Far Cry 5 è il capitolo della serie venduto più velocemente

Far Cry 5, anche se è sul mercato da poco tempo, è già diventato il titolo più venduto della serie. Ubisoft ha dichiarato che durante la prima settimana, Far Cry 5 ha raddoppiato il numero di vendite raggiunto dal precedente quarto capitolo, diventando così il secondo più grande lancio nella storia di Ubisoft, appena al di sotto di Tom Clancy’s The DivisionFar Cry 5 registra numeri eccellenti anche sul fronte streaming e contenuti video con oltre 55.000 ore di trasmissioni su Twitch e 117 milioni di visualizzazioni per i contenuti pubblicati su YouTube.

Il produttore esecutivo di Far Cry, Dan Hay, ha dichiarato:

«Sono davvero lieto di vedere che il culmine di tanti anni di lavoro da parte del team stia dando i suoi frutti. Siamo commossi dall’accoglienza che i giocatori hanno riservato a Far Cry 5 e sopprattutto, desiderosi di continuare a espandere e supportare la community di Far Cry nei mesi e negli anni a venire».




Top 5: I migliori videogame dedicati a Dragon Ball

Tra Super e FighterZ, il mondo di Dragon Ball è ritornato di moda. Oltre a manga e serie animate di successo, numerose sono le trasposizioni videoludiche della saga, sin dai tempi del Nintendo NES. Tanto tempo è passato da allora e tanti sono i titoli apparsi su altrettante console. Vediamo dunque quali sono i migliori cinque videogame dedicati alle storie create da Akira Toriyama.

#5 Dragon Ball Z: Burst Limit (2008)

Uno dei titoli più sottovalutati dell’intero franchise, Burst Limit segna il debutto di Dragon Ball nelle console della precedente generazione. Nonostante un roster risicato,  il gioco è riuscito a conquistare una nicchia di pubblico per via delle sue meccaniche di combattimento che purtroppo furono abbandonate con i successivi – e deludenti – Raging Blast. Il titolo fa della teatralità il suo punto di forza, vantando ottime sequenze cinematiche e soprattutto una delle migliori colonne sonore mai apparse in un videogioco della saga.

#4 Dragon Ball Xenoverse 2 (2016)

Tutti abbiamo sognato di far parte delle vicende raccontate in Dragon Ball, magari combattendo al fianco di Goku e Vegeta per salvare il pianeta Terra. Xenoverse riesce a realizzare questo piccolo sogno, permettendo la creazione e la personalizzazione del proprio alter ego come un vero RPG. La scelta intelligente di rendere la narrazione qualcosa di nuovo è un vero colpo da maestro ma purtroppo questo titolo pecca, la maggior parte delle volte, nel restituire le vere emozioni scaturite dal far parte della cerchia dei Guerrieri Z.

#3 Dragon Ball FighterZ (2018)

Ultimo arrivo in casa Bandai, FighterZ ha già conquistato i cuori degli appassionati, portando la migliore esperienza visiva di Dragon Ball fino a ora. Ogni moveset è stato riprodotto alla perfezione e i numerosi easter egg nonché l’approfondimento di alcuni personaggi portano questo titolo a essere una piccola pietra miliare per gli amanti di Goku e Co. Ma oltre alla componente tecnica c’è di più: un combat system accessibile ma stratificato e la ricercatezza della perfezione da parte degli utenti più smaliziati sono un bel biglietto da visita da presentare anche a chi non è amante della saga.

#2 Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3

Con oltre 160 personaggi giocabili, Budokai Tenkaichi 3 è essenzialmente il videogioco più vasto dedicato al franchise. Il roster è appunto il primo elemento di forza del titolo, spaziando dalla saga originaria fino alla serie GT, ricoprendo anche gli amati/odiati OAV. Anche le modalità di gioco sono innumerevoli e il combat system è quanto di più bilanciato si sia visto in un picchiaduro della serie. Non arriva al gradino più alto del podio solo per la scelta di riassumere in modo eccessivo la modalità “Storia“, punto focale per ogni fan delle Sfere del Drago.

#1 Dragon Ball Z: Budokai 3 (2004)

Chiedete a qualunque fan di Dragon Ball quale sia il suo gioco preferito: salvo qualche opinione eccentrica, la risposta sarà indubbiamente Budokai 3, capace di portare l’esperienza della saga di Akira Toriyama ai massimi livelli. L’utilizzo delle Capsule ha permesso al gioco di evolversi, espandendosi e migliorarsi, aggiungendo statistiche ai personaggi, arene e modalità. Ma è la passione degli sviluppatori che trasuda da ogni pixel la vera gioia del titolo, con elementi riprodotti alla perfezione come la caratterizzazione del roster fino alle fantastiche fusioni che rappresentano un godimento per ogni giocatore.




Street Fighter V: il punto della situazione

Dopo tante anticipazioni, Street Fighter V  venne rilasciato il 16 Febbraio 2016 su PC e PS4. In molti sperarono che il titolo riuscisse a superare le vecchie edizioni, grazie anche al nuovo engine, introducendo nuovi personaggi, nuove strategie e combat system innovativi, basate sull’utilizzo della barra V-Gauge e EX Gauge, in grado di fornire alla saga un ulteriore livello di coinvolgimento e sistema di combo. Ma nello specifico, su cosa si basano queste nuove tecniche?

  • Il V-Trigger si basa su tecniche uniche che usano la V-Gauge e che consentono al giocatore di cambiare il corso dell’incontro.
  • Il V-Skill comprende mosse uniche che si differenziano da personaggio in personaggio e che si possono usare in qualsiasi momento.
  • Il V-Reversal si basa su un sistema di contromosse che consumano una sezione della V-Gauge.
  • Le Critical Arts sono attacchi finali che consumano tutta la EX Gauge.

