Fortnite anche su Android, ma non su Google Play Store.

Dopo una lunghissima attesa per i fan, Fortnite sbarcherà nei prossimi giorni anche sui dispositivi Android, ma non nel modo convenzionale che ci si aspettava. Infatti, il client del gioco, quindi il file “.apk” (estensione delle app Android), non sarà presente nello store di Google ma sarà direttamente scaricabile dal sito-web dello sviluppatoreTim Sweeney, CEO della compagnia, in un’intervista condotta da Gamesindustry.biz, ha affermato che questa decisione è legata al fatto di voler creare un legame più profondo con i giocatori ma, in realtà, non è questo l’unico motivo a spingere Epic Games a non appoggiarsi al Play Store: la compagnia lamenta infatti una eccessiva tassazione (30%) di tutti gli introiti prodotti dal gioco. Sweeney spiega che una percentuale di tasse così alta è davvero assurda, considerando che il rimanente, servirebbe giusto per coprire i costi di produzione del gioco.

Epic non è nuova a costi di tale entità, offrendo Fortnite mediante il servizio “direct to customer” (ossia offrendo il loro prodotto ai consumatori direttamente dalla fonte ufficiale e senza intermediari) per PC e Mac sa bene quanto possa essere oneroso il processo di produzione, ma è assolutamente ingiustificabile, spiega il CEO Tim Sweeney, che tasse del genere vengano applicate per un sistema open-source come Android per i servizi che può offrire. Oltretutto Epic conosce bene il mondo degli store digitali offrendo lo stesso servizio con l’Unreal Engine Marketplace per il quale oltretutto, grazie al successo di Fortnite, hanno potuto addirittura ridurre i costi fino al 12% per i nuovi developer che si appoggeranno al loro store, oltre che per tutti gli sviluppatori storici già presenti nel mercato di Unreal Engine. Sweeney pone l’accento anche sull’importanza degli store digitali, che con l’avanzare della tecnologia, della digitalizzazione dell’intrattenimento e l’espansione di internet, con molta probabilità in futuro, non saranno più necessari mediatori o negozi fisici per poter vendere o promuovere il proprio prodotto.
Sweeney non mette in discussione la bontà delle piattaforme mobili Google e Apple, è certo del fatto che loro sfruttino gli sviluppatori per i loro guadagni con percentuali molto alte, ma almeno è lieto del fatto che Google, in quanto open-source, quantomeno offra una soluzione alternativa, ossia quella di poter installare software di terze parti, in questo caso Epic Games.

Di certo è probabile che per i più giovani o per i meno esperti, potrebbe risultare più difficile trovare l’app di Fortnite non apparendo direttamente sul Google Play Store, ma il CEO di Epic assicura che verrà fatto in modo che questa mancanza non intacchi l’ascesa del gioco anche su questa nuova piattaforma: inoltre, assicura Sweeney, che il gioco sarà lo stesso presente su PC, Mac e iOS, sottolineando sempre l’importanza del cross-platform per il multiplayer. Fortnite ha visto un grosso aumento di utenti quando il gioco è stato rilasciato per gli utenti iOS e si spera una risposta altrettanto rilevante anche dagli utenti Android.

Fortnite sarà giocabile su dispositivi di fascia alta, su una stima di circa 2.5 miliardi di dispositivi Android nel mondo, almeno 250 milioni potranno giocarci senza problemi. Questo ovviamente è un dato temporaneo che nel tempo si evolverà in positivo. Al momento Fortnite sta spopolando grazie soprattutto alla modalità free-to-play Battle Royale, con previsioni che indicano circa 2 miliardi di dollari in acquisti in app per i futuri utenti Android solo nel corso dell’anno di lancio, denaro che va direttamente alle casse di Epic Games che, nel frattempo, cresce esponenzialmente acquisendo un valore di mercato pari a circa 8 miliardi di dollari.




Achievement: motivano o frustrano?

Nel mondo dei videogiochi esistono due tipi di player: quelli che vogliono completare solamente la storia di un gioco e i cosiddetti “achievement hunter“, coloro che cercano in tutti i modi di completare al 100% un titolo al fine di sbloccarne tutti gli obbiettivi.
Ma da quando esistono gli achievement?
Per rispondere a questa domanda bisogna fare un tuffo nel passato e ritornare al lontano 1982, quando Activision decise di premiare i migliori punteggi con delle toppe, spedite a costo zero ai vincitori. Una bella iniziativa per l’epoca che ha portato molti giocatori a sfidare le proprie abilità per riuscire a battere il record. Purtroppo questa decisione ebbe vita breve, cessando di esistere, all’interno delle nuove uscite Activision, dopo un solo anno, nel 1983.
Nel nuovo millennio, con le nuove tecnologie, Microsoft  ha iniziato a implementare gli obiettivi nella sua console, iniziando l’era degli Achievement. Passeranno solamente un paio di anni prima che anche Valve faccia la stessa cosa, e l’anno successivo toccherà anche a Sony.
Al giorno d’oggi quasi tutti i giochi hanno degli obiettivi da completare per sbloccare una ricompensa, che potrebbe essere un trofeo, nel caso di Sony, o un punteggio, nel caso di Microsoft, persino i giochi mobile hanno degli achievement da sbloccare.

