Just Shapes & Beats

Se siete stufi di ascoltare i tormentoni estivi che impazzano in tutte le radio e siete amanti della musica elettronica, dubstep e soprattutto chiptune allora Just Shapes & Beats potrebbe farvi compagnia per un po’ in questa torrida estate.
Sviluppato da Berzerk Studio, team composto da sole 3 persone (Lachhh, Markus ed Etienne), Just Shapes & Beats si presenta come uno stravagante action game che ci impegnerà per circa 3 ore; la scarsa longevità non lascia però scontenti, soprattutto grazie a un gameplay molto elaborato quanto ostico, e per via di una colonna sonora che consta di circa 40 brani composti da alcuni dei migliori artisti del genere, da Chipzel Omnitica passando per Shirobon e molti altri.

La storia è molto semplice, visto e considerato che il gioco attenziona maggiormente il comparto audio, tecnico e grafico. La trama vede come protagonista un piccolo quadrato, che, vedendo il proprio mondo corrotto dal cattivo di turno, un mostro a forma di cerchio rosso, e perdendo un amico a causa di quest’ultimo, decide di andarlo a cercare per vendicarsi superando ogni tipo di insidie, difficoltà e ostacoli. Per far bisognerà superare circa 28 ardui livelli a ritmo di musica rigorosamente elettronica.
Il gameplay è tutt’altro che semplice: il titolo richiede non poca coordinazione e concentrazione per superare tutti i livelli e anche una piccola dose di fortuna. In ogni livello bisogna solamente muoversi e schivare gli ostacoli grazie a uno sprint, il gioco concentra l’attenzione non sui semplici e intuitivi comandi, ma sugli ostacoli che compariranno in maniera spesso casuale sulla mappa.
Il nostro unico scopo sarà quello di sopravvivere a tutti i pericoli che il boss e i suoi scagnozzi rappresenteranno, schivarli e superare ogni ostacolo per raggiungere un piccolo triangolo bianco che segnalerà la fine del livello.
Il gameplay appare a prima vista confusionario, con forme geometriche che vagano per la mappa e che compaiono e scompaiono in men che non si dica, luci e flash ovunque che sembrano distrarre, ma con il pad in mano è tutt’altra cosa. Dopo aver superato il tutorial imparerete a focalizzare l’attenzione sul vostro personaggio e con la coda dell’occhio starete attenti all’ambiente circostante, riuscendo a evitare quasi tutti gli ostacoli.
Il nostro personaggio potrà essere colpito non più di quattro volte per poi finire K.O. e ricominciare dal checkpoint precedente; ogni tre sconfitte ci sarà il Game Over e si dovrà ricominciare il livello da zero.
È presente anche una modalità multiplayer, sia locale sia online, che permetterà di superare, in compagnia di altri tre giocatori, uno dei tanti livelli presenti all’interno del titolo. Avendo a disposizione l’aiuto di tre persone, finire la run sarà abbastanza semplice, fin  troppo. Questa modalità è ottima per chi voglia rigiocare più di una volta un determinato livello, magari in compagnia di qualche amico, o semplicemente per divertirsi un po’ sulle magnifiche note del livello.

