Storie videoludiche: gli “umili” esordi di National Insecurities

Entrare nel settore dello sviluppo videoludico non è mai stato facile, e una delle attività più ostiche è quella di trovare i fondi necessari per trasformare il proprio sogno in realtà. Oggigiorno, anche avendo i finanziamenti, in realtà, non è semplice farsi sentire in mezzo alla moltitudine di concorrenti del settore, né è detto che si producano bei giochi. Ma con una buona dose di perseveranza, duro lavoro e voglia d’imparare tutto è possibile. Un esempio di tutto ciò lo forniscono sviluppatori come National Insecurities, start-up britannica che ha debuttato l’anno scorso con 2000:1: A Space Felony,  i cui buoni risultati hanno permesso alla piccola software house di lanciarsi in progetti più grandi.

La loro storia ha inizio nel 2012, anno nel quale il team di incontra durante il primo anno d’università. I ragazzi iniziarono a lavorare al loro primo titolo, chiamato The Old Gods Are Dead, solamente due anni più tardi. È stato lo sviluppo di quest’ultimo a portare alla formazione del team che, durante uno showcase, venne notato da una società gallese interessata a distribuire il loro primo gioco. Tuttavia, la compagnia non era in grado di finanziarli e questo portò i membri di National Insecurities a cercare possibili finanziatori.
Il lead designer del team, Gary Kings decise di mettersi alla ricerca di editori, come Team 17 e Devolver Digital, che avevano dimostrato di saper aiutare delle piccole start-up. Sfortunatamente, furono rifiutati. Questo spinse Kings a rivolgersi all’amministratore delegato della UKIE CEO DR Jo Twist che lo indirizzò verso il Games Finance Market.

Pochi mesi dopo, la National Insecurities presentava The Old Gods Are Dead a una miriade di possibili investitori. Inizialmente, trovarono un investitore che poi, successivamente, lì abbandonò e le altre società interessate al progetto erano fallite o non erano più interessate. I ragazzi non si diedero per vinti e deciso di presentarsi alla fiera per il secondo anno: il Games Finance Market mise su un bootcamp per preparare i team partecipanti agli incontri con i potenziali investitori. Questo fu impagabile, afferma Kings, capì come discutere con gli editori e, infatti, fu la sua abilità nell’interloquire a fargli ricevere i fondi che servivano alla società. Secondo lui è molto importante incontrare i finanziatori faccia a faccia e mostrar loro quanto straordinari siano i titoli che si è capaci di creare.
L’oggetto di ogni incontro era The Old Gods Are Dead, ma il team aveva già in cantiere 2000:1: A Space Felony, e Kings aveva intenzione di cominciare a tastare il terreno per il nuovo titolo. Scoprì che Humble Bundle aveva lanciato un programma di finanziamento indirizzato a lavori indipendenti, Humble Originals, e decise di provare ad attirare la loro attenzione. Creò un finto gioco chiamato Disorient on the Murder Express e lo inviò inserendo un messaggio interamente in maiuscolo all’interno della descrizione:

«QUESTA NON È UNA VERA APPLICAZIONE, È UN TENTATIVO DI ATTIRARE LA VOSTRA ATTENZIONE SU UN ALTRO GIOCO SU CUI STO LAVORANDO PER HUMBLE ORIGINALS».

Tre giorni dopo, ricevette il rifiuto di Humble Bundle. Il giorno dopo ancora, arrivò un’altra mail, dove Humble Bundle domandava «E allora, questo gioco?». Fu così che lo studio ricevette 10.000 dollari per completare lo sviluppo e, nel luglio 2017, 2000:1 : A Space Felony è stato pubblicato su Humble Originals. La società ha ricevuto un ulteriore finanziamento di 30.000 dollari per rifinire il lavoro su due propri titoli.
Quello della National Insecurities è soltanto uno degli esempi, inserirsi e crescere sul mercato videoludico non è facile; ma le lezioni imparate dai piccoli sviluppatori possono essere utili non meno di quelle provenienti dai grandi, oggi. Il consiglio dello stesso Kings al termine della chiacchierata con i colleghi di Gamesindustry è esemplificativo, invitando gli sviluppatori agli inizi a non aver fretta di avere successo immediato, perché i risultati spesso arrivano dopo un po’, e soprattutto a non aver paura di far la figura di quelli che sanno poco:

«Concedetevi il lusso di non sapere, e chiedete sempre a quelli ne sanno più di voi – che sono poi quasi tutti quelli che incontrate, quando siete ancora agli inizi. Trovate un mentore, se potete: se incontrate qualcuno che conosce come vanno le cose che sia disposto ad aiutarvi, tenetevelo stretto.»

Il messaggio dei giovani developer di National Insecurities è quello che «il successo può essere trovato lungo la strada grazie a ciò che hai imparato»: in un’epoca in cui a molti sembra già di sapere tutto, quello di essere sempre pronti a imparare ci sembra il miglior consiglio che si possa dare.

Fonte: GameIndustry




Offensive Combat: Redux!

Dopo un paio d’anni, ecco il ritorno del famoso titolo di casa Three Gates AB, Offensive Combat: Redux.
Remake di Offensive Combat, titolo free-to-play sviluppato nel 2012 per browser da U4iA Game, studio fondato dal creatore di Call of Duty DustyWelch, il gioco è un FPS arena online che dovrebbe permettere «di scontrarsi con altri 14 giocatori in ben 8 mappe differenti». Il condizionale in questo caso è d’obbligo.
Il titolo è dotato di una modalità multiplayer e di una single player, all’interno della quale ci ritroveremo ad affrontare dei nemici con un livello d’intelligenza pari a quello di una noce di cocco (con tante scuse al frutto tropicale).
Uno dei pochissimi vantaggi di questo titolo riguarda le animazioni PWN, che potrebbero permettere chiunque sia di umiliare i nemici (se mai si riuscisse a trovarne qualcuno), sia d’ottenere più esperienza.
La modalità single player non ha una vera e propria trama, visto che il suo unico scopo è quello di preparare il giocatore ai combattimenti che farà all’interno del multiplayer.
Questa si suddivide in tre tipologie di missioni: nella prima, chiamata “Map exploration mode”, dovremo solamente esplorare le mappe così da poterci preparare per le prossime partite; nella seconda, chiamata “Annihilator”, dovremo semplicemente uccidere i bot che troveremo all’interno della mappa; e, infine, la terza modalità chiamata “Wave defense” dove saremo impegnati ad abbattere le orde di nemici che cercheranno di sopraffarci.