Ma tutto questo motiva i giocatori? Certo che sì: ricevere un premio per aver completato il gioco è sempre gratificante e, per la maggior parte dei giocatori, è come una sfida da dover superare per mostrare le proprie capacità, per sfoggiare quel trofeo tanto desiderato da tutti.
A oggi esistono moltissimi obiettivi, da quelli più semplici e facilmente ottenibili a quelli più complessi che richiederanno molto più tempo e concentrazione. Si va da quegli achievement basilari, che per essere sbloccarli basta solamente completare la storia, seguire un tutorial, fino ad arrivare a quegli obiettivi che hanno bisogno di una specifica difficoltà, di ottenere determinati oggetti o, ancora, di completare delle specifiche quest.
Gli obiettivi che riguardano la storia sono i più semplici da ottenere, ma gli altri saranno una vera sfida per chiunque voglia completarli. Molti achievement richiedono delle determinate abilità, che ogni giocatore dovrà sviluppare, come una sconfiggere un nemico con una combo d’attacco, l’uccisione di un boss con una determinata arma e, come in Kingdom Hearts I, completare il gioco senza cambiare equipaggiamento o completarlo in meno di 15 ore. Tutti obiettivi molto difficili, ma non impossibili. Purtroppo non esistono sono solamente questi tipi di trofei, in alcuni giochi: infatti, gli obiettivi disponibili fanno riferimento a scelte da compiere, capaci di intaccarne la narrazione – come se in Life is Strange ti imponessero di fare una determinata scelta, anche se questa avrà delle conseguenze all’interno del mondo di gioco –. Degli obiettivi, dunque, che mettono in difficoltà il giocatore, non facendogli godere appieno la propria avventura.
Ogni trofeo, obiettivo, achievement, qualsiasi sia il suo nome, offre un appagamento personale, il superamento di un livello, la sconfitta di un boss segreto o qualsiasi altra cosa motiva il giocatore, lo sprona a scoprire e giocare al 100% il titolo. Inoltre, per invogliare i giocatori Sony, ha da poco inaugurato un sistema tutto nuovo per l’ottenimento dei trofei, i quali forniranno una somma di denaro in base al punteggio ottenuto.
Ma purtroppo esiste anche un lato negativo degli achievement: molte software house implementato degli obiettivi solamente per rendere il gioco più lungo, magari riguardanti solamente alcune missioni secondarie o l’ottenimento di oggetti collezionabili.
Se Sony riuscisse a implementare questo nuovo sistema in tutto il mondo, riuscirebbe ad attirare più “achievement hunter” e allo stesso tempo molti titoli verrebbero giocati per mesi, anche dopo il loro completamento. Sicuramente una strada percorribile anche dalla concorrenza.




Dealer’s Life

«Ogni articolo qui ha una storia, e un prezzo. E se c’è una cosa che ho imparato in ventun anni è che non sai mai cosa entrerà da quella porta.»
Questa è l’introduzione di Affari di Famiglia, noto programma televisivo sul banco dei pegni gestito da Rick Harrison. E quale incipit migliore per descrivervi Dealer’s Life, opera prima dei ragazzi italiani di Abyte Entertainment uscita a fine marzo sui sistemi Android.

Il gioco è un tycoon game dove ci troveremo a gestire un negozio dell’usato, alla ricerca di oggetti di valore da comprare, per poi rivenderli a un prezzo maggiorato così da generare un profitto. Ma gli inizi sono difficili per tutti: quindi, partiremo dalla zona meno raccomandabile della città e con una fama praticamente inesistente. Saranno le nostre abilità a fare la differenza, in primo luogo, la contrattazione, vero fulcro di ogni bravo venditore che si rispetti: come ci insegna Les Gold, bisogna giocare al ribasso, comprando a un prezzo inferiore rispetto a quello proposto, per poi rivendere, a un prezzo maggiorato, l’oggetto al cliente. Magari facendo anche la faccia tosta di dire «…e ci sto rimettendo!»

Dealer’s Life offre degli elementi RPG, come le quattro skill del nostro personaggio: competenza, che ci aiuta a dare una stima più precisa per i vari oggetti da vendere o acquistare, carisma, fondamentale per la riuscita di una contrattazione, intuito, che ci aiuterà con la personalità dei clienti e nel riconoscimento degli oggetti contraffatti, e fortuna. A proposito degli oggetti contraffatti, bisogna fare attenzione nel venderli o produrli tramite il falsario, pena un durissimo colpo alla nostra reputazione e ai nostri affari!
In base alla grandezza del nostro negozio, avremo anche la possibilità di allargare il nostro team formato da vari impiegati, come l’esperto (dalle fattezze simili a quelle di Les Gold), fondamentale per dare una stima corretta degli oggetti e per aiutarci a scovare eventuali falsi, il lavacervelli (ovvero l’Agente J di Men in Black), che può darci una seconda chance con i clienti, magari dopo una conversazione spinosa o una trattativa finita male, il restauratore (qui viene citato Rick Dale, protagonista dello show televisivo Missione Restauro), che può migliorare le condizioni dei nostri oggetti in vendita, oppure i vari fortunelli, analisti, profiler e commessi, che aggiungono punti in più alle nostre abilità.

Il titolo presenta anche degli elementi procedurali, come eventi casuali positivi o negativi, regolati in base al nostro grado di fortuna, nonché quest legate ad alcuni personaggi centrali, come il nostro rivale, che non mancherà di sfidarci in continuazione, o l’arrivo di un personaggio della malavita locale che ci chiederà il pizzo: in quel caso starà a noi decidere se accettare la sua “protezione” o rifiutare.
Graficamente parlando, il gioco è modellato sul motore Unity, in grado di girare senza problemi anche su hardware poco potenti. Il design generale è caratterizzato al punto giusto, con una nota a margine per il tratto dei vari personaggi, che, personalmente, ricordano un vecchio cult nostrano dei tempi che furono: Tabboz Simulator. I clienti che si avvicendano nel nostro negozio sembrano quasi l’evoluzione dei tabbozzi e dei metallari del glorioso titolo freeware dei primi anni 2000.

Sul piano del gameplay, la sfida offerta è tanto semplice quanto appassionante: il gioco della domanda e dell’offerta è ben spiegato, grazie anche alle numerose finestre d’aiuto attivabili e disattivabili in ogni momento. Dovremo stare attenti a non sforare con il nostro budget, magari attirati dalla possibilità di guadagno che un negozio di lusso può darci: in caso di eccessive perdite di denaro, verremo prima salvati dalla banca, che ci donerà un budget d’emergenza, mentre se andremo in rosso una seconda volta, sarà game over definitivo.
Il sonoro è ben fatto, magari non spicca tra le qualità migliori del titolo, ma svolge bene il suo compito: la musica di sottofondo, in stile funky, si sposa bene con l’atmosfera scanzonata di Dealer’s Life, e alcuni effetti sonori sono ben azzeccati.
Sotto il profilo della longevità, ci troviamo di fronte a uno di quei titoli capaci di farci dire “un’altra giornata di lavoro e poi smetto”, mentre invece faremo nottata a furia di guadagnare denaro. Ma, a parte sessioni di gioco intense, Dealer’s Life si presta bene anche a sessioni brevi, per esempio, sui mezzi pubblici o nelle pause pranzo.

