Agony – Pacatamente, come non piace a noi

Quando fu annunciato tramite Kickstarter nel 2016, Agony riscosse un certo interesse tra il pubblico, per via della sua visione molto cruda dell’Inferno e soprattutto, di una direzione che mal si sposava con organi di controllo come l’ESRB (Entertainment Software Rating Board). Infatti, Agony, sin dalle prime battute, era così al di là di ogni titolo horror visto finora che l’organo lo valutò come titolo “per soli adulti”. Una classificazione che al team di sviluppo polacco Madmind Studio non è andata giù, al punto da indurli a cercare in tutti i modi di ottenere una categoria PEGI che non fosse rossa. Una volta ottenuta, le cose non sono comunque andate per il verso giusto: Agony è gradualmente divenuto un titolo potenzialmente castrato sotto quasi tutti i punti di vista e alla sua release definitiva fu valutato con diverse insufficienze. Noi di GameCompass ci siamo presi il nostro tempo, attendendo alcune patch riparatorie e giocato con attenzione questo titolo che però – come vedremo – non merita il paradiso ma nemmeno l’inferno nella misura in cui vi è stato scagliato da molte testate.

Attento a cosa chiedi quando preghi…

Riassumere gli eventi di Agony non è operazione semplice: impersoniamo Amraphel/Nimrod (il protagonista viene chiamato in entrambi i modi, ma il perché non è del tutto chiaro), un’anima dannata, arrivata all’inferno dopo una morte probabilmente violenta. Il suo desiderio è quello di tornare in vita, ma solo la Dea Rossa è in grado di esaudire la sua ambizione. La sua ricerca coincide con il nostro obiettivo, anche se non tutto andrà nel verso giusto. E non ci riferiamo soltanto alla storyline del protagonista, ma anche al gioco nel suo insieme. Tutto è riassumibile con la parola “confusione” e lo svolgimento della trama ne è un chiaro esempio.
Il nostro peregrinare tra le lande degli Inferi sembra non portare da nessuna parte, ogni avvenimento risulta abbastanza slegato da quanto accaduto precedentemente. Ogni nostra azione ha delle conseguenze, ma di questo ce ne accorgeremo una volta scoperto che Agony propone ben sette finali diversi, molto “criptici” e di cui probabilmente uno soltanto – almeno secondo il ragionamento di chi scrive – comunica realmente qualcosa. La “questione delle scelte” è uno dei tanti problemi di game design del titolo e, per far capire meglio di cosa stiamo parlando, è bene procedere con metodo comparativo: prendiamo Prey di Arkane Studios, che ha tra l’altro ricevuto un recente aggiornamento; all’interno del titolo possiamo compiere diverse scelte, alcune di queste “invisibili”. Per intenderci, se in Mass Effect la scelta da intraprendere ci viene letteralmente sbattuta in faccia, in Prey tutto è molto più velato e dipendente davvero dal nostro tipo di gameplay. E in Agony? Nel titolo Madmind risultano invisibili nel vero senso della parola, soprattutto perché si ha sempre la sensazione di non possedere alcun libero arbitrio. Non è chiaro cosa influisca e cosa no, e se da un certo punto di vista può sembrare un’ottima cosa – quasi un espediente meta-ludico – la realtà dei fatti è che questo aspetto non è stato progettato nel migliore dei modi, con il risultato che la confusione regna sovrana. Non bastano nemmeno le tante note sparse qua e là, le quali aggiungono informazioni che si fatica a mettere assieme, finendo facilmente nel dimenticatoio, così come tutte quelle citazioni bibliche volte a crear atmosfera, ma che rimangono tristemente fine a se stesse.
L’offerta ludica di Agony si amplia con altre due modalità: Agonia ci porterà ad affrontare il titolo attraverso ambienti generati proceduralmente, mentre la più interessante modalità Succube ci consentirà di impersonare un demone, portando il giocatore a scoprire nuovi percorsi e nuovi modi di affrontare il gioco. Questa modalità secondaria – a conti fatti – è forse quella più gradevole tra quelle offerte dal titolo.

