Il mistero estivo

Era una tipica giornata estiva, a Zingarello, una di quelle con 40 gradi all’ombra, l’aria era afosa e ogni cosa contribuiva a causarmi fastidio. Sul far del pomeriggio decisi di andare in spiaggia con i miei amici, ma non fu una scelta azzeccata. Diversamente dal solito, l’acqua era agitata, al posto del mare piatto ruggivano onde gigantesche che si infrangevano violente sulla riva. Ci stavamo annoiando, ci annoiammo, ci saremmo annoiati per sempre se un mio amico non avesse tirato fuori un Nintendo Switch equipaggiato di Super Mario Kart 8, facendoci dimenticare il maltempo e l’incazzatura del mare con gare di velocità e battaglie all’ultimo guscio.
Bastò quel piccolo gesto per far tornare a galla grandi ricordi, legati soprattutto alla mia infanzia, quando bastava un Nintendo DS per passare una giornate estive sotto lontano dalla noia ovunque si andasse. Il Professor Layton era un ottimo compagno di viaggio: indovinelli forse un po’ complicati per la mente di un bambino di 7 anni (età in cui giocai il primo capitolo della saga), non di rado mi ritrovavo a chiedere l’aiuto di altre persone, e finiva fosse una buona scusa per socializzare, nascevano amicizie inaspettate, che piantavano radici nel comune intento di risolvere quegli enigmi. Negli anni, la serie del professor Layton ha visto numerosi sequel, e l’estate era dedicata ogni volta a mettere alla prova le mie conoscenze enigmistiche, con la soddisfazione di veder risolti i puzzle in sempre minor tempo di anno in anno. Ma Layton non era solo intelletto: Layton era storia, e quindi emozione, al punto che, finito il primo giocodella saga, non potei fare a meno di correre sotto casa per mostrare ai miei amici con fierezza il mio traguardo.
Capitolo dopo capitolo, le avventure del professore e del suo assistente Luke mi emozionavano sempre di più, mi avvincevano come solo le belle storie sanno fare, al punto che un giorno riuscii a convincere anche mio padre a giocarci. Mentre tratteggiava scelte con lo stick, di tanto in tanto lo spiavo per scrutare le sue reazioni, e ricordo ancora la felicità quando mi disse addirittura che il gioco era bello: da quel momento, ai miei occhi, io ero il suo Luke e lui il mio professore. Durante gli anni mi trovai a giocare al titolo in contemporanea con mio papà, riuscendo ogni tanto a risolvere qualche indovinello in cui lui invece era rimasto bloccato.
Di estate in estate la mia adolescenza andava via, lasciando posto al ragazzo che oggi è a un anno dall’università: negli anni è cresciuto anche Layton, anche lui ha avuto degli eredi. Chi ha detto infatti che anche il detective non può essere una carriera a conduzione familiare? Nell’ultimo capitolo il protagonista non è il professore, bensì sua figlia Katrielle, e giocandoci oggi mi sembra in qualche modo di essere cresciuto davvero insieme a lui. Level-5 è riuscita a mantenere vivo un brand di successo con una costante qualità medio/alta nella sua miriade di indovinelli.
Le mie estati continuano nella pace di Zingarello, il Nintendo DS è diventato 2DS dopo essere passato dal 3D, io sono cresciuto, i miei amici sono cresciuti, e in fondo anche mio padre continua a crescere e giocare (per fortuna); non nego che ho provato un sussulto di gioia e una sottile nostalgia quando, un giorno, da nulla, ho sentito un ragazzino di 7 anni, chiedere al proprio padre «come si risolve questo indovinello?» impugnando un 3DS in una tipica giornata estiva con 40 gradi all’ombra e l’aria afosa che dava fastidio.




Dusty Rooms: 32 anni di Metroid

Nel 1985 il Nintendo Entertainment System sanciva una volta per tutte la fine della crisi dei videogiochi in Nord America, sostituendosi ad Atari nel mercato delle console. Col suo spettacolare lancio, prima circoscritto nello stato di New York con i giochi “Black Box” (ovvero quelli con lo stesso box-art nero come Excitebike, Clu Clu Land o Wild Gunman) e poi in tutti gli Stati Uniti in bundle con Super Mario Bros., l’allora semi-ignota compagnia giapponese cominciava la sua scalata al potere e, come Atari lo fu per la precedente generazione, Nintendo si poneva come sinonimo di videogioco. Come il NES fu posto era chiaro a tutti: la nuova console 8-bit era un HI-FI casalingo, da accostare tranquillamente al videoregistratore, mangianastri o giradischi, pensato per tutta la famiglia e, i giochi proposti, riflettevano senza ombra di dubbio queste scelte di mercato. Tuttavia, nel 1986, Nintendo decise di lanciare un gioco più tetro, decisamente molto distante dai tipici colori accesi per la quale il NES stava diventando famoso; oggi, per i suoi bei maturi 32 anni, daremo uno sguardo a Metroid e i suoi sequel, una saga Nintendo diventata con gli anni sinonimo di eccellenza tanto quanto quella di Super Mario eThe Legend of Zelda, se non persino superiore.

Un gioco rivoluzionario

Metroid uscì per il Famicom Disk System il 6 Agosto 1986 ponendo atmosfere ed elementi di gioco mai visti prima. Sebbene l’action-platformer, più comune oggi come metroidvania, fosse già stato implementato in precedenza (anche se non è facile trovare una vera origine) questo è il titolo che lo ha reso famoso e ha messo le basi per tutti quei giochi che avrebbero voluto emulare questo nuovo tipo di gameplay. Metroid presentava un gameplay sidescroller tradizionle à la Super Mario Bros. ma con un overworld immenso completamente interconnesso grazie a portali, bivi, cunicoli e ascensori; per poterlo esplorare interamente i giocatori avrebbero dovuto trovare i diversi power up per l’armatura di Samus Aran per poi tornare in determinate sezioni dell’overworld e usarle per arrivare in dei punti altrimenti inaccessibili. Diversamente dai più colorati Super Mario Bros. e The Legend of Zelda, dalla quale traeva un pizzico della sua componente puzzle solving, il gameplay di Metroid era volto a far sentire il giocatore un vero e proprio “topo in un labirinto”, sperduto e isolato per via dei suoi toni cupi, fortemente ispirati al film Alien di Ridley Scott, e la totale assenza di NPC con la quale interagire; pertanto, il giocatore era spinto a usare tutti i mezzi a sua disposizione, pensare fuori dagli schemi e, in un certo senso, superare la quarta parete che lo separava dal videogioco disegnandosi, per esempio, la mappa dell’overworld in un foglio di carta accanto a lui (visto che non era presente alcuna mappa in-game).
Il gioco sancisce ovviamente la prima apparizione di Samus Aran, il cui sesso rimase ignoto ai giocatori fino al termine dell’avventura. Sebbene la scelta di rendere donna il personaggio principale fu una decisione presa durante le fasi finali dello sviluppo per creare un effetto shock (principalmente perché nel libretto ci si riferiva a Samus come un lui), fu anche una scelta molto saggia per ciò che riguarda la rappresentazione dei protagonisti donna nel mondo videoludico. Per la prima volta, una ragazza veniva messa allo stesso livello dei virili eroi che erano spesso protagonisti dei giochi d’azione; Samus spianò senza dubbio la strada a tante altre audaci protagoniste femminili, come Lara Croft, Jade e Jill Valentine, e grazie a lei il muro che separava gli eroi dalle eroine fu definitivamente abbattuto. Insieme a lei, Metroid introdusse molte delle caratteristiche che definirono il suo gameplay e che sussistono ancora oggi, come le sezioni da percorrere in morfosfera, i passaggi in cui ci servirà l’ausilio di un nemico da congelare col raggio gelo e i mille e mille segreti nascosti nella mappa del pianeta Zebes; non dimentichiamoci inoltre degli iconici nemici Kraid e Ridley, le forme base dei Metroid e la malefica Mother Brain. Giocare oggi con l’originale Metroid per NES è senza dubbio educativo e interessante ma non tutti, forse, possiamo accettare le lunghissime password, che includono lettere maiuscole, minuscole e numeri arabi, l’assenza di una mappa in-game (che ai tempi apparì per la prima volta soltanto nel primo numero di Nintendo Power nel 1988) e di un vero metodo per ricaricare l’energia di Samus. Pertanto, secondo noi, il miglior metodo per giocare alla prima avventura di Samus è senza dubbio il remake Metroid: Zero Mission per Gameboy Advance: in questa versione uscita nel 2004, possiamo godere di uno storytelling moderno, una mappa in-game rivisitata, sezioni inedite e tantissime nuove armi che si rifanno ai successivi capitoli.

