Wartile

Da tempo ormai sfrutto i miei giorni liberi per coltivare una di quelle che normalmente io chiamo passioni, ma che la vostra ragazza chiamerebbe in altri modi molto fantasiosi e coloriti al contempo: i board game. Non dei giochi da tavolo qualsiasi, ma quelli che prevedono turni, dadi (moltissimi dadi), mostri, missioni, centinaia di carte abilità/funzione, un manuale di quelli da far impallidire i ricettari di suor Germana, ma soprattutto dove l’utilizzo di miniature – che mi fanno letteralmente impazzire – è imprescindibile.

Così, un giorno come un altro, ricevo una telefonata dal Direttore di redazione, il quale mi dice: «Vinz, ciao! Abbiamo per le mani un gioco per PC, Wartile. È un gioco strategico, e sembra che ci siano delle miniat…» «MIO!». E così comincia la mia recensione.

Tessere di Guerra

Wartile, “tessera di guerra“: mai traduzione letterale è stata più azzeccata. Si tratta di un gioco di guerra strategico in cui i personaggi (sia amici, che nemici) sono delle vere e proprie miniature con tanto di base tonda, che si muovono su una mappa suddivisa in piccole tessere esagonali, disseminate di oggetti bonus o ostacoli.

Il gioco gode inoltre di elementi di chiara natura GDR. Questo richiamo al gioco di ruolo classico si nota in diversi aspetti durante ogni partita a Wartile: i personaggi (le nostre care miniature) che salgono di livello, la possibilità di equipaggiarle a nostro piacimento in base al “drop” dei nemici o agli acquisti dal mercante e tanto altro. Andando avanti nell’avventura, si potranno acquisire anche nuove miniature nella “taverna“, spendendo l’oro accumulato durante le nostre quest. Il numero di miniature a disposizione non determinerà la nostra potenza di attacco, poiché in ogni missione potremo usufruire di un numero ben definito di personaggi, che va da 2 a 5 alla volta.

È importante che io sottolinei come ogni miniatura incontrata e assoldata nel nostro team, rappresenti un personaggio specifico, provvisto di background e abilità speciali di classe. Purtroppo, però, bisogna aggiungere che la campagna affrontata in Wartile non entusiasma moltissimo, risulta priva di significato e non riesce a intrattenere davvero: quello che voglio dire è che personalmente la sostanza del gioco si è tradotta più nella voglia di collezionare le diverse miniature che in quella di seguire la campagna, risultata poco incisiva sin dall’inizio.

Il combat system

È un sistema semplice e collaudato, quello adottato da Playwood Project. Le miniature si muovono sulla mappa in base al loro punteggio di movimento: una volta mossa una miniatura, si dovrà attendere un brevissimo “cooldown” per poter riattivare nuovamente la stessa miniatura. Una volta vicini alla miniatura nemica, l’attacco avverrà in maniera del tutto automatica, mentre noi ci limiteremo a utilizzare delle carte bonus o malus (se dobbiamo giocarle sui nostri nemici).

Nel caso in cui avessimo in squadra miniature di “lancieri” o “arcieri” ovviamente l’attacco avverrà da una o più caselle di distanza (quest’ultimo è il caso specifico degli arcieri). Ogni miniatura amica o nemica verrà sconfitta se i suoi punti ferita verranno portati a zero.

Graficamente parlando

Il gioco a un primo sguardo non brilla certo per il suo comparto grafico, il quale però, a una analisi più attenta, rivela dettagli molto apprezzabili.

Fra questi, gli effetti grafici di luminescenza ambientale sulle superfici (gli shader), ma si apprezza anche l’originalità e la cura con la quale sono state sviluppate le contenute ma minuziosamente dettagliate mappe di gioco.

Il comparto audio

Durante l’intero gameplay di Wartile siamo accompagnati da un tappeto sonoro abbastanza rilassante ed evocativo – perfettamente in clima da gioco da tavolo – e da effetti sonori che non sono di certo i migliori mai sentiti in un titolo del genere.

Tirando le somme

Tirando le somme, non c’è dubbio che Wartile sia un ottimo passatempo, un giochino che riesce a far passare fluidamente agli appassionati del genere qualche ora davanti al monitor. Purtroppo, anche a causa della campagna forse eccessivamente “secondaria” e non sempre solida, si perde il “grip” d’attenzione dell’utente, spingendolo a smettere di giocare dopo qualche partita. Questo è un vero peccato, il gioco ha dell’ottimo potenziale che si sarebbe potuto sfruttare con più attenzione da parte del team di sviluppo, inserendo magari una narrativa più accattivante che magari ci avrebbe spinto a giocare qualche oretta in più. Ma tutto sommato, essendo uno dei pochi titoli del genere, pollice in su per Wartile.