La quantità d’armi tra le quali scegliere è abbastanza soddisfacente, come del resto il grado di personalizzazione di ogni personaggio. È inoltre possibile aggiungere vari accessori. Gli sviluppatori hanno lasciato ampia libertà riguardo la personalizzazione, si potrà modificare il proprio personaggio dalla testa ai piedi. Per poter acquistare i vari componenti avremo bisogno della valuta di gioco. La grafica del titolo suona un po’ datata, i modelli poligonali utilizzati all’interno del gioco risultano superati da tempo e non sono minimamente in grado di farlo competere con altri titoli dello stesso genere; anche il comparto sonoro non registra alcun punto degno di nota.
Se questo è  quel che troviamo nel single player, è arrivato ora il momento di parlare della modalità multigiocatore.

ERROR 404 : MULTIPLAYER NOT FOUND

Cos’è successo? Non c’è neanche un cane all’interno della modalità online di questo gioco: giorni e giorni a provare, server deserti.
Non ce la sentiamo di consigliare un titolo a cui non giocano neanche gli stessi sviluppatori, e che purtroppo soffre proprio in quello che dovrebbe essere il proprio punto forte. Se ciò non bastasse da sè, insieme non riesce a raggiungere neanche la sufficienza e il gioco, in queste condizioni, non riesce a rendere congrui neanche gli 8 euro richiesti all’acquisto.




Improvviso aumento di prezzo delle GPU: colpa della criptominiera?

