La Realtà Virtuale secondo Microsoft

Microsoft annuncia la prossima uscita dei suoi Motion Controllers per il visore Windows Mixer Reality VR prodotto da Acer.

I movimenti dei due controller saranno rilevati esclusivamente dai due piccoli obiettivi installati direttamente sul visore, in modo che non sia necessario l’utilizzo di una videocamera esterna. L’innovativo sistema ad anello dei sensori LED permette un rilevamento a 360 gradi, è stato sviluppato in maniera più funzionale rispetto alle periferiche già presenti sul mercato: sarà, infatti, un caposaldo per i nuovi sistemi di tracciamento. Oltretutto verrà lanciato sul mercato a un prezzo molto competitivo rispetto ai suoi diretti concorrenti.
Il bundle del VR Mixed Reality Acer con i 2 Motion Controllers costerà solamente 399$ rispetto ai 799$ di HTC Vive ed 699$ di Oculus Rift.

Ma diamo uno sguardo ai nuovi Microsoft Motion Controller nel video che segue:




Annunciato un nuovo DLC per Assetto Corsa

Il 18 maggio sarà il momento in cui Kunos Simulazioni rilascerà uno dei più corposi DLC per Assetto Corsa, denominato Ready To Race.
Il DLC comprenderà vetture di diverse classi, a cominciare dalle LMP1 come Audi R18 e-Tron e Toyota TS040 Hybrid fino ad altre tre Audi: R8 LMS 2016, TT VLN e TT Cup. Si aggiungono alla lista anche una Maserati, la MC12 GT1, la Lotus Eleven, ben due Mclaren, 570S e P1 GTR ed infine la Toyota Celica ST185.
Assieme a questo corposo DLC (di cui ancora non è noto il prezzo) arriverà il consueto aggiornamento, l’1.14, che riserverà alcune novità come la simulazione del vento e miglioramenti generali all’intelligenza artificiale.
Il DLC uscirà in esclusiva temporale su PC e solo successivamente sarà disponibile per Xbox One e PlayStation 4.
Di seguito le immagini rilasciate.




Destiny 2: svelati i nuovi stemmi per le classi?

Da poco, GameStop America ha aggiunto alla lista dei suoi prodotti alcuni gadget inerenti al mondo di Destiny 2. Questi nuovi gadget, forse, riguardano le nuove sottoclassi dell’attesissimo sparatutto sviluppato da Bungie.
GameStop ha inserito nel suo catalogo dei cappellini e dei portachiavi, disponibili dal 29 luglio solo in Nord America, che mostrano degli animali affiancati agli ormai noti simboli delle classi. Lo stregone ha un rapace (forse un’aquila), il cacciatore ha un serpente e il titano un leone.

La trama del gioco narra di un mondo senza luce, e che i guardiani traggano la forza dalla natura e soprattutto dagli animali. Questo lo scopriremo solamente più avanti o magari già il 18 maggio, data in cui Bungie terrà una live che mostrerà il gameplay di Destiny 2.
Vi ricordiamo che Destiny 2 sarà preceduto da una beta, a cui parteciperanno solo coloro che hanno prenotato il gioco, la quale non ha ancora una data di uscita, a differenza del gioco completo che sarà disponibile l’8 settembre.




Alien: Isolation – A Casa Nessuno Può Sentirci Urlare

In occasione dell’uscita di Alien Covenant nelle sale cinematografiche, ci è sembrato giusto riprendere tra le mani un titolo videoludico che ripropone ottimamente le atmosfere del capostipite della saga del 1979: Alien Isolation.
Rilasciato nel 2014 e sviluppato da Creative Assembly, Alien Isolation ha riscosso un grande successo tra critica e pubblico, soprattutto per l’alta qualità raggiunta in quasi tutti gli aspetti del videogioco.
Ma vediamolo più nel dettaglio.