La grafica è minimale, una delle caratteristiche principali del gioco sono le forme geometriche che compongono l’intero ambiente, compresi i personaggi, uno stile che ricorda molto giochi come Geometry Dash. I livelli non hanno uno sfondo, il colore nero farà da background, mentre flash, raggi laser, sfere e altre forme fucsia riempiono quasi l’intero schermo, rendendo più difficile l’individuazione del nostro personaggio e soprattutto renderà più arduo schivare tutti gli ostacoli. I principali colori utilizzati sono solamente cinque: nero e le sue sfumature, bianco, turchese, fucsia e giallo. Una scelta singolare, ma intelligente: in un gioco di questo genere, singolarissimo nel suo proporre una modalità quasi da shoot ‘em up senza la componente shooting, troppi colori o colori troppo accesi possono solo essere d’intralcio per la visuale e di conseguenza peggiorare l’esperienza di gioco.
Anche il comparto tecnico è ottimo, durante la mia run non ho riscontrato nessun bug o glitch a compromettere la sessione, solamente un leggero lag in alcune parti di un solo livello e un bug – che credo dipenda da Steam – che riconosceva mouse e tastiera come un giocatore e il pad della PlayStation 4 (collegato con il cavo USB) come un secondo player, per questo, metà del gioco l’ho dovuto affrontare con due avatar controllati da un solo pad (e il gioco è diventato molto più arduo). Ovviamente qualsiasi problema potrebbe intaccare la nostra avventura, rendendola impossibile o troppo semplice, ma non è questo il caso. Il gioco è ben strutturato con livelli sempre diversi tra loro e mai ripetitivi, che offrono un grado di difficoltà diverso da livello a livello. Si possono affrontare missioni “semplici”, che riusciranno in una sola run, o altre molto più ardue, che vi faranno urlare dalle troppe forme a schermo e vi faranno penare per arrivare al tanto agognato “triangolino della salvezza“.

Ma adesso parliamo del soggetto principale del gioco: la soundtrack. Just Shapes & Beats offre ore e ore di ottime canzoni chiptune, che spaziano dalla musica elettronica al dubstep più sfrenato. Da amante del genere le tracce presenti mi hanno fomentato non poco durante la partita, anche perché, per superare alcuni ostacoli si deve seguire il ritmo, potrebbe capitare che a ogni drop della musica si possa incorrere in un’esplosione o in un ostacolo, quindi bisogna prestare attenzioni a tutto, dal nostro personaggio, agli ostacoli, e persino alla musica.
La colonna sonora del gioco si compone di circa 40 brani, dicevamo, composti da alcuni dei più famosi musicisti del mondo chiptune, tra cui i Pergboard Nerds, Chipzel, Tokyo Machine, Noisestorm, e oltre a loro sono presenti anche altri compositori un po’ meno famosi o emergenti, come Plesco, Danimal Cannon e altri artisti.
Il gioco è consigliato a un pubblico che gradisca una simile selezione, ma anche chi si volesse semplicemente mettersi alla prova con un titolo ritmico, dinamico e mai noioso potrà divertirsi sicuramente potendo usufruire anche di una buona rigiocabilità.




Tower 57

Ricordate i tempi dell’Amiga? Quei giochi per computer un po’ scrausi, un po’ over the top e dal character design alquanto bizzarro che trovavate in mezzo ai vostri floppy senza neanche capire come fossero finiti all’interno del vostro raccoglitore? Ecco che Pixwerk ci porta indietro nel passato con stile, in un epoca fatta di tempi di caricamento lunghissimi (tranquilli, qui non ce ne sono), violenza accentuata e joystick con le ventose da attaccare al tavolino: stiamo parlando di Tower 57, un bellissimo e divertentissimo top-down twin stick shooter per PC, acquistabile tramite le piattaforme Steam, GoG e Humble Bundle.
Il gioco è una vera e propria lettera d’amore per i fan di Alien Breed e Chaos Engine, entrambi popolarissimi titoli per Amiga e DOS, ma anche per chi apprezzato classici per console come Zombies ate my Neighbours e Smash Tv; la sua realizzazione è stata possibile grazie ai finanziamenti di quasi 2000 appassionati, ma Tower 57 offre di più di una semplice operazione nostalgica: è un titolo che fonde più generi, implementa nuove meccaniche, impossibili per i controller dell’epoca, ponendosi così come un gioco moderno, pieno d’azione ma soprattutto divertentissimo.

