Prey: Mooncrash (DLC) – Abuso di “Vivi, Muori, Ripeti”

Circa un anno fa, Prey tornava sui nostri schermi grazie all’egregio lavoro di Arkane Studios, team che ha confezionato un titolo vario, appagante e soprattutto sorretto da un impianto narrativo di prim’ordine. Del Prey originale, targato 2006 (e piccolo flop commerciale) non è rimasto nulla, e anche questo reboot ha fatto fatica a farsi strada nel combattutissimo mercato videoludico moderno, trovando comunque il favore della critica, che lo ha elevato a uno dei migliori titoli del 2017. Mooncrash è il primo DLC del franchise, concepito in uno stile rouguelike che inaspettatamente ben si sposa con le atmosfere del gioco, e, che risulta soprattutto ben giustificato. Seguirà più avanti Typhon Hunter, espansione che per la prima volta aggiungerà componenti multiplayer a un titolo già strutturato come Prey.

Vivi, muori, ripeti

Dopo aver vestito i panni di Morgan Yu, in questa espansione saremo Peter, un hacker che dovrà fare luce sui misteri della stazione lunare segreta Pytheas, con la quale la TranStar ha perso i contatti. Per risolvere la faccenda, Peter dovrà rivivere gli ultimi momenti di cinque membri dello staff della stazione, attraverso una sorta di realtà virtuale. Vivremo dunque altrettante storie parallele che, se ultimate con successo, riveleranno anche l’epilogo del protagonista. Questa è la base su cui poggia la narrativa del DLC ma, come  Arkane insegna, ci sarà ben molto di più da scoprire, al fine di collegare tutte le tessere del puzzle e fare luce sui misteri della Pytheas.
L’intera stazione lunare è l’hub delle nostre disavventure, abbastanza estesa e varia e con nuovi nemici come lo Squalo Lunare – detto così fa ridere, ma una volta incontrato avrete soltanto voglia di scappare – e nuove armi come le Granate GLOO. All’interno della mappa gli elementi saranno sempre variabili, da posizione e numero dei nemici alla distribuzione e reperibilità di materiali e consumabili.
Ogni run si presta a essere un’esperienza unica ed estremamente appagante con ognuno dei cinque personaggi disponibili; questi vantano a loro volta peculiarità uniche e verranno sbloccati una volta terminata una sessione, oppure saranno “trovati” lungo il percorso. Ognuno di essi avrà inoltre obbiettivi specifici, che innalzano il livello di varietà e longevità dell’espansione.
Ogni potenziamento, disponibile grazie alla valuta di gioco e a nuovi progetti scoperti, potrà renderci vere macchine di morte, ma ovviamente questo non si traduce in invincibilità: l’IA dei nemici sembra imparare dalle nostre azioni, modificando il comportamento e rendendo tutto ancor più difficile. La morte in questa espansione fa semplicemente parte del gioco. La natura roguelike del contenuto si fa sentire senza mai risultare frustrante: se all’inizio la meccanica sembra rispondere a logiche di “trial and error“, basterà entrare in confidenza con le i meccanismi di gioco per essere nuovamente rapiti dallo stile di Prey.
Riguardo al resto, rimane tutto quel che abbiamo imparato a conoscere del titolo principale, dove le fasi di puro shooting non raggiungono l’eccellenza, ma tutto il  resto bilancia bene questa lacuna, aggiungendo anche un nuovo sistema di danni semi-permanenti al protagonista, dal sanguinamento alle fratture, curabili solamente con specifiche soluzioni. Il nuovo sistema trova spazio non solo in questa espansione ma anche nel gioco base, rendendo Prey – soprattutto per chi l’affronta per la prima volta – ancor più profondo e complesso.

Ti porto sulla Luna

Dal punto di vista tecnico, la base lunare Pytheas è un bel vedere, ricca di elementi particolareggiati, ambienti vari e con un ottimo level design. Il CryEngine fa anche qui il suo bel lavoro, inficiato da momenti di “bloodborniana” memoria nelle fasi di caricamento, così lunghe da poter includere potenzialmente un altro DLC al loro interno.
Anche questa espansione vanta un ottimo doppiaggio italiano e un’attenta localizzazione, così come lo è la realizzazione degli effetti sonori.