Un sequel carente

Il primo sequel di questo gioco per NES arrivò nel 1992 su Nintendo Gameboy e il suo titolo fu Metroid II: Return of Samus. In questo nuovo gioco, Samus arriva sul pianeta SR388 per debellare la minaccia dei Metroid, eliminandoli definitivamente nel loro habitat naturale. In questa nuova avventura conosceremo questi parassiti più nel profondo in quanto affronteremo delle specie che si evolvono dalla forma base e sono decisamente più aggressive e pericolose. Metroid II è un capitolo spesso dimenticato dai fan ma ha comunque dato alla serie altre caratteristiche che hanno decisamente migliorato il gameplay proposto nel primo titolo per NES: per prima cosa, Samus può accovacciarsi senza entrare in morfosfera e può sparare verso il basso quando si trova in aria; vengono finalmente implementate le stazioni di ricarica, che permettono di ricaricare la nostra energia e la scorta di missili, viene fatta una chiara distinzione fra la Power Suit e la Varia Suit, che costituisce a oggi il design tipico della cacciatrice di taglie spaziale, ma soprattutto viene scartato il sistema di password in favore del più comodo salvataggio su RAM. Ciononostante, molte altre caratteristiche hanno limitato le forti potenzialità di questo gioco: la mappa in-game continuò a non essere presente ma la sua assenza fu compensata da un gameplay semplificato. L’azione si svolge nel sottosuolo del pianeta SR388 e dunque, più si scende più andremo avanti nel gioco. Tuttavia, è impossibile procedere fino a quando non bonificheremo una zona dai Metroid perché dei laghi di lava ce lo impediranno; una volta debellato il numero indicato in basso a destra nel menù di pausa,  potremo proseguire verso il livello inferiore, almeno fino al prossimo impedimento. Questa meccanica permette sicuramente a coloro che vogliono approcciarsi alla serie tramite questo gioco, un gameplay graduale, dove si perde quel senso di dispersione infuso col precedente titolo. Per via della memoria del Gameboy, le aree proposte sono abbastanza piccole ma cercare i Metroid presenti in una determinata sezione può risultare tedioso, in quanto si perde facilmente il senso dell’orientamento (sempre per l’assenza di una mappa in-game). Sempre per i problemi di memoria, gli unici boss che incontreremo sono i Metroid e nonostante ci siano diverse forme di tali nemici il gioco, sotto questo aspetto, risulta poco vario (essendo anche questi ultimi abbastanza facili da sconfiggere).
Essendo invecchiato male, Nintendo ha pensato bene di rilasciare giusto l’anno scorso Metroid: Samus Return per Nintendo 3DS che ripropone un operazione di remake simile a quella di Metroid: Zero Mission. A ogni modo, prima dell’intervento di Nintendo, lo sviluppatore indipendente Milton Guasti aveva rilasciato AM2R (Another Metroid 2 Remake), un remake indipendente dalle fattezze grafiche di Zero Mission e rilasciato gratuitamente su Gamejolt; con buona probabilità, la compagnia giapponese stava già sviluppando il remake ufficiale di Metroid II, perciò non poterono fare altro che bloccare i download del gioco. Tuttavia, ciò che viene caricato su internet ci rimarrà per sempre e perciò, con un po’ di fortuna, è ancora possibile trovarlo in siti diversi da Gamejolt (anche se noi vi consigliamo vivamente di giocare al remake ufficiale di Nintendo per 3DS).

L’eccellenza di Super Metroid

Dopo due anni, nel 1994, arriva il terzo capitolo della saga che riprende esattamente la storia dove l’avevamo lasciata. Il finale di Metroid II: Return of Samus vedeva la cacciatrice essere inseguita da un piccolo Metroid larvale in preda a uno strano imprinting; all’inizio di Super Metroid vediamo la nostra cacciatrice di taglie incubare la creatura in una capsula e cederla a un laboratorio scientifico. Una volta allontanata, Samus trova una strage e Ridley intento a rubare la capsula contenente il Metroid. Samus non riuscirà a fermarlo e così lo inseguirà fino al vecchio pianeta Zebes dove scoprirà che i pirati spaziali stanno costruendo una base per poter utilizzare i Metroid per i loro scopi terroristici.
Super Metroid elimina tutto ciò che rendeva tedioso il primo e il secondo capitolo, prendendone i suoi aspetti più riusciti, migliorandoli ulteriormente. In questo capitolo Samus può finalmente sparare in diagonale, vantando anche una maggiore mobilità sin dall’inizio grazie ai wall jump che, se impareremo a utilizzarli come si deve, potranno addirittura rompere le sequenze di gioco e ottenere armi e potenziamenti prima del normale andamento del gioco; non a caso, questo è uno dei giochi più gettonati dagli speedrunner, i cui scopi sono completare determinati giochi nel minor tempo possibile. Tornano tutti i power up dei precedenti titoli insieme ad alcuni nuovi, come la supercinesi, il visore a raggi-x, la giga-bomba e altri, che finiranno per diventare degli standard per tutta la serie. Grazie alla cartuccia di 24MB, la più grande mai prodotta prima dell’arrivo di Donkey Kong Country, è stato finalmente possibile inserire un’immensa mappa all’interno del gioco in grado di segnalare i luoghi già visitati e quelli ancora da scoprire, decretando così la fine dei giorni in cui giravamo a vuoto per Brinstar o ci arrangiavamo con carta e penna. Grazie inoltre alla potenza del Super Nintendo è stato possibile creare una grafica iper-dettagliata (per l’epoca) che finalmente riusciva davvero a dare quelle sensazioni che il primo titolo sperava di dare, ovvero quel senso di profondità, isolamento, e anche paura, dovuto all’isolamento, alla solitudine e al doversi trovare a che fare con specie aliene di cui non sappiamo niente; il tutto accompagnato da una componente di storytelling che si srotola senza alcun dialogo ma sempre chiara: man mano prendono luogo i momenti salienti della trama, specialmente durante l’avvincente finale del gioco, e da una colonna sonora magistrale resa possibile grazie all’impressionante chip sonoro S-SMP. Per tutti questi motivi Super Metroid si annovera fra i migliori giochi mai creati e ancora oggi risulta incredibilmente attuale e intenso, come del resto lo è sempre stato. A oggi ci sono molti metodi per giocare questo gioco: se avete a casa un Nintendo 3DS o un Wii U potrete trovarlo tranquillamente sull’E-Shop, ma se volete un’esperienza più vicina all’originale allora vi converrà comprare uno SNES Classic Edition e giocarlo con il suo controller originale.

