Wolfenstein II: I diari dell’Agente Morte Silenziosa (DLC) – Ma che Veramente?

Il secondo racconto delle Cronache della Libertà, serie di DLC rilasciati per Wolfenstein II: The New Colossus, ci permette di conoscere l‘Agente Morte Silenziosa (a.k.a. Jessica Valiant), ex OSS che durante la Seconda Guerra Mondiale fu artefice di numerose perdite umane del fronte nazista e che, dopo il tradimento e l’uccisione del suo collega e amato, si è gettata tra le braccia dell’alcool. Ma, un giorno, l’opportunità di trovare vendetta bussa alla sua porta.

Tra nazisti e Martini

Dopo la blanda narrativa dedicata a Joseph Stalion, purtroppo questo secondo capitolo dei contenuti aggiuntivi non migliora la situazione. La sceneggiatura che fa da sfondo alle vicende di Jessica Valiant risulta addirittura meno coinvolgente rispetto al contenuto precedente, portando di fatto una storia che non racconta nulla nuovo e un personaggio ancora una volta mal sfruttato: i suoi trascorsi annegati nell’alcool non trovano approfondimento, diventando una piccola bozza di caratterizzazione. Non vi è alcuna spinta interessante su alcuna tematica, né traccia degli elementi “sopra le righe” che hanno caratterizzato la stupenda narrativa di Wolfenstein II, rendendo di fatto questo DLC soltanto una discreta occasione per saggiarne ancora una volta le ottime meccaniche sparatutto del titolo.
Anche qui tornano le cutscene “animate” che  – purtroppo – abbiamo imparato a conoscere ne Il Pistolero Joe, e che non riescono a rendere giustizia a quanto di buono realizzato nel titolo principale. È come se questi contenuti fossero stati immessi senza prendere in considerazione le scelte narrative di The New Colossus: i contenuti sembrano fin troppo distaccati e con pochi elementi in comune con  le storie di Blazkowicz e soci. La durata, inoltre, continua a non aiutare: è possibile terminare I Diari dell’Agente Morte Silenziosa in circa un’ora.

Non sono Splinter Cell!

Come detto nella recensione del precedente DLC, peculiarità dei nuovi personaggi è lo sfruttamento di alcuni elementi tecnologici che in Wolfenstein II aumentavano di molto la varietà nel gameplay. Se il Pistolero Joe aveva a disposizione “il potere dell’Ariete”, Jessica Valiant può contare sul costrittore, che non è un elemento da 50 Sfumature di Grigio, bensì un mezzo in grado di restringere la cassa toracica della protagonista permettendole di sgusciare via tra gli stretti cunicoli presenti nella mappa. Questo elemento ben si sposa con le peculiarità dell’agente, chiamata appunto Morte Silenziosa per la sua efficacia nell’eliminare i nemici senza esser mai scoperta.
Il secondo DLC, dunque, sposta l’intero focus sulle dinamiche stealth, o almeno ci prova: Wolfenstein II è uno sparattutto che certamente permette eliminazioni silenziose, ma il suo meglio è  espresso tramite caotiche – ma ben messe in scena – sparatorie, il che ha fatto sì che The New Colossus sia stato tra i più apprezzati esponenti del genere negli ultimi anni. Incentrare tutte le dinamiche di un gioco di questo tipo su meccaniche stealth mette alla berlina soprattutto un’IA incapace di integrarsi al meglio con le avventure dell’ex agente OSS: basterà infatti restare all’interno di un cunicolo, aspettando che il malcapitato nazista incroci il nostro percorso, per assassinarlo in totale sicurezza. Anche nel caso in cui commettessimo un errore – e quindi facessimo scattare il tanto odioso allarme – basterà ripetere la procedura. Eppure ci sarebbe voluto poco: stanarci attraverso granate, costringendoci a cambiare postazione avrebbe messo un po’ di quel “pepe” al gameplay che purtroppo in questo caso manca. Fortunatamente ci vengono in soccorso alcune peculiarità di Jessica, come un bullet time attivato passivamente non appena veniamo scoperti, permettendoci di sparare un colpo prima di metterci al riparo. Ma è troppo poco per rendere il tutto “esaltante”. Terminata la storia, infatti, resterà quasi nulla dell’esperienza, che potrete comunque completare al 100% cercando i vari collezionabili sparsi per le mappe. Su questo fronte, forse, è stato fatto qualcosa in più, portandoci anche al di fuori del nostro pianeta, ma continua ad avvertirsi il riutilizzo (ridondante) di alcuni asset del gioco principale.
Anche sul fronte tecnico non sono presenti novità rilevanti, potendo rimandare l’analisi di questi aspetti alla recensione di Wolfenstein II: The New Colossus.

