Speciale E3: Unravel Two annunciato da EA

Durante la conferenza E3, Electronic Arts ha annunciato l’arrivo di Unravel Two. Questo nuovo capitolo offrirà la possibilità di essere giocato in multiplayer co-op locale fino a due giocatori. Ogni giocatore potrà controllare un personaggio diverso e dovranno collaborare per poter superare tutti gli ostacoli che incontreranno durante la loro colorata avventura.
Ma attenzione: Unravel Two è già disponibile per l’acquisto sugli store di PS4, Xbox One e su Origin per PC.




E3 2018: pubblicato il programma completo

Qual è l’evento più atteso ogni anno da un videogiocatore se non l’E3 di Los Angeles? Ormai manca poco meno di un mese all’inizio della fiera e sembra essere arrivato il momento da parte degli organizzatori, di svelare il programma delle conferenze.
Qui di seguito lo riportiamo con il fuso orario italiano:

9 Giugno

Ore 20:00, Conferenza Electronic Arts

10 Giugno

Ore 22:00, Conferenza Microsoft (sito ufficiale)

11 Giugno

Ore 03:30, Conferenza  Bethesda
Ore 19:00, Showcase Square Enix Digital (sito ufficiale)
Ore 22:00, Conferenza Ubisoft

12 Giugno

A mezzanotte in punto, PC Gaming show (sito ufficiale)
Ore 18:00, Conferenza Nintendo

Orario da definire invece per la conferenza Sony, che dovrebbe essere l’evento serale dell’11 giugno e quindi la si potrà seguire dall’Italia solo in tarda nottata.




Lo squilibrio tra uomo e donna nell’industry videoludica

La disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro non è certo una novità e purtroppo l’industria dei videogiochi non fa eccezione. È stato da poco reso noto da Gamesindustry.biz, che ha stilato una serie di grafici che mostrano la situazione lavorativa delle donne in alcune delle software house più importanti presenti nel Regno Unito come EA, Rockstar, Namco, King, Sumo Digital e molte altre.
Secondo i dati, in media in UK un uomo guadagna il 9,7% in più di una donna, tasso che raggiunge il 17,85% nel mondo dei videogiochi.

Da questo punto di vista, il podio è occupato da Sumo Digital, Rockstar e Codemasters, raggiungendo rispettivamente 34,5%, 31,8% e 27,9% e superando anche più del triplo la media nazionale. La situazione si capovolge con PlayNation (5,9%), Namco e Game, che sono le uniche aziende a pagare in modo equo indipendentemente dal sesso. Un caso sicuramente unico è quello di Inspired Gaming, che retribuisce le donne l’1% in più rispetto alla controparte.

Parliamo ora dei quartili: in media nelle aziende del Regno Unito solo il 38,9% delle lavoratrici rientra in quello principale, nel nostro campo si scende addirittura al 13,9%, il che dimostra quanto il “sesso debole” sia sottorappresentato.

Normalmente, il quartile più basso è composto per il 46,4% da uomini e per il 53,5% da donne contro il 72,7% e 27,3% dell’industry videoludica; nel medio-basso la presenza maschile e femminile è rispettivamente del 50,6% e 49.3% paragonata con una percentuale pari a  77,8% e  22,1%. Nel quartile medio-alto invece la differenza è ancor più marcata: se generalmente vi è quasi una parità tra uomo e donna (54% e 45%), nel mondo dei giochi c’è praticamente un abisso che li divide (83% e 16,9%).

La compagnia dove è presente il maggior numero di donne nei quartili più alti è King, seguita da Namco, EA e Microsoft. Per la seconda volta invece, Sumo Digital risulta la peggiore, avendo in ognuno dei suoi quartili non più del 2,5% composto da donne.

Per quanto concerne la presenza di individui di sesso femminile nel quartile più basso, la situazione sembra essere leggermente migliore: infatti sia King che Namco superano sia la media del loro settore (oltrepassata da altre sei compagnie) che quella nazionale, raggiungendo un buon 55%.

I guadagni bonus ricoprono un ruolo importante nella “videogames industry“, essendo molto più facile riceverne in questo settore piuttosto che in altri, ma nonostante ciò le lavoratrici non sono quasi mai messe in pari. Infatti, nonostante buona parte delle software house prese in esame superi di gran lunga la media nazionale  dei guadagni bonus, solo in tre di queste (Sumo Digital, Microsoft e Gaming Technology) sono ottenuti in numero maggiore da donne.

