GT Sport: Mercedes-Benz e-cup 2018

La serie Gran Turismo non è nuova ai tornei e-sport, né a eventi di spessore come la GT Academy, evento organizzato in collaborazione con Nissan e Sony che miscela l’esperienza virtuale a quella reale, con la possibilità di poter pilotare una vera auto da corsa della casa automobilistica giapponese.
Questa volta, anche se non con le stesse modalità, tocca a Mercedes-Benz prendere il testimone: da qualche mese infatti, è partito il primo torneo italiano di e-sport dedicato a Gran Turismo, un e-cup (quindi completamente virtuale), che si è svolto in più battute e con tre diverse modalità di partecipazione.

Il torneo ha avuto un gran successo tra i fan della serie, anche per la modalità di partecipazione FFA (Free For All), iniziato con il One Day Cup, un evento tenuto settimanalmente per tutto il periodo da Luglio a Settembre tramite il sito PlayStation Italian League, al quale si potrà partecipare dalla propria postazione di gioco e che darà l’accesso alla finale a sette tra i piloti più veloci.

Sono inoltre previsti altri due eventi dal vivo per la qualificazione alla finale, uno che si è già concluso (il GP di Monza), organizzato in occasione del Gran Premio di Monza, tenutosi alla Darsena dal 29 Agosto all’1 Settembre e che ha già eletto i tre piloti più performanti mentre, il secondo è il Last Chance Qualifier, che si terrà dal 5 al 6 Ottobre durante il Milan Games Week, evento che darà la possibilità ad altri due aspiranti piloti di poter partecipare alla finalissima.

L’evento finale quindi vedrà scontrarsi i 12 piloti migliori per salire sul podio e un succoso montepremi.




A novembre sarà il turno di RIDE 3

Con RIDE, Milestone ha sicuramente fatto centro: un “Gran Turismo delle moto”, riportando in auge quanto fatto dalla stessa Polyphony Digital con Tourist Trophy su PlayStation 2. Se il primo capitolo è stato un buon tentativo è col secondo che le cose si sono fatte interessanti, con una struttura ludica più matura e soprattutto la realizzazione di un gran numero di moto, vincendo il Guinness World Record per il maggior numero di moto su licenza presenti in un videogame.
RIDE 3 alzerà ulteriormente l’asticella e, puntando ancor di più sull‘Unreal Engine 4, porterà la migliore esperienza motociclistica videoludica mai vista.
Il numero delle moto arriverà a 230, suddivise in sette categorie mentre, le piste saranno 30, di cui 12 inedite. Nella realizzazione dei circuiti reali è stata utilizzata la tecnologia Drone Scanning System, utilizzata anche in MotoGP 18, per una riproduzione certosina di ogni minimo dettaglio. La varietà è garantita, spaziando da piste famose come Laguna Seca, a tracciati su sterrato e cittadine e per la prima volta, gare in notturna.
Ancora più importanza è stata data alla personalizzazione, non solo estetica: oltre 500 parti saranno modificabili, dai freni ai cerchioni più un editor per le livree, da condividere all’interno della community.
L’utilizzo del nuovo motore grafico permetterà un’evoluzione tecnica tangibile, con una migliore qualità di rendering, migliori effetti particellari e nuovo sistema di luci.

RIDE 3 uscirà l’8 Novembre su Steam, PS4 e Xbox One.




Come la fortuna viene implementata nei videogiochi

16 settembre 2007: uno youtuber giapponese, che rispondeva al nome di Computing Aestetic (oggi lo stesso canale si chiama Is mayonnaise an instrument?), caricò un video di 48 secondi dal titolo ULTRA MEGA SUPER LUCKY SHOT. Il video mostra il raggiungimento di un high score a Peggle, un gioco molto popolare vagamente ispirato al Pachinko in cui una palla viene sparata dall’alto e piano piano scende giù rimbalzando fra alcuni blocchi; più blocchi vengono colpiti più alto sarà il punteggio. Nonostante Peggle richieda al giocatore giusto qualche calcolo prima del lancio della palla, il gameplay vero e proprio è affidato al caso e il fatto che dei blocchi vengano colpiti o meno è solo questione di fortuna. La run di Computing Aestetic fu una delle più miracolose: la pallina, scendendo, non solo colpì gran parte dei blocchi ma richiamò anche una sezione bonus che gli permise di racimolare un punteggio da record. Incredulo, lo youtuber scrisse nella descrizione del video, che a oggi conta oltre le 200.000 visualizzazioni, «I couldn’t balieve this when it happened!!!!!!!!!» (Ndr).
Questo è solamente uno dei circa 20.000 video su YouTube che include i tag “Peggle” e “Lucky“, tutti video di giocatori così stupiti da voler condividere la loro fortuna col mondo. Tuttavia, i giocatori non sono così fortunati come il gioco spinge a credere. Jason Kapalka, uno degli sviluppatori del titolo, ci spiega come la fortuna, specialmente durante i primi livelli, venga manipolata giusto un po’ per evitare la frustrazione del giocatore nel breve periodo, e soprattutto perché possa imparare le regole del gioco divertendosi.

«L’apperente rimbalzo casuale della pallina in Peggle è spesso manipolato per dare ai giocatori un risultato migliore. […] Quando viene richiamato il “Lucky Bounce”, la palla tende a colpire di più blocchi possibili anziché cadere direttamente nelle zone morte. Questa fortuna extra è aggiunta nella prima dozzina di livelli affinché i giocatori si divertano imparando le regole del gioco. […] L’angolatura del rimbalzo viene modificato giusto di qualche grado, perché altrimenti la palla reagirebbe in maniera poco realistica; serve a incoraggiare i novizi e non a rendere il gioco “irreale” agli occhi dei giocatori più increduli».

La fortuna è in realtà manipolata da un game designer onnipotente: esso fa sì che un gioco regali al giocatore la giusta dose di vittoria al momento giusto. Anche Sid Meier, creatore dell’acclamata saga Civilization, ha capito che ridurre in una certa misura le avversità durante le battaglie riduce anche lo stress nei giocatori. Un test ha dimostrato che un giocatore che sapeva di avere il 33% di successo in battaglia, è riuscito a perdere per tre volte di fila, rendendolo alterato e incredulo (in Civilization puoi ripetere la stessa battaglia più volte, fino a quando non vinci, anche se ciò comporta dei costi a ogni sconfitta). A quel punto Sid Meier studiò più da vicino le distorsioni cognitive dei giocatori: se le probabilità di vittoria sono 1 su 3 è come se il gioco assicurasse che al terzo tentativo il giocatore vincerà la battaglia, dandogli dunque una falsa speranza. La fortuna di certo incentiva il gameplay ma se è troppa, diventa tutto surreale.

