Il Re Leone – Ovvero come ho imparato a preoccuparmi e a odiare la bomba

La nostra è un’epoca strana, stretta in un limbo che vede agli opposti un futuro radioso/deprimente e un passato che non smette mai di essere migliore di quanto effettivamente sia stato. E con il cinema (o cinematografò se preferite) la storia non cambia: Star Wars, Ghostbusters, Il Pianeta delle Scimmie, Star Trek, Total Recall, Alien e chi più ne ha più ne metta, hanno visto negli ultimi anni nuove trasposizioni più o meno riuscite e tra queste, non poteva mancare mamma Disney. Negli ultimi anni la moda della riproposizione dei “classici” in salsa live action è letteralmente esplosa – la bomba, nel titolo – con risultati a volte sorprendenti: Cenerentola di Kenneth Branagh riesce effettivamente ad avere una sua identità, approfondendo una struttura narrativa che per forza di cose mancava nell’originale, impreziosito da scelte stilistiche che ne hanno risaltato il tutto. A modo loro, anche Il Libro della Giungla, La Bella e La Bestia, Dumbo e così via sono film che godono di propria linfa vitale, dando un contenuto in più non solo a chi è amante dei cartoni animati ma anche a chi di Disney interessa il giusto. Tutto questo con alti e bassi, sia ben chiaro, ma l’intento – anzi l’impegno – di andare al di là di quanto visto finora è sotto gli occhi di tutti.
E poi arriva Il Re Leone.

Un capolavoro senza tempo (appunto)

Per quelle due, tre persone che non hanno mai sentito parlare del Re Leone, oltre ad aspettarvi un destino simile a Cersei Lannister a suon di “Vergogna!”, tocca recuperarlo. È uno dei pochi casi in cui non c’è opinione che tenga, in quanto, il film animato del 1994 risulta essere ancora oggi uno dei migliori lungometraggi di genere della storia del cinema. E il perché è presto detto: il primo classico Disney a vantare una storia originale, attinge sì dai classici stilemi narrativi di genere, costruendo una trama a tratti “shakespeariana” e capace di maneggiare con cura gli elementi più importanti che hanno caratterizzato la narrazione sin dalla notte dei tempi. Amore, odio, vendetta, redenzione, rinascita, consapevolezza sono tutte racchiuse nel personaggio di Simba che durante il suo percorso, ritrova se stesso accettando il proprio destino. Nonostante il contesto e il target di riferimento, Il Re Leone è qualcosa che viene apprezzato soprattutto “da grandi”: il viaggio di Simba è soprattutto interiore e facilmente empatizzato dalla maggior parte degli spettatori. La fuga con successiva “zona di comfort” sono elementi che vanno al di là del semplice Hakuna Matata di Timon e Pumba, una filosofia (concentrarsi sul presente evitando che passato e futuro influiscano negativamente) che è solo l’anticamera di quanto vediamo a schermo. Simba fa suo l’Hakuna Matata, ma va oltre. Il passato per quanto doloroso va accettato e anche l’influenza negativa che può aver sul presente può essere usato come leva per realizzare esperienze migliori, non solo per sé ma per tutto il regno. Evitando di dilungarci ulteriormente, l’originale Re Leone è qualcosa di estremamente attuale e lo sarà probabilmente sino alla nostra estinzione. Questo perché essenzialmente Il Re Leone, parla di noi, di ciò che siamo e di quello che potremmo essere se solo ci conoscessimo un po’ meglio.
Tutto molto bello, tutti molto felici, sino a quando anche qui la mano a forma di dollaro non ha deciso di afferrare per la coda il povero Mufasa.
I bambini – oltre a essere gli esseri più malvagi dell’Universo – sono anche attenti al mondo che li circonda e ovviamente, il digitale ha preso il sopravvento; come naturale che sia, l’attrattiva dei bambini è virata su qualcosa di molto simile a un videogioco. Nulla di male, per carità; abbiamo avuto titoli degni nota come Coco (disponibile finalmente su Netflix), Up, Inside Out ma anche quel Spiderman – Un Nuovo Universo che riesce anche a elevare il genere. Se gli ultimi live action possono aver effettivamente un senso, vantando tra le fila anche un cast umano, ne Il Re Leone tutto questo prende una piega inaspettata e a tratti deludente.

Uno Specchio Oscuro

Partiamo da una premessa: l’emotività scaturita da un’opera e l’opera in sé sono cose completamente diverse. Del resto c’è chi si eccita sessualmente con Indipendence Day pur sapendo che la qualità del film lascia parecchio a desiderare. Ma andiamo avanti.
Il nuovo Re Leone è una riproposizione diretta da Jon Favreau, regista del remake de Il Libro della Giungla oltre che essere uno dei pilastri del Marvel Cinematic Universe. E il film, per forza di cose, funziona: quello che ci si trova davanti è un semplice “copia 1:1” del film originale ma interamente in computer grafica. Il lavoro svolto con la CGi è qualcosa di sbalorditivo, davvero vicino al fotorealismo con ogni piccolo particolare costruito con dovizia, facendo uso di tutte le ultime tecnologie in questo campo. Quello che colpisce sono i paesaggi degni dei migliori documentari su National Geographic, che riescono a risaltare un contesto che in fin dei conti, vede degli animali parlare. Animali semplicemente riprodotti alla perfezione… troppo. La questione “National Geographic” salta fuori quasi immediatamente: nonostante la riproposizione di alcune scene iconiche (indubbiamente suggestive), nessun passo in più sembra essere fatto dal punto di vista puramente stilistico, partendo da una fotografia (digitale) che non riesce in alcun modo a bucare lo schermo. Con la frase “ho visto documentari più belli” si riassume un po’ il tutto, con Caleb Deschanel che in nessun modo sfrutta la vastità di materiali tra luci e colori dell’Africa selvaggia capace di incorniciare una storia che in questo caso ne avrebbe assolutamente bisogno. Tutto risulta fin troppo asettico e questa asetticità la si ritrova purtroppo sui protagonisti. La ricerca della iper-realicità, benché stuzzicante, risulta essere l’autogol più grande della pellicola. Gli animali, hanno la particolarità di aver una piccolissima scelta di espressioni facciali e tranne qualche raro caso, non sono degli ottimi attori. Certo, ci sono attori che non si discostano tanto dal regno animale da questo punto di vista, ma questo abbiamo e questo ci teniamo. Sappiamo tutti quali sono le scene iconiche o qual è la scena iconica: Mufasa e la sua consapevolezza di non saper volare – lo so, è cattiva. Oltre alla mancanza di reale caratterizzazione estetica salvo qualche eccezione, la limitata espressività mozza le gambe a una storia che fa delle emozioni il suo marchio di fabbrica: nessuna espressione terrorizzata sul volto di Mufasa, nessuna trauma sul volto di Simba, nessun ghigno di Scar e soprattutto nessun volto infoiato su Nala. Se quest’ultima non inficia particolarmente sulla narrazione, tutto il resto è un puro colpo al cuore con mani a carciofo. Cosa ne viene fuori quindi? Un film essenzialmente inutile: durante la visione del film non vi è alcun motivo che giustifica questo nuovo adattamento se non il rivivere vecchie emozioni scaturite dall’originale. Ma a questo punto, perché non rivedere quello?
Anche a livello sonoro e scenografico qualcosa non quadra, con riarrangiamento delle celebri musiche di Hans Zimmer, ma che tra alti (sempre con riserva) e bassi non riescono a essere incisive. Prendiamo ad esempio “Sarò Re” di Scar: se nel classico, oltre a essere un elogio al totalitarismo, è intriso di quella teatralità che ha aiutato Scar a diventare un personaggio iconico, tra sbuffi di vapore verdastro, ombre malefiche e anche un bel plotone di iene che LVI avrebbe sicuramente apprezzato, in questa nuova versione, è semplicemente un leone decrepito che saltella tra una roccia e l’altra. Questa scena  rispecchia tutto il film. Tutto è molto edulcorato e in qualche modo sin troppo “distante” per essere empatizzante come il cartone animato.
Inoltre, il cambiamento di struttura narrativa che consente un “live action”, non è stato minimamente sfruttato: l’occasione di vedere approfondita la psicologia di Scar e il rapporto dello stesso con Mufasa, gli anni vissuti da Simba in compagnia di Timon e Pumba e molto altro che avrebbe meritato una maggiore attenzione, semplicemente non esiste, come due scudetti della Juventus. Questa forse è la più grande occasione mancata, ed è strano pensarci considerando che Cenerentola, La Bella e La Bestia, Maleficent e Aladdin hanno avuto un trattamento diverso.
Sul nuovo doppiaggio, elogiando Luca Ward come Mufasa, si prosegue tra alti e bassi in cui spiccano ovviamente Marco Mengoni (Simba adulto) ed Elisa (Nala Adulta) che con le loro voci accompagnano egregiamente le canzoni iconiche del brand, facendo da tramite tra presente e passato… sino a quando le parole non ritmate entrano in scena. Non essendo un musical, si nota una certa discrepanza tra il loro doppiaggio e quello del resto del cast, nulla comunque che infici violentemente la visione.