L’ultima statistica su cui Gamesindustry si è concentrata riguarda il quanto guadagni in bonus una donna per ogni sterlina ricavata da un uomo.

Mediamente la paga per ogni sterlina è di 66 centesimi, terribilmente abbassati da Rockstar, che ne paga solo 16. Fortunatamente non sono pochissime le compagnie che superano la media, come Gamesys e Microsoft che sfiorano le 0,90 sterline.
Sembra proprio che la strada verso l’uguaglianza di stipendio tra i due sessi sia ancora lunga, e il fatto che la presenza femminile nel mondo del lavoro videoludico sia molto bassa non aiuta quelle aziende che cercano come possono di valorizzarla.




Fe

Il 16 febbraio 2018, Fe vede finalmente la luce e viene pubblicato per tutte le console di ultima generazione e anche su PC sulla piattaforma di EA, Origin; il team idie che ha creato Fe è Zoink, sviluppatori di giochi come PlayStation All-Stars Island e Zombie Vikings, ma con questo titolo hanno deciso di cambiare stile, infatti, paragonato a quelli precedentemente sviluppati è unico nel suo genere.
Fe è un action-adventure con meccanismi da platform 3D, caratterizzato da un’affascinante stile grafico e sonoro e una scelta narrativa singolare: durante l’inizio della nostra avventura ignoreremo gli sviluppi del gameplay, così, giocando a Fe sentiremo che non si tratta di un semplice giochino da terminare in poco più di 5 ore per poi dimenticarlo; è uno di quei titoli che si vorrebbero rigiocare più e più volte, ma che però, alla lunga, risulterebbe ripetitivo e sicuramente non susciterebbe quella sensazione di piacere e di confusione che il titolo offre, soprattutto durante la prima run.

Fe è un titolo intriso di emozioni e colori, capace di avvolgere il giocatore in una narrazione quieta e silente, che gli terrà compagnia nelle ore passate in una cupa foresta, fra esseri di ogni sorta e da suoni e melodie che rendono l’atmosfera ancora più magica. La storia non è propriamente “raccontata”, non esiste una voce narrante o del testo scritto che spiega ciò che sta accadendo. Dipanare la trama mutando un narratore terzo è stata, ovviamente, una scelta voluta dal team di sviluppo, che però non chiarisce moltissimi aspetti della storia, lasciando il giocatore con parecchi punti interrogativi, soprattutto alla fine del gioco.
Fe vede come protagonista un piccolo esserino che dopo un brusco atterraggio, da quelle che sembrano delle comete, si ritrova spaesato e intontito in una foresta sconosciuta, in cui gli unici abitanti sono degli animali. La particolare meccanica che rende unico il gioco è il modo in cui essi comunicano: come quelli reali, tutti posseggono un verso, che utilizzano per comunicare tra loro, ma il nostro protagonista, non li conoscerà tutti e dovrà impararli man mano che si va avanti con la storia.
Il nostro scopo sarà quello di liberare l’intera foresta dagli esseri malvagi che imprigionano gli esseri viventi in celle create da un raggio emesso dal loro unico occhio. Salvare la flora e la fauna della foresta sarà possibile solo con l’aiuto degli abitanti del bosco, che ci insegneranno i loro versi (in tutto 6). Sbloccarli tutti non è affatto difficile, anzi risulta forse fin troppo semplice: si dovrà soltanto andare avanti con la storia, non si dovranno risolvere indovinelli, puzzle o raccogliere item, basterà solamente finire la storia per poter sbloccare tutte e 6 le melodie, una scelta che ha dimezzato le ore di gioco, rendendo l’acquisizione di questi versi un po’ troppo meccanica.