Pausa e ritorno in grande stile

Dopo il successo di Super Metroid nel 1994 era normale aspettarsi un nuovo capitolo della saga in 3D per il Nintendo 64, con nuovi controlli e un gameplay ancora più spettacolare del precedente. Tuttavia, Yoshio Sakamoto, il creatore, e Shigeru Miyamoto si ritrovarono senza alcuna idea per la nuova generazione, specialmente per ciò che riguardava i controlli e la prospettiva del gioco. Proprio per questo motivo non vi fu alcun Metroid per questa generazione. la sua unica apparizione su N64 fu per il divertentissimo Super Smash Bros. nel 1999 e poco dopo la sua uscita si riaccese la speranza di rivedere presto la cacciatrice di taglie più famosa di tutta la galassia. I fan dovettero aspettare ancora altri tre anni ma furono premiati con l’uscita di ben due nuovi giochi della saga per due diverse console: il primo fu Metroid Fusion, in 2D e sviluppato dalle stesse persone che lavorarono su Super Metroid e rilasciato su Gameboy Advance. la storia vedeva Samus Aran accompagnare una squadra di ricerca sul pianeta SR388 quando all’improvviso venne attaccata da una specie sconosciuta; mentre stava tornando alla base per ricevere soccorso, il parassita conosciuto come X entrò nel sistema nervoso di Samus arrivando alla stazione di ricerca in fin di vita. I parassiti X, che nel frattempo si stavano moltiplicando, avevano letteralmente fuso alcune parti della sua armatura sul corpo della protagonista, tanto è vero che i medici dovettero operarla con l’armatura addosso, rimuovendo le parti infette, con Samus in fin di vita; fortunatamente qualcuno trovo una cura, ovvero un siero a base del DNA del Metroid, predatore naturale del parassita X. Così, Samus fu salvata, perdendo buona parte dell’armatura, ma in compenso diventò immune ai parassiti X. Un altro prezzo da pagare fu l’avere le stesse debolezze di un Metroid, come la forte sensibilità al freddo; adesso si poneva una nuova avventura davanti a lei: recuperare le parti della sua armatura rimosse chirurgicamente e mandate alla stazione di ricerca B.S.L., luogo da dove ricevette inoltre un preoccupante allarme.
L’altro nuovo titolo, sviluppato da Retro Studios, era invece Metroid Prime, che avviava pertanto la nuova sottoserie in 3D. Il nuovo titolo per Gamecube fu visto all’inizio con molto scetticismo ma con le prime recensioni da parte di critici e fan, il gioco raggiunse presto il successo sperato. Si sentiva nell’aria una sorta di fallimento assicurato: si pensava che potesse succedere alla saga di Metroid quanto accaduto con Castlevania su Nintendo 64 ma fortunatamente, avvenne l’esatto contrario. Ogni elemento che rese grande la saga, come appunto le sezioni in morfosfera, l’esplorazione graduale e il forte senso di isolamento, fu rivisitato e rinnovato per un mondo 3D dinamico che funzionava alla perfezione; persino la mappa in 3D era chiara e capire dove si era stati e dove no era semplice come in Super Metroid. I controlli non si si rifacevano invece asparattutto “pre-dual analog” per Nintendo 64 come Goldeneye 007 o Turok; il secondo analogico, presente comunque nel controller del Gamecube (se è per questo, usato normalmente in altri FPS che uscivano sulla console), veniva usato per scegliere una delle quattro armi disponibili ma il gioco offriva un sistema di puntamento di precisione, a discapito dei movimenti e un sistema di mira automatica durante le battaglie più movimentate, compensando in maniera completa l’assenza di questa opzione. Il sequel Metroid Prime 2: Echoes, uscito nel 2004, presentava lo stesso schema di controlli ma, così come per il primo titolo, non rappresentò per niente un ostacolo per il successo del gioco. L’avventura, in questo capitolo, veniva letteralmente raddoppiata in quanto a un “light world” si sovrapponeva un “dark world“, un po’ come accadeva in The Legend of Zelda: a Link to the Past, e il gioco prese appunto nuove componenti di gameplay mai viste in precedenza: i controlli furono cambiati e in un certo senso ultimati in Metroid Prime 3: Corruption per Wii che sfruttavano, ovviamente, il sistema di puntamento proposto coi Wii-mote, sposandosi al meglio con un gameplay da FPS della saga Prime. Più tardi, nel 2009, tutti i tre titoli Prime furono rilasciati nella collection Metroid Prime: Trilogy, introducendo così i motion controlller anche nei primi due titoli della sotto-saga.