…potresti ottenerlo

Tutta la struttura ludica di Agony si basa sullo stealth. Come survival horror il gioco riprende i canoni classici che ultimamente siamo abituati a vedere nel genere in termini di gameplay: fare poco rumore, nascondersi ove necessario e scampare dalle grinfie di creature di qualsivoglia natura, in questo caso demoni. Il problema però è che alcune meccaniche inserite non funzionano a dovere, rovinando per la maggior parte l’esperienza. La morte – come ci viene detto – fa parte del gioco e, al suo sopravvenire, abbiamo la possibilità di far migrare la nostra anima verso un ignaro malcapitato e prenderne possesso. Se questa meccanica a prima vista sembra interessante, richiedendo di “scappucciare” i dannati per poter trasmigrare – sempre che sia stata attivata l’opzione “possessione facile”, altrimenti… – una volta inserita la possibilità di possedere un demone crolla l’intero castello di carta. Il survival horror diviene tutt’altro, con quasi la sensazione “di aver rotto il gioco”. La possessione di un demone infatti – se usata con astuzia – può liberarvi l’intero campo dai nemici, trasformando gli inferi in una stravagante vacanza. C’è da dire che la possessione ha un limite di tempo, in cui, se non trovassimo proprio nessun corpo da controllare, scoccata l’ora, sarà game over. Ma anche qui, fatta la legge, si trova l’inganno.
È proprio questo il punto. Agony sembra ancora un work in progress in cui nessuno degli elementi proposti funziona a dovere. Un altro esempio è – l’incredibile – gestione dei checkpoint, mal calibrati in termini di distanza e soprattutto utilizzabili soltanto tre volte. Una volta sfruttati tutti i jolly – morti – dovremo utilizzare quello precedente e, di conseguenza, rifare intere porzioni di gioco. Questo si scontra anche con un level design spesso caotico e in cui risulta difficile orientarsi, dato che molti luoghi soffrono dell’eccessiva ripetitività degli asset. Fortunatamente, in nostro soccorso arrivano i fasci di luce – non quelli del ’25 – proiettati dalla nostra mano e in grado di indicarci la via. Di numero limitato e ricaricabili solo nei checkpoint o raccogliendo idoli sparsi per le mappe, che risultano molto utili a districarsi nei diversi percorsi verso la meta, rappresentando la classica “manna dal cielo” anche se, la direzione indicata alle volte, è quella più scomoda o contraria a quella intrapresa.

Se non vedi non ci credi

Uno degli elementi maggiormente castrati è la direzione artistica dell’Inferno e delle sue creature. La ricostruzione degli ambienti rende l’insieme molto tangibile, soprattutto nei luoghi chiusi, nei quali si può notare anche una certa ripetitività di oggetti e strutture. Fortunatamente è anche in grado di offrire scorci di un certo spessore, in cui si ha davvero l’impressione di viaggiare in un luogo trascendentale. Ma questi bei momenti, in cui si può assistere a ottimi giochi di luce e direzione artistica ispirata, sono anche – e per la maggior parte – di un anonimato disarmante. Molto di quanto mostrato sa di già visto, e anche le creature realizzate ad hoc per il titolo non sono certo memorabili. Questo nonostante alcuni riferimenti cristiani palesi e soprattutto l’intento di portare il tutto verso il concetto di lussuria, anche se a volte in maniera quasi volgare e posticcia.
Gli aspetti strettamente tecnici presentano elementi senza infamia e senza lode, dove le ultime patch hanno messo la pezza su alcuni problemi – ormai classici – da day one: il framerate risulta abbastanza stabile e i vari filtri funzionano discretamente bene. È un titolo che non colpisce per pura potenza tecnica, e quel che è presente non viene nemmeno risaltato da un impianto luci di livello; la maggior parte delle volte faremo veramente fatica a vedere cosa succede. Tutto è buio… anche con una torcia in mano. Manca una vera e propria rifinitura anche dopo alcune patch riparatorie, visibile soprattutto nella gestione dei geo data e nella fisica.
Anche l’audio non spicca particolarmente, vantando un discreto doppiaggio inglese (sottotitolato in italiano) e un’adeguata campionatura di suoni “classici” da horror.

In conclusione

Dove si posiziona dunque Agony? Come potete aver capito, non è un titolo affatto eccelso, ma non si tratta nemmeno di quell’ “agonia” di cui si è spesso parlato riferendosi al titolo. È un lavoro che merita senza dubbio il Purgatorio, in attesa di una versione (Agony Unrated) che probabilmente non arriverà mai. Alla fine della fiera dunque, Agony  è un classico menù scozzese: poca roba e nulla di veramente interessante, prendere o lasciare. Vi farà arrabbiare? Probabile. Vi chiederete cosa succede? Sicuramente. Vi lascerà qualcosa? Difficile, ma non «lasciate ogne speranza, voi ch’intrate».