Purtroppo pur avendo delle novità molto importanti, i fan non furono soddisfatti, soprattutto a causa della povertà di contenuti, la mancanza di una modalità single-player e l’instabilità del matchmaking che provocava un delay tra client-server che rendeva l’esperienza di gioco davvero spiacevole e che penalizzava i giocatori che oltre al competere online desiderano dedicarsi alle modalità in singolo.
Il team di sviluppo, guidato da Yoshinori Ono, noto produttore di videogame, ha deciso di dare una svolta al futuro del titolo, migliorando a poco a poco l’esperienza grazie a correzioni tecniche, una modalità storia in single-player, sfide periodiche e nuovi contenuti da sbloccare tra arene e personaggi aggiuntivi. Percorso durato due anni e completato con il lancio della Arcade Edition, espansione scaricabile gratuitamente per coloro i quali hanno già Street Fighter V originale. Mentre chi lo dovesse acquistare direttamente in negozio, avrà a disposizione i dodici personaggi aggiuntivi delle Stagioni 1 e 2. Una delle novità di Street Fighter V: Arcade Edition è proprio il concetto “Arcade” stesso: fin dal primo momento, la mancanza di questa modalità era tra le cose che hanno fatto storcere il naso a molti appassionati della saga. Ci sono voluti circa due anni prima che una feature che molti consideravano “base” venisse introdotta, ma dopo tanti errori e promesse, Capcom ha deciso di fare sul serio, provando a farsi perdonare. Quella arrivata in Street Fighter V non è semplicemente un’opzione Arcade, ma rivivere l’intero franchise, partendo dalla genesi fino ad arrivare ai giorni nostri. È possibile scegliere sei diversi percorsi, ognuno collegato a un capitolo precedente della saga, partendo dal primo Street Fighter del 1987 fino a Street Fighter V, passando dall’amatissima serie Alpha o Street Fighter III: New Generation, considerati da molti appassionati due dei migliori capitoli della saga. Scegliendo Street Fighter II, per esempio, possiamo trovare solo i personaggi presenti nella line-up di quello specifico capitolo (Chun-li, Balrog, Vega, Guile, Ken), accompagnati dal boss finale M.Bison.

La possibilità di avere il concetto di completismo all’interno del gioco, fornisce ai giocatori la possibilità di sbloccare illustrazioni e finali per ciascun personaggio, invogliandoli a completare ogni ramo della Modalità Arcade con tutti i combattenti. Capcom è stata – stavolta – attenta a offrire una difficoltà molto equilibrata e mai banale: infatti il livello degli avversari cresce man mano che si va avanti all’interno della modalità, raggiungendo difficoltà molto impegnative al boss. Arcade a parte, tornano le battaglie a squadre già viste nel precedente capitolo Street Fighter IV, che permettono a squadre di massimo cinque persone di affrontarsi, personalizzando la tipologia d’incontro e le regole di eliminazione. Altrettanto interessanti sono le Battaglie Extra, ovvero sfide periodiche in cui è possibile vincere skin, targhette, punti esperienza o Fight  Money.

Novità meno evidenti, ma molto gradite dai fan è la diminuzione dei tempi di caricamento, nuove opzioni nella Modalità Allenamento che permettono di controllare i singoli frame degli attacchi, permettendo di applicare una strategia diversa ogni volta e capire quando è vantaggioso utilizzare determinate combo. La novità più importante, come accennato all’inizio dell’articolo, sta nell’aggiunta di un secondo V-Trigger per ciascun personaggio, in maniera simile alle Ultra di Street Fighter IV: adesso si ha la possibilità di scegliere quale dei due trigger utilizzare prima di entrare in partita.

Per un maggiore approfondimento, pareri e delucidazioni, noi di GameCompass vi invitiamo a recuperare la puntata sui picchiaduro presentata da Gerò Micciché, Lanfranco della Cha, Andrea Celauro e Marcello Ribuffo.




Alcune interessanti novità per Dark Souls: Remastered

Bandai Namco ha mostrato alcuni contenuti della remastered di Dark Souls di prossima uscita su Nintendo Switch, PC, e PS4.
Per capire bene come il gioco sia migliorato visivamente, sono stati rilasciati dei video che mostrano la nuova versione per PS4 pro, paragonata alle versioni originali per PS3, Xbox 360 e PC.

IGN ha creato una lista con tutte le novità e miglioramenti apportati a questa remastered:

  • Il numero massimo di giocatori online è stato aumentato da 4 a 6.
  • Il matchmaking via password è ora disponibile, similmente a Dark Souls III. Quando un giocatore è evocato in questa modalità, il suo livello sarà sincronizzato con quello degli altri.
  • Gli oggetti curativi non saranno disponibili durante il PvP con l’eccezione delle fiaschette Estus. Per evitare battaglie molto lunghe, il numero di fiaschette è stato dimezzato per i phantom.
  • I giocatori possono selezionare il numero di oggetti consumabili, invece di usarli uno per uno come nel gioco originale (lode al Sole).
  • Un falò è stato aggiunto vicino al Fabbro Vamos.
  • Le covenant  possono essere cambiate ai falò.
  • Si possono configurare i comandi.
  • Gli oggetti non saranno registrati automaticamente in uno slot quando raccolti.
  • Il network online è stato cambiato da P2P a server dedicati.