Alien 1.5

Alien isolation è ambientato 15 anni dopo gli eventi del primo film di Ridley Scott. La protagonista è Amanda Ripley, figlia di Ellen Ripley (protagonista della pellicola) che, in cerca di informazioni su quanto accaduto alla madre, si catapulta, con non poche difficoltà, sulla Sevastopol, una gigantesca stazione spaziale che sarà l’hub principale delle nostre disavventure.
La storia, per quanto semplice, è ben narrata, grazie anche all’utilizzo di ottime cutscene, audiolog e a varie informazioni che possiamo raccogliere con frequenti citazioni ai film. Questo è dovuto alla collaborazione che i producer del gioco hanno siglato con 20th Century Fox che ha permesso l’accesso a tutti i documenti disponibili sulla saga.
Le tematiche presenti sono le stesse del film originale: avidità e giochi di potere nonché l’angoscia e la solitudine esercitata grazie alla minaccia principale del gioco, lo Xenomorfo.
L’ormai iconico antagonista della serie ci accompagnerà per quasi tutta l’avventura, rendendo una semplice missione un vero incubo.

Nessuno può sentirti urlare

Alien Isolation si presenta come un survival horror nudo e crudo. Frequenti saranno le morti, ma questo non porta il giocatore alla frustrazione poiché è possibile trovare modi diversi per affrontare una determinata sezione. Si può morire in qualunque frangente, anche durante il salvataggio, visto che il gioco va in pausa soltanto aprendo la mappa o aprendo il menu. L’astuzia, l’ingegno e la silenziosità saranno necessari per completare l’avventura, che si attesta intorno alla ventina di ore.
La stazione spaziale è liberamente esplorabile, soprattutto se avete tutto il necessario per aprire determinate porte; sta a noi decidere se andare spediti verso l’obiettivo o andare alla ricerca dei numerosi collezionabili, sempre che la paura per lo Xenomorfo non sia un ostacolo troppo grande da superare.
Proprio lo Xenomorfo è il fiore all’occhiello della produzione e vi darà la caccia inesorabilmente per quasi tutta l’avventura. Le sue routine comportamentali sono tra le migliori viste in un videogame, per cui sarà veramente difficile capire in che modo reagirà ad una determinata situazione o i suoi percorsi di pattugliamento. È pressoché invincibile, ma può essere distratto con l’equipaggiamento che possiamo trovare nel corso del gioco o eventualmente costruire grazie anche all’ottimo sistema di crafting. Sono presenti anche armi da fuoco da usare solo se strettamente necessario, in quanto i forti rumori non fanno altro che richiamare l’alieno.
Imprescindibile è poi l’utilizzo del famoso rilevatore di movimento, utilissimo in ambienti aperti, meno all’interno del nascondiglio, dove il “bip” emesso dallo strumento non farà altro che attirare l’alieno verso di voi.
Lo Xenomorfo in realtà non è l’unico nemico della stazione: sono presenti infatti anche umani e androidi che purtroppo vantano una scarsa intelligenza artificiale, basilare e a volte lacunosa; fortunatamente li affronteremo solo in brevi sezioni ma è un peccato constatare ciò visto l’alto livello qualitativo raggiunto con tutto il resto.

Come il film

Da un punto di vista tecnico il gioco si presenta piuttosto bene, con ottimi effetti volumetrici e un comparto luci di riguardo. La modellazione degli ambienti è certosina, così come quella dello Xenomorfo, davvero ben realizzato.
Un po’ meno buona è la modellazione di androidi e umani, che peccano sul piano dei dettagli e delle animazioni. Il comparto artistico è eccezionale, con ambienti contestualizzati al periodo storico narrato nei film: terminali, armi, soprammobili, tutto ricorda le celebri atmosfere dell’Alien cinematografico.
Stessa minuzia anche nel comparto sonoro. Le musiche sono riprese dal film, con alcune di esse ricreate e arrangiate diversamente. Non sono sempre presenti ma, quando appaiono, avvolgono l’azione sapientemente creando maggiore tensione quando serve o enfatizzando i momenti più concitati. Effetti sonori sublimi, non c’è nulla fuori posto tanto che, chiudendo gli occhi, si farà fatica a distinguere il videogioco dai film originali.
Anche lo Xenomorfo è reso benissimo, dalla discesa dai condotti ai suoi effetti vocali, praticamente perfetto. Discorso a parte merita il doppiaggio. Ottimo quello di Amanda, davvero ben realizzato: la paura, la tensione, la frustazione sono ben incisi, regalando
un personaggio assolutamente credibile. I comprimari invece, pur avendo una voce adeguata per il più delle volte, peccano di tanto in tanto di recitazione, utilizzando un tono magari fuori contesto.