Studiare divertendosi portando a spasso Bayek

Se ci pensiamo bene, in Assassin’s Creed Origins migliaia di piccoli egiziani digitali svolgono il loro lavoro all’interno dell’Antico Egitto riprodotto nel gioco. Raccolgono frutti, trasportano merci, vendono nei mercati, si occupano dei campi e, sì, anche di mummificazioni varie ed eventuali.

Una enorme mole di lavoro per gli sviluppatori, quasi 3 anni di incessante sviluppo e studio per riprodurre così minuziosamente tutto ciò che circonda i giocatori durante il gameplay: gli stessi giocatori a cui, d’altro canto, non interesserà minimamente il contesto del gioco, perché saranno interessati semplicemente a finire il titolo prima possibile scorrazzando a destra e a manca per completare le missioni, raccogliere tesori e far saltare qualche testa qua e là, per poi riposarsi e attendere la prossima uscita della serie.
Ubisoft, ha deciso di rilanciare e promuovere l’immane lavoro dietro l’ultimo AC, rilasciando la modalità Discovery Tour: una versione del gioco senza combattimenti o missioni, che trasformerà Assassin’s Creed Origins in un museo virtuale, accompagnando i giocatori in un tour dell’Antico Egitto tramite circa 75 visite guidate. Modalità che era stata già annunciata lo scorso anno e che sarà disponibile gratuitamente per tutti i possessori del gioco dal 20 Febbraio o altrimenti disponibile per l’acquisto come stand-alone su Steam e Uplay per 20$.

Data la minuziosità con la quale è stato storicamente riprodotto l’Egitto nell’ultimo capitolo della saga degli assassini più famosi del mondo, non ci stupisce affatto l’entusiasmo dello storico di Ubisoft, Maxime Durand, che intervistato da Gamesindustry.biz dice:

«Il Discovery Tour è un sogno che abbiamo da tantissimo tempo. Siamo stati fortunati perché il nostro top management ci ha totalmente supportato in questa iniziativa. Pensiamo che l’enorme quantità di lavoro e dedizione che abbiamo riproposto nell’Antico Egitto debba essere condivisa con il maggior numero di persone possibile. Abbiamo creato un ambiente open world in cui speriamo che il nostro lavoro sulla credibilità (degli usi e costumi oltre che delle  monumentali strutture) consenta ai giocatori di immergersi totalmente all’interno dei vari tour virtuali, perché possiamo condividere più dettagli ed evidenziare il loro vero valore. Per noi è molto stimolante fornire informazioni accademiche  dettagliate su un periodo storico per il quale abbiamo studiato tanto»

Tuttavia la cosa interessante va anche oltre lo studio, la dedizione e la precisione con il quale ha lavorato il Team di Durand, poiché questa nuova chiave di lettura dei videogiochi potrebbe infrangere la barriera di quella che da sempre ha dichiarato incompatibilità con questo mondo: l’educazione scolastica.
Durand, nella fase di produzione del Discovery Tour, ha espresso molto chiaramente al team di sviluppo che gli insegnanti, non avrebbero dovuto avere alcun timore nel mostrare i contenuti di Assassin’s Creed nelle loro classi, permettendo così agli studenti di immergersi nell’Antico Egitto e saperne di più in un modo completamente nuovo, sicuro e interattivo:

«Da diversi anni riceviamo testimonianze da parte degli insegnanti , in cui ci comunicano di stare registrando dei video, sicuri per la scuola, dei nostri giochi per creare il proprio materiale didattico. Ma questa volta, non solo non dovranno temere di mostrare alcun contenuto “pericoloso” ai loro studenti, ma verranno fornite anche ulteriori informazioni accademiche a cura di storici ed egittologi qualificati»

Insomma sarebbe bello vedere un giorno che questa nuova tipologia di interazione tra studenti e videogiochi possa raggiungere anche obiettivi più lontani, come per esempio essere introdotta all’interno di tutti i musei, per raccontare la storia in un modo completamente nuovo, coinvolgente e interattivo. Come è stato per l’evento promozionale del Discovery Tour di AC Origins, avvenuto all’interno del British Museum, data la grossa mole di antichi manufatti egizi presenti al suo interno.
Durand, per concludere, ammette solo di avere una piccola riserva sulla parte “divertente” della nuova modalità che potrebbe andare persa dal momento che il gioco verrà privato di uccisioni e missioni da compiere. Sperando però al contempo di arginare la perdita con l’inserimento di più tour virtuali possibili. In ogni caso non ci rimane che attendere gli ormai pochissimi giorni che distano dal lancio della nuova modalità per tastare con mano quanto affermato dallo staff di Ubisoft. Che sia divertente o meno, l’utilizzo dei tour virtuali attraverso gli usi e costumi delle diverse epoche storiche rappresenterebbe sicuramente un grande passo verso una direzione che in futuro potrebbe cambiare totalmente l’approccio allo studio da parte degli studenti di tutto il mondo.