In Conclusione

La domanda da cui bisogna partire è “ne avevamo bisogno?”. Visto il risultato la risposta sembra scontata, eppure, è molto probabile che le nuove generazioni lo adoreranno. Sarà adorato anche da coloro che vivono la loro vita un quarto di emozione alla volta, cresciuti a pane e Disney e intrisi ancora di quella magia che è facile perdere semplicemente guardandosi attorno. Viviamo in un mondo in cui il dollaro regna sovrano e questo lungometraggio possiede un “non so ché” di pericoloso: cosa vuole il pubblico? È veramente in grado di scegliere cosa guardare e di far selezione? Tutte domande senza senso per i più, ma è la consapevolezza del pubblico a decide di quale qualità vogliamo usufruire.
Il nuovo Re Leone dunque, non riesce a elevare il prodotto originale, non riesce ad approfondire personaggi e tematiche e non riesce a regalare suggestioni visive degne di nota. Sta lì, come qualcosa avvenuto dopo una sbronza ma ancora presente nei nostri ricordi, un errore, qualcosa da dimenticare ma che ormai fa parte di noi. Ci sarà un sequel? Molto probabile, ammesso e concesso che importi a qualcuno ma quei pochi, saranno comunque entusiasti come bimbi nel rivedere le avventure di Simba – Il Leone Bianco.

– Cavolo, ce l’avevo fatta a non citarlo. Proprio all’ultimo. –




Top 10 giochi NES sottovalutati

Il Nintendo Entertainment System è una console che di certo non ha bisogno di introduzioni: piena di classici che hanno dettato un’infinità di standard per le generazioni a venire. Basti pensare a Super Mario Bros. per i  platform, The Legend of Zelda e Metroid per i giochi d’avventura, Final Fantasy e Dragon Quest per gli RPG, Gradius per gli shoot ‘em up, e poi ancora Mega Man, Castlevania, Contra, Bionic Commando, la lista potrebbe non finire mai. Questi sono indubbiamente giochi che ogni appassionato conosce (o dovrebbe conoscere) ma come accade per ogni generazione ci sono molti altri titoli, davvero al pari dei classici, che semplicemente non spiccano perché possibilmente la data di uscita ha coinciso con qualche altro gioco più grande o, semplicemente, non ha ricevuto l’attenzione delle riviste e soprattutto dei fan. Oggi su Dusty Rooms faremo qualcosa di insolito, un tipo di articolo sicuramente inflazionato ma comunque intriso, soprattutto, della nostra personalissima esperienza come giocatori: una bella Top 10 dei giochi più sottovalutati della libreria del NES. Vi faremo una breve introduzione, vi diremo quali sono le feature più interessanti e anche qual è il miglior metodo per giocarci al giorno d’oggi. La lista includerà anche import di cui siamo certi esistano traduzioni sul web da poter patchare con le rom. Se ci dimentichiamo di qualche titolo fatecelo sapere – educatamente – nei commenti qua sotto.

10. Nightmare on Elm Street

Uno, due, tre, Freddy™ viene da te… Ebbene sì, con l’avvento di internet questo gioco è diventato molto impopolare, specialmente per l’associazione con LJN, il cui marchio, se appare nella title screen, è sinonimo di gioco programmato coi piedi. Tuttavia in molti su internet hanno dimostrato che i loro giochi non sono tutti da buttare e questo non solo è uno dei più interessanti ma e anche uno dei più avvincenti, sebbene non c’è un briciolo di violenza che ha resto la saga famosa sul grande schermo. Il gameplay ha uno strano meccanismo di “dream world/awake world” e una progressione poco dinamica, non intuibile a primo acchito, ma una volta fatto il callo con queste particolarità Nightmare on Elm Street presenta un gameplay abbastanza piacevole: ci sono dei degli stage in cui bisogna collezionare una serie di ossa appartenenti al defunto Freddy Krueger, nel dream world è possibile raccogliere delle carte che permettono al giocatore di diventare un atleta o un mago e i buoni controlli permettono una fruizione di tutto rispetto. Tuttavia, la più bella feature di questo gioco è sicuramente il multiplayer fino a quattro giocatori in contemporanea grazie al NES Four Score; un po’ come in Nightmare on Elm Street 3: Dream Warriors, tutti uniti per sconfiggere Freddy Krueger! Non credete alle baggianate del web, questo titolo merita molto di più.

9. Street Fighter 2010: The Final Fight

Il 2010 è passato e sicuramente non abbiamo visto l’invasione da parte di demoni scorpioni, alieni mutanti a forma di ombrello e occhi intrappolati in capsule di vetro un po’ dappertutto… Se qualcuno di voi sta ancora pensando che questo titolo non ha nulla a che fare con la celeberrima serie picchiaduro Capcom vi sbagliate di grosso; questo è l’ultimo titolo della saga prima che esplodesse con Street Fighter II! La storia vede Ken, in questo titolo uno strano tamarro spaziale, 25 anni dopo il primo torneo di Street Fighter; diventato uno scienziato, il noto combattente dal gi rosso crea il cyboplasma (sarà probabilmente come un ectoplasma con un po’ di “cybo” dentro) insieme al suo nuovo amico e assistente Troy. In seguito Troy viene ucciso e il cyboplasma, che una sostanza in grado di dare alle creature viventi una forza sovrannaturale, viene rubato; ci metteremo dunque sulle tracce dell’assassino del nostro assistente per vendicare la sua morte e recuperare i pezzi della nostra creazione per evitare che finiscano nelle mani sbagliate. Questo titolo è blasonato in primo luogo per i suoi controlli poco intuitivi e per il fatto che non ha nulla a che vedere con Street Fighter (né con Final Fight, visto che è citato nel titolo) ma per quanti difetti possa avere e difficile prendere familiarità coi controlli (vi consigliamo appunto di giocarlo con un controller con tasti turbo), Street Fighter 2010 offre un livello di sfida tosto al punto giusto e un gameplay di tutto rispetto. Le atmosfere sono veramente splendide – oseremo dire un mix fra Salvador Dalí e H.R. Giger – e può regalare delle sane ore di gameplay, specialmente se lo togliamo dal contesto Street Fighter. Indubbiamente da provare, anche se non faremo Shoryuken attraverso lo spazio e il tempo, non faremo la mezzaluna di Guile sulla luna e non romperemo asteroidi con le testate di Honda: al diavolo Street Fighter V, viva Street Fighter 2010!

8. Splatterhouse: Wanpaku Graffiti (Famicom)

La gente conosce la saga di Splatterhouse per la sua violenza e la sua vicinanza con la serie horror Venerdì 13 ma questo spin-off viene spesso trascurato in favore dei più grandi titoli principali. Wanpaku Graffiti (che in giapponese significa graffiti monelli) ha un approccio meno serio rispetto alla saga, infatti Rick, il famoso protagonista che sfoggia la maschera del terrore (che è una scopiazzatura della famosissima maschera da hockey di Jason), la fidanzata Jennifer, i mostri e i boss vengono presentati con uno stile chibi/super deformed, tutt’altro che horror. Il gameplay è molto simile a quello di Splatterhouse ma molto più semplificato e veloce, adatto a coloro che non vogliono una sfida troppo impegnativa, veramente una gemma che merita di essere riscoperta. Il gioco, nonostante sia uscito esclusivamente per Famicom, non presenta linee di dialogo in giapponese, né i prezzi su eBay non sono terribilmente proibitivi; ricordiamo inoltre che esistono anche delle reproduction cartridge che girano anche su i NES americani e europei.