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




Il prossimo The Witcher non sarà un quarto capitolo

La saga dello Strigo ha aiutato CD Project a farsi conoscere al grande pubblico, partendo da un piccolo studio, fino a diventare una delle software house più famose e premiate al mondo.
Dopo la trilogia che concludeva la storia di Geralt di Rivia e con  Cyberpunk 2077  in arrivo, sembrava che CD Project Red avesse messo la parola fine alla saga di The Witcher, ma parrebbe (anche se non nell’immediato futuro) che la serie possa continuare, anche se probabilmente con una nuova trilogia. Dunque, niente The Witcher 4.
In un’intervista, il presidente di CD ProjectAdam Kicinski, ha dichiarato che i tre giochi dedicati allo Strigo , sono per definizione una trilogia, quindi non potranno chiamare il nuovo gioco The Witcher 4; questo però, non significa che si dimenticheranno del mondo di The Witcher, sul quale hanno lavorato per più di 12 anni, e che rappresenta uno dei pilastri su cui si basa la compagnia.




Videogames e disabilità: i passi avanti di Microsoft

Di recente, Microsoft è divenuta punto di riferimento contro la disabilità. Infatti, il colosso californiano, ha recentemente mostrato al pubblico l’ Xbox Adaptive Controller, accessorio che permette agli utenti disabili di poter giocare grazie alla possibilità di modificare i vari input a seconda delle loro necessità. Tara Voelker, gestore del progetto, ha rivelato la sua intenzione di creare dei “corsi” per gli sviluppatori, così da poter dare loro dei consigli al fine di rendere anche i giochi stessi più accessibili. La stessa, ha inoltre ribadito:

«I giochi non sono solo intrattenimento, fanno parte della nostra cultura, sono un modo di socializzare e persino un mezzo di fuga: i giochi possono essere terapeutici e possono aiutare nella gestione del dolore.»

Il dispositivo creato da Microsoft, durante l’E3, ha riscosso tantissimi feeback positivi e ha, inoltre, vinto tantissimi premi.

Secondo la Voelker, l’aggiunta da parte della società di avatar che possono usufruire di una sedia a rotelle o un arto artificiale è importante tanto quanto il loro controller. Infatti, secondo quest’ultima, la possibilità di poter inserire questi “accessori” al proprio avatar può dare una possibilità d’espressione in più, cioè, è un modo di mostrare la propria identità.
Durante un’intervista, Phil Spencer, direttore della società nel settore gaming, ha mostrato la sua disponibilità nel condividere gli insegnamenti derivanti dall’Adaptive Controller con chiunque voglia imparare e perfezionare quello che ha creato la sua compagnia. Voelker, ha inoltre affermato che le piacerebbe vedere un feedback da parte degli sviluppatori stessi con l’aggiunta dei controlli rimappabili. Secondo Tara Voelker, gli sviluppatori possono fare la loro parte anche senza la necessità di un hardware specializzato, integrando più personaggi affetti da disabilità così da agevolare l’ingresso nel mondo del gaming.




Ubisoft vorrebbe allontanarsi da esperienze di gioco “finite”

In un’intervista rilasciata nel suo blog,  Lionel Raynaud di Ubisoft ha spiegato il motivo per cui la compagnia francese vorrebbe tenere impegnati i giocatori, smettendo di proporre esperienze di gioco  che siano “finite”, in favore di titoli costruiti attorno non più a una lunga storia, ma una narrativa più frammentata in diversi archi più piccoli.
Secondo Raynaud, lo studio non vuole che i loro giochi non abbiano più nulla da offrire dopo aver portato a termine la storia principale e questo, significa creare un’esperienza che sia abbastanza ricca da spingere il giocatore a ritornare a giocare anche dopo il finale principale.
Ubisoft aveva anche espresso opinioni simili alla conferenza E3 di quest’anno, come riportato da VentureBeat, dove è stato spiegato come in Assassin’s Creed: Odyssey i giocatori non potranno semplicemente portare a termine la storia, e che le loro decisioni porteranno sempre a nuovi conflitti e avventure.




Prey: Mooncrash (DLC) – Abuso di “Vivi, Muori, Ripeti”

Circa un anno fa, Prey tornava sui nostri schermi grazie all’egregio lavoro di Arkane Studios, team che ha confezionato un titolo vario, appagante e soprattutto sorretto da un impianto narrativo di prim’ordine. Del Prey originale, targato 2006 (e piccolo flop commerciale) non è rimasto nulla, e anche questo reboot ha fatto fatica a farsi strada nel combattutissimo mercato videoludico moderno, trovando comunque il favore della critica, che lo ha elevato a uno dei migliori titoli del 2017. Mooncrash è il primo DLC del franchise, concepito in uno stile rouguelike che inaspettatamente ben si sposa con le atmosfere del gioco, e, che risulta soprattutto ben giustificato. Seguirà più avanti Typhon Hunter, espansione che per la prima volta aggiungerà componenti multiplayer a un titolo già strutturato come Prey.