In conclusione

Anche questo DLC purtroppo lascia l’amaro in bocca. Dopo il Pistolero Joe, Morte Silenziosa non riesce a regalare momenti memorabili, nonostante lo sfruttamento di alcune meccaniche che avrebbero senza dubbio valorizzato l’altra faccia della medaglia del frenetico gameplay di Wolfenstein II. La durata risicata e una IA non all’altezza rendono questo contenuto aggiuntivo un semplice passatempo per chi ha già acquistato il season pass. Per chi ancora non l’avesse fatto, anche in questo caso, il prezzo probabilmente non vale il biglietto.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




Rivelata la data di uscita di Vampyr

Annunciata la data di uscita di Vampyr da parte di Dontnod Entertainment e Focus Home Interactive, uscirà il 5 giugno 2018 su PC, Playstation e Xbox One.

La notizia è stata data attraverso la webserie Stories from the Dark, basata sulla trama del videogioco, ambientato a Londra nei primi del ‘900 durante un’epidemia che ha trasformato tutti gli abitanti in vampiri assetati di sangue

Vampyr non presenterà DLC, multiplayer o microtransazioni, ma, al contrario delle tendenze degli ultimi tempi si baserà esclusivamente sul singleplayer.




Josh Sawyer: perché Obsidian creerà una propria IP

Lo studio Obsidian, dopo 14 anni di attività si ritrova in una posizione del tutto nuova: per la prima volta infatti, creerà un sequel per un IP proprietaria, dopo aver espresso il suo talento nello sviluppo di videogiochi commissionati da terzi.
Ma ormai siamo vicini all’uscita del secondo capitolo della saga proprietaria di Obsidian, Pillars of Eternity 2, con uscita pianificata per il mese di Aprile, dopo aver raccolto 4.4 milioni di dollari sul portale di crowdfunding Fig.

Obsidian è uno studio ben conosciuto tra i fan degli RPG: fondato nel 2003, iniziò a lavorare su Star Wars: Knights of the Old Republic che riscosse un certo gradimento tra critica e pubblico; tra i loro lavori di successo, titoli come Fallout: New Vegas e South Park: Il Bastone della Verità.
Josh Sawyer, creative director del gioco, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’uscita imminente del titolo a Gameindustry:

«La pressione è più o meno la stessa di sempre dato che conosco le aspettative delle persone a cui piacciono i giochi basati su Infinity Engine; ma anche lavorando sull’IP di qualcun’altro hai delle aspettative ben precise. Lavorando su Star Wars, per esempio, saranno sempre presenti fan che esprimeranno un’opinione su questo o quell’altro. É più snervante lavorare su Pillars of Eternity perché la responsabilità è tutta nostra, ma nonostante ciò, non sentiamo la pressione perché siamo sicuri di poter fare un buon lavoro su questa, come su qualsiasi altra IP. Quindi da questa prospettiva mi sento totalmente a mio agio nel lavorarci; so solo che non voglio deludere la compagnia e non voglio sprecare la chance per fare qualcosa di buono per i fan.»

Continua poi in merito alle intenzioni dell’azienda per il proseguo della saga:

«Poiché questo titolo è una proprietà intellettuale di Obsidian vogliamo continuare a svilupparlo, sia con questo capitolo che con un potenziale spin-off; vogliamo che rimanga aggiornato e popolare e che continui a crescere col tempo. Perché per uno sviluppatore Indie possedere una IP è una benedizione e se questa è popolare, allora è una doppia benedizione; non possiamo sprecarla.»

Sawyer dimostra quindi di essere consapevole di quanto sia importante questa serie per i ricavi dello studio e per l’ampia libertà nella creazione del titolo che ha a disposizione. Infatti, durante l’intervista allude anche alla frustrazione che si prova nel dover lavorare con i proprietari delle varie IP, forse un po’ troppo “protettivi”.

«Per grandi IP come Star Wars ci sono molte persone alla Lucasfilm, ma ora alla Disney, che sono responsabili per mantenere il DNA della saga e può essere frustrante entrarvi in confitto. Loro vogliono qualcosa che vada bene, ma è un processo molto più difficile perché ciò che pensi sia figo, eccitante e interessante deve andare bene anche a loro per poterlo applicare.»

Ritorna poi sul titolo che sta sviluppando:

« È un gioco che ha cambiato franchise nel corso degli anni e la percezione di cosa va e di cosa non va è cambiata durante questo periodo. È veramente un problema perché quando l’IP di un proprietario può andare in contrasto con la tua idea, devi ricostruire tutto. Ma quando l’IP è tua, tu sei quello che decide quale direzione essa prenderà, e riesci a capire meglio su cosa si sviluppa l’IP; questo aiuta a farla evolvere nella maniera più naturale possibile.»

Ciò che può creare un problema allo studio in questo caso è il fatto che l’intero progetto sia in crowdfunding e quindi esiste una fan base che si aspetta un certo tipo di prodotto, questione ovviamente presa in considerazione da Obsidian:

«Abbiamo provato ad ascoltare tutti ma ovviamente non possiamo prendere alla lettera tutto ciò che ci viene detto; dobbiamo basarci sulla nostra esperienza e leggere tra le righe. Un’altra cosa che stiamo facendo è affidarci sia al feedback del singolo utente che di quello complessivo della telemetria (Beta Tester).»