Dalla divinazione agli scacchi

In tempi antichi, la fortuna era il segno dell’intervento divino: i giochi erano un modo per mettere alla prova sia le abilità umane che l’esistenza divina. Platone ci ha raccontato che la fortuna era una componente fondamentale nei giochi dell’antico Egitto, luogo in cui fu creato, secondo la leggenda, il dado da gioco per mano della divinità Thot. Solitamente ricavato da ossa o zoccoli di animale, il dado veniva usato per i giochi da tavola o per una particolare divinazione mistica chiamata astragalomanzia; l’aiuto divino era così decisivo che molti dei dadi venivano portati nella tomba affinché il defunto potesse ricevere un ulteriore aiuto nell’aldilà.
Nel XI secolo, il re norvegese Olaf II Haraldsson si ritrovò in una disputa territoriale con il re svedese riguardo l’isola di Hising; non riuscendo a trovare un compromesso, il re della Norvegia si affidò ai dadi per risolvere la questione. Ottenendo per due volte il numero sei, il re Haraldsson disse che non c’era più motivo di continuare la disputa; convertitosi al cristianesimo, era certo che Dio l’avrebbe aiutato a ottenere sempre il 12. Olaf II, racconta ancora la leggenda, continuò a ottenere tale numero fino a quando, durante l’ultimo e decisivo lancio, uno dei dadi si spezzò mostrando sul tavolo due 6 e un 1; questo è uno dei motivi per cui il 13, in alcuni paesi, è spesso considerato un numero fortunato.
A ogni modo la fortuna, anche se non è più un segno divino, è ancora parte dei giochi moderni; così come un lancio dei dadi o la pesca di una carta probabilità a Monopoly può ribaltare le sorti della partita, lo sviluppatore indipendente Zach Gage ha introdotto l’elemento aleatorio nel gioco degli scacchi nel suo Really Bad Chess. Gage spiega che il gioco nella sua concezione originaria è molto bilanciato, e tutto risiede nelle abilità del giocatore; pertanto l’elemento della fortuna aiuta i giocatori meno capaci a capire le meccaniche e far sì che siano invogliati a giocare più a lungo. La sua app mobile del 2016 dà infatti al giocatore la possibilità si avere un set di cinque regine, sistemare le pedine in maniera asimmetrica e far sì che il giocatore più esperto giochi solo con un esercito di pedoni e un re. Zach Gage commenta:

«(queste aggiunte) danno ai giocatori più deboli almeno una chance contro i giocatori più esperti, rendendo la scacchiera più difficile da analizzare».

Dai giochi elettromeccanici ai videogiochi

Nei giochi elettromeccanici come le slot machine o i flipper, la fortuna è l’unico modo per “fregare” la macchina. Negli primi anni ’50 la Gottlieb, compagnia produttrice di giochi elettromeccanici e sviluppatori del classico arcade Q*bert, notò che le partite a flipper dei giocatori meno esperti duravano pochissimo; di lì a poco introdussero prima le alette per rispedire la palla in alto e poi il meccanismo “ball saver” che innalzava un muro fra queste. Il fatto che quest’ultimo entrasse o meno era questione di fortuna, un “mistero” celato nell’algoritmo del software.
Nei videogiochi la fortuna è in realtà ancora più evidente: vi siete mai chiesti come mai il portiere della vostra squadra preferita a FIFA riesce a parare la palla il più delle volte? Come mai quando siete fra le ultime posizioni in un racing game le auto avversarie sembrano rallentare? E ancora, anche se è cosa risaputa, come mai una volta una volta in testa a Mario Kart raccogliete solo banane, monete e qualche rarissimo guscio verde? Questo è perché “l’effetto fortuna” vi tiene concentrati e incentiva il vostro gameplay. Se veniste a conoscenza di questo fattore non giochereste con la stessa intensità; è giusto che tutto ciò rimanga un mistero poiché la fortuna è tale solamente quando è imprevedibile.

Nei tempi antichi gli artefici della fortuna venivano invocati tramite le preghiere; oggi è possibile trovarli su LinkedIn. Paul Sottosanti, uno dei principali game designer della Riot Games che ha lavorato a League of Legends, afferma che lo scoprire i meccanismi della fortuna nei videogiochi potrebbe distruggere ogni senso di gioia e realizzazione, dunque è importante che questi rimangano celati (più a lungo possibile) nel codice del gioco. Nei videogiochi si innesta spesso quello che Sottisanti chiama “Pity Timer“: il giocatore potrà ottenere una determinata ricompensa, per esempio, dopo 10 ore di gioco e ciò rende quest’ultima un risultato ancora più apprezzabile. In Castlevania Harmony of Despair, un “metroidvania” multiplayer con elementi RPG, ogni personaggio, al termine della battaglia col boss, riceveva un oggetto; su internet giravano mappe e FAQ che spiegavano dove e al termine di quale battaglia si potevano ottenere. Ma per quanto si “boostasse” il livello di fortuna, nelle statistiche del personaggio gli oggetti rari apparivano solamente al termine di un countdown nascosto; una volta scaduto il conteggio sarebbe entrata in aiuto quella determinata caratteristica del personaggio e la fortuna avrebbe davvero influenzato l’occorrere di un oggetto raro.

