Naruto è una saga che ci ha accompagnato per per più di dieci anni, divenendo uno dei più importanti battle shonen ed evoluzione di quanto visto precedentemente, passando da Dragon Ball a Bleach. L’opera di Masashi Kishimoto, pur riprendendo gli stilemi caratteristici del genere, è riuscito a trasporre un’enciclopedia di storie personali che, assieme a quella del protagonista, rendono Naruto un racconto di sogni, speranze e sentimenti, contornati ovviamente da sane mazzate. Ed ecco che entrano in scena i videogiochi, tie-in che hanno raggiunto il picco con l’ultimo lavoro di CyberConnect 2 e il suo Naruto Shippuden: Ultimate Ninja Storm 4, un concentrato di qualità sotto tutti i punti di vista. Una volta terminati sia manga che anime e, con lo scettro passato al primo genito Boruto, la voglia di vivere le avventura dei ninja di Konoha non è tramontata: Naruto to Boruto: Shinobi Striker è dunque un nuovo tie-in, ma un po’ diverso da quanto abbiamo visto finora. Scopriamo perché.
Io credo in te
La prima particolarità che salta all’occhio è la mancanza di un reale single player, una campagna narrativa che ripercorra le vicende del noto manga. Del resto gli Ultimate Ninja Storm svolgono questo compito in maniera egregia, dunque perché ripetersi?
È abbastanza inutile girarci intorno: la proposta di Soleil, è molto simile a quella di Dragon Ball Xenoverse, in cui saremo chiamati a ricreare il nostro alter ego, basandoci su (pochi) asset appartenenti al mondo di Naruto. La prima stesura del nostro personaggio è alquanto limitata ma per ampliare le possibilità di personalizzazione interverranno le varie missioni, come vedremo in seguito.
All’interno dell’hub principale, un quartiere del villaggio di Konoha, potremmo interagire con altri personaggi giocanti e con i protagonisti del manga, assegnati a una postazione specifica, come Sasuke Uchiha adibito alla scelta dei maestri o sua moglie (?) Sakura, che avvierà il menu di personalizzazione.
Naruto to Boruto: Shinobi Striker è un titolo che non nasconde la sua natura già dalle prime battute e soprattutto risulta diretto per chi conosce l’opera di Kishimoto: i vari personaggi e oggetti presenti, hanno si delle piccole descrizioni, ma purtroppo risultano futili in entrambi i sensi visto che chi già conosce, non ha bisogno di poche righe per sapere di cosa si sta parlano e ben che meno, chi non si è mai approcciato, non troverà utili tali informazioni e, soprattutto, non sarà invogliato ad approfondire. Questa scelta dunque può risultare discutibile e in grado di scontentare tutti. Ma questa approssimazione purtroppo, si riscontra in altri elementi del gioco, come ad esempio la struttura ludica, che propone una serie di missioni slegate tra loro da svolgere in singolo o in co-op. Queste missioni, all’interno di arene VR, salvo qualche piccola eccezione, non riescono a restituire l’epicità di manga e anime, rimanendo utili solo per avanzare di livello e il “miglioramento” dell’equipaggiamento. Ma il titolo Soleil basa tutto il suo essere sull’online, con scontri suddivisi in quattro modalità: Battaglia Bandiera, Battaglia Base, Battaglia Combattimento e Battaglia Barriera, l’unica delle disponibili a presentare delle piccole novità, in quanto noi e i nostri compagni di team dovremo raggiungere e attivare punti specifici nella mappa, al fine di attivare una barriera in grado di immobilizzare i nemici.
Shinobi Striker è tutto qui, una serie di eventi che purtroppo non riescono a ricreare un ambiente omogeneo e allettante solo ai fan duri e puri della saga. L’obbiettivo è divertirsi senza fronzoli e le parole, punto cardine dell’opera di Kishimoto, vengono lasciate ampiamente da parte.
