Come spiegare alla stampa i propri videogiochi secondo Ryan Schneider

Spesso davanti a una telecamera può capitare di essere imbarazzati o letteralmente pietrificati. A tal proposito, Gameindustry.biz ha chiesto al Chief Brand Officer di Insomniac Games, Ryan Schneider di rivelare qualche trucco del mestiere a tutti gli sviluppatori che si approcciano a un’intervista.

Schneider esordisce spiegando come le domande che attanagliano la maggior parte degli sviluppatori alle prime armi siano sempre le stesse, e non nasconde che anche lui spesso si trovi a combattere con le stesse preoccupazioni, nonostante la grande esperienza; ha ammesso infatti, di convivere con la pressione di dover trasmettere la passione di tutto lo studio per un progetto, quando si trova davanti a un microfono. Ecco quindi i suoi consigli partendo dal tema principale:

«Il concetto è questo: non importa se siamo nervosi ma il modo in cui incanaliamo la nostra apprensione in un’intervista difficile, a dispetto delle emozioni che proviamo»

La paura dell’ignoto

L’ansia nasce principalmente da una paura che lui chiama “paura dell’ignoto” che deriva dal non sentirsi sicuri nell’affrontare una situazione mai vissuta prima. Per questo motivo si deve riuscire a capire, prima dell’intervista, il tema su cui si baserà l’intera discussione; anche se i giornalisti non sono inclini a rivelare le proprie domande prima dell’intervista, spesso lasciano trasparire la loro visione sull’argomento. Infine, suggerisce di esprimersi diversamente se l’intervista sarà scritta o in video.

Fare pratica

Per Schneider ciò che rende perfetti è la pratica, quindi prima dell’intervista bisogna prepararsi, prendendo come esempio il suo studio; lui stesso prepara i colleghi ad affrontare un’intervista e, per farlo bene, prepara gli scenari peggiori, come una domanda riguardo lo studio e alla quale lo sviluppatore può per errore rispondere rivelando dati sensibili. Il suo metodo consiste anche nel chiedere ai colleghi che saranno intervistati cosa vogliono trasmettere, ovvero il messaggio principale, da lui chiamato “home base”, al quale bisogna sempre ritornare, soprattutto quando il giornalista svia il discorso usando le tecniche che lui chiama “deviare e schivare”; molto semplicemente, è molto utile usare alcune frasi che riportino al discorso principale. Il messaggio, nella maggior parte dei casi e in base alla sua esperienza, è l’elemento che contraddistingue il gioco. Consiglia di essere il più naturali possibili poiché, se ci si affida alle parole di un PR, spesso non si è molto amati dal pubblico per la freddezza delle dichiarazioni. Ritorna poi sul messaggio principale spiegando che per poterlo trasmettere senza problemi, bisogna essere trasparenti col giornalista mentre si scelgono i parametri dell’intervista, in modo da poterlo veicolare al meglio, o si può anche decidere di presentare i propri parametri in modo da rivelare qualcosa sul gioco solo quando lo si vuole e soddisfare il giornalista.

Le conclusioni

Infine, l’esempio ricade sul creative director di Insomniac, Bryan Inthiar, che incarna alla perfezione questi consigli, ovvero sicuro di se, fa suo il messaggio ed è se stesso mentre parla del gioco che sta sviluppando. Sostanzialmente, quando si affronta un’intervista, si deve sapere cosa si vuol dire e cosa non; serve tanta pratica prima di ottenere la giusta sicurezza nel far proprio il messaggio che si vuole trasmettere e far sì che questi suggerimenti funzionino.




Il punto sulle Loot Box

Recentemente, Patricia Vance, presidentessa dell’ESRB, equivalente americano del PEGI, ha annunciato un nuovo avviso da piazzare sulle copie fisiche dei giochi che utilizzano il meccanismo delle loot box.

La Vance ha dichiarato:

«In molti ci hanno chiesto di entrare più nello specifico ma, dopo molte ricerche fatte negli ultimi mesi, soprattutto indirizzate ai genitori, abbiamo scoperto che molti di loro non sanno cosa siano le loot box e, anche quelli che ne hanno sentito parlare, non ne capiscono bene il meccanismo. Quindi per noi è importante concentrarci non solo sulle loot box, ma sulle microtransazioni in generale.»

La storia, quindi, tende a ripetersi: negli anni ‘90, quando sui telegiornali scorrevano le immagini di Doom o Mortal Kombat, i genitori pensavano che tali giochi non fossero adatti ai bambini. Per non parlare dei polveroni scaturiti a ogni uscita di Grand Theft Auto, oppure, le ridicole polemiche nostrane, su Mafia e Resident Evil 2. Veniva considerato tutto non adatto per i propri pargoli.
Ma questa volta le proteste vengono direttamente dai giocatori: che si parli delle microtransazioni di Star Wars Battlefront II, scandalo finito addirittura sui giornali, oppure del disegno di legge contro le loot box presentato da Chris Lee, rappresentante statale delle Hawaii e gamer di lunga data, gran parte delle persone facenti parte del settore concordano sulla loro limitazione o, addirittura, abolizione.

Le loot box sono il risultato della continua corsa a una certa assuefazione da gaming: in passato bastava comprare il singolo oggetto, e anche il più agguerrito dei giocatori poteva ritenersi soddisfatto. Mentre con il metodo attuale delle box diventa tutto un’attività casuale votata alla costante ricerca dell’oggetto desiderato. Tale meccanismo viene sfruttato fino all’osso dai produttori di videogiochi, così come testimoniato dal direttore finanziario di Electronic Arts, Blake Jorgensen, che, a proposito di Fifa e della modalità Ultimate Team ha dichiarato:

«Un film al cinema, negli Stati Uniti, può costarti venti dollari, ancora prima di prendere il popcorn, il che va bene. Ma allo stesso tempo un videogioco costato sessanta dollari che viene giocato dalle tremila alle cinquemila ore l’anno ha un valore maggiore. Se continui a spenderci soldi vuol dire che lo fai per divertiti ancora di più. Stiamo puntando sul dare ai giocatori quello che vogliono, e in grandi quantità, piuttosto che concentrarci sullo sviluppo di un nuovo gioco o di qualcosa di diverso.»

