

Purtroppo pur avendo delle novità molto importanti, i fan non furono soddisfatti, soprattutto a causa della povertà di contenuti, la mancanza di una modalità single-player e l’instabilità del matchmaking che provocava un delay tra client-server che rendeva l’esperienza di gioco davvero spiacevole e che penalizzava i giocatori che oltre al competere online desiderano dedicarsi alle modalità in singolo.
Il team di sviluppo, guidato da Yoshinori Ono, noto produttore di videogame, ha deciso di dare una svolta al futuro del titolo, migliorando a poco a poco l’esperienza grazie a correzioni tecniche, una modalità storia in single-player, sfide periodiche e nuovi contenuti da sbloccare tra arene e personaggi aggiuntivi. Percorso durato due anni e completato con il lancio della Arcade Edition, espansione scaricabile gratuitamente per coloro i quali hanno già Street Fighter V originale. Mentre chi lo dovesse acquistare direttamente in negozio, avrà a disposizione i dodici personaggi aggiuntivi delle Stagioni 1 e 2. Una delle novità di Street Fighter V: Arcade Edition è proprio il concetto “Arcade” stesso: fin dal primo momento, la mancanza di questa modalità era tra le cose che hanno fatto storcere il naso a molti appassionati della saga. Ci sono voluti circa due anni prima che una feature che molti consideravano “base” venisse introdotta, ma dopo tanti errori e promesse, Capcom ha deciso di fare sul serio, provando a farsi perdonare. Quella arrivata in Street Fighter V non è semplicemente un’opzione Arcade, ma rivivere l’intero franchise, partendo dalla genesi fino ad arrivare ai giorni nostri. È possibile scegliere sei diversi percorsi, ognuno collegato a un capitolo precedente della saga, partendo dal primo Street Fighter del 1987 fino a Street Fighter V, passando dall’amatissima serie Alpha o Street Fighter III: New Generation, considerati da molti appassionati due dei migliori capitoli della saga. Scegliendo Street Fighter II, per esempio, possiamo trovare solo i personaggi presenti nella line-up di quello specifico capitolo (Chun-li, Balrog, Vega, Guile, Ken), accompagnati dal boss finale M.Bison.

La possibilità di avere il concetto di completismo all’interno del gioco, fornisce ai giocatori la possibilità di sbloccare illustrazioni e finali per ciascun personaggio, invogliandoli a completare ogni ramo della Modalità Arcade con tutti i combattenti. Capcom è stata – stavolta – attenta a offrire una difficoltà molto equilibrata e mai banale: infatti il livello degli avversari cresce man mano che si va avanti all’interno della modalità, raggiungendo difficoltà molto impegnative al boss. Arcade a parte, tornano le battaglie a squadre già viste nel precedente capitolo Street Fighter IV, che permettono a squadre di massimo cinque persone di affrontarsi, personalizzando la tipologia d’incontro e le regole di eliminazione. Altrettanto interessanti sono le Battaglie Extra, ovvero sfide periodiche in cui è possibile vincere skin, targhette, punti esperienza o Fight  Money.

Novità meno evidenti, ma molto gradite dai fan è la diminuzione dei tempi di caricamento, nuove opzioni nella Modalità Allenamento che permettono di controllare i singoli frame degli attacchi, permettendo di applicare una strategia diversa ogni volta e capire quando è vantaggioso utilizzare determinate combo. La novità più importante, come accennato all’inizio dell’articolo, sta nell’aggiunta di un secondo V-Trigger per ciascun personaggio, in maniera simile alle Ultra di Street Fighter IV: adesso si ha la possibilità di scegliere quale dei due trigger utilizzare prima di entrare in partita.

Per un maggiore approfondimento, pareri e delucidazioni, noi di GameCompass vi invitiamo a recuperare la puntata sui picchiaduro presentata da Gerò Micciché, Lanfranco della Cha, Andrea Celauro e Marcello Ribuffo.