Anche il gameplay è piuttosto semplificato: non si avranno grandi problemi a imparare e scoprire tutti i comandi, visto che durante il gioco i tutorial o le indicazioni su che tasto premere o su quello che dovremmo fare, saranno ben pochi.
I comandi sono pochi e intuitivi: si salta, si cambia direzione, si afferrano e si lanciano gli oggetti, ma quel che più sorprende è stato il feedback del Dualshock 4: molto più preciso e sensibile di mouse e tastiera, soprattutto per quanto riguarda i salti da un albero all’altro, davvero difficili e frustranti in certi casi, se si utilizza mouse e tastiera.
Il piccolo protagonista non potrà affrontare i nemici faccia a faccia, se dovessimo colpirli con qualche oggetto o se dovessimo fare rumore questi ci scoprirebbero e ci catturerebbero; per riuscire a scappare da queste strane creature potremo nasconderci in alcuni cespugli che si trovano all’interno della mappa. Ovviamente l’IA non è molto sviluppata, perché una volta imboscati, il nemico  smetterà di darci la caccia e tornerà alla sua posizione iniziale nonostante sia a un passo da noi: ma è un peccato veniale, per un gioco del genere è quasi normale, visto che lo scopo principale è quello di interessare e in un certo modo rilassare il giocatore.
Durante il nostro girovagare per la mappa di gioco troveremo delle strane casse contenenti una sfera trasparente che, se indossata, ci fornirà la possibilità di entrare nel corpo dei nemici per breve tempo e controllare cosa stanno facendo in quello che pare essere un mondo parallelo.
Oltre a queste casse, in giro per la mappa si troveranno diversi cristalli, questi serviranno a ottenere delle abilità dopo che ne avremo raccolti a sufficienza, purtroppo la raccolta di questi cristalli, e quindi l’incremento delle ore di gioco, è troncato dalla storia.
Gli “enigmi” che andremo a risolvere per andare avanti con la storia saranno davvero facili, niente di impegnativo o che causi molti Game Over.
La particolarità del gameplay di Fe è l’uso delle melodie che impareremo aiutando gli altri animali. Come detto prima, in tutto sono 6 e si potranno sbloccare solamente proseguendo con la storia. Questi canti, se riprodotti vicino a piante o animali, potranno avere diversi effetti, per esempio alcuni fiori, se colpiti dalle onde sonore del giusto verso, sbocceranno e ci permetteranno di spiccare grandi salti, rilasceranno alcune bacche e molto altro ancora.

Come si evince, il comparto sonoro è il pilastro fondamentale di Fe, e un gioco che basa tutte le sue meccaniche sui suoni e sulle melodie non può non avere una buona soundtrack. La colonna sonora di Fe è veramente rilassante, non mette alcuna sensazione di ansia o timore che potrebbe indurre la cupa foresta ed è in linea con tutte le ambientazioni della mappa di gioco. L’intera avventura del mostriciattolo verrà allietata da una dolce melodia di violino, che diventerà un po’ più acuta durante l’incontro con i nostri antagonisti e soprattutto nelle parte finale del gioco, in cui la tensione è tangibile e la musica aiuta a mantenere quest’atmosfera.
Ma anche dal lato grafico, Fe è davvero strabiliante, ricordando platform come Unravel, da un lato, e Ori and The Blind Forest. I colori accesi, le texture poligonali e l’impostazione della mappa ricreano un ambiente vivo, maallo stesso tempo pericoloso per via dei nemici presenti nella foresta. I colori freddi si amalgamano alla perfezione con i colori caldi presenti negli ambienti e anche lo stesso Fe cambia i propri pigmenti, passando da una melodia all’altra si può notare che alcune delle parti del corpo del tenero protagonista cambiano il colore del loro manto.
Fe è sicuramente un ottimo titolo, con una buona trama, ben strutturata, ma abbastanza banale, un gameplay molto semplice e basilare, adatto a tutti i tipi di giocatori; molto si gioca sul comparto grafico e su quello sonoro, con una palette di colori molto accesi, texture spigolose” davvero ben fatte, e un sonoro che ci culla durante la nostra ardua missione. A Fe resta. però, il difetto di presentare alcuni aspetti poco sviluppati che risultano a lungo andare ripetitivi e noiosi, dalla storia, agli ambienti alla stessa longevità: la storia, come già detto, non presenta particolari elementi degni di nota, con un incipit anche poco originale, riesce a stento a coinvolgere, mentre gli ambienti, in alcune circostanze, risultano triti e ripetuti, presentano quasi la stessa struttura e vegetazione.
Dulcis in fundo: la longevità. La brevità non è un difetto tout court in un videogame, la durata deve essere funzionale agli altri aspetti del gioco, ma in Fe l’unica cosa che ci potrebbe spingere a proseguire con il gioco, dopo averlo completato, è il voler scoprire tutte le abilità del protagonista, rivisitando nuovamente tutta la mappa e raccogliendo tutti i cristalli, che però non serviranno più a nulla, soprattutto per colpa della storia che dimezza la durata effettiva del titolo.