Poi sui feedback e sui dati aggiunge:

«I dati ricevuti dai Beta Tester non sono sempre una soluzione, sono solo un altro strumento che ci aiuta a capire che strada intraprendere. Se senti molte persone esprimere un parere ma possiedi dati contraddittori, devi iniziare a chiederti perché ci sono dati che non dicono tutto»

Con Deadfire, Obsidian è a rischio, perché per la prima volta si mette in gioco da studio proprietario:

«Ho lavorato a vari titoli che, per un motivo o per un altro, sono stati spinti a uscire prematuramente e ne sono consapevole. Con il primo capitolo di Pillars of Eternity doveva essere tutto pronto entro l’inverno ma non lo era; lo era a livello tecnico, c’era tutto quello che doveva esserci ma non si giocava bene ed era pieno di bug.»

E conclude:

«Questa è la nostra IP, qualcosa che facciamo per i fan. Non vogliamo perdere tempo, non vogliamo girare attorno a cose stupide, ma capiamo di aver avuto una chance per dare un’ottima impressione di noi con questo franchise, quindi ci prendiamo più tempo. Il gioco sarà migliore e avrà comunque problemi al lancio, ma questa è la strada migliore da intraprendere. Non avreste voluto vederlo prima del lancio»



Nuove soluzioni anti-cheat per PUBG

Oltre un milione di giocatori sono stati bannati da PlayerUnknown’s Battlegrounds nel solo mese di gennaio, portando il totale a oltre 2,5 milioni. In difesa dei giocatori onesti, interverrà dunque BattlEye, un sistema di protezione anti-cheat preventivo, che innalza uno scudo intorno al gioco, bloccando di fatto la maggior parte dei tentativi di violazione. Ultimamente, sulla pagina Twitter del nuovo sistema è stato rilasciato il seguente comunicato: «sfortunatamente, i cheater e ban continuano ad aumentare». Infatti, con oltre 30 milioni di giocatori tra PC e Xbox One, un certo numero di cheater è inevitabile. Tuttavia, lo sparatutto è stato preso di mira da questi “furbetti” sin dal suo lancio in early access (accesso anticipato) a marzo dello scorso anno, con lo sviluppatore che si è ritrovato costretto a bannare 322.000 giocatori in soli sei mesi.

Dohyung Lee, responsabile della gestione dei servizi e del programma anti-cheat di PUBG Corp, ha affermato:«comprendiamo profondamente l’inconveniente che i nostri giocatori stanno vivendo a causa dei cheater e stiamo facendo del nostro meglio per combattere coloro che creano, distribuiscono e utilizzano i cosiddetti trucchi». Sta per essere comunque rilasciato, una nuova soluzione anti-cheat interna, pronta a essere introdotta la prossima settimana: «questa soluzione integrerà i sistemi che sono già stati sviluppati e implementati. Il suo obiettivo principale per ora è bloccare i programmi non autorizzati, ma sarà ulteriormente sviluppato per ampliare la portata delle sue capacità.»




Dragon Ball FighterZ – Più Coerente dell’Opera Originale

Siamo ormai alle battute finali del Torneo del Potere, ultimo arco narrativo – finalmente – di Dragon Ball Super, midquel del celeberrimo Dragon Ball Z, che ha sconquassato – e non poco – molti elementi della mitologia creata da Akira Toriyama. In questi ultimi anni, quindi, la voglia di rivivere le emozioni di uno dei più famosi battle shonen di sempre è tornata più viva che mai, anche in ambito videoludico, dove Dragon Ball Xenoverse – ancora in auge con il suo secondo capitolo – è riuscito in qualche modo a intrattenere gli amanti della saga, nonostante il mancato sfruttamento di meccaniche picchiaduro di livello. Serviva quindi qualcosa di potente, un vero fighting game, che manca dai tempi della serie Budokai e Tenkaichi: tutto questo è Dragon Ball FighterZ. Fin dalla sua presentazione all’E3 2017, Fighterz è riuscito sin da subito ad attrarre gli sguardi dei fan, portando in tutto e per tutto lo spirito della saga, visivamente e, soprattutto, coi contenuti.