Time to kick some ass

La civiltà non è più come quella che conosciamo, le città non esistono più e le comunità di persone si sono organizzate in torri, come quella in cui stiamo per infiltrarci: si raggiungono in treno e all’interno di esse ci sono strade, negozi, ospedali, centri di bellezza, hotel e persino fabbriche. A quanto pare, in un piano della Torre, c’è una rivolta in corso e la I.T.G. ha inviato di nascosto 3 dei suoi 6 agenti di punta affinché questo spirito di rivoluzione non si diffonda come un virus. Scesi dal treno prenderemo subito dimestichezza con i semplici controlli e ci recheremo presto nella prima area di gioco, le fogne. I (bizzarri) personaggi del titolo hanno tutti più o meno le stesse caratteristiche: un’arma standard con proiettili infiniti (poco utile durante le mischie più selvagge), un’arma caratteristica più potente e dal raggio d’azione più ampio, un’arma o strumento di supporto e un attacco speciale che distruggerà tutti i nemici in una schermata. Quest’ultimo potrà essere attivato soltanto quando la barra speciale, che si riempie lentamente a ogni nemico annientato, sarà piena e metà della stessa potrà permetterci anche di cambiare personaggio in vista di guai o di una situazione meglio gestibile con un altro agente; non avremo più la possibilità di cambiarli una volta avviato il file di salvataggio perciò è bene trovare il giusto equilibrio sin da subito (anche se è molto difficile visto che dal menù possiamo solo osservare l’immagine dell’arma caratteristica e un’animazione del suo attacco speciale).
Il gioco, essendo un twin stick shooter, permette di controllare gli agenti in azione sia con un controller con due levette analogiche sia con mouse e tastiera, ed entrambi i metodi sono molto precisi e reattivi, perciò basterà scegliere con calma il metodo che più vi si addice. Eliminare tutto quello che c’è in una schermata non è per niente una passeggiata, i nemici si faranno sempre più frequenti e a ogni piazzola ci sarà sempre una vera e propria carneficina; il gameplay è ispirato ai più classici top-down shooter, come i già menzionati Chaos Engine, Zombies ate my Neighbors o Smash TV, ma attinge anche, da come si può notare nelle schermate più “affollate”, dai bullet hell alla Touhou, un po’ come avviene per le schermate di combattimento di Undertale (complesse, sì, ma nulla di impossibile); in aggiunta, come se non bastasse, gli elementi ambientali saranno quasi sempre distruggibili, alcune volte rivelando anche sezioni e passaggi nascosti, e avremo inoltre la possibilità, in alcuni stage, di salire a bordo di un carro armato e moltiplicare il caos in maniera esponenziale. Gli upgrade alle armi e alle parti del corpo danno al titolo, abbastanza definito nel suo genere, un’insolita veste RPG e dunque più potenti saremo, meglio riusciremo liberare le schermate dai nemici; sfortunatamente il gioco chiede molto grinding sin da subito e tutto quello che faremo per livellarci non sempre sarà ripagato. Per quanto sia divertente spazzare via i nemici nelle maniere più violente possibili per poi raccoglierne i soldi, che servono proprio per comprare gli upgrade, questi spesso non saranno mai abbastanza per comprare le migliorie negli appositi banconi; già dal secondo livello gli upgrade saranno decisivi e si finirà inequivocabilmente per creare disparità temporanee fra i personaggi. Tuttavia Tower 57 si pone come un gioco molto tosto, con la giusta pazienza (e con i giusti trucchetti per vincere alle scommesse nelle bische clandestine dell’hub world) è possibile completarlo in single player ma per godere veramente del potenziale di questo titolo vi consigliamo di giocarlo in co-op locale, proprio come si faceva con i titoli sopramenzionati; il gioco offre anche la possibilità di una cooperativa online, però, momentaneamente, i server sembrano deserti, e dunque non siamo proprio riusciti a provare questa modalità per mancanza di giocatori (anche per questo vi consigliamo di sedervi davanti al pc con un amico).