PUBG: costruire hype a costo zero

Per molte persone, il successo di PlayerUnknown’s Battlegrounds è arrivato dal nulla. Ma come spiega Sammie Kang, community manager di PUBG, il risultato che possiamo apprezzare oggi, deriva da un progetto ben preciso e pianificato. Nel 2016, PUBG Corporation era ancora conosciuta come Bluehole, con un team di 25 persone che hanno lavorato insieme per circa 10 anni su Devilian, mmorpg fantasy. Queste le parole di Kang:

«Dovevamo avere un successo minimo, per promuovere il nostro videogioco a costo 0 su Twitch e sapevamo che questa, poteva essere la nostra prima strategia di marketing fin dall’inizio.»

La Bluehole non aveva la possibilità economica di pagare gli streamer di high-tier allo scopo di sponsorizzare il videogioco, dunque si rivolsero agli streamers mid-tier; quest’ultimi avevano l’unico interesse di portare qualcosa di nuovo sul loro canale creando qualcosa di unico. Purtroppo molti di questi streamer non disponevano di hardware e connessioni adatte per un contenuto esclusivo tripla A. Gli sviluppatori allora decisero che quella era un’occasione per offrire hardware e contenuti esclusivi agli streamer che ne necessitavano e in cambio, quest’ultimi avrebbero fatto del loro meglio per promuovere e sponsorizzare il gioco sul loro canale.

Dopo quattro mesi di sviluppo, il gioco era pronto per una closed pre-alpha, che ospitò 1100 tester e proseguì per 6 ore distribuite nel corso dei giorni a seguire.

Per capire meglio cosa desiderassero streamer e spettatori, Kang ha seguito su Twitch uno svariato numero di streamer e con alcuni di loro contribuito a creare uno speciale feeling tra sviluppatore e streamer. Kang, interessato molto dunque al parere delle persone allo scopo di migliorare il suo videogioco, si mette a disposizione di tutti, insieme al suo team, per rispondere a tutte le richieste ricevute, a tutte le ore del giorno.

Kang continua

«I content creators e gli streamer non sono strumenti di Marketing, molte case di produzione li pagano per giocare un videogioco, ma non saranno in grado in questo modo di creare una relazione di amicizia duratura. Gli streamer devono essere coinvolti emotivamente e per fare questo, abbiamo creato una situazione vantaggiosa per entrambi i lati.»



#WarGames: la nuova opera interattiva di Sam Barlow

#Wargames “Giochi di Guerra” è un classico degli anni ’80 che mescola paura del nucleare e l’inizio della cultura hacker in cui Matthew Broderick scongiura il pericolo di una Terza Guerra Mondiale aggirando l’IA responsabile dei silos nucleari americani.
Trent’anni dopo lo stesso titolo verrà utilizzato per un esperimento che mescola narrativa non sequenziale con la struttura di una classica serie tv, al fine di creare un racconto interattivo in cui il punto di vista dello spettatore cambia lo svolgimento della storia, permettendo di vedere la stessa scena da più angolazioni e con risultati differenti.

 

Il tema di #WarGames,  è lo stesso dell’originale, ovvero l’hacking, con l’unica differenza che al posto della guerra termonucleare globale questa volta la minaccia riguarda dati sensibili, password e conti bancari. I game designer  si  sono probabilmente ispirati alle molte violazioni informatiche che negli ultimi anni hanno riguardato le principali compagnie legate alla tecnologia, come Sony o Yahoo e Apple. Progetto reso ancor più interessante dal fatto che è gestito da Sam Barlow, uno sviluppatore che nel 2015 riscosse un enorme successo con Her Story, un videogioco  basato su vari filmati che ci chiedeva di risolvere un giallo, consultando vari interrogatori e usando un terminale di una fittizia stazione di polizia. Esattamente come Her Story, la principale attività del giocatore in #WarGames è osservare: l’interfaccia è composta da una serie di schermi che seguono le avventure dei vari personaggi.
La differenza tra #WarGames e altri progetti simili è che la scelta non viene presentata immediatamente, ma viene decisa in base al nostro comportamento nel corso della storia. Il sistema traccia infatti le nostre preferenze e scelte, come i filmati che abbiamo deciso di vedere, quelli che ci sono sfuggiti e quelli che abbiamo guardato contemporaneamente, per poi confezionare una storia basata sulle nostre decisioni.