In conclusione, l’opera prima di Abyte Entertainment appartiene alla categoria degli oggetti vintage che trovi nel soffitto di casa, e che, dopo un’attenta valutazione di un esperto, si scoprono essere delle gemme nascoste. Il design che colpisce dritto al punto, unito a un gameplay semplice ma appassionante, e alle molteplici citazioni pop di oggetti e personaggi, rende Dealer’s Life una vera e propria sorpresa.
Trovate il gioco su Play Store in due versioni: la Lite, gratis ma con pubblicità al suo interno, e Premium, a pagamento, ma senza pubblicità e con la possibilità di giocare offline e di ottenere un negozio di lusso in esclusiva per la versione.




Steam abilita il modulo Bluetooth per lo Steam Controller

Come annunciato settimana scorsa, è in uscita, in versione beta, la Steam Link App, che permette di fare uno streaming dei propri giochi da PC a uno smartphone o tablet. Steam per preparare l’uscità di questa app ha attivato il modulo Bluetooth Low Energy sullo Steam Controller tramite un’update del firmware: con questa funzionalità si potrà usare il proprio controller su qualsiasi dispositivo Android o iOS. Per chi possiede uno Steam Controller e vorrà utilizzare la funzione di streaming da PC al proprio dispositivo mobile, troverà sicuramente molto utile questa notizia.




Annunciato il nuovo torneo mobile gaming di Amazon

Amazon ha annunciato il Mobile Masters 2018, che inizierà Sabato 23 Giugno e si concluderà Domenica 24 dello stesso mese. La competizione sarà aperta non solo ai giocatori professionisti, ma anche ai casual gamer, i quali si sfideranno tramite i propri smartphone. Amazon ha inoltre rivelato quali saranno i giochi ai quali si sfideranno i partecipanti: Critical OpsPower Rangers: Legacy Wars, Survival Arena, e World of Tanks Blitz.
Il premio ammonta a un totale di 100.000$, che saranno divisi equamente tra i vincitori.
I giocatori che vorranno qualificarsi al Mobile Masters 2018 e competeranno in Power Rangers: Legacy Wars, possono partecipare al torneo di qualificazione che si terrà dal 5 al 13 maggio mentre, i giocatori di Survival Arena invece, possono partecipare alle qualificazioni tra il 14 e il 21 maggio.
Una volta concluse le qualificazioni, Amazon annuncerà i partecipanti al Mobile Masters.




Limbo

Il Limbo: un luogo senza pena e senza beatitudine divina, nella concezione dantesca; un vero e proprio Inferno per il protagonista dell’omonimo gioco.
Limbo è un puzzle-platform in 2D firmato Playdead, uscito per la prima volta nel 2010 per Xbox 360, per poi arrivare su PS3, PS4, Xbox One, PC, iOS e da un paio d’anni anche su smartphone e tablet Android. Tirare in ballo Dante non risulta una forzatura, molte sono le similitudini tra le ambientazioni della Divina Commedia e Limbo. A partire dal primo mezzo utilizzato dal nostro protagonista, un’imbarcazione che ricorda quella di Caronte, il traghettatore di anime che conduce Dante e Virgilio nel Limbo, fino alla presenza di soli bambini, probabilmente morti prima di ricevere il battesimo; lo stesso titolo, Limbo, fa riferimento al primo cerchio dell’Inferno e quindi richiama alla memoria direttamente l’opera dantesca. L’approccio al mondo di Limbo è alquanto diretto, e a tratti spiazzante: non ci sono introduzioni che spieghino perché il protagonista si trovi in quell’inquietante mondo in bianco e nero, nel quale si sveglia confuso, disorientato, spaventato, senza alcun preambolo. L’unica cosa che possiamo fare è accompagnarlo in questo viaggio, sperando che quest’incubo finisca presto. Il gioco non presenta alcuna narrazione esplicita, l’unico accenno alla trama lo troviamo nella descrizione del gioco presente in alcuni store: «Incerto del fato della sorella, un ragazzo entra nel LIMBO.» E in effetti nel corso del gioco si incontrerà presto una figura femminile, di cui andremo alla ricerca sino alla fine, muovendoci in un ambiente buio e ostile.

Ogni area è disseminata di trappole e ostacoli, dalle semplici buche iniziali da saltare sino a seghe circolari e complessi macchinari con i quali bisognerà giocare con la gravità per poter andare avanti, passando per alcuni personaggi come bambini armati di frecce e sassi e un minaccioso ragno gigante. Se da un lato il titolo gode di puzzle ben congegnati e di un level design studiato ad arte, quel che fa la differenza in termini di gameplay sta probabilmente in un attento studio della fisica, che induce il giocatore a essere quanto più preciso nell’affrontare determinate fasi di gioco, grazie anche all’engine Box2D, che risulta estremamente efficace allo scopo, e a un’architettura dei rompicapo che non risulta mai frustrante nonostante si basi su un meccanismo “die and try”: alla prima run sarà inevitabile infatti fallire un bel po’ di volte, ma si avrà la soddisfazione di superare anche le zone più difficili una volta fatte proprie le dinamiche e le tempistiche del relativo rompicapo. Limbo non presenta dei livelli o delle pause tra un’ambientazione e l’altra, ma è completamente lineare e il cambio di ambientazione non risulta mai forzato.