Influencer: la scelta ideale per un’azienda di gaming

Quando si parla di influencer, la prima cosa che ci viene in mente sono YouTuber e streamer di Twitch. Il lato commerciale degli influencer è espresso tramite la produzione di determinati contenuti (essenzialmente video) ma, il loro potenziale, va ben oltre. L’agenzia di marketing GamerInfluencer ha sviluppato il suo business dimostrando, come afferma Benedikt Seitz (il fondatore), che bisognerebbe guardare oltre i soliti “gamer influencer” (come per esempio il noto PewDiePie o altri personaggi di spicco della rete) in modo da coinvolgere un pubblico più ampio.

Seitz, a una instervista di GameIndustry.biz dice:

«Non bisognerebbe basare la ricerca sul “giusto influencer”, piuttosto sarebbe più opportuno trovare chi coinvolge una buona fascia demografica. Spingere sui canali specializzati può anche essere un buon inizio, ma successivamente si deve procedere tramite il fattore demografico degli spettatori. È stato comprovato che i giochi di nicchia, per esempio un gioco di “cucina”, che potrebbe avere una fascia demografica ridotta e prevalentemente al femminile, può avere un discreto successo su piattaforme come Instagram, che non nascono per il gaming, ma che si prestano bene a tutti quei giochi che non troverebbero spazio tra gli influencer.»

Gameindustry.biz:

«Sicuramente degli ottimi consigli, ma il bello di pubblicizzare tramite un canale specializzato è che non solo l’host comprende perfettamente il tuo prodotto, ma verrà compreso anche dagli spettatori. Invece sfruttando piattaforme non dedicate, come un canale di cucina, si potranno sì trovare degli appassionati di gaming, ma l’host sarà comunque interessato a presentare il prodotto?»

Seitz:

«Devo ammettere che non tutti sono aperti al promuovere giochi sul proprio canale, però un buon 70-80% degli influencer “non-gamer” è disposto a farlo; qualora il gioco non dovesse condividere i loro interessi, quindi anche quelli del loro canale e dei loro fan, non lo pubblicizzerebbero mai.
Vorrei sottolineare anche quanto sia importante guardare OLTRE l’ovvio regno di YouTube per cercare degli influencer, alla luce del fatto che anche Instagram, grazie alle sue “stories“, abbia avuto un grandissimo successo, ma come lei anche Snapchat per esempio. Anche piattaforme più consolidate come Facebook o Twitter, vanno bene per promuovere i propri prodotti. Per esempio, se si vuole promuovere un titolo per i “core gamer” sicuramente si avrà più visibilità su piattaforme come YouTube e Twitch, d’altra parte se si dovesse promuovere un gioco “casual”, sarebbe più adatto Instagram, in cui un piccolo video in una “storia”, sarebbe già sufficiente»

Benedikt Seitz suggerisce inoltre, che le case di sviluppo dovrebbero collaborare con gli influencer, in quanto sono persone molto creative e possono dare quel punto di vista in più che potrebbe fare la differenza. Alla luce di quanto accaduto poco tempo fa al personaggio di PewDiePie, le cose stanno cambiando su YouTube, ma anche altrove. La gente non può più fare ciò che vuole ma bisogna mantenere un’etichetta “professionale”; si sta comunicando con il grande pubblico quindi bisogna rispettare delle regole. Seitz sostiene che YouTube potrebbe anche non essere più la piattaforma più ambita per gli influencer tra 5 o 6 anni e che anche Facebook non è la più adatta alla promozione di video e contenuti auto-prodotti, ma può essere utile ugualmente anche se ha perso il suo “impatto”.

Seitz conclude dicendo:

«Ci saranno molti cambiamenti nelle piattaforme social, non importa quale questa possa essere, in ogni caso vedremo sempre qualche forma di influencer»



Un parco giochi a tema Overwatch basato su Blizzard World, come sarebbe?