Vivi, muori, ripeti

Dopo aver vestito i panni di Morgan Yu, in questa espansione saremo Peter, un hacker che dovrà fare luce sui misteri della stazione lunare segreta Pytheas, con la quale la TranStar ha perso i contatti. Per risolvere la faccenda, Peter dovrà rivivere gli ultimi momenti di cinque membri dello staff della stazione, attraverso una sorta di realtà virtuale. Vivremo dunque altrettante storie parallele che, se ultimate con successo, riveleranno anche l’epilogo del protagonista. Questa è la base su cui poggia la narrativa del DLC ma, come  Arkane insegna, ci sarà ben molto di più da scoprire, al fine di collegare tutte le tessere del puzzle e fare luce sui misteri della Pytheas.
L’intera stazione lunare è l’hub delle nostre disavventure, abbastanza estesa e varia e con nuovi nemici come lo Squalo Lunare – detto così fa ridere, ma una volta incontrato avrete soltanto voglia di scappare – e nuove armi come le Granate GLOO. All’interno della mappa gli elementi saranno sempre variabili, da posizione e numero dei nemici alla distribuzione e reperibilità di materiali e consumabili.
Ogni run si presta a essere un’esperienza unica ed estremamente appagante con ognuno dei cinque personaggi disponibili; questi vantano a loro volta peculiarità uniche e verranno sbloccati una volta terminata una sessione, oppure saranno “trovati” lungo il percorso. Ognuno di essi avrà inoltre obbiettivi specifici, che innalzano il livello di varietà e longevità dell’espansione.
Ogni potenziamento, disponibile grazie alla valuta di gioco e a nuovi progetti scoperti, potrà renderci vere macchine di morte, ma ovviamente questo non si traduce in invincibilità: l’IA dei nemici sembra imparare dalle nostre azioni, modificando il comportamento e rendendo tutto ancor più difficile. La morte in questa espansione fa semplicemente parte del gioco. La natura roguelike del contenuto si fa sentire senza mai risultare frustrante: se all’inizio la meccanica sembra rispondere a logiche di “trial and error“, basterà entrare in confidenza con le i meccanismi di gioco per essere nuovamente rapiti dallo stile di Prey.
Riguardo al resto, rimane tutto quel che abbiamo imparato a conoscere del titolo principale, dove le fasi di puro shooting non raggiungono l’eccellenza, ma tutto il  resto bilancia bene questa lacuna, aggiungendo anche un nuovo sistema di danni semi-permanenti al protagonista, dal sanguinamento alle fratture, curabili solamente con specifiche soluzioni. Il nuovo sistema trova spazio non solo in questa espansione ma anche nel gioco base, rendendo Prey – soprattutto per chi l’affronta per la prima volta – ancor più profondo e complesso.

Ti porto sulla Luna

Dal punto di vista tecnico, la base lunare Pytheas è un bel vedere, ricca di elementi particolareggiati, ambienti vari e con un ottimo level design. Il CryEngine fa anche qui il suo bel lavoro, inficiato da momenti di “bloodborniana” memoria nelle fasi di caricamento, così lunghe da poter includere potenzialmente un altro DLC al loro interno.
Anche questa espansione vanta un ottimo doppiaggio italiano e un’attenta localizzazione, così come lo è la realizzazione degli effetti sonori.

In conclusione

Prey: Mooncrash rispecchia la voglia di sperimentale del team Arkane che, dopo i Dishonored, continua a essere all’altezza della sua nomea, confermandosi uno degli studios più talentuosi della scena videoludica. Questa espansione è solo la prima parte in vista del Typhon Hunter che porterà grossi cambiamenti all’interno del franchise, magari anche in vista di un eventuale futuro secondo capitolo. Al prezzo di lancio di 19,99€, Mooncrash è un’ottima occasione per riprendere in mano uno dei migliori titoli del 2017: non un semplice compitino, ma un DLC vario, con nuove sfide e capace di intrattenere. Attenderemo i prossimi mesi per verificare l’impatto dato dall’avvento del multiplayer.