7. Lagrange Point (Famicom)

Non è un RPG di Squaresoft, né di Enix e neppure di Sega, bensì un’avventura futuristica, ispirata primariamente alla saga di Phantasy Star, targata Konami. È un titolo molto raro e dispendioso ma è un titolo che merita di essere giocato e soprattutto ascoltato visto che è l’unica cartuccia del Famicom che monta l’impressionante chip sonoro VRC7, in grado di dare a questo gioco la sintesi FM, dandogli delle sonorità al pari del Sega Mega Drive. In quanto avventura RPG non porta grandi innovazioni, è un’avventura molto classica ma è spesso un titolo dimenticato nonostante le sue molte particolarità, soprattutto sul piano tecnico e sonoro (basta guardare la deforme cartuccia originale). Lagrange Point può sembrare un titolo proibitivo visto il prezzo, generalmente alto e il fatto che l’aspetto testuale del gioco, che in un RPG fa da padrone, è interamente in giapponese; per questi motivi è meglio trovare il gioco in rete e scaricare la patch da applicare alla rom. Non ve ne pentirete!

6. Journey to Silius

Questo titolo Sunsoft ha una storia molto affascinante: inizialmente questa compagnia era riuscita a ottenere i diritti per produrre un videogioco tratto dal film Terminator ma quando gli studio cominciarono a lavorare su Terminator 2 questi furono ritirati per far sì che un’altra compagnia potesse farne un gioco appena dopo l’uscita al cinema. Sunsoft decise tuttavia non staccare la spina all’intero progetto e così salvò il tutto producendo una nuova IP da zero. Nonostante la cancellazione del progetto originale è ancora possibile notare ciò che rimane del progetto originale: il primo livello ricorda esattamente il mondo post-apocalittico dalla quale il Terminator è venuto e il design delle armi, visibili nel menù di pausa, somigliano a quelle impugnate da “Schwartzy”. Licenza o no, questo gioco è una vera bomba: tanti livelli avvincenti, ottimi controlli, una moltitudine di armi per un gameplay molto vario e una colonna sonora spettacolare! Journey to Silius offre una sfida eccezionale, anche se non adatta proprio a tutti per via della sua spiccata difficoltà. Sfortunatamente recuperare questo titolo su NES è molto dispendioso, così come la collection su intitolata Memorial Series: Sunsoft Vol. 5 su PlayStation in cui è presente. Speriamo che appaia presto in streaming su Nintendo Switch, altrimenti… Sapete cosa fare!

5. Cobra Triangle

A che serve una storia quando hai un motoscafo che va a 90Mph, che monta mitragliatori, missili e può persino spiccare il volo grazie a una minuscola elica? Concepito col motore grafico di R.C. Pro-Am, Cobra Triangle è un gioco Rare che mischia principalmente corsa e combattimenti veicolari ma gli obiettivi cambiano in ogni stage: oltre al semplice “arriva al traguardo” avremo stage in cui dovremo disarmare delle mine, proteggere civili, saltare cascate in corsa col nostro motoscafo e persino affrontare delle creature marine giganti (entrambe cose che fanno pensare che all’interno di quel motoscafo ci sia Chuck Norris), il tutto accompagnato dalle magiche composizioni di David Wise, noto soprattutto per aver composto la colonna sonora di Donkey Kong Country. Ai tempi il gioco fu abbastanza popolare ma probabilmente, per via della sua elevata difficoltà (e anche per il fatto che R.C. Pro-Am era molto più accessibile), Cobra Triangle non diventò un titolo molto discusso. Anche se non ha mai avuto un vero cult following, vi è possibile giocarlo nella collection Rare Replay su Xbox One uscita nel 2015. Un gioco per i veri duri!

4. Ducktales 2 e Chip ‘n Dale 2

Entrambi sono i sequel, rispettivamente, di Ducktales e Chip ‘n Dale (in Italia Chip & Ciop: agenti speciali) e anche se rispettivamente ai loro primi capitoli sono un po’ inferiori ciò non toglie che rimangono giochi veramente eccezionali e sopra la media. Non ci sono grosse innovazioni sul piano tecnico ma il level design e il livello di sfida sono al pari dei vecchi giochi; al giorno d’oggi avremmo considerarli come DLC dei giochi precedenti. La critica, ai tempi, espresse ancora una volta dei pareri unanimemente positivi ma essendo usciti fra il 1993 e il 1994 purtroppo non attrassero l’attenzione dei giocatori che ormai erano passati definitivamente alle macchine 16bit; di conseguenza, essendo usciti così tardi, furono prodotte pochissime copie di entrambi i giochi e ciò si traduce, al giorno d’oggi, in prezzi obbrobriosi su eBay. Fortunatamente per noi, così come per Cobra Triangle, questi due giochi sono stati aggiunti in una collection recentissima, ovvero The Disney Afternoon Collection per PC, PlayStation 4 e Xbox One, che include, oltre a Ducktales 2 e Chip ‘n Dale 2, i rispettivi (e superiori) prequel, TaleSpin e…

3 Darkwing Duck

Recentemente riscoperto, questo titolo ha vissuto per anni nell’ombra generata da altri titoli simili, soprattutto Mega Man e i restanti giochi Disney prodotti da Capcom sul NES. Nonostante il termine di paragone, possiamo dire che ha comunque ben poco da spartire con i giochi appena citati e che Darkwing duck si pone come un gioco a sé. Come in Mega Man possiamo selezionare i primi sei stage iniziali, abbiamo un assortimento di armi “a consumo”, ma diversamente dal robottino blu Darkwing Duck può parare alcuni colpi nemici col suo mantello e può aggrapparsi ad alcune piattaforme da sotto (così come può smontare dalle stesse premendo salto e giù contemporaneamente) e ciò sarà una componente fondamentale negli stage del gioco; in aggiunta a un level design veramente eccellente, questo titolo riesce a consegnare delle sanissime ore di gaming grazie a semplicissime meccaniche, tanto classiche quanto avvincenti. Così come per Ducktales 2 e Chip ‘n Dale 2, Darkwing Duck è presente in The Disney Afternoon Collection, perciò potrete godervi questo titolo con pochissimo e in un media recente in definizione HD.

2. Getsu Fūma Den (Famicom)

Questo gioco fu la risposta di Konami a Genpei Toumaden, un gioco Namco ispirato alla storia del primo Shogunato del Giappone. Come la controparte, questo gioco estrae elementi di trama direttamente dall’era Sengoku, una particolare fase della storia Giapponese; al centro della trama c’è Getsu Fūma, il più giovane ninja del clan dei Fūma (ordine esistito realmente), che parte alla volta delle isole demoniache per vendicare i suoi tre fratelli caduti in battaglia, recuperare le loro spade (chiamate Hadouken) e sconfiggere Ryūkotsuki, il demone responsabile della morte dei suoi compagni. Come in Zelda II: the Adventure of Link, ci ritroveremo in una schermata di overworld molto simile e lì possiamo visitare le tende, in cui potremo trovare mercanti o oracoli che ci daranno dei consigli sul dove andare, o attraversare i torii, le famose strutture a forma di portale giapponesi; lì partirà l’azione vera e propria e dovremo pertanto affrontare un breve stage ma irto di nemici e ostacoli di vario tipo. Durante le fasi in 2D possiamo avere l’opportunità di usare qualche oggetto per sfollare le schermate più caotiche, raccogliere un po’ di oro lasciato da i nemici e accumulare punti attacco e difesa per far crescere dinamicamente il nostro personaggio, esattamente come in un gioco RPG. Gradualmente, torii dopo torii, arriveremo a uno dei nostri veri obiettivi, ovvero uno dei tre dungeon sparsi nell’isola: qui, dopo aver avuto modo di provare l’intensa azione 2D, avremo modo di vedere il gioco letteralmente da un’altra prospettiva, alle spalle di Getsu Fūma in un buio labirinto in 3D. Vale a ricordare che, di questi labirinti, non c’è una mappa in game ma, così come per molti altri titoli dell’epoca, è consigliabile munirsi di carta e penna e cominciare ad abbozzare una mappa da noi (orientandoci con la bussola da comprare in un negozio prima di entrare) – che dire? Giochi di altri tempi! –. Il gameplay si farà apparentemente più calmo, ma questa sarà solo una falsa impressione in quanto troveremo, in questa modalità, altri nuovi nemici da affrontare da questa prospettiva 3D, e stavolta ci toccherà usare un po’ più di ingegno. Purtroppo questo titolo, probabilmente per via del gap culturale, non superò mai le sponde del Giappone, nemmeno coi servizi Virtual Console di Wii, Wii U e 3DS per i quali uscì, e Getsu Fūma Den rimane a oggi un fenomeno esclusivamente giapponese, quando in realtà il gameplay soddisfa appieno anche i gusti occidentali. Fortunatamente per noi, la hack scene è venuta incontro ai giocatori di tutto il mondo e da tempo esiste dunque una rom tradotta che permette dunque a noi demoni occidentali di provare questo gioco veramente spettacolare. Da non perdere per nessun motivo!

