Polymega: la nuova frontiera del retrogaming

Le librerie digitali di PC e console sono inondate da titoli dall’aspetto vintage ma per ora, dopo la chiusura di LOVEroms e LOVEretro e dell’effetto domino che si è venuto a creare, gli interessati a riscoprire i veri e propri titoli del passato per ora non vivono giorni facili. Sia Steam che gli store digitali delle console non stanno offrendo una vera alternativa alle tanto amate ROM e i rivenditori su eBay sembrano voler girare il coltello nella piaga. Per quanto nero possa sembrare lo scenario attuale qualcuno si sta già muovendo e un ambiziosissimo progetto avviato un anno fa sta per vedere la luce: stiamo parlando della Polymega, una console di una nuova compagnia chiamata Playmaji e fondata da ex dipendenti di Insomniac e Bluepoint games (senza contare che questi hanno lavorato a giochi tripla A come Ratchet & Clank e Titanfall) e che promette compatibilità con ben 13 sistemi (in realtà 30 se contiamo che questa “frankenmacchina” è region free). Questi, per la gioia dei più appassionati, sono:

  • Sony PlayStation
  • Neo Geo CD
  • Turbografx 16/PC Engine
  • Turbografx 16 CD/PC Engine CD-ROM2
  • Supergrafx
  • Super CD ROM2
  • NES
  • SNES
  • Sega Mega Drive
  • Sega CD
  • Sega 32X
  • Sega CD32X
  • Sega Saturn (quest’ultima annunciata a sorpresa con il trailer di lancio per l’apertura dei preorder)

Chiunque di fronte una tale lista rimarrebbe senza fiato e i retrogamer di tutto il mondo potrebbero ritrovarsi un sistema che potrebbe risolvere un’infinità di problemi, dallo spazio in casa ai soldi da spendere per i sistemi, i giochi ed eventuali pezzi di ricambio o per la manutenzione di quest’ultime (specialmente per le console a CD costruite con un sacco di pezzi mobili o batterie RAM da cambiare). Ma cosa è esattamente questa macchina? Come può promettere una compatibilità così ampia e come risolverebbe l’attuale fame del retrogaming?

I can make this work

Il termine “frankenmacchina” che abbiamo usato poco fa descrive perfettamente la natura di questo prodotto – cara Accademia della Crusca, il mio codice IBAN è… –: la console è composta da una base, il cuore della macchina, in cui è presente il lettore CD che permette di leggere tutti i sistemi a supporto ottico (dunque ben sei sistemi) e a questa possono essere aggiunti dei moduli che leggeranno le cartucce originali, le cui ROM verranno caricate nel sistema interno per essere emulate (pertanto non sarà necessario inserirle ogni volta che vogliamo giocare con un determinato gioco), e saranno compatibili con i controller originali. Nella base troveremo inoltre due porte USB (come spiega la sezione FAQ del sito di Polymega e da come possiamo vedere dal trailer introduttivo), sarà compatibile con bluetooth e, visto che gli sviluppatori promettono aggiornamenti per il sistema operativo interno, sarà possibile connettere la macchina a internet per accedere a un futuro store, che verrà lanciato nell’ultimo quarto del 2019, dove poter scaricare giochi e, se l’obiettivo dei 500.000$ verrà raggiunto nei primi 35 giorni, persino mandare il proprio gameplay in streaming su Twitch e YouTube. Il sito ha da poco aperto i preorder: il modello base, che comprende un controller standard simil PlayStation 4 per giocare ai sistemi CD, costa 249,99$ (al cambio attuale, in Euro, sono circa 215,60€) mentre i singoli moduli, che verranno venduti insieme a dei controller cablati simili a quelli dei sistemi emulati, costeranno 59,99$ (attualmente 51,74€) e al loro interno saranno caricati ben cinque giochi. Essendo un sistema moderno, l’attacco principale della console sarà l’HDMI ma, come un NES mini o SNES mini ci permette, sarà possibile regolare l’immagine e pertanto decidere se scegliere il formato 4.3 o 16:9, se mostrare tutti i pixel, mostrare gli “scalini” o avere un’immagine “pixel perfect“. Come già accennato, questa console estrarrà le ROM dalle cartucce per poi, essenzialmente, emularle all’interno dei moduli (e permettere tutto quello quello che permettono gli emulatori: save e load state, fare screenshot, registrare il gameplay, etc) ma gli sviluppatori hanno promesso di creare degli emulatori da zero, senza l’ausilio di altri software preesistenti.

Cosa significa Polymega per l’industria?

Prima di sottolineare come Polymega potrebbe incidere sul mercato vogliamo, per prima cosa, evidenziarne alcuni aspetti. Innanzitutto, questa console viene incontro alle richieste dei retrogamer finora rimaste inascoltate; nessuna terza compagnia, le molte che operano nel campo del retrogaming per offrire nuovi dispositivi per le vecchie macchine, aveva finora pensato alle piccolezze di alcune di queste, come offrire la compatibilità con il 32X per i cloni del Sega Mega Drive, offrire un’alternativa moderna agli ormai costosissimi Turbografx 16/PC Engine, senza contare che il loro modulo leggerà, praticamente, le sei cartucce del Supergrafx (console che si sarebbe dovuta comprare a parte anche possedendo una delle due versioni della console NEC), ma soprattutto offre la prima vera soluzione per i giochi su compact disk la cui compatibilità, grazie agli aggiornamenti firmware, potrà essere espansa a ben altre console a supporto ottico in futuro come il Sega Dreamcast (continuamente citato nella sezione FAQ) il 3DO o persino la PlayStation 2. Non dimentichiamoci inoltre che l’annunciata compatibilità con i giochi per Sega Saturn è molto importante perché da sempre questa console ha avuto la negativa fama di essere la più difficile da emulare per via del suo arduo sistema dual core, parallelamente all’essere una delle più ricercate fra i retrogamer. Similarmente, i moduli da comprare a parte, che potranno anche essere sviluppati da altre compagnie, continueranno ad uscire per offrire ai giocatori nuove soluzioni per console come il Nintendo 64, Atari 2600 o chissà cosa!
La console, diversamente da altre come il Retron 5 di Hyperkin o l’AVS di Retro USB, vuole porsi letteramente come un faro per i retrogamer e, come già citato precedentemente, vuole lanciare uno store digitale dove offrire legalmente tutte le ROM apparse finora nei maggiori siti di emulazione come emuparadise.me; questo significa anche, e soprattutto, raggiungere gli sviluppatori originali e coinvolgerli in tutto e per tutto nel progetto Polymega, ponendosi come una quarta console attuale ma dedicata esclusivamente al retrogaming. Alcune grandi compagnie come Capcom o Irem hanno già espresso interesse verso questo particolare mercato fornendo, pur sempre in quantità limitate, delle cartucce commemorative funzionanti e operative prodotte da RetroBit di Street Fighter II, Mega Man 2 e Mega Man X, R-Type III e Holy Diver (ebbene sì, un gioco ispirato a Ronnie James Dio e ai Black Sabbath! Un giorno ne parleremo), senza contare che altre compagnie, anche senza il consenso dei publisher, hanno prodotto molte reproduction cartridge per giochi ormai andati persi nelle obbrobriose aste eBay come Nintendo World Championship. Grazie a Polymega potrebbe esserci un rinnovato interesse in questi prodotti repro che potrebbero persino coinvolgere i giochi su disco, cosa che finora nessuna compagnia ha mai preso in considerazione, e dunque vedere delle nuove stampe – dei reproduction disk oseremo dire – di molti giochi per Saturn, Neo Geo CD o TG16/PC Engine CD, spesso dimenticati nel vastissimo oceano retrò. Playmoji, probabilmente visti i recenti sviluppi, non si è espressa sul tema ROM da caricare via USB o backup, per ciò che riguarda i giochi su CD, però hanno lasciato intendere che una volta caricata l’immagine sul sistema, potranno essere patchati; questo aprirebbe Polymega all’intera scena hack e delle traduzioni. Che dunque che potrà esistere un modo per permettere tutto questo? Probabilmente lo sapremo solo una volta che metteremo le mani su questo fantastico prodotto.

Questioni sul sito e il chip FPGA

Un po’ di tempo addietro, il sito è stato chiuso per qualche giorno e, alla riapertura, che ha lanciato definitivamente i preorder, sono state cambiate alcune specifiche del sistema: tutti i cambiamenti sono stati spiegati in un articolo su Nintendolife, redazione molto vicina alla compagnia che sta producendo il Polymega. Playmoji ha aperto uno stand durante l’ultimo E3 in cui era possibile provare la base della console e alcuni moduli, il tutto ancora in stadio di prototipo; lì hanno raccolto i primi feedback dei potenziali consumatori e in molti si sono lamentati dei lag durante l’emulazione dei giochi per PlayStation. Gli ingegneri hanno considerato attentamente l’opinione dei giocatori e così si è optato per ottimizzare l’hardware della console cambiando il vecchio processore FPGA quad core Rockchip RK3288 di 1.8Ghz che emula i sistemi in questione, un tipo di chip montato in console come l’Analogue NT o l’AVS; per spiegarlo in breve, le schede madre delle vecchie console non vengono ricreate da capo o in una maniera diversa per evitare questioni con le case produttrici originali, ma l’intero hardware viene emulato all’interno di un processore chiamato FPGA. Adesso, all’interno del modulo base, il chip in questione è stato sostituito da un più potente Intel CM8068403377713 dual core, il ché dovrebbe un fattore positivo (e che avrebbe probabilmente permesso l’emulazione per Sega Saturn) ma non è un chip specifico FPGA che permette l’emulazione ibrida dei sistemi sopracitati; per altro, questi chip dovrebbero essere inseriti all’interno di ogni modulo ma adesso il tutto grava sul nuovo chip montato all’interno della base. È possibile che il cambio del processore non gravi per nulla sull’emulazione dei sistemi e che i competenti sviluppatori in questione sanno quello che fanno (senza contare che un prototipo funzionante è apparso all’E3 e presentava solamente problemi per l’emulazione PlayStation) ma dalla riapertura del sito Playmoji non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale oltre all’articolo su Nintendolife e le domande degli appasionati alla ricerca dell’emulazione perfetta sono ancora senza una risposta ufficiale. Ad alcuni non interessa e sono certi, visto che il nuovo processore è più potente del precedente (e dunque semplicemente facendo 2 + 2), che il sistema possa essere addirittura migliorato ma ad altri sorgono altri dubbi, specialmente visto lo strano silenzio della compagnia dopo il rilascio dell’articolo e la riapertura del sito. Bisogna dire che la zona FAQ del sito è veramente esaustiva ma ancora molte domande necessitano di una risposta abbastanza tempestiva.
Vale ricordare inoltre, che il Polymega non è un kickstarter o un crowdfunding ma c’è un reward system dalla quale, in base alle prevendite, si raggiungeranno degli obbiettivi che permetteranno di creare nuove feature per gli acquirenti, come compatibilità espansa per il lettore CD e nuovi moduli; se l’obiettivo minimo di 500.000$ non verrà raggiunto le console verranno richiamate e rilanciate successivamente seguendo il feedback dei compratori ed è per questo che Playmoji, ora più che mai, deve garantire una buona comunicazione con chi sta per prendere in considerazione l’acquisto del sistema. Di certo non si tratta di una truffa come il Coleco Chameleon (tratteremo questo tema in futuro) in quanto il sistema è già stato mostrato funzionante all’E3 e le persone dietro al progetto sono davvero competenti ma le uniche domande che per ora gli appassionati si pongono sono: sarà un sistema all’altezza delle aspettative? Vale la pena comprare questo sistema al lancio? E se il lancio va male?