Brothers: A Tale of Two Sons

C’era una volta un regista, esordirebbe questo scritto se fosse una fiaba. Ma questo scritto parla di una fiaba, e tutto sommato quest’incipit può andar bene.
C’era una volta un regista, che girava film indipendenti di buona fattura. Un giorno, nel 2010, venne chiamato da una scuola di Örebro – cittadina svedese che accolse dal Libano la sua famiglia quando aveva soltanto 10 anni – per tenere una lezione in un corso di game design, parlando dalla prospettiva del filmmaker. La lezione ebbe successo, al punto che gli fu chiesto se non volesse cimentarsi ad abbozzare un videogame. Poteva essere un buon passatempo prima del sesto film, un Balls che aveva avuto un’accoglienza più tiepida rispetto a opere come Jalla! Jalla! o Zozo.
Fu così che, in breve tempo, prese forma un mondo fantastico dai contorni immaginifici, sospeso tra l’immaginario dei fratelli Grimm e la mitologia scandinava.
Come ogni fiaba che si rispetti, anche questa non manca di un lieto fine, e fu così che l’idea di Brothers: A Tale of Two Sons, dopo alcuni dinieghi, venne sposata e sviluppata da Starbreeze Studios, per poi trovare distribuzione sul mercato nell’agosto 2013 grazie al publisher nostrano 505 Games.
A pochi giorni dall’uscita della seconda opera di Fares, il cooperativo A Way Out, rispolveriamo una storia dalle forti emozioni e che offre al giocatore, oltre a un gameplay unico, un viaggio per molti versi difficile da dimenticare sul piano visivo.

Padri e figli

Ogni fiaba che si rispetti riserva ai propri protagonisti un sentiero da percorrere.
La storia di Brothers inizia all’ombra di un albero, su un costone di roccia a strapiombo sul mare, con un ragazzino in ginocchio dinanzi a una lapide. Il sospetto che si tratti della tomba della madre trova immediata conferma grazie a un flashback nel quale vediamo la donna annegare in mare, scivolando da una barca durante una tempesta, mentre il ragazzo tenta invano di salvarla. Da quel momento, il piccolo Naiee svilupperà un enorme terrore dell’acqua, e potrà immergersi soltanto aggrappandosi alle salde spalle del fratello maggiore, Naia, con il quale intraprenderà ben presto un incredibile viaggio. I due, infatti – ed è qui che il gioco ha veramente inizio – si troveranno sin da subito a dover portare il padre dal medico del villaggio, che gli diagnosticherà un terribile male, curabile soltanto dalle acque raccolte nel cuore dell’Albero della Vita che si trova dalla parte opposta del regno.

In cooperare in single player

Fin dai primi passi, il giocatore si ritroverà dinanzi a un sistema di controlli totalmente inedito: il tragitto che va dal punto di partenza alla casa del medico è un buon momento per familiarizzare infatti con un sistema che ci permette di governare i due fratelli contemporaneamente sullo stesso pad, ma separatamente con i due stick analogici. Con lo stick destro controlleremo il giovane Naiee, mentre il sinistro ci permetterà di direzionare Naia. L’operazione all’inizio difficilmente risulterà agevole, specie se si vuol andare avanti spediti: i giochi ci hanno abituato a focalizzarci sul controllo di un singolo personaggio, con il quale al massimo ci rapportiamo ai vari NPC e alle intelligenze artificiali, anche in termini cooperativi. Qui dovremo costringerci a scindere abilmente il pensiero, sincronizzando i movimenti per superare i singoli puzzle: ci sarà la necessità di sollevare oggetti pesanti in due, bisognerà muoversi in modo da trasportarli aggirando gli ostacoli, si incontreranno puzzle dove sarà richiesto effettuare in sincrono movimenti totalmente diversi. In tal senso Brothers: A Tale of Two Sons rappresenta un’esperienza musicale: è come imparare un giro d’accordi su un nuovo strumento, la coordinazione fra mano destra e mano sinistra aumenta con la pratica, e il risultato si fa sempre più armonico.
Parimenti, prenderemo confidenza con le singole caratteristiche dei due fratelli e impareremo a sfruttarle nei singoli puzzle in cui incapperemo: il più grande è più alto, più forte, può nuotare (e trasportare il fratellino sulle spalle) e interagire meglio con gli adulti, mentre il minore può adattarsi agli spazi stretti (dove spesso l’altro non passa) e ha maggior empatia con bambini e animali. Muoversi in questa maniera non risulterà complesso, a lungo andare, ma bisogna concedere alla mente il giusto tempo per abituarsi, avere un approccio paziente soprattutto quando, credendo di aver ormai il controllo della situazione, ci si potrebbe trovare a mischiare i comandi e a doverne rapidamente tirare le fila.
Da questo punto di vista, Brothers: A Tale of Two Sons è un vero gioiellino, con un sistema di controlli altamente gestibile, efficiente ed efficace, che fanno gioco a vari puzzle dalle meccaniche elaborate, raramente di difficile risoluzione, ma che mettono alla prova il giocatore in termini di abilità.