Per cercare di raccontare una storia che avesse senso, Barlow si avvalso della collaborazione di alcuni hacker ed esperti di sicurezza informatica, per evitare esagerazioni e luoghi comuni.

Secondo una descrizione ufficiale di #WarGames dello studio MGM Eko:

«Gli spettatori seguiranno l’attrice Jess Nurse nei panni di Kelly, un’ex militare diventata attivista hacker, mentre lei e un gruppo di hacker internazionali si uniscono per tentare di portare la pace. Nel corso degli eventi, si accorgeranno di aver fatto probabilmente più danni che benefici. Gli spettatori influenzeranno la storia facendo scelte nei vari video proposti, dando vita a esperienze uniche e personali.»

Titoli come questo non sono del tutto una novità rispetto l’attuale generazione: basti pensare a The Bunker e soprattutto a Late Shift, molto simile a #Wargames. In Late Shift, il protagonista è uno studente di matematica che crede solo nella potenza dei numeri e nella statistica. Durante il turno di notte nel parcheggio in cui lavora, viene minacciato con una pistola da un losco figuro a entrare in macchina. La sua vita cambierà per sempre ritrovandosi invischiato in una faccenda troppo più grande di lui.




Twitch annuncia Free Games With Prime: giochi gratuiti ogni mese per gli abbonati

Dopo tanti rumor, twitch ha annunciato il lancio del servizio Free Games With Prime, che offre la possibilità di riscattare gratuitamente una serie di videogiochi inclusi nel nostro abbonamento Prime. Sarà un servizio molto simile alla Instant Game Collection di PlayStation Plus o Xbox Games With Gold, in questo caso però su piattaforma PC.

Al debutto del programma, fissato per il 15 marzo, saranno rilasciati i seguenti videogame, riscattabili entro il 31 Marzo:

  • Superhot
  • Oxenfree
  • Mr. Shifty
  • Shadow Tactics
  • Tales from Candlekeep Tomb of Annihilation

Twitch inoltre ha deciso di rivelare i titoli presenti anche ad Aprile, che sostituiranno la vecchia line-up di Marzo:

  •  Tales from the Borderlands
  •  SteamWorld Dig 2
  •  Kingsway
  •  Tokyo 42
  •  Dubwars

A differenza di molti altri servizi che presentano degli abbonamenti, il servizio Twitch Free Games, darà la possibilità a noi giocatori, di continuare a utilizzare i titoli che abbiamo precedentemente riscattato, anche con l’abbonamento Twitch Prime scaduto.

Approfitterete del vostro abbonamento Prime per riscattarli?




Quel che sappiamo di Phoenix Point

Phoenix Point,  è il nuovo gioco sviluppato dal creatore di X-COM, Julian Gollop. È stato mostrato in un nuovo filmato proveniente dall’evento PC Gamer Weekender, con nuove scene di gameplay dell’erede “spirituale” di X-COM.

 

La Genesi

Phoenix Point racconta della scoperta di un virus con soltanto l’1% dei geni conosciuti, denominato Pandoravirus. Nel 2022 qualcosa va storto: gli oceani, infatti, iniziano a trasformarsi in una massa aliena pulsante e i mutanti invadono la terra sotto forma di una nebbia mortale. Il genere umano viene letteralmente decimato e trova riparo in vari rifugi considerati sicuri sparsi per tutto il mondo. Il gioco è ambientato nel 2057, con i sopravvissuti ormai divisi in fazioni dalle ideologie spesso contrastanti, che lottano per il controllo delle poche risorse disponibili. Qui entra in azione il Phoenix Project, organizzazione mondiale creata per la difesa del pianeta. Il compito di noi giocatori sarà quello di controllarne una cellula con l’obiettivo di riunire tutti gli scienziati, ingegneri e i soldati migliori al mondo. Ma cosa ha causato tutto questo? Il nostro compito sarà quello di scoprirlo e tentare di salvare quel che resta del genere umano dalle creature mutate dal Pandoravirus, dalle proprietà tanto incredibili quanto pericolose. Il Pandoravirus può fondere il DNA di più specie e clonarle con una velocità disarmante. A livello di gameplay, tutto si concentra sulle creature, in grado di evolversi attraverso un sistema procedurale e, in base alle nostre scelte, verranno a crearsi nuove specie, assumendo dunque caratteristiche sempre diverse e sorprendenti a seconda dei DNA fusi. Dunque avremo un’altissima varietà di nemici, con sfide sempre diverse e dunque con la necessità di sapersi adattare al proprio nemico. Per rendere tutto chiaro, per esempio, due creature potranno essere simili ma allo stesso tempo avranno caratteristiche molto diverse a seconda delle varie fusioni.