In conclusione

Alien Isolation è sicuramente il miglior titolo dedicato a questa saga, nonché un grandioso esponente dei survival horror. Questo non solo per il lato artistico ma soprattutto per le emozioni che riesce a suscitare. L’impressione è sempre quella di essere impotenti di fronte alle circostanze e ogni salvataggio diverrà una vera e proprio fonte di salvezza. Allo spuntare dei titoli di coda, dopo una sequenza finale al cardiopalmo, non potrete che sentirvi soddisfatti, con la consapevolezza di aver compiuto una vera impresa.




Assassin’s Creed Origins verrà annunciato all’E3?

Dopo l’assenza dagli scaffali lo scorso anno, il nuovo Assassin’s Creed, come accennavamo in quest’articolo, potrebbe essere presentato quest’anno all’E3.
Sembra confermata la nuova ambientazione egizia e la riconferma del doppio protagonista, strada intrapresa con Syndicate.
Saranno, quindi, di nuovo un uomo e una donna a immergersi nelle nuove ambientazioni che, sempre secondo i rumor, saranno le più grandi mai create e che toccheranno diversi territori, come Grecia e zone dell’Asia non meglio specificate; questo anche grazie al ritorno della navigazione bellica, oltre che esplorativa.
Un’ulteriore notizia riguarda anche lo sviluppo dei personaggi, aspetto che, a quanto pare, riserverà moltissime novità, con una struttura molto simile a quella di The Elder Scroll V: Skyrim.
Per scoprire se tutto ciò sarà confermato dobbiamo solo attendere l’inizio dell’E3 fra circa un mese.




Darksiders III: analisi del gameplay

Dopo l’annuncio ufficiale, è arrivato anche il primo gameplay di Darksiders III, terzo capitolo della saga che vede come protagonisti i Cavalieri dell’Apocalisse. Sotto la guida artistica di Joe Madureira, la serie Darksiders è riuscita pian piano a conquistare pareri favorevoli da parte di critica e pubblico grazie a uno stile unico nel suo genere. Dopo Guerra e Morte, ora tocca a Furia cercare di riportare ordine nel caos tra Paradiso e Inferno.
Il video di IGN mostra un titolo ancora in pre-alpha ma capace già di far chiarezza sulle direzioni intraprese riguardo il gameplay e il comparto tecnico-artistico.
Vediamo più nel dettaglio quali sono e quali potrebbero essere le novità apportate.

Io sono Furia

La caratteristica essenziale in un titolo che prevede più protagonisti è la loro caratterizzazione, sia estetica che narrativa. Per ora possiamo osservare solo il primo aspetto, in quanto ancora si sa poco o nulla del background narrativo di Furia. I primi elementi che saltano all’occhio sono la sua armatura (anche se si prevede una certa personalizzazione dell’equipaggiamento) e il suo look, con lunghi capelli in perenne movimento, che ci permettono di farci un’idea del suo carattere: una donna forte, una guerriera, quasi una femme fatale, con un possibile passato burrascoso.
Salta inoltre all’occhio il suo stile di combattimento, che sembra unire le peculiarità dei protagonisti precedenti: l’agilità di Morte e alcuni moveset di Guerra nonostante la nostra eroina impugni un lunga frusta invece di Divoracaos, lo spadone del cavaliere del destriero rosso.