Il problema delle loot box viene proprio da dichiarazioni del genere: questa volta non è un fattore dovuto all’ignoranza dei genitori o dei media, ma alla convinzione da parte degli sviluppatori di fare giochi col puro scopo di spremere gli utenti, quando in realtà dovrebbe essere l’opposto.
EA, già sotto l’occhio del ciclone per il caso Star Wars Battlefront II, ha recentemente presentato un brevetto per il matchmaking basato sulla sequenza sconfitta/vittoria. Anche Activision-Blizzard è arrivata a concepire un’idea simile: difatti il loro sistema arriverà a premiare di più chi usa le microtransazioni. Così facendo, le loot box rischiano di scendere nello spinoso territorio del gioco d’azzardo e della ludopatia. È un problema che, se non dovesse venire affrontato seriamente dai produttori di videogiochi stessi, potrebbe passare nelle mani dei governi, com’è successo recentemente dall’indagine condotta dalla commissione che vigila sul gioco d’azzardo in Belgio. E visti gli aggiramenti legali da parte di Activision-Blizzard in Cina o la mancanza di concrete iniziative da parte dell’ESRB, questo scenario potrebbe diventare presto una realtà.




Phil Spencer e il valore della diversità nella cultura aziendale

L’argomento delle pari opportunità è uno dei più dibattuti oggi nei vari settori dell’economia. In tema di politiche del lavoro, la disparità (fra sessi, ma anche fra culture ed etnie) è un problema tutt’altro che superato. Ad onta di tutti i progressi fatti dall’uomo nel corso degli anni, a dispetto del traguardo di avere il primo Presidente di colore in uno dei paesi più industrializzati del mondo e di leader femminili che hanno dimostrato carattere e competenza, il modello imperante nel workplace occidentale sembra ancora prediligere più la figura maschile che quella femminile (determinando in vari settori anche una disparità di stipendi) e l’etnia caucasica sulle altre.
Per questo mi è parso importante quanto emerso nel keynote di Phil Spencer durante il DICE Summit 2018 tenutosi qualche giorno fa, e mi pare ancor più importante riprenderlo dato che pochissime testate italiane sembrano avergli dato spazio.
Il vicepresidente di Microsoft ha incentrato il proprio discorso sull’importanza di inclusività e diversità come caratteristiche distintive delle aziende moderne. In particolare, Spencer ha messo in luce quello che gli sembra sia uno dei dati più importanti riguardanti l’evoluzione della propria società, affermando che gli ultimi quattro anni della gestione di Satya Nadella hanno comportato una grande autocoscienza e crescita all’interno della compagnia di Redmond in termini di ambiente di lavoro. Ogni leader della multinazionale ha avuto il compito di analizzare criteri e modi con cui vengono messi insieme i team, nonché il modo di lavorare sui progetti, il team building, la valorizzazione delle diverse risorse umane e l’impegno quotidiano profuso da ognuno per rendere Microsoft un luogo sicuro e inclusivo per tutti i lavoratori, imprimendo così un cambio di rotta in termini di cultura aziendale:

«Questa era, ed è tuttora, un’impresa portata avanti da 100.000 persone: con il compito di creare una cultura più innovativa, più efficace e più rappresentativa possibile, in modo che tutti possano fare del proprio meglio insieme. Non si tratta di una “cultura per la cultura”, ma di un cambiamento con un reale impatto collettivo.
Raggiungere questo obiettivo richiede una “mentalità improntata alla crescita”, perché creare una cultura che rappresenti e tratti tutti equamente è un processo che non finisce mai veramente.»

Spencer ha ricordato il noto after-party di Microsoft alla GDC del 2016, che fu bersagliato da accuse di sessismo, definendo quell’episodio «inequivocabilmente sbagliato, inequivocabilmente sessista e inequivocabilmente intollerabile», e aggiungendo che quella festa ebbe luogo in un momento in cui Microsoft stava invece impegnandosi a lanciare un messaggio del tutto opposto a quello veicolato in quell’occasione.
Il rinnovamento della cultura interna è oggi un fattore molto importante per Microsoft, continua Spencer, rimarcando come, per imprimere un cambiamento, non bisogna assecondare nei fatti (anche non agendo) ciò che non si approva sul piano morale, e invitando i colleghi a sposare questa filosofia. Il ruolo degli operatori di settore in visione di un simile cambiamento è infatti decisivo, sia all’interno (per la creazione di un ambiente di lavoro sano e non discriminatorio), sia all’esterno, agendo sulle proprie community: i videogiochi rappresentano un punto di accesso comune per le persone che approcciano alle nuove tecnologie, e prova ne è il crescente numero di gamer in nazioni come Brasile, India e in certe parti dell’Africa. Il vicepresidente di Microsoft ha quindi invitato gli esponenti dell’industry a mostrarsi coesi per risolvere i problemi all’interno delle community dei loro giochi, dove alcune minoranze di utenti “tossici” tendono a rovinare l’esperienza degli altri giocatori con comportamenti razzisti, verbalmente violenti, o discriminatori, ed elogiando il tal senso il gran lavoro di Riot Games e, in particolare, di Jeff Kaplan e del team di Blizzard al lavoro su Overwatch.

Spencer torna infine sul tema delle pari opportunità, citando uno studio del professor Adam Grant della Wharton School (la business school dell’Università della Pennsylvania) che ha ancora una volta messo in luce come i leader di sesso femminile siano attualmente sottovalutati sul lavoro rispetto ai propri omologhi maschili, e come questo possa costituire un doppio handicap se il leader, oltre a essere donna, è anche di colore. Questo comporta che, in caso di fallimento, il leader donna paghi per i propri errori in maniera spropositata.
Il problema della parità dei sessi sul luogo di lavoro è quanto mai serio e attuale, e il vicepresidente di Microsoft ne ha fatto uno dei perni del proprio keynote, richiamando i colleghi alla responsabilità verso il cambiamento:

«Possiamo fare di meglio. Io e il mio team stessi possiamo fare ancora meglio. Noi, come industria, dobbiamo impegnarci a far meglio ed estirpare questa cultura distorsiva. E dobbiamo capire presto come farlo, perché innumerevoli studi dimostrano che i team con maggiore diversificazione [sessuale, razziale e culturale] sono i più creativi,  i più innovativi e i più propensi a risolvere i grandi problemi. In altre parole, facciamo del nostro meglio affinché i componenti del nostro team possano ampliare a vicenda la loro visione delle cose.»