 

Le Fazioni

Come abbiamo precedentemente specificato, faremo parte del “Phoenix Project” che dovrà studiare il virus “Pandora” che ha contaminato l’umanità.
All’interno del gioco ci sono diverse fazioni:

  • La setta religiosa “I discepoli di Anu” che appoggiano le mutazioni che stanno coinvolgendo le persone.
  • La fazione militare “New Jericho” che è contro ogni tipo di contaminazione del genere umano e punta tutto sul settore militare.
  • La fazione di ecologisti radicali “Synedrion” che hanno trovato un modo di coesistere con la nuova minaccia aliena.

 

L’ambiente

«Nella scelta della trama siamo stati influenzati molto dall’ideologia “Lovcraftiana” e volevamo ricrearla anche nel resto del gioco per trasmettere il costante terrore di quella forza aliena sconosciuta che non riusciamo a comprendere, trasmette orrore, perché il nemico si sta impadronendo della tua mente e del tuo corpo. Vi consiglio di usare tonnellate di granate e di non fare affidamento sul riparo che può offrire un edificio, perché potrebbe crollarvi sopra la testa. Dopo aver giocato io stesso la primissima build, posso affermare di aver visto tantissimo potenziale all’interno del gioco, che vi farà impazzire.»

Questa le parole di Julian Gollop.

Il gioco uscirà in un primo momento ad Aprile su Steam, disponibile solo ai sostenitori del progetto. L’uscita ufficiale di Phoenix Point, strategico a turni sci-fi, è invece prevista entro l’ultimo trimestre del 2018. Nell’attesa vi mostriamo un gameplay di 17 minuti:




Sparatoria Florida: il governatore del Kentucky contro i videogiochi

Mercoledì a Parkland, in Florida, un 19enne considerato da tutti un appassionato di armi ha aperto il fuoco in una scuola superiore, uccidendo 17 persone. L’ennesimo attacco sul suolo americano che ha riacceso il dibattito sulle origini di tanta violenza. Lo stesso Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, è intervenuto introducendo un discorso riguardo il «declino della cultura moderna», facendo orecchie da mercante sul vero problema presente sul suolo americano, ovvero la facilità con cui si riesce a reperire armi.

Su questa scia troviamo anche Matt Bevin, governatore del Kentucky, secondo il quale i videogiochi hanno un ruolo cruciale riguardo la «cultura della morte che oggi così facilmente celebriamo», che fondamentalmente è la principale responsabile di incidenti come questo. Bevin in un’intervista per Leland Conway:

«Alcuni videogiochi sono limitati a un pubblico adulto ma tutto il mondo sa che anche i bambini li giocano. Esistono titoli che fanno delle stragi il loro punto di forza, premiando la loro riuscita e l’omicidio di qualcuno che in quel momento chiede pietà. Parlo di videogiochi quotati, anche protetti dal Primo Emendamento.»

Ha poi continuato, riferendosi alla sentenza della Corte Suprema:

«Le reputo spazzatura, come la pornografia: desensibilizza le persone rispetto al vero valore della vita umana, alla dignità delle donne, alla dignità dell’umanità, e stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato.»

Bevin ha chiesto ai media di assumersi le responsabilità di ciò che rilasciano e continua:

«Perché abbiamo bisogno di videogiochi che incoraggino le persone a uccidere altre persone. Che si tratti di romanzi, che si tratti di Serie TV, che si tratti di un film, chiedo ai produttori di domandarsi quale sia il reale valore dei loro lavori, oltre la speranza di un guadagno. Ma a quale prezzo?»