Monolith rimuoverà le microtransazioni da La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra

Da quando uscì su PS4, Xbox One e PC il 10 ottobre scorso, un’aggiunta in particolare fece storcere il naso a molti utenti, indipendentemente dalla piattaforma: la presenza delle microtransazioni che, anche se non necessarie per completare la storia principale, non sono state ben accette dal pubblico in un gioco non free-to-play.
Monolith Productions ha ascoltato le lamentele della sua utenza, assicurando che nel giro di pochi mesi gli acquisti in game con valuta reale e le stesse loot box  spariranno del tutto, o quasi da L’Ombra della Guerra.

Nello specifico, gli update dell’ 8 maggio rimuoveranno la possibilità di acquistare gold, anche se si potranno ancora comprare casse con quelli già in possesso dei giocatori, ma solo fino al 17 luglio, quando un altro aggiornamento eliminerà in modo definitivo le loot box, i gold e lo stesso shop interno del gioco. Da quel giorno in poi, tutti i gold residui non spesi saranno convertiti in casse, una ogni 150G (chiunque ne avesse di meno ne riceverà comunque una).
Ma non è finita qui: nuovi aggiornamenti arriveranno presto portando altri tipi di novità, stavolta incentrati sulla campagna, come nuovi elementi narrativi che secondo Monolith porteranno a un’esperienza di gioco più dinamica e coesa. Di cosa si tratterà?




Cloudflare lancia un servizio DNS che velocizzerà la connessione internet

Cloudflare ha lanciato proprio il primo di Aprile il suo nuovo servizio DNS per i consumatori, che promette di velocizzare la connessione Internet e di mantenerla privata. Il servizio in questione possiede una pagina dove poter avere più informazioni su come funziona e su come installarlo. Cloudflare afferma che sarà il servizio DNS consumer più veloce e più sicuro della rete. Mentre OpenDNS e Google DNS sono i più utilizzati e conosciuti, Cloudflare si sta concentrando molto sull’aspetto della privacy del proprio servizio DNS, con la promessa di cancellare tutti i registri delle query DNS all’interno delle 24 ore. I servizi DNS vengono generalmente forniti dai provider di servizi Internet per risolvere un nome di dominio come Google.com in un vero indirizzo IP che i router e gli switch leggono. È una parte essenziale di Internet ma i server DNS forniti dagli ISP sono spesso lenti e inaffidabili. Gli ISP o qualsiasi rete WiFi a cui ci si connette possono anche utilizzare i server DNS per identificare tutti i siti visitati che presentano problemi di privacy. Il DNS ha anche svolto un ruolo importante nell’aiutare i cittadini turchi a evitare il divieto di utilizzo di Twitter.
Cloudflare ha collaborato con APNIC per offrire il proprio servizio DNS tramite 1.1.1.1 e 1.0.0.1. Tante persone hanno usato 1.1.1.1 come indirizzo fittizio e APNIC ha provato in passato ad analizzare il flusso di traffico verso l’indirizzo IP, venendo sopraffatto. Il DNS di Cloudflare offrirà supporto per DNS-over-TLS e DNS-over-HTTPS e la società spera che il suo supporto HTTPS vedrà più browser e sistemi operativi che supportano il protocollo. Il DNS di Cloudflare ha attualmente  un tempo di risposta globale di 14 ms rispetto ai 20 ms per OpenDNS e 34 ms per i DNS di Google, quindi è attualmente il DNS più veloce al mondo per utenza consumer.

Questa non è la prima volta che Cloudflare ha aiutato il web con i suoi servizi e la rete di ottimizzazione del web: alcuni anni fa ha implementato la funzione Universal SSL per fornire la crittografia SSL gratuita a milioni di siti Web. La società è anche nota per offrire protezione DDoS per evitare che i siti vengano travolti dal traffico dannoso.




Fe

Il 16 febbraio 2018, Fe vede finalmente la luce e viene pubblicato per tutte le console di ultima generazione e anche su PC sulla piattaforma di EA, Origin; il team idie che ha creato Fe è Zoink, sviluppatori di giochi come PlayStation All-Stars Island e Zombie Vikings, ma con questo titolo hanno deciso di cambiare stile, infatti, paragonato a quelli precedentemente sviluppati è unico nel suo genere.
Fe è un action-adventure con meccanismi da platform 3D, caratterizzato da un’affascinante stile grafico e sonoro e una scelta narrativa singolare: durante l’inizio della nostra avventura ignoreremo gli sviluppi del gameplay, così, giocando a Fe sentiremo che non si tratta di un semplice giochino da terminare in poco più di 5 ore per poi dimenticarlo; è uno di quei titoli che si vorrebbero rigiocare più e più volte, ma che però, alla lunga, risulterebbe ripetitivo e sicuramente non susciterebbe quella sensazione di piacere e di confusione che il titolo offre, soprattutto durante la prima run.