Nomen non omen

Passando alla parte principale del video, ovvero il puro gameplay, notiamo delle caratteristiche familiari: un mondo vasto e aperto da esplorare e soprattutto una vasta gamma di nemici da affrontare.
Il periodo sembra contemporaneo a quello che ha visto Morte protagonista nel secondo capitolo, con Guerra nel frattempo imprigionato dall’Arso Consiglio. Le vicende quindi si svolgerebbero prima di Darksiders, il che sembra confermare il progetto iniziale: un capitolo dedicato a ognuno dei Quattro Cavalieri e uno finale, diretto sequel del primo titolo.
Le mappe mostrateci ricalcano quanto già visto, ma con la novità di poter sfruttare piccoli passaggi di collegamento tra le diverse aree. Questo è dovuto alla caratteristica di Furia di potersi rannicchiare per potersi intrufolare in condotti o cunicoli vari, il che si presterebbe a sezioni di natura stealth, ma questa è solo una congettura.
Ovviamente è la frusta la vera protagonista: in questo video il suo moveset sembra abbastanza limitato, sicuramente ampliabile, ma con caratteristiche che non solo la rendono adatte a fendere, ma anche utile a fini esplorativi e di mobilità come, per esempio, il potersi aggrappare a sporgenze, dondolare e raggiungere la parte opposta. Un po’ come Indiana Jones.
In aperto combattimento i nemici sono tanti e diversi tra loro, per cui servirà un approccio specifico. L’agilità di Furia pare essere ottimizzata per effettuare rapide schivate dato che non sembra esserci alcun modo per pararsi. Per adesso i combattimenti mancano di quella frenesia sfoggiata dai primi capitoli, avvicinandosi più verso caratteristiche dei Souls in tal senso. Altra caratteristica interessante è che i nemici sembrano essere coerenti con l’ambiente di gioco. Ad esempio, creature simil-granchio le troveremo soltanto in prossimità di ambienti ove è prevista acqua, e insetti solo vicino ai propri nidi, ma servirà ulteriore approfondimento da questo punto di vista.
Purtroppo non sono state fatte vedere altre armi e soprattutto le abilità magiche della protagonista, cosa di cui si ha certezza anche dalla presenza di una seconda barra di colore azzurro oltre a quella dedicata alla vita.
Alla fine del video ci sarà anche una boss fight, Sloth – il Signore delle Mosche. È una lotta in più fasi e con la possibilità di stordire l’avversario. Si nota una certa tendenza a rendere il tutto più coreografico ma in alcuni momenti la telecamera di certo non aiuta.

Bello, ma non bellissimo

Ricordando che si tratta pur sempre di una pre-alpha, il lato artistico non sembra discostarsi tanto dai precedenti capitoli. La paura più grande è che per via della mancanza di direzione da parte di Joe Madureira, non più presente nel nuovo team di sviluppo, si perda un po’ di quella magia che ci aveva accompagnato sulla Terra post-Apocalisse. Per quanto si è potuto vedere, la coerenza artistica è presente, forse troppo, lasciando l’impressione che magari si sarebbe potuto osare un tantino.
Il salto generazionale sicuramente si vede: la mole poligonale è certamente aumentata, così come sono migliorate la risoluzione di texture e l’utilizzo di shader e materiali. Purtroppo non si ha parvenza di luci dinamiche ed effetti post-processing. Il risultato è che, se da un lato appare sicuramente più bello da vedere nel complesso, dall’altro si mostra il fianco a deficit sicuramente dovuti alla prematurità della release, ma anche al basso budget messo a disposizione per Gunfire Games, sviluppatori del titolo.
Da migliorare sicuramente anche il comparto animazioni, a volte un po’ slegate tra loro, e la telecamera, che a volte manca il bersaglio e varie compenetrazioni poligonali. Ma questi sono problemi sicuramente dovuti alla gioventù della release.

In conclusione

La visione del primo gameplay di Darksiders III ha lasciato più dubbi che certezze. Sicuramente lo sviluppo travagliato, il fallimento della casa madre (THQ) e innumerevoli problemi finanziari stanno minando un po’ il progetto. Ma la fine del 2018 (periodo previsto di rilascio) è ancora lontana, per cui rimaniamo in attesa di novità e miglioramenti già a partire dall’E3 di giugno.




What remains of Edith Finch

A distanza di due anni dalla versione PS4 di The Unfinished Swan, capolavoro indie di Giant Sparrow uscito su Playstation 3 nel 2012, tornano i ragazzi di Santa Monica e questa volta anche su PC, grazie all’intervento “a sorpresa” del publisher Annapurna Interactive, compagnia cinematografica americana che da qualche tempo si occupa anche di videogames.

Un racconto dell’Orrore

What Remains of Edith Finch è nient’altro che una collezione di racconti brevi, i quali narrano le storie dei membri di una famiglia “maledetta” e delle loro rispettive morti, ambientate nello stato di Washington.
Il gioco si apre in medias res, col nostro protagonista in viaggio su un battello verso una destinazione a noi sconosciuta.
In mano teniamo un mazzo di calle bianche che già preannuncia i futuri sviluppi della narrazione e un diario, il diario di Edith Finch. Aprendolo veniamo catapultati all’interno del racconto stesso, nel quale tutto comincia con la casa.