Chi sei? Goku non lo sai

Dragon Ball Fighterz riesce a offrire una buona varietà di contenuti, racchiusi in un hub centrale che funge anche da stanza per il multiplayer. L’evento principale è ovviamente la Modalità Storia presente in tre differenti versioni, unite da un unico filo conduttore. Tutto ruota intorno all’Androide N° 21, personaggio ideato dallo stesso Akira Toriyama. Divenuta capo dell’esercito del Red Ribbon – di quello che ne rimane, almeno – è spinta dal solo obiettivo di acquisire nuova forza, mangiando letteralmente i più forti combattenti del mondo di Dragon Ball. La sua fame insaziabile, dovuta essenzialmente alle cellule di Majin Bu innestate nel suo corpo, procurerà grossi grattacapi ai nostri eroi ma anche – e questo è interessante – ai temuti nemici quali Cell e Freezer. Saremo noi stessi a cambiare il loro destino, prendendo – di fatto – in prestito i loro corpi e la loro forza. Benché non si tratti di una sceneggiatura da premio Oscar, le tre trame distinte offrono l’opportunità di approfondire le origini dell’Androide e i vari retroscena che hanno portato alle vicende iniziali. La narrazione si fregia di numerosi momenti da fan service, ben studiati e che riescono ad aggiungere ancora più dettagli alla caratterizzazione dei personaggi ideati da Toriyama San. Quest’arco narrativo può essere effettivamente considerato come una saga filler di Dragon Ball Super, trovando perfetto inserimento tra il reclutamento di Gohan nel top team dell’Universo 7 e il Torneo del Potere, battle royale in cui i combattenti di otto universi si danno battaglia per scampare all’annientamento totale. Prendendo come assodato questo elemento, Dragon FighterZ riesce a non sfigurare rispetto alla contemporanea serie animata, diventando in tutto e per tutto qualcosa che potrebbe definirsi “canonico”. Trovano spazio anche alcune “chicche” come l’abbattimento della quarta parete durante la narrazione o attraverso eventi dedicati, in cui ci troveremo faccia a faccia con il nostro alter ego “dragonballiano”.

Purtroppo il rovescio della medaglia è sempre dietro l’angolo: se è vero che la narrazione risulta interessante, è la sua conduzione a non convincere a pieno. Tra un capitolo e l’altro, sono presenti alcune mappe in cui, attraverso un percorso libero, affronteremo diversi scontri prima di arrivare al “boss di fine livello”. Se da un lato questi scontri risultano utili per accumulare punti esperienza, perk passivi, in grado di aiutarci nel cambiare l’esito di un combattimento e, aggiungere alcuni personaggi al proprio team, dall’altro risultano ripetitivi e soprattutto privi di gratificazione, in quanto la loro difficoltà è tutt’altro che proibitiva. È vero, qualche “siparietto” ed easter egg tra i personaggi scelti è sicuramente interessante, ma questi non sono così frequenti da controbilanciare adeguatamente. Il risultato è, alla lunga, quello di rendere prolissa una narrazione che, senza questo problema, risulterebbe leggera e a tratti divertente.

Le altre modalità di gioco non sono meno importanti. Da non sottovalutare la sezione Tutorial – anche se poco approfondita – e la Modalità Allenamento, in cui potremo imparare le basi del combattimento e migliorare di volta in volta; presenti anche battaglie in locale, dove sfidare gli amici, creando anche dei tornei appositi. È presente una corposa Modalità Arcade, costituita da diversi percorsi casuali in cui affronteremo combattimenti sempre più difficili, in base al punteggio ottenuto negli scontri precedenti. I vari duelli presenti risultano appaganti e spingono il giocatore a una continua sfida, non solo contro la CPU ma soprattutto contro se stessi.
Le varie modalità offline non sono altro che una prova generale per il Multiplayer Online, dove guerrieri di tutto il mondo competono per diventare i numeri uno della classifica mondiale. Fortunatamente il matchmaking ci viene in soccorso fin da subito, facendoci destreggiare con giocatori di pari livello, anche se non mancherà di affrontare utenti sensibilmente più abili di noi. Buona la stabilità del netcode e, trovata molto utile, è l’aggiunta di un contatore per i frame persi dovuti ai lag, che ci permette di monitorare in tempo reale la situazione. Unica nota dolente è la mancata penalizzazione agli utenti che decidono di abbandonare lo scontro poco prima di essere sconfitti, annullando di fatto la partita appena svolta.
Il roster può effettivamente risultare povero se confrontato con altri titoli dedicati al franchise di Dragon Ball, anche considerando che si tratta di un picchiaduro tre vs tre: solo 25 i personaggi giocabili, di cui tre sbloccabili (le versioni SSGSS di Goku e Vegeta e Androide N° 21).

