Un’estate al nerd

La spiaggia, strade assolate, vento che sferza in faccia durante un giro in motorino, arrivare al mare, distendersi e dimenticare ogni cosa: la scuola, il lavoro, inverni e autunni di pensieri, responsabilità e preoccupazioni. L’estate è questo, ed è serate nei chioschi, chitarre davanti a un falò, baciarsi distesi sulla battigia e andare a dormire soltanto al palesarsi dell’alba. Per alcuni è i giochi all’aperto quando si è piccoli,  per altri le passeggiate in bicicletta, per altri le birre, le prime limonate… ha il sapore di ogni età, l’estate, e c’è sempre spazio per ogni cosa, e c’è il tempo per farla, quella cosa, nella calma placida di ogni ora libera e vacanziera.
In questo abbondare di tempo libero, volete non si trovi spazio per i videogiochi? Perché fra una pausa e l’altra del dolce far niente, tra una partita a pallone e una gara di tuffi, il tempo per una partitina in formato handheld o per un giro di joypad nella propria stanza si è sempre trovato. O, se si era in giro, non si lesinava una visita alla sala giochi, per chi abbia vissuto quell’epoca d’oro di luccicanti coin-op.

Per l’estate vogliamo regalarvi uno spazio amarcord, un momento dedicato ai ricordi estivi, piccoli racconti che testimoniano un altro frammento della nostra passione per i videogiochi. Passione che non ha tempo, né stagioni deputate, che se ne infischia del caldo boia e delle ore che passano fino a che si è fatta notte fonda, istanza del cuore che ti dice: gioca, tanto tornerà un altro inverno, gioca e non pensare ai mille petali di rose.

E quei giorni noi siamo qui a ricordarli, noi che abbiamo una redazione che spazia dai 17 ai 40 anni. Vogliamo raccontarveli tutti, questi decenni di differenza, queste estati che, pur segnando un arco lungo quasi un quarto di secolo, ci hanno riunito qui, sotto l’emblema di una bussola, uniti da un’unica passione. Dunque sedetevi con noi in riva al mare, prendete una bevanda gassata, mettete le cuffie e lasciatevi trascinare indietro nel tempo questi brevi racconti fatti di pixel e parole, righe che raccontano di estati al sapore di nerd.




Fortnite anche su Android, ma non su Google Play Store.

Dopo una lunghissima attesa per i fan, Fortnite sbarcherà nei prossimi giorni anche sui dispositivi Android, ma non nel modo convenzionale che ci si aspettava. Infatti, il client del gioco, quindi il file “.apk” (estensione delle app Android), non sarà presente nello store di Google ma sarà direttamente scaricabile dal sito-web dello sviluppatoreTim Sweeney, CEO della compagnia, in un’intervista condotta da Gamesindustry.biz, ha affermato che questa decisione è legata al fatto di voler creare un legame più profondo con i giocatori ma, in realtà, non è questo l’unico motivo a spingere Epic Games a non appoggiarsi al Play Store: la compagnia lamenta infatti una eccessiva tassazione (30%) di tutti gli introiti prodotti dal gioco. Sweeney spiega che una percentuale di tasse così alta è davvero assurda, considerando che il rimanente, servirebbe giusto per coprire i costi di produzione del gioco.

Epic non è nuova a costi di tale entità, offrendo Fortnite mediante il servizio “direct to customer” (ossia offrendo il loro prodotto ai consumatori direttamente dalla fonte ufficiale e senza intermediari) per PC e Mac sa bene quanto possa essere oneroso il processo di produzione, ma è assolutamente ingiustificabile, spiega il CEO Tim Sweeney, che tasse del genere vengano applicate per un sistema open-source come Android per i servizi che può offrire. Oltretutto Epic conosce bene il mondo degli store digitali offrendo lo stesso servizio con l’Unreal Engine Marketplace per il quale oltretutto, grazie al successo di Fortnite, hanno potuto addirittura ridurre i costi fino al 12% per i nuovi developer che si appoggeranno al loro store, oltre che per tutti gli sviluppatori storici già presenti nel mercato di Unreal Engine. Sweeney pone l’accento anche sull’importanza degli store digitali, che con l’avanzare della tecnologia, della digitalizzazione dell’intrattenimento e l’espansione di internet, con molta probabilità in futuro, non saranno più necessari mediatori o negozi fisici per poter vendere o promuovere il proprio prodotto.
Sweeney non mette in discussione la bontà delle piattaforme mobili Google e Apple, è certo del fatto che loro sfruttino gli sviluppatori per i loro guadagni con percentuali molto alte, ma almeno è lieto del fatto che Google, in quanto open-source, quantomeno offra una soluzione alternativa, ossia quella di poter installare software di terze parti, in questo caso Epic Games.

Di certo è probabile che per i più giovani o per i meno esperti, potrebbe risultare più difficile trovare l’app di Fortnite non apparendo direttamente sul Google Play Store, ma il CEO di Epic assicura che verrà fatto in modo che questa mancanza non intacchi l’ascesa del gioco anche su questa nuova piattaforma: inoltre, assicura Sweeney, che il gioco sarà lo stesso presente su PC, Mac e iOS, sottolineando sempre l’importanza del cross-platform per il multiplayer. Fortnite ha visto un grosso aumento di utenti quando il gioco è stato rilasciato per gli utenti iOS e si spera una risposta altrettanto rilevante anche dagli utenti Android.

Fortnite sarà giocabile su dispositivi di fascia alta, su una stima di circa 2.5 miliardi di dispositivi Android nel mondo, almeno 250 milioni potranno giocarci senza problemi. Questo ovviamente è un dato temporaneo che nel tempo si evolverà in positivo. Al momento Fortnite sta spopolando grazie soprattutto alla modalità free-to-play Battle Royale, con previsioni che indicano circa 2 miliardi di dollari in acquisti in app per i futuri utenti Android solo nel corso dell’anno di lancio, denaro che va direttamente alle casse di Epic Games che, nel frattempo, cresce esponenzialmente acquisendo un valore di mercato pari a circa 8 miliardi di dollari.




Diversità e inclusività: il nuovo corso di EA

La FIFA eWorld Cup 2018 disputata a Londra dall’1 al 4 Agosto si è conclusa con la vittoria del saudita Mosaad ‘Msdossary’ Aldossary su Stefano Pinna. Il più importante torneo di FIFA 18 ha raccolto quest anno più di 20 milioni di partecipanti provenienti da tutto il mondo tra qualificazioni, play-off e finali. EA non può che essere fiera dei numeri ottenuti e, con l’arrivo di FIFA 19 a Settembre, non potrà che fare di meglio: un momento perfetto per cercare di ampliare ancora di più la propria fetta di pubblico, no?