L’ultimo capitolo e i tempi recenti

Dopo la trilogia Prime, acclamata come una delle migliori della scorsa decade, garantire la medesima qualità era una mossa molto ardua, specialmente senza l’aiuto di Retro Studios che si concentrava a ridar vita a un altro franchise Nintendo smesso in disparte: Donkey Kong Country. In una mossa a sorpresa, Nintendo decise di allearsi con Team Ninja, autori delle acclamatissime serie Dead or Alive, Ninja Gaiden e Nioh, per concentrarsi su un Metroid che unisse sia componenti in 2D, sempre molto richiesta dai fan, che elementi in 3D. Ciò che ne venne fuori, nel 2010, fu Metroid: Other M, un titolo ibrido con sezioni in 2D ispirate a Super Metroid e fasi in 3D che presentano un gameplay dinamico, che ricorda in parte Ninja Gaiden, in cui in ogni momento possiamo cambiare la visuale in prima persona (sempre a discapito dei movimenti). Tuttavia, il punto focale era dare a Samus una voce e presentare il suo personaggio in una maniera tutta nuova, con dialoghi e monologhi (tal volta forse troppo lunghi). Il gioco ricevette opinioni discordanti da parte di critici e fan ma in fondo il tutto si riduceva a pareri soggettivi: il gioco in sé era buono e non presentava grosse sbavature ma in molti, di fonte a così tante novità, faticarono ad apprezzare il lavoro di Team Ninja e così Metroid: Other M rimane a oggi un bel gioco ma non imperativo per godere della saga di Samus.
La saga rimase dormiente fino al 2016, anno in cui fu rilasciato Metroid Prime: Federation Force per Nintendo 3DS, uno spin-off che nessuno voleva. All’E3 2015 il trailer ricevette 25.000 dislike e solamente 2500 like su YouTube; partì persino una petizione su Change.org per raccogliere 20.000 consensi per cancellare questo nuovo progetto ma nonostante le 7500 firme in un’ora l’obiettivo non fu mai raggiunto. Il gioco venne rilasciato l’anno successivo e, contrariamente a ciò che si presagiva, il gioco non fu distrutto dalla critica ma semplicemente accettato per quello che era. Fortunatamente, nel 2017, Nintendo si è rifatta, lanciando il già citato remake Metroid: Samus Return e, all’E3 dello scorso anno, un teaser trailer in cui fu annunciato che Metroid Prime 4 è momentaneamente in sviluppo per Nintendo Switch (anche se d’allora non abbiamo più ricevuto notizie).
L’esperienza dei fan con la saga ci insegna principalmente una cosa: Metroid è uno dei brand più importanti di Nintendo ed è proprio per questo motivo che non vediamo uscite frequenti, visto che ogni release, sia per i fan che per la compagnia stessa, deve essere speciale, portando una grande innovazione a livello di gameplay. Basta dare un occhiata al comparto spin-off della saga per niente numeroso: abbiamo solamente Metroid Prime: Hunters, Metroid Prime Pinball e Metroid Prime: Federation Force e ciò dimostra le intenzioni di Nintendo per non far di questa saga una sorta di Call of Duty o Assassin’s Creed; nonostante abbia un fortissimo appeal e grosse potenzialità il brand è intenzionato a mantenere quell’aura di sacro che da sempre l’ha contraddistinta e anche se i fan ogni volta dovranno attendere molto tempo fra un gioco e l’altro almeno si ha la semi-certezza che alla consegna verrà rilasciato un grande gioco, che sia un episodio principale o uno spin-off. Incrociamo le dita e aspettiamo pazientemente il prossimo Metroid Prime 4!




Nuove info su Nintendo Switch Online

Come già annunciato, il servizio a pagamento dedicato alla console ibrida arriverà questo settembre. Al momento è possibile giocare online in modo completamente gratuito, ma all’arrivo del suddetto mese, chiunque vorrà continuare a farlo dovrà pagare un abbonamento mensile (4€), trimestrale (8€) o annuale (20€); un prezzo relativamente basso, se paragonato a Playstation Plus Xbox Live Gold.
Chiaramente nell’abbonamento non sarà inclusa solo la possibilità di giocare online.

Vecchi titoli per NES “rimodernati”

Non si parla di remake o remaster, ma dei giochi originali per Nintendo Entertainment System con qualche modifica ad hoc, come l’aggiunta del multiplayer online oltre a quello in locale, già implementato nativamente in molti dei giochi proposti. Al lancio del servizio saranno 20, di cui 10 già annunciati: The Legend of ZeldaDonkey KongIce ClimberBalloon FightTennisSoccerDr. MarioMario Bros.Super Mario Bros.Super Mario Bros. 3.

App Nintendo Switch Online

Già scaricabile su dispositivi IOS e Android, la sua funzione principale è quella di poter creare dei party e comunicare vocalmente con i giocatori facenti parte della lista amici del nostro account (sempre ammesso che anche questi siano in possesso del software). L’app offre anche utilizzi diversi, in base al gioco che si sta usando.

Salvataggi in cloud

Sembra che non sia compatibile con tutti i titoli, ma chiunque sarà abbonato a Nintendo Switch Online potrà salvare i propri progressi anche su un server cloud, così da averne una copia di backup e poterla trasferire su un’eventuale nuova console nel caso la prima dovesse rompersi, danneggiarsi o andare persa. A differenza di Wii U e 3DS, finalmente si potranno recuperare i dati senza dover avere per forza entrambi i dispositivi (il vecchio e il nuovo appunto) fisicamente vicini.

Nintendo parla anche di “offerte esclusive” dedicate ai membri iscritti al servizio, ma non ha rilasciato informazioni aggiuntive.

Per quanto riguarda un’eventuale sezione Virtual Console che consentirebbe di scaricare in digitale i titoli più famosi per NES, SNES, Nintendo 64, Nintendo Gamecube, ma anche console non Nintendo come Commodore 64 e Sega Mega Drive; presente su 3DS e Wii U, la casa giapponese ha purtroppo confermato che non sarà presente su Switch. Un boccone decisamente amaro da mandar giù.
Ma consoliamoci così: nel caso un gruppo di persone voglia abbonarsi e allo stesso tempo risparmiare sarà possibile scegliere, in puro stile Netflix, un’iscrizione familiare, che fornirà l’online e tutti i relativi vantaggi fino ad 8 account diversi, che non devono essere per forza loggati sulla stessa console, bensì devono far parte dello stesso gruppo famiglia. Il prezzo sarà di 35€ annuali.

Un servizio non proprio al top, ma quantomeno economico.




Dal 3DS allo Switch: l’evoluzione di Circle Entertainment

Circle Entertainment è un nome che sarà immediatamente familiare ai giocatori dei dispositivi marchiati Nintendo, grazie alla sua gamma di eccellenti titoli scaricabili su 3DS e Switch. Con IP del calibro di Mercenary Saga e World Conqueror alle sue spalle, la software house si sta preparando a rilasciare un nuovo titolo. Il team di Nintendo Life ha intervistato Thomas Whitehead, Product Manager, per conoscere il passato, presente e futuro della società giapponese. Circle Entertainment è sul mercato da oltre un decennio, quindi ha una lunga storia alle sue spalle. Whitehead, ha scoperto la società per cui lavora tramite il DSiWare (un gioco per DSi che può essere acquistato solo nel canale DSishop) e all’interno del 3DS eShop, dove la software house si presentava con un numero prolifico di pubblicazioni in Occidente, con giochi  dai temi bizzarri e con prezzi convenienti. Oltre 170 giochi di Circle sono stati pubblicati in varie forme, territori e piattaforme in oltre 12 anni.

Whitehead, ha affermato che la Circle Entertainment è vicina a un’altra software house, Flyhigh Works, descrivendole come un “duo editoriale”. A rafforzare la sua tesi ha aggiunto che il suo biglietto da visita è a doppia faccia: da un lato la Circle e Flyhigh sull’altro.
Il productive manager ha imparato molto dal suo periodo da editore di Nintendo Life, arrivando all’idea che i giocatori sono molto interessati i giochi in formato digitale. L’input principale, glielo ha fornito il Nintendo Wii, e il suo WiiWare, studiandone il funzionamento come poi fatto successivamente con DSi, 3DS, Wii U e Switch. Parte del loro successo, secondo Whitehead, potrebbe essere dovuto al fatto che i sistemi Nintendo non vengono inondati da tutti i principali giochi AAA, dando quindi più spazio a realtà minori che altrimenti non avrebbero modo di farsi notare. Tutto questo, è sospinto anche degli ottimi rapporti tra Circle e Nintendo, elogiando l’ottima disponibilità del colosso nipponico.
WhiteHead, è rimasto inoltre sopreso dallo strepitoso successo di Nintendo Switch. Nintendo è stata intelligente, creando un prodotto versatile e soprattutto curando la line-up nei suoi primi mesi di vita così da poter garantire almeno 3 giochi a settimana nel suo E-Shop. Il futuro è ancora incerto ma pare che il producer  abbia le idee chiare: si aspetta un arrivo di diverse tipologie di videogiochi come, per esempio, un mix di giochi per console e per PC in uscita su Switch.
Circle ha appena rilasciato World Conqueror X, mentre l’arrivo di OPUS: Rocket of Whispers Shelter Generations è imminente. La software house ha una lunghissima lista di videogiochi che verranno rilasciati strategicamente a seconda delle tendenze d’interesse globale, asiatico e occidentale.