Una nuova realtà, con le sue verità

Ma veniamo alla reale “ciccia” del titolo, quel gameplay che ha esaltato un po’ tutti sin dal suo esordio. Nonostante siano limitati a 25, tutti i personaggi di FighterZ sono unici, con proprie caratteristiche, punti di forza e debolezza. Questo aspetto è da tenere in seria considerazione, in quanto trovare l’alter ego perfetto per noi richiederà un minimo di sperimentazione. Se, a prima vista, le meccaniche picchiaduro risultano basilari – à la Naruto per così dire – con combo eseguibili con la sola pressione di un tasto, basta poco per accorgersi di quanto tali meccaniche abbiano componenti nascoste ai gamer di primo pelo. Presto ci si accorge di come le combo automatiche siano essenzialmente inutili e bisognerà approfondire praticamente tutto per aprire un intero mondo costituito da giusti tempismi, conteggio dei frame delle animazioni e il giocar d’astuzia con le assistenze degli altri personaggi. Non dimenticando dunque le combo automatiche (Combo Z per gli amici), in ogni caso sempre utili, sarà l’utilizzo di colpi più avanzati uniti ad altri elementi di gameplay a fare la differenza. Con rimbalzi à la Tekken ridotti al minimo, sarà fondamentale l’utilizzo dell’Impeto del Drago, un avvio di combo in grado di mandare in aria il nostro avversario per continuare a concatenare altre serie di colpi. Tutto si gioca sul giusto tempismo, memoria e riflessi, cosa che alza nettamente il livello del titolo rispetto alla diretta concorrenza.
Come detto, si tratta di un picchiaduro tre contro tre, in cui sarà fondamentale eseguire i cambi come, del resto, decidere il supporto all’azione; questo perché potremo concatenare le combo e i colpi energetici tramite l’utilizzo dei diversi personaggi, divenendo quasi inarrestabili. Il contatore della barra dell’aura è un altro elemento da tenere in conto in quanto più sarà carica, maggiore sarà l’effetto dei nostri attacchi, permettendo inoltre l’utilizzo del teletrasporto alle spalle del nostro avversario e soprattutto, segnerà il passo ai devastanti e spettacolari colpi finali. Il tempismo è la chiave ma anche la strategia non scherza: infatti, il personaggio sostituito vedrà ricaricata lentamente la propria energia. Fortunatamente nulla è lasciato al caso: i “change” possiedono un cooldown proprio per evitare lo spam eccessivo della meccanica, che altrimenti diventerebbe frustrante per chi la subisce. Altra caratteristica fondamentale è l’utilizzo dello Sparking Blast, un boost temporaneo in grado di ricaricare la nostra energia e soprattutto aumentare la potenza d’attacco.
Una caratteristica interessante di alcuni membri del roster è il supporto di un proprio compagno, proprio come una qualsiasi abilità: esempio su tutti è C-18 (Lazuli) che fregiandosi dell’aiuto di suo fratello gemello C-17 (Lapis), è in grado di replicare le movenze che hanno eliminato Gohan nell’orribile futuro di Trunks. Oppure Black Goku e Zamasu, uniti da un legame particolare ma in grado di rivelare la loro natura di malvagi a tutti i malcapitati. Tutti i personaggi possiedo comunque delle raffinatezze degne di nota: basti pensare ai dischi energetici di Freezer che dopo un po’ tornano indietro rischiando di colpire noi stessi, o Crilin e i suoi senzu o ancora, l’utilizzo del moveset di Cell durante la creazione del proprio ring per colpire i nemici.
Elemento, che forse risulta un po’ posticcio a dire il vero, è l’utilizzo delle Sfere del Drago durante il match: una volta raccolte tutte e sette le sfere – ed è difficile che accada – non appena il contatore d’aura segnerà lo stesso numero, ecco che apparirà il possente Drago Shenron che esaudirà un desiderio tra i tre a disposizione; far tornare in vita un compagno caduto o ricare l’energia potrà cambiare le sorti dell’incontro. Questa meccanica, benché interessante, risulta poco utile e soprattutto poco sfuttabile; sembra quasi ridondante ai fini del gameplay ma fortunatamente non al punto da rovinare l’esperienza.
Una meccanica, purtroppo assente e che avrebbe ulteriormente aumentato la profondità di FighterZ, è l’assenza del volo, elemento usuale in Dragon Ball già dalla prima serie. Probabilmente ciò è dovuto a scelte precise di Arc System ma è davvero un peccato che non si sia spinto l’acceleratore su qualcosa che ormai è parte integrante del franchise.
In Dragon Ball FighterZ sono presenti le tanto famigerate loot box, ma niente paura: tutto è acquistabile solo ed esclusivamente attraverso la moneta di gioco, ovvero gli Zeni. Le loot box, una volta aperte, permetteranno di acquisire elementi atti alla personalizzazione del proprio avatar e della scheda del giocatore.