Aggiornamento del 13/09/2018

Proprio di recente, per fortuna, gli sviluppatori hanno dato prova della potenza del loro  sistema e tutto sembra essere tornato alla normalità. Sul loro canale YouTube sono apparsi ben tre video di gameplay di alcuni giochi per Sega Saturn, che si avviano dalla selezione dei titoli nel sistema operativo; con questa mossa gli sviluppatori hanno dimostrato che il processore è in grado di emulare perfettamente questa macchina problematica (visto che alcuni si sono lamentati del fatto che alcuni video di gameplay mostrati nel trailer di lancio appartenessero ad alcune controparti arcade) e perciò, se è in grado di emulare il Saturn, è fondamentalmente in grado di emulare tutto il resto. In breve, la console 32 bit di Sega era la prova del nove e Polymega l’ha superata. Il primo video mostra un gameplay variegato: vengono caricati Guardian Heroes, Sega Rally Championship, Panzer Dragoon Zwei, Fighting Vipers, Dungeons and Dragons Collection: Shadow Over Mystara (questo titolo è molto importante poiché richiede l’esclusiva cartuccia RAM da 4 Mb da inserire nel Saturn, dunque questa è la prova che è anche in grado di emulare questo hardware esterno) e House of the Dead (giocato col controller, visto che le lightgun dei tempi non funzionano più coi televisori nuovi). Il secondo e il terzo video mostrano un ulteriori gameplay di Sega Rally Championship e Fighting Vipers girare a 60 FPS, meglio di come potrebbe fare un Sega Saturn originale. In tutti i video, insieme al gameplay cristallino, viene inoltre mostrata la capacità di creare dei save state e ricominciare esattamente dal punto in cui si lascia l’azione, sottolineando dunque che la macchina estrae letteralmente l’immagine per poi emularla. A questo punto, tutti i peccati di Playmoji sono stati assolti ma rimane giusto qualche dubbio: l’ultima cosa che gli utenti vorrebbero solamente vedere, stando ai commenti sui video, è uno stream su Twitch/YouTube in cui mostrano gli sviluppatori giocare effettivamente con la Polymega, inserire qualche disco e vedere il sistema che estrae l’immagine, provare e scambiare qualche modulo, etc… Si spera dunque che gli sviluppatori diano ancora più prove a sostegno della versatilità di Polymega (anche se, in realtà, ne hanno date abbastanza all’ultimo E3) ma a ogni modo, finalmente, alla preoccupazione più grande, ovvero l’efficienza del nuovo chip, è stata data una risposta molto esaustiva.
Per le comunicazioni ufficiali da parte degli sviluppatori vi basterà seguirli sul loro canale YouTube e sulla loro pagina Facebook.

(video del gameplay variegato)

(Sega Rally Championship a 60 FPS)

(Fighting Vipers a 60 FPS)



Il mercato delle licenze nei videogame

C’era un periodo, tra gli anni ’80 e i primi 2000, in cui il videogioco rientrava ancora tra quegli hobby di nicchia e veniva poco considerato o addirittura schernito dai media. Non che oggi non si trovino articoli o notizie al telegiornale che tendono a mettere i videogiochi in cattiva luce ma, se un tempo c’era solo poca consapevolezza, ora è l’ignoranza a guidare la mano di certi giornalisti che poco informati.
Piccoli sfoghi a parte, in quegli anni c’era anche chi aveva visto del potenziale in quegli ammassi di pixel, specie se abbinati a prodotti più di successo come i film. Fu Atari Games ad avere l’idea per prima, e sfruttando il successo di Indiana Jones ottenendone la licenza, pubblicò nel 1982 Raiders of the Lost Ark per Atari 2600, un anno dopo l’uscita dell’omonima pellicola di Spielberg. Il gioco ricevette un buon feedback da pubblico e critica ed è considerato uno dei migliori per la console. A partire da lì altre aziende seguirono l’esempio del colosso arcade, che continuò la pubblicazione di titoli su licenza tra cui rientra – ahimè – E.T. the Extra-Terrestrial, considerato da molti come il più grande fallimento videoludico di tutti i tempi.
Qualche anno più tardi, molti produttori si dedicarono invece sui film d’animazione Disney creando giochi degni di menzione, come Disney’s Aladdin e Disney’s Tarzan, rispettivamente prodotti da Capcom ed Eurocom, The Jungle Book The Lion King di Virgin Interactive, THQ si occupò invece del lato Pixar con Finding Nemo, Cars e Ratatouille.


Screenshot preso da Disney’s Tarzan per PlayStation, uscito nel 1999.

Anche Electronic Arts approfittò delle pellicole più famose uscite in quegli anni, portando su console e PC l’intera saga di Harry Potter. E non scordiamoci della trilogia di Spider Man, trasformata in videogioco grazie ai molteplici titoli di Activision.
Di giochi su licenza insomma ce ne sono a bizzeffe, alcuni degni del confronto con l’opera da cui sono tratti, altri dei flop totali. Ancora oggi continuano a uscirne ma a differenza delle generazioni precedenti, questi sembrano rappresentare un successo quasi assicurato, come i Batman: Arkham, Star Wars: Battlefront, La terra di mezzo, South Park; perché i developer di sobbarcano il rischio dei costi ingenti per l’acquisto di una licenza?
A rispondere a questa particolare domanda è Mark Caplan, presidente di BDLabs, un’azienda specializzata nel fare da tramite o mettere in contatto i possessori intellettuali di una determinata opera con chi voglia acquistarne la licenza: interpellato da GamesIndustry, Caplan ha spiegato che, grazie alla diffusione di molteplici piattaforme di gioco, oggi ci sono molte più opportunità per chi voglia entrare nell’industry e creare qualcosa di nuovo, e se questa rappresenta da un lato anche un’ottima occasione per i publisher di investire sulle loro IP, dall’altro molte case produttrici sentono il bisogno di acquistare delle licenze per espandere il proprio business. E questo vale da entrambi i fronti: se un tempo erano solo gli operatori dell’industry videoludica a comprare le licenze da altri settori, adesso cinema ed editoria acquistano diritti per trasporre opere videoludiche.
Per quanto possa sembrare rischioso comprare i diritti di un’opera senza sapere se questa sarà un “acquisto azzeccato”, vale la pena tentare il tutto e per tutto;: pensiamo all’attualissimo Spider-Man di Insomniac Games. Davvero niente male come inizio per essere il loro primo gioco su licenza, no?




Dusty Rooms: le celebrità nei videogiochi

Super Mario, Link, Lara Croft, Master Chief, Nathan Drake, Crash Bandicoot, tutti personaggi in grado di venderti una console, persino con uno spin-off… Puzzle! Tuttavia, vi era un tempo in cui non a tutti piacevano i personaggi fittizi, in cui si diceva: «Interessante… Ma a questo gioco manca qualcosa». Per compensare queste mancanze nei videogiochi, alcuni imprenditori poco laboriosi pensavano che pagare qualcuno per farlo apparire nel proprio gioco garantisse delle entrate e perciò, a oggi, abbiamo una marea di titoli sponsorizzati dalle celebrità che trasudano di tempi andati e persi per sempre (in alcuni casi, meglio così). Partendo dagli albori, daremo uno sguardo ad alcuni di questi “interessanti” giochi; è difficile mapparli con precisione (tanto quanto tracciarne l’inizio) per cui faremo del nostro meglio per risultare esaustivi. Se ce ne dimentichiamo qualcuno fatecelo presente – con garbo – nei commenti! I titoli che prenderemo in considerazione sono quelli in cui un personaggio celebre sia presente all’interno del gioco interpretando se stesso e non personaggi fittizi per cui potrebbe essere famoso (esempio: un gioco della serie Indiana Jones non è un gioco che include Harrison Ford, neanche nel caso in cui l’attore originale doppi il personaggio da lui interpretato).