La scorsa settimana il team di Overwatch ha rilasciato una nuova mappa, Blizzard World, una coloratissima e divertentissima arena per lo sparatutto del momento, piena di attrazioni molto interessanti per i giocatori. Ma cosa servirebbe per dar vita a un reale parco Blizzard World?

É noto che i parco giochi a tema siano tra le strutture più costose da realizzare, ma di sicuro questo non ha mai fermato i grandi costruttori. Nel mondo possiamo godere di svariati esempi, come il parco divertimenti dedicato a  Star Wars a Disneyland California (e presto anche a Orlando), o ancora gli Harry Potter World in Giappone, Florida e Hollywood.

https://youtu.be/-Vhs60f-9yw

La mappa Blizzard World di Overwatch è il frutto dell’immaginazione del team di sviluppo in cui ogni elemento è un richiamo al mondo Blizzard: giostre, ristoranti, cafè e negozi. Purtroppo però, è possibile visitare solo una piccola porzione della mappa, poiché più della metà è solo di sfondo o addirittura neanche completamente renderizzata.

Quindi, per riuscire a immaginare questo parco giochi a tema Blizzard, dobbiamo correre con la fantasia. Secondo la mappa, in gioco ci sono circa 40 attrazioni: tra cui troviamo le montagne russe di Hellscream e Blackrock Mountain, la ruota panoramica Darkmoon e la torre di caduta libera Tyrael’s Fall. Non mancano i ristoranti, come l’Hearthstone Tavern oppure ancora le aree commerciali, come il Caldeum Market o la Darkmoon Faire.

I giocatori che arrivano dal “fronte” vengono accolti dall’immenso Stormwind Keep, proveniente dall’universo di Warcraft – un po’ come il castello della Walt Disney a Disneyland.
Si è scoperto inoltre, che  i parchi a tema e le mappe arena degli sparatutto, hanno una simile filosofia di sviluppo. Ne parla Aaron Keller, assistente direttore di gioco di Overwatch:

«I parchi a tema, soprattutto quelli del sud della California, ci hanno ispirato per la creazione e il concepimento della mappa Blizzard World ma anche di tutte le altre mappe di Overwatch. Ho trascorso molto tempo in molti parchi a tema e sono sempre stato affascinato da quanto bene i parchi possano condurre e guidare autonomamente i visitatori da una parte all’altra della struttura. C’è tanto da imparare per un level designer: quando cammini c’è sempre qualcosa di interessante accanto a te, che ti spinge a osservare, e avvicinandoti e guardando con più attenzione, ti rendi conto che esiste molto altro dietro l’angolo e così via, finché non si arriva a qualcosa di immenso che hai sempre visto all’orizzonte e che quindi ti spinge a continuare il viaggio.»

Solo il meglio per il parco

«Ci siamo divertiti molto a creare le voci nei menù e per gli snack delle aree di ristoro della mappa. Secondo me, il cibo migliore si trova a Shen’s Delights. Ho fatto un rapido controllo nel menù stagionale di Snaxxaramas e adesso sono felice di condividerlo con voi.»
  • Frittata di Anub-Rekh
  • Stufato speciale di Noth
  • Biscotti alla crema fungina di Loatheb
  • Biscotti e avena della peste di Kel’Thuzad
  • Razione dello Zombie
  • Costole di Spore
«Il capo-chef Patchwerk  da molta importanza al lavoro svolto nelle fattorie con le materie prime locali sul suo menù, quindi sono fiero di dirvi che tutto il cibo che mangerete, proviene direttamente da Gothik.»

Blizzard World, ovviamente, è una lettera d’amore per i fan, una zona fantasy piena di luoghi, oggetti di scena e riferimenti che solo i veterani delle opere Blizzard capiranno. Chissà se qualche dirigente considererà seriamente questa nuova mappa di Overwatch come un progetto per un vero parco a tema. Detto questo, la società ha tenuto un concorso di fan art per un “Blizzard World” nel 2009, mentre il concept artist dello studio Peter Lee, ha già riferito di aver disegnato una sua versione mentre sviluppava l’MMO Titan, successivamente abbandonato.




LEGO Ninjago – The Movie

Ricordo di aver avuto circa 7 o 8 anni quando, per un compleanno, ricevetti la mia prima scatola di LEGO. Un ricordo incancellabile, come fosse ieri, “Il castello di Robin Hood”, con tanto di Little John, lo sceriffo di Nottingham, le guardie reali, archi, frecce e picche.