Fe è un titolo intriso di emozioni e colori, capace di avvolgere il giocatore in una narrazione quieta e silente, che gli terrà compagnia nelle ore passate in una cupa foresta, fra esseri di ogni sorta e da suoni e melodie che rendono l’atmosfera ancora più magica. La storia non è propriamente “raccontata”, non esiste una voce narrante o del testo scritto che spiega ciò che sta accadendo. Dipanare la trama mutando un narratore terzo è stata, ovviamente, una scelta voluta dal team di sviluppo, che però non chiarisce moltissimi aspetti della storia, lasciando il giocatore con parecchi punti interrogativi, soprattutto alla fine del gioco.
Fe vede come protagonista un piccolo esserino che dopo un brusco atterraggio, da quelle che sembrano delle comete, si ritrova spaesato e intontito in una foresta sconosciuta, in cui gli unici abitanti sono degli animali. La particolare meccanica che rende unico il gioco è il modo in cui essi comunicano: come quelli reali, tutti posseggono un verso, che utilizzano per comunicare tra loro, ma il nostro protagonista, non li conoscerà tutti e dovrà impararli man mano che si va avanti con la storia.
Il nostro scopo sarà quello di liberare l’intera foresta dagli esseri malvagi che imprigionano gli esseri viventi in celle create da un raggio emesso dal loro unico occhio. Salvare la flora e la fauna della foresta sarà possibile solo con l’aiuto degli abitanti del bosco, che ci insegneranno i loro versi (in tutto 6). Sbloccarli tutti non è affatto difficile, anzi risulta forse fin troppo semplice: si dovrà soltanto andare avanti con la storia, non si dovranno risolvere indovinelli, puzzle o raccogliere item, basterà solamente finire la storia per poter sbloccare tutte e 6 le melodie, una scelta che ha dimezzato le ore di gioco, rendendo l’acquisizione di questi versi un po’ troppo meccanica.

Anche il gameplay è piuttosto semplificato: non si avranno grandi problemi a imparare e scoprire tutti i comandi, visto che durante il gioco i tutorial o le indicazioni su che tasto premere o su quello che dovremmo fare, saranno ben pochi.
I comandi sono pochi e intuitivi: si salta, si cambia direzione, si afferrano e si lanciano gli oggetti, ma quel che più sorprende è stato il feedback del Dualshock 4: molto più preciso e sensibile di mouse e tastiera, soprattutto per quanto riguarda i salti da un albero all’altro, davvero difficili e frustranti in certi casi, se si utilizza mouse e tastiera.
Il piccolo protagonista non potrà affrontare i nemici faccia a faccia, se dovessimo colpirli con qualche oggetto o se dovessimo fare rumore questi ci scoprirebbero e ci catturerebbero; per riuscire a scappare da queste strane creature potremo nasconderci in alcuni cespugli che si trovano all’interno della mappa. Ovviamente l’IA non è molto sviluppata, perché una volta imboscati, il nemico  smetterà di darci la caccia e tornerà alla sua posizione iniziale nonostante sia a un passo da noi: ma è un peccato veniale, per un gioco del genere è quasi normale, visto che lo scopo principale è quello di interessare e in un certo modo rilassare il giocatore.
Durante il nostro girovagare per la mappa di gioco troveremo delle strane casse contenenti una sfera trasparente che, se indossata, ci fornirà la possibilità di entrare nel corpo dei nemici per breve tempo e controllare cosa stanno facendo in quello che pare essere un mondo parallelo.
Oltre a queste casse, in giro per la mappa si troveranno diversi cristalli, questi serviranno a ottenere delle abilità dopo che ne avremo raccolti a sufficienza, purtroppo la raccolta di questi cristalli, e quindi l’incremento delle ore di gioco, è troncato dalla storia.
Gli “enigmi” che andremo a risolvere per andare avanti con la storia saranno davvero facili, niente di impegnativo o che causi molti Game Over.
La particolarità del gameplay di Fe è l’uso delle melodie che impareremo aiutando gli altri animali. Come detto prima, in tutto sono 6 e si potranno sbloccare solamente proseguendo con la storia. Questi canti, se riprodotti vicino a piante o animali, potranno avere diversi effetti, per esempio alcuni fiori, se colpiti dalle onde sonore del giusto verso, sbocceranno e ci permetteranno di spiccare grandi salti, rilasceranno alcune bacche e molto altro ancora.

Come si evince, il comparto sonoro è il pilastro fondamentale di Fe, e un gioco che basa tutte le sue meccaniche sui suoni e sulle melodie non può non avere una buona soundtrack. La colonna sonora di Fe è veramente rilassante, non mette alcuna sensazione di ansia o timore che potrebbe indurre la cupa foresta ed è in linea con tutte le ambientazioni della mappa di gioco. L’intera avventura del mostriciattolo verrà allietata da una dolce melodia di violino, che diventerà un po’ più acuta durante l’incontro con i nostri antagonisti e soprattutto nelle parte finale del gioco, in cui la tensione è tangibile e la musica aiuta a mantenere quest’atmosfera.
Ma anche dal lato grafico, Fe è davvero strabiliante, ricordando platform come Unravel, da un lato, e Ori and The Blind Forest. I colori accesi, le texture poligonali e l’impostazione della mappa ricreano un ambiente vivo, maallo stesso tempo pericoloso per via dei nemici presenti nella foresta. I colori freddi si amalgamano alla perfezione con i colori caldi presenti negli ambienti e anche lo stesso Fe cambia i propri pigmenti, passando da una melodia all’altra si può notare che alcune delle parti del corpo del tenero protagonista cambiano il colore del loro manto.
Fe è sicuramente un ottimo titolo, con una buona trama, ben strutturata, ma abbastanza banale, un gameplay molto semplice e basilare, adatto a tutti i tipi di giocatori; molto si gioca sul comparto grafico e su quello sonoro, con una palette di colori molto accesi, texture spigolose” davvero ben fatte, e un sonoro che ci culla durante la nostra ardua missione. A Fe resta. però, il difetto di presentare alcuni aspetti poco sviluppati che risultano a lungo andare ripetitivi e noiosi, dalla storia, agli ambienti alla stessa longevità: la storia, come già detto, non presenta particolari elementi degni di nota, con un incipit anche poco originale, riesce a stento a coinvolgere, mentre gli ambienti, in alcune circostanze, risultano triti e ripetuti, presentano quasi la stessa struttura e vegetazione.
Dulcis in fundo: la longevità. La brevità non è un difetto tout court in un videogame, la durata deve essere funzionale agli altri aspetti del gioco, ma in Fe l’unica cosa che ci potrebbe spingere a proseguire con il gioco, dopo averlo completato, è il voler scoprire tutte le abilità del protagonista, rivisitando nuovamente tutta la mappa e raccogliendo tutti i cristalli, che però non serviranno più a nulla, soprattutto per colpa della storia che dimezza la durata effettiva del titolo.