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Le fantastiche avventure di Captain Spirit

Sono passati oltre 3 anni dal debutto del primo episodio di Life is Strange, una delle migliori avventure grafiche degli ultimi tempi, un titolo che ha regalato a milioni di giocatori moltissime emozioni. Dopo la pubblicazione del prequel Before The Storm, sviluppato da Deck Nine Games, i ragazzi di Dontnod Entertainment si preparano adesso a un terzo titolo, quel Life is Strange 2 che sarà rilasciato il prossimo 27 settembre. Per ingannare l’attesa, il team francese ha voluto rilasciare una demo gratuita (che è però in realtà un’esperienza autoconclusiva) ambientata all’interno dell’universo di Life is Strange 2The Awesome Adventure of Captain Spirit.
Annunciata durante l’annuale conferenza E3 di Microsoft, quest’avventura vede protagonista un giovanissimo “supereroe”, Chris Eriksen, che munito di coraggio e tanta fantasia, cerca di sconfiggere il male e liberare il mondo.

Questa volta i ragazzi di Dontnod hanno voluto distaccarsi da uno scenario surreale, pieno di pericoli, poteri sovrannaturali, amicizie e amori, concentrandosi su quella che è pura vita quotidiana, cambiando completamente tipologia di personaggio: se in Life is Strange le protagoniste erano Chloe Maxine, due adolescenti a volte consapevoli, a volte meno, di tutte le avversità e dei pericoli che la vita riserva a una certa epoca dell’esistenza, in questa nuova avventura il protagonista sarà un ragazzino intento a divertirsi e ancora lontano dai problemi dell’adolescenza
Chris ha nove anni, e ha il dono (più comune in quell’età aurea che da adulti) di una sconfinata fantasia, probabilmente ereditata dalla madre Emily, nota fumettista scomparsa all’età di 28 anni a causa di un incidente stradale. Fantasia che gli permette di trasfigurarsi in supereroe, il cui compito è quello di salvare il mondo dall’attacco di Mantroid (il suo acerrimo nemico) e dei suoi scagnozzi.
Il luogo in cui è ambientata la vicenda è la casa a Beaver Creek, una cittadina dell’Oregon, in cui Chris abita con il padre, Charles, il quale, dopo la scomparsa della moglie, cade in depressione, trovando conforto nell’alcol, nel quale sfoga le proprie terribili frustrazioni; situazione che lo ha portato a perdere il lavoro di insegnante e, di conseguenza a doversi trasferire con il figlio in quella che è la loro attuale casa, lontano da parenti e amici. Gli eccessi nel bere, come si può intuire dall’inizio della nostra avventura, portano a Charles attacchi d’ira di cui è vittima il figlio, non solo verbalmente, ma anche fisicamente. Non stupisce che la fantasia, come nei migliori cliché letterari, sia in questo caso un rifugio necessario.
La malinconica avventura ha inizio in un sabato mattina di dicembre; Chris, pronto per le vacanze natalizie, si sveglia e subito comincia a giocare con i suoi giocattoli, immaginando di essere giunto in un nuovo e sperduto pianeta: è qui che comincia a farla da padrone l’immaginario. L’eroica giornata prosegue con la creazione e la personalizzazione del suo costume da supereroe, si potrà scegliere se indossare un elmetto o una maschera, se avere un’armatura pesante o una tuta leggera e se colorarla o meno.
La vita del giovane supereroe, però, non è tutta rose e fiori, infatti la tragica e prematura scomparsa della madre del piccolo ha segnato profondamente sia il padre, che ha cominciato a bere, sia Chris che cerca di rifugiarsi in un mondo fittizio, in cui la fantasia si fonde con la realtà.