La lore di Super Smash Bros.

Durante l’ultimo Nintendo Direct è stata rivelata una fantastica sorpresa, l’arrivo di un gioco i cui fan considerano quasi un evento, una tradizione che si ripete dal Nintendo 64 e che, come un grande evento cittadino, richiama un grosso numero di fan e giocatori al di fuori dell’utenza della grande N: stiamo parlando di Super Smash Bros., il rivoluzionario picchiaduro crossover che fa da arena ai protagonisti dei più famosi titoli Nintendo. A differenza del picchiaduro classico, i personaggi non hanno una barra dell’energia ma una percentuale che aumenterà a ogni colpo e che segnerà la possibilità di spedire un avversario “oltre i bordi dello schermo”, unico modo per vincere, oltre al far cadere i nemici nelle voragini; il suo stile è molto ammirato e il gameplay è stato più volte emulato in giochi come Playstation All-Stars Battle, Teenage Mutant Ninja Turtles: Smash Up e DreamMix TV World Fighters. La natura crossover del titolo spingerebbe a pensare che questo non abbia una lore, non una almeno, che coinvolgerebbe i singoli personaggi della storia; in realtà Super Smash Bros. ha un’identità nascosta, un tema che non è così evidente ma è presente sin dal primo gioco e che, specialmente verso gli ultimi titoli della saga, diventa sempre più cupa e tragica. Anche se la lore di questo gioco è celata e gli elementi della trama abbastanza difficili da identificare, preferiamo lanciare uno spoiler alert per quei giocatori che non hanno ancora giocato ai titoli precedenti, anche se in realtà questi non rovineranno la vostra prima esperienza con i vecchi Smash.

La spensierata gioventù

La saga, come già ribadito, comincia su Nintendo 64 con l’omonimo titolo che dà il nome alla saga. Gli elementi della trama sono già presenti sin dal filmato iniziale: vediamo Master Hand, il boss finale della classic mode di ogni capitolo, prendere dei giocattoli (dei pupazzetti di pelouche) da una scatola, sistemare libri, portapenne e una scatola di kleenex e “dare il via alle danze”. È teoria concordata che i combattimenti, così come anche gli scenari, siano frutto dell’immaginazione di Master Hand, il quale in Super Smash Bros. sarebbe un ragazzino fra i 12 e i 14 anni d’età. Analizziamo insieme la stanza dell’intro: vi è il poster di un’automobile sul muro e uno stereo, il che ne conferma il sesso maschile e che si interessa ad argomenti “da grandi”, dei libri e delle penne, che ci suggeriscono che va ancora a scuola, e una scatola di giocatoli accanto al suo letto che suggerisce la sua ancora tenera età. Giocare con i giocatoli immaginandosi scenari e storie fantastica è la più comune delle abitudini dei ragazzi di questa età; è un po’ la stessa cosa che avviene all’inizio di Toy Story 3 nella testa di Andy, il quale immagina uno scenario fantastico di cui Woody e compagni sono i protagonisti. Il gioco ha tuttavia un’atmosfera spensierata e la sola cosa che al giocatore interessa, e soprattutto a Master Hand, è spassarsela senza alcun pensiero per la testa.

I primi passi verso la maturità

Arriva il Gamecube e, dopo pochi mesi dalla sua uscita, arriva Super Smash Bros. Melee, da molti considerato il titolo più bello e competitivo della nota saga Nintendo. Proprio nel filmato iniziale, è possibile vedere un braccio di un ragazzo che nel frattempo è cresciuto e che, vista la sua più matura età, ha sostituito i suoi peluche con delle figurine collezionabili, più precisamente dei trofei (o al giorno d’oggi: Amiibo). Grazie all’opzione “stanza dei trofei” abbiamo la possibilità di dare un’occhiata alla sua vita: vediamo che il protagonista ha un mobile dove ha sistemato una TV, altri oggetti, diversi dal gaming, nonché diverse console Nintendo che, probabilmente, colleziona dalla sua tenera età; l’ordine nella sua stanza denota una certa maturità, ma la dozzinale disposizione dei trofei sul suo tavolino indica che ancora non è ancora pienamente adulto, con buona probabilità è un ragazzo fra i 18 e i 20 anni. In questo gioco, però, verrà introdotto Crazy Hand, un boss più o meno simile a Master Hand ma dalle caratteristiche ben diverse: se quest’ultimo è elegante, delicato ma anche brutale , questo nuovo personaggio è imprevedibile, incostante e tutto sommato un po’ pazzerello. In Master Hand, come già ribadito, si può evincere lo spirito creativo e la fantasia, mentre in Crazy Hand si può notare una certa voglia “di fare casino” che fa emergere quello spirito ludico nel protagonista, e che fa sì che giochi ancora con i suoi trofei disposti sul tavolino in maniera disordinata. Si nota anche un certo disappunto che nasce dal voler rimanere ragazzi mentre si è costretti a fare i conti con la società moderna e l’inevitabile processo di maturità. La descrizione del suo trofeo è abbastanza inquietante:

«mentre a Master Hand piace creare, il suo alter ego è impulsivo e distruttivo, consumato da quella sensazione di vuoto che ci prende quando vogliamo distruggere le nostre creazioni.».

Ma perché mai questo personaggio, che ama creare queste storie e giocare con questi personaggi, vorrebbe distruggere le sue creazioni allo stesso tempo?

L’accettazione

Finalmente, dopo diversi anni, arriva Super Smash Bros. Brawl su Wii, il titolo che introduce le sfere smash e i primi personaggi non-Nintendo, come Solid Snake e Sonic. La nuova modalità avventura è identificabile nella campagna “L’Emissario del Subspazio”, una storia partorita dalla mente di Kazushige Nojima, scrittore che ha sviluppato la trama per diversi episodi di Final Fantasy e Kingdom Hearts. La storia vede Bowser, Ganondorf e Wario collaborare con Master Hand per far sì che tutti i personaggi diventino dei trofei di pietra e non muovano più un muscolo per sempre; ma perché quest’ultimo, che in tutti questi anni si è divertito con questi personaggi Nintendo, vuole disfarsene? Scopriremo più in là che Master Hand non è in sé ed è controllato da un misterioso personaggio semplicemente chiamato Tabuu. Il nome di questo potente essere non è scelto a caso e, appunto, rimanda proprio al vocabolo usato anche in lingua italiana: un tabù è qualcosa di proibito o ristretto a una parte della società. In poche parole, rimanendo nel contesto di Super Smash Bros. Brawl, ai bambini è concesso di giocare con i giocattoli, agli adulti no, e Tabuu rappresenta proprio la società che vuole fare in modo che Master Hand smetta di giocarci. Alla fine, i personaggi Nintendo avranno la meglio su Tabuu e la sua sconfitta rappresenterà proprio l’accettazione di questa condizione. Il ragazzo che giocava nella sua stanza è finalmente cresciuto e la famosa immagine dei personaggi che guardano l’orizzonte luminoso rispecchia proprio il luminoso futuro; nonostante questo lo abbia portato verso dimensioni creative lontane, i ricordi delle battaglie immaginarie all’interno della sua stanza saranno sempre parte di lui e non dovrà mai vergognarsene o giustificarlo di fronte alla società.