Playerunknown’s Battlegrounds

Negli ultimi anni, il dominio di certi multiplayer in campo videoludico è innegabile, innescando una competizione che ha portato alla realizzazione di numerosissimi titoli che fanno parte del genere. Fra tantissimi giochi, davvero pochi sono quelli che sono riusciti a realizzare numeri strabilianti, al punto da stravolgere il mercato: uno di questi è certamente Playerunknown’s BattlegroundsMMO di PUBG Corporation che, in appena otto mesi, quando era ancora in fase beta, è riuscito a incassare ben 712 milioni di dollari. Un successo su cui approfondiremo, iniziando alle origini del gioco fino ad arrivare alla versione odierna e tutt’ora giocata dagli utenti.

Massive Multiplayer Online

Sulle origini di PUBG è stato già detto tanto: si tratta appunto di un MMO, un multiplayer di massa il cui unico obiettivo è sopravvivere a ogni costo sul campo di battaglia contro altri 99 giocatori per un totale di 100 in una mappa che pian piano inizia a diventare sempre più stretta, con red-zone continuamente bombardate e air-drop contenenti armi, accessori e oggetti utili alla sopravvivenza, introvabili normalmente sulla mappa di gioco, costringendo i giocatori a scontrarsi e a dover anche ingegnarsi per la sopravvivenza e la vittoria. Il gioco si basa principalmente su due variabili: la fortuna e l’abilità del giocatore. Quest’ultima non riguarda soltanto la bravura sul campo in un FPS, bensì anche la gestione dell’inventario, razionando cure, munizioni e gadget nello spazio fornito dallo zaino, se lo si trova in tempo, che può variare a sua volta di 3 livelli, dal meno capiente livello 1 al più spazioso livello 3. Le mappe sono vastissime e spaziano da una regione imprecisata della Russia, Erangel, a un deserto Messicano, Miramar.

Gameplay

Non avendo il titolo una trama, ci focalizzeremo solo sugli aspetti di gameplay: sappiamo solo che ci troviamo su un aereo e che prima o poi saremmo costretti a lanciarci su una mappa enorme, l’uno contro l’altro per la sopravvivenza. Detto questo, il gameplay offre due scelte fondamentali, FPP e TPP. Il gameplay in FPP permette di avere la visuale in prima persona, come un normale FPS. D’altra parte, il gameplay in TPP permette la visuale in terza persona, con la possibilità di cambiarla in prima quando si vuole con l’ausilio di un tasto. La differenza tra le due è dunque la visuale di gioco. Nulla per un giocatore che si rispetti è meglio della visuale completa su tutto il campo da gioco, valutando rischi, osservando il nemico, ecc… Nel menù principale, si può scegliere di intraprendere questa avventura da soli, in compagnia come duo, in trio o in un team da 4 giocatori, con amici o persone casuali accoppiate automaticamente dai server. Il gioco lascia molto spazio ai più intrepidi donandogli la possibilità di affrontare team da due, tre e quattro giocatori in 1 man-squad.

Passando al lato tecnico del gioco, bisogna fare una premessa: normalmente qualche bug ci può stare, ma in un gioco competitivo e pieno di tensione come PUBG il minimo errore è punito, e chi ne paga le conseguenze è sempre il giocatore. Come se non bastassero i bug, i lag e i server che vanno in crash, si aggiungono i cheater (maledetti, aggiungerei) che, nonostante i 2 milioni di ban effettuati da Battleye, continuano a persistere e a far imbestialire i giocatori, sin da qando è uscito il gioco in beta. C’è da dire che tutto sommato, dopo il recente aggiornamento, e grazie alle misure messe in atto per contrastare gli utenti scorretti, si trovano molti meno cheater, e forse Battleye è sulla strada giusta per trovare un sistema efficace anti-cheat.
Sulla fluidità di gioco, poco da eccepire: data la numerosissima utenza e i continui aggiornamenti, il gioco non fa che migliorare di volta in volta: già attualmente si è raggiunti un buon equilibrio, ma qualche miglioria non può fare altro che stabilizzare il gioco. In termini di ingegno e organizzazione, PUBG ha fatto sue queste caratteristiche mettendo al giocatore a disposizione mezzi, armi, accessori, granate, caschi, vestiti, giubbotti anti-proiettile, cure (Medkit, FirstAid, Bende, Antidolorifici, energy drink e adrenalina) e zaini, di cui i caschi, zaini e giubbotti anti-proiettile sono forniti di tre livelli (da 1 a 3) in relazione a efficienza, protezione e capienza. Tutto all’interno del gioco è utile per la sopravvivenza, bisogna solo sapere come e quando usare un determinato oggetto. L’organizzazione è tutto in PUBG, ma la fortuna non è da sottovalutare, anzi:  il 50% delle componenti decisive per vincere la partita lo fanno loot armi, zaini ed equipaggiamenti che ci ritroveremo, il 25% di trovarsi in una zona non troppo affollata, il 20% lo fa il ritrovarsi più o meno lontani dalla safe-zone, il 3% trovare un veicolo fuori zona e il 2% l’avere la possibilità d’afferrare per primi l’airdrop. L’abilità del giocatore quindi può essere condizionata dalla fortuna, dato che migliori sono le suddette condizioni, più aumenta la possibilità di vincita.