La Casa dei Finch

Edith ci racconta di essere l’ultima erede della casa appartenuta per secoli alla sua famiglia, un edificio dalla forma bizzarra sul quale scorcio si apre appunto la prima parte giocabile del titolo. E così, nei panni di una diciassettenne Edith, ci ritroviamo a percorrere il viale alberato e tortuoso che porta all’ingresso della magione mentre la nostra voce (in inglese), accompagnata dalle parole scritte (in italiano) che appaiono all’interno dell’ambientazione nella quale ci muoviamo, a volte fluttuanti, altre appiccicate agli oggetti, ci guida e pian piano ci introduce alla storia dell’infanzia trascorsa in questo luogo che, Edith stessa ci confessa, “mi metteva a disagio in un modo che non avrei saputo esprimere a parole”.
Parole che invece trova adesso, al momento della narrazione: “Avevo paura della casa”.

Il Sublime

Da qui in poi gli elementi del gotico e nello specifico del gotico americano ci sono tutti e si susseguono in maniera concitata, come in “Una discesa nel Maelström”, in un racconto fantastico a spirale discendente bilanciato e sostenuto dal nostro moto a spirale ascendente, all’interno della vecchia dimora dalla cantina al piano più alto, che ci permette di visitare le stanze di ciascuno degli antenati e parenti di Edith (fra cui quella del fratello scomparso Milton, che chi ha giocato il precedente titolo The Unfinished Swan collegherà certamente), curate tutte nei minimi particolari e nelle quali si susseguono storie di “vita e di morte, follia e sanità e soprattutto razionalità e irrazionale, realtà e immaginazione-visione”.

Nel Trattato del Sublime, l’autore è del parere che l’opera sublime mostra le capacità di creare con la lingua quelle realtà difficili da catalogare e confinare entro precisi limiti e definizioni.
Ed è così che Ian Dallas, creative director di Giant Sparrow, descrive il proprio gioco: un “Sublime horror”, citando il lavoro di Lovecraft ed indirettamente quello di tutti i suoi maestri, da Hawthorne a Dickinson ed Edgar Allan Poe.

Cosa rimane del videogioco

Abbiamo parlato di letteratura, di filosofia, di narrazione. Ma cosa resta di Edith Finch, al giocatore?
Restano una direzione artistica straordinaria e una grafica molto curata e accattivante, un level design ben congegnato e un sistema di controllo semplice e intuitivo. Ma in un’epoca in cui opere come questa vengono etichettate distrattamente come walking simulator, definizione che lascia abbondantemente trasparire il preconcetto secondo il quale un’opera ludica non possa essere tale nella sua manifestazione più semplice, ovvero quella di gioco a fini ricreativi e di svago, ludus in cui è prevalente la libera elaborazione della fantasia, ci rendiamo conto di quanto risulti difficile convincere il giocatore del fatto che anche una minima interazione che sia il movimento o la risoluzione di semplicissimi enigmi e puzzle ambientali, o una ricercata varietà nei mini-giochi di cui questa è costellata possano conferire all’opera il titolo di videogioco e, di contro, quanto sia invece naturalmente accettato che nell’annoverare fra le opere videoludiche propriamente dette un mero cineblockbuster interattivo come può essere Uncharted 4 non sorga mai alcuna piccola incertezza. A ciò si aggiunga poi la durata dell’esperienza, poco meno di tre ore nella sua totalità, e si capirà benissimo perché questa è una di quelle perle che spesso vengono snobbate o trascurate dal grande pubblico. Ma a proposito di quest’ultimo dettaglio lasciamo chiudere il discorso a chi dell’argomento nello specifico s’intende, ovvero il mai troppo citato Edgar Allan Poe con:

L’Elogio del racconto

“Il comune romanzo presenta problemi a causa della sua lunghezza. Poiché non può essere letto in una seduta, si priva da sé, com’è ovvio, dell’immensa forza che gli deriva dalla totalità. […] In un racconto breve, invece, l’autore ha la possibilità di sviluppare la pienezza dei suoi scopi, qualunque essi siano. Nel corso di un’ora di lettura l’anima del lettore è in balìa dello scrittore.”




Destiny 2: Bungie ha dei piani per quest’estate?