1. Metal Storm

Questo titolo non è soltanto un gioco veramente divertente ma è anche uno dei giochi più fini della libreria del NES. A tratti, questo gioco Irem, famosi principalmente per R-Type, può ricordare Mega Man per la sua natura che mischia run ‘n gun, platform e avventura, ma Metal Storm si differenzia per due fattori principali: il primo è che il nostro mecha esplode con un solo colpo avversario e il secondo, ed è ciò che rende questo gioco veramente unico, è la gravità che cambia quando premeremo su/giu e salto. Insieme a delle animazioni fluidissime, splendide per una macchina 8 bit, una grafica molto dettagliata e una colonna sonora spettacolare, Metal Storm ha un gameplay difficile ma adatto a tutti, dai principianti ai più navigati (che potranno trovare del vero pane per i loro denti una volta terminata la prima run e avviato la seconda per esperti) e un level design curato in ogni dettaglio e che include anche dei livelli giroscopici. Questo è un titolo esemplare per la libreria del NES ma purtroppo è molto impopolare, persino fra i più affiatati collezionisti: Metal Storm uscì nel Febbraio 1991, lo stesso anno in cui uscirono i più famosi Battletoads, Tecmo Super Bowl, Double Dragon III, Bart vs the Space Mutant e persino il Super Nintendo, che sarebbe uscito ad Agosto. In tutto questo Irem non ha mai avuto realmente lo stesso peso di altre grandi compagnie come Capcom, Konami o Hal e perciò, nonostante questo titolo fu pubblicizzato in una copertina di Nintendo Power, questo titolo non ha mai raggiunto lo status di classico, forse neppure oggi. Recuperate questo titolo oggi e diamo a Metal Storm il riconoscimento che merita!




Kingdom Hearts Final Mix

Sono passati ben 16 lunghi anni dal primo debutto di uno dei videogiochi che ha segnato una generazione intera, che ha fatto sognare bambini e adulti, che li ha fatti innamorare di un universo magico, fantasioso; stiamo parlando di Kingdom Hearts: un RPG sviluppato da Square Soft (che pochi anni dopo avrebbe preso il nome di Square Enix) in collaborazione con Disney.
Il primo capitolo della serie ha avuto un enorme successo in tutto il mondo, vendendo circa 10 milioni di copie, tra cui 2 milioni nel solo suolo europeo.
Da allora sono stati pubblicati in tutto 9 titoli dal 2002 a oggi e il 29 gennaio 2019 arriverà il 10° capitolo che concluderà questa magica e meravigliosa, ma anche intricata, saga.

La nascita di Kingdom Hearts

Chi l’avrebbe mai detto che un titolo come Kingdom Hearts sarebbe nato in un ascensore? L’idea del progetto scaturì da un singolare incontro tra Shinji Hashimoto, attuale capo della Square Enix Business Division 3, e un dirigente della Disney, che, casualmente, lavoravano nello stesso edificio a Tokyo. Hashimoto, vedendo il grande successo che ebbe Super Mario 64, decise, insieme a Hironobu Sakaguchi, creatore della saga di Final Fantasy, di sviluppare un gioco che potesse rivaleggiare il titolo Nintendo. Purtroppo i personaggi di Final Fantasy non potevano prestarsi a un compito del genere, e fu così che si pensò subito al fantastico mondo Disney, e quell’incontro fu cruciale per l’inizio dello sviluppo.
Il compito di guidare il progetto fu assegnato a un certo Tetsuya Nomura e lo sviluppo del gioco partì agli inizi del nuovo millennio: nel febbraio del 2000.
Durante i primi passi del percorso intrapreso da Square Enix, Nomura e il team si dedicarono esclusivamente allo sviluppo del gameplay ma, dopo alcuni richiami, lo stesso Nomura decise di tralasciare temporaneamente le meccaniche di gioco e focalizzarsi su quella che sarebbe stata la perla, un tratto distintivo di Kingdom Hearts: la storia.

This story is not over

Kingdom Hearts è famoso soprattutto per la sua storia, complessa, piena di intrecci e poco chiara, ma allo stesso tempo affascinante, colma di sentimenti, magia e decisamente poco banale.
La storia del primo Kingdom Hearts ha inizio su di un misterioso e sconosciuto arcipelago, chiamato Isole del Destino, in cui vivono i protagonisti: Sora, Riku e Kairi. I tre amici sono stati sempre affascinati dalla possibilità che esistano nuovi mondi oltre al loro, e questa possibilità li ha portati a desiderare fortemente di viaggiare per riuscire a scoprirli tutti; ed è per questo che decidono di costruire una zattera per realizzare il loro sogno.
Durante le giornate passate a preparare il necessario per la partenza accadono degli avvenimenti piuttosto strani: mentre Sora è in cerca degli occorrenti per costruire la zattera, si imbatte in un una losca figura incappucciata, apparsa come per magia sull’isola e in una porta all’interno di una caverna, mai esistita prima d’ora. L’uomo incappucciato rivelerà a Sora che «questo mondo è stato collegato» (una frase molto importante per capire bene l’intera storia di Kingdom Hearts). Proprio la sera stessa della misteriosa apparizione, l’isola viene colpita da una forte tempesta; Sora, Riku e Kairi, in pensiero per l’incolumità della zattera giungono sull’isola, ma il pericolo che li attende è più grave di una semplice tempesta: sopra le loro teste si è materializzato un gigantesco portale di oscurità che pian piano inghiotte l’intera isoletta.
I tre amici, non riuscendo a fronteggiare il nuovo pericolo soccombono alla sua forza distruttiva: Riku, attraversa un portale oscuro e Kairi viene inghiottita dall’oscurità e sparisce nel nulla; Sora, però, riesce a resistere, evocando il Keyblade, una potente arma capace di sconfiggere l’oscurità. Ma la forza del nostro protagonista non è sufficiente, si vede separato dai suoi amici e si ritrova spaesato e intontito nella Città di Mezzo, in cui, casualmente, incontra Paperino e Pippo, che, incaricati da Re Topolino, il quale è scomparso improvvisamente, devono trovare «qualcuno con una “chiave”» in grado di liberare il mondo dalle tenebre. È proprio nella Città di Mezzo che il protagonista si unisce ai due personaggi Disney per andare alla ricerca del Re e i suoi amici, viaggiando e salvando diversi mondi dalla distruzione.
Per riuscire a trovare Re Topolino, Riku, Kairi e i tre amici dovranno sconfiggere tutti i cattivi dell’universo Disney, che intralceranno la nostra missione, capitanati da Malefica, che, grazie all’oscurità, riesce a controllare gli Heartless.
Gli Heartless sono degli esseri composti da pura oscurità; ogni uomo ha, all’interno del proprio cuore, dell’oscurità e, se questa se riesce a consumare completamente la luce, trasforma il malcapitato in un Heartless, un essere senza cuore che si nutre di oscurità.
La trama dell’intera saga è parecchio complessa, ma rispetto a tutti gli altri capitoli, Kingdom Hearts è il più semplice, riuscendo a raccontare una storia in maniera lineare e quasi mai confusionaria.