In conclusione

Prey: Mooncrash rispecchia la voglia di sperimentale del team Arkane che, dopo i Dishonored, continua a essere all’altezza della sua nomea, confermandosi uno degli studios più talentuosi della scena videoludica. Questa espansione è solo la prima parte in vista del Typhon Hunter che porterà grossi cambiamenti all’interno del franchise, magari anche in vista di un eventuale futuro secondo capitolo. Al prezzo di lancio di 19,99€, Mooncrash è un’ottima occasione per riprendere in mano uno dei migliori titoli del 2017: non un semplice compitino, ma un DLC vario, con nuove sfide e capace di intrattenere. Attenderemo i prossimi mesi per verificare l’impatto dato dall’avvento del multiplayer.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




Dishonored: la morte dell’Esterno – Uccidi che ti Passa

L‘arrivo sui nostri schermi di Dishonored, nel 2012, segnò positivamente l’ascesa di Arkane Studios, software house francese di mamma Bethesda, che negli ultimi anni è riuscita a ritagliarsi un grosso spazio tra gli studios del settore. Il primo capitolo vinse addirittura il premio VGA come miglior gioco dell’anno e questo, diede linfa per lo sviluppo di un secondo che, pur essendo comunque di alto livello, non seppe rapire il cuore dei fan come l’originale.
Seguendo la strada intrapresa per Uncharted: l’eredità perduta, anche Dishonored possiede il suo contenuto aggiuntivo stand alone: La morte dell’Esterno è infatti un DLC con una nuova protagonista, Billie Lurk, concludendo la saga dedicata a Corvo Attano e il Regno di Dunwall.

La fine di tutte le cose

Se c’è una cosa che accomuna tutti i fatti – perlopiù negativi – in tutti i Dishonored è la presenza, silenziosa e ambigua dell’Esterno, una misteriosa entità venuta da una dimensione denominata Oblio e che, in qualche modo, ha influenzato gli eventi storici degli ultimi 4000 anni, creando misteriose reliquie e donando poteri a uomini e donne a sua scelta. In questo universo narrativo, questa figura è sempre stata affascinante: un amico, un custode ma con quella puzza sotto il naso che riesce ad instillare dei dubbi, cercando di capire se ci siano,  o no, secondi fini. A questo dovranno rispondere Daud e soprattutto Billie Lurk, nuovo personaggio che impersoneremo. Il primo sappiamo benissimo chi è: ne Il pugnale di Dunwall, uno dei DLC del primo capitolo, strinse l’arma che uccise l’Imperatrice, scatenando gli eventi successivi alla quale abbiamo partecipato. Billie è la nostra compagna/scorta per le vie di Karnaka, in Dishonored 2, finendo con un plot twist niente male.
Ecco quindi Billie Lurk, qualche anno dopo gli eventi del secondo capitolo e decisa a porre fine alla vita dell’Esterno, riconosciuto come colpevole del caos esploso nel regno da qualche anno a questa parte. La sua fine dovrebbe riportare tutto alla normalità ma, non sarà così semplice, ne dal punto di vista fisico che ideologico. Durante i cinque capitoli del titolo, saremo protagonisti di molte vicende al quale non sapremmo reagire con decisione visto che, la storia, è ricca di tante sfumature di grigio: come per l’ultimo Prey infatti, le vicende narrate non solo arrivano dal plot principale ma anche dalla miriade di documenti, conversazioni tra gli abitanti e lettere che raccontano una storia più grande, con tanti dettagli che faranno luce su elementi non del tutto chiari. Questo fa sì che il mondo di gioco sia vivo, facendoci partecipare ad eventi che sono già cominciati anni prima.
Billie continua ad essere quella che abbiamo conosciuto sulla Dreadful Wale, nave/hub delle nostre avventure: al contrario degli altri protagonisti, non ha mai raggiunto i ranghi più alti della società, stando sempre nell’ombra e nell’anonimato. Questi fatti hanno reso la nostra protagonista “meno umana” rispetto a Corvo o Emily, giustificando in parte il gameplay, come vedremo in seguito.
La morte dell’Esterno continua e conclude dunque quanto di buono visto in Dishonored: una trama dalle mille sfaccettature e contornata da personaggi carismatici, con le loro ideologie e a volte difficili da inquadrare; finalmente, inoltre, vengono messi in luce tutti gli avvenimenti accaduti fin ora, segnando la fine – o forse un nuovo inizio – per uno dei migliori lavori Arkane.