Il traffico di Bitcoin, della criptovaluta Goldrush e del Cripto-Clan, ultimamente hanno causato un enorme picco nei prezzi delle schede grafiche, sia nuove che di seconda mano. Questo significa che è il momento peggiore per acquistare una nuova scheda grafica per i giochi, ma anche il migliore per vendere tutte le vecchie schede grafiche inutilizzate.
La redazione di Rock, Paper, Shotgun si è chiesta perché e ha svolto un’analisi del fenomeno facendo riferimento al mercato inglese.
Prendiamo ad esempio il caso della Nvidia GeForce GTX 1070, che nel 2017 è stata una delle migliori schede grafiche per chi voleva giocare a nuovi titoli per PC con impostazioni quasi al massimo a 1080p o QHD senza finire in bancarotta. Già da metà dicembre, era stato possibile acquistare una GTX 1070 a partire da £350.
Oggi invece, i principianti quasi certamente non saranno in grado di trovarne una direttamente da un rivenditore, perché sono state tutte acquistate e dedicati alla ricerca di Bitcoin. Quelle che si riescono a trovare sono generalmente ristrette ai rivenditori come Ebay e Amazon, con prezzi massicciamente aumentati. La più economica in stock è la nuova GTX 1070 che si può trovare su Amazon UK a £560, o da un rivenditore di terze parti. 200 sterline in più di quanto sarebbe costata poche settimane fa.
Alcuni rivenditori, come Scan, vendono direttamente le GTX 1070, ma con un prezzo minimo di £550, e quasi tutte sono esaurite o in rifornimento.
Questo influsso sui prezzi si estende a macchia d’olio. Il prezzo di una Nvidia GeForce GTX 1060 (nel modello più utile da 6GB) ora si avvicina a quello normale che dovrebbe avere una GTX 1070, ad esempio, la nuova più economica al momento del confronto fatto prima della stesura di questo articolo era arrivata a £334 e adesso il prezzo sembra essere salito ancora a £340. Al contrario, negli ultimi giorni di dicembre 2017, era stato possibile comprarne una per £215. Si tratta di un aumento del 50% in poco più di un mese.
Tuttavia, i prezzi per le più potenti GTX 1080 e GeForce GTX 1080 Ti non sono particolarmente influenzati, perché il loro maggiore consumo energetico le rende generalmente meno efficienti per la ricerca di Bitcoin, a causa dei costi energetici e delle esigenze di alimentazione. Stranamente quindi, al momento è persino possibile acquistare una GTX 1080 per £487, molto meno di una GTX 1070, anche se al momento le scorte sono esaurite quasi ovunque. Contemporaneamente, stiamo vedendo centinaia di sterline o dollari in aggiunta ai prezzi delle 1080 e 1080T in stock, queste ultime a volte vendute con prezzi a quattro cifre ai “minatori” in fretta.
Anche le schede di vecchia generazione sono interessate a questo fenomeno . Ci sono nuove GTX 980 vendute per £422, mentre l’anno scorso Amazon Warehouse (che tratta articoli solitamente sotto costo) vendeva le 980 a soli £200. Una GTX 970 di seconda mano, può arrivare a costare £250, mentre alcuni mesi fa un venditore sarebbe stato fortunato a ricavarci £80.
Purtroppo questo significa che le persone che hanno denaro da flashare non saranno bloccate dalla blockchain goldrush, ma quelli i cui mezzi sono limitati a schede di medio rango, con prezzi da 200 a 300£, vivranno un periodo molto difficile.
Tutto questo influisce anche su AMD, e in particolare sulla Radeon RX 570 e sulla AMD Radeon RX 580 che sono molto ricercate per l’estrazione in questo momento.
La situazione è ancora peggiore per quanto riguarda le nuove schede RX Vega 56 e RX Vega 64, che sono quasi impossibili da trovare nuove e in magazzino perché sono adatte per cercare gli Ethereum, che sono la seconda più grande criptovaluta al mondo, dopo i Bitcoin. Techspot ha recentemente riferito di non essere in grado di trovare una singola Vega 56/64 in magazzino negli Stati Uniti o in Australia.
Anche le vecchie schede al mercato dell’usato stanno soffrendo/beneficiando della mania. Lasciate che vi dia un esempio. L’anno scorso, un mio collega aveva una Radeon R9 Nano, scheda di fascia media al meglio con le metriche di oggi, inutilizzata in un cassetto, dopo avere aggiornato il PC con una GTX 1080 Ti per alimentare meglio il suo monitor ultra-wide ultimo anno.
Questa scheda era stata rilasciata nell’estate 2015 e originariamente scontata a $650/£450. Nel 2016, ha subito un taglio ufficiale del prezzo, arrivando a costare $499/£350. Fino a dicembre, cioè poche settimane fa, sarebbe stato fortunato ad ottenere £250 per questa rivendendola su eBay.
Un paio di settimane fa ha provato a venderla per £380, pensando che alla fine avrebbe abbassato il prezzo a circa 300 sterline e ne sarebbe stato molto contento.
La mattina seguente, l’ha venduta, a £380. Ma al momento non ci sono R9 Nano in vendita su Ebay, il che fa sospettare che avrebbe potuto ottenere di più se avesse aspettato qualche settimana.
La ragione principale di questo è la cripto-miniera, una mania così invadente che persino l’UNICEF non ne è rimasta fuori. Tuttavia, un’attuale carenza mondiale di RAM veloce per schede grafiche e sistemi ne risulta aggravata. Anche gli stick DDR4 hanno prezzi gonfiati in questo momento. Non è difficile trovare le GPU, ma i prezzi sono ancora più elevati: il più economico DDR4 da 8 GB che si riesce a trovare costa £63, mentre meno di un anno fa si poteva avere un equipaggiamento simile (ma più veloce!) per £40. Anche la vecchia DDR3 non viene risparmiata, e nemmeno la GDDR5 che viene utilizzata dalla maggior parte delle nuove schede grafiche ben congegnate.
Anche se il denaro da spendere per acquistare la RAM di sistema è ancora meno di quello necessario per una nuova GPU decente, i costi della memoria sono aumentati in modo drammatico e non sembra che cambieranno presto. Non c’è una ragione assoluta per l’aumento dei prezzi della DRAM, ma le due teorie più diffuse sono che i dispositivi mobili e i server stanno occupando troppo della supply chain (anche se la crescita della telefonia mobile sembra rallentare) e le accuse di collusione ai principali produttori di DRAM: Micron, SK Hynix e Samsung.
La cryptovaluta rimarrà il principale parametro di valutazione dei prezzi e guiderà la disponibilità delle schede grafiche.
Ci sono un sacco di associazioni che si dedicano a questo, acquistare più GPU e impostarle per estrarre tutto il giorno, ogni giorno. I più grandi miner acquistano schede alla rinfusa, motivo per cui la maggior parte è esaurita, ed è questa mancanza di disponibilità a far crescere i prezzi. Alcune schede sono molto ricercate a causa di una combinazione di tecnologia e potenza, e la GTX 1070 ne è un esempio. Anche la Nano, nel frattempo, è una delle preferite perché è anche molto piccola e ne può mettere più di una.
L’imprevedibilità del mercato crypto fa sì che è possibile che i tassi aumentino, e quindi anche i profitti dei miner crescono in modo significativo. Ma chiaramente è una grande scommessa. Le schede di medio rango relativamente più economiche e ad alta efficienza energetica sono quindi una prospettiva più attraente per il minatore speculativo.
Dove questa strada possa portare è dato saperlo, ma a breve termine avremo di certo un vero problema: aggiornare i nostri PC fissi per giochi di ultima generazione è diventato quasi impossibile, o comunque antieconomico.
Tuttavia, Nvidia ha dichiarato che i rivenditori dovrebbero dare la priorità ai giocatori piuttosto che ai miner, sebbene sia un suggerimento, nell’impossibilità di imporre una regola. AMD, nel frattempo, ha sostenuto una recente richiesta di un investitore (come riportato da Polygon) che intende incrementare la produzione, osservando che le GPU vendute per minare criptovaluta attualmente costituiscono «una buona parte del nostro business». Tuttavia, sono limitate dalla ridotta disponibilità di memoria GDDR5 e HBM2 utilizzata dalle loro schede.
Un tentativo più concreto di affrontare questo problema è, come alcuni dei maggiori rivenditori online stanno facendo, limitare le vendite di schede grafiche a un pezzo per cliente, anche se chiunque gestisca una farm GPU è comunque in grado di configurare più account su Scan o Ebuyer. Ciò che nessuno sta facendo invece, è la tariffazione delle GPU in conformità con i loro RRP originali.
Al momento la cosa migliore da fare è rinviare l’aggiornamento di potenza del proprio PC, e sperare che i nuovi giochi di quest’anno non abbiano requisiti di sistema esagerati.




Come scegliere una tastiera da gaming?

Scegliere una tastiera da gaming rispetto quelle normali è difficile per via delle tante funzionalità, switch e tecnologie proprietarie, oltre all’enorme vastità di aziende che offrono prodotti diversi per ogni tipo di giocatore, come appunto per i mouse di cui abbiamo già parlato. Per questo abbiamo creato una guida in grado di dare dei buoni consigli d’acquisto, in linea al vostro budget.

Switch meccanici

Uno degli elementi più confusionari di una tastiera meccanica sono gli Switch MX Cherry che hanno dei codici colore, che troverete sulla maggior parte delle marche. Tuttavia ci sono delle eccezioni: alcuni produttori di tastiere, come Razer e Logitech, hanno i propri interruttori meccanici personalizzati. Gli Switch meccanici sono molto diversi dai tasti presenti su su mezzi più economici, cioè quelle a membrana. Forniscono un feedback migliore e il segnale viene inviato più velocemente. Non sono per tutti però, quindi vale la pena provare prima di acquistare.
Cherry produce sei diversi tipi di interruttori per tastiere MX, che prendono il nome dai colori:

Switch  MX Blue 

Gli Switch Blue restituiscono un clic tattile nel momento in cui il pulsante viene attivato, il che significa che si ottiene un riscontro istantaneo per ogni sequenza di tasti, che rende il tutto molto soddisfacente.