Spencer pare ottimista, riguardo la crescita di una cultura dell’inclusività: esempi come Wonder Woman, Get Out, Coco e Black Panther nel cinema sono significativi riguardo l’attenzione verso chi finora è stato discriminato, e crede molto nel lavoro  che possono fare i videogame in tal senso.
Negli ultimi anni, c’è da dire, le eroine non sono mancate: soltanto lo scorso anno abbiamo avuto Aloy in Horizon Zero Dawn, Senua in Hellblade, perfino una coppia al femminile in Uncharted: L’eredità perduta, un Life is Strange: Before The Storm ancora interamente al femminile. Questi soli titoli da soli non determineranno un cambiamento culturale immediato, ma sono di certo una secca smentita a tutti quei giocatori che, a dispetto di Lara Croft, diffidano ancora dei protagonisti femminili e li considerano “di scarso appeal”, ritenendo il gaming appannaggio degli uomini, ignorando statistiche che non vedono affatto un divario ampio tra i due sessi, e riflettendo mestamente un pensiero fin troppo diffuso.
C’è da sperare che l’industry videoludica metta seriamente in atto le parole di Spencer e che quelli del settore dei videogame possano essere i primi passi in avanti verso un mondo più equanime e inclusivo.




La tutela degli abandonware online

Dopo il baratro nel quale sono sprofondati svariati giochi (vedi Grand Theft Auto Online per PS3 e Xbox 360), lo U.S. Copyright Office sta valutando se aggiornare o meno le disposizioni antielusione del DMCA (Digital Millennium Copyright Act), che impediscono al pubblico di utilizzare liberamente contenuti e dispositivi protetti dal DRM (Digital Rights Management), il cui significato letterale è “gestione dei diritti digitali”.
I file audio o video vengono codificati e criptati in modo da garantire una diffusione più controllata e renderne più difficile la duplicazione, consentendone l’utilizzo più adeguato possibile. Questi aggiornamenti avvengono ogni tre anni attraverso una consultazione pubblica, dove vengono prese in esame svariate richieste.
Una su tutte, riguarda l’abbandono dei giochi online datati e lasciati ormai al loro corso. Infatti, fino a ora, per preservare questi titoli per le generazioni future e per i giocatori nostalgici, l’Ufficio ha adottato norme specifiche, che permettono a biblioteche, archivi e musei di utilizzare emulatori e altri strumenti analoghi per rendere giocabili i vecchi classici. Tuttavia, queste norme sono molto restrittive e non possono essere applicate a giochi che richiedono una connessione a un server online e, di fatto, quando i server vengono chiusi, il gioco scompare per sempre.
Proprio per queste ragioni il MADE (Museum of Art and Digital Entertainment) ha recentemente chiesto allo U.S. Copyright Office di estendere le norme correnti e includere giochi che richiedono una connessione online. Ciò consentirebbe alle biblioteche, agli archivi e ai musei di gestire tali server e mantenere così in vita questa tipologia di giochi.

Questo problema è più che mai attuale, poiché centinaia di giochi multiplayer online sono già stati abbandonati. Difatti, si tratta di circa 319 titoli, molti dei quali sono i noti FIFAThe Sims. Purtroppo, proprio nell’ultima settimana, la Entertainment Software Association (ESA), che agisce per conto di membri di spicco, tra cui Electronic Arts, Nintendo e Ubisoft, si è opposta alla richiesta, affermando  che le modifiche proposte consentirebbero e faciliterebbero un uso illecito dei software in questione e che se questi, ormai datati, venissero supportati ancora al pieno delle loro possibilità, il mercato diventerebbe troppo statico, rallentando la vendita dei nuovi titoli.
Qual è, quindi, la strada giusta da percorrere? È difficile rispondere ma per quanto i nuovi titoli abbiano bisogno della massima attenzione e pubblicità per poter far andare avanti il mercato, non possiamo dimenticare i loro “antenati” dai quali, probabilmente, sono nati.




Storie videoludiche: gli “umili” esordi di National Insecurities

Entrare nel settore dello sviluppo videoludico non è mai stato facile, e una delle attività più ostiche è quella di trovare i fondi necessari per trasformare il proprio sogno in realtà. Oggigiorno, anche avendo i finanziamenti, in realtà, non è semplice farsi sentire in mezzo alla moltitudine di concorrenti del settore, né è detto che si producano bei giochi. Ma con una buona dose di perseveranza, duro lavoro e voglia d’imparare tutto è possibile. Un esempio di tutto ciò lo forniscono sviluppatori come National Insecurities, start-up britannica che ha debuttato l’anno scorso con 2000:1: A Space Felony,  i cui buoni risultati hanno permesso alla piccola software house di lanciarsi in progetti più grandi.

La loro storia ha inizio nel 2012, anno nel quale il team di incontra durante il primo anno d’università. I ragazzi iniziarono a lavorare al loro primo titolo, chiamato The Old Gods Are Dead, solamente due anni più tardi. È stato lo sviluppo di quest’ultimo a portare alla formazione del team che, durante uno showcase, venne notato da una società gallese interessata a distribuire il loro primo gioco. Tuttavia, la compagnia non era in grado di finanziarli e questo portò i membri di National Insecurities a cercare possibili finanziatori.
Il lead designer del team, Gary Kings decise di mettersi alla ricerca di editori, come Team 17 e Devolver Digital, che avevano dimostrato di saper aiutare delle piccole start-up. Sfortunatamente, furono rifiutati. Questo spinse Kings a rivolgersi all’amministratore delegato della UKIE CEO DR Jo Twist che lo indirizzò verso il Games Finance Market.