I videogiochi, così come altri media di intrattenimento, sono dunque per Bevin la causa che ha snaturato la moralità della società moderna. Secondo il governatore, i genitori hanno smesso di educare i propri figli, liberandosi delle loro responsabilità e permettendo ai bambini di «creare le proprie regole senza conseguenze».
Questa però non è la prima volta che Bevin si scaglia contro i videogame in seguito a una strage scolastica. In un video presente su Facebook, in seguito alla sparatoria di Boston dello scorso Gennaio, aveva puntato il dito contro i videogiochi come parte di quell’industria di intrattenimento che «abitua i giovani a una realtà tragica dove la morte è una costante permanente».

Negli Stati Uniti i videogiochi sono assiduamente accusati di avere un ruolo fondamentale in queste stragi, a partire dalla famosa sparatoria di Columbine avvenuta nel 1999 i cui responsabili sarebbero stati dei fan del videogioco Doom. L’assassino della strage alla Virginia Tech del 2007 era solito giocare a Counter-Strike, noto sparatutto, mentre il norvegese Anders Behring Breivik amava Call of Duty. Ma la campagna anti-videogiochi ha toccato il fondo, rendendosi ridicola, per opera dell’avvocato Jack Thompson, che aveva addirittura citato in giudizio Grand Theft Auto IV. Il dubbio che i videogiochi possano avere delle responsabilità ha sfiorato anche Barack Obama, ex presidente degli Stati Uniti d’America che aveva sensibilizzato i centri per il controllo delle malattie a studiare gli effetti dei videogiochi violenti.

Per quanto gli studi siano stati davvero tanti, non si è mai trovata una correlazione tra videogiochi e comportamenti violenti. Che sia invece la facilità con cui un ragazzo, un adulto riesca a procurarsi un’arma all’interno del territorio USA? Perché puntare il dito contro qualcosa che si odia, in questo caso l’industria dei videogiochi, è molto più semplice e veloce che creare una legge che limita la vendita delle armi.

L’industria videoludica non è un mezzo che trasmette violenza. Molto spesso risulta essere un metodo d’intrattenimento culturale in grado di insegnarci qualcosa di importante, raccontandoci una storia e che riesce a spiccare con l’arte e la creatività degli sviluppatori, che con enorme passione provano a plasmare qualcosa che faccia leva sui sentimenti dei videogiocatori.




Sea of Thieves: una grande opportunità per Rare

Sono passati tanti anni da quando Rare, studio famoso per aver prodotto titoli single player come Banjoo-Kazooie, Conker’s Bad Fur Day Viva Piñata, ha rilasciato l’ultima IP. Sea of Thieves rappresenta una nuova era per lo studio, non solo come  idea (come fu Kinect Sports) ma anche perché Rare si cimenta in un campo del tutto nuovo, ovvero i multiplayer cooperativi. Per lo studio, questo viaggio ha delineato un cambiamento culturale nel cuore dell’azienda:

«Lo studio è stato notoriamente abbastanza riservato. Generalmente annunciamo un gioco con qualche anno di attesa tra uno e l’altro, come Willy Wonka’s Chocolate Factory. Siamo assolutamente trasparenti e comunicativi su tutto quello che stiamo cercando di fare e perché. Penso che i giocatori lo apprezzeranno e vorranno essere parte di questo progetto.»

Questo approccio è importante per lo studio non solo per la natura del titolo, poiché questa è in tutto e per tutto una nuova IP, senza che ci sia stata una base prima da cui partire. Sea of Thieves si appoggia molto sul concetto di streaming su Twitch e Youtube: durante lo sviluppo del titolo nel 2014, le piattaforme streaming non avevano la stessa influenza che hanno oggi. Infatti il titolo nasce con l’idea di risultare divertente sia nel guardarlo che nel giocarlo.