Durante la breve, ma intensa esperienza di gioco impersoneremo Chris e con lui ci immergeremo in un mondo fantastico, messo in pericolo dall’invasione di Mantroid e dei suoi tirapiedi che solo Captain Spirit, grazie ai suoi alleati, potrà fermare.
Il gameplay non è cambiato granché rispetto ai due precedenti capitoli, ma sono state aggiunte alcune feature che si potrebbero facilmente ritrovare anche nel prossimo Life is Strange 2, come dei dialoghi off-screen, che ci permetteranno di rispondere a personaggi che si trovano altrove e alcune opzioni speciali che utilizzeranno il potere di Captain Spirit, come quello di accendere lo scaldabagno, che nella trasfigurazione immaginifica di Chris diventa il malvagio Scaldamagno, un grande mostro composto da fumo che si trova in un buio sgabuzzino, o di allenarsi tirando palle di neve contro le lattine di birra; quasi ogni azione del ragazzino può trasformarsi in un arduo compito da supereroe, anche mettere nella stufa la legna e farla bruciare, rendendo questo breve titolo un grande inno al potere della fantasia.
Per completare tutte le missioni si dovranno esplorare l’intero appartamento, il giardino e la casa sull’albero; qualsiasi oggetto con cui interagiremo racconta una storia, che sia un documento, una fotografia, una vignetta o un semplice articolo di giornale, tutto può servirci per scavare nel passato dei genitori di Chris, trovando documenti inerenti alla morte di Emily, al suo caso, ancora poco chiaro, e alla vita privata di Charles.
Questo ci porterà ad approfondire diversi aspetti della vicenda, facendo sì che l’intera avventura duri quasi più di due ore.
Come in ogni Life is Strange non potevano non mancare i dialoghi a scelta multipla; ogni opzione avrà delle conseguenze che si ripercuoteranno all’interno della vita dei due.

Il motore grafico utilizzato è cambiato, dall’Unreal Engine 3 si è passati definitvamente al 4, scelta appropriata in ragione del fatto che il nuovo Life is Strange uscirà solo per le nuove generazioni di console; il nuovo engine non ha comportato grandi cambiamenti nello stile dei personaggi e nei colori utilizzati, ma ha migliorato le texture e altri piccoli particolari. L’ambiente esterno utilizza colori abbastanza freddi e parecchio accesi, scelta azzeccata anche per via della stagione invernale e della neve, l’interno sembra molto più accogliente grazie all’uso di colori e tonalità più scure. Mentre il character design è uguale a quello che Life is Strange ci ha fatto conoscere e a cui ci siamo affezionati: lineamenti molto delicati, visi poco dettagliati e espressioni facciali naturali.
Lo stesso può dirsi per il comparto sonoroThe Awesome Adventure of Captain Spirit ha una soundtrack sospesa tra indie rock e cantautorato, regalando un’atmosfera carica di tristezza, malinconia e solitudine. In aiuto arriva anche il doppiaggio, davvero ben curato, con pochi dialoghi, ma dal significato profondo, ricchi di sentimenti, molte volte carichi di frustrazione e rassegnazione. A marcare i sentimenti del padre non sono solo i dialoghi, ma anche i testi di documenti che si trovano in casa, lettere e didascalie di fotografie che sono mezzi che riescono a delineare la fatica del padre di crescere un figlio da solo, la paura di poterlo perdere a causa dei servizi sociali e la malinconia di non avere più vicino la donna della propria vita. Tutti questi sentimenti sono racchiusi in brevi documenti, che però hanno un grande significato emotivo.
The Awesome Adventures of Captain Spirit è una breve avventura grafica, intrisa di ricordi e ferite che non si rimargineranno facilmente, piena di misteri da scoprire e sentimenti che i ragazzi di Dontnod hanno imparato a utilizzare sapientemente nelle loro avventure.
Un titolo, una demo, che ha l’intento, non solo di regalare un assaggio di quello che sarà Life is Strange 2 e di mostrare quasi due ore di gameplay agli appassionati della serie, ma soprattutto avvicinare e catturare l’attenzione di chi non conosce ancora il magnifico mondo che i Dontnod e Square Enix hanno creato.




Microsoft mette da parte i piani VR per Xbox One

Il chief marketing officer per il gaming di MicrosoftMike Nichols, ha rivelato ai colleghi di Gamesindustry.biz che l’azienda statunitense non intende, almeno per il momento, sviluppare un visore VR per Xbox One. Ciò significa che se Halo fosse sviluppato per questa tecnologia, i giocatori Xbox verrebbero tagliati fuori, a vantaggio di quelli PC che potranno utilizzare visori Oculus HTC. Tuttavia la Mixed Reality,  in grado di unire reale a virtuale, come dimostrato da HoloLens, verrà comunque sviluppata, e secondo i fan sarebbe già in arrivo. Riguardo il settore VR, per Sony, le vendite di PlayStation VR sono state inferiori alle previsioni di mercato, e potrebbe essere per questo motivo che Microsoft non vuole andare in avanscoperta, lasciando fare il lavoro pesante a Oculus e HTC.




Speciale E3: Nuovi trailer e data di rilascio per Starlink: Battle for Atlas

Dopo essere stato presentato allo scorso E3, Ubisoft Toronto non si è certo fermata: ha infatti appena resi pubblici due nuovi trailer della nuova saga: uno riguardante il gameplay, mentre l’altro è molto più… particolare.