Switch MX Green

Gli Switch Green sono simili ma richiedono più forza degli Switch Blue per essere attivati. Questi sono ottimi per scrivere e per la digitazione ma producono un forte rumore; quindi se ci si trova in ​​uno spazio di lavoro condiviso o vi sono delle pareti sottili, è meglio evitarlo.

Switch  MX Brown

Gli Switch Brown sono simili al Blue ma il “clic” tattile è molto meno pronunciato. Sono anche meno rumorosi dei loro fratelli Blue e Green, con un suono più simile a un urto che un clic, ma ha uno scatto meno pronunciato rispetto agli interruttori Brown e richiede meno forza per l’attivazione. Questi interruttori sono una buona via di mezzo per i giocatori che scrivono anche molto.

Switch  MX Red

Gli Switch Red non hanno click tattili ma possiedono una corsa estremamente breve. Questi sono gli switch più comuni sulle tastiere da gaming grazie alla loro eccezionale facilità e rapidità di utilizzo. Sono meno confortevoli per lunghi periodi di digitazione e la mancanza di feedback può risultare fastidiosa per alcuni.

Switch  MX Black

Gli Switch Black sono molto simili ai rossi ma richiedono più forza per l’attivazione.

Switch  MX Speed

Infine abbiamo i nuovi Switch Speed, che hanno un punto di attuazione molto piccolo, appena 1,2 mm.

Nonostante abbiamo descritto ogni Switch è davvero necessario provarli per determinare quale sia il migliore per le vostre esigenze. È possibile acquistare campionatori di interruttori MX dal costo superiore ai 10 €, oppure controllare se nei negozi di informatica più vicini sono già esposti questi prodotti. Gli Switch MX Cherry inoltre sono intercambiabili tra loro nella maggior parte delle volte. Le tastiere non Cherry  invece stanno diventando più comuni, con compagnie come Logitech e Razer che scelgono di vendere le proprie tastiere con i propri interruttori personalizzati. Nonostante ciò gli Switch Cherry dominano ancora il mercato anche se le alternative stanno diventando sempre più popolari.

Altre features

Molte tastiere da gaming hanno a disposizione degli extra che li distinguono dalla massa. Per esempio, alcuni verranno forniti con porte USB, il che significa che è possibile collegare le periferiche direttamente alla tastiera, senza doverli collegare al PC. Alcune sono anche dotate di pulsanti aggiuntivi per le scorciatoie da gaming chiamate macro, che possono essere programmate tramite il software del produttore. Altre ancora hanno addirittura delle porte jack per collegare cuffie e microfono. E come per i mouse vi sono tastiere con i led, alcune con un colore fisso e altre RGB, con effetti di vario tipo. Come detto per i mouse non sono obbligatori, ma ormai nella maggior parte delle tastiere da gaming i led sono la norma, vista la loro utilità nel caso di sessioni notturne.

Tastiere a membrana da gaming

Ho voluto inserire questa sezione perché c’è gente che non riesce ad acquistare delle tastiere meccaniche oppure vuole tenersi con un budget basso ma vuole avere una buona tastiera per giocare. L’unica cosa che c’è da dire a riguardo sulle membrane è che bisogna guardare principalmente la qualità costruttiva e se la tastiera aggiunge tasti macro/funzione oppure la retroilluminazione, e in questo caso assicurarsi magari tramite le recensioni che si vedano bene i tasti al buio poichè l’unica funziona utile dei led è appunto come scritto sopra, per le sessioni notturne. Rispetto le meccaniche non c’è bisogno di guardare gli switch poichè non ci sono.

Per giocare a livelli alti con una velocità di risposta più elevata possibile e con comodità le meccaniche sono consigliatissime anche se esistono delle tecnologie con switch a infrarossi uscite da poco che possono contrastare le meccaniche, ma ne parleremo più avanti. Riguardo le tastiere a membrana invece non significa che sono sconsigliate per giocare, vi sono tastiere a membrana che vanno benissimo e non vi faranno pentire di non aver acquistato una meccanica. Un esempio di tastiera a membrana da gaming di alto livello è la Logitech G510 di qualche anno fa che tra ben 18 macro, tanti tasti funzione, jack per cuffie e microfono, led RGBtecnologia proprietaria che accellera la comunicazione tra tastiera e PC e addirittura uno schermo integrato per vedere statistiche di gioco o informazioni varie la rendono un’ottima variante delle meccaniche.




Tiny Rebel Beer si unisce a Tiny Rebel Games

Per alcuni Tiny Rebel è il nome di uno sviluppatore di videogiochi, per altri, è il nome di un premiato birrificio con sede a Newport, nel Galles, responsabile di alcune varietà di birre e bar, strani e meravigliosi. Questa non è una coincidenza, poiché queste due attività sono collegate nel logo, nel nome e persino nei familiari. Lee e Susan Cummings, il marito e la moglie che compongono lo staff di sviluppo videoludico, fanno anche parte dell’iconica birreria, gestita dal fratello di Lee, Bradley. Ora, per la prima volta, i due stanno lavorando insieme su uno strategico per dispositivi mobile che racconta la storia della Tiny Rebel Brewing Company, chiamato Tiny Rebel Beer Money Inc.

Come spiega Susan:

«la gestione di entrambe le aziende viene fatto a stretto contatto l’una con l’altra, da un gruppo di fratelli. Questo gioco è davvero il culmine degli ultimi sei anni, poiché entrambe le aziende sono cresciute l’una con l’altra; condividiamo un nome, condividiamo il marchio, condividiamo una famiglia e un amore reciproco per i giochi e la cultura pop.
Brad, che ha fondato il birrificio, è venuto da noi per omaggiare uno dei suoi giochi classici preferiti, Drugwars, la nefanda simulazione dell’impero della droga. Così ispirandoci a quel gioco abbiamo pensato bene di poter fare pubblicità alla nostra birreria attraverso un videogame, che rende l’esperienza molto più coinvolgente e istruttiva. Il gioco è gratuito, non ci sono annunci pubblicitari e niente acquisti in app.»