Mancano solo due settimane al reveal del​ gameplay di Destiny 2 e i – lunghi – preparativi sono quasi terminati: quasi tutto pronto per il 18 maggio, giorno in cui vedremo uscire allo scoperto di il secondo capitolo del titolo di casa Bungie.
Nel “Settimanale di casa Bungie” del 4 maggio, la casa produttrice del famoso FPS scrive:

“Non vediamo l’ora di alzare il sipario. Dalle voci che girano su internet, sembra che alcuni di voi siano molto entusiasti. Vogliamo mostrarvi il nostro duro lavoro prima di consegnarvi il prodotto finale. Quindi per prima cosa potrete ammirare il nostro operato. Poi l’estate porterà con sé diversi momenti in cui sveleremo succulenti dettagli o in cui potrete addirittura giocare. Questo è l’inizio di un lungo viaggio e siete tutti invitati a partecipare.”

Che ci sia una demo oltre alla beta già annunciata?
Ne sapremo di più nei prossimi mesi, sperando che il 18 maggio si parli anche di una data per la beta, il cui accesso, ricordiamo, sarà consentito solo a chi abbia prenotato qualsiasi edizione del gioco. Destiny 2 sarà disponibile a partire dall’8 settembre, per PS4, Xbox One e, dopo tante richieste, anche su PC.




Mass Effect: Andromeda

Riuscire a far breccia nuovamente nei cuori dei giocatori di una saga importante come quella che è stata Mass Effect, è sicuramente un compito arduo in cui Bioware si è cimentata, con risultati indubbiamente positivi, ma non senza parecchie macchie che saranno difficili da dimenticare.
Una galassia tutta nuova da esplorare, nuove storie, nuovi personaggi e dinamiche rivisitate sono gli elementi di Andromeda, l’ultimo capitolo della saga che vede nel nuovo personaggio di Ryder (versione maschile o femminile) la nuova sfida nata dalla fantasia della software house canadese.

Storia

Citare il celebre motto “Spazio, ultima frontiera” sembra il modo migliore per spiegare la storia del nuovo Mass Effect.
Nel 2819 i “Pionieri”, a bordo della nave-arca Hyperion giungono tra i pianeti di Heleus, un settore della galassia di Andromeda che, secondo le ricerche condotte sulla Terra, apparirebbe ricco di pianeti abitabili e risorse naturali, elementi cardine per la creazione di nuove colonie umane. Dopo 632 anni trascorsi in ibernazione criogenica, l’equipaggio della Hyperion, si trova però in una situazione ben diversa da quella che ci si aspettava.
Una forza naturale sconosciuta, il Flagello, ha reso poco adatti alla vita gli habitat selezionati prima della partenza, con il conseguente rischio di aver condannato a morte certa i 20.000 coloni che avevano lasciato i propri affetti o averi sulla Terra. A ciò si aggiunge il nuovo nemico della serie, una misteriosa fazione aliena, i Kett.
Tocca naturalmente al giocatore – nei panni del Pioniere Ryder – trovare una soluzione, un modo alternativo per trasformare una situazione critica in una nuova speranza per gli uomini e le donne della Hyperion, trovare una casa dove ricominciare a vivere. Una rivoluzione quindi rispetto alla prima trilogia legata al tema della tecnologia e dell’estinzione su scala galattica. Qui risiede la prima grande differenza con i titoli originali: mentre da una parte vi era una lotta per la sopravvivenza quasi disperata, e il mordente dell’avventura era dato proprio dal senso incombente di pericolo, in Andromeda a muovere il giocatore è più la voglia di esplorare e scoprire nuovi mondi.

Gameplay e caratterizzazione

Anche in questa avventura i dialoghi rivestono un momento importante del gameplay: a differenza però del passato, la tipologia di risposte o domande possibili da formulare non comprende le opzioni Eroe o Rinnegato;  vi sono adesso a disposizione dei giocatori quattro tipologie di tono (Emotivo, Logico, Disinvolto, Professionale) che offrono più possibilità di caratterizzazione del personaggio, ma che in realtà non hanno reali ripercussioni sulla storia.
Al posto della Normandy, l’astronave che farà da principale mezzo di trasporto sarà la Tempest, e il nuovo equipaggio con cui poter interagire sarà composto da un gruppo appartenente alle razze intergalattiche che i veterani ricorderanno con affetto, con i cui componenti si stringeranno legami più o meno profondi, fino a poter anche instaurare relazioni sentimentali da coltivare attraverso un percorso condiviso fatto di fiducia e sostegno reciproco.