Follia con classe

Le peculiarità grafiche, come già accennato all’inizio, si rifanno allo stile e alla palette di colori 16 bit tipica dell’Amiga, ma il vero punto forte di questo titolo è il suo art style: le tecnologie retro-futuristiche/fantascientifiche che caratterizzano gli ambienti di questa società distopica si rifanno al dieselpunk, stile che fonde elementi steampunkcyberpunk con una spruzzata di Art Deco degli anni ’30; il tutto si fonde perfettamente con la coloratissima, seppur opaca, grafica dei popolarissimi tardi computer Commodore. Per darvi un idea di questo particolarissimo stile vi basterà pensare a giochi come Bioshock o Grim Fandango, oppure a film come Blade Runner, Brazil di Terry Gilliam o il leggendario Metropolis di Fritz Lang (film che influenzano, difatti, anche la trama di Tower 57). Non mancheranno, inoltre, infiniti rimandi all’Amiga stesso come le sfere a scacchi un po’ dappertutto, simbolo del popolarissimo PC, o il floppy che segna il salvataggio automatico con i tipici temi arcobaleno; tocchi del genere sono delle vere chicche per i più nostalgici! L’art stile generale influenza, di conseguenza, anche i personaggi giocabili e i ritratti che li raffigurano, così come quelli degli altri NPC del gioco, che risultano bizzarri e over the top, inutile a dirlo, in pieno stile anni ’90!
Gli stessi personaggi godono di doppiaggio, e le linee di dialogo, quando questi esaminano un oggetto o raccolgono medi-kit e munizioni, sono veramente esilaranti, specialmente quelle di The Don che, essendo italiano, quando analizza qualcosa di cui non ne capisce il significato ci delizia con un bel «che c***o è» (espresso con un poco convincente accento anglosassone, un po’ alla Italian Spiderman). La musica che fa  da sfondo al gioco si mantiene nell’area elettronica, attinge dal chiptune dei giochi per computer europei, un po’ dalla demoscene ma senza necessariamente utilizzare quegli stessi suoni; tutto sommato la colonna sonora è ben composta e ci sono molti bei temi anche se, nonostante sia molto valida, rimane impresso poco e niente delle melodie dei livelli.

E chi se lo aspettava!

Tower 57 è davvero una bellissima sorpresa: è difficile, ha stile, diverte con meccaniche molto semplici e presenta pochissimi bug sul piano del gameplay. Il vero peccato questo gioco è la sua longevità; anche se la difficoltà ci terrà lontani dal completarlo in un batter d’occhio purtroppo il gioco finisce proprio quando cominceremo a diventare veramente bravi, il che significa fra le 3 e le 5 ore di gioco. Ad ogni modo, i diversi personaggi permettono almeno un po’ di rigiocabilità più, specialmente se si vuole ottenere il finale buono, ma la vera peculiarità del titolo sta nel suo multiplayer, pensato e tarato per una sessione di gioco in compagnia. Raccomandiamo vivamente Tower 57 anche se vi servirà un buon inglese per apprezzare la storia e lo humor; il gioco non è tradotto in italiano e la lingua utilizzata è giusto un po’ astrusa, forse per attenersi meglio ai toni noir della storia. Con 11,99€ potrete però portarvi a casa un bel titolo in grado di regalarvi piacevolissime ore insieme ai vostri amici o online (se riuscite a trovare qualcuno): una vera e propria gemma nascosta.




Sonorità videoludiche – La Chiptune

La rivoluzione parte dal basso: in molti casi questa frase rappresenta solamente un modo di dire, ma nel 1985 non devono averla pensata così sviluppatori del calibro di Rob Hubbard e Martin Galway o programmatori in erba come il tedesco Chris Hülsbeck. All’epoca questi tre uomini erano persone qualunque, ora invece sono compositori universalmente celebrati come i padrini della musica chiptune.

Ma cos’è la chiptune? Banalmente si potrebbe dire che è «un genere di musica creato usando i chip sonori di computer e console degli anni ‘80/primi anni ‘90», ma in realtà è qualcosa di più: la chiptune è sì un genere musicale che affonda le sue radici nel retrocomputing, ma è anche un movimento artistico che prende a pieni mani dalla filosofia fai-da-te tipica del punk.

Difatti, nella storia del genere, non è una novità leggere di gente che ha creato o che crea tutt’ora dei software musicali da zero: è l’esempio del succitato Chris Hülsbeck, che nel 1986 pubblicò su una rivista tedesca Soundmonitor, programma che aveva creato nel tempo libero. Oppure di Karsten Obarski, che nel 1987 creò il software Ultimate Soundtracker per Commodore Amiga, dando il via all’introduzione delle cacktro (ovvero le intro di giochi e programmi crackati) e successivamente alla cosiddetta demoscene, un vero e proprio genere artistico in tutto e per tutto che usava l’Amiga per creare opere degne del MOMA di New York.