Il tuo cuore saprà ritrovare Dragon Ball

Il 2.5D di Arc System è quanto di più bello offerto da un gioco in cel-shading finora, scalzando dalla testa del podio Naruto Ultimate Ninja Storm 4.  Non solo il character design, ma anche le movenze dei vari personaggi sono riprodotte alla perfezione, restituendo, a conti fatti, una puntata dell’anime interattiva. Nulla è lasciato al caso, sia per le ambientazioni, che risentono dei nostri attacchi, che per i colpi energetici, in grado di restituire la giusta e poderosa potenza d’attacco. Tutto risulta molto pulito con ottimi filtri e particellari che trovano la massima espressione nelle Dramatic Finish, cutscene speciali che riproducono fedelmente avvenimenti fondamentali della saga di Dragon Ball. Tutto questo ben di Kaio risulta incredibilmente ottimizzato e gestibile al massimo della forma (1080p, 60fps) anche da macchine non più performanti.
Anche l’audio non è da meno, a cominciare dal doppiaggio che si fregia delle voci originali giapponesi e statunitensi, cosa che rende ancor di più esaltante l’utilizzo di determinate mosse e la visione delle scene d’intermezzo. Gli effetti sonori sono la ciliegina sulla torta, anch’essi riprodotti alla perfezione, dalle onde energetiche all'”urto” dei colpi fisici. Anche le musiche danno sfoggio di sè, esaltando tutti i momenti iconici e le battaglie come si deve.

In conclusione

Dragon Ball FighterZ è una gioia per gli occhi: quello che a prima vista può sembrare solo un esercizio stilistico è, a conti fatti, un egregio esponente dei picchiaduro, potendo vantare un gameplay accessibile e al contempo stratificato, in grado di dare grosse soddisfazioni agli hardcore gamer. È un titolo che non ha problemi evidenti ma alcune piccole “deficienze” che, sommate, costano la perfezione: un roster limitato ma comunque ben caratterizzato, la “diluita” Modalità Storia e quel mancato sfruttamento del volo non inficiano comunque un titolo che ha dimostrato quanto ci sia ancora bisogno di Goku e compagni nella nostra vita, nonostante siano passati 30 anni dalla sua prima apparizione.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




Microsoft risponde ai rivenditori indipendenti riguardo Game Pass

Microsoft ha finalmente risposto ai rivenditori indipendenti a seguito delle lamentele per l’annuncio riguardante la novità più importante di Xbox Game Pass, ovvero, l’inclusione al lancio delle  proprie esclusive.
Alcuni rivenditori infatti, sono rimasti molto delusi dall’annuncio,  considerato come una mossa atta a colpire negativamente il mercato retail. Si è arrivati anche a situazioni estreme: ad esempio, un rivenditore ha dichiarato di non voler vendere più console Xbox.
La risposta del colosso di Redmond è arrivata attraverso un portavoce intervistato da Games Industry, comunicando che il piano è quello di offrire ai rivenditori modi efficienti per promuovere Game Pass. Inoltre, Microsoft è piacevolmente sorpresa dal feedback ricevuto da buona parte dei rivenditori, studiando nuovi modi di allargare la distribuzione, ascoltando pareri e continuando a evolvere i loro piani in maniera appropriata.

La prossima esclusiva first-party che arriverà anche su Xbox Game Pass sarà Sea of Thieves, pronta a salpare su PC e Xbox One il 20 marzo.




Genital Jousting, il gioco che ha reso popolare Steam live

Dopo essere stato inserito nella lista dei giochi bannati da Twitch, Genital Jousting, gioco il cui focus è quello di controllare dei peni, muniti di ano tra i testicoli, e farli penetrare tra loro, ha trovato nuova vita grazie a Steam live.
I creatori del gioco, Free Lives, sono rimasti davvero sorpresi del ban da parte di Twitch, e anche Nigel Lowrie, co-fondatore di Devolver Digital, non ha nascosto stupore.
Il ban – immediato e senza preavviso – ha quasi fermato i piani dello studio per quanto riguarda lo streaming online ma, grazie a una serie di eventi fortuiti, a gennaio Genital Jousting è diventato il primo titolo a essere trasmesso in streaming direttamente dalla pagina di Steam senza alcuna censura.

Lowrie racconta che, al GDC di due anni fa, si presentò allo stand in cui veniva presentato il gioco un rappresentante di Steam, che si fermò a bere qualcosa e potè subito osservare come il pubblico apparisse divertito e incuriosito.
Lowrie, quindi, chiese al rappresentante se potesse essere un problema se il titolo fosse approdato su Steam, visto il grosso successo di pubblico; la risposta fu positiva, a patto che fosse specificato che si trattava un gioco per soli adulti.

Genital Jousting è uscito su Steam in Early Access nel 2016 ed è stato un successo immediato per la community live-streaming di Youtube. Lo stesso non si può dire per quanto riguarda Twitch: Lowrie racconta di essere stato sommerso da numerosi tweet di utenti che chiedevano se fosse a conoscenza del fatto che il gioco era stato bannato dalla piattaforma streaming di Amazon.
La sua reazione fu di disappunto, in quanto reputava Twitch molto importante per pubblicizzare il gioco, ma le regole ferree della piattaforma contro i giochi con contenuti di tipo sessuale, non potevano essere eluse senza una sorta di censura applicata al titolo. Nonostante il ban, il gioco ha venduto bene in fase di Early Access e Free Lives ha continuato ad aggiornarlo, aggiungendo nuove modalità. La data di rilascio del 18 Gennaio 2018 però si avvicinava, e Lowrie dovette trovare un’alternativa per pubblicizzare il titolo in live-streaming; per pura coincidenza Steam aveva appena ultimato il suo servizio di live-streaming e, con stupore di Lowrie, non ci fu alcun problema. Il 18 Gennaio Genital Jousting è stato il primo gioco ad andare in streaming su Steam registrando 350.000 visualizzazioni, con una media di 4000 views in contemporanea.