Follow your heart, and you can’t go wrong

Kingdom Hearts nasce come un classico action RPG, con elementi hack-and-slash e visuale in terza persona. Come in ogni GDR che si rispetti, Kingdom Hearts possiede delle meccaniche comuni a tutti i giochi di ruolo, alcune di esse sono molto simili a quelle già presenti e utilizzate per la saga di Final Fantasy, come l’uso delle magie, l’acquisizione di nuove abilità, la progressione del livello etc.
Il gameplay consta di semplici attacchi fisici e magie da lanciare dalla distanza, combo ed evocazioni. Queste ultime permetteranno a Sora di richiamare degli alleati da altri mondi per combattere al suo fianco, per un tempo limitato, e aiutarlo tramite mosse speciali o abilità nominali, differenti da altri personaggi, tutti dell’universo Disney.
Il titolo, si mostra alla portata di tutti, con meccaniche non troppo complicate e con un gameplay divertente e frenetico, risultando anche in alcune situazioni risulta fin troppo semplice.
Sconfiggendo ogni nemico si riceveranno in cambio dei punti esperienza (EXP) che serviranno per avanzare di livello e sbloccare nuove capacità per Sora e i suoi amici.
L’albero delle abilità è molto schematico, presenta un singolo elenco di tutte le abilità già sbloccate ed equipaggiate; se ne possono attivare più contemporaneamente, ma bisogna fare attenzione al loro costo. Ogni abilità occuperà una determinato  quantitativo di AP (Ability Point), la nostra quantità massima di AP aumenterà ogni qual volta saliremo di livello o equipaggiando un determinato oggetto e questo ci permetterà di attivare più abilità.
Kingdom Hearts, essendo un RPG, presenta dei parametri inerenti al combattimento, come l’attacco, la difesa o la magia, che possono variare a seconda del nostro equipaggiamento. Non essendoci un’armatura da poter indossare, l’unico modo per modificarli sarà quello di dotare Sora di determinate Keyblade e oggetti indossabili (come anelli e collane). Ogni Keyblade ha delle abilità e una skin unica, con colori e dettagli che ricorderanno la sua terra d’origine. Purtroppo non esiste alcun modo per potenziare una Keyblade, aumentandone le statistiche, quindi, tutte le armi che otterremo durante il gioco saranno, quasi sempre, più potenti di quelle già equipaggiate.
Per visitare e spostarsi per i mondi si dovrà viaggiare su una piccola astronave: la Gummiship. Questa navicella spaziale ci permetterà di distruggere quasi tutti gli ostacoli che troveremo davanti, ma anche di ricoprire una lunga distanza in men che non si dica, teletrasportandoci direttamente ai piedi del mondo selezionato. La Gummiship è ampiamente personalizzabile, durante la nostra avventura si troveranno diversi pezzi che montati insieme possono dare vita a una nave spaziale imbattibile e veloce. Il gameplay sulla Gummiship è davvero elementare, si dovrà comandare la navetta in sole quattro direzioni: in basso, in alto, a destra e a sinistra; sparando con dei cannoni agli Heartless o agli ostacoli per ricevere un maggior punteggio e ottenere qualche altro oggetto per potenziare ulteriormente il nostro mezzo.
La storia è narrata utilizzando l’alternanza di filmati e scene dialogate tramite i balloon, in maniera molto lineare e precisa. Ma la trama, nella sua interezza, è difficilmente comprensibile, soprattutto per chi abbia appena cominciato la saga.
La storia del primo capitolo non riesce a fornire delle risposte esaustive a tutte le domande che il gioco ci farà porre. Per scoprire quasi tutti i misteri e tutte le vicende bisognerà proseguire con la storia, giocando tutti e 9 i titoli già disponibili e aspettare il terzo capitolo principale che concluderà la saga di Xehanort, l’essere malvagio che ha portato distruzione e rovina nel mondo. Ma anche completando tutti i capitoli si avrà un po’ di difficoltà a ricordarsi tutti i nomi, le vicende e le backstory di tutti i personaggi.

Grafica e Sonoro

Per quanto riguarda il comparto grafico, essendo un titolo sviluppato e uscito nei primi anni del nuovo millennio e in seguito remasterizzato in alta definizione per PS3 e PS4, la grafica non risulta stupefacente, ma rimane decisamente buona. Durante le cutscene in CGI (solitamente all’inizio del gioco e alla fine) il cambio di grafica si nota parecchio, con visi quasi perfettamente lisci, ambienti colorati, con una qualità quasi paragonabile alle nuove console (questa particolarità era presente anche su PS2, riuscendo a impressionare i giocatori per la qualità grafica), ma tutto ciò non crea nessun problema.
Il comparto sonoro è tutt’altra cosa, con una soundtrack che riesce in tutte le situazioni a dare maggior enfasi a combattimenti, scene con una forte componente sentimentale e, soprattutto, incutere timore durante le bossfight. L’intera soundtrack è stata curata da Yoko Shimomura, riuscendo a regalare emozioni a quasi tutti i fan della saga grazie alla sola forza delle note, una playlist di canzoni che non invecchiano mai. Una delle più famose OST di Kingdom Hearts è sicuramente Dearly Beloved, una composizione al pianoforte che è presente in tutti i menu di ogni gioco della serie. Mentre, oltre alle melodie inedite, sono presenti anche le canzoni originali dei film Disney, che accompagneranno Sora e i suoi amici durante alcuni sprazzi di gioco. Inoltre, durante i filmati di apertura e chiusura, le scene sono accompagnate da alcune canzoni della cantante giapponese Utada Hikaru, una delle più famose è Simple and clean, che ha stregato milioni di giocatori.
A differenza della soundtrack mozzafiato, gli effetti audio non eccellono, con una quasi assenza di suoni ambientali e una monotona sequenza di tracce audio per magie e attacchi fisici.

The Deep End

Kingdom Hearts è sicuramente uno dei giochi che ha fatto la storia videoludica delle ultime generazioni, riuscendo ad amalgamare in maniera eccellente personaggi provenienti dall’universo Disney con quelli provenienti dai vari Final Fantasy, due brand che sembrava difficile far dialogare.
Con un gameplay equilibrato, ma con qualche pecca (poi risolta nel secondo capitolo), e una storia unica, Kingdom Hearts è un gioco davvero ben fatto, con una narrazione ottima, una grafica molto accurata per i tempi, e una soudtrack di eccellente fattura.
Tetsuya Nomura ha veramente prodotto un capolavoro, che rimarrà nei cuori dei giocatori di ogni età, diventando, per molti, un pezzo di infanzia, regalando ore e ore (circa 35) di gioco, scatenando emozioni contrastanti.




Kingdom Hearts III: tutti i mondi possibili

Mancano oramai pochissimi mesi dall’uscita del nuovo capitolo di Kingdom Hearts, che andrà a terminare la saga di Xehanort, ma proprio durante il Tokyo Game Show è stato confermato che comunque la storia di Sora continuerà. Kingdom Hearts III è atteso per il 25 gennaio, nella terra del Sol Levante, mentre quattro giorni dopo, il 29 gennaio, sarà disponibile nel resto del mondo. La community, sin dal suo annuncio, ha sempre creato e sviluppato ipotesi e teorie su probabili colpi di scena della trama e soprattutto, con l’acquisizione da parte di Disney di moltissime società di produzione, tra cui Pixar, Marvel e la più recente 21st Century Fox, su i possibili mondi che si potranno visitare e tutti i personaggi giocabili.
In questo articolo stileremo una lista di quelli, che secondo noi, potrebbero essere dei mondi inediti all’interno del nuovo gioco di Tetsuya Nomura; ovviamente ogni mondo dovrà avere delle caratteristiche specifiche, come una boss fight finale, una data di pubblicazione non troppo recente e soprattutto la possibilità di utilizzare i diritti dell’opera da parte di Square Enix.
ATTENZIONE: l’articolo potrebbe contenere dei piccoli spoiler sulle trame dei film Disney e del mondo di Kingdom Hearts.

Fantasia

Fantasia e Fantasia 2000 sono due film d’animazione pubblicati da Walt Disney rispettivamente nel 1940 e nel 1999, già apparsi in Kingdom Hearts Dream Drop Distance. Questi due film non presentano un’unica e vera e propria trama, ma tutte le storie sono raccontate attraverso traccie di musica classica presenti, da Johann Sebastian Bach fino a Ludwig Van Beethoven e Igor Stravinskij. In Kingdom Hearts III, questo mondo si potrebbe presentare infestato dai Nessuno o dagli Heartless, come in 3D, oppure sottoforma di mondo musicale, come fu per Atlantica in KH II, riuscendo a coniugare un gameplay d’azione a un semplice music game.

WALL-E

Un lungometraggio pubblicato nel 2008, che si presta molto ai temi trattati in Kingdom Hearts: quello della ricerca degli amici. Infatti il mondo di WALL-E potrebbe essere ambientato sulla Axiom, la navicella spaziale in cui il tenero robottino si avventura per trovare la sua amica EVE. I luoghi sarebbero un po’ monotoni, ma se si fosse in grado di gestire le aree della nave in modo da avere circa tre luoghi ampi, si potrebbe candidare come possibile mondo. Oltretutto il nemico sarebbe AUTO, un “timone” che esegue tutte le direttive assegnategli, magari potenziato dall’oscurità o corrotto dai bug di Kingdom Hearts Coded (confermata la loro presenza anche nel terzo capitolo).

Ralph Spaccatutto

Di Ralph sappiamo che sarà presente come evocazione in Kingdom Hearts III, ma non abbiamo la conferma di un possibile mondo dedicato all’omonimo film. Come nel mondo di Agrabah, in cui otterremo Genio come evocazione, Ralph potrebbe seguirci dopo aver liberato e chiuso la serratura del suo mondo. Il lungometraggio uscì nel 2012 nelle sale e proprio nel quest’anno uscirà il secondo capitolo. I luoghi potrebbero essere molteplici e soprattutto inerenti a molti giochi arcade famosi in tutto il mondo, ma purtroppo, c’è l’incognita dei diritti: nel film compaiono alcuni personaggi Nintendo e di altre società, che potrebbero non dare il consenso per il loro utilizzo. Le ambientazioni visitabili potrebbero andare dalla Game Central Station ai vari stage dei giochi e, anche in questo caso, trattandosi di video games, potrebbero essere presenti i bug di KH Coded o  un cattivo affiliato a Malefica, che possa utilizzare il potere oscuro oppure l’antagonista del film stesso, ovvero Re Candito; staremo a vedere.