La mira si basa anch’essa su 3 livelli, il primo in prima persona, cambiando automaticamente dalla terza alla prima per una mira più precisa a distanza, il secondo basato principalmente sulla restrizione del mirino restando in terza persona, rallentando il movimento della visuale per una maggiore precisione da ravvicinato, e il terzo livello è quello più tattico, nel quale si può sporgersi da un angolo in modo da non esporre tutto il corpo ma soltanto una minima parte, riducendo la visibilità al nemico, non intaccando la nostra.

Personalizzazione e mercato

Uno degli aspetti che caratterizzano questo gioco è di certo la possibilità di guadagnare giocando, che siano indumenti da poter utilizzare nel gioco o soldi veri. Quando si finisce una partita, in qualsiasi posizione si ci trovi con qualsiasi numero di uccisioni, si guadagnano delle monete di gioco, chiamati BP. Ovviamente più alto è il numero di uccisioni, più in cima si arriva più punti si fanno: ma a che servono i punti? Servono ad acquistare delle “casse” di gioco, ognuna diversa per contenuto, rarità e ovviamente prezzo, vengono assegnate in maniera assolutamente casuale tra: Survivor crate, Wanderer crate, Gamescom invitational crate, Desperado crate, Biker crate, Militia crate, Fever crate, Triumph crate e Raider crateLa modalità di acquisto è semplice: basta recarsi dal menù principale del gioco e andare nella sezione rewards, dopodiché acquistare la quantità di casse desiderata; le casse passano da un prezzo base di 700 BP al corrispondente raddoppiato dopo l’acquisto di una cassa: da 700 passano a 1400 e da qui in poi sempre raddoppiato. Niente paura, ogni inizio settimana il costo delle casse si azzererà fino allo standard di 700. Dentro le casse si possono trovare indumenti per il proprio avatar di gioco, che posseggono un livello di rarità e valore e skin armi catalogate sempre in base alla rarità. Si può quindi decidere di tenere l’indumento oppure venderlo al mercato di Steam, stessa cosa per le skin. Sfatando qualsiasi mito, nessun indumento di gioco può dare abilità in più, né qual si voglia tipo di vantaggio: hanno funzioni puramente decorative.

Conclusioni

PUBG è sicuramente un gioco che suscita interesse, ma non è l’unico nel suo genere: esistono altri titoli (anche Microsoft, dopo aver portato il titolo su Xbox, sta dando la propria risposta con l’interessante The Darwin Project, dallo scorso 9 marzo uscito su Steam) che offrono ormai un’esperienza di Battle Royale, primo fra tutto il principale concorrente del titolo di Bluehole Studio, Fortnite, Free-To-Play di Epic games: in questa lotta fra Battle Royale combattuta a colpi di record è difficile decidere, essendo entrambi sfaccettati e completi ognuno per il suo verso (abbiamo trattato gli aspetti dei due titoli in questo speciale) che abbiamo fatto al riguardo.

In breve, è un titolo che vale la pena provare, sopratutto con gli amici, oppure può essere un’occasione per farsene di nuovi giocando; ad ogni modo l’esperienza provata è uguale per tutti, ansia, paura e coraggio, per poi decretare un vincitore. Su 100  giocatori chi dimostrerà di essere il migliore?




Tower 57

Ricordate i tempi dell’Amiga? Quei giochi per computer un po’ scrausi, un po’ over the top e dal character design alquanto bizzarro che trovavate in mezzo ai vostri floppy senza neanche capire come fossero finiti all’interno del vostro raccoglitore? Ecco che Pixwerk ci porta indietro nel passato con stile, in un epoca fatta di tempi di caricamento lunghissimi (tranquilli, qui non ce ne sono), violenza accentuata e joystick con le ventose da attaccare al tavolino: stiamo parlando di Tower 57, un bellissimo e divertentissimo top-down twin stick shooter per PC, acquistabile tramite le piattaforme Steam, GoG e Humble Bundle.
Il gioco è una vera e propria lettera d’amore per i fan di Alien Breed e Chaos Engine, entrambi popolarissimi titoli per Amiga e DOS, ma anche per chi apprezzato classici per console come Zombies ate my Neighbours e Smash Tv; la sua realizzazione è stata possibile grazie ai finanziamenti di quasi 2000 appassionati, ma Tower 57 offre di più di una semplice operazione nostalgica: è un titolo che fonde più generi, implementa nuove meccaniche, impossibili per i controller dell’epoca, ponendosi così come un gioco moderno, pieno d’azione ma soprattutto divertentissimo.