Grammelot

Quel che rende straordinario il control system non è soltanto l’aspetto riguardante la gestione dei personaggi nella loro interazione con gli ambienti e nei singoli puzzle. I controlli qui sono una forma di linguaggio, prendere confidenza con la gestione dei personaggi ci mette in relazione diretta con i due fratelli, è il primo mezzo per instaurare un rapporto sinergico tra i character e sentirne anche noi l’affetto, gli attriti, le tensioni, le emozioni. Il legame in tutta la sua profondità, insomma. Un meccanismo fondamentale in un titolo sostanzialmente privo di dialoghi. O meglio, i dialoghi fra i personaggi ci sono, ma non fanno riferimento ad alcun linguaggio codificato o conosciuto. Quel che vediamo nella mise-en-scene di Brothers: A Tale of Two Sons è un vero e proprio grammelot: né voci, né linee di testo, nessun sottotitolo, solo il teatro dei gesti, della mimica e dei versi inscenato in un vasto palcoscenico fiabesco, dove tutto risulta miracolosamente comprensibile, dai dialoghi fra i due fratelli a quelli con i vari NPC che incontreremo nel percorso. Intuiremo i dissapori con un dispettoso ragazzo del villaggio, l’amarezza di un troll a cui è stata rapita la compagna, fino ai momenti di emozione più intensa che si scopriranno nel corso di questo straordinario racconto odeporico.

Echi norreni

Dal punto di vista visivo, non si può non ammirare lo straordinario lavoro del Concept Artist e illustratore Bradley Wright, che restituisce su schermo scenari che sembrano presi a piene mani dai fratelli Grimm in una fantasmagoria di fogliame dai colori tenui, ruscelli abbacinanti, alte vette e orizzonti lontani.
È un libro di fiabe illustrato che prende vitaBrothers, e il suo impatto su schermo è straordinario, con una policromia ben dosata che si stende in immagini eleganti e quiete come un’acquarello; anche nei paesaggi più crudi, dove si rappresenta la ferocia della guerra e dove regnano ormai soltanto morte e silenzio, il tratto dei disegni tende a deformare ogni evento tragico sotto la lente lenitiva del fiabesco, con un effetto di lieve straniamento nei confronti di tutto quel che vediamo.
L’art-style è straordinario sotto molti aspetti, e ci rende facile passare sopra alcuni dettagli tecnici poco curati e certamente perfettibili: del resto è il comparto artistico qui a farla da padrona, e non quello strettamente tecnico.
A far da appropriato corredo alle immagini del gioco è certamente la colonna sonora di Gustaf Grefberg che non risulta mai fuori luogo, ed è anzi curatissima nella sua orchestralità, ma che alla lunga può risultare a tratti monotona nel ripetersi dei principali leitmotiv e nell’eccessivo indugiare su un certo lirismo che dovrebbe invece rappresentare un suo punto di forza. Il comparto musicale ha certamente una sua solidità e supporta egregiamente il divenire della storia, ma all’ascolto solitario non riesce a risultare incisivo nonostante sia certamente ben elaborato.