Pochi mesi dopo, la National Insecurities presentava The Old Gods Are Dead a una miriade di possibili investitori. Inizialmente, trovarono un investitore che poi, successivamente, lì abbandonò e le altre società interessate al progetto erano fallite o non erano più interessate. I ragazzi non si diedero per vinti e deciso di presentarsi alla fiera per il secondo anno: il Games Finance Market mise su un bootcamp per preparare i team partecipanti agli incontri con i potenziali investitori. Questo fu impagabile, afferma Kings, capì come discutere con gli editori e, infatti, fu la sua abilità nell’interloquire a fargli ricevere i fondi che servivano alla società. Secondo lui è molto importante incontrare i finanziatori faccia a faccia e mostrar loro quanto straordinari siano i titoli che si è capaci di creare.
L’oggetto di ogni incontro era The Old Gods Are Dead, ma il team aveva già in cantiere 2000:1: A Space Felony, e Kings aveva intenzione di cominciare a tastare il terreno per il nuovo titolo. Scoprì che Humble Bundle aveva lanciato un programma di finanziamento indirizzato a lavori indipendenti, Humble Originals, e decise di provare ad attirare la loro attenzione. Creò un finto gioco chiamato Disorient on the Murder Express e lo inviò inserendo un messaggio interamente in maiuscolo all’interno della descrizione:

«QUESTA NON È UNA VERA APPLICAZIONE, È UN TENTATIVO DI ATTIRARE LA VOSTRA ATTENZIONE SU UN ALTRO GIOCO SU CUI STO LAVORANDO PER HUMBLE ORIGINALS».

Tre giorni dopo, ricevette il rifiuto di Humble Bundle. Il giorno dopo ancora, arrivò un’altra mail, dove Humble Bundle domandava «E allora, questo gioco?». Fu così che lo studio ricevette 10.000 dollari per completare lo sviluppo e, nel luglio 2017, 2000:1 : A Space Felony è stato pubblicato su Humble Originals. La società ha ricevuto un ulteriore finanziamento di 30.000 dollari per rifinire il lavoro su due propri titoli.
Quello della National Insecurities è soltanto uno degli esempi, inserirsi e crescere sul mercato videoludico non è facile; ma le lezioni imparate dai piccoli sviluppatori possono essere utili non meno di quelle provenienti dai grandi, oggi. Il consiglio dello stesso Kings al termine della chiacchierata con i colleghi di Gamesindustry è esemplificativo, invitando gli sviluppatori agli inizi a non aver fretta di avere successo immediato, perché i risultati spesso arrivano dopo un po’, e soprattutto a non aver paura di far la figura di quelli che sanno poco:

«Concedetevi il lusso di non sapere, e chiedete sempre a quelli ne sanno più di voi – che sono poi quasi tutti quelli che incontrate, quando siete ancora agli inizi. Trovate un mentore, se potete: se incontrate qualcuno che conosce come vanno le cose che sia disposto ad aiutarvi, tenetevelo stretto.»

Il messaggio dei giovani developer di National Insecurities è quello che «il successo può essere trovato lungo la strada grazie a ciò che hai imparato»: in un’epoca in cui a molti sembra già di sapere tutto, quello di essere sempre pronti a imparare ci sembra il miglior consiglio che si possa dare.

Fonte: GameIndustry




Improvviso aumento di prezzo delle GPU: colpa della criptominiera?