 

La fortuna per gli sviluppatori

Se in alcuni titoli la fortuna dà un senso di equilibrio nella difficoltà, ci sono altri giochi in cui questo fattore aleatorio genera profitto. L’arrivo degli smartphone e dei diversissimi titoli gratis sugli store hanno segnato anche l’inizio dell’era delle microtransazioni e delle lootbox; il “pity timer” all’interno di questi giochi è spesso sviluppato in maniera molto intelligente. In Hearthstone, spiega sempre Paul Sottosanti, è possibile ottenere una carta rara ogni 40 pacchetti circa; tuttavia, le stesse carte, sono acquistabili sullo store del gioco.
Il principio delle microtransazioni e lo spingersi oltre la “normale routine” è in sé un concetto non nuovissimo. Il dottor Burrhus Skinner, negli anni ’50, ha dimostrato come un essere senziente possa essere condizionato da una macchina; per farlo, si munì di degli animali, come topi o piccioni, e di una sua particolare invenzione, ovvero la Skinner Box. In pratica ha mostrato come questi animali, ricevendo una ricompensa ogni volta che un tasto fosse premuto, si stancassero o fossero subito sazi; tuttavia il dottore, programmando la ricompensa in maniera casuale, mostrò come l’animale fosse più incline a premere il tasto, tenendolo concentrato sull’azione sino a risultarne quasi dipendente. Questa dipendenza non era dovuta tanto alla ricompensa, ma al tasto. Il rilascio della dopamina nel cervello, che (mantenendoci in un linguaggio alla portata di tutti) manda i neurotrasmettitori in tilt, è dovuto all’attesa della ricompensa, e non all’ottenimento della stessa. Lo stesso principio, in realtà, accade con questo tipo di giochi: vi siete mai accorti, per esempio, delle lunghe animazioni prima di aprire unalootbox su Overwatch? Il cervello rilascia dopamina durante le animazioni e anche se otteniamo la solita ricompensa per l’ennesima volta il principio rimane. Nei videogiochi però si aggiunge il fatto che, per evitare la solita ricompensa dopo ripetute run, si è invece spinti a ottenere una ricompensa diversa, prima dello scadere del pity timer, pagando una somma di denaro. In questo caso, si potrebbe innescare il meccanismo “Sunk Cost Fallacy“: in poche parole, più soldi si investono in un gioco, in attesa della ricompensa desiderata, più sarà difficile abbandonarlo nonostante gli output poco soddisfacenti e le aspettative che calano. È la stessa cosa che avviene al casinò o persino in una relazione amorosa molto complicata: più è alto l’investimento e più è difficile smettere nonostante gli output siano semi nulli. Tuttavia non si può parlare di gioco d’azzardo in ciò che riguarda i videogiochi poiché, anche se si investissero 50 € per un set di lootbox, riceveremmo sempre qualcosa in cambio, a differenza del casinò dove si può invece uscire praticamente con le tasche vuote; il problema sta sempre e solo nell’aggirare quel maledetto algoritmo della fortuna.
È importantissimo dunque mantenere il controllo in quei giochi in cui la fortuna è il fulcro della dinamica. Lo psicologo Clark Edwards, direttore del centro della ricerca sul gioco d’azzardo dell’Università della British Colombia, spiega più in dettaglio certi meccanismi del nostro cervello e in quale zona finisca parte della dopamina:

«La parte interessata del cervello che regola la ricompensa e il movimento è lo Striato, dove ci sono diversi nuclei cerebrali. […] La stessa regione alimenta i vizi, che sono ovviamente collegati alle dipendenze».

Il futuro della fortuna

Nonostante l’ambiente videoludico sia cambiato drasticamente, ci sono molti game designer hanno tentato più volte di “eliminare la fortuna”. Larry DeMar, un noto designer di macchine flipper della Williams, ha tolto più volte il meccanismo “Ball Saver“, pensando da sempre che questo rovini la purezza del gioco.
Tuttavia, l’approccio purista non sempre convince il giocatore medio. Jason Kapala, lo sviluppatore di Peggle, dice che oggi i giocatori cercano tracce di manipolazione quando queste non ci sono. e ha persino pubblicato alcuni file per dimostrare che i risultati erano veramente casuali, ricordando:

«Quando lavoravo ai giochi online era quasi impossibile convincere i giocatori che i risultati non erano manipolati. Questi elaboravano teorie assurde su come i principianti ottenessero migliori risultati per far sì che continuassero a giocare e i veterani spinti a migliorare le loro abilità ottenute.».

Il gioco è un mezzo  di confronto per gli esseri umani ed è anche corretto pensare che questo rimanga puro e inalterato; tuttavia, delle perdite ripetute o semplici capricci ci portano a pensare che la fortuna funzioni seguendo uno schema logico. Ma, alla fine della fiera: a cosa serve la fortuna? La risposta è: a tutto. E a niente.
Il tutto si baserà sempre sulle nostre abilità ma, che sia un algoritmo o un segno divino, la fortuna ci accompagnerà sempre nella nostra esperienza da giocatori.




Akracomics & Games 2018

È giunta al termine la 4a edizione di Akracomics 2018, la fiera dedicata a gamer, otaku, artisti, giocatori da tavolo, cosplayer, cantanti e ballerini, che durante questo evento hanno avuto la possibilità di mettere alla prova le proprie capacità e di incontrare persone con le proprie stesse passioni.
L’evento si è svolto ad Agrigento lo scorso 3 e 4 marzo, presso l’Hotel Tre Torri. Attraversando il corridoio principale era possibile accedere a un’area nella quale si poteva assistere a varie conferenze in una sala dedicata: il primo giorno si è aperto con lo youtuber Michael Righini che ha presentato il trailer di Fuga dalla morte 2 e, nonostante alcuni problemi tecnici abbiano impedito la visione a schermo intero, quel che si è visto prelude a un lungometraggio emozionante, curato e di cui non mancheremo di seguire gli sviluppi. Nella stessa sala, si sono susseguiti vari incontri interessanti, fra cui quello con i Nerd Attack, il Quizgame di Alberto Seminerio, una conferenza sul doppiaggio con Alberto Pagnotta e una su Social media e clickbait tenuta dagli admin della pagina Robe a caso da Wikipedia.
Il secondo giorno, hanno presentato i loro libri Gabriella Bertolino, Danza Macabra e Daniele Di Franco, Cryogenic Enterprise il quale presenta una novità interessante, con in ogni capitolo un QR Code circolare da scannerizzare con l’apposita app per visualizzare immagini 3D in realtà aumentata; le conferenze sono terminate alle 15:30 con i ragazzi di Robe a caso da Wikipedia e la loro conferenza su eSport e Cosplay.
Più avanti nello stesso corridoio si accedeva all’Area Espositori, dove era possibile acquistare gadget relativi a giochi, saghe di film e libri e serie tv rivendute dagli appassionati, o oggetti lavorati a mano da decoratori ed artigiani.

