Speciale avventure grafiche: dal text based game al walking simulator
Siamo fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni 80; le prime sale giochi sono colme di persone in fila per giocare a giochi come Space Invaders, Galaxian, Pac Man, Defender, Berzerk, Tempest e molti altri. È un vero e proprio fenomeno di massa, i videogiochi sono popolarissimi fra gente di ogni età, ogni dove e ceto sociale. Erano giochi semplici con semplici obbiettivi: mangia i puntini, spara agli alieni, ai robot, completa il puzzle, etc… nessuno di questi giochi era molto cervellotico e fra i giocatori c’era, probabilmente, un bisogno di un qualcosa di più complesso, qualcosa di più intelligente. Un po’ prima dell’avvento degli arcade, il gioco da tavola Dungeons & Dragons fu rilasciato nel 1974; giovani da tutto il mondo si immergevano in queste avventure immaginare, in mondi fantastici a bordo di draghi volanti brandendo spade magiche. La peculiarità di quel gioco stava nella figura del dungeon master che, dietro ad un tabellone con regole ed altro, raccontava l’avventura che man mano si srotolava e metteva i giocatori davanti a situazioni e nemici che potevano essere superati con l’ausilio di una buona cooperazione. Il successo di questo gioco da tavolo spinse uno geniale Scott Adams a portare questo tipo di fruizione, cioè tramite narrazione, nel primo gioco testuale su PC: Adventureland del 1978. Seppur l’effetto carisma, tipico del dungeon master, spariva di fronte ad un testo di sole parole sullo schermo di un PC, Adventureland serviva allo scopo perfettamente; il giocatore si immergeva in dei mondi che effettivamente, non poteva vedere, tutto avveniva come quando si legge un libro, dentro la sua testa. Il fattore immaginazione in questi termini è, ad oggi, è semplicemente scomparso; la grafica, anche nei giochi più frenetici di quei anni, era ancora a uno stadio primitivo e gli elementi sullo schermo rappresentavano vagamente ciò che dovevano rappresentare. Già in un semplice Pong, rilasciato nel 1972, gli utenti vedevano due giocatori di tennis, un campo e una pallina ma in realtà, ciò che avevano di fronte, erano soltanto due barrette che facevano su e giù e un quadratino che rimbalzava da una parte all’altra. Nonostante l’avvento delle arcade, e dunque di giochi graficamente sempre migliori, i giocatori usavano ancora la propria immaginazione per definire meglio gli elementi nello schermo, specialmente a casa con console come l’Atari 2600 o computer come il Commodore Vic-20 che producevano una grafica peggiore rispetto alle loro controparti arcade. L’avvento dei giochi text based adventure sfruttava a pieno questa capacità umana basando l’intero gameplay (se così possiamo chiamarlo) sull’immaginazione del giocatore; al giocatore venivano presentate diverse situazioni risolvibili inserendo comandi semplici come “go north”, “pick item” o “kill enemy” tramite l’ausilio della tastiera. Fu così che i text game cominciarono a prendere piede nelle case di alcuni giocatori e compagnie come la Adventure International (fondata dallo stesso Scott Adams) e la Infocom fecero dei text game i loro prodotti di bandiera; giochi come la Serie di Zork, The Count e The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy (tratto dall’omonimo romanzo conosciuto in Italia come Guida Galattica per autostoppisti dalla quale è stato anche tratto un film nel 2005) furono pionieri di questo nuovo genere videoludico in cui tutto si svolgeva nella testa dei giocatori. I text game continuarono a esistere per tutti gli anni ’80, ma questo genere fu eclissato dall’arrivo delle avventure grafiche che poi si sarebbero evolute in punta e clicca.
L’epoca d’oro
Nel 1980 la neonata Sierra (all’epoca On-line Systems) pubblicò Mystery House per Apple II, considerato da molti l’inizio delle avventure grafiche; il nuovo titolo, che di base era un text game, offriva una vera e propria interfaccia grafica abbastanza primitiva, giusto l’input da dare alla mente umana per poter immaginare l’azione (visto che il display non ne aveva e non aveva neppure il sonoro). Lo scopo del gioco era quello di individuare un assassino all’interno della magione vittoriana investigando e costruendo ipotesi sugli oggetti che si andavano trovando man mano per la magione. Sempre in questo periodo, fra il 1980 e il 1984, vennero ripubblicati alcuni vecchi giochi text game con una nuova interfaccia grafica, simile a Mystery House, per i computer più moderni; fu il caso per il già citato Adventureland che, in occasione della sua uscita sul Commodore 64 nel 1982, fu ripubblicato con una cornice un cui era possibile osservare ciò veniva mostrato a testo. Il 1984 fu un anno importante per le avventure grafiche poiché uscì il primo capitolo della rinominata saga della Sierra Entertainment King’s Quest. Se pur ancora era necessario dover inserire i comandi su tastiera, King’s Quest fu un punto di svolta per le avventure grafiche: il testo fu utilizzato esclusivamente per i dialoghi, Sir Graham (il protagonista) era visibile in terza persona e, animato in ogni singolo dettaglio, lo si poteva vedere camminare, aprire le porte, prendere oggetti, etc… Semplici cose come le