Il traffico di Bitcoin, della criptovaluta Goldrush e del Cripto-Clan, ultimamente hanno causato un enorme picco nei prezzi delle schede grafiche, sia nuove che di seconda mano. Questo significa che è il momento peggiore per acquistare una nuova scheda grafica per i giochi, ma anche il migliore per vendere tutte le vecchie schede grafiche inutilizzate.
La redazione di Rock, Paper, Shotgun si è chiesta perché e ha svolto un’analisi del fenomeno facendo riferimento al mercato inglese.
Prendiamo ad esempio il caso della Nvidia GeForce GTX 1070, che nel 2017 è stata una delle migliori schede grafiche per chi voleva giocare a nuovi titoli per PC con impostazioni quasi al massimo a 1080p o QHD senza finire in bancarotta. Già da metà dicembre, era stato possibile acquistare una GTX 1070 a partire da £350.
Oggi invece, i principianti quasi certamente non saranno in grado di trovarne una direttamente da un rivenditore, perché sono state tutte acquistate e dedicati alla ricerca di Bitcoin. Quelle che si riescono a trovare sono generalmente ristrette ai rivenditori come Ebay e Amazon, con prezzi massicciamente aumentati. La più economica in stock è la nuova GTX 1070 che si può trovare su Amazon UK a £560, o da un rivenditore di terze parti. 200 sterline in più di quanto sarebbe costata poche settimane fa.
Alcuni rivenditori, come Scan, vendono direttamente le GTX 1070, ma con un prezzo minimo di £550, e quasi tutte sono esaurite o in rifornimento.
Questo influsso sui prezzi si estende a macchia d’olio. Il prezzo di una Nvidia GeForce GTX 1060 (nel modello più utile da 6GB) ora si avvicina a quello normale che dovrebbe avere una GTX 1070, ad esempio, la nuova più economica al momento del confronto fatto prima della stesura di questo articolo era arrivata a £334 e adesso il prezzo sembra essere salito ancora a £340. Al contrario, negli ultimi giorni di dicembre 2017, era stato possibile comprarne una per £215. Si tratta di un aumento del 50% in poco più di un mese.
Tuttavia, i prezzi per le più potenti GTX 1080 e GeForce GTX 1080 Ti non sono particolarmente influenzati, perché il loro maggiore consumo energetico le rende generalmente meno efficienti per la ricerca di Bitcoin, a causa dei costi energetici e delle esigenze di alimentazione. Stranamente quindi, al momento è persino possibile acquistare una GTX 1080 per £487, molto meno di una GTX 1070, anche se al momento le scorte sono esaurite quasi ovunque. Contemporaneamente, stiamo vedendo centinaia di sterline o dollari in aggiunta ai prezzi delle 1080 e 1080T in stock, queste ultime a volte vendute con prezzi a quattro cifre ai “minatori” in fretta.
Anche le schede di vecchia generazione sono interessate a questo fenomeno . Ci sono nuove GTX 980 vendute per £422, mentre l’anno scorso Amazon Warehouse (che tratta articoli solitamente sotto costo) vendeva le 980 a soli £200. Una GTX 970 di seconda mano, può arrivare a costare £250, mentre alcuni mesi fa un venditore sarebbe stato fortunato a ricavarci £80.
Purtroppo questo significa che le persone che hanno denaro da flashare non saranno bloccate dalla blockchain goldrush, ma quelli i cui mezzi sono limitati a schede di medio rango, con prezzi da 200 a 300£, vivranno un periodo molto difficile.
Tutto questo influisce anche su AMD, e in particolare sulla Radeon RX 570 e sulla AMD Radeon RX 580 che sono molto ricercate per l’estrazione in questo momento.
La situazione è ancora peggiore per quanto riguarda le nuove schede RX Vega 56 e RX Vega 64, che sono quasi impossibili da trovare nuove e in magazzino perché sono adatte per cercare gli Ethereum, che sono la seconda più grande criptovaluta al mondo, dopo i Bitcoin. Techspot ha recentemente riferito di non essere in grado di trovare una singola Vega 56/64 in magazzino negli Stati Uniti o in Australia.
Anche le vecchie schede al mercato dell’usato stanno soffrendo/beneficiando della mania. Lasciate che vi dia un esempio. L’anno scorso, un mio collega aveva una Radeon R9 Nano, scheda di fascia media al meglio con le metriche di oggi, inutilizzata in un cassetto, dopo avere aggiornato il PC con una GTX 1080 Ti per alimentare meglio il suo monitor ultra-wide ultimo anno.
Questa scheda era stata rilasciata nell’estate 2015 e originariamente scontata a $650/£450. Nel 2016, ha subito un taglio ufficiale del prezzo, arrivando a costare $499/£350. Fino a dicembre, cioè poche settimane fa, sarebbe stato fortunato ad ottenere £250 per questa rivendendola su eBay.
Un paio di settimane fa ha provato a venderla per £380, pensando che alla fine avrebbe abbassato il prezzo a circa 300 sterline e ne sarebbe stato molto contento.
La mattina seguente, l’ha venduta, a £380. Ma al momento non ci sono R9 Nano in vendita su Ebay, il che fa sospettare che avrebbe potuto ottenere di più se avesse aspettato qualche settimana.
La ragione principale di questo è la cripto-miniera, una mania così invadente che persino l’UNICEF non ne è rimasta fuori. Tuttavia, un’attuale carenza mondiale di RAM veloce per schede grafiche e sistemi ne risulta aggravata. Anche gli stick DDR4 hanno prezzi gonfiati in questo momento. Non è difficile trovare le GPU, ma i prezzi sono ancora più elevati: il più economico DDR4 da 8 GB che si riesce a trovare costa £63, mentre meno di un anno fa si poteva avere un equipaggiamento simile (ma più veloce!) per £40. Anche la vecchia DDR3 non viene risparmiata, e nemmeno la GDDR5 che viene utilizzata dalla maggior parte delle nuove schede grafiche ben congegnate.
Anche se il denaro da spendere per acquistare la RAM di sistema è ancora meno di quello necessario per una nuova GPU decente, i costi della memoria sono aumentati in modo drammatico e non sembra che cambieranno presto. Non c’è una ragione assoluta per l’aumento dei prezzi della DRAM, ma le due teorie più diffuse sono che i dispositivi mobili e i server stanno occupando troppo della supply chain (anche se la crescita della telefonia mobile sembra rallentare) e le accuse di collusione ai principali produttori di DRAM: Micron, SK Hynix e Samsung.
La cryptovaluta rimarrà il principale parametro di valutazione dei prezzi e guiderà la disponibilità delle schede grafiche.
Ci sono un sacco di associazioni che si dedicano a questo, acquistare più GPU e impostarle per estrarre tutto il giorno, ogni giorno. I più grandi miner acquistano schede alla rinfusa, motivo per cui la maggior parte è esaurita, ed è questa mancanza di disponibilità a far crescere i prezzi. Alcune schede sono molto ricercate a causa di una combinazione di tecnologia e potenza, e la GTX 1070 ne è un esempio. Anche la Nano, nel frattempo, è una delle preferite perché è anche molto piccola e ne può mettere più di una.
L’imprevedibilità del mercato crypto fa sì che è possibile che i tassi aumentino, e quindi anche i profitti dei miner crescono in modo significativo. Ma chiaramente è una grande scommessa. Le schede di medio rango relativamente più economiche e ad alta efficienza energetica sono quindi una prospettiva più attraente per il minatore speculativo.
Dove questa strada possa portare è dato saperlo, ma a breve termine avremo di certo un vero problema: aggiornare i nostri PC fissi per giochi di ultima generazione è diventato quasi impossibile, o comunque antieconomico.
Tuttavia, Nvidia ha dichiarato che i rivenditori dovrebbero dare la priorità ai giocatori piuttosto che ai miner, sebbene sia un suggerimento, nell’impossibilità di imporre una regola. AMD, nel frattempo, ha sostenuto una recente richiesta di un investitore (come riportato da Polygon) che intende incrementare la produzione, osservando che le GPU vendute per minare criptovaluta attualmente costituiscono «una buona parte del nostro business». Tuttavia, sono limitate dalla ridotta disponibilità di memoria GDDR5 e HBM2 utilizzata dalle loro schede.
Un tentativo più concreto di affrontare questo problema è, come alcuni dei maggiori rivenditori online stanno facendo, limitare le vendite di schede grafiche a un pezzo per cliente, anche se chiunque gestisca una farm GPU è comunque in grado di configurare più account su Scan o Ebuyer. Ciò che nessuno sta facendo invece, è la tariffazione delle GPU in conformità con i loro RRP originali.
Al momento la cosa migliore da fare è rinviare l’aggiornamento di potenza del proprio PC, e sperare che i nuovi giochi di quest’anno non abbiano requisiti di sistema esagerati.