Gli anni ’80

Che ci crediate o no, la pratica di schiaffare un personaggio famoso in un software esiste sin dagli albori dei videogiochi. Stando a qualche ricerca, si potrebbe tracciare un inizio con Pelé’s Soccer del 1980 per Atari 2600. Già chiarissimo l’intento dei programmatori a far più soldi possibili con un software non fantastico ma sponsorizzato da un leggendario calciatore; è vero che su Atari 2600 bisogna attivare un po’ l’immaginazione e, il gameplay di molti giochi, soprattutto gli sportivi, era in uno stadio particolarmente primitivo. Nessuno, ha ancora capito quale sia Pelé in quel gioco. C’erano due squadre, composte da tre giocatori ciascuno, e perciò è difficile credere che tutti i giocatori siano la celebrità che sponsorizza il gioco; è per questo che alcuni, a oggi, dicono scherzosamente che Pelé sia la palla! È giusto dire che solitamente i giochi sportivi sponsorizzati erano per lo più buoni come le serie di Tony Hawk’s Pro Skater e Colin McRae Rally (ancora viva sotto il rebranding Dirt), il particolare Mike Tyson’s Punch Out!! e i diversi titoli arrivati su Sega Mega Drive al lancio. A ogni modo, lasciamo perdere lo sport, visto che è un argomento fin troppo vasto, e torniamo di nuovo ai tempi di Pele’s Soccer per parlare di un altro tipo di celebrità.

Prima del popolare Michael Jackson’s Moonwalker, i Journey, popolarissima band degli anni ’70-’80, finirono su un gioco per Atari 2600 chiamato Journey Escape basato sul loro più recente album, intitolato, appunto, Escape. Lo scopo del gioco era portare i membri della band e il loro cachet della serata a bordo del loro tour-bus, che era in realtà un’astronave a forma di scarafaggio, evitando fotografi, promoter senza scrupoli e groupies, facendoli aiutare dai roadie a forma di Kool-aid (qualcuno non ci stava con la testa quando hanno programmato questo gioco, eh si…); il loro brano Don’t Stop Believin era reso col primitivo chip sonoro dell’Atari 2600 ma fortunatamente i Journey poterono riproporre i loro brani col nuovo gioco arcade del 1983 (intitolato semplicemente Journey) che mostrava più chiaramente i membri della band che dovevano andare alla ricerca dei loro strumenti (e non di certo evitare le groupies, cosa a cui nessuna band avrà mai rinunciato!).

Un’altra band diventò iper-popolare negli anni ’80 e, come i Journey, ebbero il loro videogioco su licenza. Frankie Goes to Hollywood, nome del gioco per i principali computer degli anni ’80 che promuoveva l’omonima band dance rock, era una sorta di avventura grafica con una distinta componente puzzle; l’obiettivo del gioco era raggiungere il tanto discusso “Pleasuredome” raccogliendo dei punti amore, sesso, guerra e fede ma consegnando prima un assassino alla giustizia. Insomma, un gioco veramente strano ma che incarnava quasi perfettamente l’eccentricità della band. Spettacolari inoltre le versioni Syd, ascoltabili dunque nel Commodore 64, dei loro successi Welcome to the Pleasuredome, Relax, Two Tribes e l’intro The World is my Oyster. Direi imperativo se siete fan di questa band!

Ma lasciamo perdere la musica per un momento e concentriamoci su Chuck Norris Superkick, gioco per Atari 2600, Colecovision, Commodore 64 e Vic-20. Questo fantastico titolo della Xonox vi mette nei panni dell’uomo più virile al mondo per far sì che gli sciagurati che osano attaccare Chuck Norris capiscano chi è che comanda anche nel mondo dei videogiochi! Il titolo non è ispirato a nessun film, ma il fatto che si giochi nei panni del glorioso Chuck basta già da sé; procuratevelo altrimenti Chuck Norris verrà a casa vostra sfondando il muro con un calcio volante!

Gli anni ’90

La strategia di Sega, con la sua nuova console 16-bit, era quella di appellarsi a un target più maturo, e chi incarnava quello spirito di ribellione tipica degli anni ’90 meglio dell’iconico cantante Michael JacksonMichael Jackson’s Moonwalker uscì per prima in versione arcade ma fu con il rivisitato porting su Mega Drive che divenne un titolo leggendario (a modo suo). I controlli erano buoni, l’atmosfera si ricollegava direttamente all’omonimo film e il gameplay era tanto semplice da poter essere giocato persino da coloro che non avevano mai toccato un videogioco prima d’ora, anche vostra sorella che vi chiedeva in prestito i vinili di Michael Jackson e ve li restituiva graffiati. Era possibile colpire e far fuori intere orde di nemici con calci e pugni (con una sfumatura prettamente “Jacksoniana”), col cappello, con le piroette ma soprattutto coinvolgendo gli sgherri di Mr. Big a danzare fino alla morte a suon di Smooth Criminal, Beat it, Bad e Billy Jean! L’obiettivo di ogni livello era ripulire ogni schermata dai nemici e andare alla ricerca di un certo numero di bambini ma, per quanto semplice, era un gioco abbastanza avvincente e divertente… E no, nessuna battuta su The King of Pop e i bambini!

Anche se alcuni dicono che la faida fra Michael Jackson e Prince sia infondata, qualche anno dopo il rilascio di Moonwalker l’autore dell’iconica Purple Rain rilasciò, puta caso, il suo personalissimo gioco su Windows e Mac. Prince Interactive era un punta e clicca alla Myst in cui il giocatore doveva collezionare i cinque frammenti del simbolo di Prince (chi conosce l’artista sa di cosa stiamo parlando) fra le diverse stanze dei suoi personalissimi Paisley Park Studios risolvendo dei puzzle più o meno completi; un gioco abbastanza semplice e che a oggi è solo uno dei tanti strani giochi in Full Motion Video che spopolavano su PC, 3DO e Sega CD. Nel caso in cui la sua autopromozione tramite questo videogioco non fosse abbastanza, all’interno in una delle stanze era possibile fare partire delle clip in cui musicisti del calibro di Eric Clapton, Little Richard e Miles Davis parlavano della loro esperienza con Prince; una vera e propria agiografia videoludica!

Ad ogni modo, i giochi dei rispettivi Michael Jackson e Prince coinvolgevano, in un certo senso, il loro animo musicale nel gameplay; fu così che la Midway pensò di inserire gli iconici Aerosmith in un contesto che rispecchiava quella voglia di casino tipica dei loro pezzi, ma che con la loro musica centrava ben poco! Un governo corrotto, nel futuristico anno 1996, mette al bando la cultura giovanile, inclusi musica, televisione, riviste e videogiochi; toccherà a noi dunque salvare gli Aerosmith (la missione più importante a cui pensare in tempi di crisi del genere) a colpi di mitragliatrice e CD esplosivi (avete capito bene) in Revolution X! Il gioco era uno shooter in stile Virtua Cop o Time Crisis, con una forte componente FMV, uscito originariamente in versione arcade prima che alcuni programmatori avessero la rivoluzionaria idea di togliere la compatibilità con le light gun casalinghe su Super Nintendo, Sega Mega Drive, Saturn e Sony PlayStation; e menomale che gli Aerosmith cantavano “I don’t want to miss a thing“!

Il peggiore

Ci sono ancora una marea di giochi sponsorizzati dalle celebrità come Bad Day on the Midway dei Residents, la misteriosissima band Avant-Rock, Spice World delle Spice Girls, il first person shooter Psycho Circus: the Nightmare Child dei Kiss, Ed Hunter degli Iron Maiden e molti altri. Tuttavia, vorremo finire questa carrellata anni ’90 con il più iconico in termini di bruttezza: abbiamo visto che i giochi finora discussi avevano sempre qualcosa di pertinente con la celebrità o la band proposta nel gioco; il gioco di cui parliamo invece è un puro volo pindarico, impossibile immaginare come si possa aver collegato il giocatore di basket Shaquille O’Neal con il Kung Fu. Ovviamente stiamo parlando dell’infimo Shaq Fu, un picchiaduro che include dei personaggi fittizi in un mondo di fantasia… e Shaquille O’Neal! Il gioco non solo è una delle peggiori trovate commerciali mai concepite nella storia dell’umanità, ma anche uno dei peggiori giochi mai creati in termini di gameplay e controlli. Pensate che esiste un apposito sito creato appositamente per distruggere ogni singola copia di Shaq Fu, sia per SNES che per Sega Mega Drive. Tuttavia, il culto di questo gioco su internet ha permesso nel 2014 di lanciare il Kickstarter per Shaq Fu: a Legend Reborn, progetto che è stato finanziato con successo e che ha visto il suo rilascio proprio pochi giorni fa. Evidentemente, le cose alla fine sono girate per il verso giusto per Shaquille O’Neal!

E oggi?

Oggi i giocatori sono fin troppo svegli e un gioco del genere, buono o cattivo che sia, non sopravviverebbe alle ire degli utenti di Reddit, Twitter e Facebook. A ogni modo, non troppo tempo fa abbiamo comunque visto dei bei party game che si sono saputi distinguere e hanno offerto ai giocatori tante belle ore di gioco: parliamo ovviamente dei titoli tematici di Guitar Hero direttamente pubblicizzati dalle band (vedi Guitar Hero: Aerosmith, Guitar Hero: Metallica, etc…), Beatles & Green Day: Rock band e Singstar che ha visto persino la promozione dell’italianissimo Vasco Rossi.
La storia di Shaq Fu: a Legend Reborn ci insegna che tutto è possibile e perciò, chissà, magari presto vederemo giochi assurdi come Al Bano in Wonderland, Sgarbi Fu oppure un Leisure Suit Silvio!




Dusty Rooms: la triste storia del 3DO

Verso la metà degli anni ’90 i nomi che componevano la scena videoludica erano ben di più di delle semplici Microsoft, Sony e Nintendo (se è per questo la prima non c’era proprio). Al di là delle leggendarie Sega e Atari, di tanto in tanto entrava qualche nome che provava a sfondare nel mercato videoludico ma non sempre lasciava un’impronta decisiva: gli arrivi degli hardware Casio, Philips o Apple (eh sì… un giorno ne parleremo) fecero storcere il naso a molti giocatori – tanto è vero che come arrivavano dal nulla, svanivano nel nulla ­– ma nel 1993 una console ebbe la possibilità d’inserirsi nel mercato, piantare radici e, chissà, a oggi poter essere ancora presente. Tutto cominciò quando Trip Hawkins, fondatore di Electronic Arts, si incontrò nel 1989 con Dave Needle e R.J Mical, designer dei computer Amiga e Atari Lynx, per creare una console in grado di imporsi nel mercato, dettare gli standard per le generazioni a venire e che il pubblico, sempre più interessato alla grafica poligonale, avrebbe apprezzato. L’esperienza del fondatore di EA, trascorsa a produrre giochi per console e PC dell’epoca, unita all’abilità di due designer che portarono alla nascita di due potentissime macchine da gioco, avrebbe dovuto essere una garanzia per una console spettacolare; fu così che da un tovagliolo di un ristorante nacque il progetto del 3DO, macchina che di lì a poco sarebbe diventata realtà.

