Battlefield V non sembra essere partito col piede giusto. Dopo tanti anni in cui abbiamo visto avvicendarsi varie epoche storiche ed esperimenti discretamente interessanti, l’ultimo capitolo sembra avvolto da un alone di mistero. Nessuna notizia della battle royale, denominata Firestorm, pre-order ben al di sotto della media e infine un posticipo sulla data di uscita di un mese, forse per evitare la “concorrenza” spietata di Red Dead Redemption 2 o, più probabilmente, per rifinire alcuni elementi di varia natura, come ad esempio, l’ottimizzazione generale in vista dell’entrata in scena del Ray Tracing di Nvidia.
Questa open beta ci ha finalmente permesso di saggiare alcune novità del titolo che in qualche modo sanciscono un ritorno al passato.
V per Vanitoso
Il passaggio da Battlefield 3 a Battlefield V sembra essere avvenuto in maniera istantanea anche se, nel frattempo, abbiamo assistito a Battlefied 1 e a Hardline, ben diversi per caratteristiche e aspettative. La natura del titolo DICE dunque rimane invariata, con un feeling divenuto ormai un marchio di fabbrica e lontano dalla frenesia del suo rivale più diretto Call of Duty. Ma di novità ce ne sono, a cominciare dal ritorno della distruttibilità ambientale totale che cambia decisamente le carte in tavola una volta compreso che i proiettili posso attraversare alcuni ripari. Ma tutto questo si esprime maggiormente con i mezzi pesanti, in grado di distruggere interi appartamenti modificando di fatto il layout della mappa. A proposito, le location disponibili in questa beta sono due: Rotterdam, protagonista anche della presentazione di Nvidia, e Narvik, una mappa innevata ai confini del Circolo Polare Artico. L’approccio in queste due zone è completamente diverso e sono caratterizzate da un buon level design sviluppato anche in verticale, pieno di ripari, vie di fuga e scorciatoie.
Proprio una delle grandi novità di Battlefield V è la possibilità di costruire piccoli avamposti, torrette e persino artiglieria anti-aerea che ampia a dismisura le possibilità tattiche: presa posizione, sarà possibile costruire un proprio fortino in grado di difendere più agevolmente uno degli obbiettivi e, viceversa, dare vita a un vero e proprio assedio, a una guerra di trincea che tanto è mancata nel precedente capitolo. Inoltre, potremmo soccorrere chiunque indipendentemente dalla classe scelta: una volta colpiti “mortalmente” abbiamo a disposizione due scelte, ovvero se morire in maniera rapida, accelerando l’arrivo al menu di respawn, oppure lottare con tutte le forze chiedendo aiuto, attivando anche animazioni dedicate.
Come detto, il feeling è sempre lo stesso, con la Grand Operation a fare da traino, e forse unica modalità in grado di restituire l’epicità di una grande guerra. Le armi, limitate per numero in questa beta, ma comunque varie, non presentano particolari novità dal punto di vista delle meccaniche, cosa che fa storcere un po’ il naso considerando che siamo passati dalla modernità di Battlefield 4, alla Prima Guerra Mondiale e ora alla Seconda.
V per Vistoso
Anche se non abbiamo potuto approfondire, sappiamo che la personalizzazione avrà un ruolo chiave all’interno del progetto: sia il nostro alter ego che armi e mezzi a disposizione, avranno un ampio set di elementi in grado di trasformare visivamente qualunque cosa. Il tentativo è quello di rendere Battlefied V più “umano”, mettendo al centro il giocatore e il suo team. Di fatti, la cooperazione svolge un ruolo più importante rispetto ai capitoli precedenti e premiata non solo dai classici punti esperienza ma anche da equipaggiamento speciale, come armi o mezzi corazzati. Più umano vuol dire anche avere un sistema di progressione “su misura”, che abbiamo avuto modo di verificare sul campo: via dunque alla standardizzazione in favore di un approccio più personale e incline al nostro stile di gioco. Una volta raggiunti determinati obbiettivi, armi ed equipaggiamento sbloccati saranno in linea con le nostre abitudini, in un percorso delineato che invoglia il giocatore a seguire stili diversi.
A livello tecnico, il Frostbite Engine è sempre un bel vedere, nonostante l’assenza del Ray Tracing. Sia Rotterdam che Narvik, benché completamente diverse, sono ricche di dettagli, con elementi perfettamente modellati, come da tradizione. Da segnalare però alcuni problemi dovuti alla fisica, e bug e glitch di varia natura oltre a problemi di matchmaking, ma che probabilmente verranno risolti con il rilascio ufficiale.
In conclusione
Battlefield V sembra essere il Battlefield di sempre, qualitativamente molto valido e puntellato qua e là al fine di arricchire un sistema già ampiamente collaudato. È ancora molto presto per esprimere un giudizio, del resto non sappiamo quasi nulla del single player, della rimanente offerta di gioco e sopratutto della modalità Firestorm. Dunque non ci resta che attendere (un mese in più) per recensire adeguatamente l’ultima fatica di DICE.