Ed è proprio ciò che pensa  Brent KoningFIFA Competitive Gaming Commissioner, confidando nell’idea del gioco come qualcosa di semplice e accessibile a tutti: dal gamer professionista, all’appassionato di calcio, a chi si sta approcciando per la prima volta a entrambe le cose. Il brand è tra i più conosciuti nel mondo dei videogiochi e questa fama porta la conseguenza di dover mantenere standard abbastanza alti, che sia EA intesa come azienda o come i prodotti che rappresenta, per mantenere gli sponsor e sopratutto il pubblico soddisfatti. E quale modo migliore per farlo, di questi tempi, se non dimostrarsi favorevoli all‘integrazione?  È un percorso che in realtà EA ha iniziato a seguire più o meno dai tempi di FIFA 16, quando aggiunse per la prima volta il calcio femminile; una buona mossa, ma forse non ancora abbastanza: il torneo di quest’anno ha riunito giocatori da ben 60 nazioni, ma ancora nessuna ragazza tra i finalisti. Inutile assumere che le donne non sappiano giocare a livello competitivo, non quando si è ormai creata una, seppur piccola, realtà tutta al femminile all’interno di tornei come quelli di Overwatch, Starcraft II  e Counter Strike: Global Offensive. Anche se negli ultimi anni il calcio femminile è cresciuto sotto tutti i punti di vista, l’idea che una donna possa approcciarsi a uno sport considerato per tradizione maschile, sia reale che digitale, non è ancora ben vista dal pubblico videoludico.
Ma Electronic Arts è stata ed è ben disposta ad accettare giocatori di qualsiasi sesso, etnia ed età, e questo sicuramente fa contenti tutti. Di questi tempi, se un’azienda si mostra favorevole su temi “delicati” come quello dell’integrazione femminile ed etnica, non solo mantiene una buona immagine davanti alle masse, ma attira come una fiamma con le falene tantissimi sostenitori di quella causa, pur non essendo (non tutti almeno) interessati al prodotto, per non parlare di chi vive quelle situazioni sulla propria pelle.  Così facendo il produttore vince, ma anche i potenziali ed effettivi clienti, perfino chi ne sente semplicemente parlare. Un punto anche favore dei videogiochi come media, in un mondo che tende a generalizzare e a vederli come qualcosa di pericoloso e deviante.
FIFA 19 rappresenterà l’occasione buona per vedere un po’ di rosa ai prossimi campionati mondiali? O i tempi devono ancora maturare?

 




Achievement: motivano o frustrano?

Nel mondo dei videogiochi esistono due tipi di player: quelli che vogliono completare solamente la storia di un gioco e i cosiddetti “achievement hunter“, coloro che cercano in tutti i modi di completare al 100% un titolo al fine di sbloccarne tutti gli obbiettivi.
Ma da quando esistono gli achievement?
Per rispondere a questa domanda bisogna fare un tuffo nel passato e ritornare al lontano 1982, quando Activision decise di premiare i migliori punteggi con delle toppe, spedite a costo zero ai vincitori. Una bella iniziativa per l’epoca che ha portato molti giocatori a sfidare le proprie abilità per riuscire a battere il record. Purtroppo questa decisione ebbe vita breve, cessando di esistere, all’interno delle nuove uscite Activision, dopo un solo anno, nel 1983.
Nel nuovo millennio, con le nuove tecnologie, Microsoft  ha iniziato a implementare gli obiettivi nella sua console, iniziando l’era degli Achievement. Passeranno solamente un paio di anni prima che anche Valve faccia la stessa cosa, e l’anno successivo toccherà anche a Sony.
Al giorno d’oggi quasi tutti i giochi hanno degli obiettivi da completare per sbloccare una ricompensa, che potrebbe essere un trofeo, nel caso di Sony, o un punteggio, nel caso di Microsoft, persino i giochi mobile hanno degli achievement da sbloccare.

Ma tutto questo motiva i giocatori? Certo che sì: ricevere un premio per aver completato il gioco è sempre gratificante e, per la maggior parte dei giocatori, è come una sfida da dover superare per mostrare le proprie capacità, per sfoggiare quel trofeo tanto desiderato da tutti.
A oggi esistono moltissimi obiettivi, da quelli più semplici e facilmente ottenibili a quelli più complessi che richiederanno molto più tempo e concentrazione. Si va da quegli achievement basilari, che per essere sbloccarli basta solamente completare la storia, seguire un tutorial, fino ad arrivare a quegli obiettivi che hanno bisogno di una specifica difficoltà, di ottenere determinati oggetti o, ancora, di completare delle specifiche quest.
Gli obiettivi che riguardano la storia sono i più semplici da ottenere, ma gli altri saranno una vera sfida per chiunque voglia completarli. Molti achievement richiedono delle determinate abilità, che ogni giocatore dovrà sviluppare, come una sconfiggere un nemico con una combo d’attacco, l’uccisione di un boss con una determinata arma e, come in Kingdom Hearts I, completare il gioco senza cambiare equipaggiamento o completarlo in meno di 15 ore. Tutti obiettivi molto difficili, ma non impossibili. Purtroppo non esistono sono solamente questi tipi di trofei, in alcuni giochi: infatti, gli obiettivi disponibili fanno riferimento a scelte da compiere, capaci di intaccarne la narrazione – come se in Life is Strange ti imponessero di fare una determinata scelta, anche se questa avrà delle conseguenze all’interno del mondo di gioco –. Degli obiettivi, dunque, che mettono in difficoltà il giocatore, non facendogli godere appieno la propria avventura.
Ogni trofeo, obiettivo, achievement, qualsiasi sia il suo nome, offre un appagamento personale, il superamento di un livello, la sconfitta di un boss segreto o qualsiasi altra cosa motiva il giocatore, lo sprona a scoprire e giocare al 100% il titolo. Inoltre, per invogliare i giocatori Sony, ha da poco inaugurato un sistema tutto nuovo per l’ottenimento dei trofei, i quali forniranno una somma di denaro in base al punteggio ottenuto.
Ma purtroppo esiste anche un lato negativo degli achievement: molte software house implementato degli obiettivi solamente per rendere il gioco più lungo, magari riguardanti solamente alcune missioni secondarie o l’ottenimento di oggetti collezionabili.
Se Sony riuscisse a implementare questo nuovo sistema in tutto il mondo, riuscirebbe ad attirare più “achievement hunter” e allo stesso tempo molti titoli verrebbero giocati per mesi, anche dopo il loro completamento. Sicuramente una strada percorribile anche dalla concorrenza.




Videogame sotto l’ombrellone

L’estate si fa sempre più torrida ma i veri gamer non rinunciano a un po’ di sano divertimento videoludico: che sia nella propria stanza, armati di condizionatore o ventilatore, o in modalità handheld da portare in spiaggia, la scelta è ampia. Fra nuove uscite e giochi da recuperare c’è n’è per tutti i gusti e i nostri redattori si sono prodigati in consigli mirati:

Gero Micciché

  1. Hollow Knight: uscito nel 2017 a seguito di una campagna Kickstarter che ha finanziato parzialmente il gioco, il metroidvania di Team Cherry è stato recentemente rilanciato dall’uscita su Nintendo Switch. Un ottimo ritmo e un art-style 2D di tutto rispetto vi faranno venire voglia di passare parte l’estate a Hallownest col nostro protagonista.
  2. Overcooked 2: in uscita il 7 agosto su tutte le piattaforme, il secondo Overcooked ripropone molte meccaniche già note con nuovi livelli e l’aggiunta di una nuova modalità online che sembra un differenziale non da poco. Il party game da cucina di Ghost Town Games (che si fregia di Team17 come publisher) è il gioco cooperativo perfetto da giocare con gli amici in estate,
  3. Mega Man X Legacy Collection 1+2: Otto capitoli, tre spin-off per uno dei personaggi più iconici dei videogame di sempre. Un platform straordinario, ricco d’azione con un ottimo game design, anche questo presente su tutte le principali piattaforme di gioco. Un classico, ma di grandissima modernità. Cosa volete di più?