Il caos, non è equo

Caos. Non è solo quello presente per le vie di Karnaka, ma anche una meccanica che influenza il mondo di gioco e lo svolgersi delle vicende. Già presente in Dishonored, questa feature faceva sì che ogni omicidio e/o fatti non proprio etici, influissero sul prosieguo delle missioni: più o meno soldati per strada, più o meno mosche del sangue, pulizia o decadimento fino all’incupirsi o illuminarsi del finale. Questo sistema influiva – e non poco – sulle scelte dei videogiocatori che, alla ricerca di un finale idilliaco, cercarono di evitare morti futili, rendendosi i più invisibili possibile. Ovviamente ciò rendeva tutto più complicato, ma era questo il bello di questa meccanica.
Quì, dimenticatevi tutto questo: la morte non ha conseguenze particolari e quindi, niente vincoli. Siamo liberi di approcciarci come vogliamo senza preoccuparci di modificare il finale. Tutto quindi risulta più “divertente” e leggero ma senza perdere le virtù di un gameplay stratificato come abbiamo imparato a conoscere. Innanzitutto cambiano i poteri a disposizione e la modalità di ricarica del mana: niente più pozioni particolari quindi e via libero alla ricarica automatica dei tre nuovi poteri.
Torna il teletrasporto, denominato per l’occasione Dislocazione, che permette a Billie non solo di spostarsi istantaneamente da un luogo ad un altro entro un certo raggio ma anche di creare un clone di se stessa e visibile a tutti. Le sue reali potenzialità non sono immediate e servirà un po’ di pratica per prenderci la mano. Un potere davvero utile e Preveggenza, permettendoci di congelare il tempo e abbandonare il corpo per esplorare l’area, con la possibilità di  targettare nemici e oggetti utili. Affascinante è invece Somiglianza: rubare l’identità di qualcuno per passare inosservati è una dote che una certa Arya Stark apprezzerebbe e ne La morte dell’Esterno è una feature che si rivela essere una delle più complesse e ricca di possibilità di tutta la saga. Assassinare un obbiettivo facendogli credere di essere un suo uomo di fiducia non ha prezzo. Tutti questi poteri consumeranno l’intera barra mana nel tempo e, come detto poc’anzi, non dovremmo preoccuparci di ricaricarla.
Tutto il nostro arsenale è volutamente improntato all’offesa e, nonostante sia ancora presente una certa dose di componente steath e possibilità di stordire gli avversari, saremo più invogliati a proseguire in maniera diretta, falciando via via tutti i nemici sul nostro cammino.
Rientrano in gioco anche gli amuleti d’osso, con la possibilità di crearne di nuovi e il meraviglioso level design, ormai caratteristica intrinseca di Arkane Studios. Tutto è studiato per garantire la massima libertà d’azione e, in mancanza del Caos, questo assume altri significati: siamo più liberi di esplorare, conoscere zone nascoste e di conseguenza approfondire ancora di più trama e mappe.
Insomma, nonostante ci troviamo di fronte ad un gameplay diverso, più diretto e semplificato, il bello di Dishonored permane, regalando uno delle migliori esperienze degli ultimi anni.