L’eterna lotta interiore

L’Emissario del Subspazio sarebbe stato il perfetto finale della saga, ma una console Nintendo, a oggi, non è tale se non è presente un titolo di questa serie; ecco così che arriva Super Smash Bros. for Nintendo 3DS and Wii U, un titolo espanso più che mai. Qui la lore del gioco prende una piega ancora più negativa e oscura: una volta sconfitto Master Hand, viene sprigionato Master Core, un’entità inquieta e distruttiva come nessun’altra nella serie. Questa entità vive appunto dentro la mano creatrice e, a quanto pare, è sempre stata parte di lui: secondo alcune teorie, egli è presente in ogni gioco e persino visibile in Super Smash Bros. Melee come parte dello stage “Battlefield”. La battaglia contro di lui è la più feroce della saga, e questa entità è in grado di assumere diverse forme: una persona gigante, un mostro, una forma oscura del personaggio in uso, una fortezza, ma il finale ha molti aspetti interessanti: dopo una vera e propria carneficina, Master Core assume la sua vera forma, una sfera con dentro una sfera più piccola con il simbolo di Super Smash Bros., e da lì il combattimento non è più tale. La sfera rimane ferma al centro dello stage, passiva, in attesa che il personaggio in uso la scaraventi al di fuori dello schermo. Chi è davvero Master Hand e perché dopo una lotta all’ultimo sangue si arrende in questo modo? Se lui è il creatore di tali battaglie, allora non ci resta che associare questa figura a Masahiro Sakurai, creatore della saga picchiaduro, nonché del notissimo Kirby; la sua vita è praticamente riassumibile seguendo gli episodi di Smash.

Il lato oscuro del successo

Masahiro Sakurai nacque nel 1970, il che significa che ai tempi del Famicom aveva 13 anni, l’età del ragazzo del primo titolo della saga; Nintendo fu parte dell’infanzia di Sakurai. Da giovanissimo fu assunto alla HAL Laboratory dove a soli 19 anni concepì Kirby, una delle saghe platformer più amate di sempre, che vide il suo successo proprio nel Gameboy e soprattutto nel Famicom; il successo della saga, tuttavia, aveva un lato oscuro, ovvero il dover produrre sequel in continuazione. Questo comportò che il suo senso di frustrazione crebbe in maniera esponenziale, e in Super Smash Bros. Melee si presenta proprio Crazy Hand, la sua voglia di distruggere ciò che ha creato per via della troppa fatica da investire nei sequel; non a caso, dopo qualche anno dalla sua uscita, Sakurai lasciò la HAL per via dei troppi episodi richiesti sia per la saga di Kirby che per la nuova saga di picchiaduro crossover. Di quel periodo egli ricorda:

«era dura per me accettare il fatto che per ogni gioco che facevo la gente desse per scontato che avrei fatto un sequel. In un sequel, tanta gente deve ridare lo stesso il massimo per creare un gioco fantastico, ma il pubblico pensa che un sequel nasca secondo un processo naturale.»

Super Smash Bros. Brawl è la storia della sua accettazione: Sakurai crea giochi per vivere ma questi, agli occhi di molti, sono solamente dei “giocattoli”, specialmente in una società rigida come il Giappone. Tabuu rappresenta la pressione di dover crescere ma, alla fine, terminata la campagna “L’Emissario del Subspazio”, questa viene sconfitta; egli rigetta le aspettative della società e accetta il lato di sé che è cresciuto con Nintendo, che vuole dar vita alle cose che da piccolo lo rendevano felice, che ama giocare anche se questo significa non poter distogliere l’attenzione da questa saga e non potersi cimentare in nulla di nuovo, specialmente perché dietro a ogni Super Smash Bros. ci sono anni di sviluppo. Sakurai ha confessato a Game Informer che la programmazione di questi titoli è infinitamente stancante, e si chiede spesso se lui sia la persona adatta per mantenere tale impegno. Nonostante la costanza e la serietà che dedica alla saga, la sua creatura è diventata così grande da non poterla più controllare (come per esempio l’inclusione di personaggi molto lontani dal canone della saga, come Mega Man, Pac Man o Cloud solo per poter vendere di più, o il più chiaro fatto che i nuovi titoli debbano essere pronti in tempo senza potersi dedicare ad altro); Master Core, la rappresentazione dell’essenza del creatore stesso, esce rabbioso da Master Hand non solo rivendicando ciò che è suo, ma anche mettendo in guardia i fan sul futuro della saga stessa, ovvero abbandonare la direzione della sua creatura, esattamente come è successo per Kirby; tuttavia, nonostante ne rivendichi il possesso, egli rappresenta il suo senso di frustrazione nel non poter più abbandonare la serie nonostante la sua voglia di allontanarsi e dedicarsi ad altro, tanto è vero che alla fine dell’infuocata lotta, Master Core si abbandona a se stesso in attesa che il giocatore lo faccia fuori e faccia della serie quello che vuole. Ai colleghi di Game Infomer il noto game designer ha detto che ogni scadenza è per lui un cappio che si stringe sempre di più man mano che il tempo passa, e che vorrebbe dedicare un po’ più di tempo a se stesso ma, non solo non ci riesce, è anche incapace di immaginarsi un’altra persona che possa sostituirlo nel suo lavoro. Di certo Masahiro Sakurai non vuole rinunciare alla programmazione di ogni nuovo Super Smash Bros. ma è decisamente logorato dal fatto che a ogni gioco che produce i fan debbano chiedere automaticamente un sequel; pensate che egli aveva intenzione di chiudere la serie già ai tempi del Gamecube per potersi dedicare ad altro, ma la richiesta di un sequel è stata così alta da non poter essere ignorata e lo stesso Sakurai sa che il compito di continuare la saga spetta solo a lui, per senso di responsabilità e per amore verso la sua creatura; egli in fondo è Master Hand e sa benissimo che la saga senza di lui non potrebbe mai essere la stessa e perciò rimane anche se ciò significa versare sangue, sudore e lacrime, a sacrificio di altri progetti a cui si potrebbe dedicare.