L’industria dei videogiochi ha generato un ricavo di 108,4 miliardi di dollari nel 2017

Un nuovo rapporto indica che l’intrattenimento videoludico ha generato entrate superiori a 100 miliardi di dollari lo scorso anno. Il rapporto annuale di SuperData del 2017 mostra, infatti, che i videogiochi per dispositivi mobili detengono ancora la fetta di mercato più ampia, generando  59,2 miliardi di dollari, seguiti da quelli PC (33 miliardi) e console (8,3 miliardi), mentre gli e-sports hanno generato 756 milioni. Nel frattempo, il settore dedicato a VR e AR, sono arrivati a generare 4 miliardi di introiti. Stando a questi dati, l’industria videoludica ha registrato un fatturato di 108,4 miliardi di dollari nell’arco dello scorso anno.
Sorprendentemente, nel campo PC e nel settore dei dispositivi mobili, si ha un riscontro più che positivo dai titoli free-to-play, riuscendo a generare 82 miliardi di dollari, ricavati da almeno 2,5 miliardi di giocatori, ovvero una persona su tre della popolazione mondiale. I ricavi dal settore mobile segnano un incremento di 14 miliardi di dollari rispetto al 2016, grazie anche a titoli asiatici come Arena of Valor di Tencent e Fantasy Westward Journey di NetEase, citati, in aggiunta, come contributori della crescita con il 31% del mercato. L’Asia rimane il polo centrale del mercato mobile, generando 36 miliardi di utili nel 2017, un aumento di ben 10 miliardi rispetto al 2016, ma si prevede che raggiungerà i 38,4 miliardi entro la fine di quest’anno. Al contrario, Nord America e Europa hanno generato rispettivamente 9,1 e 5,9 miliardi nel 2017. Tuttavia, i mercati occidentali rimangono di gran lunga la forza dominante nell’ambito console, con l’intero Nord America che sborsa 4,2 miliardi in giochi per piattaforme casalinghe, mentre in Europa sono 3,1 miliardi di dollari. Tutto questo mentre il continente asiatico si limita ai “soli” 200 milioni di dollari. Ci si aspetta comunque che il valore di queste cifre salirà nel corso di quest’anno.
Tra i titoli più di maggior successo troviamo sicuramente PlayerUnknown’s Battlegrounds, generando 712 milioni soltanto nei suoi primi otto mesi post lancio, quasi il doppio dei 382 milioni derivanti da Overwatch, il secondo titolo di maggior successo. Nonostante abbia quattro anni, Grand Theft Auto V è stato il gioco più redditizio del 2017, generando 521 milioni, 9 milioni in più rispetto al secondo classificato Call of Duty WW2. Tuttavia, sono ben tre i titoli della serie COD nella Top 10 dei giochi più venduti nel 2017, con entrate combinate tra WW2, Black Ops III e Infinite Warfare che ammontano a 951 milioni.
Avendo realizzato 756 milioni di dollari nel 2017, SuperData prevede che gli e-sport diventeranno un business da 1 miliardo di dollari nel corso del 2018, con un seguito attuale di 258 milioni di spettatori. Quando si tratta di contenuti videoludici, Twitch rappresenta oltre la metà di tutti i ricavi con 1,7 miliardi di dollari, pari al 54% del totale. YouTube è al secondo posto con il 22% ed entrate di 690 milioni, nonostante detenga il doppio del pubblico di Twitch.




Game Pass: quando un vantaggio per i consumatori diventa uno svantaggio per i retailer

Ha fatto molto discutere, in questi giorni, la notizia del rivenditore che, per protesta contro il nuovo servizio di Microsoft, Game Pass, ha eliminato tutte le Xbox dal proprio Store.

Xbox Game Pass sembra essere un servizio interessante per i giocatori Xbox One e PC.: con €9,99 al mese si ha infatti la possibilità di giocare a titoli che potrebbero fare gola a molti  e, se dal punto di vista dei consumatori l’iniziativa è indubbiamente lodevole e interessante, non si può dire lo stesso riguardo i retailer, che si vedono sottratte potenziali vendite di singoli titoli e lo definiscono una disfatta.