Andrea Celauro

  1. Bloodstained: Ritual of the night: il nuovissimo titolo di Koji Igarashi che si rifà ai Castlevania stage by stage più classici. Non lasciatevi intimorire dai toni cupi del gioco, i nove bilanciatissimi livelli proposti, nonché i vari finali alternativi, saranno degli ottimi compagni di giochi per questa afosa estate (specialmente per chi vuole alternare il proprio tempo libero fra videogiochi e uscite all’aria aperta). Sarà per voi un freschissimo Bloody Mary sotto il sole!
  2. Sonic Mania Plus: uscito lo scorso anno, il porcospino più famoso del mondo torna insieme a nuovi amici, stage e modalità inedite con la formula che lo ha annoverato fra i più grandi platformer di tutti i tempi. Colorato, frizzante, carico di nostalgia, ma soprattutto rinnovato e pieno di nuovi interessanti contenuti; correte a provarlo se non volete squagliarvi sotto il sole!
  3. Bud Spencer & Terence Hill – Slap and Beans: birra e salsicce o partita a poker? Nessuno dei due! Questo spettacolare beat ‘em up con i più grandi scazzottatori italiani è il gioco perfetto da giocare in compagnia di un amico durante i pomeriggi noiosi, persino all’aria aperta con un Nintendo Switch. Non diteci che preferite stare a casa a guardare Don Matteo…

Emanuele Cimino

  1. Wreckfest: il “demolition derby style” non tradisce mai e assicura divertimento senza troppo impegno: cosa c’è di meglio per sollazzarsi nei tempi morti dell’estate?
  2. Motorsport Manager 2: gioco manageriale di corse automobilistiche molto ben fatto, permetterà ai giocatori di crea una scuderia, sviluppare la propria macchina, fare mercato di piloti e investi in una nuova tecnologia. Titolo davvero curato, ora disponibile su Android, e quindi un’ottima scelta da portare in giro durante l’estate.
  3. Far Cry 5: se avete dubbi su dove passare le vacanze, vi consiglio una bella gita in Montana: uscito a fine marzo, è il tripla A ideale da recuperare quest’estate per godersi un titolo dalla buona longevità e in cui si alternano sapientemente fasi shooter e fasi stealth.

Calogero Fucà

  1. Fortnite: Ottimo titolo per scappare dal caldo asfissiante estivo e rifugiarsi in un mondo in puro stile cartoon, meglio se giocato in squadra con amici e non. La battle royale del momento non si fermerà di certo per le vacanze, durante le quali potrà farsi solo più incandescente.
  2. Detroit: Become Human: «Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria»: il titolo Quantic Dream porta questo principio all’estremo, ponendo dilemmi morali e una riflessione sull’intelligenza artificiale, sul rapporto uomo-macchina e sul tema del diverso. Ambientato nella Detroit di un futuro molto prossimo, è una buona occasione per trascorrere svariate ore con un’ottima storia e bivi da percorrere.
  3. Agony: Se volete proprio arrendervi al caldo allora non vi resta che provare Agony. Ambientato nientemeno che all’Inferno, il titolo non è stato esattamente ben accolto dalla critica, ma ha un buon potenziale survival e un environment di certo accattivante, con creature demoniache e corpi di dannati. Consigliato ai coraggiosi che non temono la calura estiva.

Dario Gangi

  1. FE: uscito a febbraio di quest’anno, FE, riesce a regalare ore e ore di puro divertimento, con colori accessi e freschi e con un’ottima soundtrack. Il titolo sviluppato da Zoink vi trascinerà in un mondo magico che vi farà dimenticare il caldo di queste torride giornate estive.
  2. Inside + Limbo: due piccioni con una fava. Quale migliore occasione per giocare  questi due stupefacenti titolo se non l’estate e la collezione che include i due capolavori di Playdead? Limbo Inside sono due ovvie scuse per non uscire di casa nelle ore più calde, tenendovi compagnia per almeno otto ore a testa, ma sono anche ampiamente portatili nella versione per Switch, e perfino su Android e iOS, per quanto riguarda Inside.
  3. Just Shapes & Beats: uscito da qualche mese su PC e Nintendo Switch, Just Shapes & Beats sarà il vostro compagno di viaggio per un bel po’, garantendovi ore e ore di pura follia sulle note di brani puramente chiptune. Sfidare i vostri amici sarà uno spasso.

Marcello Ribuffo

  1. FIFA 18: è sempre tempo per un buon calcistico, non solo durante i campionati reali ma anche durante l’estate, in cui il calciomercato impazza. Giocare in questo periodo infatti, rende il titolo mutevole, per via dei tanti trasferimenti dei calciatori tra un club e l’altro, permettendo di testare nuove tattiche o anche provare il piacere di inserire Cristiano Ronaldo nella Juventus prima ancora della release del nuovo capitolo.
  2. Dark Souls Remastered: un titolo che non ha bisogno di presentazioni: la nuova versione del capolavoro di Miyazaki riporta in auge quanto di eccellente svolto in campo artistico e di gameplay, rimanendo come sempre una vera sfida per i videogiocatori. Perché non fare di necessità virtù allora giocando a “Drink Souls“: una morte, una bevuta. L’importante è non mettersi alla guida successivamente, mi raccomando.
  3. Forza Motorsport 7: cosa c’è di più rilassante di un giro sulla vostra vettura dei sogni? Guidare un’auto reale in estate è un incubo, tra code, imprevisti e magari l’aria condizionata che non vuol saperne di funzionare a dovere. Perché dunque non godersi il fresco di casa, e guidare in tutta tranquillità? Le oltre 700 vetture presenti, visibili in dettaglio nel Forza Vista, sapranno appagarvi, soprattutto con un buon volante in mano.

Gabriele Sciarratta

  1. Fire Pro Wrestling World: con l’arrivo della versione PS4 il 31 agosto (su PC è disponibile fin dallo scorso anno), e di conseguenza, con l’uscita del DLC con protagonisti i wrestler della New Japan Pro Wrestling, che portano con sé la modalità storia, il titolo wrestlingistico di Spike Chunsoft diventa completo. Titolo perfetto non solo se si vuole rompere l’egemonia dettata dai giochi WWE, ma soprattutto, visto l’arrivo del roster nipponico, si ha l’occasione per simulare il G1 Climax: il torneo annuale a gironi che si sta disputando sui ring della New Japan proprio in queste settimane!
  2. Stardew Valley: cosa c’è di meglio da fare in estate che coltivare frutta e verdura, andare a pescare nei fiumi o sul mare, e fare amicizia in un piccolo borgo? Stardew Valley è il titolo perfetto per rilassarsi nelle calde giornate estive. È disponibile da poco anche su Switch, ma tenete d’occhio la versione PC, visto che è finalmente attivo il multiplayer online!
  3. Frostpunk: estate = caldo torrido, sudore e disidratazione. Se non siete amanti di questa stagione, come il sottoscritto, allora cosa c’è di meglio di un bell’inverno perenne come quello del gestionale di 11 Bit Studios? Certo, magari si passa da un estremo all’altro, e non è piacevole sopravvivere a -40°, ma a mali estremi, estremi rimedi.

Alfonso Sollano

  1. Yakuza 0: realizzato con gli stessi asset di Yakuza Kiwami, il titolo è uscito su console a inizio anno e costituisce un ottimo modo per iniziare la saga anche su PC e immergersi nel quartiere Kamurocho dove condurre il Drago di Dojima in una storia interessante ricca di combattimenti mozzafiato.
  2. Octopath Traveler: ottimo titolo uscito su Nintendo Switch, è un jrpg con uno stile grafico che ricorda vecchie glorie degli anni ’90 (Final Fantasy VI su tutte) e farà felice i nostalgici con una grande varietà di gioco e una longevità di tutto rispetto.
  3. Marvel’s Spider-Man: nuova esclusiva PS4 firmata Insomniac Games, gode di una grafica da urlo, di un gameplay molto vario e di una mappa aperta che potremo esplorare grazie alle ragnatele del nostro ragno preferito. L’anteprima, insomma è stata già tanta roba e, dato che l’uscita è prevista per il 7 settembre, è un ottimo modo per finire l’estate.