Muovendo i primi passi in Mass Effect: Andromeda, la sensazione è fin da subito familiare ma, a differenza soprattutto del terzo capitolo della saga originale, le prime ore di gioco risultano davvero prive di mordente. L’incipit non cattura, e protagonista e comprimari non sembrano avere lo stesso carisma dei predecessori. Affrontando il titolo poco per volta però ci si rende conto che la storia ci porta in un mondo nuovo colmo di intrighi, nemici temibili, giochi di potere interplanetari e colpi di scena di grande impatto.
La trama risulta convincente e interessante, con buon ritmo narrativo e contenuti profondi e vasti. La conclusione del gioco non delude, risultando autoconclusiva ma lasciando alcuni buchi narrativi probabilmente voluti per dar spazio a un possibile seguito.
Il gioco consente di definire il carattere del protagonista attraverso le diverse possibili linee di dialogo e di personalizzarne l’aspetto in una prima fase. I lineamenti sono affidati a un editor molto scarno e con poche possibilità di reale personalizzazione; creare un viso che ci somiglia è davvero difficile, ci si può avvicinare ma con risultati  piuttosto scadenti, tanto che, dopo un primo tentativo, molti giocatori sembrano essere tornati a utilizzare Ryder nelle fattezze standard, limitandosi alla sola scelta di impersonare la versione maschile o femminile.
Una volta definiti genere e aspetto del protagonista, il gioco ci chiederà di selezionare l’archetipo di classe, che definirà la dotazione di base per quel che riguarda poteri e abilità.
Questa scelta non è comunque vincolante: è infatti possibile stravolgere in ogni momento le caratteristiche del personaggio dando luogo a un sistema di progressione interessante e che non rende frustanti gli errori di crescita che si trovano in titoli ben più punitivi.
È possibile giocare come si preferisce, potenziando le molte abilità suddivise in tre macroaree Combattimento, Biotica e Tecnologia senza però reali restrizioni.
Come nei più classici GDR, a ogni passaggio di livello si otterranno dei punti da investire nel potenziamento di abilità attive o passive ognuna collegata ad altre con diramazioni e un corposo sviluppo ad albero.
In base ai punti investiti si potrà sbloccare e utilizzare un profilo di classe che garantirà ulteriori bonus statistici e capacità speciali.Punto a favore anche rispetto ai predecessori sul fronte del gameplay è la parte shooting: i combattimenti sono adrenalinici, veloci e con una buona componente verticale grazie al jetpack utilizzabile per schivare o raggiungere luoghi sopraelevati.
Ogni “arena” è dotata di varie coperture da utilizzare a proprio vantaggio. La qualità del combat system, tra l’altro, permette di percepire chiaramente gli effetti dell’avanzamento del personaggio, offrendo grandi soddisfazioni per i progressi raggiunti. Nonostante questi ottimi elementi, non mancano le imperfezioni: se da una parte le armi da fuoco funzionano egregiamente, gli attacchi in mischia hanno animazioni inutilmente lunghe e la gestione delle collisioni non è precisa, con effetti spesso poco felici.
L’intelligenza dei nemici è invece interessante in certe dinamiche di accerchiamento o con l’uso di granate che ci costringono ad abbandonare le coperture faticosamente conquistate, ma non brilla di certo per trovate memorabili. Spesso sembra di assistere a cariche prive di tattica e che si basano sostanzialmente su una buona resistenza ai colpi sperando di ucciderci con manovre quasi suicida.
In battaglia si possono utilizzare tre abilità attive a scelta tra quelle sbloccate. Ciò facilita il compito del giocatore senza renderlo mai troppo potente contribuendo a una curva di difficoltà sempre ben calibrata.
Un ulteriore difetto risiede nella struttura dei livelli. Ogni qual volta è previsto uno scontro a fuoco, la mappa presenta infatti un cospicuo numero di coperture ben visibili anche a distanza. Ciò rovina l’effetto sorpresa e fa sì che il giocatore non si trovi mai impreparato.
Il meccanismo innesca un automatismo dopo pochissimo tempo che rende prevedibile una zona di combattimento ogni qual volta siano visibili dei ripari.L’armamentario e l’equipaggiamento di Ryder sono invece punti a favore del gioco, potendo disporre di una vasta moltitudine di pistole, fucili d’assalto, fucili a pompa, fucili di precisione e armi da mischia che si possono acquistare, raccogliere o produrre, per mezzo di un enorme – seppur disordinato – sistema di crafting.
In sintonia con le finalità della Andromeda Initiative, nei panni del Pioniere si potranno visitare le superfici di un buon numero di pianeti a bordo del Nomad (sostituto del Mako), potente veicolo di terra anch’esso personalizzabile nelle prestazioni e nelle dotazioni. Le dimensioni delle aree esplorabili variano in base ai pianeti, ma una caratteristica comune a tutte è il buon level design e le tante cose da fare e vedere su ognuna di esse.
Su ogni pianeta sono presenti risorse e creature da scannerizzare un po’ in stile No Man’s Sky, nemici abbastanza vari e depositi minerali da sfruttare. I contenuti e le attività che si possono svolgere sono innumerevoli, così come sono presenti un buon numero di missioni secondarie. Le missioni principali sono naturalmente le meglio realizzate poiché scandiscono l’avanzamento della trama, mentre le secondarie spesso si limitano alle tipiche mansioni da raccoglitore di oggetti o risorse.
Il reparto multigiocatore di Mass Effect: Andromeda offre scontri cooperativi molto divertenti con nota dolente relativa alla stabilità delle partite, dovuta alla scelta del protocollo peer to peer già problematico in giochi prevalentemente online (vedi For Honor).