«L’annuncio ha trasformato il business legato a Xbox in qualcosa senza valore nel corso di una notte. Si ha tutta la sezione dedicata predisposta e ordinata in negozio ma perché le persone dovrebbero spendere £12 o £15 per giochi di seconda mano quando possono pagare £9,99 per avere un vasto catalogo di titoli? Perché dovremmo supportarli vendendo le loro console e i loro accessori se finiremmo per guadagnare pochissimo dalla loro vendita? Non otteniamo praticamente nulla dalla loro selezione digitale, è inutile per noi. Ho delle console in negozio, ma non ho dei controller. Non ordinerò nulla ora come ora, normalmente lo avrei fatto ma ora non ho alcun incentivo, a meno che non ci sia qualcosa di estremamente scontato.»
«È molto frustrante ma abbiamo capito che a Microsoft non importa affatto dei retailer. Abbiamo ottenuto una placca che dice che siamo fornitori ufficiali di Microsoft ed è stato un bel gesto simbolico da parte loro ma adesso, che senso assume? Lo hanno fatto perché non ci supportano?»

Stephen Stangroon di Stan’s Games afferma: «Hanno ucciso il mercato dei titoli usati».

«È complicato non avere la stessa posizione del retailer austriaco», sottolinea Paul Lemesurier (Sholing Video), affermando di non sentirsi supportato da Exertis, distributore UK di Microsoft. «Game Pass avrà un effetto su tutti i titoli first-party. Abbiamo già detto a Exertis che non metteremo a disposizione in negozio nessuna copia di Sea of Thieves. Perché farlo se i grandi negozi lo venderanno sottocosto, i rivenditori online cambieranno la data di uscita e invieranno i giochi cinque giorni prima a un prezzo minore del nostro e ora Microsoft propone il Game Pass a 9,99?»

Diversi retailer confermano che parecchie persone vogliono ancora il gioco in formato fisico, per una questione di gusto personale. Ma è possibile che con Xbox Game Pass e il suo prezzo in molti potrebbero cambiare idea al riguardo.

In chiusura ecco le parole di Stuart Walker (Insane Games) e Stuart Benson (Extreme Gamez):

«Da un punto di vista del consumatore è un’offerta ottima. Potremmo vedere alcune persone passare da PS4 a Xbox One per questo e la cosa ovviamente ci colpirebbe in negativo. Per i consumatori è fantastico. Per noi in ambito retail non fa altro che uccidere il nostro commercio.»

Il mercato retail, si trova già in una situazione precaria e l’Xbox Game Pass potrebbe rivelarsi la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

 

FonteGamesIndustry




Space Pirates and Zombies 2

Space Pirates and Zombies 2 è un titolo sandbox sviluppato da Minimax, team composto da soli due membri, ed è il secondo capitolo di una saga avviata nel 2011, con un primo capitolo che ad oggi vanta ben 600mila copie vendute.

In questo sequel, ci ritroveremo in mezzo al caos di un universo composto da avventurieri e mercenari che si ritrovano a dover lottare per la propria sopravvivenza, combattendo contro la piaga degli zombie. In pratica, l’obiettivo finale è quello di conquistare l’Universo intero e distruggere il virus che ha generato i morti viventi. Nelle prime ore di gioco andare avanti non sarà facile, ma con il tempo apprenderemo come controllare la situazione nella sua complessità.

La nave – la nostra “macchina” spaziale – avrà un’ampia scelta in termini di personalizzazione. Infatti, potremmo crearla da zero ma con un limite di componenti (dettati dal proprio livello). Grazie all’inventiva del team, potremmo aggiungere centinaia di differenti pezzi alla nostra nave, rendendola speciale e unica. Infine, oltre alla nave madre, avremo a disposizione delle navi “sentinella”, più piccole della principale ma in grado d’attaccare.  Possiamo trovare i pezzi da poter equipaggiare al nostro mezzo dopo aver abbattuto delle navi nemiche o tramite degli scambi.

La parte migliore del gioco arriva dopo l’assemblaggio della propria nave. Ci sono vari motivi per i quali scenderemo in battaglia (guadagnare il favore di altri personaggi, combattere i banditi ecc.), e ogni combattimento ci regalerà un bel po’ di frenesia e di sano e puro gameplay.

Infine, è d’obbligo parlare della mappa spaziale. Quest’ultima è presentata in modo circolare; è stata suddivisa in vari territori, ognuno dei quali ha a disposizione determinate risorse e può essere gestito da un generale. Il gioco in sè non gira semplicemente attorno a noi: infatti, gli altri capitani (circa 200) potranno conquistare le zone, prendere le risorse e combattere tra loro.
Inoltre, si ha la possibilità di unirsi ad altri o di creare una fazione. Infine, il gioco possiede una versione VR, cioè, sarà possibile giocarlo anche con il visore della realtà virtuale.

Space Pirates and Zombies 2, non possiede una grafica molto elaborata, ma nel contesto una grafica pulita e scarna calza a pennello. Il sonoro è nella media, nulla di memorabile ma, di base, orecchiabile e ben gestito.

Consigliamo il gioco se si è amanti del genere. Lo trovate disponibile su Steam, come il suo predecente capitolo.