Gabriele Tinaglia

  1. League of Legends: Il titolo di casa Riot Games esiste ormai da quasi un decennio, ed è ancora in continua evoluzione.
  2. Dark souls Remastered: cosa c’è di meglio di un mix tra caldo estivo e difficoltà da bestemmie? L’iconico GDR Bandai Namco è ritornato, ed è presente su tutte le piattaforma. La sfida è assicurata, la frustrazione pure: per chi non vuole rilassarsi neanche al mare.
  3. Rainbow Six Siege: titolo mastodontico di casa Ubisoft, quest’anno giunto all’Year 3. Le giornate estive saranno tutt’altro che noiose: anche qui potrete contare su un multiplayer di buon livello e il gioco pare aver raggiunto un equilibrio e un funzionamento ormai ottimali, che garantiranno divertimento per tutti i vostri giorni liberi.

Annalisa Vitellaro

  1. Crash Bandicoot N. Sane trilogy: il platform 3D per eccellenza, una trilogia che non ha mai smesso di divertire nonostante esista da più di 20 anni. L’iconico marsupiale arancione può farvi compagnia durante un’afosa noiosa serata sul divano o in un lungo viaggio in aereo, essendo su tutte le piattaforme. E con Future Tense, un livello inedito aggiunto poco più di un mese fa, non avete davvero più scuse.
  2. WarioWare Gold: Nintendo riprende in mano un brand che mancava su una console portatile dal lontano 2010. Con 300 frenetici minigiochi per rompere la monotonia dell’estate ancora in corso, il titolo è disponibile dallo scorso 27 luglio per la famiglia Nintendo 3DS. Riuscirete a vincere la coppa Wario?
  3. Hyrule Warriors Definitive Edition: vi è stata cancellata la vacanza che programmavate da mesi? Il vostro capo non vi ha concesso le ferie? O semplicemente il caldo vi rende nervosi? Qualunque sia la causa della vostra rabbia, poche cose la placano come un buon musō. Portate con voi Nintendo Switch qualunque sia la vostra destinazione e preparatevi a sconfiggere orde infinite di nemici, da soli o in compagnia, con i vostri personaggi preferiti della saga di Zelda, e l’edizione definitiva ne conta più di 20. Hyrule ha bisogno di eroi.

Vincenzo Zambuto

  1. Stardew ValleyUn gestionale a sfondo rurale, concepito all’insegna della semplicità, è in grado di regalare ore e ore di divertimento e relax. Tra un raccolto e l’altro, le trame del gioco si svilupperanno con elementi da gioco di ruolo che richiamano chiaramente i classici dei gdr.
  2. Battle Chasers: Se volete rigiocare un gioco di ruolo puro e alla vecchia maniera, questo gioco vi terrà incollati alla vostra console più di quanto possiate immaginare. Dungeon zeppi di trappole, una varietà immensa di mostri e nemici e combattimenti a turni che daranno del filo da torcere anche ai più ferrati sono il contorno perfetto per uno dei giochi di ruolo più interessanti di sempre.
  3. Slain: Back from Hell: Metallari da tutto il mondo io vi invoco! Di recente rilascio sulla console Nintendo Switch questo titolo ispirato ai più classici giochi a scorrimento orizzontale 2D e sviluppato con sprite 16bit,  è un piccolo gioiello da portare in vacanza o sotto l’ombrellone. Impareremo che scontri sanguinolenti e Heavy Metal si sposano alla perfezione!

La scelta della redazione

Tanti i videogame proposti, scelte eterogenee come sempre accade in ogni redazione, ma su un singolo titolo ci sentiamo tutti unanimi: Remothered: Tormented Fathers, survival horror italianissimo diretto dal game designer Chris Darril e sviluppato da Stormind Games, è certamente il titolo d’esordio dell’anno. Uscito dapprima su PC, ha raccolto subito il favore della critica e dei giocatori. Adesso che è uscito anche su PlayStation 4 e Xbox One potrà accompagnarvi per intensissime notti di terrore estivo.

Buon divertimento.




Il dietro le quinte della produzione Nintendo

Ogni anno, le società statunitensi quotate in borsa presentano dei rapporti alla Securities and Exchange Commission (CSR) riportanti nel dettaglio le origini dei minerali utilizzati nei loro prodotti e i relativi paesi di estrazione. Sebbene non sia obbligato a presentare il proprio rapporto negli Stati Uniti, Nintendo lo ha comunque consegnato e sfortunatamente, non è migliorato molto dall’anno scorso.
Infatti i minerali utilizzati dalla casa giapponese per i loro prodotti, sono estratti in concentrazioni elevate in alcune regioni in stato di conflitto dell’Africa. I minerali estratti più comuni sono oro, stagno, tungsteno e tantalio. Queste materie prime vengono estratte da gruppi di schiavi, che poi vendono per finanziare conflitti armati continuando ad alimentare questo circolo vizioso che ha come perno le continue violazioni dei diritti umani.

Questi minerali sono necessari per produrre molti prodotti che usiamo quotidianamente, tra cui varie tecnologie e console di gioco. Dato che i clienti non hanno modo di sapere se il loro Amiibo viene prodotto attraverso il lavoro degli schiavi, spetta alle aziende essere trasparenti riguardo alle loro linee di rifornimento. Ciò significa anche esercitare pressioni sui propri fornitori, che a loro volta devono svolgere la dovuta diligenza assicurando che le fonderie o i raffinatori (SOR) che ricevono minerali siano esenti da conflitti. Spesso, questo viene fatto tramite un sondaggio annuale inviato dalla società ai fornitori, i quali quindi segnalano se i raffinatori sono stati certificati senza conflitti dall’Iniziativa dei Minerali Responsabili (RMI) o da un gruppo simile. Tuttavia, alcune aziende registrano tassi di rendimento dei sondaggi scadenti che, purtroppo, non riescono a reprimere ogni anno. Anche altre società hanno avuto questo genere dilemma etico, come Apple, Sony e Microsoft, ma i risultati dei rapporti CSR andavano dal record stellare di sourcing etico appartenente ad Apple ai bassifondi etici di Sony e alle sue decisioni vaghe e inefficaci nell’affrontare il problema. Nonostante Nintendo in quel momento avesse già re-inviato il proprio rapporto CSR, con una contabilità più dettagliata dei sondaggi sui minerali estratti, la documentazione non fornì i dettagli dei minerali fino alla fine di luglio.



Nintendo, nel 2014, iniziò col piede sbagliato: stando a quanto riportato, si poteva solo certificare che il 47% dei suoi SOR non stavano commettendo violazioni dei diritti umani. Il numero è migliorato nettamente nel rapporto 2015, con il 72% dei fornitori di Nintendo certificati esenti da conflitti. Nel 2016 rallentò con una crescita misera fino al 74%. Nintendo sembra comunque essersi presa l’impegno di ottenere un tasso di rendimento del 100% dai suoi fornitori, un ottimo segno di speranza per l’etica della società.
Sfortunatamente, anche il miglioramento del rapporto del 2017 è stato lieve in cui Nintendo si è limitata a vedere il 76% dei suoi SOR senza conflitti. Dei 339 SOR, 320 erano nell’elenco standard e 256 di questi erano certificati o in procinto di esserlo. Sebbene ci sia un miglioramento, Nintendo punta ai numeri di Microsoft in termini di percentuale di certificazione, che si aggirano intorno all’80-89%. Purtroppo i livelli di certificazione di Sony sono ancora sconosciuti.
Nonostante le promesse della grande N, questa crescita non sembra ancora esserci. Come parte dei report archiviati negli Stati Uniti, le aziende sono tenute a identificare le origini delle materie prime per ottenere la certificazione SOR e in seguito definire le misure di azione per risolvere eventuali problemi. Nintendo, in mancanza di tali requisiti, ha fornito solo la seguente riga per indicare quale potrebbe essere il piano per affrontare il potenziale lavoro degli schiavi nella sua linea di produzione:

«Abbiamo valutato i risultati e condotto interviste dirette con i fornitori e raffinatori ad alto rischio per capire accuratamente la situazione e mirare a risolvere il problema.»