Time to kick some ass

La civiltà non è più come quella che conosciamo, le città non esistono più e le comunità di persone si sono organizzate in torri, come quella in cui stiamo per infiltrarci: si raggiungono in treno e all’interno di esse ci sono strade, negozi, ospedali, centri di bellezza, hotel e persino fabbriche. A quanto pare, in un piano della Torre, c’è una rivolta in corso e la I.T.G. ha inviato di nascosto 3 dei suoi 6 agenti di punta affinché questo spirito di rivoluzione non si diffonda come un virus. Scesi dal treno prenderemo subito dimestichezza con i semplici controlli e ci recheremo presto nella prima area di gioco, le fogne. I (bizzarri) personaggi del titolo hanno tutti più o meno le stesse caratteristiche: un’arma standard con proiettili infiniti (poco utile durante le mischie più selvagge), un’arma caratteristica più potente e dal raggio d’azione più ampio, un’arma o strumento di supporto e un attacco speciale che distruggerà tutti i nemici in una schermata. Quest’ultimo potrà essere attivato soltanto quando la barra speciale, che si riempie lentamente a ogni nemico annientato, sarà piena e metà della stessa potrà permetterci anche di cambiare personaggio in vista di guai o di una situazione meglio gestibile con un altro agente; non avremo più la possibilità di cambiarli una volta avviato il file di salvataggio perciò è bene trovare il giusto equilibrio sin da subito (anche se è molto difficile visto che dal menù possiamo solo osservare l’immagine dell’arma caratteristica e un’animazione del suo attacco speciale).
Il gioco, essendo un twin stick shooter, permette di controllare gli agenti in azione sia con un controller con due levette analogiche sia con mouse e tastiera, ed entrambi i metodi sono molto precisi e reattivi, perciò basterà scegliere con calma il metodo che più vi si addice. Eliminare tutto quello che c’è in una schermata non è per niente una passeggiata, i nemici si faranno sempre più frequenti e a ogni piazzola ci sarà sempre una vera e propria carneficina; il gameplay è ispirato ai più classici top-down shooter, come i già menzionati Chaos Engine, Zombies ate my Neighbors o Smash TV, ma attinge anche, da come si può notare nelle schermate più “affollate”, dai bullet hell alla Touhou, un po’ come avviene per le schermate di combattimento di Undertale (complesse, sì, ma nulla di impossibile); in aggiunta, come se non bastasse, gli elementi ambientali saranno quasi sempre distruggibili, alcune volte rivelando anche sezioni e passaggi nascosti, e avremo inoltre la possibilità, in alcuni stage, di salire a bordo di un carro armato e moltiplicare il caos in maniera esponenziale. Gli upgrade alle armi e alle parti del corpo danno al titolo, abbastanza definito nel suo genere, un’insolita veste RPG e dunque più potenti saremo, meglio riusciremo liberare le schermate dai nemici; sfortunatamente il gioco chiede molto grinding sin da subito e tutto quello che faremo per livellarci non sempre sarà ripagato. Per quanto sia divertente spazzare via i nemici nelle maniere più violente possibili per poi raccoglierne i soldi, che servono proprio per comprare gli upgrade, questi spesso non saranno mai abbastanza per comprare le migliorie negli appositi banconi; già dal secondo livello gli upgrade saranno decisivi e si finirà inequivocabilmente per creare disparità temporanee fra i personaggi. Tuttavia Tower 57 si pone come un gioco molto tosto, con la giusta pazienza (e con i giusti trucchetti per vincere alle scommesse nelle bische clandestine dell’hub world) è possibile completarlo in single player ma per godere veramente del potenziale di questo titolo vi consigliamo di giocarlo in co-op locale, proprio come si faceva con i titoli sopramenzionati; il gioco offre anche la possibilità di una cooperativa online, però, momentaneamente, i server sembrano deserti, e dunque non siamo proprio riusciti a provare questa modalità per mancanza di giocatori (anche per questo vi consigliamo di sedervi davanti al pc con un amico).

Follia con classe

Le peculiarità grafiche, come già accennato all’inizio, si rifanno allo stile e alla palette di colori 16 bit tipica dell’Amiga, ma il vero punto forte di questo titolo è il suo art style: le tecnologie retro-futuristiche/fantascientifiche che caratterizzano gli ambienti di questa società distopica si rifanno al dieselpunk, stile che fonde elementi steampunkcyberpunk con una spruzzata di Art Deco degli anni ’30; il tutto si fonde perfettamente con la coloratissima, seppur opaca, grafica dei popolarissimi tardi computer Commodore. Per darvi un idea di questo particolarissimo stile vi basterà pensare a giochi come Bioshock o Grim Fandango, oppure a film come Blade Runner, Brazil di Terry Gilliam o il leggendario Metropolis di Fritz Lang (film che influenzano, difatti, anche la trama di Tower 57). Non mancheranno, inoltre, infiniti rimandi all’Amiga stesso come le sfere a scacchi un po’ dappertutto, simbolo del popolarissimo PC, o il floppy che segna il salvataggio automatico con i tipici temi arcobaleno; tocchi del genere sono delle vere chicche per i più nostalgici! L’art stile generale influenza, di conseguenza, anche i personaggi giocabili e i ritratti che li raffigurano, così come quelli degli altri NPC del gioco, che risultano bizzarri e over the top, inutile a dirlo, in pieno stile anni ’90!
Gli stessi personaggi godono di doppiaggio, e le linee di dialogo, quando questi esaminano un oggetto o raccolgono medi-kit e munizioni, sono veramente esilaranti, specialmente quelle di The Don che, essendo italiano, quando analizza qualcosa di cui non ne capisce il significato ci delizia con un bel «che c***o è» (espresso con un poco convincente accento anglosassone, un po’ alla Italian Spiderman). La musica che fa  da sfondo al gioco si mantiene nell’area elettronica, attinge dal chiptune dei giochi per computer europei, un po’ dalla demoscene ma senza necessariamente utilizzare quegli stessi suoni; tutto sommato la colonna sonora è ben composta e ci sono molti bei temi anche se, nonostante sia molto valida, rimane impresso poco e niente delle melodie dei livelli.

E chi se lo aspettava!