Dopo la pubblicazione di Limbo, sono nate diverse teorie sulla trama: c’è chi pensa che il protagonista sia morto e che abbia qualche “conto in sospeso”, rappresentato dalla figura della sorella, chi che entrambi i fratelli siano morti e che lui stia semplicemente cercando di ricongiungersi alla sorella, chi addirittura ipotizza che il mondo di Limbo sia stato creato dalla mente di un bambino che ha subito abusi o traumi. Gli sviluppatori non hanno rilasciato alcuna interpretazione ufficiale, e questi misteri rendono ancora più interessante un gioco che risulta in ogni suo aspetto suggestivo.
Ad amplificare la componente arcana del titolo c’è anche un comparto grafico che porta in scena un mondo di ombre interamente in bianco e nero con sfumature di grigio nel quale tutto appare rarefatto e indecifrabile: neanche il nostro protagonista ha un volto, risultando una mera sagoma vagante in un universo ostile. Nonostante l’uso dei colori risulti dunque estremamente essenziale, non si ha mai un senso di monotonia o di ripetitività, giovandosi di un art style accattivante e con ambienti eterogenei, da fitte foreste nere a fabbriche tetra passando per luminose insegne di Hotel.

Il comparto sonoro fa certamente il paio con quanto detto sinora: non troviamo alcuna pomposa o elaborata soundtrack, l’audio è essenziale ma efficace, basato su ronzii, scricchiolii, rumori ambientali e altri particolari che possono essere goduti al meglio giocando con dei buoni headset alle orecchie. Il principale difetto di Limbo risiede forse in una non sempre lineare armonia nella successione dei puzzle, che si fanno improvvisamente più complessi rispetto ai precedenti in certi punti (specie nella parte centrale); alcuni hanno visto anche dei difetti nella scarsa longevità e nella mancanza di una vera e propria trama, che sono però in realtà due tratti coerenti con le intenzioni dello sviluppatore: se da un lato, infatti, 4 o 5 ore di gioco risultano congrue in un titolo indipendente e zeppo di puzzle sfidanti, dall’altro la scelta di lasciare implicita una storia consente maggior spazio all’interpretazione dei giocatori e accresce il livello di suggestività dell’opera.
Con un’ambientazione accattivante e un sonoro minimale ma ricercato che si amalgamano benissimo in un’atmosfera inquietante e sinistra, Limbo è un titolo che unisce divertimento, ritmo e un buon livello di sfida, risultando uno dei migliori puzzle game degli ultimi anni, superato – fra i pochi – dal suo successore spirituale, l’acclamato Inside che, nella sua bellezza, serba un profondo debito nei confronti del titolo precedente.




Chuchel

Da Amanita Design, lo studio ceco che ci ha portato capolavori come Machinarium e Botanicula, arriva Chuchel, una nuova sorprendente avventura grafica (genere che ha da sempre contraddistinto questo developer) dai toni bizzarri ma incredibilmente fantasiosi e coloratissimi; non a caso, il titolo ha vinto il premio “Excellence in Visual Art” al Indipendent Games Festival (meritatissimo, secondo noi), ed è solo l’ennesimo premio simile vinto dallo studio. I giochi di Amanita Design sono sempre curati fin nell’ultimo dettaglio e questo nuovo titolo non è da meno: che sia su PC, Mac, iOS o Android garantisce un gameplay ricco e pieno di risate.

Un tipetto molto particolare

Chuchel è un simpatico pallino nero con una certa affinità con le ciliegie; farebbe di tutto pur di averne una, ma spesso un topino fucsia di nome Kekel e una misteriosa manona pelosa giocano degli scherzetti al nostro bizzarro personaggio e così dovremosempre escogitare qualcosa per raggiungere la nostra ambita ciliegia. Verremo posizionati in scenari in cui spesso ci saranno personaggi e oggetti con i quali potremo interagire; la natura del gioco è quella del punta e clicca, ed è dunque superfluo elencare quali azioni potremo svolgere con i singoli elementi dello scenario; vi basterà solo sapere che spesso e volentieri il nostro Chuchel farà sempre qualcosa di divertente o di adorabilmente ridicolo. Gli scenari sono spesso composti da una sola schermata e i singoli elementi non saranno mai tantissimi ma ciò non significa che i puzzle da risolvere saranno semplici; la soluzione non arriva mai a primo acchito, ci toccherà riprovare più e più volte determinate azioni, sempre con risvolti spesso esilaranti; ci sono poi dei livelli in cui non ci saranno dei veri e propri enigmi ma offriranno al giocatore un divertente intermezzo con il quale poter interagire e dunque avere sempre una scenetta, più o meno personale, fra un livello e l’altro. Le soluzioni dei puzzle non sono mai chiarissime e perciò i game designer hanno pensato bene di inserire alcuni indizi qualora il giocatore si trovi in difficoltà in alcuni punti dall’avventura: il primo ci verrà dato sin da subito, un altro arriverà quando saremo visibilmente in difficoltà e questo sarà un pochettino più ovvio del precedente. Capiterà anche, rimanendo in tema di indizi, che quando cliccheremo su una delle apposite icone, Chuchel comincerà a farfugliarci la soluzione, facendoci sentire, a modo suo (visto che non parla la nostra lingua), dei veri incapaci!
È un titolo che sorprende di continuo e tante volte le meccaniche del gioco cambieranno senza un minimo di preavviso: da un momento all’altro potremo passare da semplici schermate statiche a una planata a bordo di un uccellino evitando ostacoli à la Flappy Bird, ci troveremo a combattere con dei robot giganti, a leccare strani funghi allucinogeni e ad aver a che fare con strambe allucinazioni oppure in un labirinto a mangiare ciliegie insieme a nientepopodimeno che Pac Man!
Al di là di tutto, è sempre il contesto generale a essere imprevedibile: le interazioni con Chuchel o con qualche elemento ambientale sono sempre assurde e, quasi sempre, questo titolo riuscirà a farci ridere e a risollevare il nostro umore, un po’ come avviene quando si guarda un cartone animato con poca logica! Il nostro personaggio infatti è spesso prolisso, esagerato e le lunghe animazioni, cliccando su un elemento dello schermo, servono proprio a sottolineare il brio che il gioco vuole trasmettere. Il gameplay in un certo senso, al di là dei semplici click o di un cambio di meccanica improvviso, potrebbe sembrare un po’ povero ma il titolo ci sorprenderà sempre proprio quando meno ce lo aspettiamo e sempre con risultati spettacolari.