Sono trascorsi circa 27 anni e il brand LEGO continua inarrestabile la sua cavalcata come leader nel settore ludico (nella sua accezione più vasta), senza alcun rivale a tenergli testa. Da anni ormai l’azienda danese si è lanciata anche in altri settori, come quello cinematografico, portando nelle grandi sale film come The LEGO Movie nel 2014 e successivamente The LEGO Batman Movie e  The LEGO Ninjago Movie, entrambi nel 2017; e un altro settore certamente di rilievo è quello videoludico, nel quale si affacciarono nell’ormai lontano 1997 con il titolo LEGO Island, a cui poi seguirono decine e decine di videogiochi per diverse piattaforme. Oggi i titoli LEGO trovano la loro dimensione in uno stile che ormai è diventato una vera e propria “firma”, composto da visuale dall’alto mobile, modalità co-op e tanto, tanto divertimento.

Dopo una lunga sessione di gioco, ho finalmente la possibilità di poter scrivere riguardo il penultimo divertentissimo capitolo sfornato dal Traveller’s Team in collaborazione con TT GamesLEGO Ninjago – the Movie, uscito il 12 Ottobre 2017 per le piattaforme Switch, PS4 e Xbox One.

Ti faccio a pezzi

I pezzi, sono proprio quelli che sin dall’inizio diventano quasi un’ossessione! Ci si ritroverà a girovagare per la vasta Ninjago City alla ricerca di qualsiasi cosa si possa frantumare in tanti piccolissimi pezzettini, e non solo per il gusto di farlo – o meglio, anche – dato che ogni oggetto distrutto ci darà anche dei coin (di diversi colori in base al loro valore) visualizzabili anche sulla mappa e che, oltre a far salire il nostro livello di ninja sbloccando gradualmente diverse abilità, ci daranno la possibilità di ricostruire gli edifici e i servizi distrutti dal malvagio Lord Garmadon. Anche i nemici che incontreremo lungo tutto il nostro percorso, una volta bastonati per benino con le nostre combo devastanti, ci daranno in premio tanti bei coin.

Chi è Lord Garmadon?

Il nostro villain viene disegnato con un mix perfetto di goffaggine e cattiveria, in pieno stile da film d’animazione per ragazzi. Tutto ha inizio con uno degli attacchi di Garmadon all’ennesimo tentativo di conquista di NinjaGO City, tentativo che fallirà miseramente grazie ai Ninja addestrati dal maestro Wu, i quali, una volta in sella ai loro robot da combattimento, annienteranno la minaccia tempestivamente. Da qui  in poi Garmadon si rivelerà un continuo tormento per i nostri eroi: infatti ce lo vedremo spuntare in ogni nuova area scoperta, con nuove armi di distruzione e più incacchiato di prima. Durante il nostro viaggio potremo avere il controllo di diversi eroi (Kai, Cole, Zane, Nya e Jay) ognuno dei quali possiede delle caratteristiche di base uniche, che serviranno principalmente per interagire con degli oggetti scenici e per sbloccare l’accesso ad alcune aree segrete della mappa (serrature, montacarichi, saracinesche etc). Ciò che accomuna tutti gli eroi è invece l’albero delle abilità, che prevede bonus generici attivi e/o passivi che si attiveranno per tutti gli eroi a nostra disposizione.

I Collezionabili: odi et amo

L’elemento più in voga nei giochi firmati LEGO è costituito dai cosiddetti “collectibles” ossia tutti gli oggetti collezionabili presenti in gioco, in aree più o meno segrete e difficili da raggiungere. Questi maledetti oggetti sono stati la maggior perdita di tempo durante la mia esperienza di gioco, infatti… non ho ancora finito di collezionarli! Inoltre, la cosa peggiore per un giocatore che come me soffre della sindrome da accumulatore seriale, è che una volta terminato ogni livello si avrà la possibilità di girare liberamente nell’area appena liberata per poter scoprirne tutti i segreti oppure ritornare in una qualsiasi delle aree già visitate di NinjaGo Island!  Ma non è una cosa bellissima?

Tra questi collezionabili troviamo: i mattoncini dorati da accumulare per avere accesso ad alcuni livelli del gioco, le buste di LEGO NinjaGO, che daranno nuovi personaggi o pezzi di nuovi costumi per la personalizzazione dei nostri eroi e, infine, i forzieri, dai quali ricaveremo parecchi coin-premio.