Arte Illusoria: confusione
Al contrario delle precedenti iterazioni, il titolo Soleil si presenta come un picchiaduro ad arena, in cui è previsto – almeno online – un 4 vs 4. Purtroppo vi sono da segnalare fin troppe semplificazioni a cominciare dal combat system dove basta la sola pressione di due tasti per compiere combo limitate e in cui manca addirittura uno schema dei comandi apposito. Passare dall’orizzontale al verticale all’interno della mappa risulta naturale e se si riesce a sfruttare l’intera mappa, sarà possibile sorprendere i nemici da ogni posizione. I colpi fisici, che difettano di hit box estremamente imprecise, sono contornati ovviamente dalle arti ninja che possono essere sbloccate avanzando il livello del legame con il proprio maestro. La personalizzazione dunque è una parte essenziale e si allarga anche al vestiario, comprensivo di tutto l’abbigliamento presente sia in Naruto che in Boruto, alcuni anche con variazioni e re-skin, ottenibi attraverso pergamene di grado diverso e con funzione di loot box. Il problema è che nessuna componente possiede caratteristiche in grado di far discernere al giocatore l’elemento più adatto al proprio personaggio. Tutto quindi, ha solo valenza estetica e risulta una grossa occasione mancata, considerato che in altri titoli, come Xenoverse già preso in esempio, è una meccanica che funziona egregiamente. Stessa cosa vale anche per le arti ninja che non possiedono gradi di potenza e una descrizione adeguata. L’efficacia dunque del proprio assetto dipende dalle nostre capacità, cosa buona e giusta ma al contempo limitante in quanto è possibile badare al sodo, trascurando completamente la meccanica della personalizzazione ovvero, un grosso pilastro su cui si basa Shinobi Striker.
L’elemento arena risulta interessante sopratutto nel multiplayer dove è essenziale far gioco di squadra per sconfiggere i propri avversari. Qui interviene l’idea interessante della scelta della classe e selezionabile a nostro piacimento, tranne che in partita ovviamente. Abbiamo a disposizione Attacco, Attacco a Distanza, Difesa e Cura e ognuno di esse possiedono skill ed equipaggiamento unici; ad esempio, il Chidori (Mille Falchi) di Sasuke, è possibile utilizzarlo solo come attacco a distanza. Tutto questo come si traduce? Ogni partita è puro caos: tutto consiste nello spam frenetico di ogni arte ninja presente, trasformando uno scontro in un bellissimo e frustrante miscuglio di particellari ed effetti luci, dove è veramente difficile capire cosa si stia colpendo e sopratutto cosa ci ha eliminati. Il target non aiuta nemmeno, capace di disancorarsi dall’avversario di fronte al minimo spostamento e il matchmaking, poco preciso e in grado di inserire in una stessa partita un livello 3 e un livello 100. Ammesso e concesso che il livello non migliora alcunché, ci si ritrova di fronte con arti ninja che, almeno nella forma, risultano devastanti.
Questione simile anche nelle missioni VR, un PvE in cui è possibile anche affrontare delle boss fight ma anche una miriade di nemici diversi da trasformarlo in un musou senza averne le caratteristiche.
Lasciarsi il Sole dietro se
Dal punto di vista tecnico siamo ben lontani da quanto visto nell’ultimo lavoro si CyberConnect 2 ma fortunatamente, Shinobi Striker si presenta abbastanza bene. Ovviamente tutto è all’insegna del cel shading, che non risulta definito e pulito come in Ultimate Ninja Storm 4 ma che si lascia ben vedere, se non ci si concentra su texture poco definite, o qualche mancanza di attenzione sui dettagli. Ottimo l’uso di fx, che rendono lo schermo un continuo arcobaleno di colori e particellari che non inficia più di tanto il framerate, quasi sempre stabile e specchio di una buona ottimizzazione. Buone anche le animazioni ma che purtroppo risentono di un leggero ritardo nell’imput dei comandi e che, una volta partite sarà dura interromperle. Potete capire da voi che questo, in un picchiaduro ad arena, può diventare frustrante; ma mai quanto la telecamera, incapace di seguire il nostro personaggio in concomitanza di ostacoli, un incubo che molte volte causerà la vostra sconfitta. Da segnalare anche un’infinità di bug e glitch di varia natura, alcuni dei quali davvero pittoreschi.
La componente audio si fregia dei doppiatori originali della serie animata giapponese e inglese e ormai abituati a prestare la loro voce anche nel contesto videoludico. Effetti sonori nella media e colonna sonora che richiama i fasti dell’anime, anche se in tono minore.
In conclusione
Naruto to Boruto: Shinobi Striker è un titolo che va preso per quello che è, in cui divertirsi è la parola cardine. Purtroppo però l’immediatezza genera anche quella poca profondità che inficia gran parte del lavoro di Soleil, a cominciare da un combat system abbozzato e componente di personalizzazione che purtroppo ha solo valenza estetica. In generale dunque, è un titolo che si lascia giocare soprattutto se siete fan del manga di Kishimoto, un picchiaduro senza fronzoli che vi permetterà di entrare direttamente nel mondo dei grandi villaggi ninja.