(Trip Hawkins)

Un modello rivoluzionario?

3DO Company, fondata principalmente per sviluppare l’hardware, presentò la nuova console nel Computer Electronics Show del 1992 richiamando non poca attenzione da parte di fan, critici e persino stampa nazionale essendo stato discusso nella sezioni business del New York Times e Chicago Tribune. La console, il cui supporto ottico erano i compact disc, aveva un processore a 32-bit che girava a 12.5 MHz, in grado di garantire ben 20.000 poligoni dotati di texture, un’ottima risoluzione di 640×480, supportato anche dal segnale S-Video proprietario, e un chip sonoro in grado di campionare le tracce audio a 44.1 KHz; il controller, che ricalcava lo stile e il design di quello del Sega Mega Drive, includeva 5 tasti, un jack per gli auricolari e la seconda porta per i giochi multiplayer (in grado da poter collegare un numero indefinito di controller alla console… altro che conga!). Trip Hawkins era ambizioso e perciò aveva offerto ai developer un accordo imbattibile, ovvero il pagamento di soli tre dollari di royalty a 3DO Company per ogni gioco venduto, molto più competitivo rispetto alla concorrenza Nintendo (15$) e Sega (13$). Più di trecento developer firmarono per produrre su questa nuova potentissima macchina, anche se non tutti rispettarono il loro accordo. Sul fronte hardware invece la compagnia avrebbe ceduto le specifiche tecniche a terze parti affinché queste, con i loro mezzi, producessero la loro versione del 3DO. Pertanto, Trip Hawkins si rivolse alle maggiori compagnie giapponesi sia per produrre una console con componenti di qualità, che per sfruttare l’ottima reputazione di quest’ultime. I suoi obiettivi principali erano Sony e Panasonic ma riuscì solamente a firmare con la seconda (in quando la prima stava già lavorando al progetto PlayStation) anche se in compenso riuscì anche a coinvolgere Sanyo e Goldstar (che sarebbe divenuta più tardi LG). Nell’Ottobre 1993 il primo modello di 3DO, il Panasonic FZ-1 (ed è per questo che spesso l’intera console è spesso attribuita a questa compagnia), fu rilasciato al pubblico in bundle con Crash ‘n Burn, il primo gioco di Crystal Dynamics, e stando alle previsioni di Trip Hawkins avrebbe dovuto stravolgere il landscape videoludico grazie alla sua spaventosa potenza; tuttavia i problemi cominciarono dal day one.

Badaboom!

Il 3DO fu promosso in televisione e nelle riviste con pubblicità competitive e “toste”, similarmente alla competizione nel mercato e pertanto, puntavano allo stesso target demografico di Super Nintendo e Sega Mega Drive. Tuttavia, sebbene la libreria di giochi fosse abbastanza valida, il prezzo di 699,99 dollari era ben fuori dalla loro portata. Il motivo di questo sovrapprezzo era dovuto principalmente al coinvolgimento delle compagnie produttrici di hardware: Panasonic, Sanyo e Goldstar non avrebbero ricevuto nulla dalla vendita dei giochi e perciò dovettero gonfiare il prezzo affinché potessero ottenere dei profitti da questo progetto. Ci furono inoltre problemi di reperibilità hardware e software: Crash ‘n Burn finì per essere l’unico gioco disponibile al lancio della console per via del fatto che l’hardware finale è stato cambiato fino all’ultimo momento e perciò, i developer che avevano promesso delle uscite per lancio, non poterono testare i loro titoli rimandando così l’uscita a data da destinarsi. Per via dei cambi all’ultimo minuto, inoltre, si potevano spiegare anche le poche unità presenti nelle maggiori catene di negozi di elettronica; vennero distribuite circa due unità per negozio alienando così quei già pochi che potevano permettersela. A tutto questo si dovette aggiungere anche l’annuncio di Sony PlayStation, Sega Saturn, Nintendo 64 e Atari Jaguar, che sarebbe uscita un mese dopo il 3DO; anche se nessuna di queste console sarebbe stata reperibile in tempi brevi, i giocatori già in possesso delle console 16-bit erano più propensi ad aspettare e, semplicemente, lasciar perdere questa nuova costosa macchina che ben presto si sarebbe rivelata obsoleta.
Già nel 1994 il 3DO era in pericolo e perciò dovevano essere presi dei provvedimenti: ispirato dalle compagnie già esistenti, Trip Hawkins decise di contrattare con Panasonic per vendere le console in perdita recuperando così con la vendita dei giochi. Il prezzo passò da 699 a 499 dollari e più tardi, sempre nel 1994, Goldstar vendette la sua versione del 3DO per 399, che era per altro il prezzo di lancio del Sega Saturn. Nonostante questi saggi cambiamenti e una libreria di giochi rispettabilissima, verso la fine del 1994 3DO Company rimaneva a galla per miracolo e le loro azioni in borsa crollarono da 37 a 23 dollari a Dicembre. Il 1995 si aprì abbastanza bene per 3DO Company in quanto riuscirono a registrare delle buone entrate (anche se ancora non bastavano per coprire tutti i costi finora sostenuti) e videro il rilascio di alcuni dei suoi migliori giochi ma il periodo di rinascita cessò ben presto: Sega annunciò e rilasciò il Saturn nel Maggio del 1995 per 399 dollari e più tardi, a Settembre, Sony rilasciò la PlayStation all’imbattibile prezzo di 299. Questo fatale 1-2 segnò praticamente la fine del 3DO, sia in termini di competitività hardware che software in quanto molte delle loro migliori uscite finirono poco dopo su PlayStation e Saturn. Electronic Arts, che era il developer di bandiera del sistema, decise di abbandonare il progetto di Trip Hawkins definitivamente e così, deluso dalla decisione della sua stessa azienda, la abbandonò fondando 3DO Studio per poter produrre nuovi giochi di qualità per la sua console e per quella successiva. Nel 1996 infatti, venne annunciato un successore del 3DO chiamato M2: la console sarebbe stata prodotta esclusivamente da Matstushita e fu proprio con l’annuncio del nuovo hardware che la 3DO Company registrò il suo primo profitto di 1.2 milioni di dollari. Tuttavia la competizione era spietata e PlayStation dominò per tutto il 1996; a questo punto, nel 1997, non rimase altro che chiudere la divisione hardware e concentrarsi esclusivamente come software house per le altre console, fino alla bancarotta di 3DO Company nel 2003. Trip Hawkins, nonostante avesse perso la partita, fondò Digital Chocolate, compagnia tuttora attiva sotto il dominio della RockYou, che ha prodotto diversi giochi per mobile e Facebook; abbandonata la presidenza nel 2012 a oggi è professore di pratica nel corso di “technology managment” dell’università di Santa Barbara in California.

L’impatto del 3DO

Cosa rimane oggi del 3DO? Fare una top ten dei migliori giochi di questa console, come abbiamo fatto per il precedente Dusty Rooms, è un po’ inutile in quanto molti di essi sono apparsi su altre console e le vere esclusive, non sono proprio fantastiche. Il 3DO è stata la casa di bellissimi porting da PC, come Alone in the Dark, Myst e Lemmings, alcuni arcade, come Samurai Showdown e il porting definitivo di Super Street Fighter II Turbo, e altri titoli originali che sono apparsi poi sulle altre console dell’epoca e PC come Return Fire, The Need for Speed e Killing Time. Su 3DO è possibile giocare ai primissimi giochi di Crystal Dynamics come il già citato Crash ‘n Burn, Total Eclipse e il fantastico Gex. Tuttavia, e questo può anche essere citato come uno dei motivi del fallimento della console, 3DO ha ospitato una marea di giochi FMV (full motion video) che a oggi risultano bizzarri, brutti… E semplicemente fantastici! Come non si possono amare titoli come Night Trap, Mad Dog McCree e The Daedalus Encounter con le loro recitazioni di basso livello e il gameplay tutt’altro che user-friendly? E che dire dell’orrendo Plumbers don’t Wear Ties? Se vi addentrerete in questo genere vi garantiamo risate a mai finire!
A ogni modo: quanto vale l’acquisto di un 3DO di seconda mano? La nostra risposta è: dipende. Il prezzo, a oggi, è certamente invitante in quanto potrete aggiudicarvelo per una frazione di quel che costava all’epoca; tuttavia la libreria di titoli è veramente particolare e non sono giochi che potrebbero piacere a tutti, specialmente perché alcuni di essi sono reperibili in altre console. Inoltre, il 3DO è una console molto fragile dunque, se ne considererete l’acquisto su internet, fate in modo che il venditore vi mostri la console funzionante (sempre se il viaggio non la danneggi). Se siete interessati ad avere questo hardware originale e magari siete appassionati della scena videoludica di nicchia a cavallo fra il ’93 e il ’96 allora il 3DO è la console che fa per voi.
La tecnologia del 3DO M2, prima della sua cancellazione, era stata ceduta per lo sviluppo e perciò esistono alcuni giochi arcade Konami, usciti regolarmente nelle sale giochi, che girano su quell’hardware: fanno parte di questa rosa Polystars, Total Vice, Battle Tryst, Evil Night e Heat of Eleven 98. Inoltre, ma questa è una chicca per i soli “Indiana Jones” del retrogaming, sono stati prodotti anche dei prototipi dell’M2 ed è possibile vederli funzionare su YouTube; tuttavia, trovarli su eBay sarà pressappoco impossibile.