Estasi sensoriale

Chuchel presenta uno stile veramente personale e ogni animazione è veramente curata fotogramma per fotogramma; dire che il solo guardare una schermata del gioco, anche senza far nulla, è un piacere per gli occhi non è un’esagerazione. Alcuni potrebbero lamentarsi del fatto che le animazioni, quando viene triggerata un’azione, non sono skippabili, ma guardare Chuchel risolvere i puzzle “a modo suo” è sempre un piacere da vedere, giocare a questo titolo non è molto diverso dal guardare un bel cartone animato. Descrivere il suo stile grafico non è facile, anche se è chiaro l’intendo di rievocare, a larghe linee, i disegni infantili, e dunque si ritrovano molti tratti in acquerello, a tempera/acrilico e anche a matita, sempre in una maniera imprecisa ma estrosa. È molto difficile dunque accostare un simile art-style a uno già esistente per via della sua unicità e singolarità; potrebbe a tratti ricordare qualcosa come Adventure Time, Gumball o Salad Fingers (se fosse privo di toni macabri e contorti) ma neppure questi esempi sono in grado di descrivere la spettacolare presentazione di questo titolo. Se vi portate a casa la Cherry Edition su Steam otterrete, insieme al gioco, anche l’art book in PDF e la colonna sonora del titolo; inutile dire che questo booklet, composto da ben 89 pagine, è curatissimo e rappresenta davvero un esperienza aggiuntiva perché le illustrazioni al suo interno sono semplicemente fantastiche e il suo acquisto (5€ in più rispetto alla versione base) vale davvero i soldi spesi.
Per accompagnare questo capolavoro di arte visiva c’è un comparto sonoro semplicemente eccezionale; questo è affidato interamente alla band DVA che dunque non ha soltanto composto la soundtrack, che presenta uno stile che si rifà sia alla musica elettronica che a uno strano folk (più precisamente un Freak Folk) e segue spesso l’azione dello schermo come una Silly Symphony, ma hanno anche prodotto tutto l’assetto degli effetti sonori che, probabilmente, è ciò che potrebbe colpire di più il giocatore. Come già accennato in precedenza, “niente è come sembra” e dunque, se ci aspettiamo un “cip” di un uccellino, sentiremo sempre un suono strambo, prodotto spesso sia coi sintetizzatori sia, talvolta, anche a voce! Se utilizzerete le cuffie riuscirete a notare che alcuni effetti sonori, come un’esplosione, un volo o il sibilare di un serpente, sono stati riprodotti con un buffissimo suono fatto a voce, e questo è davvero un tocco di classe!

La ciliegina sulla torta

Chuchel è un gioco davvero spettacolare, che inebrierà i vostri occhi e le vostre orecchie ma, soprattutto, vi farà ridere e vi cambierà le giornate. L’opera attinge molto dai classici del genere, ma è comunque molto accessibile ed è un ottimo titolo sia per chi si vuole aprire verso questo genere e sia per i veterani, anche solo per poter godere dello stupendo art-style e della sua fantastica presentazione. Unica pecca è forse la sua scarsa longevità: i giocatori più esperti potrebbero completarlo in poco tempo e i pochi achievement paralleli non sembrano essere un grosso incentivo per continuare a giocare a questo gioco.
Ci sentiamo dunque di consigliare Chuchel soprattutto ai neofiti del genere che vogliono addentrarsi nel mondo delle avventure grafiche oppure agli estimatori della Amanita Design; questo è solo uno dei spettacolari giochi dello studio ceco e potrebbe costituire un ottimo punto di partenza per conoscere la loro realtà fatta primariamente da giochi simili, per poi recuperare i succitati titoli precendenti.
Il prezzo di Chuchel su Steam non è per niente proibitivo e per 9.99€, o 14.99€ se avete intenzione di guardare l’artbook e ascoltare la colonna sonora (credeteci, sono veramente fantastici), aggiungerete alla vostra libreria un piccolo grande capolavoro fatto di puzzle intriganti, personaggi strambi e suoni buffi! Provare per credere!




Puzzle Fighter

Chi l’ha detto che i migliori developer lasciano al mercato mobile solo le briciole? Dalle abilissime mani di Capcom arriva Puzzle Fighter per iOS e Android, una nuova versione del popolare puzzle game competitivo Super Puzzle Fighter II Turbo lanciato nel 1996 per Arcade, Sony Playstation e Sega Saturn; questo nuovo titolo prende decisamente le mosse dal succitato gioco quello che mise le basi tanto tempo fa, al qualesono state aggiunte un tante nuove meccaniche, elementi RPG e, da buon titolo mobile, anche le microtransazioni. Come lo fu il suo predecessore (che uscì più in avanti anche su Xbox 360 e Playstation 3 in versione HD Remix), anche questo è una frizzante festa a tema Capcom e la lista degli invitati vede personaggi che vanno dalla saga di Street Fighter, a Darkstalkers, per finire con Dead Rising, Mega Man, Devil May Cry, Ace Attorney e persino Viewtiful Joe! Diamo uno sguardo a questo unico puzzle game che mischia gemme colorate e botte da orbi!

Ti spiezzo (le gemme) in due!