Chi non gioca in compagnia…

Se i giochi della serie LEGO vi sono sembrati divertenti in single player, allora dovreste assolutamente provarli in modalità multigiocatore. Il co-op di questa serie di videogiochi ha sempre racchiuso in sé tutto quello che – a parer mio – DEVE essere un gioco co-operativo. Uno su tutti, tra gli aspetti vincenti, è il fatto di dover  collaborare con l’altro giocatore per riuscire a completare i vari livelli. Senza considerare semplicemente quanto sia bello che ancora esistano giochi che prevedano questo genere di semplice e divertente interattività tra giocatori, un po’ la stessa che abbiamo visto recentemente su Knack 2.

In conlusione

LEGO NinjaGO – the Movie è stato un titolo che ha offerto molto divertimento, qualche ora di spensierato “farming” selvaggio qua e là, distruggi a destra, smantella a sinistra, litiga con gli altri giocatori in multiplayer, tutto all’insegna del puro svago. Il gioco è gratificante anche sotto l’aspetto grafico, certo non sto qui a elogiarne la qualità in quanto siamo abituati a ben altro, ma non è questa la chiave di lettura in questo caso. Le animazioni sono perfette, non ci sono sbavature e tutto fila liscio come l’olio sulla PS4 Pro. Insomma, se avete voglia di passare del tempo senza impegnarvi troppo e soprattutto giocando in compagnia, LEGO NinjaGO – The Movie è il gioco che fa per voi, non smentendo il trend positivo, in tal senso, dei precedenti titoli della serie LEGO.




La visione di Phil Spencer riguardo Xbox Game Pass: Un’opportunità per i giochi single player

Da un paio di giorni a questa parte, la divisione Xbox guidata da Phil Spencer ha inserito su Twitter alcuni post per parlare un po’ più a fondo di Xbox game pass.

Per prima cosa abbiamo capito che Spencer vede tutto questo sia come un servizio di sottoscrizione di grande valore che come una nuova opportunità per la sezione riguardante i giochi single-player.

A quanto dice Spencer, c’è molto fermento da parte di molti studi software, che vorrebbero capire il funzionamento del servizio. Microsoft intende continuare con i giochi propri, ma l’obbiettivo al momento è quello di espandersi con altri studios.

E’ molto interessante che Spencer abbia anche detto che presto arriveranno più giochi per la prima piattaforma Xbox, anche se un po’ più lentamente rispetto a quelli di X360.

Infine, lo stesso Spencer, menzionando Monster Hunter, afferma che per quanto lo riguarda, potrebbe diventare davvero un enorme franchise globale e che Capcom, con Monster Hunter World ha fatto un grande passo avanti.

L’aggiunta di nuovi giochi first-party all’xbox game-pass era stata annunciata un paio di giorni fa dalla stessa Microsoft. I giochi “play anywhere” saranno giocabili sul PC.

Quindi potremmo dedurne che Microsoft stia deliberatamente decidendo di mettere fine alla vendita dei giochi su disco e questo, avrà probabilmente un effetto devastante anche sul mercato dell’usato destinato quindi a svanire del tutto; In questo articolo, la protesta di un venditore austriaco contro le nuove politiche di Microsoft. Inoltre, dal momento che le esclusive “play-anywhere” potranno tranquillamente essere giocate su PC, la gente, sarà comunque spinta all’acquisto di xbox in questo modo? Probabilmente stanno puntando a una piattaforma multimediale, come fosse una internet-tv, facendo fuori del tutto i supporti fisici dei giochi e puntando tutto sul digitale.




No Man’s Sky’s Waking Titan ARG is back! Risvegliate il detective che è in voi.

Il Waking Titan ARG di No Man’s Sky, divertente e complicato, sembra essere tornato, e i fan stanno cercando di cogliere ogni piccolo particolare nel tentativo di capire cosa gli riserverà il prossimo contenuto del gioco in continua espansione di Hello Games. Waking Titan si era fatto conoscere con una gran quantità di messaggi enigmatici da svelare, online e nel mondo reale. In poco tempo, i fan erano riusciti a capire che si stava parlando di una espansione di No Man’s Sky: circa tre mesi dopo, ne ebbero la conferma con il rilascio dell’aggiornamento 1.3 del gioco, noto anche come Atlas Rises.
Questa espansione ha aggiunto un numero enorme di funzioni e miglioramenti al precedentemente poco apprezzato titolo in questione, tra cui una storia nuova di zecca, dei portali interstellari, una nuova razza aliena, miglioramenti all’esplorazione, al volo e al commercio, un sistema di generazione randomizzata di missioni e persino un principio di multiplayer co-operativo. Certo non è quello che i fan aspettavano, ma è pur sempre un inizio. Tutti – compreso me – al lancio di NMS ci aspettavamo un’interazione “interstellare” con gli altri giocatori, ma le nostre aspettative, ahimè, erano troppo alte, e ne conseguì che la stragrande maggioranza di acquirenti ne rimase fortemente delusa.
Quando l’aggiornamente 1.3 venne rilasciato, Hello Games, lo annunciò come un grande cambiamento definendolo testualmente «un importante primo passo verso la modalità co-operativa sincrona in No Man’s Sky», per questo i fan oggi attendono con grande impazienza un nuovo aggiornamento che migliori ulteriormente la debole parte multiplayer del gioco.