Le follie dell’imperatore

Ebbene sì, secondo noi il mondo de Le follie dell’imperatore potrebbe esserepresente in Kingdom Hearts III. Le follie dell’imperatoreA scuola con l’imperatore sono opere piene di ironia, che potrebbe smorzare la trama cupa e oscura di KH, inserendo quel pizzico di ilarità all’universo creato da Nomura. Come alleato potrebbe essererci Pacha, che dovrà salvare l’imperatore dalla malefica Yzma, che con le sue pozioni e con l’aiuto dell’oscurità potrebbe mettere in pericolo l’intera popolazione Inca.

Il pianeta del tesoro

Uno dei migliori film d’animazione targati Disney preferiti, forse perché la storia, i personaggi e l’intero universo in cui vive Jim Hawkins sono rimasti memorabili, oppure perché l’accoppiata pirata-spazio è uno dei sogni di tutti i bambini.
Il pianeta del tesoro è uno dei mondi che farebbe piacere ritrovare in Kingdom Hearts III, con la possibilità di visitare Montressor, Crescentia e lo stesso Pianeta del tesoro. Il problema sorge con il cattivo di turno da dover battere in cui John Silver non è assolutamente un personaggio papabile (lo scoprirete guardando il film). Si potrebbe avere un Heartless o con più probabilità, un membro dell’Organizzazione in cerca del forziere che Luxu, che come si vede in Kingdom Hearts X Back Cover, si portava dietro. Quest’ultima potrebbe essere interessante come teoria, visto che nell’ultimo trailer rilasciato da Square Enix, un membro dell’Organizzazione stava proprio cercando questo misterioso forziere nel mondo dei Pirati dei Caraibi. Incrociamo le dita.




The Void creerà delle esperienze VR per Marvel e Disney

The Void, compagnia che sviluppa software per la realtà virtuale e aumentata, ha annunciato che realizzerà cinque esperienze “mixed reality” basate su IP Disney e Marvel Studios.
Ultimamente sembra che l’interesse delle compagnie verso il mixed reality stia aumentando, creando esperienze più accessibili agli utenti anche se, nonostante i visori  VR/AR/MR costino sempre meno, sono ancora in gran parte ignorati dalla massa.
Come riportato da Fast Company, oltre alla partnership con ILMxLAB (ramo entertainment di LucasFilm), la prima esperienza in mixed reality sarà basata sul prossimo film Disney Ralph spacca internet – Ralph Spaccatutto 2 , che debutterà a Novembre.
Questa non è la prima volta che The Void collabora con Disney: l’anno scorso ha creato un’esperienza MR a tema Star Wars.
Sarà interessante vedere se questo tipo di esperienze incoraggeranno le masse ad adottare nuove tecnologie VR.




Detective Gallo

Non di rado, di questi tempi, si sente esprimere a un amico, a un collega o a un avventore qualunque la voglia di andare via da questo paese, vuoi per il poco lavoro, le troppe tasse, i populisti, i terrapiattisti, i no-vax, la disillusione galoppante, va a sapere.  C’è sfiducia nell’Italia, e soprattutto poca stima verso gli italiani. Non che sia un discorso a me incomprensibile, a volte mi sento così anch’io. Quando ho giocato a Detective Gallo, dell’italianissima Footprints, ho provato infatti un senso di piccolo conforto.
Il mio primo incontro con il pingue pennuto avviene nel 2016, in un angolo della Milan Games Week riservato ai soli sviluppatori indie italiani (grazie, AESVI). I giochi erano tanti, e pure interessanti, ma dove volete che cada l’attenzione di uno cresciuto a pane e avventure grafiche? Non solo ho provato il gioco, ma ho scambiato anche due chiacchiere con le due menti creative che hanno presieduto alla sua creazione, i fratelli Francesco (programmatore, nonché script e UI developer) e Maurizio De Angelis (Art director, animator e story editor). Ne era venuta fuori un’intervista interessante andata in onda durante uno speciale su Teleacras, e che poi fu persa assieme ad altri file a causa di un “Millennium bug” che affettò i server dell’emittente in quei giorni, prima che ne venisse effettuato il backup. Un vero e proprio delitto. Un caso forse buono per il Detective Gallo. Che però, almeno in questa interessantissima avventura grafica, ha ben altro di cui occuparsi.

Prima l’uovo o il Gallo?

Ma facciamo un passo indietro: sappiamo che creare un videogame non è facile, tantomeno in un paese come il nostro. Vale quindi la pena raccontare un po’ la gestazione di questo progetto. Prima del gallo, del resto, deve nascere l’uovo. E l’uovo è stato deposto nel 2015, anno di rilascio della prima build del gioco, covato poi assieme all’attuale publisher, Adventure Productions, che ha dato al progetto motivi e sostanza per continuare. Si è arrivati così al crowfunding nella seconda metà del 2016, con una campagna su Eppela che ha fruttato circa 15.500 €, permettendo di lavorare su cutscene, animazioni, localizzazione in altre lingue e un doppiaggio italiano e inglese tuttora presente nel titolo. Il gioco è stato quest’anno rilasciato dapprima per PC e successivamente anche su PS4 e Nintendo Switch, dove è stato distribuito da MixedBag, che ne ha curato anche il porting su console lavorando su Unity partendo dall’engine originario del gioco, Adventure Game Studio. Oggi il titolo sta registrando un buon apprezzamento di critica e pubblico, ed è quasi una storia da fiaba per i developer di Detective Gallo, che hanno messo su non solo un’avventura grafica di grande equilibrio, ma anche trainata da una storia molto ben curata, che vede al centro un protagonista di un certo appeal e ben caratterizzato che andiamo a conoscere subito.

Le 3 P

Professionista, polemico e puntiglioso: chi avrebbe il coraggio di mettersi contro il Detective Gallo? Forse nessuno, tranne un serial killer di piante che semina il terrore fra i proprietari di vegetali della città. Il più sconvolto dalla vicenda è il ricco e stralunato Phil Cloro, botanofilo incallito che dà inizio all’avventura portando il Nostro nella propria villa per constatare lo sterminio di massa delle sue piante rare (un vero e proprio botanicidio) e incaricandolo di scoprire l’efferato autore di simili delitti a fronte di un cospicuo compenso. Detective Gallo ha un vero esperto in materia ad affiancarlo, l’assistente Spina, un fiero e acuminato cactus nano, personaggi non giocabile che diverrà silenzioso contraltare delle arzigogolate deduzioni e convinzioni espresse in un susseguirsi di regole etiche che compongono la singolare weltanschauung dell’investigatore.
Si intuisce bene già da queste scelte la portata di ironia trasfigurante di quest’avventura grafica, che si arricchisce di personaggi caratteristici quali la venditrice di caramelle Candy Bop, eternamente innamorata di Detective Gallo, il baby teppista, il commerciante, il taxista (con la sua singolare evoluzione spirituale), fino all’informatore che non vedremo mai ma di cui emerge nitida la caratterizzazione attraverso i soli dialoghi telefonici intercorsi con l’investigatore.
Insomma, un approccio del tutto “comedy” che si intesse in una struttura narrativa da noir investigativo. Quando si approcciano i generi (non solo videoludici), il rischio di scivolare nel banale del canone è grosso, e i ragazzi Footprint Games mostrano di esserne consapevoli. Detective Gallo gioca bene con i cliché, occhieggia al meta, indulge al citazionismo e non nasconde le influenze alla base dell’opera, e riuscire a fare tutto ciò senza banalizzare è il primo grande merito dei fratelli De Angelis. L’altro è quello di aver curato egregiamente la scrittura: la storia assume un tono umoristico ma non superficiale, apprezzabile da un pubblico eterogeneo per età e cultura, con linee di testo che non sforano i limiti del politicamente corretto senza però risultare rattenute. Equilibrio e qualità, insomma, si ha la sensazione di star leggendo quella che è una storia Disney per toni, scrittura (una scrittura ibridata con l’umorismo delle vecchie avventure della fine dello scorso secolo) e anche nel finale, dove si è messi davanti a un coup de théâtre che fa sorridere. Una simile storia non sfigurerebbe nella collana Disney noir, sia in ragione dei contenuti, sia, come è chiaro già a un primo sguardo, grazie al proprio art-style.