Afferma Craig Duncan, produttore di Sea Of Thieves:

«La nostra idea è stata quella di creare un titolo divertente e coinvolgente che dia la possibilità ai giocatori di controllare le proprie esperienze e i propri viaggi, incoraggiando lo stimolo alla creatività e l’immaginazione delle persone.»

Secondo Duncan, insieme all’implementazione del cross-platform tra Xbox e Pc, il recente annuncio di Xbox Game Pass potrebbe stabilire un ruolo fondamentale per rendere Sea Of Thieves un successo.

«Avere tanti giocatori che giocano a Sea Of Thieves è un ottima cosa, in particolare con una nuova IP come questa. Serve capirli, studiarli per proseguire. Le nuove IP sono veramente difficili da portare avanti, ma d’altronde se fosse stato facile tutti avrebbero potuto farlo.»

Con il lancio risalente a poco più di un mese fa, il pacchetto finale di Sea of ​​Thieves è stato ampiamente definito, anche se il capo del design Ted Timmins afferma che è lontano dall’essere completo e che la roadmap degli aggiornamenti è programmata fino al 2020.




Don-Ay: quando il divertimento si unisce alla beneficenza

Sappiamo che i videogame non sono estranei a eventi caritativi:  innumerevoli publisher mettono a disposizione i loro titoli in un bundle che sarà devoluto in beneficenza, o promozioni, come il “One Special Day“, che puntano a raccogliere più fondi possibili in uno specifico giorno, da devolvere in beneficenza. Affinity Project, studio italiano che sta lavorando attualmente a Don-ay , punta a cambiare il concetto di Fundraising (raccolta fondi), cercando di mettere in primo piano eventi caritativi ogni singolo giorno, proprio grazie al loro titolo, da considerare come il primo “Donation Game” al mondo.

Don-Ay, che sarà rilasciato intorno alla primavera di quest’anno, è un gioco innovativo che unisce il concetto di endless run e Tamagotchi. Una percentuale di tutti gli acquisti in-game e ogni run completata generano una donazione grazie all’intervento di pubblicità in-app.
Il progetto si è sviluppato unendo i due interessi principali di Diego Ricchiuti (game designer), del CEO Ivan Paris e del MD Roberto Ressi: l’amore per gli animali e per i videogame.

Le parole di Ricchiuti per GamesIndustry.biz:

«Per noi /è davvero eccitante sviluppare videogiochi attraverso i quali puoi divertirti e fare del bene, in questo caso per gli animali.»

Affinity Project si vuole assicurare che le donazioni non diventino un obbligo, dato che il progetto punta a incoraggiare le azioni caritative da parte dei giocatori. Inoltre ricordiamo che tutte gli acquisti in-app sono opzionali, dunque anch’esse non obbligatorie. Ricchiuti tiene a specificare che il gioco non è un pay-to-win, dato che tutti gli oggetti possono essere ottenuti gratuitamente con il passare del tempo.
Le pubblicità in-app non sono troppo invadenti a tal punto da disturbare il giocatore durante la propria run. Sono presenti pubblicità che possono essere avviate volontariamente per ottenere monete di gioco, oggetti e potenziamenti, e le pubblicità non-volontarie (quindi non “skippabili”), per assicurarsi che una piccola donazione possa essere comunque generata:

«Questo è davvero importante perché vogliamo esser sicuri che tutti i giocatori possano donare senza spendere i loro soldi. I giocatori saranno ringraziati per la loro pazienza e le donazioni passive saranno comunque devolute in beneficenza. Inoltre il feedback dei giocatori è fondamentale perché crea un senso di appartenenza tra i giocatori e la causa.»

La speranza è che Don-Ay  diventi la passione di ogni giocatore mobile, incoraggiando  donazioni anche da parte di chi non ha abitudine di acquisti in-app.
Di sicuro la partecipazione costante a questi eventi sono più efficaci di una grande singola donazione e noi di GameCompass contiamo che Affinity Project possa cambiare le carte in tavola.




Game Pass: quando un vantaggio per i consumatori diventa uno svantaggio per i retailer

Ha fatto molto discutere, in questi giorni, la notizia del rivenditore che, per protesta contro il nuovo servizio di Microsoft, Game Pass, ha eliminato tutte le Xbox dal proprio Store.