bandiere che sventolavano in cima al castello nella prima schermata erano un qualcosa di incredibile e mai visto prima. In precedenza non fu mai pubblicato nulla di simile e King’s Quest aprì le porte per un futuro sempre più luminoso per le avventure grafiche. Dal 1986 la Lucasfilm Games decise di cimentarsi sul campo delle avventure grafiche che, nel frattempo, diventavano sempre più popolari. Con l’avventura grafica del 1986 Labyrinth (tratto dall’omonimo film con David Bowie), la Lucasfilm Games (che poi diventerà Lucasarts) si aprì verso quel genere che diventò la loro specialità. Col successivo (e anche un po’ controverso) Maniac Mansion la LucasArts cambiò gli standard per le avventure grafiche a venire. La sua grande innovazione fu la creazione del motore grafico SCUMM, acronimo di “Script Creation Utility for Maniac Mansion”, che, a metà fra un linguaggio di programmazione ed un interfaccia utente, permetteva una migliore interazione con la scena semplicemente scegliendo un’oggetto col mouse, appena implementato per i videogiochi, per poi compiere un’azione selezionandola da uno dei già elencati comandi testuali. Da quel punto in poi per la LucasArts fu tutta una strada in discesa e il motore SCUMM fu usato per tutte le future uscite come Zak McKracken and the Alien Mindbenders, Indiana Jones and the Last Crusade, Loom ma soprattutto i legendari The Secret of Monkey Island, pubblicato nel 1990, e il suo sequel Monkey Island 2: Le Chuck Revenge. La serie di Monkey Island ebbe un impatto per i computer come Super Mario Bros lo ebbe per il mercato delle console; durante la prima metà degli anni 90 si vive quella che viene considerata l’epoca d’oro delle avventure grafiche. La LucasArts produsse meraviglie come Indiana Jones and the Fate of Atlantis, Sam & Max Hit the Road, Day of the Tentacle (che introdusse vere e proprie linee vocali per i dialoghi), The Dig e Full Throttle. La Revolution Software, un nuovo importante operatore, si buttò nella mischia con validissimi titoli come Lure of the Temptrest del 1992, che diede prova del loro motore grafico “Virtual Theater” che fu usato anche per il successivo distopico Beneath a Steel Sky del 1994, e la saga di Broken Sword iniziata nel 1996 e che dura a tutt’oggi. Sierra Entertainment continuava il suo trend positivo con sage del calibro di Gabriel Knight, i numerosi titoli della saga di King’s Quest e il controverso Leisure Suit Larry. L’apprezzamento delle avventure grafiche arrivò anche in Giappone facendo partire un nuovo filone parallelo di avventure grafiche più comuni come “visual novel”. Ricordiamo la popolare saga di Clock Tower, arrivata anche in occidente, e gli spettacolari Snatcher e Policenauts del 1989 e 1995, programmati dall’acclamato Hideo Kojima, creatore della saga di Metal Gear.
Crisi e ripresa
Verso la metà degli anni 90 l’interesse dei giocatori verso i punta e clicca stava diminuendo in favore dei nuovi giochi con grafica tridimensionale. La Lucasarts, per riconquistare il parere dei fan e della critica dopo un poco rilevante The Curse of Monkey Island, investì diverse risorse in quello che fu Grim Fandango, una delle più belle avventure grafiche mai realizzate. Uscito nel 1998, programmato dalla mente geniale di Tim Schafer, Grim Fandango mostrava una grafica eccellente per i tempi, una storia degna dei migliori film noir, un doppiaggio magistrale con battute degne di Monkey Island e una colonna sonora jazz/bebop di altissimo calibro. Nonostante i numerosissimi premi della critica soltanto 500.000 copie circa furono vendute e purtroppo fu la prova che le avventure grafiche erano in crisi. Dopo un altro (ingiustamente) fallimentare Escape from Monkey Island e dopo la successiva cancellazione di Sam & Max: Freelance Police nel 2004 la Lucasarts dichiarò di non volersi più dedicare allo sviluppo di nuove avventure grafiche. In tempi recenti però, con l’arrivo della ormai nota software house Telltale Games, il genere appare di nuovo in più forte che mai. La Telltale rilanciò un genere ormai infiacchito e riprese brand della Lucas come Sam & Max e lo stesso Monkey Island, puntando ad una struttura ad episodi che le ha garantito il successo con giochi tratti da famose IP quali The Walking Dead, Game of Throne e Batman, dettando le regole delle avventure grafiche moderne. Negli ultimi anni si è assistito a una rivisitazione del genere sia in ambito 3D, come ci dimostra la storia della Telltale o l’ultimo capitolo della saga di Broken Sword: The Serpent’s Curse, sia in ambito 2D con giochi come Machinarium o Whispered World. In un mondo dove le visual novel, come la super celebre Ace Attorney, hanno successo in occidente e il grande gigante del settore Tim Schafer torna sotto i riflettori con Broken age dopo un finanziamento su Kickstarter senza precedenti non ci stupisce più se il già citato Scott Adams ha prodotto il suo ultimo gioco nel 2013, The Inheritance… ovviamente un text game! E indovinate un po’, quest’ultimo gioco ha anche una grossissima innovazione: il sonoro! Insomma, mentre le storie continuano ad appassionare i giocatori, il futuro delle avventure grafiche pare ancora tutto da scrivere e, ovviamente, tutto da giocare.