Storie di Paperi

Difficile non pensare agli albi di Topolino, a Mega 2000, a TopomisteryDetective Gallo ha quello stile visivo interamente incentrato sull’universo tanto caro a Don Rosa e Carl Barks. Non sono presenti altre figure zoomorfe, soltanto degli amabili pennuti coi loro becchi di forma varia, dal sardonico sorriso del commerciante alla tonda e bonaria Candy Bop sino al nerboruto e duro proprietario della discarica, senza dimenticare il nostro scontroso protagonista.
Gli scenari sono armonicamente deformati, ricordandoci gli ambienti di alcuni classici della LucasArts come Day of The Tentacle Sam ‘n Max; proprio da quest’ultima iconica avventura grafica sembrano provenire non poche ispirazioni, a partire da quella che è l’atmosfera di fondo del gioco (in merito alla quale si vede chiara anche l’influenza di avventure come Tony Tough Discworld) sino ad alcuni scenari, su tutti quello onirico e surreale in cui Detective Gallo si troverà a dover estorcere preziose informazioni a un personaggio, che ricorda concettualmente il Mistery Vortex dell’avventura di Steve Purcell. Oltre a risultare visivamente bello ed efficace in fase di gioco, lo scenario della dimensione del sogno contribuisce anche a rompere una monotonia che la scarsa varietà di ambientazioni rischia alla lunga di creare, che è uno dei pochi difetti del gioco (pur risultando una buona idea in termini di design, i cartelli direzionali in ogni scenario non sarebbero necessari) alla pari di alcuni enigmi che potevano essere meglio congegnati: difficilmente un utente avvezzo alle avventure grafiche si troverà bloccato, i puzzle sono abbordabili ma non per questo semplificati, il punto debole di alcuni (davvero pochi, in verità) sta nella mancanza di una ferrea consecutio di indizi atti a condurre alla soluzione, ma si tratta di eccezioni ampiamente compensate dal resto delle quest che invece tengono ben presenti questi pattern, e che assicurano un buon livello d’impegno e un ritmo di gioco che non si spegne praticamente mai.
In questo aiuta anche non poco la scelta intelligente di alcune meccaniche: i game designer hanno optato per una grande semplicità di interazione portando al minimo il concetto di “interfaccia ad azioni contestuali“, e che ci vedrà utilizzare i tasti sinistro e destro del mouse rispettivamente per compiere azioni e analizzare ambiente e oggetti, in linea di massima. Questa scelta, assieme alla facoltà di saltare i dialoghi e alla possibilità di intuire quelli già affrontati, alla facoltà di vedere tutti gli hotspot disponibili su schermo premendo la barra spaziatrice e alla “courtesy option” che permette di andare direttamente allo scenario con un semplice doppio click nella direzione prescelta, massimizza la godibilità del titolo e riduce al minimo i tempi morti.
A far da adeguato contorno a tutto ciò c’è la colonna sonora di Gennaro Nocerino che restituisce molto bene le atmosfere da noir investigativo, mantenendosi su stilemi classici ma non stantii, ed elaborando melodie sospese tra il serio e il dilettevole, che contribuiscono a dar ritmo e leggerezza alle sequenze di gioco senza mai astrarre il giocatore dal contesto, e contribuendo a un comparto sonoro di ottimo livello, che unisce SFX appropriati a un doppiaggio di tutto rispetto, dove la voce del Detective Gallo (interpretato in italiano da Federico Maggiore, che dà voce anche a Skinny di The Wardrobe, gioco distribuito dallo stesso publisher e di cui si trova un easter egg) conferisce carattere al protagonista, non sfigurando affatto con l’omologo inglese assieme a tutto il resto del cast.

Potenziale seriale

L’opera prima di Footprints porta a casa un risultato il cui equilibrio non è affatto scontato, né facilmente raggiungibile: una storia godibile e dal buon ritmo, che riesce sorprendentemente a capovolgersi anche quando sembra aver imboccato una soluzione narrativa banale, personaggi  ben caratterizzati, un art-style straordinariamente curato, che sbava solo in alcune animazioni di certo migliorabili, una soundtrack appropriata, enigmi di medio impegno che seguono un’adeguata curva di difficoltà crescente, il tutto incastonato in un sistema di gioco intelligente, semplice ed efficace. Se, oltre a enigmi più elaborati, avessimo avuto una maggior varietà di ambientazioni, Detective Gallo sarebbe un gioco davvero senza sbavature.
Si può poi discutere, sul piano narrativo, della bontà o meno della soluzione finale che, se da un lato può sembrare un po’ facilona, dall’altro ha i connotati rocamboleschi e leggeri delle storie disneyane, e risulta certamente in linea con l’intero mood del gioco, contribuendo all’armonia globale dell’opera.
Se la limitatezza delle ambientazioni deriva certamente dalle risorse disponibili, sul resto si può benissimo lavorare, le basi ci sono tutte, anche per fare di Detective Gallo un personaggio seriale. Il potenziale del personaggio c’è, il talento dei creatori pure: perché non provarci?




Nahar Comics & Games 2018

Il 5 agosto 2018 si è svolta la seconda edizione di Nahar Comics & Games presso il Palazzo Malfitano di Naro, bene storico costruito durante il XV secolo, al quale gli organizzatori si sono ispirati per creare per la propria città un’originale versione a tema medievale della fiera del fumetto che si tiene da anni in molte altre città italiane.
Entrando dal portone sul lato ovest del palazzo, superando la biglietteria, si accedeva subito all’arena medievale del gruppo La Fianna, dove tra le ore 10:00 e le 20:00 era possibile sfidarsi in tornei di spade e in gare di tiro con l’arco, mentre accanto vi era un’area caffè allestita dalle Maidolls, Maid Cafè che mischia la cultura giapponese con lo stile vittoriano ormai molto in voga nelle fiere di settore.

Inoltrandosi nel castello si poteva accedere al primo piano per arrivare all’area gaming allestita dai Not Found ASD, dove molti hanno potuto giocare a noti esport come Overwatch, Fifa 2018, League of Legends e, dalle 16:00 in poi, hanno potuto sfidarsi in tornei di Tekken 7, Fortnite e Hearthstone.

Dall’altro lato dello stesso piano si trovava invece l’area conferenze, dove l’artista Daniele Procacci, forte di un’esperienza decennale in varie Accademie di Belle Arti, ha illustrato le sue tecniche di concept art per il cinema, e i migliori modi per dare vita a creature e mostri che possano ispirare un copione.

Restando invece nel corridoio e uscendo dalla porta a sinistra, si poteva accedere a un giardino con l’area espositiva allestita dal falconiere Gianfranco Guarino, dove era possibile osservare un falco pellegrino, un gufo e un barbagianni, addestrati per essere tenuti in mano o accarezzati.

Sotto il giardino vi era un’area palco, dove si è tenuta la conferenza con lo youtuber MrPoldoAkbar che ha spiegato come hanno avuto origine e come si sono diffuse le memes, e il cosplay contest.

Proseguendo oltre l’area palco vi era l’area illustratori, dove era possibile farsi fare dei disegni su misura, mentre nella stanza accanto, in un’area dedicata ai giochi da tavolo, allestita dalla fumetteria Kalòs Games & Comics, era possibile giocare a boardgame e cardgame come Callisto Uno, sfidarsi in un torneo di Yu-Gi-Oh! o comprare action figure e manga.

Proseguendo, nella stanza accanto vi erano vari stand, da quello dedicato alla vendita di gadget per nerd a uno a tema Harry Potter a uno dove si poteva acquistare il Bubble Tea e dei dolci confezionati giapponesi.

Nonostante alcuni problemi tecnici in area conferenze, e un temporale che ha causato l’interruzione della gara di cosplay, che è stata in seguito ripresa, e vinta da Martina Campo con la rappresentazione di Esmeralda de Il gobbo di Notre Dame, la fiera del fumetto narese è stata una bella esperienza e pensiamo che nelle prossime edizioni possa solo migliorare.