Dusty Rooms: il fenomeno di Mother

Proprio qualche giorno fa, esattamente il 27 Luglio, è stato il 29esimo anniversario del rilascio del primo gioco della saga di Mother su Famicom. Negli ultimi anni la saga è diventata un fenomeno di culto, specialmente grazie all’inclusione di Ness in Super Smash Bros. Melee e, grazie a esso, un’orda di fan non fa che chiedere a gran voce il rilascio di tutti i giochi della saga in media più recenti, specialmente sapendo che il creatore della saga, Shigesato Itoi, ha dichiarato che con il rilascio di Mother 3 la saga è ufficialmente terminata e non ha alcuna intenzione di rilasciare un eventuale Mother 4. Oggi, su Dusty Rooms, daremo uno sguardo a una delle serie RPG più sottovalutate di tutti i tempi, che ha riscoperto una nuova vita grazie a internet ma che, ai tempi, non riuscì a imporsi in confronto ai più popolari Final Fantasy, Dragon Quest o Phantasy Star.

Un inizio un po’ sottotono

La storia di Mother, come già accennato, comincia su Famicom nel Luglio del 1989. Il prologo della storia ci presenta George e Maria, una tipica coppia americana che intorno agli anni ’50 scomparve dalla circolazione; più tardi George riapparve improvvisamente ma non rivelò mai a nessuno dove si trovasse e cosa successe a lui e a sua moglie, che rimase dispersa. George dunque, si chiuse in se stesso e cominciò a fare strani esperimenti isolandosi dal mondo. Nei tardi anni ’80 un giovane di nome Ninten (è il suo nome standard ma – come poi diventerà tipico della serie – è possibile cambiarlo prima di cominciare la nostra avventura) è testimone di strani eventi paranomali che avvengono in casa sua, come appunto l’attacco della sua bajour. Il padre, costantemente fuori casa per lavoro, chiede a Ninten di investigare su questi fenomeni, gli stessi di cui si occupava il suo bisnonno, e da lì si arriverà col affibbiare la colpa a una razza aliena che da anni tenta di invadere la terra. Più in là, Ninten arriverà al magico mondo di Magicant e incontrerà la regina Mary che darà al nostro eroe l’obiettivo principale del gioco, ovvero trovare le otto parti della sua canzone e cantarla interamente di fronte a lei. Con l’avanzare dell’avventura Ninten verrà affiancato da Lloyd, Ana e Teddy e insieme andranno fino al Monte Itoi (chiaro riferimento al creatore della serie) dove si scoprirà essere il nascondiglio degli alieni.
La più grande innovazione di Mother, cosa che caratterizzerà la serie per i restanti sequel , è quella della decomposizione del JRPG classico: le battaglie si svolgono in maniera casuale e ogni personaggio ha delle proprietà distintive in battaglia, che attingono ovviamente al fantastico/fantascientifico, ma ciò che caratterizza questa serie è il ritrovarsi in ambienti e città “normali”, ad affrontare nemici come cani randagi, hippie e persone affrettate con oggetti di uso più che comuni come padelle, mazze da baseball e tutto ciò che si potrebbe utilizzare come oggetto contundente. Il setting ci propone appunto una classica famiglia degli anni ’80, col padre sempre fuori per lavoro, la madre a casa a cucinare il nostro piatto preferito (che inseriremo insieme ai nomi prima di cominciare il file di gioco) e il figlio sempre fuori a esplorare le zone vicine come una sorta di avventura; l’idea di Shigesato Itoi era proprio quella di proporre la storia di un ragazzo che va “all’avventura” insieme ad altri amici – un po’ come avviene in film come I Goonies – ma che a fine giornata tornano a casa, conducendo una vita tranquilla. Furono appunto tutti questi elementi a illuminare Shigeru Miyamoto e dare il via al progetto generale. Questo titolo, sviluppato dalla Ape inc. (che diventerà Creature), era stato completamente tradotto e pronto per essere distribuito negli Stati Uniti ma improvvisamente, nel 1991, la release fu cancellata ed Earth Bound (questo il nome accordato per la release internazionale) non uscì mai dal Giappone; fra le cause della cancellazione vi erano gli alti costi di produzione, dovuti alla dimensione del gioco, e l’imminente arrivo del Super Nintendo che avrebbe eclissato l’uscita di Mother in maniera definitiva rendendolo, a detta della compagnia, invenduto negli scaffali. I prototipi ufficiali di Earth Bound furono trovati e messi in rete poco dopo. Con il fandom di Mother in continua evoluzione il gioco fu rinominato Earthbound Zero, visto che si mostrava come prequel di Earthbound (ovvero Mother 2, che uscì regolarmente in Nord America), ma in seguito Nintendo, nel 2015, rilasciò finalmente il gioco per la Virtual Console Wii U col nome di EarthBound Beginnings. Nonostante il rilascio tardivo – meglio tardi che mai –, il gioco si presentò datato e pieno di elementi che caratterizzavano, in maniera negativa, i JRPG dei tempi ovvero l’altissimo tasso di incontri casuali e lo snervante grinding che serviva a ogni membro del team una volta reclutato; pertanto la community ufficiale di Mother rilasciò nel 2014 (ancora prima di Nintendo) EarthBound Zero: 25th anniversary edition in cui furono migliorati i difetti sopracitati e migliorate le visual.