Dusty Rooms: uno sguardo al MSX

L’obiettivo di questa rubrica è principalmente quello di far scoprire quelle parti di retrogaming curiose, interessanti e, possibilmente, non ancora prese in esame. Oggi, qui a Dusty Rooms, daremo uno sguardo ai computer MSX, un sistema ancora non comune e che forse non lo sarà mai, probabilmente per via della sua scheda madre, un prodotto da vendere su licenza a terze parti affinché la producessero con i loro mezzi. Certo, il Commodore 64, l’Amstrad, l’Apple II e i computer Atari sono stati sicuramente i più popolari negli anni ’80 ma se oggi lo scenario dei personal computer è come lo conosciamo, lo si deve principalmente a queste favolose macchine MSX che finirono per dettare degli standard in quanto a formati e reperibilità dei software. Per capire l’innovazione portata da questi computer, utili sia per il gaming che per la programmazione, bisogna dare uno sguardo allo scenario tecnologico di quegli anni.

Non fare il Salame! Compra un computer!

Negli anni ’80 i computer cominciarono a far parte della vita di milioni di persone e, sia in termini di costi che di dimensioni, erano decisamente alla portata di tutti; in Nord America si assistette a un’impennata per via del crollo del mercato dei videogiochi del 1983, in quanto i genitori erano più propensi a comprare un PC per i loro figli con la quale poter sia giocare che studiare, e in Europa, e molte altre parti del mondo, avevano preso piede ancor prima delle console rudimentali come Atari 2600, Philips Videopac (Magnavox Odyssey 2 in Nord America) o il Coleco Vision. Tuttavia, in negozio, scegliere un computer rispetto a un altro era un impresa tutt’altro che facile: ogni macchina era in grado di leggere videogiochi e eseguire programmi gestionali, creativi o educativi ma, ogni compagnia, proponeva il proprio sistema e linguaggio di programmazione e perciò, senza uno standard, la compatibilità fra le macchine era pressoché nulla; il tutto era aggravato inoltre dalle centinaia di pubblicità che proponevano sempre il loro computer come il più veloce e generalmente migliore rispetto alla concorrenza. Lo scenario era ben diverso da quello odierno in cui sono presenti principalmente due sistemi operativi dominanti e, indipendentemente dal modello fisico che si prende in esame, è molto più facile orientarsi in un mercato che dà meno alternative e in cui la compatibilità è sempre più ampia.

(Pensate, compravate un Commodore 64 per la vostra azienda ma poi, una volta a casa, accendevate la TV e c’era Massimo Lopez che vi proponeva il suo migliore computer SAG e voi entravate in paranoia!)

Negli anni ’70 un giovane Kazuhiko Nishi, studente dell’Università di Waseda, cominciava a interessarsi al mondo dei computer, software ed elettronica con il sogno di costruire una console con i propri giochi e poterla rivendere ma, dopo una visita alla fabbrica della General Instruments, capì che non poteva comprare dei chip in piccole quantità per poter sperimentare e perciò dovette rinunciare momentaneamente al suo sogno. Cominciò a scrivere per alcune riviste d’elettronica affinché potesse mettere a disposizione la sua conoscenza per la programmazione ma, se voleva trarne il massimo vantaggio da questa attività, doveva necessariamente fondare una sua compagnia e fare delle sue pubblicazioni. Dopo aver lasciato l’università, Nishi fondò la ASCII per poter pubblicare la sua nuova rivista I/O, che trattava di computer, ma nel 1979 la pubblicazione cambiò nome in ASCII magazine che si interessava più generalmente di ogni campo dell’elettronica, inclusi i videogiochi. Con il successo della rivista Kazuhiko Nishi poté tornare al suo progetto originale, ovvero creare una macchina tutta sua, ma per farlo aveva bisogno di un linguaggio di programmazione; egli contattò gli uffici Microsoft riuscendo a parlare, con la prima telefonata, con Bill Gates e più tardi, quello stesso anno, riuscirono a incontrarsi. Entrambi avevano la stessa passione per l’elettronica, più o meno lo stesso background sociale (entrambi avevano lasciato gli studi accademici) e dopo diversi meeting aderirono per fare del business assieme. ASCII diventò la rappresentante di Microsoft in Giappone e Kazuhiko Nishi divenne vicepresidente della divisione giapponese della compagnia americana. Grazie a questa collaborazione Nishi poté inserire il BASIC nel PC 8000 di Nec, la prima volta che veniva incluso all’interno di un computer, ma nel 1982, quando Harry Fox e Alex Weiss raggiunsero Microsoft per poter creare dei software per il loro nuovo computer chiamato Spectravideo, egli vide le basi per coniare il suo progetto iniziale e cominciare a produrre una linea di PC compatibili fra loro visto che la macchina era costruita intorno allo Zilog Z80, un processore che faceva da punto in comune fra diversi computer e persino console (essendo incluso nel Coleco Vision, console che, prima dell’avvento del NES, andava molto forte). Kazuhiko Nishi voleva che il suo computer fosse piccolo, come quelli che aveva prodotto alcuni anni prima per Kyocera, doveva contenere almeno uno slot per delle cartucce ROM, essere facilmente trasportabile ed espandibile e doveva contenere una versione di BASIC migliore dei computer IBM; così composto era la sua perfetta visione di computer in grado di poter garantire uno standard fra queste macchine. Poco dopo Nishi contattò tutte le più grandi compagnie giapponesi come Casio, Mitsubishi, Fujitsu, Kyocera, SonySamsung e Philips, rispettivamente, che decisero di investire in questo nuovo progetto; fu così che nacque lo standard MSX.

(Kazuhiko Nishi e Bill Gates)

Software per tutti!

Come abbiamo già detto, le macchine MSX nascono dall’unione di ASCII e Microsoft nel tentativo di fornire uno standard per i manufattori di PC. Era parere comune, ai tempi, che “MSX” stesse per “MicroSoft eXtended” ma Kazuhiko Nishi, più tardi, smentì queste voci dicendo che la sigla stava per “Machine with Software eXchangeability“. Con questo nuovo standard, tutti i computer che esponevano il marchio MSX erano dunque compatibili fra loro; perciò, cosa rendeva un’unità uguale a un’altra? Per prima cosa la CPU 8-bit Zilog Z80A, chip creato dall’italiano Federico Faggini e che ne costituisce il cervello della macchina, poi abbiamo la VDP (Video Display Processor) TMS9918 della Texas Instrument che offre una risoluzione di 256 x 192, 16 colori per sprite di 32 pixel, il chip sonoro AI36910 della Yamaha che offre tre canali e tre ottave di tonalità e infine la ROM di 32kb contenente il BASIC di Microsoft; il computer è comprensivo di tastiera ed è possibile attaccare mangianastri, strumento essenziale per i computer dell’epoca, lettore floppy, almeno una porta per i joypad e ha anche una porta d’espansione. Tipico di molti MSX era un secondo slot per le cartucce che, inserendone una seconda, permetteva miglioramenti, cheat e persino espansioni per un determinato software (dopo vi faremo un esempio). Per via delle diverse aziende che producevano i computer MSX è difficile arrivare a un numero preciso di computer venduti nel mondo ma, per darvi un idea, nel solo Giappone sono stati venduti ben cinque milioni di computer, praticamente la migliore macchina da gaming prima dell’arrivo del Famicom. Le macchine ebbero successo anche in altri paesi come Olanda, Spagna, Brasile, Corea del Sud, Arabia Saudita e persino in Italia e Unione Sovietica. Al fine di proporre una macchina sempre più potente, ci furono ben altre quattro generazioni di MSX: MSX2, rilasciato nel 1985, MSX2+, nel 1988, e MSX TurboR nel 1990. La differenza nelle prime tre stava nel nuovo processore Z80 che poteva permettere molti più colori su schermo e una velocità di calcolo maggiore, mentre l’ultimo modello presentava un processore 16-bit R800 ma purtroppo, essendo a quel punto rimasta solamente Panasonic a produrre gli MSX, non fu supportato a lungo. Come abbiamo accennato, i computer MSX erano le macchine dominanti per i videogiochi casalinghi in Giappone, anche se per poco tempo visto che il Famicom arrivò poco dopo, lo stesso anno; tuttavia, nonostante il dominio generale della console Nintendo, il sistema fu supportato fino all’ultimo e tante compagnie, come Hudson Soft e Compile, sfruttarono ogni capacità di questa curiosa macchina; l’eccezione va fatta per Konami che, nel 1983, fondò un team dedicato per produrre giochi su MSX, un anno prima di firmare per Nintendo. Finita la festa, nel 2001 Kazuhiko Nishi ha annunciato il revival del MSX rilasciando liberamente l’emulatore MSXPLAYer, dunque, eticamente, siamo liberi di goderci questi giochi sul nostro PC (anche perché il Project EGG, una piattaforma simil Steam per i giochi per computer giapponesi, qui non c’è); tuttavia, nulla vieta di recuperare l’hardware originale anche se dovete tener conto dell’alto prezzo dei giochi; un’ultima buona alternativa è recuperare la Konami Antiques MSX Collection per Sony PlayStation e Sega Saturn che vi permetterà di giocare a molti titoli (la versione per la prima è divisa in quattro dischi mentre la seconda include tutti i giochi). Diamo uno sguardo a 10 giochi essenziali di questa macchina (ci scusiamo in anticipo se la maggior parte dei giochi saranno Konami!).

10. King’s Valley 2

Un platformer che unisce elementi puzzle alla Lode Runner. Per procedere ai livelli successivi servirà collezionare tutte le pietre dell’anima sparse negli stage utilizzando i vari strumenti presenti, cui potremmo utilizzarne solo uno per volta. Man mano che si procede, gli scenari diventeranno sempre più grandi e difficili perciò non bisogna prendere questo gioco sottogamba. Una feature interessante, molto avanti per i suoi tempi, era l’editor dei livelli: una volta completati si potevano salvare in un floppy e scambiarli con gli amici.

9. Treasure of Usas

Un action platformer poco conosciuto ma comunque molto curioso che potrebbe interessare molto ai fan di Uncharted e Tomb Raider. Wit e Cles sono due cacciatori alla ricerca del tesoro di Usas e dovranno attraversare cinque città antiche per poterlo ritrovare. Il primo ha una pistola e migliori abilità nel salto mentre il secondo è un maestro di arti marziali e più agile. Le loro abilità sono migliorabili collezionando le monete negli stage e il gioco presenta la curiosa meccanica degli umori:  nello stage infatti, sono sparse le cosiddette carte dell’umore che, una volta raccolte, cambieranno i nostri attacchi. Una vera chicca se siete amanti di Castlevania o Mega Man.