Un dipinto a olio… Di palma

Arkane Studios porta avanti il suo stile anche in questo DLC, utilizzando il Void Engine già visto in Dishonored 2 e nel nuovo Doom di Id Software. Pur non vantando dettagli da far strabuzzare gli occhi, il titolo mostra una vista d’insieme piacevole e arricchita da sempre ottimo comparto artistico che con i suoi elementi steampunk riesce a caratterizzare con forza il mondo di gioco. Facendo più attenzione purtroppo qualche nodo viene al pettine e non basta l’utilizzo di filtri atti a riprodurre graficamente qualcosa a un dipinto a olio: texture molte volte non all’altezza degli anni che stiamo vivendo e mole poligonale appena sufficiente sono solo due degli aspetti poco piacevoli se si vuol fare i puntigliosi. Anche i vari shader e soprattutto i filtri non svolgono un egregio lavoro ma almeno, rispetto al secondo capitolo, tutto questo e ben ottimizzato. Gira su quasi tutte le macchina e risulta facilmente configurabile grazie all’ottimo menu dedicato.
La parte audio invece, è sempre di ottima fattura con il cambio della doppiatrice di Billie Lurk che, per una volta, è una manna dal cielo. Musiche sempre orecchiabili e contestuali con, prima dei titoli di coda, una dedica a Daniel Licht, storico compositore della saga, scomparso recentemente.

In conclusione

Dishonored: la morte dell’Esterno è un DLC che conclude degnamente tutte le vicende lasciate in sospeso, aprendo le porte a future storie che speriamo un giorno, verranno raccontate. Tutte le novità introdotte funzionano così come l’abbandono del sistema Caos che svincola noi tutti dalle possibili conseguenze delle nostre azioni, regalandoci più libertà d’azione nel contesto di un level design tra i migliori su piazza.




Morto il compositore Daniel Licht

È notizia di ieri quella della scomparsa di Daniel Licht, celebre compositore per la serie TV Dexter e per aver lavorato alla colonna sonora dei due Dishonored e Silent Hill dal 2012 al 2015. Dopo aver lottato contro una rara forma di cancro, Licht si è spento a 60 anni. Tanti sono stati i messaggi di cordoglio sui social, al cui si aggiunge anche il nostro con uno dei brani più belli presenti nella saga dedicata a Corvo Attano ed Emily Kaldwin.




Raphael Colantonio lascia Arkane Studios

Negli ultimi anni abbiamo imparato ad apprezzare Arkane Studios grazie alla qualità di suoi titoli quali Dishonored o il reboot di Prey.
È proprio notizia di poche ore fa che il suo fondatore, nonché presidente, Raphael Colantonio, ha deciso di lasciare l’azienda prendendosi un periodo (non specificato) di riposo.
Questo il suo comunicato pubblicato sul sito di Bethesda:

«Gli ultimi 18 anni sono stati un’avventura fantastica, dall’inizio di Arkane nel 1999 alla realizzazione del nostro primo titolo, Arx Fatalis, fino all’ingresso in ZeniMax Media nel 2010 e alla pubblicazione della serie di Dishonored e dell’acclamato Prey; è tempo per me di fare un passo indietro per avere più tempo da spendere con mio figlio e riflettere su cosa sia importante per il mio futuro. Ho avuto l’opportunità di lavorare con alcune delle persone migliori e più brillanti di questa industria, e mi sento estremamente fortunato ad essere stato parte di questo viaggio con tutti i membri di Arkane. Ho vissuto molti momenti magici. Ho anche attraversato momenti difficili. Ma posso dire che l’ingresso in ZeniMax ha portato le cose al livello successivo e ha dato ad Arkane l’opportunità di emergere come studio di prima classe. ZeniMax ci ha permesso di realizzare i migliori giochi che abbiamo mai creato. E so che ce ne saranno altri in arrivo.
Auguro il meglio a chiunque in Arkane, Bethesda e ZeniMax. Senza ombra di dubbio mi mancheranno tutti. Prima di chiudere vorrei ringraziare i fan di Arkane per la loro passione e per il supporto. Mi aggiungo a loro come più grande sostenitore di Arkane Studios e non vedo l’ora di giocare agli straordinari nuovo giochi su cui lo studio sta lavorando.»

Anche noi di Gamecompass ci teniamo ad augurargli buona fortuna e un sentito grazie per aver contribuito a creare alcuni dei migliori titoli degli ultimi anni.