Nonostante veri compositori del calibro di Koji KondoNobuo Uematsu Yuzo Koshiro, autori rispettivamente delle musiche di Super MarioFinal Fantasy e Streets of Rage, che vennero assunti da case come Nintendo e Sega per creare opere leggendarie, oggi portate sui palchi da tutto il mondo con progetti rock-opera come Video Game Music dell’americano Tommy Tallarico o da esibizioni orchestrali, la chiptune continua a restare un fenomeno soprattutto underground, anche se negli ultimi anni è stata spesso omaggiata da artisti del mainstream musicale come il canadese Deadmau5 (che proviene della demoscene!), 50 Cent o Kesha. La diffusione di internet è stata fondamentale per il genere, dando il via alla creazione di siti e forum come 8bitcollective o micromusic.net e case discografiche che danno spazio agli artisti della scena, come la Bleepstreet Records, o che si occupano di celebrare le grandi colonne sonore videoludiche del passato: è il caso della Data Discs Records di Londra, che si occupa della stampa in vinile di musiche tratte da Streets of Rage, Shenmue, Super Hang-On, Outrun e molti altri.

Ai giorni nostri, la creazione e l’esplosione degli indie game ha suggellato un matrimonio pressoché perfetto con la musica chiptune: non è più una novità trovare una colonna sonora realizzata con un Game Boy in giochi come VVVVVV e Super Hexagon di Terry Cavanagh, con due meravigliose OST realizzate rispettivamente dallo svedese Magnus “SoulEye” Pålsson e dalla nordirlandese Chipzel, oppure su hit come Shovel Knight, dove domina la splendida colonna sonora realizzata dall’americano Jake Kaufman, già autore delle musiche della serie Shantae e di un’altra hit indie come Crypt of the Necrodancer. Per non parlare dell’ottimo lavoro di band come Amanaguchi, autori delle musiche del celebratissimo beat ‘em up a scorrimento orizzontale basato sulla serie a fumetti di Scott Pilgrim.

E l’Italia? Nel nostro paese la scena è molto giovane, ma ben attiva, in primis nell’area milanese dove troviamo due nomi grossi come Arottenbit e Kenobit, autori di infuocate esibizioni live a base di Game Boy e creatori di eventi come le serate di Milano Chiptune Underground, serate dall’attitudine punk che piano piano vanno diffondendosi in tutto il resto dello stivale. Ma occhio ad altri artisti come 0r4, Pablito El Drito o Luke McQueen, quest’ultimo mago della sintesi FM del Mega Drive, e autore delle musiche di Xydonia, shoot ‘em up a scorrimento orizzontale 100% made in Italy realizzato da Breaking Bytes.

La chiptune avrà magari poca storia dalla sua, essendo un genere musicale molto giovane: d’altronde, sono passati più di trent’anni dagli sperimenti sonori su Commodore 64 dei vari Galway, Hubbard e dei fratelli Follin, ma le attende un futuro radioso grazie alla scena indie, alle netlabel presenti su internet e ai servizi di streaming musicale come Bandcamp e in generale a chi va a concerti dei musicisti della scena, che sia un locale underground oppure una fiera del fumetto come Lucca Comics (nell’edizione di quest’anno si è proprio esibito Kenobit nello stage di Red Bull!). Per quanto sia un genere musicale che affonda le radici nella nostalgia dei bei tempi andati a base di pane e NES, la chiptune è molto di più: è ricerca, è sperimentazione, è voglia di spaccare il mondo.




GameCompass – Sonorità Videoludiche (02×11)

Puntata serissima fra musica e videogame! Gero Micciché ne parla con Andrea Celauro e Gabriele Sciarratta in una puntata dedicata alle soundtrack videoludiche con una recensione di Wheels of Aurelia, uno speciale sulla musica nei videogame dall’8-bit all’odierna scena chiptune e i migliori temi musicali dei menù dei videogame selezionati da Marcello Ribuffo nella consueta top finale!