8. Penguin Adventure

A Hideo Kojima game… ebbene si! Prima di Snake e i loschi tipi di Death Stranding (di cui non sappiamo ancora nulla) il noto programmatore ha prodotto questo gioco “puccioso” in cui dobbiamo far riunire Pentaro alla sua amata principessa. Nonostante il gioco abbia una struttura arcade apparentemente semplice, ovvero una sorta di platformer automatico simil 3D  (oggi potremmo definirlo un runner per smarphone), questo gioco ha molte meccaniche intriganti come un in-game store, warp zone, tanti easter egg e persino un finale alternativo. Mai giudicare un libro dalla sua copertina!

7. King Kong 2

Essendo liberamente ispirato al film King Kong Lives (o King Kong 2), controlleremo Hank Mitchell alla ricerca di Lady Kong. Raccomandiamo questo titolo ai fan del primo The Legend of Zelda in quanto molto simile e con tante caratteristiche interessanti che lo rendono davvero un bel gioco. Siate sicuri di trovare la rom patchata” poiché non è mai stato rilasciato in Europa.

6. Vampire Killer

Sembrerebbe un porting per MSX2 di Castlevania per NES ma così non è; sebbene il gioco abbia più o meno la stessa grafica, esso presenta un gameplay totalmente diverso. Questo titolo, anziché concentrarsi nelle sezioni di platforming, è più basato sull’esplorazione e il puzzle solving: per avanzare bisognerà trovare la skeleton key e per farlo ci serviranno armi, oggetti e chiavi per aprire forzieri contenti power up che si riveleranno utili allo scopo. Il gioco ha un pacing ben diverso dall’originale per NES ed è raccomandato ai giocatori più pazienti (anche perché le vite sono limitate e mancano i continue) ma anche ai più accaniti fan della saga.

5. Aleste

Unico gioco non Konami di questa lista, è uno shoot ‘em up sensazionale di Compile; uscito originariamente per Sega Master System, questa versione presenta due stage extra e una difficoltà più abbordabile. Di questo gioco stupiscono principalmente la grafica, la strabiliante colonna sonora resa con un chip FM montato sulla cartuccia e l’azione velocissima (tipica della serie) che da vita a battaglie in volo spettacolari. Provare per credere!

4. The Maze of Galious – Knightmare II

Concepito originariamente per competere con Zelda II: The Adventure of Link, The Maze of Galious è un difficilissimo metroidvania per i più allenati. In questo popolarissimo titolo per MSX, bisognerà esplorare un castello immenso alla ricerca delle dieci sub aree, dove risiedono demoni da sconfiggere, ma anche degli oggetti sparsi nel castello che espanderanno le abilità dei nostri Popolon e Aphrodite. The Maze of Galious è il secondo titolo della saga Knightmare, il cui primo titolo era un top down shooter alla Ikari Warriors e il terzo un RPG (per MSX2), ed è certamente il più bello. Nel 2002, questo titolo è stato soggetto di un curioso remake non ufficiale e il suo acclamato gameplay è stato ripreso nel similissmo La Mulana, considerato il suo sequel spirituale. Se siete fan dei metroidvania questo è certamente un titolo da giocare, anche per coloro che apprezzano le vere fide come Ghosts ‘n Ghouls, il già citato Zelda II o, chissà, magari anche Dark Souls! Vi raccomandiamo di giocarci con un walkthrough o almeno una mappa del castello; se siete dei masochisti fate pure senza!

3. Nemesis 2 e 3 + Salamander

Un pari abbastanza assurdo ma vi assicuriamo che non c’era modo per rendere giustizia a questi tre spettacolari titoli. I primi due sono dei sequel di Gradius mentre il Salamander proposto su MSX è completamente diverso dalla controparte per NES. Questi titoli della saga di Gradius su MSX presentano, insieme a delle colonne sonore squisite espresse con l’esclusivo chip SCC, un gameplay profondissimo attraverso power up espandibili, oggetti e sezioni bonus nascosti nei livelli e lo storytelling più dettagliato della saga. In Salamander, inoltre, per ottenere il finale migliore bisognerà inserire la cartuccia di Nemesis 2 nel secondo slot per completare il vero livello finale e mettere fine alla minaccia dei bacterion; altro che DLC e Amiibo! Nemesis 2 e Salamander sono i titoli più difficile mentre Nemesis 3: The Eve of Destruction è il più accessibile, perciò, se volete provarli, vi consigliamo di partire da lì. Tuttavia, dovrete abituarvi allo scrolling “scattoso” di questi titoli in quanto gli MSX, prima della seconda generazione, non erano in grado di offrire un’azione fluida e senza problemi;

2. Metal Gear e Metal Gear 2: Solid Snake

È più che risaputo che la saga di Metal Gear ha origini nel MSX2 e che quelli per NES non sono i veri punti iniziali della saga (per Snake’s Revenge, sequel non canonico del primo titolo, Hideo Kojima non era neppure stato chiamato per lo sviluppo del gioco). Entrambi i Metal Gear, soprattutto il secondo, sono dei giochi incredibili per essere dei giochi in 8-bit e, nonostante in molti ignorino questi due titoli, sono fondamentali per la fruizione dell’intera saga. Molte degli elementi visti in Metal Gear Solid come le chiavi sensibili alla temperatura, l’assalto all’interno dell’ascensore, l’abbattere l’Hind-D con i missili stinger e lo sgattaiolare nei condotti d’aria erano già stati introdotti in Metal Gear 2: Solid Snake; altri due titoli immancabili per MSX e giocabili persino in Metal Gear Solid 3: Subsistence. Non avete scuse per non giocarli!

1. Space Manbow

Questa rubrica si chiama Dusty Rooms e, pertanto, lo scopo è quello di farvi riscoprire titoli dimenticati e particolarmente interesanti; considerate quest’ultima entrata come un nostro personale regalo. Space Manbow è uno shoot ‘em up strabiliante pieno d’azione e retto da una grafica dettagliatissima per essere un gioco 8-bit, una colonna sonora spettacolare resa col chip SCC e un gameplay vario e mozzafiato, reso ancora più intrigante grazie allo scrolling fluido del MSX2 (cosa di cui i titoli di Gradius non poterono godere). Nonostante le lodi di critica e fan, Space Manbow rimane, a tutt’oggi, relegato a MSX e Konami, al di là di qualche cameo in qualche altro titolo, non ha mai preso in considerazione l’idea di un sequel (anche se ne esiste uno non ufficiale fatto dai fan uscito tanti anni dopo su MSX2), né allora né tanto meno adesso. Diamo a questo capolavoro l’attenzione che merita!

Honorable mentions

Che dire? Dieci posizioni sono veramente poche per una console che ha dato così tanto ma qui, vi vogliamo dare un altro paio di titoli da rivisitare su MSX:

  • Snatcher & SD Snatcher: altri due titoli di Hideo Kojima. Il primo è una visual novel mentre l’altro ricalca la stessa storia ma in veste RPG. Recuperate il secondo su MSX2 ma giocate Snatcher altrove in quanto la versione per MSX è incompleta e inconcludente.
  • Xevious: Fardraut Saga: da un semplice coin-op per arcade a uno SHMUP moderno con trama ed espansioni varie. Un titolo decisamente da recuperare!
  • Eggerland 2: il secondo gioco della saga di Lolo e Lala. Un puzzle game da capogiro per riscoprire le origini dello studio Hal.
  • Ys (I, II & III): una delle saghe RPG più strane e sottovalutate di sempre. Giocare questi titoli su MSX non è raccomandabile per via della barriera linguistica ma il loro aspetto su questo computer è decisamente sensazionale.
  • Quarth: un puzzle game Konami molto interessante che metterà alla prova il vostro ingegno. Un’altro bel gioco da recuperare

(Per finire, vi lasciamo con questa bella intervista con Bill Gates e Kazuhiko Nishi riguardo i computer MSX)

(E questa fantastica pubblicità italiana!)



Annunciata la data d’apertura dei preordini di Ataribox

Dopo una lunga ed estenuante attesa, il team di Atari ha finalmente annunciato la data d’apertura dei preordini della loro nuovissima console. Ataribox sarà disponibile in prevendita dal 14 Dicembre 2017, e uscirà in doppia versione, una standard e una limitata in legno. Per chi non conoscesse le sue specifiche tecniche le troverà riportate qui. Infine, come riportato nel comunicato ufficiale, chi si iscriverà alla waitlist riceverà degli sconti limitati ed esclusivi.




Top 7: I peggiori porting della storia

Probabilmente diamo fin troppo per scontato, a volte, che un titolo che funziona perfettamente su una macchina debba avere gli stessi risultati su un’altra. Purtroppo molte volte non è così: i porting, spesso appaltati a terzi, risultano in vari casi mal gestiti, indispettendo l’utenza. Vediamo insieme i 7 peggiori risultati.

#7 Bayonetta (PS3)

Bayonetta fu un fulmine a ciel sereno, approdando su Xbox 360, in tutta la sua micidiale bellezza. Ma quando fu il turno della console Sony, le cose non andarono nel verso giusto: risoluzione non all’altezza della controparte Microsoft e problemi di frame rate impallidivano se confrontati con tempi di caricamento su PS3 così tanto lunghi che sarebbe stato possibile giocare un altro gioco al suo interno.
Il porting, affidato a Nex Entertainment, famosi per aver realizzato Resident EVIL: Code Veronica, fu una scelta azzardata, e il risultato ha semplicemente confermato le aspettative.

#6 GTA IV (PC)

Ci sono videogiochi che ancora oggi faticano a dare il loro massimo. GTA IV è arrivato nel 2008 con tantissimi problemi, a cominciare da requisiti di sistema fin troppo elevati, glitch di varia natura, eccessivi problemi di frame rate, caricamenti biblici tanto altro.