La perdita, la crescita, la vita

Come tutte le grandi fiabe, Brothers: A tale of Two Sons tratta argomenti importanti attraverso un racconto dai contorni quasi infantili. Ma chi ha letto le storie dei Grimm o di Andersen sa bene che dietro a quel fiabesco stava anche un mondo per niente confortevole, con finali spesso tutt’altro che lieti.
Brothers non fa eccezione in tal senso, ma un finale tutt’altro che lieto non è affatto casuale né a effetto, contribuendo invece alla funzione formativa della fiaba.
Come scrive lo psicanalista austriaco Bruno Bettelheim nel suo Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe: 

«Soltanto uscendo nel mondo l’eroe della fiaba (il bambino) può trovare se stesso; e quando trova se stesso trova anche l’altra persona con cui potrà vivere felice per il resto dei suoi giorni, cioè senza dover più provare l’angoscia di separazione. La fiaba è orientata verso il futuro e guida il bambino. La fiaba è orientata verso il futuro e guida il bambino — in termini che egli può comprendere sia nella sua mente conscia, sia in quella inconscia — aiutandolo ad abbandonare i suoi desideri infantili di dipendenza e a raggiungere una più soddisfacente esistenza indipendente.»

Da Brothers usciamo formati noi, e anche il bambino che è in noi. Brothers è un racconto d’amore – filiale e fraterno – un racconto sulla crescita, sulla perdita e sulla scoperta di se stessi: è un racconto di formazione e, come tale, porta con sé il suo preziosissimo insegnamento.

È una storia intensa e dilaniante, in cui la compenetrazione negli stati d’animo dei personaggi è quasi totale, portandoci a viverne i dolori più intensi. È un viaggio attraverso paesaggi immaginifici e creature fantastiche che in qualche modo gioca con gli emisferi cerebrali, scissi e al contempo in continua interazione, come i due fratelli, un racconto che tende a unire il nostro lato emotivo e il nostro lato razionale, che ci invita a imparare a governarli entrambi e ad armonizzarli, proprio come è necessario per i due piccoli fratellini. Per poter vivere e sopravvivere. È un gioco in cui non si guidano solo Naia e Naiee, ma la nostra stessa mente, che in qualche modo si fa protagonista tramite i due personaggi.
Tre ore scarse, ma estremamente intense in un un titolo che ci insegna l’importanza della cooperazione, anche con quel piccolo fratello (maggiore o minore) che si nasconde da qualche parte dentro la mente di ognuno di noi.




Dead Space gratis su Origin per un tempo limitato

Dead Space per PC Windows è attualmente disponibile gratuitamente tramite il servizio Origin di EA come parte del programma dell’azienda “Offre la ditta“. Il gioco è completo al 100% per un periodo limitato, quindi assicuratevi di prenderlo prima che la promozione scada. Dead Space è stato rilasciato nel 2008, quindi non necessita di un PC di ultima generazione per poter godere al meglio l’esperienza di gioco, ma rimane comunque uno dei migliori titoli horror pubblicati negli ultimi dieci anni.




Metacritic: qual è il suo peso nella produzione videoludica?

L’industria videoludica si muove molto velocemente e dunque, coloro che producono direttamente per essa, hanno una tendenza a guardare al futuro senza tener conto del passato; in tempi recenti, persino i produttori più grossi ci confermano quanto sia importante attingere dal passato per ottenere dei grandi risultati.

Quanto è bello un titolo?

Come in ogni business, la qualità dei prodotti viene stimata e il suo valore viene preso in acconto dalle case produttrici; il metro di valutazione nel gaming, per i critici, si basa principalmente sulle uscite passate; il loro giudizio verrà preso in considerazione dalle aziende per pianificare le loro strategie per le uscite future. Il problema è che le case produttrici devono prendere in considerazione ogni giudizio da parte del critico medio la cui valutazione è superficiale, mutevole e soggettiva.