Quindi, adesso che è stato riattivato il Waking Titan ARG, i fan credono che un nuovo update del gioco possa essere vicino al rilascio o comunque vicino alla fase conclusiva di sviluppo. Allo stato attuale, come riportato dall’inestimabile Waking Titan Wikile indagini sono in gran parte focalizzate sul sito web di Waking Titan, in cui i partecipanti, tramite immissione di codici su schermo, riceveranno informazioni codificate riguardanti il gioco in questione. Sean Murray, creatore del gioco, in un post su Twitter ha ammesso di voler prendere spunto dalla nota serie TV Black Mirror, per il prossimo aggiornamento di No Man’s Sky.

I fan per questo motivo credono che possa essere implementato l’utilizzo di un avatar che ci rappresentati in game, considerato che al momento gli altri giocatori incontrati sono delle semplici sfere luminose.
Un altro enigma da risolvere è quello degli strani Atlas Pass ricevuti da alcuni partecipanti alle indagini, i più arguti sono riusciti a decifrare i codici esadecimali sul pass svelando la scritta “Phoenix” (fenice) supponendo quindi che, come una fenice risorge dalle sue ceneri, anche No Man’s Sky potrebbe subire un restart dell’universo di gioco.

C’è ancora molto da scoprire su Waking Titan, molti gli enigmi da risolvere e i misteri da svelare. Non ci rimane che attendere.




Mario Maker: quando su Switch?

Nintendo piena di sorprese: sembra stia rispolverando quelli che AVREBBERO DOVUTO essere grandi successi sulle vecchie console domestiche. Mi sto riferendo all’ultimo Direct Mini, nel quale sono stati presentati i prossimi porting in lavorazione da Wii/WiiU a Switch: a breve infatti si potranno mettere le mani su Donkey Kong Country: Tropical Freeze e Hyrule Warriors che, com’è giusto che sia, vedranno l’implementarsi di nuove funzionalità “ad hoc” per la nuova console.

Piuttosto, c’è un titolo che mi colpì particolarmente quando acquistai WiiU e fu Super Mario Maker: ve lo ricordate? Girano voci sia in cantiere anche questo, ma sono pur sempre voci. In ogni caso, sono più che sicuro che risulterebbe essere una delle “killer application” di Switch. A partire dalle funzionalità che potrebbero essere implementate, come un pennino capacitivo per la navigazione per l’editing su schermo. Certo, è vero che potrebbe essere tutto un “deja vù” considerata la forte somiglianza dei concept tra WiiU e Switch e, se vogliamo, anche 3DS, ma di sicuro con i giusti accorgimenti Super Mario Maker su Switch potrebbe dare molto di più.

Ovviamente non è passato inosservato a nessuno il flop commerciale subìto da WiiU, vuoi per la somiglianza a Wii, vuoi per il costo spropositato della console al lancio,  vuoi per un marketing non del tutto azzeccato, la console venne presto accantonata sia dai giocatori che dagli sviluppatori e, in seguito, anche dal produttore: che stava già mettendo nuova carne al fuoco per un ambizioso progetto, la Nintendo NX, adesso conosciuta come “Nintendo Switch“. Quasi a voler porre rimedio al poco successo avuto da questi titoli, che avrebbero dovuto trovare un posto più dignitoso nel panorama videoludico, Nintendo vuole provare a rilanciarli sul sicuramente più fortunato Nintendo Switch, che dal lancio un po’ ovunque registra numeri da record. Quindi non rimane che aspettare e vedere cosa ci riserverà il futuro!




Dakar 18: in arrivo un nuovo open world Racing

Ieri la software house britannica Deep Silver, nota etichetta di proprietà di Koch Media, in collaborazione con Bigmoon Entertainment, ha annunciato Dakar 18, un open-world racing che include diverse tipologie di veicoli, proprio come l’evento tenuto annualmente di cross Dakar. Il gioco verrà commercializzato per Xbox One, PS4 e PC.