#5 Rime (Switch)

Un pessimo porting fresco fresco per la neonata Nintendo Switch. Tutti pregustavamo l’uscita di un titolo che ben si sposava allo stile della “Grande N” ma, evidentemente, l’abbiamo dato un po’ troppo per scontato. I problemi  sono tanti, a cominciare da eccessivi cali di frame rate, bug e compenetrazioni, comandi che rispondono a targhe alterne e via dicendo. Probabilmente una delle più grosse delusioni del 2017.

#4 Dark Souls (PC)

From Software non è rinomata per la qualità dei suoi porting su personal computer e tutto ebbe inizio dal primo capitolo della celebre saga di Miyazaki: Dark Souls. Il titolo si presentò con una risoluzione bloccata a 720p e devastanti problemi di frame rate, risolti da una singola persona con una patch amatoriale di qualche Mb. Ancora oggi la software house, non sembra aver imparato la lezione.

#3 Resident EVIL 4 (PC)

I giapponesi e i PC sono probabilmente la coppia peggio assortita al mondo. Un’altra vittima è stato il povero Resident EVIL 4, afflitto dai peggiori problemi del mondo, a partire dal rendering, e la fantasiosa gestione delle luci e delle ombre. Inoltre, mancava anche il supporto al mouse… questo sconosciuto. Proprio questo faceva pendant con controlli inutilmente complicati e alla quale SourseNext, che si occupo del porting, non seppe porre rimedio.

#2 Pac-Man (Atari 2600)

Stiamo probabilmente parlando di uno dei videogiochi più importanti della storia, famoso in tutto il globo e pietra miliare delle sale giochi, a partire dagli anni ’80. Immaginate quindi l’euforia della popolazione alla notizia che questo titolo sarebbe stato giocabile comodamente a casa, grazie ad Atari.
Sei settimane. È bastato così poco tempo per rendere Pac-Man semplicemente un’altra cosa con cambiamenti grafici e di gameplay di certo peso come i fantasmi, presenti soltanto uno alla volta.

#1 Metal Gear Solid 2: Son of Liberty (PC)

Un’accozzaglia di scelte sbagliate e un inno alla negligenza. MGS 2 lo conosciamo un po’ tutti e c’è il serio rischio che si cada nella retorica. Fortunatamente in pochi l’hanno giocato su PC, assistendo a bug di un certo livello, da sembrare arte contemporanea fino alla ciliegina sulla torta: in Metal Gear Solid 2 era presente un livello particolare, con sezioni sensibili alla pressione e ben gestite dal Dualshock PlayStation 2. Immaginate la situazione con una tastiera… ingiocabile.
Il tutto per un peso complessivo di ben 7GB, in un mondo dove la normalità era di circa 1,5.




Il vademecum del buon collezionista

Immettersi nel mondo del retrogaming è più o meno semplice, e divertente e impiegherà piccola parte del vostro denaro ma si deve cominciare per prima cosa col valutare lo spazio che potrete dedicare in casa per le diverse console e il tipo di televisore che volete utilizzare. Quando si collezionano degli oggetti qualunque è sempre bello mostrarli a tutti e dunque un bel mobile a scomparti, come il Kallax o l’Expedit di Ikea, è quello che vi serve. In questo modo eviterete (o per lo meno nasconderete) il disordine coi cavi che andranno a finire tutti nella stessa tv. Degli splitter RCA vi saranno utilissimi in quanto i televisori, sia nuovi che vecchi, non hanno molti ingressi RCA o Scart e dunque, a meno che non vogliate attaccare e staccare le prese per i segnali video di ogni console ogni volta che cambierete sistema, un oggetto del genere vi semplificherà la vita. Parlando di cavi è importante evitare di tenere diverse console alla stessa presa di corrente; quando non si usano, è consigliabile tenere le console staccate o sistemare più ciabatte e tenere accesa solo quella contenente la presa della console che vogliamo andare ad utilizzare. Adesso – e da qui si capisce se siamo dei “collezionisti puristi” o meno – bisogna scegliere il tipo di televisore che vogliamo utilizzare per giocare con le nostre console retrò. Comprare un televisore dedicato può essere ovviamente una scelta saggia ma, per non spendere altri soldi, valutate bene quelli che avete già o valutate se riuscite a recuperare qualche vecchio televisore dal vostro garage. La scelta su dove attaccare questi sistemi cade chiaramente su due opzioni: i televisori a tubo catodico o i più nuovi schermi piatti ad alta definizione. Con i televisori a tubo catodico è possibile ricostruire l’esperienza retrò in tutto e per tutto, in quanto i vecchi giochi venivano sviluppati tenendo conto di questi, i quali purtroppo sono ingombranti e il segnale, in Italia, viene trasmesso a 50HZ; ciò significa che potrete collegare alla televisione solamente console PAL a meno che non compriate dei cavi Scart appositi per le console NTSC, se deciderete di prenderle. I televisori a schermo piatto eliminano del tutto questo problema ma l’immagine viene schiacciata nel formato 16:9 e l’altissima definizione del televisore ingrandirà ogni singolo pixel. A questo punto vi converrà comprare un upscaler come il Framemeister, che vi permetterà anche di visualizzare l’immagine con diverse opzioni, o comprare delle nuove retroconsole apposite come il Retron 5, che riesce a leggere le cartucce di ben 5 sistemi, la AVS di retro USB o il Retro Duo (che pur non avendo l’uscita HDMI si comporta molto bene con questo tipo di televisori). Queste console vi permetteranno di giocare con le cartucce originali dei vecchi sistemi ma, se siete interessati a giocare con  pochi titoli, le alternative plug ‘n play, che trasmettono in HDMI e non, possono rivelarsi un’ottima soluzione; potrete scegliere fra i più recenti Nes Classic Mini, Snes Classic Mini, Atari Flashback 8 gold, Coleco Flashback, Sega Genesis Flashback e molte altre. La strada di quelli che scelgono le plug ‘n play finisce qua ma, se siete fra quelli che vogliono collezionare gli hardware originali, allora potrete addentrarvi in questa nuova avventura alla scoperta di tesori, rarità, colpi di fortuna e follie!

Alla ricerca del gaming perduto

Innanzitutto, prima di spendere ingenti quantità di denaro per oggetti come 3DO e simili, verificate se avete ancora qualche vecchia console messa da parte oppure chiedete ai vostri amici se hanno (e se vogliono darvi) qualche vecchia console che hanno messo da qualche parte in cantina. Fare sbarazzi nei magazzini è divertente e avventuroso e trovare i pezzi promessi dopo ore e ore a cercare fra degli scatoloni pieni di vecchi telefoni e decorazioni di natale fuori moda vi farà sentire come Indiana Jones all’inizio de I Predatori dell’Arca Perduta. Non tutti i vostri amici saranno disposti a darvi i loro pezzi ma potrete comunque acquistare i vecchie console e giochi in diversi modi. Girare per i piccoli o grandi mercatini dell’usato cittadini è un bel passatempo che vi permetterà di trovare i pezzi più comuni e, con tanta fortuna, persino le cose più rare; sono vendute solitamente da persone che semplicemente se ne vogliono liberare e quindi non vi chiederanno molto. Quando trovate un pezzo raro ricordate di contenervi; tenete sempre un atteggiamento freddo e distaccato e non spiegate la storia di un pezzo raro a un venditore, altrimenti questo potrebbe aumentare il prezzo di ciò che vi stanno vendendo. Tuttavia spiegare la storia di qualche pezzo alcune volte può aiutarvi ad abbassarlo. Vi faccio un esempio: esistono due tipi di Master System, il primo ha l’uscita A/V, lo slot per i giochi su card proprietarie, più resistente e, ai fini del collezionismo, più bello; il secondo è più piccolo, con il gioco Alex Kidd in Miracle World montato al suo interno, ma senza l’uscita A/V e, tutto sommato, più economico in termini di qualità. Se qualcuno sta tentando di vendervi un Master System II a un prezzo che non vi piace fategli presente questi fatti,  ditegli che ha meno feature rispetto al primo modello; se glielo mettete a paragone è possibile che vi abbasserà un po’ il prezzo. Ad ogni modo, se trovate quello che cercate, assicuratevi che funzioni, se si tratta di console verificate che vi diano cavi, joypad e possibilmente qualche gioco e, se qualcosa ancora non vi convince, come l’aspetto e le condizioni generali, allora negoziate; ricordate sempre di spendere la cifra che avete in mente per qualcosa, e che siete riusciti a formarvi dopo accurate ricerche. Tanti venditori, anche online, sono in grado di far passare l’oggetto più comune per una rarità perciò fate sempre delle apposite indagini sulla tiratura, sull’anno di pubblicazione, capite anche se è un pezzo che in passato ha venduto bene oppure no e date sempre uno sguardo su Ebay per capire più o meno qual è il prezzo medio. Se i mercatini e i piccoli negozi che vendono alcuni pezzi retrò non vi bastano più e cercate dei pezzi più specifici per la vostra collezione allora converrà spostare la vostra ricerca su internet. Su siti come Subito.it è possibile trovare venditori che cedono pezzi più o meno agli stessi prezzi di un mercatino e dunque, anche lì, è possibile incappare in qualche insaputa rarità, ma Ebay è un sito più appropriato, dove si trova spesso gente più dedita al retrogaming e che conosce bene gli oggetti che sta trattando. Qui è possibile trovare molti più oggetti, rari e non, ma bisogna sapersi difendere dalle fregature, sia per gli oggetti che vi stanno vendendo sia perché non vedrete mai in faccia il venditore con la quale state trattando. Assicuratevi che il venditore abbia buoni feedback, instaurate con lui una buona comunicazione utilizzando esclusivamente la messaggistica di Ebay (perché potrà essere controllata dai responsabili del sito in caso di controversie), chiedete sempre al venditore foto dei pezzi funzionanti, di offrire l’imballaggio più sicuro e di farvi avere il codice della spedizione il prima possibile. Il più delle volte si tratta sempre di venditori affidabili ma, si sa, su internet la sicurezza non è mai troppa. Non dimenticate inoltre di fare tutto questo specialmente se siete voi a vendere, solamente mettete prezzi onesti, comportatevi sempre come se l’acquirente foste voi e se mettete la possibilità di spedizione in tutto il mondo sappiate in anticipo i prezzi delle spedizioni di questi ultimi e siate sicuri delle vostre capacità in inglese.

