Parlare di avventure grafiche nel mondo dei videogame significa sempre in qualche modo parlare di Ron Gilbert.
Il game designer e programmatore statunitense è certamente uno dei padri assoluti del genere, la cui nascita può collocarsi circa negli anni ’80, quando lo stesso Gilbert trasformò le avventure testuali nei punta e clicca che oggi tutti conosciamo. Erano i tempi della Lucasfilm games, poi diventata LucasArts, azienda con la quale sfornò capolavori entrati nella storia che poggiavano su un’applicazione da lui stesso inventata per semplificare lo sviluppo delle avventure, lo SCUMM. Il sodalizio fra Gilbert e LucasArts non può dirsi lungo ma fu di certo molto fervido, e di quel periodo ci sono almeno 5 avventure grafiche assolutamente da ricordare:
La prima è Maniac Mansion, considerata una delle prime avventure grafiche della storia, uscita nel 1987 e sviluppata con il game developer Gary Winnick, che l’anno prima aveva lavorato su Labyrinth sempre per la Lucasfilmgames.
Sviluppato inizialmente per Commodore 64, Maniac Mansion è la parodia di un classico film horror, dove si racconta la storia di un gruppo di giovani ragazzi che devono aiutare un loro amico a salvare la propria ragazza rapita dal pazzo dottor Fred Edison. Il gioco è interamente ambientato nella magione degli Edison e riscontrò un enorme successo dovuto all’innovativa modalità di gioco, all’ampio ventaglio di personaggi e alla possibilità di sceglierne 3 da gestire in parallelo nel corso gioco, agli enigmi ben congegnati, a un’umorismo grottesco e debordante e a una serie di trovate che caratterizzeranno la cifra stilistica di Ron Gilbert e della Lucas, la quale produrrà anche un seguito del gioco, Day of The Tentacle, sviluppato però da Dave Grossmann e Tim Schafer che da Gilbert prenderanno alcune idee.
Nel 1988, abbiamo Zak McKracken and the Alien Mindbenders, avventura che gode dello stesso stile grafico di Maniac Mansion ma che questa volta fa il verso a film del genere L’invasione degli Ultracorpi e alle storie sul controllo mentale alieno. Ideato da David Fox e con Ron Gilbert nel ruolo di designer, il gioco vede per protagonista Zak, un giornalista che scopre un complotto extraterrestre e dovrà fare di tutto per sventarlo, spaziando da scenari storici come Stonehenge, le Piramidi, Atlantide e arrivando sino a Marte. Anche qui si potranno controllare più personaggi, ma solo nel corso del gioco, quando in aiuto di Zak accorreranno la scienziata Annie e le studentesse di Yale Melissa e Leslie.
Un solo personaggio, ma di grande spessore, ha invece per protagonista l’avventura grafica dell’anno successivo, Indiana Jones e l’ultima crociata, uscita nello stesso anno del famoso film per sfruttarne il grande richiamo. La Lucasfilm Games affida l’operazione proprio a David Fox e Ron Gilbert e il livello qualitativo del gioco non risente del peso dell’opera cinematografica i quali inseriscono nel gioco una componente action finora inedita al genere, con combattimenti che rendono la storia più dinamica ma che il giocatore può scegliere di evitare tramite le giuste risposte nel corso i dialoghi, dando dunque al giocatore una possibilità di percorsi alternativi e accontentando così tutti gli utenti in relazione all’approccio preferito. Questa strada sarà poi ripresa nel successivo capitolo videoludico di Indiana Jones, l’acclamato Fate of Atlantis.
Ma è del 1990 quello che è considerato uno dei grandi capolavori di Ron Gilbert dell’epoca Lucas: parliamo di The Secret of Monkey Island, parodia piratesca che vede al centro il giovane Guybrush Threepwood, che sogna di diventare un temibile pirata e del quale si seguono le peripezie prima nelle tre prove affrontate sull’isola di Melèe e poi nella spedizione di salvataggio del governatore Elaine Marley, rapita dal temibile pirata fantasma LeChuck, che lo porterà a sbarcare proprio sulla mitica Monkey Island. É certamente il gioco della maturità per Ron Gilbert, dove trovano la massima espressione il suo umorismo grottesco, le sue idee più visionarie e una rinnovata visione del game design. In Monkey Island prendono finalmente forma compiuta le idee riguardo le avventure grafiche elaborate da Gilbert in questi anni di esperienza, idee che nel 1989 il game designer espresse in un breve scritto chiamato Why Adventure Games Suck, ovvero Perché i giochi d’avventura fanno schifo, un insieme di regole imprescindibili per le avventure grafiche che costituisce oggi un vero e proprio manifesto per chi sviluppa adventure game.
Il successo di The Secret of Monkey Island fu tale che nel giro di un anno ne fu realizzato il seguito, LeChuck’s Revenge, nel quale Guybrush si ritrova nuovamente ad affrontare il suo storico nemico, stavolta resuscitato da un suo tirapiedi, e a ricercare il tesoro nascosto di Big Whoop. Questo episodio, che vede il protagonista a navigare per varie isole, con un ampio numero di scenari, dialoghi spiazzanti e scene memorabili, gode di una storia complessa e curatissima, con virate surreali e inaspettate soprattutto nel finale, e con tutte le caratteristiche della narrativa di Gilbert, ricca di enigmi elaborati, quadri di gioco unici e humor dissacrante, ha contribuito a fare di Monkey Island una serie cult senza precedenti nel mondo videoludico, che ha visto produrre vari sequel non giudicati mai all’altezza.
Pur avendo subito il genere punta e clicca una forte inflessione negli ultimi 2 decenni, Ron Gilbert è tornato quest’anno in grande stile con Thimbleweed Park, dimostrando che le avventure grafiche hanno ancora molto da far dire a chi sa scriverle con arte.