Il gioco ci mette sempre di fronte a un avversario, che sia un AI o un giocatore online, e il nostro obiettivo è mandarlo al tappeto. Per sferrare i colpi bisogna disporre le gemme colorate, che cadranno dall’alto come in Tetris, in quadrati o rettangoli, evitando il più possibile di lasciare spazi incompleti, per poi farle esplodere con le gemme crash (una sorta di “bomba” per ogni specifico colore) e sgomberare il nostro campo di battaglia; più è grande il nostro agglomerato, che si unirà in un’unica più grande gemma power, più forte sarà il nostro colpo, e lo sarà ancora di più se riusciremo a fare esplodere a catena un’altra serie di gemme di un altro colore. I nostri colpi, come in un fighting game che si rispetti, non solo produrranno un danno nella barra d’energia avversaria, ma riempiranno il campo avversario di gemme timer (sorta di gemme fantoccio che diventeranno delle normali gemme solo dopo un conto alla rovescia); inoltre, ogni volta che faremo esplodere delle gemme, avremo la possibilità di riempire una nostra barra speciale che, una volta pronta, ci permetterà di eseguire un super attacco che arrecherà al nostro avversario un grossissimo danno (anche se non verrà inviata alcuna gemma timer).
L’obiettivo del vecchio titolo era semplicemente quello di riempire il campo avversario di gemme timer al punto da otturare l’ingresso per le nuove gemme; qui invece hanno decisamente voluto dare molta più importanza all’aspetto “Fighter” nel titolo. Se sulle vecchie console casalinghe dovevamo semplicemente scegliere un personaggio in base al pattern del contrattacco (legato appunto alle gemme timer) qui invece vengono date al giocatore molte più possibilità di personalizzare il proprio stile di gioco; ogni combattente, che potrà essere affiancato da altri due personaggi, avrà un’affinità con un colore specifico e ciò significa che, se fatto esplodere, produrrà più danno rispetto agli altri colori (che sono quattro in tutto); se uno o due personaggi di supporto avranno lo stesso colore affine allora i danni, sempre per gli agglomerati di quelle particolari gemme, saranno davvero semi-irreparabili.
C’è dunque molta preparazione prima della battaglia vera e propria ma dovremo forse dedicare ancora più tempo a potenziare i personaggi. Al termine di ogni battaglia vinta, online o single player, otterremo in premio delle carte per le mosse speciali (come i più classici Hadouken o uno Psycho Crusher) con le quali potenziare i nostri personaggi preferiti e aumentare i nostri punti esperienza; raggiunto un certo numero di carte ci toccherà comunque pagare una determinata somma per rendere effettivo il potenziamento della singola mossa e, rendendo effettivi anche l’aggiunta dei punti esperienza al profilo del personaggio, potremo anche salire di livello. Ogni combattente ha, in totale, 5 carte ma, durante le battaglie, potrà equipaggiare solamente due di queste e starà dunque a noi scegliere quali: se favorire un danno maggiore a un particolare effetto (come il prolungamento del countdown delle gemme timer), se scegliere una carta rara e potente a una più comune ma potenziata… le possibilità sono molteplici e in questo il gioco stupisce non poco.

Modernità o Tradizione?

Il landscape videoludico è cambiato radicalmente da quel lontano e più spensierato 1996; stiamo ovviamente parlando delle solite odiose loot box e le microtransazioni. I premi che otterremo a fine battaglia saranno solitamente monete, gemme (la seconda valuta, come tipico dei giochi mobile) e qualche carta, rara o comune, per le mosse speciali; ci saranno poi alcune volte, ad esempio durante alcuni eventi o in occasione di alcuni obiettivi soddisfatti, in cui otterremo dei forzieri con dentro oggetti ancora più pregiati come skin alternative per il roster che abbiamo sbloccato finora o la carta di un nuovo personaggio. Dovrebbe essere un evento gioioso ma lo sarà solamente se il nuovo personaggio avrà la stessa affinità dei combattenti che solitamente utilizziamo; la scelta più saggia sarà quella di mettere da parte quel personaggio in attesa di ottenerne almeno un altro con il suo stesso colore affine. Tuttavia le loot box più comuni saranno spesso indirizzate a quel nuovo personaggio, e dunque ottenere le carte che ci servono per potenziare i nostri combattenti abituali, per sconfiggere se non altro gli avversari che si fanno sempre più forti della modalità online, sarà sempre più difficile.
Il nostro account avrà dei punti reputazione che ci sistemeranno in una determinata lega (bronzo, argento, oro, e così via) dunque il matchmaking, per le battaglie in rete, è sempre ben equilibrato; a ogni modo, si arriverà sempre al punto di potenziamento dei personaggi più nuovi che il gioco vorrà, perciò finiremo in una sorta di limbo in cui non potremo né potenziare i nostri personaggi abituali (in quanto l’outcome casuale dei premi li ignorerà quasi del tutto), né vorremo usare quelli nuovi perché sono troppo deboli rispetto al rango della lega e potremmo non avere il supporto della stessa affinità. A questo punto avremo due semplici alternative: o continuare a brancolare nel buio, in attesa delle giuste carte, o cedere alle tentazioni delle microtransazioni.
L’in-game shop ci permetterà di comprare carte, forzieri e valute; potremo barattare le già citate gemme con le monete che ci servono principalmente per le carte (sia per acqustarle dal negozio che per potenziarle) ma per comprare i due restanti elementi nello shop ci serviranno le prime. Se il giocatore non vorrà combattere centinaia di battaglie per ottenere le gemme, potrà acquistarle a manciate con i  soldi veri e sudati (ma i bravi gamer di ogni età graviteranno via da questi moderni artifizi)! Inoltre, da buon mobile game che si rispetti, la nostra routine videoludica sarà sempre limitata: ogni circa 6-8 ore si aggiorneranno sia le 3 battaglie contro il computer, che serviranno per ottenere dei punti missione che ci faranno ottenere, di tanto in tanto, determinate loot box rare, e i 6 premi per le battaglie online, che potremo continuare anche una volta terminati i premi solamente per ottenere qualche spicciolo e punti reputazione.
Se vogliamo rinfrescare i premi online e le sfide contro il computer ci toccherà cedere delle gemme e, come abbiamo già scritto, sono sempre più difficili da ottenere.

Kawaii o Kě’ài ?

Il gioco si presenta bene, la grafica presenta uno stile sul cel shading con un art style chibi (le cui caratteristiche, prettamente nipponiche, sono i piccoli corpi e le grandi teste) ben curato; tuttavia l’aspetto generale del gioco sembra un po’ low cost e dozzinale. A primo acchito potrebbe sembrare che la nota compagnia giapponese possa aver commissionato il titolo a qualche sviluppatore cinese, uno di quelli che abbia molta esperienza nel mercato mobile, ma così non è: il gioco è stato sviluppato e distribuito direttamente da Capcom. Ci si chiede dunque come mai uno sviluppatore di rango si sia limitati così tanto nel comparto grafico e presenti, dunque, un gioco che sembra sviluppato con un budget molto ocntenuto; forse si sarebbe potuto fare molto di più ma, chissà, probabilmente si è scelto questo stile per porsi meglio al sempre più grande mercato videoludico asiatico (cinese in primis). Ad ogni modo, le arene e l’atmosfera generale sanno di Capcom, i rimandi ai singoli giochi sono ben riconoscibili ed è tutto molto grazioso. Allo stesso modo i temi musicali risultano ben composti e molto curati: ci sono tanti rifacimenti dei temi più familiari nonché tanti nuovi temi composti per questo gioco. Lo stile musicale si mantiene per lo più sull’elettronica ma ci sono tanti pezzi che si affacciano al metal che potrebbero piacere molto ai fan dei Dream Theater, Symphony X o Ayreon; mettete gli auricolari e godetevi lo spettacolo!

