Esistono storie che non esistono. Mai frase fu più azzeccata per qualcosa che difficilmente può essere associato a un film o a qualsivoglia media di intrattenimento. Sarà molto difficile analizzare l’ultima fatica di Paolo Ruffini – ammesso e concesso, che abbia realizzato lui stesso questo “montaggione” – che con la dicitura di “regista”, è riuscito a confezionare Super Vacanze di Natale – ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare il Cinepanettone. A un prezzo di listino di 7,50€ a persona, questa raccolta delle migliori – a detta di qualcuno – sequenze dei classici film italiani del periodo natalizio, è un qualcosa che sfugge a una mera logica cinematografica e che soprattutto mette alla berlina il concetto di arte. Ma sarebbe facile insultare, sbraitare e urlare un «Mammamia comme sto!» alla fine della sua visione. Cerchiamo dunque di analizzare, quantomeno, seriamente questo prodotto, il fenomeno e soprattutto la risposta di un popolo italico che piano piano si è disaffezionato alle pellicole che per decenni gli sono state tanto care durante le festività. Del resto ci troviamo d’innanzi al punto più basso del cinema italiano: ocio!
Che cos’è esattamente Super Vacanze di Natale? È tante cose: è il canto d’amore di Ruffini a uno dei suoi generi preferiti; è la visione di un’Italia che era e forse non sarà mai più; ma soprattutto è una tortura.
La pellicola ha una durata di circa 67 minuti e credetemi, si sentono tutti i secondi che pian piano abbandonano la vostra esistenza per divenire qualcosa di effimero. Qualcuno potrebbe pensare che una simile opera – che ricordo consiste del ritagliare e mettere assieme spezzoni di tutti i cinepanettoni usciti sinora – possa avere un filo logico, una trama per così dire, che facendosi strada tra le varie epoche, personaggi e situazioni, veicoli un messaggio o comunque comunichi qualcosa. Se – come me – avete pensato questo, siete in errore: la pellicola sembra essere suddivisa in capitoli, precedute da virgolettati che non vi aspettereste:
«Gli uomini sono fatti in modo da dover tormentarsi a vicenda» (F. Dostoevskij).
Questa è solo la prima delle tante citazioni che scomodano gente del calibro di Freud e Aristotele. Ma perché? Cerchiamo di analizzare. Si è sempre detto, almeno inizialmente, che i primi cinepanettoni rappresentavano, seppur con un certo gusto per il grottesco, la società italiana, con suoi usi e costumi; una sorta di Superquark che non si prende sul serio, con Massimo Boldi e Cristian de Sica come i Piero e Alberto Angela della situazione che ci accompagnavano nelle tortuose strade che l'”Homo Italicus” ha dovuto affrontare. Se almeno inizialmente questo poteva essere assolutamente plausibile, è con l’andare degli anni che qualcosa ha cominciato ad andare storto, proponendo uno schema immobile e invariato mentre il resto del mondo cominciava ad adottare una comicità più evoluta e ormai quasi totalmente slegata da gag fine a se stesse. Sappiamo tutti che, dalla metà anni novanta in poi, la qualità del cinepanettone ha avuto un crollo verticale. Quindi, l’utilizzo di queste citazioni a inizio capitolo serve solo a elevare di facciata gli attributi della pellicola, oppure nasconde un significato più profondo, un’analisi concreta del comportamento umano di fronte ad alcune circostanze? Effettivamente ogni capitolo sembra raccontare qualcosa di diverso, associando l’italiano medio ai diversi grandi argomenti che tutt’oggi affrontiamo: l’italiano e la politica, l’italiano e l’omosessualità, l’italiano e l’amicizia e ovviamente, l’italiano e il sesso.
Il risultato di tutto ciò è puro metacinema: i 67 minuti diventano vita stessa del lungometraggio, che nasce, cresce, prende consapevolezza di sé, trasmettendo la sua natura al pubblico, che non può far a meno di provare un solo e semplice sentimento: ribrezzo. Ci ho provato, davvero, a cercare una sorta di significato in tutto questo e, – come potete aver letto – ho cercato di portare avanti un ragionamento che speravo mi portasse da qualche parte.
A conti fatti, non c’è davvero nessuna differenza tra Super Vacanze di Natale e un qualunque montaggio di clip presente su YouTube. Prendiamolo quindi per quello che è: un semplice montaggio di scene. Il problema più grande – oltre a non avere senso e talmente concettualmente sbagliato da far tornare indietro gli operai dalla fabbrica Lumière in modo da arrestare l’avvento del cinema – è proprio il montaggio, che ogni tanto sembra effettuato con l’accetta per poi aggiungere le scene proposte, che in gran parte consistono in urla, peti, smorfie, gestacci ma a un ritmo così elevato da riuscire a produrre ansia e disagio, oltre a strani malesseri fisici. Funzionerebbe anche, a piccole dosi: del resto il bello delle clip è la loro intrinseca breve durata ma per più di un’ora diventa letteralmente tortura. Si fa veramente fatica a seguire quello che accade e non si desidera altro che la fine. Facendo un esempio, immaginate gli sketch comici di Benny Hill, che tempo fa, allietavano il nostro pre-serale, con scenette intrise di humor inglese. Facevano ridere, e giovano su un punto forte: la durata. Uno sketch funziona perché breve; arriva subito, diretto, cercando di provocare sorrisi o risa. Certo, intervengono anche altri fattori, ma la durata è fondamentale. Prese singolarmente, le scene del famoso duo Boldi-De Sica e di altri esponenti di genere, possono risultare comiche e per alcuni, azzarderei esilaranti. Ma tante clip, una dietro l’altra, prive di una consequenzialità a loro sostegno e non dosate con il giusto tempo per capire cosa succeda, è davvero troppo e, se l’obbiettivo è ottenere una marea di risate si finisce con l’ottenere invece un abisso di silenzio in sala.
Dopo Fuga di Cervelli e Tutto Molto Bello, Paolo Ruffini sembra continui a non capire come realizzare un buon prodotto. L’idea di portare il suo “megamix” rappresenta il punto più basso mai toccato dal cinema italiano. Non importa che sia un’operazione nostalgica o meno, è il concetto che risulta semplicemente sbagliato. Questo non è cinema e anche la dicitura “regia di Paolo Ruffini” sfida le leggi del buon senso. Davvero, se avete voglia di vedere le clip o montaggi dedicati a questa serie di lungometraggi, andate su YouTube: è gratis e ne troverete di migliori.
Per la cronaca: il film, tecnicamente, è di Pietro Morana. Chi ha orecchie per intendere, intenda.