I giocatori comandano

Il vero insegnamento di questa storia, alla fine della fiera, è che il compito di mettere il punto alla serie è in mano ai fan, e Masahiro Sakurai non può fare altro che del suo meglio per poter consegnare ai giocatori la migliore esperienza possibile. Fortunatamente Super Smash Bros. è una saga che (ancora) non ha visto alcun periodo buio; ogni uscita rappresenta per Nintendo una grossa opportunità per richiamare i fan e giocatori sempre nuovi ,e Sakurai non può che esserne fiero. Chissà se l’ex prodigio del game design nasconderà un nuovo messaggio nel nuovo Super Smash Bros. per Switch, se abbia accettato con più serenità il fatto che questa saga dovrà essere presente su ogni console Nintendo o se sarà ancora più logorato del capitolo scorso. Di una cosa siamo comunque certi: Masahiro Sakurai farà del suo meglio e, con la sua umiltà, consegnerà un altro titolo che cercherà di essere all’altezza – se non migliore – dei suoi predecessori.




Annunciato un nuovo Nintendo Direct

Nintendo presenterà un nuovo Nintendo Direct domani 8 marzo alle ore 23, dandone annuncio oggi su Twitter. A quanto pare la presentazione sarà incentrata su giochi in uscita quest’anno su Nintendo 3ds e Switch, tra cui Mario Tennis Aces per la console ibrida. Lo streaming sarà disponibile su Youtube, che durerà circa 30 minuti.
I titoli attualmente annunciati includono: Detective Pikachu per 3ds, Donkey Kong Country: Tropical FreezeHyrule Warriors: Definitive Edition, Nintendo LaboProject Octopath Traveler e Metroid Prime 4 per Switch.
In basso il tweet di Nintendo of America e lo streaming su Youtube.

 

 

https://youtu.be/CBMxanh8llk




Monster Hunter World: il contributo di Nintendo non va dimenticato

È un po’ triste vedere un franchise tipicamente associato alle console Nintendo spiegare le ali per migrare alla volta di altri sistemi videoludici; tuttavia siamo contentissimi di sapere che Monster Hunter World, uscito per Xbox One e Playstation 4, venda come il pane e si trovi in testa alle classifiche di tutto il mondo. L’ultima incarnazione della serie potrebbe non essere perfetta ma è comunque un ottimo sequel.
Per quanto possa essere difficile da accettare, la famosa serie Capcom aveva bisogno di passare alle console casalinghe e, dunque, a un utenza più ampia come quella su Xbox One e PS4 (nonché potenza, cosa che Switch non può permettersi); l’ultima volta che la saga è apparsa in una console casalinga è stato con Monster Hunter 3 per Wii nel 2009, dunque quasi dieci anni visto che il successivo Monster Hunter 4, rilasciato nel 2013, uscì per il portatile Nintendo 3DS. Il salto su Xbox One e PS4 potrebbe certamente dare più credibilità al brand e ampliare, decisamente, la già larghissima fan base a livelli mai visti prima.

La serie ne ha certamente goduto ma tutto ciò è forse un po’ difficile da accettare per Nintendo: il titolo è arrivato presto in cima alle classifiche inglesi durante la settimana di lancio e a oggi Monster Hunter World ha superato le cinque milioni di unità fra versioni fisiche e digitali (non dimentichiamoci che questo titolo dovrà ancora uscire per PC, il che porterà ancora più giocatori); le azioni Capcom hanno avuto un incremento del 4.9%, registrando il picco più alto in diciassette anni, e questo sottolinea i limiti della console Nintendo (sia in termini di potenza che di utenza).
La decisione di portare la serie su altre console si è rivelata vincente ma ciò non significa che la relazione fra Monster Hunter e Nintendo sia finita; la serie deve molto alla “Grande N” e giocatori e critici di tutto il mondo lo sanno. Questo nuovo titolo non è comunque esente da difetti: il matchmaking non risulta efficiente, almeno al lancio, tanto che i giocatori di vecchia data rivendicano le gesta dell’online sulle console portatili.

Quando la serie arrivò per la prima volta su Playstation 2 nel 2004 non fu un grande successo; fu con il passaggio su PSP che Monster Hunter definì il suo imperfetto online e si concentrò di più sul multiplayer. La serie riscontrò un modesto successo ma fu solo con il passaggio su 3DS e gli esclusivi titoli Nintendo (come Monster Hunter Generations) che ridefinirono la formula senza stravolgere il gioco di base, riscontrando così il successo meritato.
Ci duole ammetterlo, ma non vedremo mai Moster Hunter World per Nintendo Switch; sicuramente Capcom non vorrà fare un porting al costo di sacrificare il buon comparto tecnico che sta caratterizzando il suo successo nelle altre piattaforme. Tuttavia, Switch non avrebbe bisogno di questo specifico titolo, ma bensì una “sub serie” per la console Nintendo.

Un opzione per Capcom sarebbe quella di portare in occidente Monster Hunter XX, uscito in Giappone nell’Agosto 2017; questo titolo, essendo fondamentalmente un porting, non ha riscontrato un grosso successo. Capcom aveva grosse aspettative per la versione Nintendo Switch però, essendo uscito praticamente 5 mesi prima su 3DS, capirono che Monster Hunter XX, con le soli 100.000 copie vendute dopo la settimana di lancio, non avrebbe ottenuto risultati migliori sulla console ibrida, pur essendo un’esclusiva.
Tuttavia il successo di Monster Hunter World in occidente potrebbe convincere Capcom a rilasciare il titolo Switch nei rimanenti territori (lasciando perdere la release su 3DS); potrebbe essere un percorso rischioso e costoso per Capcom però, potrebbe rivelarsi un ottimo investimento per introdurre la saga ai possessori di Nintendo Switch di oltremare.
Un altro modo per rivedere Monster Hunter su Swich potrebbe essere il rilascio di un nuovo titolo esclusivo. Fra le due alternative è in realtà la strada più rischiosa e Capcom, solitamente, non è un publisher che scommette i propri soldi su uno spin-off quando può ottenere le stesse entrate, se non più grosse, con il rilascio di altri titoli classici (vedi Resident Evil su PS4 e Xbox One); tuttavia è un publisher che, con buona probabilità, avrà già preso in acconto il successo del nuovo titolo e il nuovo status tripla A di Monster Hunter. Inoltre Capcom sa benissimo quanto il contributo Nintendo sia stato decisivo per la saga, quindi è improbabile che una console come Switch, la cui utenza aumenta di giorno in giorno, rimanga senza un Monster Hunter per l’occidente.
Per adesso, possiamo solo incrociare le dita e sperare che un nuovo titolo della saga arrivi su Switch il prima possibile.