Ispirato pesantemente a Drugwars e Dope Wars, i giocatori si recheranno in un luogo, acquistando gli ingredienti che trasformeranno in birre per poi, alla fine, venderle. L’obiettivo è di spendere meno soldi possibili per fabbricare la birra, ricavando il maggior profitto vendendola. Successivamente i profitti possono essere utilizzati per potenziare il birrificio e acquistare più ingredienti. Tutto ha inizio nel garage dei genitori di Brad e Lee, dove le cose sono davvero iniziate. Col tempo ci si trasferirà nella loro prima birreria, che poi si aggiornerà assumendo nuove forme fino a quella attuale. Ll gioco è stato amorevolmente disegnato a mano da Tamsin Baker, un artista locale che ha creato anche il marchio per il birrificio.

Il rapporto tra le società produttrici di birra e videogiochi si è rafforzato negli ultimi anni dopo che Tiny Rebel Games ha lasciato la sua casa originale a Los Angeles per Newport, in modo da essere più vicino alla famiglia. Tiny Rebel sta ancora lavorando a Doctor Who Legacy, un gioco di ruolo rompicapo simile a un Puzzle game per smartphone, e sta attualmente sviluppando un nuovo gioco della serie Doctor Who chiamato Doctor Who Infinity, in questo caso, una serie di avventure grafiche per PC e smartphone più incentrato sulla narrativa.




PUBG vs. Fortnite: i re della Battle Royale

Il mondo del gaming si è arricchito di nuovi giochi che hanno lanciato un genere adesso in auge in ambito videoludico, la Battle Royale. Il primo è PlayerUnknown’s Battleground, titolo basato su precedenti mod sviluppate da Brendan “PlayerUnknown” Greene su svariati giochi (ARMA 2 su tutti) prendendo ispirazione dal film giapponese Battle Royale. Ne è venuto fuori lo stand alone che è diventato nel 2017 il titolo più giocato di Steam, che ha infranto ben 7 Guinness World Record, e che vede il giocatore affrontare online 99 avversari in un deathmatch su un’isola gigante.
La storia del successo di PUBG e di questo genere, non nasce soltanto dall’intuizione di una sola persona che ha magicamente creato il gioco del momento; dopo il film del 2000 infatti il concept dell'”ultimo sopravvissuto” che deve aver prima ucciso tutti gli altri per continuare a vivere è stato ripreso più e più volte nel mondo del cinema, non lasciando indifferente l’universo videoludico nel quale ritroviamo le medesime meccaniche, senza seconde chance per i giocatori, come in Counter Strike.
Contemporaneamente un primo concept di battle royale nei videogiochi si presenta come mod per Arma 2, poi riadattato per Arma 3. Ovviamente non era ancora conosciuto come tale, ma era soltanto un assaggio di quello che Greene avrebbe creato con PUBG. Nel frattempo abbiamo un altro esempio di questa formula: stiamo parlando di H1Z1, che ha al suo interno una battle royale costituita da ben 150 giocatori e che ha permesso a Greene di muovere i primi passi in ambito professionistico come consulente, prima di essere chiamato dai Bluehole Studios per lo sviluppo di PUBG.

Il secondo è invece Fortnite, un gioco completamente oscurato da tutti i competitor all’uscita ma che ha saputo rilanciarsi, ispirandosi al sistema di PUBG, creando la Fortnite Battle Royale. La storia di Fortnite è singolare, anche se abbiamo poche informazioni a riguardo: sappiamo che il progetto è nato circa 6 anni fa e che durante gli anni è stato ripreso e abbandonato varie volte fino a quando, Epic Games, lo ha salvato dal completo oblio sfruttando la formula dell’early access per poterne portare avanti lo sviluppo. Di base doveva essere un gioco survival, in cui salvare il mondo da una apocalisse zombie. Ci si aspettava un buon successo di vendite ma, paradossalmente, non per la meccanica della battle royale.
Essendo giochi dello stesso genere hanno molti punti in comune. Analizziamoli uno alla volta.

La tensione

Senza tensione, un gioco di questo genere non avrebbe senso di esistere; tensione in grado di far restare accovacciato cinque minuti dietro un albero e in  grado di farci preoccupare del numero di superstiti round dopo round. Questa tensione è alla base del genere battle royale. Sia in PUBG che in Fortnite quindi, il silenzio è il vostro miglior amico: muoversi con attenzione è essenziale e, al primo cenno di rumore, un brivido salirà lungo la schiena per la paura di essere scoperti. È possibile giocare come ne I mercenari di Stallone ma si rischierebbe di snaturare il gioco, visto che in una Battle Royale si sopravvive con l’astuzia e non con la forza.
Questa sensazione tende a variare tra i due titoli: in Fortnite l’azione è più veloce; il cerchio velenoso che vi circonda si restringe più velocemente che in PUBG e la mappa è più piccola. PUBG  è al contrario un gioco nel quale i nervi vanno tenuti ben saldi perché semplicemente la partita dura di più. Difficile decretare il migliore in questo ambito, dipende dalle vostre preferenze, soprattutto in termini di durata.