Comparto tecnico e bug

Sebbene tecnicamente il nuovo Mass Effect si attesti su buoni livelli, con un sapiente uso del Frostbite Engine, a nessuno è sfuggito forse il difetto più grosso del gioco dal punto di vista grafico: se da una parte il gioco incanta con i panorami dei suoi pianeti splendidamente riprodotti, dall’altra la nuova avventura del team canadese soffre di una quantità fin troppo consistente di glitch e problemi in grado di influire negativamente sulla qualità generale. Inutile negare il problema delle animazioni facciali dei personaggi che, anche dopo la patch correttiva, continuano a essere caratterizzati da sguardi ed espressioni totalmente fuori contesto; a ciò si aggiungono ritardi consistenti nello streaming delle texture, fenomeni di stuttering, pop-in dei modelli soprattutto vegetali oggi non più tollerabili, un frame rate piuttosto stabile negli esterni ma inspiegabilmente altalenante nelle scene interne o in quelle di dialogo. Tornando alle animazioni, si tratta di un problema evidente, che in un titolo che fa di trama e rapporti fra personaggi un elemento essenziale, inficia non poco l’immedesimazione e le emozioni dei dialoghi. Bioware avrebbe potuto fare di meglio anche per quel che riguarda la gestione del menu, dell’inventario e, più in generale, dell’interfaccia utente, a tratti disordinata. Fra i bug più volte riscontrati si segnalano un audio altalenante e, ancor più grave, in molte occasioni la telecamera cambia inquadratura durante i dialoghi, sdoppiando i personaggi o puntando verso un punto vuoto o verso il personaggio che in quel momento non parla (e no, spesso non sono controcampi). Tralasciando la mancanza di localizzazione del doppiaggio in italiano, questo anche in lingua originale non brilla per qualità recitative, mentre il comparto audio presenta buoni effetti sonori, musiche interessanti, ma lontane dai motivi ispirati della prima trilogia.

Conclusioni

In conclusione il nuovo Mass Effect: Andromeda è sicuramente un buon titolo, diverso dai predecessori, forse non allo stesso livello, ma che con la dovuta pazienza e sorvolando sui molti difetti, sa comunque regalare una bella esperienza di gioco in attesa di un probabile seguito magari più incisivo dal punto di vista della trama e dei personaggi.




The Town of Light

Annunciata la data d’uscita di The Town of Light su console

Gli sviluppatori lo avevano annunciato già tempo fa, ma adesso c’è anche una data ufficiale: The Town of Light uscirà su console il 6 giugno 2017. L’interessante horror psicologico dell’italianissima LKA arriverà infatti su PlayStation 4 e Xbox One in edizione digitale e anche su disco. Ambientato nell’ex manicomio di Volterra, il gioco ha registrato ottimi riscontri – fra cui il premio per la “Miglior Realizzazione Artistica” al Premio Drago d’Oro Italiano, del quale vi abbiamo parlato nella nostra puntata speciale  – e si trova già in commercio sulla piattaforma Steam, in edizione per PC. Contestualmente all’ufficialità della data, il publisher Wired Production ha rilasciato un live trailer in 4K per promuovere il debutto su console del gioco.