Monster Hunter World e la strategia vincente di Capcom

Monster Hunter non è di certo una delle saghe più famose in Occidente, ma l’ultimo capitolo ha riscontrato un successo ragguardevole in tutto il mondo.
Capcom da anni cerca di creare una forte community globale, come già successo in Giappone; infatti, dalla pubblicazione del primo titolo per PS2, nel 2004, e soprattutto dall’avvento della PSP, moltissimi ragazzi hanno cominciato a giocare insieme a Monster Hunter incontrandosi nei vari caffè, fast food e centri commerciali di tutto il Sol Levante.
Monster Hunter ha incontrato moltissima difficoltà a trovare un pubblico al di fuori della Madre Patria, e questa difficoltà è ancora, seppur in minima parte, presente. Non è raro che alcuni giochi riescano facilmente a trovare seguito in Giappone e, al contempo, che abbiano difficoltà all’estero (o viceversa); solitamente sono sempre titoli minori, di nicchia, e non saghe del livello di Monster Hunter.
Uno dei pochi grandi franchise che funziona in Giappone ma che delude gli occidentali è sicuramente Dragon Quest, semplicemente perché si tratta di una saga che gioca bene sulla nostalgia verso i giochi del passato per vendere, una nostalgia che non fa presa sul pubblico occidentale (che volge lo sguardo ad altri oggetti del passato), stessa sorte che ha incontrato la saga di Monster Hunter.
Capcom ha trovato in Giappone una vera fortuna e non sorprende che Capcom abbia l’ambizione di ripetere il proprio successo anche oltreoceano. Il dato davvero singolare, però, è che lo sviluppatore di Street Fighter abbia continuato a provare, nonostante diversi fallimenti, a ottenere per la propria IP un mercato forte e stabile anche in Occidente. Molte aziende del settore avrebbero desistito ben presto dall’intento di diffondere un franchise come Monster Hunter nel mondo, e avrebbero più comodamente abbandonato il mercato giapponese per concentrarsi su altri mercati.
Capcom, con la propria scelta di in termini di strategia di business, non ha spinto così tanto Monster Hunter in Occidente, in questi anni, ma ha battuto la strada per renderlo un franchise globale, trattandolo da asset chiave della propria strategia aziendale.

Le scelte del team di Capcom per assecondare i gusti di un pubblico internazionale, e quindi molto eterogeneo, ha investito le scelte sul piano creativo, ma anche le decisioni aziendali fondamentali per il lancio di Monster Hunter: World. Il gioco è arrivato  di recente su PlayStation 4 e Xbox One, ma il mercato console del Giappone è del tutto differente da quello del resto del mondo: PS4 ha venduto più di 6 milioni di console in terra nipponica, ma resta comunque un numero inferiore al potenziale di vendita di Nintendo 3DS, che è stata la piattaforma principale per la saga dal 2013. Xbox One, invece, è una console quasi inesistente sul mercato giapponese. Questo significa che Capcom ha sviluppato il gioco per piattaforme di certo non popolari nell’unico paese che in precedenza ha rappresentato uno dei più importanti mercati per la saga, con la piena consapevolezza che avrebbero dovuto affrontare varie difficoltà per vendere il gioco.
Capcom ha deciso di sviluppare sulle piattaforme Sony e Microsoft perché così avrebbe attratto il mercato occidentale, ma c’è anche un’altra ragione: in Giappone 3DS è ancora una piattaforma di successo, ma le possibilità per Monster Hunter di espandersi e svilupparsi sulla handheld di Sony erano ormai minime; Switch non era stato annunciato quando iniziò lo sviluppo di Monster Hunter: World. La società avrà sicuramente ritenuto che PS4 fosse la migliore opzione in questo momento, indipendentemente dal basso numero di console vendute in Giappone, così da poterla sfruttare per le vendite in occidente.
La decisione presa da Capcom alla fine è stata azzardata, ma ha pagato: avrebbe potuto fallire irreparabilmente. La saga ha riscosso molto successo anche nel resto del mondo, e fortunatamente Capcom ci ha creduto: ha dato fiducia alla saga di Monster Hunter e quella fiducia, adesso, ha dato i suoi abbondanti frutti. Nelle ultime settimane, l’ultimo titolo di MH, ha fatto discutere molto positivamente di sé, sia dai fan, sia da chi, la saga, non l’aveva mai giocata prima.
A questo coraggio di uscire dai propri confini non si può che far un plauso.




Atlus chiede ai propri fan quali titoli sviluppare e su quale piattaforma

Oggi Atlus ha rilasciato un lunghissimo questionario rivolto ai fan. Nonostante sia in giapponese, è importante sapere di cosa si tratta dato che riguarda il rilascio di nuovi titoli sulle diverse piattaforme, tra cui un nuovo capitolo della saga Persona, un picchiaduro, un RPG online o, più semplicemente, Persona 6. Oltre a ciò, sono presenti domande che riguardano le saghe di Etrian Odyssey, Digital Devil Saga, Devil Survivor, Shin Megami Tensei, e tutti i capitoli dedicati a Persona. Per tutte queste opzioni dovranno essere specificate le console di rilascio. Le domande successive indicano di esprimere la propria opinione riguardo alla creazione di alcuni spin-off dei giochi Atlus creati, però, da altri sviluppatori. I titoli della lista sono Soul Hackers, Devil Summoner, Devil Survivor, i picchiaduro della saga Persona, i Persona Dancing All Night, Persona Q, Etrian Odyssey, la saga principale di Persona e di Shin Megami Tensei. La domanda successiva riguarda un dubbio di Atlus se sviluppare o meno una nuova IP, una saga numerata o, ancora, degli spin-off delle proprie serie principali, un remake, o magari un porting di vecchi titoli sulle nuove console. È presente anche l’idea di creare delle serie animate o collaborazioni con altre compagnie. Nel momento in cui si deciderà di rispondere “la creazione di una nuova IP”, verrà richiesto anche lo sviluppatore, scegliendo tra diversi studi, come ad esempio il team di Shin Megami Tensei, il nuovo Studio Zero, il team di PersonaVanillaware o il team di Etrian Odyssey. Infine, ma non meno importante, verrà chiesto nuovamente su quali piattaforme rilasciare i nuovi titoli, da scegliere tra PS4, Playstation VR, PS Vita, 3DS, Nintendo Switch, Smartphone oppure una nuova console che potrebbe arrivare in futuro. terminato il questionario, troverete una sorpresa dai Phantom Thieves: sarà un piccolo artwork riguardante un gioco in uscita dello Studio Zero chiamato Project Re Fantasy.

 

 

 

 

Fonte: Dualshockers.




Yuji Naka, creatore di Sonic, si unisce a Square Enix; nuovo titolo in sviluppo

Yuji Naka ha annunciato oggi sul suo account Twitter che è entrato a far parte di Square Enix. Naka ha anche menzionato che lavorerà nel team di game development  e che il suo obiettivo sarà quello di consegnare un gioco piacevole.

Nella versione giapponese del suo tweet Naka ha anche spiegato che è elettrizzato all’idea di buttarsi in una nuova sfida alla Square Enix, il che fa pensare che il creatore di Sonic potrebbe andare a cimentarsi in un qualche nuovo genere videoludico che non ha mai preso in considerazione.

Yuji Naka è famoso soprattutto per aver portato alla luce Sonic the Hedgehog ma il suo curriculum va ben oltre i giochi del porcospino blu. Dal 1984, anno in cui debuttò in Sega con il suo Girl’s Garden per il Sega SG-1000, il suo contributo come programmatore è stato decisivo per la creazione di alcuni giochi come Phantasy Star I & II, Alex Kidd in Miracle World e, come creatore, in Nights into Dreams e Chuchu Rockets!.

Durante la scorsa decade ha lavorato per lo più come produttore e il suo ultimo gioco è stato Rodea the Sky Soldier per Nintendo Wii, Wii U e 3DS.

Yuji Naka non ha fornito ulteriori informazioni sul gioco alla quale sta lavorando però, il solo sapere del suo ritorno alla programmazione ancora una volta, è certamente molto intrigante.