Le mappe

La mappa in questo tipo di titoli, fa la differenza. Come già accennato, in Fortnite si ha la sensazione di giocare a qualcosa di già visto, con un po’ Minecraft e un po’ Team Fortress per citarne un paio, mentre grazie alla vastità della sue mappe PUBG si distingue. Andando più nello specifico nel titolo Epic vi è una sola piccola mappa rispetto a quella del rivale e inoltre, PUBG ha ormai introdotto Miramar, la mappa desertica che si va ad aggiungere a Erangel. Dalla sua Fortnite offre un design più cartoonesco, che per alcuni può risultare più gradevole.
Riguardo le mappe, è visibile a occhio che quelle in Player Unknow sono molto più vaste, offrendo molteplici strategie ma anche molti più rischi; implica anche una certa percentuale di fortuna poiché, se si sbaglia punto di atterraggio, si dovrà prendere un veicolo e rischiare di essere uccisi. In Fortnite questo non accade per un semplice motivo: come detto la mappa è più ridotta e facile da attraversare, e questo aiuta e non poco i giocatori a trovarne altri e a ucciderli facendosi strada per la vittoria.
PUBG offre più ripari sul territorio ma questo viene compensato in altro modo da Fortnite, che approfondiremo di più analizzando la tattica dei due giochi.

La tattica

La tattica da imbastire, se si vuole sopravvivere è differente, ma in tutti e due i casi fortemente rilevante. In Fortnite bisogna “craftare” per riuscire a costruire le proprie difese e per sopravvivere si ha bisogno di fantasia e inventiva; in PUBG è fondamentale trovare la posizione giusta e non si ha nulla a disposizione oltre la mappa e i loot già pronti.
Ma andiamo nel dettaglio per capire meglio cosa fare in uno e cosa nell’altro. In Fortnite, non appena a terra, avremo la possibilità di costruire quel che serve e, prima che inizi il livello; si avrà anche l’opportunità per creare il materiale distruggendo elettrodomestici, auto, ecc. Durante la fase di combattimento vero e proprio quindi, potremo creare delle posizioni rialzate e mura per proteggere noi stessi o il nostro team. Questo, darà vantaggio ai più veloci a costruire, per esempio, ripari rialzati che offrono una visuale migliore sul nemico.
In PUBG dovremo cavarcela con ciò che si trova in giro e non si avrà tempo di cercare nuovo equipaggiamento; saremo subito scaraventati nell’azione e molta importanza verrà data quindi ai ripari e agli edifici rialzati che danno ai cecchini l’opportunità di sopravvivere più facilmente. Comune a entrambi i titoli, è lo spostamento continuo, dato che si è circondati da una nube circolare di gas velenoso e, ogni posto ritenuto sicuro,  non lo sarà per molto.

Il combat system

Nonostante i due giochi siano molto simili, il sistema di combattimento è alquanto diverso, anche se valido per entrambi. In Fortnite vi è un solo tipo di mira, mentre in PUBG il tutto è strutturato diversamente: ne abbiamo di tre diversi tipi: l’Hip Fire che offre la possibilità di sparare a dispetto della precisione, ovviamente la classica opzione di mira, sempre in terza persona, e infine, quella che possiamo definire la modalità cecchino, medio/lungo raggio, l’ADS (aiming-down-sights) che trasposta il tutto in prima persona offrendo la possibilità di mirare in maniera precisa.
Per quanto riguarda le armi quest’ultimo stravince a mani basse su Fortnite: la loro quantità  è molto più ampia e a tratti, tende alla simulazione, mentre il sistema delle armi è più semplificato in Fortnite. Inoltre in Player Unknow, troviamo i veicoli che possono aiutare o danneggiare il giocatore durante il combattimento esplodendo.

Gli ultimi cinque minuti

Gli ultimi cinque minuti di gioco, sono quelli che decidono le sorti di una battle royale, dopo la “selezione naturale” susseguitasi e dove più forti hanno prevalso. È il momento in cui bisogna rimboccarsi le maniche e fare sul serio. Su Fortnite, gli ultimi minuti si svolgono all’interno di fortezze molto vicine e questo non fa altro che aumentare la frenesia da combattimento, dando una motivazione in più ai giocatori a migliorare il più possibile l’equipaggiamento prima di questo momento, poiché sarà essenziale sul finale di partita. L’ultima fase di PUBG, seppur piena di tensione è priva d’azione, i giocatori tendono a muoversi con poca avventatezza.

Le conclusioni

Sembra che la battaglia all’ultimo sangue tra Fortnite e PlayerUnknow’s BattleGround sia terminata. Si tratta di videogame molto validi e molto simili, anche se differiscono per alcune meccaniche il cui loro apprezzamento deriva essenzialmente dal gusto personale. Questo non ci esime dal dare un parere oggettivo: per quanto riguarda la mappa, nonostante la grandezza, PUBG offre meno spunti strategici mentre, discorso analogo, ma a parti invertite, per il combat system, dove, rispetto a Fortnite, bisogna agire con una tattica più articolata. La scelta è ardua e per questo motivo consigliamo entrambi i titoli: Fortnite  va benissimo per un divertimento più rilassato, mentre PUBG per una vera e propria sfida competitiva.