Xbox Game Pass sembra essere un servizio interessante per i giocatori Xbox One e PC.: con €9,99 al mese si ha infatti la possibilità di giocare a titoli che potrebbero fare gola a molti  e, se dal punto di vista dei consumatori l’iniziativa è indubbiamente lodevole e interessante, non si può dire lo stesso riguardo i retailer, che si vedono sottratte potenziali vendite di singoli titoli e lo definiscono una disfatta.

«L’annuncio ha trasformato il business legato a Xbox in qualcosa senza valore nel corso di una notte. Si ha tutta la sezione dedicata predisposta e ordinata in negozio ma perché le persone dovrebbero spendere £12 o £15 per giochi di seconda mano quando possono pagare £9,99 per avere un vasto catalogo di titoli? Perché dovremmo supportarli vendendo le loro console e i loro accessori se finiremmo per guadagnare pochissimo dalla loro vendita? Non otteniamo praticamente nulla dalla loro selezione digitale, è inutile per noi. Ho delle console in negozio, ma non ho dei controller. Non ordinerò nulla ora come ora, normalmente lo avrei fatto ma ora non ho alcun incentivo, a meno che non ci sia qualcosa di estremamente scontato.»
«È molto frustrante ma abbiamo capito che a Microsoft non importa affatto dei retailer. Abbiamo ottenuto una placca che dice che siamo fornitori ufficiali di Microsoft ed è stato un bel gesto simbolico da parte loro ma adesso, che senso assume? Lo hanno fatto perché non ci supportano?»

Stephen Stangroon di Stan’s Games afferma: «Hanno ucciso il mercato dei titoli usati».

«È complicato non avere la stessa posizione del retailer austriaco», sottolinea Paul Lemesurier (Sholing Video), affermando di non sentirsi supportato da Exertis, distributore UK di Microsoft. «Game Pass avrà un effetto su tutti i titoli first-party. Abbiamo già detto a Exertis che non metteremo a disposizione in negozio nessuna copia di Sea of Thieves. Perché farlo se i grandi negozi lo venderanno sottocosto, i rivenditori online cambieranno la data di uscita e invieranno i giochi cinque giorni prima a un prezzo minore del nostro e ora Microsoft propone il Game Pass a 9,99?»

Diversi retailer confermano che parecchie persone vogliono ancora il gioco in formato fisico, per una questione di gusto personale. Ma è possibile che con Xbox Game Pass e il suo prezzo in molti potrebbero cambiare idea al riguardo.

In chiusura ecco le parole di Stuart Walker (Insane Games) e Stuart Benson (Extreme Gamez):

«Da un punto di vista del consumatore è un’offerta ottima. Potremmo vedere alcune persone passare da PS4 a Xbox One per questo e la cosa ovviamente ci colpirebbe in negativo. Per i consumatori è fantastico. Per noi in ambito retail non fa altro che uccidere il nostro commercio.»

Il mercato retail, si trova già in una situazione precaria e l’Xbox Game Pass potrebbe rivelarsi la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

 

FonteGamesIndustry




Tutte le esclusive Xbox disponibili al lancio di Game Pass

La rivoluzione di Xbox Game Pass ha portato un interessante novità, confermata da Aaron Greenberg (General Manager Xbox) sul suo profilo Twitter: gli abbonati Xbox Game Pass potranno giocare con i titoli Play Anywhere anche su PC. Sebbene il servizio non sia disponibile in modo ufficiale su Windows, coloro che possiedono un abbonamento attivo Game Pass potranno utilizzare anche l’edizione PC di qualsiasi titolo correlato a Xbox Play Anywhere. Inoltre, tutte le esclusive uscite fino a ora saranno disponibili al lancio del servizio. Le prime esclusive Microsoft disponibili saranno Sea of Thieves (dal 20 marzo), Crackdown 3 e State of Decay 2. Phil Spencer ha inoltre confermato che lo stesso trattamento sarà riservato anche per i nuovi giochi in esclusiva come Halo, Gears of War  e Forza.