Quanto spendere

Ciò che fa un prezzo nel mercato del retrogaming non è solamente il risultato delle ricerche su quel determinato pezzo ma anche le sue condizioni e insieme a cosa è venduto. I pezzi senza scatola né manuale, detti “loose“, costano sempre poco ma è vi consigliamo di non superare mai la soglia dei 70/80€ (30/40€ per i giochi); i pezzi boxati costano decisamente di più ma, per un prezzo maggiore, riuscirete a ottenere manuali e scatola, il tutto quasi sempre in condizioni ottime. Tuttavia è possibile recuperare le scatole e manuali in un secondo momento in quanto non è cosa rara che si trovino su Ebay annunci di questo tipo. Dipende sempre da voi: preferite solamente avere il gioco e godervi solamente l’esperienza videoludica o vi piace avere il pacco completo? I pezzi rari sono dei veri e propri investimenti dunque valutate sempre al meglio prima di prendere tali decisioni. I giochi rari valgono tanto, ma sono veramente dei bei giochi? Alcune volte collezionisti di tutto il mondo hanno speso tonnellate di soldi per titoli per Nes come Flintstones: Surprise at Dinosaur Peak, Rodland o Ducktales 2 che sono, sì, dei bei giochi ma valgono il prezzo che hanno su Ebay? Figuriamoci poi quei collezionisti che spendono ancora più soldi per titoli come Cheetamen 2 per Nes, Super Bowling per Nintendo 64 che sono dei giochi sostanzialmente brutti! È anche vero che ci sono tanti titoli per cui si sarebbe veramente disposti a pagare quelle cifre assurde come per  Earthbound e Chrono Trigger per Snes, Conker’s Bad Fur Day per Nintendo 64, Radiant Silvergun e Panzer Dragoon Saga per Sega Saturn e Ikaruga per Dreamcast. Ricordatevi solamente che il prezzo che un pezzo raggiunge su internet non equivale alla bellezza del gioco e che ci sono tanti bei giochi rari quanti brutti o per cui non ne vale la pena. Se non siete interessati al valore del gioco ma alla sua fruizione è comunque sempre possibile giocare allo stesso gioco in altri modi: magari è presente in altre console, accorpati in collezioni varie o persino in media più recenti. Per i videogiochi rari si hanno comunque delle alternative che permetteranno ai giocatori più squattrinati di provare questi giochi senza doverci spendere un capitale; stesso discorso non si può fare invece con le console rare: queste difficilmente scendono di prezzo e il loro acquisto va sempre fatto in base alla libreria di giochi presente. Se ci sono almeno una ventina di titoli che vi interessano fate pure, altrimenti non ne vale assolutamente la pena. Inoltre, alcune console si rompono facilmente e senza un appropriato imballaggio finiranno col rompersi durante il tragitto e difficilmente potranno essere riparate. Fare l’acquisto di una console rara dipende molto dai vostri gusti videoludici ma, se siete fan di certi giochi, allora console come il Sega Dreamcast, il 3DO ed il Neo Geo AES sono hardware che fanno decisamente per voi. Ci sono console rare come il Sega Dreamcast e il Sega Saturn che lo sono perché l’utenza che un tempo le comprò, piccola rispetto le loro concorrenti, non le ha messe più in circolo e quindi è più difficile trovarle; tuttavia i giochi hanno prezzi più umani perché le tirature venivano fatte per l’utenza che era comunque buona e dunque c’è una buona diffusione. Stesso discorso invece non può essere fatta per altre console come l’Atari Jaguar o il Neo Geo AES che sono console la cui utenza era molto bassa, dunque i giochi sono molto più difficili da trovare ed ovviamente più costosi. Vale dunque la pena comprare certe console? Alcune, anche se rare, costano comunque meno delle console moderne ma di più di altre retro; quindi spesso sì. Prima che i prezzi si gonfino, vi consigliamo di mettere le mani su tutto ciò che c’è di Sega; le loro 4 console, ovvero Master System, Mega Drive, Saturn e Dreamcast, sono console superbe, hanno un prezzo accessibile e se c’è qualcosa da imparare dal passato lo si può imparare dai loro giochi stupendi come Alex Kidd in Miracle World, Fantasy Zone, Operation Wolf, Alien Syndrome, Rastan, Phantasy Star, i titoli di Sonic, Golden Axe, Outrun, Toejam and Earl, le serie di Streets of Rage, Thunder Force, Panzer Dragoon, Nights… into dreams, i picchiaduro Capcom che su Saturn e Dreamcast godettero dei migliori porting dalle arcade, Jet Set Radio, Soul Calibur, Resident Evil: Code Veronica, Shenmue, e la lista potrebbe non finire mai. Se volete invece andare alla scoperta dell’origine dei videogiochi e collezionare i titoli che hanno fatto da base al gaming fino a oggi, allora non vi resta che prendere un Atari 2600, il cui prezzo è relativamente basso, e andare alla volta di titoli come Combat, Missile Command, Asteroids, i titoli di Swordquest, Yars’ Revenge, Pitfall, Breakout e molti altri. Se vi piacciono anche i titoli particolari è consigliabile un 3DO che ad oggi costa giusto una frazione di quello che costava ai tempi; qui è possibile trovare ottimi porting dal PC come Myst, Another World, Flashback: the quest for identity e Alone in the Dark, i primi lavori della Crystal Dynamics come Crash’n Burn e Total Eclipse, Way of the Warrior della Naughty Dog, l’ottimo porting di Road Rash e il primo Need For Speed. Queste console, e sicuramente molte altre, meritano di essere riscoperte ma pensateci due volte prima di comprare pezzi come il Nintendo Virtual Boy, la Game.Com di Tiger, l’Atari Jaguar o il Sega 32X; se siete interessati ad alcuni giochi su queste console e avete tanti soldi da spendere allora fate pure!

Cura e manutenzione

Divertitevi tantissimo a creare la vostra macchina del tempo personalizzata ma non dimenticate mai che avete a che fare con hardware e software datati e questi necessitano cure e pulizie particolari. Le vostre console vintage sono come dei bambini: sono delicati, bisogna tenerli d’occhio e tal volta fanno anche i capricci., dunque dobbiamo fare il meglio per far sì che non gli succeda nulla. Non muovetele troppo, fate in modo che non prendano urti di nessun tipo, non tenetele accese per troppo tempo o, come già ribadito, tutte attaccate alla stessa presa di corrente, pulite di tanto in tanto i pin di cartucce e slot con cotton-fioc imbevuti di giusto una punta di soluzione pulente per vetri o a base di alcol e, quando non le usate, mettete sopra un panno per tenerle lontane dalla polvere. Bisogna riservare tanta cura anche i controller che, come spesso capita, è possibile che perdano la sensibilità dei tasti Start e Select che solitamente, per alcuni controller, venivano realizzati in gomma; ci toccherà allora smontare i controller e pulire i contatti sulla scheda madre del controller con un cotton-fioc e soluzione pulente, esattamente come se fossero dei pin per delle cartucce. Se qualcosa sembra non funzionare più ricordate che è possibile trovare su internet pezzi di ricambio per console e controller e videoguide su come sostituirli. Il retrogaming è una passione che chiede tanto denaro e cura, ma è un hobby che vi darà la possibilità di costruire una vera e propria sala giochi del passato in casa vostra, vi farà riscoprire titoli validissimi del passato e soprattutto regalerà a voi e ai vostri amici delle serate indimenticabili fra multiplayer infuocati, luci al neon e console ingiallite!




Ataribox: nuove immagini e caratteristiche tecniche

Atari ha diffuso le immagini dei primi prototipi di Ataribox, console che nel design risente della forte influenza dell’Atari 2600.
La casa giapponese ha fornito anche alcuni dettagli tecnici, fra cui un processore personalizzato AMD con tecnologia Radeon Graphics, il sistema operativo Linux, con un’interfaccia utente personalizzata e facile da usare.
Questo per unire alle caratteristiche della console anche un’esperienza simile al PC che possa andar bene per la TV, offrendo streaming, applicazioni, social, browser, musica e tanto altro.
Atari spiega così le proprie scelte: «La maggior parte dei dispositivi TV hanno sistemi chiusi e si basano su store per acquistare i contenuti. Linux ci permette di essere più aperti: si potrà accedere e personalizzare il sistema operativo e si potrà avere accesso ai giochi acquistati da altre piattaforme di contenuti (se sono compatibili con il sistema operativo e con l’hardware). Ci saranno tonnellate di giochi classici Atari retrò pre-caricati, e titoli attuali sviluppati da svariati studios (dei titoli cominceremo a parlare molto presto, restate sintonizzati.)»

Atari annuncia inoltre che Ataribox sarà lanciato sul noto sito di crowdfunding Indiegogo: «Stiamo lanciando Ataribox su Indiegogo questa autunno (leggi: presto!). Per ribadire che vogliamo che la comunità Atari sia parte di questo lancio. Vogliamo che ognuno abbia la possibilità di un early access, che possa prendere le edizioni speciali (a prezzi speciali) e che diventi partner attivi nel lancio di Ataribox. Vogliamo che ogni membro della comunità Atari sia parte della storia.»
L’uscita di Ataribox è prevista per la primavera 2018, con un range di prezzi che va dai 249 ai 299 $ (a seconda dell’edizione e delle configurazioni di memoria). Sarà disponibile anche un’edizione realizzata in legno.




Un primo sguardo ad Ataribox

Con un comunicato ufficiale Atari ci ha svelato le prime immagini della console di prossima uscita: Ataribox, che possiamo trovare in due versioni, una con rifiniture in legno e il logo in bianco, l’altra in nero e il logo in rosso.
Le immagini mostrano anche il retro della console, con l’uscita HDMI e gli ingressi 4xUSB e SD.
Sulla console gireranno sia giochi classici che quelli attuali, ma non sono ancora note le specifiche tecniche e il prezzo.