Dreams: il videogioco che risveglia la creatività dei giocatori

La maggior parte delle case ha al proprio interno oggetti artistici che non vengono utilizzati, dalle chitarre ai  kit da origami. Nonostante siano a portata di mano, la maggior parte delle volte non verranno mai utilizzati perché imparare a utilizzarli completamente da zero, molte volte, intimidisce i più. Media Molecule, game developer di Guildford, pensa che i videogiochi possano aiutare. Lo sviluppatore è lo stesso della nota IP Little Big Planet, serie di giochi di stampo platform che ha permesso agli utenti di creare e rimodellare il mondo a proprio piacimento con un editor composito e giocoso. Con quest’idea di fondo, Media Molecule ha speso gli ultimi cinque anni lavorando su Dreams, esclusiva Playstation 4 che permetterà di creare e condividere i propri piccoli mondi. Il gioco dovrebbe uscire durante il 2018 e offrirà un potenziale di libertà e creatività che nessun videogioco è riuscito a portare fino ad oggi.
Si potranno creare sculture di persone, oggetti, animali. Sarà possibile creare la propria musica, le proprie case, stazioni ferroviarie e tutto ciò che si vuole. Dopo la fase di creazione, sarà possibile camminare e interagire con il proprio mondo. Si potranno creare anche dei mostri, dei personaggi, livelli con delle piattaforme. Lo stile artistico rende il tutto molto più interessante, per cui anche un oggetto molto spartano può sembrare una meraviglia. Sarà letteralmente possibile creare e rendere “reali” i propri pensieri, per poter poi interagire con essi.

Minecraft, come Lego: Worlds, permette al giocatore di assemblare nuovi oggetti da alcuni blocchi già esistenti. Vari titoli hanno seguito questa falsariga, mischiando anche altri elementi che talvolta hanno dato vita a felici combinazioni (vedi Portal Knights, uscito a metà dello scorso anno); Dreams permette di creare i blocchi stessi, così da avere una libertà totale sulla creazione di qualunque cosa. Kareem Ettouney, il direttore artistico di Media Molecule, dice:

«I bambini sono nati liberi. Non hanno nessuna idea di ciò in cui sono bravi o meno. Gli dai in mano un pennarello e loro disegnano. Nessun bambino vi dirà “non ne sono capace”. Il talento, la capacità, è un concetto degli adulti, ed è stato creato da noi attraverso la visione dei risultati a scapito del puro divertimento. Il concetto in Dreams è quello di provare ad avvicinare le persone all’idea che tutte le discipline creative sono possibili per chiunque. La tecnologia è arrivata a un punto tale da poter esprimere noi stessi: potrebbe avvenire un rinascimento, e le persone sono pronte. Sono gli strumenti a non esserlo.»

La creatività ha comunque un prezzo. Prima o poi, se si vuole la qualità, si dovranno utilizzare i mezzi e gli strumenti opportuni. Gli illustratori e gli artisti utilizzano Photoshop, per esempio, per creare dei videogiochi sono utilizzati strumenti come Unity. Ovviamente ogni mezzo ha difficoltà di utilizzo. Questo è il punto in cui si fermano molte persone, poiché non hanno il tempo, il modo o la possibilità di poter utilizzare certi strumenti. Dreams punta proprio a evitare queste situazioni rendendo il tutto il più intuitivo possibile. Fare delle sculture utilizzando un controller Playstation 4, può essere molto intuitivo, oppure poter creare suoni o le animazioni più banali, come quello dell’apertura delle porte, con grande libertà, in aggiunta al fatto che per poter svolgere compiti diversi non si dovranno usare software o interfacce diverse. Kareem ha effettuato una “piccola” dimostrazione di ciò che si può fare su Dreams, creando una gigantesca città al neon su un terreno arido in circa venti minuti. Ovviamente i giocatori non saranno capaci di creare qualcosa di simile portata sin da subito, ma imparare fa parte del gioco stesso, ed è divertente a suo modo, poiché si potranno vedere i risultati del proprio duro lavoro.

Siobhan Reddy, il direttore dello studio di Media Molecule, dice:

«Io sono una di quelle persone che ha deviato dalla strada maestra dopo l’università, creativamente parlando. Sono diventato un produttore, quindi la maggior parte delle mie giornate non le passo creando , ma organizzando e dirigendol Dreams mi ha dato una possibilità di tornare dentro quel mondo. Dreams stesso è principalmente frutto dei tuoi sensi e dei tuoi pensieri, che è effettivamente ciò che sono la musica e l’arte e non ti impone di combattere contro un’interfaccia. Stiamo cercando di portare all’interno del mondo digitale tutto ciò che conosciamo riguardo la creazione e l’arte e che abbiamo acquisito con le nostre mani, i nostri occhi e le nostre orecchie. Ciò dà la possibilità di creare anche piccoli giochi.»

Reddy continua dicendo che ha iniziato a utilizzare Dreams per raccontare delle storie:

«Non so nemmeno da dove vengano fuori. Ho creato un gioco basato sul post-sbornia dopo la nostra festa di Natale. Mi dà moltissima libertà di espressione. E se ciò può accadere a me, allora può accadere agli altri. È il modo che intimidisce meno per portare a galla il mio amore per la creazione, perché sono capace di spingermi molto lontano nonostante io sappia davvero poco.»

Tutto ciò che viene creato su Dreams può essere trasferito e salvato in una gigantesca libreria virtuale. Se si è collegati online e qualcuno scolpisce una bellissima statua, per esempio, c’è la possibilità che essa appaia in altri mondi. Dreams incoraggia la collaborazione poiché nessuno, a parte un genio, può creare tutto da solo partendo da zero. Le persone che creeranno i propri mondi e i propri giochi avranno bisogno di una vastissima immaginazione e fonte di ispirazione da cui trarre spunto. I giocatori che non vogliono creare nulla, invece, potranno semplicemente godersi i mondi altrui giocando online e vivendo le avventure e le esperienze che offrono gli altri giocatori. In ogni caso, Dreams sfida il concetto di videogioco come qualcosa che viene consumato passivamente. David Smith, uno dei co-fondatori di Media Molecule e direttore tecnico, dice:

«Non penso che il desiderio di creare qualcosa svanisca. Tutti lo tratteniamo in qualche modo e sotto qualche forma. Quando scegli che vestiti indossare, che musica ascoltare, questi sono atti artistici. Sono atti umani molto importanti. Penso che noi ci mettiamo dei limiti a mano a mano che diventiamo vecchi, abbiamo più paura di fallire, o abbiamo meno tempo da investire su ciò che ci piace per vedere se porta a qualcosa. Per imparare a suonare il violino ci vogliono centinaia di ore prima di produrre dei suoni che non siano terribili. Ciò a cui punti inizialmente è suonare il violino e produrre dei suoni che siano buoni, ma a poco a poco diventerai sempre più bravo, con l’allenamento.»