Nel cortile esterno si trovava un circuito per equitazione allestito dal Centro Ippico San Benedetto, dove i bambini potevano fare un giro sul pony, guidati dall’istruttrice Lisa Agozzino. A destra del palco vi era l’area medievale, dove ci si poteva sfidare a colpi di spade o bere dell’idromele ed altre bevande ispirate al tempo.
Sul palco, il primo giorno, dopo l’intrattenimento con Alberto Pagnotta, a turno si sono esibite le ragazze del Mero Mero Maid Cafè con un loro Dance Show, e la cosplayer Giovanna Fiaccabrino, in arte Fellesia, con danze a tema K-pop (l’ultima moda proveniente da Oriente in fatto di musica) e breakdance con il ballerino Ignazio di Raimondo. È stato dato anche spazio al pubblico con gare dilettantistiche di entrambi i generi. Nel primo pomeriggio si è assistito anche all’esibizione del Dojo Karate Kyokushinkai Agrigento, dove gli allievi, guidati dal Sensei Alessandro Caramanno, hanno eseguito kata, ovvero composizioni di tecniche anche dette combattimento immaginario che vengono studiate dagli atleti in quanto allenano ad avere il pieno controllo dell’equilibrio e dello spazio circostante; si sono sfidati in combattimenti a contatto pieno, e hanno mostrato tecniche di rottura spaccando bastoni di legno con il solo uso di calci e pugni. Verso sera, è salita sul palco Lua Alcatraz con il suo coinvolgente spettacolo di fuoco. La serata si è conclusa con lo show del Nerd Attack e quello degli youtuber Michael Righini e Francesco Merrino.
Il giorno dopo, la domenica, oltre che a una nuova esibizione di tutti i sopracitati. si è tenuto il Cosplay Contest, che è stato uno dei momenti centrali di questi due giorni.Spostandoci invece in Area gaming, a sinistra si trovavano computer da gaming  e tornei di League of Legends, Counter Strike:Global Offensive, Overwatch, Hearthstone, Devil May Cry e Rocket League, mentre nel tavolo isolato, sempre con un loro pc, accanto alla zona tornei era possibile provare il nuovo Oculus Rift. L’area centrale era destinata alle Playstation e alle Xbox, dove si sono svolti tornei di Fifa, Pes, Halo, Call Of Duty, Mortal Combat, Tekken TT2, Naruto, Super Smash Bros- e Mario Kart 8, e dove è stato possibile provare il nuovo Playstation VR. Per chi preferiva invece i giochi da tavolo c’era anche un’area dedicata dove si poteva giocare a grandi classici come Genda, Poker, Uno o anche a svariati giochi di carte moderni.C’era anche un area dedicata al contest di disegno, con tema il fumetto in tutte le sue forme: ai partecipanti venivano forniti fogli, matite, gomme e pennarelli per inchiostrazione. Sul lato sinistro della sala erano disposti vari stand dove era possibile farsi fare una foto e far dare un tocco artistico dai professionisti, o acquistare manga e fumetti, mentre uscendo all’esterno, vicino al bordo piscina c’era l’Area Zombie, obiettivo del gioco era prendere degli oggetti senza farsi catturare dagli zombie.

Lo staff di BoomBuy ci ha permesso di fare una prova del visore Oculus Rift, su un pc con le seguenti specifiche:

  • Processore: Intel Core i5-7400
  • Memoria RAM: 16GB
  • Scheda grafica: Nvidia GeForce GTX 1060 6GB
  • Dissipatore custom

Il gioco in questione era una demo della serie Roller Coaster, un simulatore di montagne russe: i sensori di movimento erano abbastanza sensibili ed efficienti e si percepiva anche il senso di vertigini andando in alto, ma lo scenario sembra quasi “spostato” rispetto alla posizione in cui si trova l’utente, e questo potrebbe derivare da un problema della demo in questione, dato che in altri titoli il dispositivo pare funzionare molto bene, nonostante a oggi risulti ancora molto oneroso.
Ma le avventure nella realtà virtuale non finivano lì: per gentile concessione di Nextgen, abbiamo testato il Playstation VR per PS4, giocando a Farpoint in combinazione con l’Aim Controller, fucile creato ad hoc per il titolo, ed è stata un’esperienza a dir poco unica. Dal momento in cui si indossa il visore è come se si entrasse in una nuova dimensione, con ambienti fatti su misura per il giocatore, abbastanza realistici: difatti qualsiasi emozione risulta particolarmente amplificata rispetto a un classico gioco davanti allo schermo. Il tracciamento del controller è particolarmente reattivo e preciso, le vibrazioni conferiscono realismo all’esplosione dei colpi, mentre i giroscopi integrati consentono di girare il fucile, con una grafica molto ben curata anche rispetto a molti altri titoli in VR. Si notano ovviamente anche dei difetti, come dei piccoli spazi vuoti tra gli angoli degli ambienti che si vedono spostandosi troppo verso una direzione, o il fatto che usando la mano sinistra per tenere il controller la si vede in alto invece che sotto l’impugnatura del fucile, e probabilmente, al netto di tutti i noti limiti attuali della tecnologia VR, sarebbe un bel passo avanti iniziare a pensare anche ai giocatori mancini. Farpoint del resto si può considerare un’evoluzione interessante del genere shooter on-rail, dove contano sia i riflessi che la mira, questa volta quella diretta, nonché una delle migliori esperienze al momento possibili in VR.
Per finire le esperienze nella realtà virtuale, era possibile sedersi sulla Playset Evolution per giocare a  Gran Turismo Sport, titolo che risulta abbastanza fluido, con i sensori di movimento che facevano a pieno il proprio dovere: le curve erano visibili in profondità (cosa impossibile usando normalmente un monitor) e si aveva il pieno controllo della rotazione della telecamera con la testa. Il realismo era buono, tranne per quanto riguarda le mani che non seguivano il movimento reale, per fare ciò sarebbe necessario sviluppare degli appositi guanti dotati di sensori, ma non sembra fondamentale trattandosi di un gioco di corse automobilistiche. Era possibile effettuare solo due giri di pista e solo contro un’altra autovettura, ma in compenso c’erano diversi modelli di macchine a disposizione e una vasta scelta di circuiti.
GameCompass, media partner dell’evento assieme a Teleacras, ha raccontato l’evento in Tv e tramite varie dirette facebook, e ne ha approfittato per organizzare contest con in palio giochi per PC, PS4 e PSVR vinti da più di 40 fortunati su oltre 200 partecipanti.
Akracomics & Games 2018 è un’esperienza che cresce sempre di più e, pur cominciando come un piccolo evento, si fa sempre più simile ai grandi Comics nazionali, dando agli appassionati del territorio siciliano un altro momento celebrativo per la cultura nerd.