L’eccellenza videoludica

Mother 2, per Super Famicom, entrò in sviluppo poco dopo l’uscita del primo titolo ma il processo di creazione non fu per niente tranquillo: il team che lavorò al sequel era totalmente diverso dal precedente e nonostante il loro duro lavoro e la disponibilità data per il progetto Mother 2 era sull’orlo della cancellazione per via di diversi bug apparentemente irrisolvibili. Per questi motivi Mother 2 rimase in sviluppo per cinque anni, uscendo in Giappone nell’Agosto del 1994 e in nord America nel Giugno del 1995, ma l’arrivo di Satoru Iwata e un team proveniente dalla HAL Laboratory risolse tutti i problemi relativi alla codifica così, Ape inc. si poté concentrare sullo storyboard, la creazione delle mappe, della grafica e tutto ciò che non è legato alla programmazione effettiva. Il nuovo dunque, era dieci volte più grande e avvincente del prequel e ogni elemento di questo titolo fu curato in maniera maniacale. La storia stavolta ci racconta delle avventure di Ness, un bambino che una sera viene svegliato dalla caduta di un meteorite vicino casa sua; sul luogo dell’impatto il nostro eroe incontrerà Buzz-buzz, un alieno dalle sembianze di una mosca venuto dal futuro per mettere in guardia l’umanità da un entità maligna chiamata Giygas che, a detta sua, consumerà l’umanità come la conosciamo. La mosca, dopo essere stata scambiata per uno scarafaggio dalla mamma di Pokey (che sarà il rivale del nostro protagonista), darà le istruzioni a Ness, prima di morire, per distruggere Giygas: similarmente a Ninten, dovrà andare in cerca degli otto santuari per riempire la Sound Stone con otto melodie che sbloccheranno il vero potere del nostro eroe.
Come il suo prequel, Mother 2 presenta lo stesso scenario tipicamente nordamericano, con bei quartieri, casette, tante belle persone ma con un lato oscuro a tratti inquietante; se lo stesso prequel trattava già di argomenti per l’epoca molto controversi, come dipendenza dalla droga, religione o violenza, in questo titolo ritroviamo problematiche più tipiche degli anni della sua uscita come la corruzione dei corpi di polizia, in cui nel gioco viene esplicitamente riproposto lo stesso scenario di un fatto di cronaca, in cui un ragazzo rimase in balia di un gruppo di poliziotti, o il fanatismo religioso con l’introduzione del gruppo spirituale dei bluisti (che adorano il colore blu), colore associato al movimento religioso Aum Shinrikyo e al suo fondatore Shoko Asahara condannato nel ’95 per aver diffuso nella metropolitana di Tokyo delle bombe silenziose al gas nervino. Mother 2, a ogni modo, si è dimostrato capace di comunicare sentimenti profondissimi e a volte persino oscuri. A Magicant, in cui torneremo una volta riempita la Sound Stone, visiteremo il subconscio di Ness, un luogo in cui troveremo tutto ciò che ha fatto parte della sua vita, come un pupazzo di neve con la quale giocò da piccolo, nemici, persone incontrate e persino un giovane Ness che sottolineerà il cambiamento, non totalmente positivo, in lui. Ma ciò che toglie di più la scena in Mother 2 è decisamente l’inquietante battaglia finale contro Giygas e la storia della sua concezione. Il boss finale, come il gioco ci suggerisce man mano, non ha una vera forma ed esso, più che un nemico, è una sorta di concetto, un qualcosa di inafferrabile ma terribilmente malefico (ancora ci sono grossi dibattiti su cosa sia Giyagas o meno); pertanto, quello che vedremo durante la battaglia, è un disegno confuso che, visto da una certa prospettiva, prenderà a tratti la forma di un feto (è molto difficile da spiegare, ma non vogliamo rovinarvi l’esperienza se avete intenzione di giocarlo). Shigesato Itoi spiegò che l’idea di Giygas nacque quando da piccolo vide per sbaglio al cinema, entrando nella sala sbagliata, il film Kenpei to Barabara Shibijin (traducibile, dozzinalmente, come “Lo Gendarme e la Signora Smembrata”); una volta dentro, durante una scena di un omicidio, il creatore della saga pensò di aver assistito a una scena di stupro e questo evento finì per segnarlo a vita.
E così come per le tematiche, Mother 2 porta diverse innovazioni a livello di gameplay, prima fra tutte è il contatore a comparsa dei punti vita (più propriamente, in inglese, rolling HP meter): si tratta di un segna numeri simile a quelli presenti nelle pompe di benzina o nelle roulette e quando verremo colpiti, i numeri continueranno a scendere fino a un possibile annientamento; al di là della semplice scelta stilistica, questo metodo serve per permettere ai personaggi che hanno subito un attacco che li porterà alla morte di sferrare un ultimo attacco prima che il contatore arrivi a zero. Inutile dirlo, questo metodo permette di giocare delle battaglie mozzafiato e letteralmente all’ultimo sangue. Gli incontri random sono stati soppiantati in favore di nemici che appaiono direttamente nel nostro cammino e perciò saremo liberi di affrontarli o meno. A seconda di come li incrociamo avremo degli effetti diversi: se beccheremo un nemico da dietro avremo il primo colpo, se invece sarà lui a prenderci alle spalle allora avrà il primo colpo, ma se il nemico che incontriamo ci è nettamente inferiore e il gioco sa anche che lo sconfiggeremo con un solo colpo allora la battaglia verrà vinta senza entrare nella schermata di combattimento (ricevendo ugualmente punti di esperienza ed eventuali oggetti). Mother 2 è letteralmente una soddisfazione dopo l’altra e ogni critica rappresenterebbe un inutile cercare un pelo nell’uovo. Tuttavia, anche se questo titolo è un capolavoro da inizio alla fine, le vendite, specialmente in nord America, furono disastrose. Nintendo, che credette molto nella riuscita di questo gioco, spese 2 milioni di dollari per la promozione e ciò risultò in una serie di pubblicità che, stando ai dati di vendita (solo 140.000 copie in nord America e circa il doppio in Giappone), non diede i risultati sperati. Gli anni erano quelli dell’antieroe e delle pubblicità grossolane e EarthBound ricevette su Nintendo Power una serie di carte “gratta e odora”, particolarmente puzzolenti, che allontanarono i tanti curiosi che volevano avvicinarsi al nuovo mondo di Ness, Paula, Jeff e Poo. In aggiunta al marketing fallimentare, produrre fisicamente il gioco era particolarmente costoso in quanto EarthBound uscì con una confezione extra-large contenente una guida strategica e, pertanto, in sovrapprezzo. A tutto questo c’è da mettere l’ascesa del già disponibile Sega Saturn (uscito a Maggio) e della PlayStation di Sony che sarebbe stata reperibile a breve. Questo titolo fece una fine tremenda ma grazie a Super Smash Bros. e Melee e al rinnovato interesse da parte di nuovi fan il gioco ha potuto conoscere una vera e propria seconda vita; il gioco fu rilasciato internazionalmente nel 2013 prima la Virtual Console del Wii U e poi per quella del New Nintendo 3DS, arrivando per la prima volta in Europa, e giusto l’anno scorso EarthBound rientrò fra i 30 titoli dello SNES Classic Edition. Se c’è un momento per riscoprirlo, considerato fra i migliori giochi mai creati, è decisamente questo.