Annunciato Assetto Corsa Competizione

Assetto Corsa è ormai un titolo con un’immensa fanbase, capace di apprezzarne le qualità da simulatore di guida e per certi aspetti “idolatrato” dai veri puristi dei racing game. Se è vero che sull’aspetto puramente dinamico e costruzione dei modelli delle vetture Kunos è assolutamente esente da critiche, Assetto Corsa ha peccato in numerosi elementi essenziali per un racing game moderno, come la campagna single player, accessibilità al multiplayer ed elementi di contorno un po’ raffazzonati, che lasciavano trasparire alcune limitazioni del team di sviluppo, enfatizzate anche dal debutto su console. Ma ciò nonostante, il potenziale di Assetto Corsa era palese e probabilmente l’unico titolo in grado di fregiarsi della dicitura “The real driving simulator“.
Mentre molti attendevano l’annuncio di Assetto Corsa 2, Kunos ha deciso di sorprendere tutti, portandoci in pista ancora una volta con Assetto Corsa Competizione, la naturale evoluzione del progetto di Massarutto e Co., fragiandonsi della licenza ufficiale del Campionato FIA Blackpain GT Series (l’ex FIA GT3). Questa partnership consentirà al titolo di replicare l’intero campionato, le sue 18 vetture e i tracciati, sempre riprodotti alla perfezione con la tecnologia laser scan.
Tutto ruota attorno all’utilizzo dell’Unreal Engine 4, che ha permesso l’implementazione di numerose feature come il meteo dinamico e ciclo giorno/notte: gravi mancanze di Assetto Corsa, sono elementi ormai imprescindibili per un racing game. Fortunatamente, l’utilizzo del nuovo motore grafico, garantirà la riproduzione degli effetti meteo, dal caldo torrido alla tanto agoniata pioggia. Le variazioni di temperatura e le condizioni dell’asfalto influenzeranno in modo sostanziale l’andamento dinamico della vettura, regalando sensazioni del tutto nuove per un gioco di guida. Certo, bisognerà verificarne gli effetti sul campo, ma Kunos ha saputo abituarci bene nella restituzione dei feedback dalla pista. Sarà possibile dunque effettuare gare di durata come la celebre 24 Ore di Spa, assistendo a cambiamenti di luce, temperatura e meteorologici in tempo reale, restituendo un evento credibile.
L’utilizzo del nuovo engine permetterà anche un boost sulla componente tecnica, sia puramente grafica che audio con inoltre, l’utilizzo della motion capture per rilevare e riprodurre i perfetti movimenti di piloti, meccanici e staff di un team di corse.

Assetto Corsa Competizione saprà portare probabilmente i racing game su un nuovo livello ma bisognerà testare attentamente queste novità. Meteo dinamico, il risicato numero di vetture e le modalità di gioco saranno punti fondamentali da sviscerare non appena il titolo sarà disponibile. Non dovremo nemmeno aspettare tanto: Assetto Corsa Competizione sarà disponibile in early access a partire da questa estate, su Steam.




Sea of Thieves: microtransazioni in vista

Di recente, i ragazzi di Windows Central hanno avuto l’opportunità d’intervistare Joe Neate, produttore esecutivo dell’attesissimo Sea of Thieves.
Durante l’intervista, Neate ha discusso dei suoi vari compiti da produttore esecutivo, che variano dal controllare il lavoro del team, controllare il budget, i tempi di consegna e capire la reazione dei giocatori ai cambiamenti introdotti all’interno del titolo.
Lo stesso Neate ha annunciato che il gioco sarà disponibile all’interno di Xbox Game Pass (sarà possibile provarlo gratuitamente per un mese). Infatti, secondo quanto dichiarato, la possibilità di provare il gioco all’interno di questo servizio, potrebbe far appassionare utenti che non amano questa tipologia di titoli che basano la loro vita sull’online.

Durante il suo periodo di beta, Sea of Thieves ha avuto ottimi riscontri sia sul piano di giocatori attivi, sia sul piano delle visualizzazioni nelle piattaforme streaming. Neate ha annunciato che il team di sviluppo farà tutto il necessario per garantire il miglior lancio possibile, tramite stabilità dei server e, soprattutto, grande attenzione verrà posta all’ascolto dei feedback degli utenti.

I futuri aggiornamenti, saranno strutturati in modo tale da poter rendere felici due tipi di giocatori: per i più assidui, verranno inseriti nuovi oggetti e obiettivi, in modo da tener sempre alta l’attenzione mentre, per i giocatori casual, vi sarà l’aggiunta di missioni e nuove funzionalità. Dopo un paio di mesi dal lancio verranno, inoltre, introdotte le microtransazioni attraverso l’acquisto di valuta in gioco, così da garantire agli sviluppatori entrate extra. Gli acquisti della valuta non porteranno vantaggi nella progressione ma saranno utili solamente per la personalizzazione estetica. Per esempio, verranno aggiunti animali domestici che ci accompagneranno a bordo della nostra nave e – a detta del team di sviluppo – sarà possibile sbatterli fuori tramite i cannoni.

A detta di Neate, non saranno presenti DLC; il gioco verrà ampliato solo con aggiornamenti gratuiti, ma al contempo, il team inventerà nuovi modi per favorire transazioni monetarie da parte dei giocatori con l’aggiunta di elementi bizzarri, come per esempio, una pozione che trasforma il proprio personaggio in un anziano.
All’interno del titolo saranno presenti eventi durante il fine settimana con NPC in grado di assegnare nuove missioni. Il gioco sarà aggiornato molto spesso, tanto che potremo trovare elementi di gameplay e visivi diversi dal solito, come molti più squali, cicatrici, nuovo vestiario, ecc. Il team ha come obiettivo principale quello di rilasciare piccoli aggiornamenti molto spesso per  poi rilasciarne di molto più “coinvolgenti” ogni 6-8 settimane.
Sea of Thieves uscirà il 20 Marzo 2018 per Xbox One e Windows 10  a 59,99 euro o come parte di Xbox Game Pass a 9,99 euro al mese.

Voi cosa ne pensate? Comprerete Sea of Thieves?




Il futuro dei free to play passa da Dauntless

Dopo quattro anni dall’apertura degli studi di Vancouver, gli sviluppatori canadesi di Phoenix Labs sono pronti per il lancio del loro primo gioco: Dauntless, un action RPG free to play, con elementi che richiamano una “hit” odierna come Monster Hunter World. Il gioco è attualmente in closed beta, a cui è possibile partecipare solamente tramite invito o comprando uno dei pacchetti “founder” che partono da 40$ fino a arrivare ai 100$.
Grazie anche ad alcuni sponsor come Sapphire Ventures, GGV e Ridge, lo studio ha attraversato una rapida fase di crescita, tanto da aprire un secondo studio a San Mateo, California. Tutto ciò ha permesso al co-fondatore e CEO della compagnia, Justin Houston, di ripensare il metodo di monetizzazione del gioco, eliminando le loot box.

Ecco la sua spiegazione a riguardo questo argomento:

«Esistono ottimi sistemi di loot box che ti fanno pensare “ho un po’ di soldi in tasca, potrò prendere qualcosa di figo?’”; Ma quando il tuo desiderio è una parrucca rosa… Non pensavamo di dare davvero ai nostri utenti ciò che desideravano. Abbiamo cominciato quindi a pensare un sistema che ti faccia dire “voglio quest’oggetto e l’ho comprato”.»