Racing Game: dal concept al prodotto finale.

Le grandi software house del settore motoristico continuano a sviluppare racing game sempre più evoluti che si battono per accaparrarsi, anno dopo anno, il primato di miglior gioco di guida simulativo. Ma il percorso per lo sviluppo di un gioco di qualità non è affatto semplice. Vediamolo insieme.

Ogni motoristico che si rispetti deve avere innanzitutto una propria dimensione sulla quale poi gettare le fondamenta, poiché sin dall’inizio bisognerà avere ben chiara la direzione da seguire per la linea di sviluppo del titolo: arcade, simulativo o ibrido?

Una volta scelta l’impostazione, si inizierà a progettare quello che sarà il vero e proprio contenuto del gioco. La fisica è normalmente legata al comportamento delle vetture su diversi tipi di terreno oppure ad altri particolari tipi di variabili dinamiche, caratteristiche che oggi giorno sono sempre più ricercate e, di conseguenza, oggetto di critica se mancanti o mal congegnate. Non sono queste però a determinare necessariamente la natura di un racing game. Di fatto esistono simulativi senza danni alle vetture o arcade con danni alle vetture ultra realistici.

Per avere un buon gioco di corse, sarà fondamentale fare affidamento su un buon motore grafico: le grosse software house ne sviluppano spesso uno proprietario, creato apposta per le esigenze del gioco. Al motore grafico, che sarà ovviamente responsabile di buona parte della qualità finale del titolo, andrà affiancato un minuzioso studio di tutte le variabili dinamiche, come l’aerodinamica dei veicoli in diverse condizioni, il clima variabile, l’usura delle gomme e altre caratteristiche che andranno poi ad arricchire l’esperienza di gioco: una fisica il più reale possibile diventa oggi uno dei punti di forza. Un’altra delle caratteristiche imprescindibili per i racing game di ultima generazione è sicuramente la qualità grafica. Lavoro che ultimamente si è raddoppiato, soprattutto per i modellatori 3D, anche a causa della tanto chiacchierata “visuale dall’abitacolo”, nella quale il giocatore va alla ricerca anche dei minimi dettagli, dalle cromature dei bocchettoni dell’aria, alle manopole del climatizzatore, oltre che a un cruscotto con tanto di contagiri e tachimetro realmente funzionali. Il numero di poligoni delle vetture, dapprima molto basso, adesso è diventato diametralmente opposto: si cerca la perfezione in ogni dettaglio, dai bulloni di un cerchio in lega sino all’interno dei fari, dotati di lampade e luci a led. Il team al contempo si occuperà delle texture, necessariamente di alta qualità, sia per quanto riguarda le vetture, soprattutto nella visuale interna ove prevista, che per quel che riguarda tutto il contorno di copertoni, asfalto, cordoli, erba, terra, alberi e montagne. Una volta terminato il modello 3D, non rimarrà che completarlo applicando, grazie al motore grafico per l’appunto, diversi shader per ottenere delle superfici sempre più realistiche. Il comparto sonoro, non meno importante dei precedenti, viene registrato per ogni singola auto in modo da risultare il più fedele possibile all’originale e in seguito modulato in base anche alle diverse visuali di gioco: per esempio quella interna al casco, nella quale avremo un suono ovattato e sordo che ci restituirà una sensazione molto realistica alla guida. Le vetture virtuali vengono successivamente testate con speciali postazioni di simulazione di guida, spesso anche facendo affidamento a veri piloti professionisti, anche per poter usufruire di un parere professionale sulla fisica delle automobili in modo da limare dove possibile eventuali incoerenze tra realtà e simulazione.

Ma l’elemento che più attrae i veri amanti del genere sono le costosissime licenze ufficiali delle auto, che non sempre vengono rilasciate con facilità. Nel caso di alcuni racing game quali Ridge Racer, Split Second, Burnout e simili, lo sviluppatore ha deciso deliberatamente di creare modelli di automobili e moto partendo da zero, trovandosi così anche a dover fronteggiare un minor investimento iniziale.

Che i giocatori adesso siano “viziati” dall’alta qualità dei titoli è un dato di fatto: si è raggiunto uno standard molto alto dal quale è ormai difficile tornare indietro, ed è forse proprio per questo che la scelta di investire nello sviluppo di un racing game competitivo è valutata con molta attenzione e cautela da ogni grosso developer presente sul mercato.




GT Sport

Finalmente dopo 4 anni Polyphony Digital rilascia al grande pubblico GT Sport, il nuovo capitolo della celebre serie automobilistica nata in esclusiva per le piattaforme Sony. Le immagini e i video promozionali rilasciati dalla casa produttrice tempo addietro avevano nutrito positivamente la curiosità degli appassionati del genere che da tempo aspettavano il grande, roboante ritorno di GT sulle console nextgen.
Dopo aver testato e analizzato il gioco a fondo emergono lati positivi che non sempre riescono purtroppo a controbilanciare quelli negativi.