Appare sullo schermo un personaggio iconico, ma non di certo appartenente a Ubisoft: Parliamo di Fox McCloud, protagonista della serie Star Fox di casa Nintendo. E subito dopo il trailer, spunta anche sul palco Shigeru Miyamoto, che riceve in regalo la miniatura di un’astronave, con ai suoi piedi proprio Fox. Sarà infatti un personaggio esclusivo del gioco, sbloccabile solo sulla versione per Switch.

Starlink: Battle for Atlas uscirà su tutte le console il 16 ottobre.




Speciale E3: Annunciato un documentario su Rainbow Six Siege

Justin Kruger sale sul palco con alle sue spalle l’enorme schermo con il logo di Rainbow Six Siege: è lieto di annunciare che la community del gioco ha raggiunto i 35 milioni di giocatori, ma anche le date dei tornei della prossima stagione. Non è finita qui: subito dopo, è stato trasmesso il trailer di un documentario, incentrato sul lato eSport del gioco, che uscirà durante il Six Major Paris, dal 13 al 19 agosto.




E3 Real Time: Conferenza Ubisoft

La conferenza Ubisoft è come ogni anno una delle più attese, e anche quest’anno non mancano le aspettative tra Beyond Good & Evil 2 (lontano dall’uscita ma di cui ci si aspetta qualche anticipazione) e rumors vari, tra cui quello dell’uscita del ritorno di Splinter Cell.

Apertura riservata a Just Dance 2019,  con un trailer video dove varie hit dell’ultimo anno vengono reinterpretate a suon di ottoni, passando da sonorità balcaniche ad atmosfere funk.

Si passa poi a uno dei più attesi della serata: Beyond Good & Evil 2. Il trailer ci introduce nell’ambientazione di un paesaggio innevato e in una situazione festosa interrotta dall’approssimarsi di  veicoli nemici: inutile dire che si è subito pronti alla battaglia. Il video non mostra tracce di gameplay, ma regala certamente una spettacolarità che appaga l’attesa del gioco, ancora a oggi in lavorazione e non vicino a una data di rilascio.

Gabriel Brunier, narrative director di Ubisoft Montpellier, che raccolta parte della trama che comprende la ricerca di un misterioso artefatto, e Guillaume Brunier, senior producer: entrambi introducono ai personaggi principali del gioco. Il personaggio interpretato è un capitano, ed è ambienta a Ganesha nel XXIV secolo.
La più bella sorpresa sono gli scampoli di gameplay del gioco, ancora in pre-alpha, e l’invito agli utenti a creare contenuti artistici per il gioco, soprattutto musicali, in collaborazione con la HitRecord di Joseph Gordon-Levitt, che interviene nella conferenza a parlare della sua piattaforma che aiuterà i giocatori a contribuire ai contenuti del gioco fra musiche, artwork, e altri asset di gioco.

Justin Kruger, community developer di Rainbow Six Siege, che annuncia il raggiungimento di 35 milioni di giocatori nel gioco, e introduce le competizioni dell’e-sport: agosto a Parigi, novembre la Pro League e febbraio a Montreal. Parte così un breve trailer documentaristico per introdurre il nuovo corso.

Viene introdotto il personaggio di Antii Il Vessuo, creative director che introduce il trailer di Trials Rising, che invita sul palco Brad Hill, il “Professor Fat Shady”, che ha avuto il compito di creare svariati tutorial della serie nel corso degli anni e che invita gli utenti a iscriversi alla closed beta del gioco. Il gioco sarà rilasciato a febbraio 2019 per tutte le piattaforme PS4, Xbox, Nintendo Switch e PC.

Giunge un momento aspettato da molti, quello di The Division 2: sul palco Julian Gerighty parla di un virus e del caos che attanagliano la nazione, introducendo al setting narrativo del gioco e alla missione del giocatore: quella di determinare la rinascita della società.

L’IP targata Tom Clancy, e sviluppata dallo studio Massive Entertainment, mostra tutti gli elementi classici del genere post-apocalittico in un lungo trailer e scaraventa lo spettatore in uno scenario di distruzione, morte e terrore militare, che gli eroi dovranno essere pronti a sovvertire.