Nintendo e i suoi fan: la storia di Mother 3

Nonostante l’insuccesso del secondo capitolo, Mother 3 entrò in sviluppo nel 1994 per Super Famicom ma ovviamente, con l’avvento del Nintendo 64, lo sviluppo passo nel 1996 alla console di nuova generazione. Su consiglio e visione di Miyamoto, il gioco avrebbe dovuto avere una nuova e bella veste 3D sullo stile di Super Mario 64 ma gli sviluppatori, gli stessi di Mother 2, non avevano esperienza con la grafica poligonale e così finirono per sopravvalutare un po’ troppo le capacità della nuova console Nintendo; lo sviluppo passo per il più potente Nintendo 64 DD, periferica che avrebbe permesso la lettura di alcuni dischi magnetici proprietari e che avrebbe permesso giochi più grandi e all’avanguardia. Mother 3 doveva essere il titolo da lanciare col N64 DD ma con il fallimento della periferica, torno sull’originaria Nintendo 64.
Fu allora però che nel 1999 furono presentate delle demo giocabili al Nintendo Space World e IGN ne rimase molto sorpreso in quanto presentava delle cutscene non “skippabili” interamente in 3D. A ogni modo, nonostante la ritrovata stabilità, la data di uscita di Mother 3 continuava a slittare di continuo e, stando a Shigesato Itoi, il gioco era pronto solamente per il 30%. Arrivati a questo punto, a Nintendo non rimase altro che cancellare il progetto e mettere il team di sviluppo dietro alla creazioni di altri nuovi giochi per il Gamecube. Satoru Iwata, che promise la sua presenza e buona parte degli impiegati alla HAL, si prese la colpa per la cancellazione ma Miyamoto era deciso di dar vita a Mother 3 a tutti i costi; all’inizio era intenzionato a rilasciare un libro o un fumetto ma alla fine, con l’uscita del Gameboy Advance, rimise lo stesso team di Mother 2, facente parte di Brownie Brown di Shigesato Itoi, e la HAL dietro lo sviluppo del “nuovo” Mother 3, stavolta in 2D e con lo stesso spirito del secondo.
La storia è ambientata nel villaggio Tazmily, una piccola comunità nelle isole Nowhere in cui non esiste il denaro e tutti i loro abitanti si prendono cura l’un l’altro. Faremo la conoscenza di Lucas e Claus, che saranno i protagonisti principali dell’avventura, e il padre Flint. Un giorno, i due ragazzi, vanno a trovare, insieme alla madre, il padre che lavora nelle montagne al largo del villaggio ma, una volta lì, verrà fuori un gruppo di fanatici con maschere di suini che comincerà a imperversare per l’isola combinando guai e danneggiando tutto ciò che trovano. Per colpa loro la madre dei ragazzi morirà e dopo il gioco, nonostante i colori accesi, scenderà in una lenta spirale di morte e disperazione. Shigesato Itoi si ispirò principalmente ai libri di Agota Kristof, Quello che Resta (Le grand cahier), La Prova e La Terza Menzogna; questi tre libri compongono la trilogia di una storia di una coppia di gemelli intenti a sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale. Insieme a queste letture, Itoi si ispirò anche Twin Peaks e Lost per la creazione dell’isola Tanetane che riflette gli incubi di chi vi mette piede. Il gameplay rimase lo stesso di Mother 2 con l’aggiunta delle terme, delle nuove sezioni in cui recuperare i punti vita, e i colpi combo da dare a ritmo con la musica della battaglia.
Mother 3 è un gioco interessantissimo ma ancora Nintendo non sembra aver dato alcun segno per il suo rilascio in occidente. Purtroppo, quando questo titolo venne rilasciato in Giappone nel 2006 (riscontrando comunque ottime vendite), il Gameboy Advance stava cedendo il passo al nuovissimo Nintendo DS e, viste inoltre le scarse vendite di EarthBound, si optò per non rilasciare Mother 3 né in nord America né in Europa. Un’altra possibile causa del suo possibile non rilascio può anche essere le sue fortissime tematiche che includono l’accettazione della morte, l’abuso di animali, violenza, droga e persino l’androginia. Per questi motivi, conoscendo le politiche sulla censura di Nintendo, i fan si rimboccarono le mani e in due anni il sito Starmen.net, nel 2008, rilasciò la patch da applicare alla ROM di Mother 3 e avere il gioco completamente tradotto. Essa è stata condotta da Clyde “Tomato” Mandelin insieme a un gruppo di traduttori abilissimi che si è messa d’impegno per tradurre ogni meandro del gioco, dai dialoghi a tutte le finestre dei menù. In una sola settimana la patch ha raggiunto i 100.000 download e a oggi è semplicemente una delle patch più scaricate della storia di internet. Ma in tutto questo, l’unica domanda che ci viene in mente è: Nintendo cosa ne pensa? O forse i più disperati (e ce ne sono parecchi) si chiedono: “E NINTENTO KE FA?!?!” Reggie Fils-Aime, presidente di Nintendo of America, è perfettamente a conoscenza del cult following di Mother e il desiderio dei fan di poter giocare al terzo capitolo ma, a quanto pare, sembrerebbe con le mani legate. La traduzione dei fan, stando al proprietario del sito Starmen.net,  Reid Young, sarebbe arrivata ai piani alti di Nintendo of America e gli stessi traduttori avrebbero offerto a Nintendo la propria traduzione per una futura release internazionale o persino la cancellazione della patch stessa se avrebbero rilasciato Mother 3 oltreoceano. Tuttavia, a oggi, il silenzio di Nintendo lascia lo spazio a due ipotesi: o si sarebbero arresi, lasciando spazio ai programmatori e traduttori homebrew o, semplicemente, non hanno alcun interesse nel rilasciare questo titolo al di fuori del Giappone e di conseguenza, non inseguono gli autori della patch. A ogni modo, Nintendo con il recente rilascio digitale di EarthBound e EarthBound Beginnings ha visto comunque ottimi numeri in termini di vendita e dunque è improbabile che non stiano prendendo in considerazione il rilascio di questo titolo così richiesto; vi ricordiamo inoltre che lo scorso 27 Luglio è stato solo il 29esimo anniversario della saga di Mother…  perciò chissà? Che Nintendo stia preparando qualcosa di grosso per il suo 30esimo anniversario? Non possiamo fare altro che aspettare e sperare che ascoltino i suoi fan al più presto!




Unsighted: un piccolo inno alla diversità

Non è semplice essere uno sviluppatore indipendente, e lo è ancora meno se si è una donna transessuale. Se poi aggiungiamo il vivere in un paese come il Brasile, patria non proprio legata ai videogiochi, diventa tutto ancor più arduo. Questa è in breve la storia di Tiani Pixel, sviluppatrice brasiliana, che insieme a Fernanda Dias e sotto il nome di Studio Pixel Punk è al momento al lavoro sul suo primo gioco: Unsighted, un cyberpunk post-apocalittico – a detta della stessa autrice – fortemente ispirato alle saghe di ZeldaMetroidSouls.
Durante il Brasil’s Independent Games Festival di San Paolo ha avuto modo di mostrare il suo lavoro al pubblico e trattare temi chiaramente a lei vicini, come la rappresentazione dei personaggi LGBTQ nei videogiochi e nella cultura pop in generale (argomento che anche noi abbiamo affrontato qui). Secondo la sua opinione, chiunque inserisca un personaggio del genere all’interno del proprio videogioco dovrebbe anche fare lo sforzo di informarsi il più possibile su tale argomento ed evitare che il risultato non divenga un mero stereotipo, nonostante tutte le buone intenzioni. Bisogna parlare con i diretti interessati, capire cosa fare e sopratutto cosa non fare. L’esempio che è stato preso in causa è quello di Hainly Abrams da Mass Effect: Andromeda: si presenta subito come transessuale e racconta di essere in viaggio per lo spazio solo perché vuole essere accettata. Buone intenzioni, ma non espresse al meglio.

https://youtu.be/tOE6GTtozI4

Non solo i trans, ma qualsiasi “tipologia” di persone non dovrebbe essere subito etichettata per evidenziare il loro essere “diverse”, è qualcosa che dovrebbe uscire fuori col tempo e sopratutto non si dovrebbe dare l’impressione che la loro vita giri solo intorno a ciò che sono.
Con Unsighted, Tiani vuole creare un ambiente che possa includere e rappresentare nel modo più naturale possibile, inserendo personaggi considerati fuori dal comune all’interno del mondo dei videogame (a partire dalla protagonista, una donna di colore) e chiunque riesca difficilmente a sentire quella forte connessione a livello personale all’interno di un videogioco, potrà trovarla all’interno del suo titolo.
Questo media sta diventando sempre più importante e determinante anno per anno; in molti dicono che determinati videogiochi sono persino riusciti a segnare e cambiare la loro vita sotto diversi spunti: trovare la forza di andare avanti durante periodi difficili, prendere determinate decisioni, conoscere persone che in futuro diventeranno importanti. È giusto che vengano usati anche per aiutare quelle persone che si sentono diverse e ai margini della società ad accettarsi e sentirsi soddisfatte e fiere di ciò che sono.




Come moderare una community tossica

Ogni community che si rispetti ha utenti che si comportano in maniera positiva e altri che invece tendono a disfarne l’equilibri, e che proprio per questo vengono definiti “tossici”: ridicolizzare o creare flame, quasi sempre inutilmente e senza alcun motivo, spesso per il  solo gusto di provocare o generar fastidio in luoghi di condivisione. È sempre difficile gestire dei forum o delle pagine social, bisogna mantenere un equilibrio tra gli interventi, far in modo di mantenere la dialettica senza che degeneri, ed è quasi impossibile che una discussione si mantenga su toni calmi e pacati. Anche lì, bisogna imparare a distinguere i singoli casi. Estirpare la malerba sembra non essere però così difficile per Grace Carroll, Lead Social Media Manager di Creative Assembly.
Carroll si occupa di supervisionare i canali social di Total War, pluripremiato franchise della compagnia del gruppo SEGA, e grazie al proprio lavoro ha potuto testare con mano una vera e propria community tossica, ed è riuscita, nel giro di qualche settimana, a “domarla”.
La community è essenziale per qualsiasi azienda, soprattutto per quelle nel settore dei videogame: aiuta gli sviluppatori a modificare e migliorare il prodotto, stimola continue interazioni tra fan e suscita l’interesse di nuovi giocatori. Purtroppo, però, le community tossiche hanno effetti collaterali non da poco; gli elementi negativi che fanno parte di questi forum o pagine web cercano in tutti i modi di demolire, letteralmente il lavoro degli sviluppatori, danneggiando non solo il loro operato, ma anche la loro figura e quella del videogioco in questione, e soprattutto disincentivando con comportamenti distruttivi la partecipazione degli utenti “sani” al dialogo. Un gioco che ha feedback negativi e nessuna nota positiva nei vari forum ufficiali è destinato a vendere meno e a svalutarsi rapidamente.