Tanto rumore per nulla

Analizzando quello che è il contorno, non possiamo non apprezzare l’ottimo lavoro svolto dal team di sviluppo: un menù ben strutturato e stilisticamente impeccabile, che tramite didascalie e immagini ci accompagna in un viaggio emozionale durante la nostra esperienza di gioco, raccontandoci la storia dell’automobilismo. Graficamente impressionante, anche grazie a un supporto HDR editabile, che rende la visualizzazione del gioco il più naturale e realistica possibile, ovviamente TV permettendo.
Pollice in su per la nuovissima sezione “livree”, tramite la quale sarà possibile customizzare casco, tuta e ovviamente veicolo, mentre rimangono il solito marchio di fabbrica le prove per le patenti.
Un colpo al cuore invece è stato purtroppo vedere che, ancora una volta, Polyphony ha tristemente deciso di glissare sull’implementazione dei danni sulle vetture, con impatti che risultano fisicamente ridicoli: sotto questo punto di vista poco pare essere cambiato dal lontano 1997, anno in cui venne rilasciato l’originale Gran Turismo. Non è tutto oro quel che luccica in GTsport, erede che per certi versi non rende onore allo spessore storico del brand: Yamauchi, creatore del gioco allo sviluppo del quale ha partecipato con grande attenzione e dedizione, spiega: «guidare un’auto, non è così difficile come si lascia intendere in molti giochi. Avendo provato personalmente sia l’esperienza su strada che su pista, posso confermare che è sbagliata l’idea di simulazione data dagli altri titoli automobilistici». Ammetto che mi piacerebbe credere alle sue parole, ma purtroppo noi che abbiamo giocato GTsport, sappiamo bene quanto possa risultare incredibilmente distorta la visione dell’autore. Della tanto amata modalità Carriera non rimane che un mero ricordo, a sostituirla è presente una sezione di gioco nella quale ci limiteremo a superare delle sfide – anche abbastanza elementari – nei circuiti a disposizione.
Inoltre è davvero inaccettabile che ancora oggi le auto non abbiano una fisica degna di nota: schianti inesistenti, anche lanciati a tutta velocità contro un muretto di cinta, con il risultato di vedere l’auto bloccarsi senza alcun tipo di reazione realistica. Insomma gli studi della dinamica non hanno avuto un buon esito, e nello specifico basterà notare quanto sia banale la differenziazione tra un auto da competizione e una semplice auto sportiva, le quali in curva si comporteranno quasi allo stesso modo, pur disabilitando ogni ausilio alla guida, con manovre delle vetture che rimangono semplicistiche e abbastanza innaturali. Di certo il feeling con i controlli risulta ottimo: attenzione però, questo non dipende da una ben gestita complessità del sistema di guida ma piuttosto dalla semplicità del controllo delle vetture, che sembrano calcare un po’ uno stile di guida “ibrido”, in bilico tra arcade e simulazione.

Dov’è finito Gran Turismo?

Questo è proprio quello che ci piacerebbe sapere. Tutti ci aspettavamo un GT alla riscossa, invece abbiamo avuto in cambio un gioco tendenzialmente piatto, che non spinge il piede sull’acceleratore. Niente modalità “Carriera”, un numero ridicolo di automobili a disposizione, poche impostazioni di setup del veicolo, questa gravosa faccenda dei salvataggi, possibili solo se connessi a internet. Insomma, a cosa stiamo giocando? Tra le mani abbiamo un gioco di guida che sembra essere un’opera incompiuta, che avremmo potuto giustificare qualora si fosse intitolata GT Prologue 2.

Per concludere

Non ho voluto giocare a fondo alla open-beta per non rovinarmi la sorpresa avendo prenotato il gioco per prenderlo successivamente al day-one del 18 ottobre. Credo sinceramente che, qualora lo avessi fatto, avrei probabilmente rivisto la mia scelta, evitando di comprare un Gran Turismo Sport rivelatosi alquanto triste.




Gran Turismo Sport non ha la modalità carriera

Gran Turismo Sport offre ai fan le classiche splendide vetture e corse mozzafiato a cui sono abituati, ma purtroppo il gioco manca di una delle peculiarità principali: la modalità carriera. Il nucleo del gioco è sempre stata la modalità Gran Turismo, che consente ai giocatori di ottimizzare le corse, di collezionare veicoli nel proprio garage e di realizzarsi attraverso una carriera da corridore. Appare lampante che la sua assenza segni un duro colpo per la serie.

Al lancio di Gran Turismo Sport  a Modena, l’autore della serie Kazunori Yamauchi ha provato a esporre le qualità del gioco in assenza della suddetta modalità:

«Il fatto che questa modalità è stata completamente eliminata non è effettivamente vero. In senso stretto, la parte che è stata la modalità GT in passato è ora chiamata Mission Challenge. Dedicata al single player,consente di partecipare a diverse tipologie di gare con varie regolamentazioni e ci da la possibilità di montare pezzi sulle vetture acquistate per partecipare a queste corse.»

Tuttavia questa alternativa non riesce a soddisfare sufficientemente l’utenza, poichè la Mission Challenge non è lontanamente equiparabile alla sua storica controparte. Tecnicamente si fanno alcune cose che contraddistinguevano  la vecchia modalità carriera, ma non esiste più una struttura o un contesto: è solo un gruppo di prove di corsa – per lo più molto brevi – che ridimensiona il tutto a delle semplici sfide.

Yamauchi tenta di lasciare indizi sul motivo per cui ha deciso di fare una scelta così netta:

«Vent’anni fa, quando abbiamo fatto il primo Gran Turismo, la gente sapeva cosa succedeva quando si cambia un filtro dell’aria o aumenta il rapporto di compressione con la propria auto. Ma i nuovi utenti non hanno più questa conoscenza perché non sono interessati alle vetture, quindi abbiamo semplificato alcune aree del gioco in modo da poter fare la stessa cosa che facevamo in passato, ma è più facile da capire per le persone che entrano in auto.»

In altre parole, oggi i giocatori vogliono solo godersi le auto senza smanettare più di tanto. Forse Yamauchi ha ragione, eppure si ha la sensazione che GT Sport rimanga un po’ vuoto dopo le modifiche apportate alla modalità carriera.




Gran Turismo Sport

The real driving simulator. Probabilmente questa definizione sta un po’ stretta a un titolo che ha fatto la storia dei racing game ma che, negli ultimi anni, anche per via di una concorrenza sempre più aggressiva, ha cominciato a faticare, non riuscendo più a sostenere i ritmi sempre più accelerati dell’era digitale moderna. Gran Turismo Sport si presenta ufficialmente come uno spin-off dedicato interamente – o quasi – alle competizioni e-Sport, sfruttando anche l’importante partnership con la FIA, la Federazione Internazionale dell’Automobile. Anche se a molti potrà sembrare Gran Turismo 7 Prologue, il titolo si discosta abbastanza da ciò per cui questa saga è divenuta un cult nel mondo videoludico, differenze che, se mal gestite, potrebbero far storcere un po’ il naso. Ma andiamo con ordine.

E quindi!?