Si torna sul palco dove Julian Gerighty continua a parlare della storia che evidentemente compone la spina dorsale della campagna single player, sulla quale Ubisoft pare aver creduto, per passare poi alle caratteristiche del gioco, dalle classi di specializzazione (Sharpshooter, Demolitionist e Survivalist) fino all’elemento di novita dei Raids. Saranno previsti vari aggiornamenti, e si partirà subito con lo Year One, che vedrà 3 episodi e svariati DLC. La data della registrazione della beta è prevista per il 15 marzo 2019.

Arriva un momento attesissimo per tutti gli italiani: quello di Mario+Rabbids: Kingdom Battle.
Sul palco il lead producer Xavier Manzanares di Ubisoft Paris, accompagnato da una band dal vivo quasi tutta al femminile, i Critical Hit. Manzanares introduce così il “maestro” Grant Kirkhope che che guida uno straordinario medley delle principali musiche del DLC Donkey Kong Adventure disponibile dal prossimo 26 giugno.

Arriva il momento dei pirati: torna Skull & Bones, già presentato lo scorso anno all’E3 e quest’anno presentato con un altro trailer.

Sul palco adesso Justin Farren, creative director di Ubisoft Singapore, che parla degli obiettivi del gioco. Vengono presentati navi come La Sultana e Farren parla di quanto conti molto la fortuna, dovendo fronteggiare cataclismi, il tempo (avverso o favorevole) e conflitti di varia natura. Fra artiglieria da comprare, possibilità di personalizzazione delle navi, assalti navali, esplorazioni nelle isole il gioco si presenta con un lungo video gameplay che illustra il meglio del genere piratesco, che utilizza probabilmente parte del know-how acquisito in Black Flag, ma che ricorda anche per certi versi Sid Meier’s Pirates. Vi è la possibilità di formare gruppi e assaltare in flotta i nemici con piani di battaglia coordinati. Vengono rappresentate intere battaglie, si ha la sensazione di un titolo con una sua complessità e che certamente gode di un impianto grafico di rango. Non si ha ancora una release date, ma un’orizzonte d’attesa per il 2019.

Elijah Wood torna con la sua Spectrevision sul palco assieme al game director Benoit Richer di Ubisoft Montreal per presentare Transference, nuovo lavoro in VR che indaga sulla coscienza, ha come scopo quello di scappare da una mente in cui ci si trova intrappolati e avrà all’interno vari puzzle e una forte componente psicologica.
Il gioco pare alterna parti filmate alla ricostruzione su motore grafico, e sarà disponibile già nell’autunno 2018.

Abbiamo dunque Starlink – Battle for Atlas, ed è Laurent Malville a presentarlo e a introdurre rapidamente il video successivo, riservando una sorpresa a molti fan.

Yves Guillemot introduce quella che è un’assoluta novità, vedendo la seconda collaborazione con Nintendo con l’IP Starfox. E a presentarla non poteva che esserci nuovamente Shigeru Miyamoto, al quale Guillemot regala il primo prototipo della navicella di Starlink. Il gioco arriverà il 16 ottobre e sarà disponibile su tutte le piattaforme.

Arriva il momento di For Honor, presentato da Roman Campos-Oriola, creative director del gioco, e anche qui si va verso il coinvolgimento degli utenti: il gioco sarà disponibile su PC gratuitamente dall’11 al 18 giugno. Viene dunque lanciato il trailer, che include il personaggio del Principe di Persia, per un DLC destinato a impreziosire il gioco principale.

La guerra civile dilania la Cina e quattro nuove fazioni sono qui introdotte nel nuovo update assieme alla nuova modalità di assedio “breach“.

Delphine Dosset, brand director di The Crew 2, introduce il gioco, annuncia che sarà disponibile dal 21 giugno e l’open beta è già scaricabile.

Adesso un altro momento che molti sapevano: quello di Assassin’s Creed Odissey, che si mostra adesso in un nuovo trailer cinematico.

Jonathan Dumont, creative director del gioco, introduce al setting dell’antica Grecia, dove filosofia e democrazia sono all’apice, mentre imperversano le guerre del Peloponneso un semplice mercenario deve salvare i suoi cari e diventare un eroe leggendario. Ritorna una forte componente RPG come nel precedente Origin’s e si aggiunge la scelta di scegliere il personaggio Alexios o Kassandra. In vari mini trailer vediamo scampoli di gioco, come quelli in cui ad Alexios viene data la spada di Leonida e fin da piccolo comincia il suo cammino da eroe o dialoghi a risposta multipla che si intessono con personaggi come quello di Socrate. Segue quindi un lungo trailer di gameplay e la data d’uscita: 5 ottobre 2018.