Una gemma è per sempre

In definitiva, Puzzle Fighter è nel complesso davvero un bel gioco: la base è rimasta più o meno la stessa dell’originale, e le aggiunte portano questo titolo verso una più nuova e moderna dimensione. Il gioco è molto supportato, l’utenza è molto attiva e gli sviluppatori rilasciano spesso aggiornamenti con nuovi personaggi, eventi speciali o semplicemente per curare qualche piccolo errore nella programmazione.
Tuttavia, così come la modernità porta cose belle, ne porta anche di meno apprezzabili: le microtransazioni, la doppia valuta, le loot box, l’outcome random e questo “controllo della routine videoludica” sono sempre cose che fanno storcere il gioco ai giocatori di vecchia data e ai puristi. Gli stessi, però, specialmente quelli che hanno amato Super Puzzle Fighter II Turbo, potranno almeno finalmente apprezzare la convenienza di giocarlo sul proprio smartphone in ogni luogo; Puzzle Fighter è un gioco che può piacere sia alle persone che viaggiano spesso, e hanno dunque poco tempo per giocare ai videogiochi, sia ai giocatori più assidui in cerca di sfide sempre più avvincenti. Ci sentiamo però di dire (e questo è un personalissimo parere di chi scrive) che questo nuovo titolo non è da considerarsi migliore dell’originale: le tante nuove aggiunte migliorano certamente il gameplay, però ciò che rendeva Super Puzzle Fighter II Turbo eccezionale era proprio la sua semplicità e la sua accessibilità. Il sistema del colore affine, per quanto interessante possa sembrare, può allontanare gli utenti un po’ più casual e rallentare l’andamento di un gioco abbastanza frenetico, portando il giocatore a dare spesso la precedenza al suo colore e a mettere in secondo piano, in un certo senso, gli altri tre; inoltre le aggiunte RPG sono molto belle e donano indubbiamente molta profondità al titolo ma ciò può essere forse un po’ fuori contesto per un puzzle game come questo.
Troverete Puzzle Fighter gratuitamente sia nell’App Store che nel Play Store e vi consigliamo tantissimo di scaricarlo e provarlo; tuttavia vi consigliamo anche di dare uno sguardo o provare (se ci riuscite) l’originale su Playstation e Saturn o PS3 e Xbox 360 in veste HD Remix, giusto per avere anche voi una visione d’insieme più completa e un giudizio più fermo.




Il CEO di Critical Force spiega l’importanza del “community building”

Quando Critical Force iniziò a sviluppare il suo secondo gioco, gli eSport non facevano parte dei loro piani. Tre anni dopo, lo studio finlandese ha trasformato Critical Ops nel più credibile FPS su mobile. Secondo Veli-Pekka Piirainen, fondatore e CEO di Critical Force nel 2012, la chiave della sua crescita è stata la pazienza. Rispondendo a GamesIndustry.biz alla conferenza Slush di Helsinki, Piirainen ha spiegato che l’obiettivo iniziale era semplicemente quello di creare un FPS migliore rispetto al primo rilasciato dalla società, Critical Strike, che aveva avuto un discreto successo in termini di download, se non di monetizzazione. A quel punto, all’inizio del 2014, l’attuale boom degli eSport era ancora nelle fasi iniziali e l’idea di farne parte con un gioco mobile non aveva sfiorato la compagnia.

«Alla fine del 2014 abbiamo letto di Vainglory dei Super Evil Megacorp. Abbiamo capito subito che era la strada da percorrere, anche perché il nostro gioco era perfetto per gli eSport su dispositivi mobile. Completamente competitivo e senza meccanismi pay-to-win che altri giochi avevano».

Il primo torneo ufficiale di Critical Ops ha avuto luogo nel 2016, con circa 60 squadre in competizione. Due anni possono sembrare un lungo periodo tra il rilascio di un gioco e il suo debutto come eSport, ma Piirainen sostiene che il tipo di community su cui un eSport deve essere costruito richiede tempo e attenzione costante per crescere: «Immergersi direttamente nei tornei con premi in-game può attirare giocatori – afferma il CEO della società –  ma è improbabile che restino a giocare con lo stesso gioco per molto tempo.» E poi continua: «È così che si inizia. Dobbiamo fare in modo che la base funzioni bene, abbiamo bisogno di molti giocatori competitivi e di team competitivi, cosicché da lì si possa passare al livello successivo, piccoli premi e tornei semi-pro, in modo da rafforzare il gioco. È come una scala, dobbiamo farlo passo dopo passo, e non cercare di spingere subito il gioco al livello più alto, perché sicuramente falliremo se lo facciamo, spendendo molti soldi senza accaparrarci i giocatori. Prima i giocatori, poi tutto il resto.»

Gli eSport sono costruiti sull’entusiasmo, che diventa la base e il fulcro della strategia di crescita di Critical Force. L’azienda non ha impiegato ingenti somme per l’acquisizione degli utenti, scegliendo invece di investire tempo nel dialogo con la community del gioco, sfruttandone i feedback per mettere a punto il videogame. «Parliamo molto con i nostri giocatori, specialmente con i giocatori che stanno conducendo personaggi all’interno della comunità: i leader del team e i leader dei clan sono i più importanti», ha affermato Piirainen. «Abbiamo anche un programma in cui supportiamo le persone che iniziano a fare tornei, soprattutto fornendo piccoli premi. Più tornei fanno, più li supportiamo, se sono in streaming ottengono più supporto, se ottengono sponsor ricevono più supporto e così via».