Partiamo subito dal menù. Benché a un primo impatto risulti molto elegante e pulito, non appena si comincia a navigare cominciano i problemi: tutto sembra disorganizzato, con modalità sparse e scritte fin troppo piccole per essere lette (chi scrive ha 10/10 di vista). Nonostante ciò, questo menù formato desktop, è già un elemento in grado di farci capire la passione di Kazunori Yamauchi per il mondo delle auto, con didascalie sulla storia e aneddoti sul mondo del motorsport. Uno degli elementi caratteristici dei Gran Turismo è sicuramente lo Showroom, forse il fiore all’occhiello del franchise ma in cui, ancora una volta, non è possibile esplorare i modelli in libertà, come avviene per esempio per Forza Motorsport. In ogni caso si presenta come una vera e propria enciclopedia dell’automobile, ognuna con la propria descrizione, con canale YouTube ufficiale della casa costruttrice interessata annesso. Abbiamo modo di vedere la vettura in diversi modi, sfruttando temi dinamici pre-renderizzati o all’interno di uno studio fotografico. Non manca nemmeno un intero spazio dedicato alla storia di Gran Turismo, un vero e proprio museo associato a eventi storici di un certo peso. È uno Yamauchi che inneggia a se stesso? Può darsi, ma per tutti gli amanti di questa saga avere la possibilità di osservare elementi dei capitoli precedenti in una una sorta di collezione d’epoca, è di certo un colpo dritto alla nostalgia.
Una delle novità annunciate, e richiesta a gran voce dai fan, è l’editor, che già a partire da questa demo, risulta ben realizzato: è possibile creare livree completamente da zero, sfruttando non solo classiche forme geometriche e numeri ma anche uno sconfinato numero di sponsor e altri elementi da gara che possono rendere la nostra vettura assolutamente unica. Oltre alle auto, è possibile personalizzare il casco e la tuta del nostro pilota. Tutto risulta molto completo e profondo e probabilmente diventerà una delle modalità più utilizzate dagli utenti. Tutto questo si presenta quindi come un vero car porn a tutti gli effetti ed elemento distintivo, capace di interfacciare nella maniera  più passionale l’uomo all’auto.
Tra le modalità presenti – una volta trovate – abbiamo la classica modalità arcade, dove cimentarsi in gare singole scegliendo l’auto tra le presenti o tra quelle possedute nel nostro garage, e selezionando una tra le tre difficoltà disponibili che andrà ad influenzare la quantità d’esperienza e crediti acquisiti. Possiamo cimentarci in una gara a tempo, una prova personalizzata, una gara di derapata e lo schermo condiviso per giocare con un amico.
Si arriva così alla Campagna, in cui possiamo imparare le basi della guida e partecipare a delle Missioni, in cui completare obbiettivi specifici. L’Accademia di guida prende il posto delle storiche Licenze, con una struttura abbastanza simile; in questo contesto dovremo cimentarci via via in percorsi di guida più complessi sino alla totale padronanza della vettura. Le prove a disposizione sono tantissime e, una volta completate, sbloccheranno premi in denaro e punti esperienza. Le missioni riprendono quanto iniziato da Gran Turismo 4, una serie di prove ambientate in contesti particolari che, al loro completamento, sbloccheranno punti esperienza e denaro. Infine, per la campagna, troviamo Esperienza di guida sui circuito, utile per familiarizzare con le piste presenti e affinare le tecniche di guida.
Ma il punto focale è – o comunque dovrebbe essere – Sport, vero e proprio hub centrale delle competizione online. Fanno il loro ingresso una sorta di patenti atte a descrivere il livello del giocatore e la sua correttezza. Viene tutto classificato in base a un ranking, dalla E alla S, dove, la Classificazione Pilota, migliora via via con l’ottenimento di risultati positivi mentre, la Classificazione di Sportività, è influenzato dalla condotta del giocatore, il numero di urti, uscite di piste, etc. All’interno del menù Sport troviamo le Gare Quotidiane, eventi in cui sfidare piloti dal nostro stesso livello e aumentare il nostro prestigio. Almeno in questa demo gli eventi a disposizione erano soltanto tre e accessibili solo dopo aver aspettato anche decine di minuti. Le vetture che andremo a utilizzare saranno penalizzate o potenziate in base alle media delle vetture presenti e si dovrà seguire un rigido regolamento in cui, la maggior parte delle volte, vieterà di modificare mescola delle gomme e addirittura l’assetto. Nonostante ciò il comparto multiplayer sembra già pronto e maturo, senza problemi particolari per questa demo. I veri problemi sorgono quando si cerca di identificare la vera natura di questo titolo, in bilico tra single e multiplayer, rischiando di non accontentare nessuno.

The almost real driving simulator

Una volta scesi in pista possiamo gestire molti parametri pre-gara, come il tipo di aiuti e soprattutto la gestione dell’assetto. Nulla di particolarmente approfondito, ma capace di adattare l’auto al nostro stile di guida e, eventualmente, alle condizione del tracciato.
Il modello di guida di Gran Turismo Sport è sicuramente il fulcro del titolo, ma lascia anche spazio a qualche perplessità: si presenta come un’evoluzione di Gran Turismo 6 e, se da un lato può accontentare un buona parte di pubblico, risultando particolarmente immediato, con un tocco di profondità per quanto basta, dall’altro, si rischia di allontanare videogiocatori del settore navigati e in cerca di qualcosa di più appagante. In un mondo che ha visto l’entrata in campo di numerosi racing game, GT Sport è quello col modello di guida meno rifinito e soprattutto non in grado di differenziare come si dovrebbe le diverse vetture presenti, particolarmente nella stessa classe di vetture. Fa specie – all’alba del 2018 – guidare alla stessa maniera vetture GT3 di conformazione completamente diversa come Audi o Jaguar, praticamente allo stesso modo, inficiando , non solo sul realismo ma anche nell’immedesimazione. Non stiamo parlando di un Arcade, ma sembra mancare di profondità, necessaria e ormai base di qualunque racing game moderno. Portare l’auto al limite sembra fin troppo semplice, anche senza aiuti di guida attivati, e il tutto fa fatica a restituire sensazioni particolari, come quel “pizzicorino” di cui parla James May, ex co-conduttore di Top Gear.
Interessante e molto utile invece, è la possibilità di attivare, attraverso la croce digitale, sotto-menù in cui sono indicati classifiche e tempi, un radar ma, soprattutto, la possibilità di regolare in tempo reale controllo di trazione e bilanciamento dei freni.
La fisica continua a essere l’elemento meno convincente: il peso delle vetture non risulta verosimile, fin troppo leggero e con reazioni quantomeno curiose agli urti. Anche le dinamiche di guida risultano “forzate”, come se il controsterzo non fosse una conseguenza di un nostro errore ma ci sia soltanto perché deve esserci, dando così l’impressione di essere “simulativo”. Molti elementi risultano dunque posticci, mancano di amalgama e naturalezza con una ciliegina sulla torta data dai sorpassi usando altre vetture avversarie come sponda; un piccolo revival dall’originale Gran Turismo.
Grande mancanza di questi tempi è il meteo dinamico ma con la possibilità di scegliere, prima della gara, l’orario di partenza; inoltre non c’è stato modo di provare il modello dei danni che comunque, a gioco finito, dovrebbero esserci.