Grace Carroll ha subito pensato di moderare il proprio forum usando  con ponderazione e un po’ di spietatezza la scure del ban, eliminando i commenti poco consoni nelle forme e soprattutto quelli che creavano flame inutili.
Molti studi non danno molta importanza alle community, sottovalutando ogni tanto che queste sono formate dagli stessi giocatori che compreranno il gioco o che ne parleranno con i propri amici. Se questo tipo di pubblico dovesse abbandonare la community, i membri che rimarranno saranno solamente quelli più nocivi. Per questo bisogna moderare i forum e le pagine social: la protezione va tutta verso quegli utenti virtuosi che fanno diventare il gioco un’esperienza positiva. Il punto  non è di certo eliminare gli interventi che non parlano bene dell’opera, voci di  dissenso sono nella norma, certe critiche sono costruttive e aiutano a migliorare, e cancellare commenti che esprimono critiche ragionate sarebbe al pari controproducente, perché gli utenti si renderebbero conto alla lunga di un atteggiamento censorio da parte del developer e gli volterebbero le spalle, giustamente indignati.
Al recente Develop:Brighton, il più grande expo britannico riservato ai game developer, Carroll ha parlato proprio di questi aspetti e ha affermato che il forum di Total War era sommerso da commenti “tossici”, soprattutto riguardanti il tema del gioco: la guerra. Carroll ha assegnato a un suo dipendente il compito di entrare nei vari forum ufficiali e moderarli. In quasi una settimana tutti i commenti nocivi per la community stessa sono stati cancellati e gli autori bannati, riuscendo a operare una sorta di auto-moderazione con i rimanenti utenti facinorosi i quali, vedendo i continui ban e le cancellazioni di alcuni thread, hanno deciso di placare gli animi. Così facendo, in meno di sette giorni, la community è stata ripulita in maniera decisiva.
Carroll ha giustamente paragonato le community a una scuola: se l’insegnante non impone delle regole e non punisce chi le trasgredisce si ritroverebbe in una classe immersa nel completo caos, dove tutti fanno quello che vogliono; ma se l’insegnante comincia a far rispettare le regole, punendo i propri alunni, allora la classe si comporterà in maniera più civile, cominciando ad auto-moderarsi.




Arcade VR: un primo passo per la realtà virtuale

La diffusione della tecnologia VR in ambienti domestici sembra andare a rilento. Questo è spiegabile con il fatto che la maggior parte delle case produttrici si è concentrata principalmente sullo sviluppo di contenuti immersivi ad alta fedeltà, e quando si tratta di esperienze “premium” l’ambiente domestico non è l’ideale per le attrezzature e gli accessori che richiedono, che comportano costi di solito sostenuti soltanto dagli appassionati.
I maggiori investitori nella tecnologia VR sono infatti le aziende. Per i fruitori privati, i singoli che vogliono provare la realtà virtuale senza un grosso impegno economico, si sta creando una zona intermedia, degli spazi appositamente dedicati come gli arcade VR.
Secondo Greenlight Insights, le zone di intrattenimento con tecnologia VR raddoppieranno a 1,2 miliardi di dollari quest’anno e cresceranno fino a superare gli 8 miliardi di dollari entro il 2022.

«Ci sono oltre 100 arcade VR negli Stati Uniti solitamente tutti dello stesso formato. Ce ne sono ancora di più al di fuori degli Stati Uniti, e si stima che ce ne siano 4000 in tutto il mondo.»

dice l’amministratore delegato di Virtualities, una sala arcade VR con sede a Salt Lake City, tra le prime che sono sorte negli Stati Uniti, Ryan Burningham.
La scomodità delle apparecchiature e degli accessori per la realtà virtuale in realtà sono fattori secondari rispetto al costo di questi mezzi, motivo principale per il ritardo di questo mercato..
Le zone dedicate alla realtà virtuale stanno diventando popolari perché offrono lo spazio e l’equipaggiamento adatto per l’ esperienza ad un prezzo accessibile. Un po’ come le buone vecchie sale giochi che hanno offerto l’accessibilità ai primi grandi videogame in forma di coin-op, prima dell’avvento delle console domestiche.

Un esempio di fruizione complessa è il simulatore Birdly di SOMNIACS, developer con sede a Zurigo, che permette di sperimentare un’esperienza di volo unica, richiedendo che ci si sdrai in orizzontale con delle specifiche ali meccaniche apposte sulle braccia: si capisce che non risulterebbe molto pratico un apparecchio simile in ambiente domestico. L’enorme numero di altre esperienze VR che verranno create negli anni a venire richiederanno un’enorme fornitura di hardware aggiuntivo, rendendone sconveniente l’acquisto per uso domestico.
Inoltre, varie aziende stanno lavorando allo sviluppo di titoli per gli e-sport in realtà virtuale,  il che richiederà senza dubbio l’allestimento di appositi spazi professionali per il gioco; ad esempio, il team Kynoa, che ha preso spunto dal calciobalilla per realizzare un’esperienza cinematografica, chiamata Koliseum Soccer VR, e ora pianifica nel prossimo futuro l’estensione del gameplay competitivo alla creazione di campionati, partite online e tornei.

«Ci siamo resi conto che i nostri clienti principali volevano sempre tornare a giocare lo stesso tipo di giochi più e più volte, ad esempio Space Pirate Trainer e Zombie Multiplayer, e stimavamo di ottenere circa l’1% di rendimento, ma, al contrario, i tassi erano intorno al 20-30%. Ecco perché ci siamo resi conto che dovevamo fare sul serio con i campionati. Abbiamo tenuto tornei VR per quasi due anni»

ha detto sempre Burningham di Virtualities.

In parallelo, anche Virtualities ha creato il proprio titolo per gli e-sport, Citadel, un gioco di combattimento di fantascienza 5v5 la cui versione alpha è costruita su Unreal Engine, ed è in programma la sua concessione in licenza agli arcade VR di tutto il mondo.
A maggio, è stato annunciata l’apertura di una location a Salt Lake City da 1220 metri quadrati dedicata agli sport VR, dove i giocatori possono competere nelle varietà di esperienze più atletiche, emerse con l’avvento della realtà mista.
Un altro utilizzo della VR sta portando alla diffusione di teatri immersivi, dove creatori di produzioni teatrali, come THE VOID, offrono un’esperienza corposa dove è possibile avventurarsi nel mondo del protagonista, soppiantando la classica esperienza storytelling da cinema, con una versione più storyliving. Ryan Andal, presidente e cofondatore di Secret Location, ha dichiarato al VRLA di maggio di stare ottenendo fino al 40% di spazi occupati rispetto all’11% dell’industria cinematografica tradizionale.
In definitiva, il contenuto VR richiederà sempre più spazio per muoversi, interagire e sentire l’ambiente virtuale circostante, oltre a necessitare di una grande quantità di hardware ausiliario aggiuntivo, e mentre molte categorie di contenuti VR e AR più leggeri saranno senza dubbio adatti all’uso domestico, ci si può aspettare che il prezzo e la modalità d’installazione del materiale necessario per le esperienze di punta non saranno a breve alla portata di tutti, e che quindi le apposite aree VR diventino un punto di riferimento per un po’ di tempo, diventando le nuove sale giochi della nostra epoca.