LEGO Gli Incredibili

Gli Incredibili ritorna dopo 14 anni con un nuovo lungometraggio che uscirà in Italia il 19 settembre 2018. Nell’attesa che il film esca anche nelle sale europee e italiane, gli amanti della serie potranno consolarsi con il nuovo titolo LEGO, che racconta in maniera molto precisa e minuziosa quasi l’intera trama del nuovo film.
Il tanto atteso sequel del celebre film Gli Incredibili ha riscosso non poco clamore negli Stati Uniti, ottenendo il primato di film d’animazione più redditizio di sempre, incassando oltre 500 milioni di dollari, solamente negli USA.
LEGO Gli Incredibili è il classico gioco della LEGO, in cui poter dare libero sfogo alla propria fantasia, divertirsi con i famosissimi mattoncini e, nel frattempo, poter seguire la storia che il titolo offre.
Come detto in precedenza, LEGO Gli Incredibili segue la trama del secondo film, ancora inedito in Italia, contenendo non pochi spoiler e creando qualche problema a chi volesse godersi il film appena uscirà nelle sale nostrane.
La trama segue i fatti accaduti subito dopo il precedente capitolo: Bob Parr, Mr. Incredibile, rimane a casa a badare ai figli, Violetta, Flash e Jack-Jack, mentre sua moglie Helen (Elastigirl) prosegue la lotta contro il crimine e alla legalizzazione dei supereroi. Ma in poco tempo si presenta il supercattivo di turno, pronto a conquistare l’intera città: l’Ipnotizzaschermi, che ha il potere di ipnotizzare la gente con l’aiuto di schermi e monitor; subito i membri della famiglia Parr, insieme all’amico di famiglia Siberius, dovranno la nuova minaccia salvando la città.
La storia è narrata da lunghe e divertenti cutscene che spiegano in maniera esaustiva tutti i fatti accaduti.

Il gameplay è molto simile, se non identico, alla gran parte dei giochi LEGO in circolazione, apportando poche novità e mantenendosi molto semplice e intuitivo, per facilitare i più giovani, anche se in alcuni frangenti diventa parecchio difficile e ostico scovare i numerosi indovinelli che, se non completati, non permetteranno di andare avanti con la storia.
Durante alcune missioni si incontreranno enigmi che appariranno tanto contorti quanto evidenti, facendo perdere numerosi minuti al giocatore per riuscire a scovarli e pochissimi secondi per completarli. Ad aggravare la situazione anche l’assenza di messaggi guida, che dovrebbero fornire delle indicazioni su come proseguire, se si rimane bloccati in un punto per parecchio tempo, lasciando il giocatore ignaro sul da farsi.
Tralasciando questo problema (di certo non da poco), il gameplay risulta abbastanza fluido, ma a lungo andare ripetitivo. La storia ci lascerà visitare liberamente Municiberg a bordo della nostra auto o sottraendo i veicoli ai malcapitati cittadini, effettuare acrobazie con l’auto, proprio come in Grand Theft Auto, combattere contro dei malviventi o completare missioni secondarie. Inoltre, durante la main quest si dovranno edificare delle costruzioni speciali e maestose che permetteranno l’avanzare della storia, tutte interamente fatte di mattoncini LEGO. Fortunatamente, però il combat system sembra non dare grandi problemi, con scontri e boss fight non molto impegnative, ma parecchio gradevoli.

LEGO Gli Incredibili contiene moltissimi collezionabili che si troveranno sparsi per la città o finendo determinate missioni, come d’altronde in tutti i giochi LEGO. Durante il viaggio si potranno ottenere ben 200 mattoncini rossi, chiamati MattonIncredibili, che ci permetteranno di sbloccare vari bonus in game e si potranno trovare più di 200 personaggi, che si potranno trovare in alcuni pacchetti, come in FIFA Ultimate Team, che varieranno il contenuto in base alla rarità e al costo.
A risollevare una situazione che non brilla per varietà arrivano i dialoghi e il sonoro. Le conversazioni con altri personaggi sono ben gestite e molto divertenti, piene di esilaranti sketch che strappano sempre una risata, mentre il sonoro è di discreta fattura, con le soundtrack originali del film.
La grafica è migliorata rispetto ai precedenti capitolo LEGO, con un mondo di gioco pieno di dettagli, arricchendo l’esperienza e rendendola molto più gradevole, soprattutto grazie ai colori molto accesi e vivaci utilizzati. Mentre il comparto tecnico non spicca per la sua ottimizzazione, infatti, durante i parecchi caricamenti alcuni richiederanno circa 1 minuto e mezzo, creando un’attesa interminabile.
Tutto sommato, però, LEGO Gli Incredibili si rivela un gioco divertente con cui trascorrere circa 5/6 ore per completare la storia e visitare un po’ la cittadina di Municiberg, un titolo adatto a tutti, dai più giovani agli adulti. Ovviamente se ci si vuole godere il film senza alcuno spoiler sulla trama è sconsigliabile giocare a questo titolo, che TT Games e Warner Bros. hanno certamente immesso subito sul mercato per sfruttare l’hype del lancio americano, ma che non risparmia in tal senso quello europeo, che dovrà attendere ancora qualche mese prima di poter godere della nuova avventura cinematografica de Gli Incredibili.




Kingdom Hearts III: annunciata la Deluxe Edition e un Bundle esclusivo

Proprio in questi minuti Square Enix ha appena annunciato il contenuto della Deluxe Edition di Kingdom Hearts III.
Nella Deluxe Edition troveremo: il gioco, una stealbook esclusiva, una spilla e un artbook a colori, tutto per 89,99€; mentre il bundle prevede, oltre l’intero contenuto della Deluxe Edition, anche 3 figures del trio, ad un costo molto più elevato, si parla infatti di 229,99€.




Kingdom Hearts III: tutte le novità

Sono passati quasi 13 anni dalla pubblicazione dell’ultimo titolo principale di Kingdom Hearts e ancora dopo più di un decennio il terzo capitolo non si è ancora visto e soprattutto giocato, almeno fino a qualche giorno fa, quando Square Enix ha invitato giornalisti e influencer da tutto il mondo a Los Angeles, per un’esclusiva anteprima di Kingdom Hearts III, capitolo conclusivo della saga di Xehanort. Dopo quest’importante incontro, cosa sappiamo realmente del gioco?
Innanzitutto questo speciale evento non aveva lo scopo di annunciare delle novità, ma solamente quello di far provare con mano il prodotto; nonostante ciò, Kingdom Hearts III non ha ancora ricevuto né una data di lancio né altre nuove informazioni.
Durante l’evento, i partecipanti hanno potuto provare una demo che mostrava il mondo di Hercules, ambientato nel Monte Olimpo, e quello di Toy Story, ambientato nella stanza di Andy, nel giardino e in negozio di giocattoli: il Galaxy Toys.
Quello mostrato dai gameplay registrati a Los Angeles non è nulla di nuovo; tutto è stato già mostrato durante i trailer pubblicati nel corso degli anni, ma come detto non era questo lo scopo dell’evento. Sono state rivelate infatti nuove abilità e nuove meccaniche, come le trasformazione della Keyblade e la possibilità di correre in verticale su alcuni tipi di muri.

Inoltre è stata mostrata un’inedita evocazione, Ralph Spaccatutto, che costruirà dei blocchi di mattoni esplosivi che paralizzeranno e infliggeranno danno agli Heartless.
Le abilità delle Keyblade sembrano cambiate del tutto dai precedenti capitoli principali: ogni arma avrà delle feature differenti, che saranno attivate grazie a una serie di combo. Per esempio la Catena Regale si potrà trasformare in un martello e poi in una trivella che permetterà di sferrare colpi con un danno ad area elevato. Come Square Enix ci ha abituato, ogni Keyblade avrà una skin particolare e unica, che richiamerà il mondo in cui è stato ottenuta.
Per quanto riguarda la storia si sa poco e niente: siamo sicuri che l’antagonista principale sarà il giovane Xehanort che, per reclutare tredici Nessuno – ovvero 13 sue diverse incarnazioni – per ricostruire l’omonima organizzazione, viaggerà avanti nel tempo. Giunto nel presente in cui si trovano Sora, Paperino e Pippo, cercherà di duplicare e distorcere i mondi per portare al termine i suoi esperimenti con luce e tenebre e la probabile missione del magico trio sarà quella di fermare il suo piano malvagio.
Altra nuova feature è la possibilità di invocare attrazioni da luna park per attaccare i nemici (anche questa abilità già vista): si potranno evocare montagne russe, la nave pirata e altre attrazioni. Ad esempio, appena saliti sulle montagne russe si potranno sparare, contro i nemici, dei fuochi d’artificio, che faranno un ingente danno.
Ormai sembra che il lavoro per completare lo sviluppo di Kingdom Hearts III sia quasi giunto al termine e, come affermato dagli stessi sviluppatori, la data ufficiale d’uscita sarà rivelata durante il prossimo E3.