L’evoluzione dà i suoi frutti

Dal punto di vista tecnico, GT Sport ha fatto un bel salto avanti rispetto alle prime demo proposte. La modellazione delle auto appare sublime per quanto concerne lo showroom mentre, colpiscono meno in gara, dove si notano elementi altalenanti e qualche piccolo difetto, soprattutto nelle zone arrotondate. Anche gli interni, benché modellati squisitamente, fanno fatica a emergere, risultando spenti, probabilmente per un utilizzo di shader non proprio azzeccato. Quello che colpisce maggiormente però è il sistema di illuminazione, tra i migliori in circolazione e che mostra i muscoli soprattutto durante i replay, vicini al fotorealismo. Meno d’impatto i tracciati, di qualità altalenante. Diversi settaggi disponibili per HDR e risoluzione 4K checkerboard, permettono a chiunque di adattare il gioco all’hardware in possesso.
La gestione della telecamera risulta abbastanza limitata: all’interno, qualora volessimo vedere attraverso gli specchietti o soltanto osservare caratteristiche degli interni, essa si disancorerà dall’orizzonte in maniera fin troppo brusca, dando l’impressione di essere una camera secondaria. Anche all’esterno non è possibile gestirla, non possiamo ad esempio girare intorno al modello  e vedere chi ci affianca. Le diverse visuali sono del tutto classiche anche se, quella più esterna, forse un po’ troppo lontana dalla vettura.
Le soundtrack – anche se andrebbero disattivate in gara – sono una raccolta di tutti i brani presenti nei precedenti Gran Turismo più qualche inedito, mentre l’audio generale e soprattutto delle vetture fatica a lasciare il segno. Il miglioramento è evidente ma siamo ancora lontani dalle produzioni concorrenti.

In conclusione

Gran Turismo Sport si appresta ad arrivare e questa demo, quasi in veste definitiva, ci ha lasciato qualche perplessità: i pochi contenuti in singolo e il numero risicato di vetture (160 nel titolo finale) tradiscono la sua natura in favore di campionati e-sport il cui interesse da parte del pubblico è tutto da verificare. Servirà sicuramente una prova approfondita del gioco per valutare il tutto ma, con la concorrenza spietata, capace di far uscire un titolo nuovo ogni biennio, forse è arrivato il momento di cambiare qualcosa in casa Polyphony Digital.




Gran Turismo Sport sarà gestito in 8K da una PS5?

Polyphony Digital afferma che Gran Turismo Sport avrà modo di intrattenere i propri giocatori per molto tempo, con lunghe ore di gameplay. L’uscita è prevista per il 13 ottobre e non si sa ancora molto, l’unica certezza che si ha è quella della scala di rendering, a cui il team sta lavorando ad d’arte prendendosi cura di ogni minimo dettaglio, al punto che il creatore Kazunori Yamauchi ha dichiarato che gli assets del titolo sono «troppo “over-specced” per PS4 Pro» – tanto da necessitare «sei mesi per creare una singola auto – intendendo dunque che la tecnologia in uso è avanzata anche rispetto al potenziale della top di gamma fra le console di casa Sony.  «Stiamo costruendo in vista delle versioni future della console piuttosto che per quella che vediamo oggi», ha aggiunto Yamauchi.
Che l’avvento di PS5 non sia poi così lontano?
Yamauchi, sempre riguardo Gran Turismo, conclude dicendo: «Penso che non sarebbe un problema gestirlo anche a 8K», lasciando intendere che pare ci aspetti davvero qualcosa di stupefacente.




Annunciata la data d’uscita di Gran Turismo Sport

Gran Turismo Sport, settimo capitolo del noto franchise, sarà rilasciato su PlayStation 4, come annunciato qualche ora fa dallo sviluppatore Polyphony Digital.

Il gioco di simulazione di corse esordirà il 18 ottobre in tutta Europa. Il lancio avviene due settimane dopo l’annuncio del diretto concorrente Forza Motorsport 7 ed è stato accompagnato da un nuovo trailer da 30 secondi.

Arrivare finalmente a questo punto, per GT Sport, è stato come percorrere una strada lunga e tortuosa.
La nuova data di rilascio è scivolata oltre 11 mesi dopo l’annuncio originario dell’editore: Sony Interactive Entertainment aveva infatti annunciato nel maggio del 2016 che avrebbe lanciato il gioco il 15 novembre 2016. Polyphony Digital ha poi annunciato nel mese di agosto che aveva deciso di rinviare al 2017 il lancio del gioco.

Lo sviluppatore aveva anche pianificato un’open beta per Gran Turismo Sport nei primi mesi del 2016, successivamente annullata, per poi concedere una closed beta ,terminata prima dello scorso marzo.

«Stiamo entrando nelle fasi finali dello sviluppo mentre ci prepariamo per il lancio», ha dichiarato il creatore della serie e Presidente di Polyphony Digital, Kazunori Yamauchi in un post su PlayStation Blog in cui annunciava la release, aggiungendo che lo studio è finalmente pronto a fornire dettagli sulle caratteristiche di Gran Turismo Sport, tra cui la modalità “campagna“, nonché vari veicoli e piste. Come già annunciato, il gioco supporterà anche il visore PlayStation VR con annessa modalità realtà virtuale.

I pre-ordini sono disponibili presso il PlayStation Store e i rivenditori europei. Gran Turismo Sport sarà disponibile nella sua edizione base a $ 59.99 e in una versione limitata al prezzo di $ 69.99 con annessi i seguenti articoli:

  • GT Sport Starter Pack (8 auto)
  • $ 1MM di crediti di gioco
  • Pacchetto adesivi livrea
  • 30 Avatar GT Sport
  • Casco da corsa cromato (per il profilo del conducente)
  • Confezione e Steelbook in versione limitata

Sony offre anche una Digital Deluxe Edition a 79,99 dollari, che implementa lo Starter Pack con quattro auto aggiuntive e raddoppia il credito nel gioco e il numero di avatar.