Più o meno nella scorsa decade, molti publisher prendevano molto in considerazione le valutazioni di Metacritic, un aggregatore di recensioni che genera un valore che si basa su una media dei giudizi di alcune testate maggiori (anche se alcune non propriamente affidabili) accompagnato dalla valutazione di Metascore, basata invece sul giudizio dei giocatori, in una scala da 1 a 10. Pur non perfetto, era ritenuto “il sistema metrico” del gaming, così decisivo che il CEO della Electronic Arts, John Riccitiello, aveva tirato in ballo il sito durante una conferenza con gli investitori avvenuta esattamente 10 anni fa, comunicando la poca soddisfazione dei recenti sforzi della EA:

«Nonostante siamo il third party leader nel settore non siamo soddisfatti di ciò che siamo. […] Non abbiamo titoli EA che squadernino lo scenario videoludico e nessun nostro gioco raggiunge il 90 o più su Metacritic… Quando sono tornato in EA mi sono preso l’impegno di indagare sulla qualità, sia perché penso sia è la giusta soluzione per il benessere finanziario di questa azienda e sia perché i nostri clienti se l’aspettano.».

La decisione di investire sulla qualità fu un modo per ritardare l’uscita di Battlefield Bad Company e Mercenaries 2: World in Flames, tuttavia con la volontà di consegnare ai giocatori un titolo di qualità, in modo da poter costruire un migliore rapporto di fiducia con i clienti per una migliore economia. Anche se nessuno di questi due giochi raggiunse propriamente la soglia del 90, durante l’incarico di Riccitiello, in cinque anni, dopo la suddetta conferenza, EA potè vantare ben 15 giochi oltre tale soglia, con titoli come Mass Effect 2 & 3, alcune versioni di FIFA 10, 12 & 13, Dragon Age: Origins e Dead Space 2.

Sfortunatamente per Riccitiello, quei punteggi alti su Metascore non si traducevano in successo per EA: durante il suo incarico il valore delle azioni della compagnia caddero da 52$ a circa 19$. Rivendicando l’accertamento delle responsabilità a seguito del venir meno delle aspettative finanziarie, Riccitiello diede le dimissioni il 18 Marzo del 2013. Il DLC Citadel per la versione Playstation 3 di Mass Effect 3, rilasciato meno di due settimane prima delle dimissioni di Riccitiello, rimane a oggi l’ultimo gioco EA a mantenere un punteggio di 90 su Metascore. La compagnia non ha più immesso nel mercato giochi acclamati quanto quelli usciti durante l’incarico di Riccitiello anche se, tuttavia, continua ad avere un buon mercato. Le azioni di EA si sono chiuse ieri a 126.96 $, un record per la compagnia.

In contrasto alle affermazioni di Riccitiello, Robin Kaminsky di Activision, durante il Summit DICE del 2008, prese un approccio quasi opposto alle parole dell’allora CEO della Electronic Arts:

«Un tempo, in Activision, pensavamo fosse necessario semplicemente produrre dei bei giochi. […] Tuttavia un buon gioco non garantisce vendite stellari.»

Kaminsky ha fatto notare che su 18 titoli che l’anno precendente hanno ricevuto una valutazione di oltre 90, 7 di loro hanno venduto meno del milione di copie e due terzi di questi hanno avuto delle vendite totali di poco meno di due milioni di unità.

A tal proposito, ecco alcuni dei titoli Activision che hanno preso oltre il 90 su Metacritic durate la scorsa decade:

  • Geometry Wars 3: Dimensions (94 su Metascore, iOS, 2015)
  • Skylanders Trap Team (90 su Metascore, iOS, 2014)
  • Call of Duty: Modern Warfare 2 (94 su Metascore, ottenuto sia per PS3 e Xbox 360, 2009)

Ai tempi della presentazione di Kaminsky, le azioni della Activision valevano 13$; ieri le loro azioni si sono chiuse per 74.13$, un record per la compagnia.

L’occasione mancata

La qualità non fu solamente l’unica cosa a cui Riccitello puntò come CEO di Electronic Arts; fece in modo che i giochi diventassero più un servizio per i giocatori (anche se durante il suo periodo non riuscì a vedere i frutti di questo suo approccio) e, sempre sotto la sua direzione, acquisì diversi studi di produzione come Bioware-Pandemic, Playfish, Chillingo e PopCap, anche se non riuscì ad acquisire Take-Two.

Nel Febbraio 2008, EA pubblicò apertamente di voler comprare Take-Two per due miliardi di dollari; una mossa che Take-Two ritenette “inadeguata” e “inopportuna”, e soprattutto al momento sbagliato visto che mancava poco al lancio di Grand Theft Auto IV, titolo che avrebbe fatto decollare le azioni della compagnia.