Ciò a cui mira Media Molecule con Dreams è creare soddisfazione mettendo in collaborazione pensieri e sensazioni, con tutti i vantaggi che offre un videogioco: condivisione, interattività e uno scambio reciproco di conoscenze. Dreams non è creato al semplice scopo di far creare le cose al giocatore, ma per fargli credere e capire che loro possono effettivamente farlo e che ne hanno le capacità.
Di Dreams non si conosce ancora la data di rilascio, ma lo sviluppatore ha recentemente dichiarato che sarà compatibile anche con PSVR, rendendo l’esperienza creativa ancora più immersiva.




I nuovi marchi multimediali e la protezione delle IP

Kostyantyne Lobov, hardcore gamer ma anche un legale specializzato in questioni di IP e pubblicità, scrivendo per la nota rivista online gameindustry.biz, ha sottolineato come l’introduzione delle nuove normative per la registrazione dei marchi multimediali possa dare i suoi frutti. Infatti se prima i marchi “non tradizionali” (suoni, animazioni, modelli 3D etc.) dovevano essere necessariamente accompagnati da una rappresentazione grafica, che spesso risultava forzata e poco chiara; adesso, grazie alla nuova legislazione questo non è più necessario. Sarà possibile quindi registrare qualsiasi marchio multimediale purché sia chiaro, autonomo, intellegibile, obiettivo, durevole nel tempo, preciso e facilmente riconoscibile. Questo ha spianato la strada alla registrazione di una nuova tipologia di marchio, che può comprendere anche i video gameplay.

Ne abbiamo un esempio lampante nella clip di seguito, uno dei nuovi EUTM direttamente da un gameplay di Sniper Elite 4:

Proteggere le meccaniche di un gioco dal plagio è notoriamente molto difficile, principalmente perché tende a essere dura distinguerne l’originalità. I brevetti sono mezzi molto potenti per proteggerle, ma sono tanto sicuri quanto restrittivi per i requisiti. La normativa sul copyright, invece, serve a proteggere musica, video, codici sorgente, immagini, ma non si estende alla protezione delle meccaniche di gioco. Questo è fondamentalmente il motivo per il quale oggi molti giochi sembrano dei cloni gli uni degli altri.

I trademark, d’altro canto, potrebbero serbare la soluzione migliore per proteggere non solo dai prodotti simili, ma anche da quelli che eventualmente potrebbero confondersi per le idee similari. Un meccanismo di difesa che si avvale di semplici clip per testimoniare la proprietà intellettuale che si intende proteggere, sarebbe uno strumento di difesa di cui ogni team di sviluppo dovrebbe armarsi. Va detto anche che la registrazione di marchi di questo tipo è abbastanza difficile. C’è da considerare che quello proposto per la registrazione di Sniper Elite 4 è ancora in fase di verifica da parte delle autorità competenti, nonostante la richiesta sia stata inoltrata nell’ottobre dello scorso anno, quindi probabilmente c’è qualcosa che frena il procedimento. Il marchio deve risultare come un “segno” identificativo, con il quale i consumatori devono capire a chi appartiene già solo vedendo la clip registrata.

Ciò significa anche che tutte le immagini e/o meccaniche di un videogame già ampiamente utilizzate da altri non verranno registrate, poiché registrare un “TM” è come avere successivamente un monopolio che potrebbe durare potenzialmente per sempre e, in ogni caso, qualora dovesse essere accettato dalle strutture competenti, il marchio, potrebbe essere messo sotto processo da chiunque abbia già registrato qualcosa di similare.

Si spera quindi che questa nuova strada intrapresa porti un giorno le software house a creare ogni volta qualcosa di veramente innovativo e sempre più nuove IP, con processi originali e non i soliti “déjà vu“. Al momento i tempi sono ancora acerbi per poter vedere i frutti di questa nuova politica di acquisizione dei marchi multimediali, ma probabilmente il futuro che vorremmo, non è poi così tanto lontano.




I titoli PSVR più attesi del 2018

Il nuovo anno è appena iniziato e molti sono i titoli attesi per questo 2018. Sony sembra voler continuare a investire sulla realtà virtuale e, con la recente uscita di The Inpatient, sembra che il parco titoli di PSVR si faccia sempre più consistente. Vediamo quali sono i titoli più interessanti fra quelli in arrivo per il visore PS4:

Ace Combat 7: Skies Unknown

Titolo sviluppato da Project Aces per PS4, PC Xbox OneAce Combat 7: Skies Unknown, mostra una campagna aggiuntiva dedicata esclusivamente a PlayStation VR, con numerose missioni che ci porteranno a bordo dei jet militari più all’avanguardia. Purtroppo la data di pubblicazione non è stata ancora svelata, ma sappiamo che verrà lanciato entro il 2018.

The Persistence

Vi piacciono i titoli survival horror? The Persistence farà sicuramente al caso vostro. Sviluppato e distribuito da Firestone, il titolo è ambientato nel 2521, a bordo del The Persistence, vascello spaziale impegnato in una missione scientifica, su cui un’incidente, ha provocato la mutazione dell’equipaggio. Il nostro obiettivo sarà quello di sopravvivere ai mutanti attraverso livelli sempre più ostici. Anche per questo titolo la data di pubblicazione non è stata rivelata.

Sprint Vector

Titolo sviluppato da SurviosSprint Vector cambia la prospettiva che caratterizza molti altri titoli, offrendo ai propri utenti una vera e propria attività fisica per riuscire a giocare. Infatti il titolo si avvale dei supporti PlayStation Move per simulare il movimento del corpo durante la corsa. Sicuramente un elemento interessante, con cui i giocatori potranno divertirsi senza rinunciare all’attività fisica. Che sia l’inizio di qualcosa di più grande?