Tower 57 è davvero una bellissima sorpresa: è difficile, ha stile, diverte con meccaniche molto semplici e presenta pochissimi bug sul piano del gameplay. Il vero peccato questo gioco è la sua longevità; anche se la difficoltà ci terrà lontani dal completarlo in un batter d’occhio purtroppo il gioco finisce proprio quando cominceremo a diventare veramente bravi, il che significa fra le 3 e le 5 ore di gioco. Ad ogni modo, i diversi personaggi permettono almeno un po’ di rigiocabilità più, specialmente se si vuole ottenere il finale buono, ma la vera peculiarità del titolo sta nel suo multiplayer, pensato e tarato per una sessione di gioco in compagnia. Raccomandiamo vivamente Tower 57 anche se vi servirà un buon inglese per apprezzare la storia e lo humor; il gioco non è tradotto in italiano e la lingua utilizzata è giusto un po’ astrusa, forse per attenersi meglio ai toni noir della storia. Con 11,99€ potrete però portarvi a casa un bel titolo in grado di regalarvi piacevolissime ore insieme ai vostri amici o online (se riuscite a trovare qualcuno): una vera e propria gemma nascosta.




La storia del più grande Kickstarter del sud-est asiatico

Se siete a Kuala Lumpur e state cercando sviluppatori indipendenti, potreste andare al fiorente centro tecnologico di Bangsar South.

Grazie a un accordo con UOA Holdings, agenzia che si occupa dello sviluppo immobiliare, la Malesia Digital Economy Corporation (MDEC) ha compiuto un grande passo verso il suo obiettivo, cioè quello di trasformare rapidamente, Bangsar South (zona di Kuala Lumpur) nel principale centro del paese per lo sviluppo di giochi di ogni tipo; ospiterà da grandi aziende come Streamline Studios, ai tanti team piccoli e creativi che operano da Komune.
Forse, il più interessante tra tutti questi sviluppatori è Magnus Games, che è riuscito a  raggiungere una fama senza precedenti per uno sviluppatore del sud-est asiatico delle sue dimensioni. Lo studio è stato fondato nel 2015 dai due fratelli malesi, DC Gan e Welson Gan. I loro primi sforzi di sviluppo erano tutti rivolti a un’area del mercato che i tutte le software house emergenti preferiscono scegliere come target: giochi mobile gratuiti. Questo portò i due fratelli in una zona inesplorata, visto che non sapevano “creare” un gioco circondato dalle monetizzazioni, infatti, come ha affermato DC «quando compro un hamburger mi aspetto di ricevere un hamburger».
Quindi, i due fratelli si trovarono rapidamente al di fuori della loro zona di comfort, cercando di programmare titoli che raramente giocavano. Infatti, lo stesso, definisce il loro lavoro di quel periodo come un fallimento.
Magnus Games è sempre stata alla ricerca di free-to-play capaci di fornirgli una reputazione e, di conseguenza, fargli ottenere qualche finanziamento per ciò che DC chiama “il nostro gioco dei sogni”. Tuttavia, vicini al fallimento, i fratelli si riunirono e decisero di puntare il tutto per tutto.
Essi passarono dal free-to-play al premium, dai dispositivi mobile al PC e alle console, il tutto reso possibile da una piccola quantità di investimenti privati ​​e denaro preso in prestito da amici e familiari. Grazie ai loro innumerevoli sforzi riuscirono a realizzare il loro sogno sviluppando Re: Legend, l’ibrido simulatore di giochi di ruolo. Il titolo è stato approvato da Square Enix nel 2016.

In Re:Legend, i fratelli hanno cercato di combinare le varie esperienze fornitegli dalle ore di gioco di titoli che hanno fatto la storia.
Ma cos’ha portato la Magnus Games tra le braccia di Square Enix? Quando la società si è rivolta a Kickstarter, era sicura di avere un prodotto che fosse in grado di suscitare entusiasmo in diversi tipi di giocatori e quindi, di attrarre il tipo di pubblico che avrebbe investito in un gioco che potrebbe essere vicino al rilascio.
La campagna “Re: Legend Kickstarter” è iniziata alla fine di luglio 2017, con un obiettivo di finanziamento di circa $53.000 ma dopo 30 giorniera già a quota 480.000, garantendo al gioco versioni per Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch,  assicurandogli un doppiaggio completo nei dialoghi. La loro non era solo la più grande campagna Kickstarter di uno sviluppatore di giochi in Malesia; infatti è stato, inoltre, il più grande Kickstarter nella storia del sud-est asiatico.
Durante questi 30 giorni, DC ha affermato che lui e suo fratello lasciarono a malapena la loro casa. Infatti, trascorrevano le giornate gestendo tutto,  dalla copertura della stampa, al contatto con gli streamer, inviando centinaia di e-mail e rispondendo direttamente a ogni singolo commento lasciato dalla comunità Kickstarter.
Il denaro che Magnus Games ha racimolato, quando la campagna è finita nell’Agosto del 2017, è stato abbastanza da permettergli di creare la versione di Re: Legend che i fratelli avevano immaginato. In pochissimo tempo, il loro titolo cominciò a essere confrontato con i titoli AAA. Il che costringe la società a mantenere il livello di aspettativa che tutti i loro fan si aspettano da questo titolo.
In Malesia, raccogliere fondi per una start-up di giochi non è un’impresa da poco: L’industria locale è ancora troppo giovane ed è per questo che il governo è intervenuto per aiutare le società, con il sostegno e le sovvenzioni con organizzazioni come MDEC. Tre anni fa, Magnus Games ha deciso di abbandonare il settore mobile e free to play per inseguire il suo sogno, ma così facendo, si è trovata davanti a qualcosa di più grande di quanto potesse immaginare. Per la giovane start-up, la nuova sfida è soddisfare il suo pubblico senza rovinare tutto quello che è stato costruito con il loro duro lavoro.