Una volta che GTA IV uscì nei negozi, Take-Two si dichiarò disposta a negoziare con EA ma i piani della compagnia cambiarono; EA tentò di imporsi, comprando le azioni della Take-Two ma, in otto mesi, decidettero di lasciar perdere con l’acquisizione di quest’ultima.

Quando EA provò ad acquisire Take-Two, le loro azioni valevano poco più di 17$; ieri le loro azioni si sono chiuse per 126.67$, un record anche per questa compagna.




In arrivo un nuovo Star Wars per dispositivi mobile

Siete stufi di Battlefront II e volete giocare a uno Star Wars diverso dagli altri? Bene, l’imminente nuovo capitolo della saga prodotto da Disney si chiamerà: Star Wars: Rivals. Il gameplay è molto simile a quello di Overwatch, e all’interno delle partite vestiremo i panni di personaggi classici e nuovi in battaglie pvp all’ultimo colpo di spada laser.

Quest’ultimo sarà presto disponibile sull’App Store di Google Play e su IOS. Già da questo momento è possibile pre-registrarsi per poter accedere anticipatamente a questo titolo e, inoltre, chi si pre-registrerà riceverà contenuti speciali.

DIsney riuscirà a soddisfare i fan della saga?

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L’ottimismo di Michael Pachter nei confronti di Star Wars Battlefront II

Durante gli ultimi due mesi, si è sentito parlare della polemica sulle lootbox in Star Wars Battlefront II. Questo ha avuto un effetto negativo sulle vendite e sulle entrate e costretto l’editore a rivedere le sue proiezioni. Sebbene la controversia abbia indubbiamente influito negativamente sulla performance di EA, l’analista di Wedbush Securities, Michael Pachter, è convinto che questa sia solo una situazione temporanea e che, dopo la tempesta, il gioco DICE potrebbe vedere giorni migliori. Parlando con CNBC, Pachter ha detto: «Anche se Star Wars Battlefront II ha avuto un debutto più debole del previsto in termini di vendite, crediamo che la lealtà dei fan di Star Wars, il fascino del gioco come regalo natalizio e l’uscita di Star Wars : The Last Jedi il 15 dicembre, possano avere effetto positivo sulle vendite del gioco». Resta da vedere se le previsioni di Pachter si dimostreranno affidabili. Star Wars Battlefront II è ora disponibile per PC, PlayStation 4 e Xbox One.




Star Wars Battlefront II e il futuro delle microtransazioni

Un argomento caldo del momento  è quello che riguarda l’implementazione del circuito delle microtransazioni all’interno dei videogame tripla A, e quanto sia giusto o meno che tutto questo venga propinato – forzatamente – ai giocatori, soprattutto quando si parla di titoli a prezzo pieno come Star Wars Battlefront II.

Come avevamo scritto in precedenza, EA, dopo svariate lamentele del pubblico, aveva deciso di interrompere temporaneamente il sistema di loot box presente nel titolo, promettendo di rielaborarlo e poi implementarlo nuovamente, ma andiamo al punto: quanto è giusto che debba andare così? Cosa porta gli sviluppatori a puntare tutto sulle microtransazioni?

Diversi esponenti del settore si sono espressi in questi giorni, ci si trova tra un turbine di pareri contrastanti, tra chi è totalmente a favore e chi no. Uno fra tutti, forse il più lungimirante, Shams Jorjani di Paradox Interactive, porta avanti, come si direbbe in termini giuridici, un “ragionevole dubbio”,  dicendo testualmente:

«Do we really think the kids growing up today will be complaining about loot boxes and micro transactions – that have been an ingrained part of how they played games ever since they were born?»
Traduzione:
«Pensiamo davvero che i ragazzini che stanno crescendo oggi con un sistema di loot box e microtransazioni ormai integrato nei titoli che giocano un giorno se ne lamenteranno?»

Se è vero quel che dice Jorjani, davvero il futuro dei nostri videogiochi preferiti ci costringerà a effettuare periodicamente degli acquisti online? Gli sviluppatori non dovrebbero avere cura allo stesso modo di tutte le tipologie di gamer?
Infine: non sarebbe giusto che le microtransazioni di qual si voglia natura, rimangano più semplicemente un’opzione e non una imposizione per la competitività?

Abbiamo trattato l’argomento microtransazioni in una delle ultime puntate del nostro format Tv e in un successivo hangout, e continueremo a farlo.

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