Golem

Golem, un’avventura targata Highwire Games, ci metterà nei panni di una ragazza con il potere di controllare giganteschi Golem di pietra, per combattere altri simili nemici. Il titolo, che uscirà il 13 marzo 2018, utilizzerà un sistema di movimento definito Incline Control, che ci permetterà di muoverci inclinando il corpo verso le varie direzioni.

Blood and Truth

Titolo di casa London StudiosBlood and Truth è un titolo shooter ambientato a Londra, come il precedente titolo The London Heist contenuto in VR Worlds, che ci calerà nei panni di Ryan Marks, un soldato élite delle Forze Speciali impegnato a salvare la propria famiglia da un malvagio criminale. In questo titolo si potranno utilizzare i supporti PlayStation Move, per ricaricare le armi, cosa che ci farà provare a pieno l’esperienza di gioco. London Studios non ha rivelato la data di pubblicazione dichiarando solo che è prevista per il 2018.

Transference

Puzzle game psicologico sviluppato da SpectreVision, casa cinematografica fondata da Elijah Wood, protagonista de Il Signore degli Anelli. In Transference, il giocatore sarà sottoposto al test di prova di una nuova tecnologia che permetterà, attraverso un casco, di sperimentare le emozioni altrui. Sarà rilasciato durante il periodo estivo del 2018.

Star Child

Titolo di casa Sony Playful CorpStar Child si presenta come un titolo Platform 2D, presentato all’E3 2017 di Los Angeles. Seguiremo le avventure di Spectra e il suo compagno di viaggio, in un’importante missione per salvare il pianeta da una forza che vuole distruggere tutto. Verrà rilasciato durante il 2018.

E qui si conclude la nostra lista dei giochi più attesi del 2018. Abbiamo visto titoli che potrebbero essere candidati a gioco dell’anno e altri meno ma vi terremo comunque aggiornati sulle ultime novità riguardanti il visore di casa Sony.




Sparatoria Florida: il governatore del Kentucky contro i videogiochi

Mercoledì a Parkland, in Florida, un 19enne considerato da tutti un appassionato di armi ha aperto il fuoco in una scuola superiore, uccidendo 17 persone. L’ennesimo attacco sul suolo americano che ha riacceso il dibattito sulle origini di tanta violenza. Lo stesso Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, è intervenuto introducendo un discorso riguardo il «declino della cultura moderna», facendo orecchie da mercante sul vero problema presente sul suolo americano, ovvero la facilità con cui si riesce a reperire armi.

Su questa scia troviamo anche Matt Bevin, governatore del Kentucky, secondo il quale i videogiochi hanno un ruolo cruciale riguardo la «cultura della morte che oggi così facilmente celebriamo», che fondamentalmente è la principale responsabile di incidenti come questo. Bevin in un’intervista per Leland Conway:

«Alcuni videogiochi sono limitati a un pubblico adulto ma tutto il mondo sa che anche i bambini li giocano. Esistono titoli che fanno delle stragi il loro punto di forza, premiando la loro riuscita e l’omicidio di qualcuno che in quel momento chiede pietà. Parlo di videogiochi quotati, anche protetti dal Primo Emendamento.»

Ha poi continuato, riferendosi alla sentenza della Corte Suprema:

«Le reputo spazzatura, come la pornografia: desensibilizza le persone rispetto al vero valore della vita umana, alla dignità delle donne, alla dignità dell’umanità, e stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato.»

Bevin ha chiesto ai media di assumersi le responsabilità di ciò che rilasciano e continua:

«Perché abbiamo bisogno di videogiochi che incoraggino le persone a uccidere altre persone. Che si tratti di romanzi, che si tratti di Serie TV, che si tratti di un film, chiedo ai produttori di domandarsi quale sia il reale valore dei loro lavori, oltre la speranza di un guadagno. Ma a quale prezzo?»

I videogiochi, così come altri media di intrattenimento, sono dunque per Bevin la causa che ha snaturato la moralità della società moderna. Secondo il governatore, i genitori hanno smesso di educare i propri figli, liberandosi delle loro responsabilità e permettendo ai bambini di «creare le proprie regole senza conseguenze».
Questa però non è la prima volta che Bevin si scaglia contro i videogame in seguito a una strage scolastica. In un video presente su Facebook, in seguito alla sparatoria di Boston dello scorso Gennaio, aveva puntato il dito contro i videogiochi come parte di quell’industria di intrattenimento che «abitua i giovani a una realtà tragica dove la morte è una costante permanente».

Negli Stati Uniti i videogiochi sono assiduamente accusati di avere un ruolo fondamentale in queste stragi, a partire dalla famosa sparatoria di Columbine avvenuta nel 1999 i cui responsabili sarebbero stati dei fan del videogioco Doom. L’assassino della strage alla Virginia Tech del 2007 era solito giocare a Counter-Strike, noto sparatutto, mentre il norvegese Anders Behring Breivik amava Call of Duty. Ma la campagna anti-videogiochi ha toccato il fondo, rendendosi ridicola, per opera dell’avvocato Jack Thompson, che aveva addirittura citato in giudizio Grand Theft Auto IV. Il dubbio che i videogiochi possano avere delle responsabilità ha sfiorato anche Barack Obama, ex presidente degli Stati Uniti d’America che aveva sensibilizzato i centri per il controllo delle malattie a studiare gli effetti dei videogiochi violenti.

Per quanto gli studi siano stati davvero tanti, non si è mai trovata una correlazione tra videogiochi e comportamenti violenti. Che sia invece la facilità con cui un ragazzo, un adulto riesca a procurarsi un’arma all’interno del territorio USA? Perché puntare il dito contro qualcosa che si odia, in questo caso l’industria dei videogiochi, è molto più semplice e veloce che creare una legge che limita la vendita delle armi.

L’industria videoludica non è un mezzo che trasmette violenza. Molto spesso risulta essere un metodo d’intrattenimento culturale in grado di insegnarci qualcosa di importante, raccontandoci una storia e che riesce a spiccare con l’arte e la creatività degli sviluppatori, che con enorme passione provano a plasmare qualcosa che faccia leva sui sentimenti dei videogiocatori.