Critical Force ha adottato un approccio simile con gli influencer, identificando quelli che mostravano un entusiasmo naturale per il gioco e costruendo con loro relazioni durature e reciprocamente vantaggiose. Per Piirainen, lavorare con artisti del calibro di PewDiePie non è mai stato all’ordine del giorno. «Se lavori con i più grandi, devi pagare 10.000 dollari solo per fare un video, per vederli passare ad altro successivamente», ha detto. «Noi collaboriamo con i piccoli influencer, e abbiamo lo stesso tipo di programma, se ricevono più iscritti, ricevono più supporto da noi». La fornitura di premi in-game di Critical Ops è anche una forma di supporto per gli influencer, ma il principale incentivo è che i loro contenuti siano presenti nel gioco stesso. Secondo Piirainen, un video presentato in questo modo per una settimana può aumentare gli iscritti dai 5.000 ai 15.000, un cambiamento molto significativo per gli influencer più piccoli, alcuni dei quali hanno ora costruito delle carriere lavorative con Critical Force in questo modo. «L’esempio migliore è quello di uno YouTuber olandese, un anno fa aveva 500 iscritti, ora ne ha 100.000 e realizza solo video per conto della Critical», continua Piirainen. «Ci aiutano, li aiutiamo e sono fedeli al nostro gioco».

I circoli virtuosi creati da queste strategie di community e influencer hanno contribuito alla diffusione e alla crescita di Critical Ops, il quale ha raggiunto, dall’otto gennaio di quest’anno, i 34 milioni di download. Il numero più significativo, tuttavia, è il milione di utenti che giocano ogni giorno, un livello di coinvolgimento elevato che è testimonianza della qualità del prodotto e costituisce anche la base su cui poggia la credibilità di Critical Ops come eSport. «Il nostro gioco è l’unico sparatutto in prima persona esportato su dispositivi mobile», afferma Piirainen.

Critical Force attualmente sta lavorando per migliorare la qualità dell’esperienza degli spettatori, consentendo agli utenti di trasmettere più facilmente e avere più controllo sul posizionamento delle telecamere di gioco. La scena degli eSport è cresciuta in modo significativo da quando la società è stata fondata nel 2014, ma Piirainen ritiene che il 2019 sarà un punto di svolta per un’industria già in crescita, e in particolare per gli eSport su mobile. Quando tutto ciò accadrà, Critical Ops sarà posizionato in modo da trarne il massimo vantaggio.

«Sono fiducioso che gli eSport per cellulari diventeranno sempre più importanti e sempre più grandi» ha detto Piirainen «cresce una nuova generazione di giocatori che hanno iniziato a giocare con telefoni e tablet. È una progressione naturale».

Per Critical Force quest’anno sarà movimentato quanto l’ultimo, con un altro round di finanziamento e il primo evento live di Critical Ops in programma: «ci sarà almeno un evento live nel 2018», ha detto Piirainen, probabilmente svolto negli Stati Uniti. Questo è ovviamente un mercato chiave per Critical Ops, ma Piirainen punta anche, sorprendentemente, al Brasile: segnale indicativo non solo dell’attrattiva globale degli eSport, ma anche dell’importanza dei mercati emergenti per la crescita delle competizioni videoludiche su mobile.

«Bisogna cominciare dai paesi emergenti, perché non hanno accesso a PC costosi», ha detto Piirainen. «I telefoni sono economici, quindi possono giocare su quei dispositivi. Il Brasile è un mercato enorme per noi, come lo è il sud-est asiatico.» Costruire il pubblico di giocatori in Brasile e in Asia sarà un obiettivo importante negli anni a venire, mentre Critical Force si prepara a quelli che Piirainen crede saranno gli anni del boom per gli esports. Critical Ops potrebbe non riempire ancora il Madison Square Garden, ma l’azienda non ha grande fretta di emulare titoli come Dota 2 o League of Legends«Li seguiamo attentamente per vedere cosa stanno facendo», ha detto Piirainen, «Impariamo da loro se commettono errori, impariamo da loro se fanno qualcosa di buono».



The Elder Scrolls Legends: annunciata la nuova espansione Le Casate di Morrowind

Bethesda ha appena annunciato l’arrivo imminente della nuova espansione per The Elder Scrolls Legends, dal nome Le Casate di Morrowind. Questa nuova espansione permetterà di ottenere oltre  140 nuove carte e di creare nuovi mazzi contenenti 100 carte ciascuno sia per i nuovi deck da tre attributi sia per quelli normali.
Le casate sono cinque in tutto e prevedono l’arrivo di cinque diverse abilità una per casata:

  • ADUNATA – Casata Redoran [FORZA] [VOLONTÀ] [RESISTENZA]
    Una creatura a caso nella mano del giocatore riceverà + 1 / + 1 ogni volta che una creatura Rally attacca.
  • TRADIMENTO – Casata Telvanni [INTELLIGENZA] [AGILITÀ] [RESISTENZA]
    È possibile sacrificare una creatura per giocare nuovamente quest’azione. È possibile usare Tradimento solo una volta per azione.
  • COMPLOTTO – Casata Hlaalu [FORZA] [VOLONTÀ] [AGILITÀ]
    Le abilità Complotto si attivano se si è giocato un’altra carta nello stesso turno. I tre attributi degli Hlaalu (Forza, Volontà e Agilità) dispongono di molte carte poco costose che ti aiuteranno a portare a compimento i tuoi complotti.
  • ESALTAZIONE – Tempio del Tribunale [INTELLIGENZA] [VOLONTÀ] [RESISTENZA]
    Esaltazione assegna un bonus a una creatura pagandolo con una maggiore quantità di magicka. Il costo di Esaltazione rende la creatura “Esaltata”, condizione importante quando le divinità compaiono in gioco.
  • POTERE, POTERE E POTERE! – Casata Dagoth [FORZA] [INTELLIGENZA] [AGILITÀ]
    La Casata Dagoth non ha nuove abilità. Ambisce solo a una cosa: il potere. Le carte di Dagoth, che hanno attributi di Forza, Intelligenza e Abilità, ti ricompensano se hai creature con almeno 5 punti di Attacco.

L’espansione Le Casate di Morrowind uscirà il prossimo 28 marzo su PC, dispositivi iOS e Android.