Gli sviluppatori hanno messo in chiaro che la monetizzazione di Dauntless riguarderà solamente la parte cosmetica. Così come dichiarato da Houston:

«Vogliamo stare lontani da tutto ciò che può essere percepito come pay to win. Se vedete un personaggio con un’armatura e una spada figa, vogliamo che il giocatore sappia che quell’utente l’ha guadagnata giocando e uccidendo la creatura da cui si ottiene tale loot. Vogliamo concentrarci sull’offrire delle belle esperienze per la community, piuttosto che trovare il miglior modo per ottenere i loro soldi.»

Per quanto riguarda le discussioni con i partner finanziari a riguardo del sistema di monetizzazione:

«Ho ricevuto più domande sul gameplay, le armi e i mostri rispetto al sistema di monetizzazione da usare, se le loot box o acquisto di oggetti precisi. Sappiamo che le microtransazioni sono uno degli aspetti cruciali di un gioco, che sia free to play o no, e non vogliamo essere penalizzati dal non implementarle come si usa fare oggi.»

Houston, lo scorso anno, aveva previsto che il futuro dei free to play occidentali fosse legato a doppio filo con le loot box. Adesso vuole puntare tutto sul sapere cosa si acquista, eliminando il “caso” che porterebbe a frustrazione molti utenti. Fortunatamente sembra che gli investitori siano d’accordo con le visioni dei tre ex sviluppatori di Riot Games, creatori del successo globale di League of Legends.
Ne sapremo di più quando Dauntless arriverà in open beta nel corso dell’anno.




Sparatoria Florida: il governatore del Kentucky contro i videogiochi

Mercoledì a Parkland, in Florida, un 19enne considerato da tutti un appassionato di armi ha aperto il fuoco in una scuola superiore, uccidendo 17 persone. L’ennesimo attacco sul suolo americano che ha riacceso il dibattito sulle origini di tanta violenza. Lo stesso Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, è intervenuto introducendo un discorso riguardo il «declino della cultura moderna», facendo orecchie da mercante sul vero problema presente sul suolo americano, ovvero la facilità con cui si riesce a reperire armi.

Su questa scia troviamo anche Matt Bevin, governatore del Kentucky, secondo il quale i videogiochi hanno un ruolo cruciale riguardo la «cultura della morte che oggi così facilmente celebriamo», che fondamentalmente è la principale responsabile di incidenti come questo. Bevin in un’intervista per Leland Conway:

«Alcuni videogiochi sono limitati a un pubblico adulto ma tutto il mondo sa che anche i bambini li giocano. Esistono titoli che fanno delle stragi il loro punto di forza, premiando la loro riuscita e l’omicidio di qualcuno che in quel momento chiede pietà. Parlo di videogiochi quotati, anche protetti dal Primo Emendamento.»

Ha poi continuato, riferendosi alla sentenza della Corte Suprema:

«Le reputo spazzatura, come la pornografia: desensibilizza le persone rispetto al vero valore della vita umana, alla dignità delle donne, alla dignità dell’umanità, e stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato.»

Bevin ha chiesto ai media di assumersi le responsabilità di ciò che rilasciano e continua:

«Perché abbiamo bisogno di videogiochi che incoraggino le persone a uccidere altre persone. Che si tratti di romanzi, che si tratti di Serie TV, che si tratti di un film, chiedo ai produttori di domandarsi quale sia il reale valore dei loro lavori, oltre la speranza di un guadagno. Ma a quale prezzo?»

I videogiochi, così come altri media di intrattenimento, sono dunque per Bevin la causa che ha snaturato la moralità della società moderna. Secondo il governatore, i genitori hanno smesso di educare i propri figli, liberandosi delle loro responsabilità e permettendo ai bambini di «creare le proprie regole senza conseguenze».
Questa però non è la prima volta che Bevin si scaglia contro i videogame in seguito a una strage scolastica. In un video presente su Facebook, in seguito alla sparatoria di Boston dello scorso Gennaio, aveva puntato il dito contro i videogiochi come parte di quell’industria di intrattenimento che «abitua i giovani a una realtà tragica dove la morte è una costante permanente».

Negli Stati Uniti i videogiochi sono assiduamente accusati di avere un ruolo fondamentale in queste stragi, a partire dalla famosa sparatoria di Columbine avvenuta nel 1999 i cui responsabili sarebbero stati dei fan del videogioco Doom. L’assassino della strage alla Virginia Tech del 2007 era solito giocare a Counter-Strike, noto sparatutto, mentre il norvegese Anders Behring Breivik amava Call of Duty. Ma la campagna anti-videogiochi ha toccato il fondo, rendendosi ridicola, per opera dell’avvocato Jack Thompson, che aveva addirittura citato in giudizio Grand Theft Auto IV. Il dubbio che i videogiochi possano avere delle responsabilità ha sfiorato anche Barack Obama, ex presidente degli Stati Uniti d’America che aveva sensibilizzato i centri per il controllo delle malattie a studiare gli effetti dei videogiochi violenti.

Per quanto gli studi siano stati davvero tanti, non si è mai trovata una correlazione tra videogiochi e comportamenti violenti. Che sia invece la facilità con cui un ragazzo, un adulto riesca a procurarsi un’arma all’interno del territorio USA? Perché puntare il dito contro qualcosa che si odia, in questo caso l’industria dei videogiochi, è molto più semplice e veloce che creare una legge che limita la vendita delle armi.

L’industria videoludica non è un mezzo che trasmette violenza. Molto spesso risulta essere un metodo d’intrattenimento culturale in grado di insegnarci qualcosa di importante, raccontandoci una storia e che riesce a spiccare con l’arte e la creatività degli sviluppatori, che con enorme passione provano a plasmare qualcosa che faccia leva sui sentimenti dei videogiocatori.