Secondo gli sviluppatori, Dakar 18, restituirà al pubblico una simulazione realistica dell’evento Dakar; inoltre, promettono, sarà il più vasto open-world racing mai visto su un videogioco. Sarà possibile prendere possesso di diverse tipologie di mezzi, come: motociclette, ATV, automobili, camion e SXS buggy. Oltretutto è stato confermata anche la presenza dei principali team e piloti del settore, inseriti nel gioco grazie agli accordi presi con la Amaury Sport Organisation, ente organizzatore dell’evento Dakar.

Parlando di contenuti invece, sappiamo già che il gioco prevederà la modalità single player, che tante software house ormai sembrano voler abbandonare nei propri titoli, ed entrambe le modalità online e offline per il multiplayer.

Open-world racing: non sappiamo davvero cosa aspettarci. Sì non è certo la prima volta che viene applicato ai giochi di corse, siamo abituati a titoli come Need For SpeedThe Crew, nei quali potevi scorrazzare liberamente in città per cercare le gare e gli eventi che preferivi  ma in questo caso, come potrebbe essere applicato ad un gioco di corse NEL DESERTO?
Bisogna prendere con le pinze una caratteristica come questa su un gioco di corse di questo genere, anche perché, come verrà applicato il sistema open-world in un gioco Dakar? Perdersi nel deserto non deve essere di certo una bella esperienza, orientati solamente da un bussola i piloti devono arrivare da un punto A a un punto B, sarà quindi realmente sfruttato questo tanto decantato open-world?

Di seguito, nel frattempo, potete iniziare a pregustare un piccolo trailer in CGI, giusto per capire cosa ci riserverà Dakar 18.

 




Nidhogg 2

Devo ammetterlo, non sono un grande fan dei titoli indie, né tanto meno dei giochi privi di un filo narrativo. Nidhogg 2, IP di proprietà della casa di sviluppo Messhof Game, prende a piene mani entrambi gli elementi e ne fa il proprio stendardo. Un titolo che nasce, sin dal concept, molto originale ma privo di un teorico significato: seppur migliorato rispetto al primo capitolo uscito nel 2014, graficamente è stato arricchito dagli sprite ma adesso risulta anche molto più confusionario.
Unica stella che fievole si illumina nel cielo di Nidhogg 2 mi è parsa essere la sua giocabilità che, seppur ridotta all’osso, è abbastanza alta, oltre che intuitiva.
A ogni modo, risulta davvero molto difficile contestualizzarlo nel panorama videoludico odierno.

Nidhogg 2 avrebbe potuto trovare il suo posto 15 anni fa come cabinato, quando ancora la sala giochi non era un mero ritrovo per giocatori di slot machine. Giocarlo in 1vs1, in piedi in sala giochi, a spintonarsi durante una partita sullo stesso schermo, questo potrebbe essere divertente, ma in casa? Seduti di fronte al vostro monitor? State certi che l’unica emozione che proverete sarà quella di aver recuperato spazio sul vostro hard disk una volta disinstallato il gioco.

Una volta personalizzato il nostro personaggio, con i pochi elementi selezionabili, lo scopo del gioco, unico e solo, sarà quello di riuscire a raggiungere l’estremità opposta del piano di gioco per aggiudicarsi la vittoria ed essere poi divorati dal Nidhogg (un enorme serpentone volante facente parte delle credenze mitologiche scandinave) che vi porterà via masticandovi al termine di ogni livello. Gli stage non seguono una logica, ognuno prevede l’utilizzo esclusivo di una sola arma oppure, in alcuni casi, saranno presenti più armi da poter prendere anche dai vostri nemici una volta eliminati. Ogni partita inizia precisamente nella metà del livello con un “face to face” col vostro nemico che, allo stesso nostro modo, avrà un solo obiettivo: terminare il livello raggiungendo l’estremità a lui opposta, ogni volta che un concorrente viene eliminato farà un spawn  (comparirà nuovamente) dopo qualche secondo. Ci sono diversi livelli disponibili, ognuno con le sue ambientazioni e armi caratteristiche. La modalità single player non ha nulla da invidiare alla modalità in multiplayer, risultano entrambe prive di incisività.

I giochi indipendenti fanno ormai parte di un larga fetta di mercato, si stanno facendo strada sgomitando con le grandi case di sviluppo, portando spesso a casa grandi successi, come nel caso di giochi del calibro di Limbo o Inside di Playdead, o lo stesso Steamworld Dig 2 e tanti altri titoli di successo. Mi chiedo se abbia ancora senso sviluppare oggi un gioco come Nidhogg 2, che difficilmente troverà posto nelle librerie dei videogiocatori, né tantomeno il loro favore.