Marvel’s Spider-Man

Insomniac Games, ha prodotto tantissimi giochi principalmente per le piattaforme Sony, ma non è mai riuscita ad avere la risonanza di studi first party come Naughty Dog o Santa Monica; potrebbe però aver fatto il salto qualitativo con Marvel’s Spider Man, titolo che ha destato un grandissimo interesse nei giocatori sin dal suo annuncio all’E3 del 2016. Ricordiamo che Spider-Man è uno degli eroi più famosi dell’universo Marvel, e le vendite iniziali fanno ben sperare. In questa recensione proveremo a elencare cosa ci ha colpito positivamente, e cosa secondo noi dovrebbe essere migliorato in un potenziale seguito.

Gli sviluppatori si sono avvalsi dell’aiuto di sceneggiatori che lavorano anche nei fumetti Marvel, uno dei quali (Dan Slott) è anche il creatore di Mister Negativo, uno dei principali antagonisti del gioco.
Fin dall’inizio si vede l’amore degli sviluppatori per l’Uomo Ragno, dalla cura dei dettagli della cameretta di Peter Parker ai numerosissimi easter egg presenti in gioco. La storia, pur non raccontando nulla di trascendentale, svolge il suo compito in maniera egregia: il nostro Spider-Man vive in un universo creato appositamente per il gioco, non si parte più dalle sue origini, Peter è un ventitreenne, ha già assistito alla morte dello zio Ben, e ha alle sue spalle una notevole esperienza nei panni del tessiragnatele, ha già avuto una relazione con la bella Mary Jane Watson, la quale, a differenza dei fumetti, lavora come giornalista per il Daily Bugle e non fa dunque la modella.
Il gioco parte subito con la caccia e seguente cattura di Kingpin, famosissimo antagonista di Spider-Man e DareDevil: questa sezione serve da vero e proprio tutorial, sia per quanto riguarda l’utilizzo delle ragnatele per volteggiare tra i grattacieli, sia per i combattimenti, nonché per le fasi stealth.
Da qui in poi inizia la vera storia, in cui incontreremo moltissimi volti noti agli appassionati, alcuni dei quali in ruoli inediti, e assisteremo anche a momenti drammatici e alcuni colpi di scena (prevedibili per chi conosce i personaggi in questione).

L’impatto grafico è notevole, specialmente mentre si esplora la mappa: volteggiare tra i grattacieli di Manhattan è una goduria, particolarmente su PS4 Pro (la quale garantisce una maggiore risoluzione) con HDR attivo, il nostro protagonista è realizzato in maniera pressoché perfetta, sia per quanto riguarda la modellazione poligonale, sia per quanto riguarda le animazioni, tutto scorre nella maniera più fluida possibile anche nei combattimenti, il frame rate è sempre ancorato ai 30 fps sia su PS4 base che su Pro.
Anche le cutscene sono ben realizzare con ottime animazioni facciali, pur non risultando ai livelli delle produzioni targate Naughty Dog.
Il comparto audio è degno di nota, la colonna sonora composta da John Paesano è all’altezza di un blockbuster supereroistico, con dei brani che si adeguano perfettamente al contesto, ad esempio la musica che parte automaticamente ogni volta che esploriamo Manhattan usando le ragnatele aiuta moltissimo a calarci nei panni del personaggio, sembra quasi di essere in un film.

Insomniac Games si è ispirata ad altri titoli nel realizzare il gioco, in particolare Spider-Man 2 sviluppato da Treyarch nel 2004, del quale riprende la modalità in cui Spider-Man volteggia con la ragnatela (seppur con notevoli miglioramenti) e la serie Batman: Arkham di Rocksteady, della quale riprende il combat system, adattandolo allo stile dell’Uomo Ragno, sfruttando la maggiore agilità del personaggio per schivare gli attacchi dei nemici invece che contrattaccare come l’uomo pipistrello.
Fin quando controlliamo il nostro eroe il gioco esprime il suo massimo potenziale, dalle innumerevoli acrobazie durante le fasi esplorative si passa ai combattimenti che sono impegnativi al punto giusto e anche molto divertenti e ci spingono a sperimentare nuove mosse o gadget da utilizzare contro i nemici. Ma non è tutto: possiamo infatti anche utilizzare un approccio stealth, con cui è possibile far fuori i nemici con un solo colpo prima che si accorgano della nostra presenza.
Il nostro eroe può anche salire di livello e potenziarsi tramite un albero di abilità nel quale sono possibili miglioramenti sia per i combattimenti, sia per le acrobazie attuabili in fase di esplorazione.
La storia principale ci terrà impegnati per almeno 15 ore, ma saranno presenti un grandissimo numero di missioni secondarie o oggetti collezionabili che ci aiuteranno a sbloccare nuove tute per il nostro eroe, le quali, oltre a cambiare l’estetica del personaggio (sono realizzate in maniera impeccabile), offrono dei poteri unici che possono essere sfruttati in combattimento.
La nota dolente è invece rappresentata dalle missioni in cui si controllano altri personaggi tra cui Mary Jane, le quali, oltre a risultare piuttosto noiose, sono anche lunghe e non offrono praticamente nulla di interessante, potendo benissimo essere sostituite da delle cutscene.
Infine gli scontri con i boss risultano ben realizzati, anche se non offrono molta varietà eccetto un paio che sono invece spettacolari.

Possiamo dire che Insomniac Games ha realizzato il miglior gioco di Spider-Man di sempre, anche se non è un titolo perfetto: infatti alcune missioni secondarie ne smussano un po’ la qualità, ma grazie alle elevate vendite che sta registrando, possiamo essere quasi certi che ne uscirà un seguito, magari senza i difetti sopra citati e che porti finalmente questo studio talentuoso al successo che merita.




Polymega: la nuova frontiera del retrogaming

Le librerie digitali di PC e console sono inondate da titoli dall’aspetto vintage ma per ora, dopo la chiusura di LOVEroms e LOVEretro e dell’effetto domino che si è venuto a creare, gli interessati a riscoprire i veri e propri titoli del passato per ora non vivono giorni facili. Sia Steam che gli store digitali delle console non stanno offrendo una vera alternativa alle tanto amate ROM e i rivenditori su eBay sembrano voler girare il coltello nella piaga. Per quanto nero possa sembrare lo scenario attuale qualcuno si sta già muovendo e un ambiziosissimo progetto avviato un anno fa sta per vedere la luce: stiamo parlando della Polymega, una console di una nuova compagnia chiamata Playmaji e fondata da ex dipendenti di Insomniac e Bluepoint games (senza contare che questi hanno lavorato a giochi tripla A come Ratchet & Clank e Titanfall) e che promette compatibilità con ben 13 sistemi (in realtà 30 se contiamo che questa “frankenmacchina” è region free). Questi, per la gioia dei più appassionati, sono:

  • Sony PlayStation
  • Neo Geo CD
  • Turbografx 16/PC Engine
  • Turbografx 16 CD/PC Engine CD-ROM2
  • Supergrafx
  • Super CD ROM2
  • NES
  • SNES
  • Sega Mega Drive
  • Sega CD
  • Sega 32X
  • Sega CD32X
  • Sega Saturn (quest’ultima annunciata a sorpresa con il trailer di lancio per l’apertura dei preorder)

Chiunque di fronte una tale lista rimarrebbe senza fiato e i retrogamer di tutto il mondo potrebbero ritrovarsi un sistema che potrebbe risolvere un’infinità di problemi, dallo spazio in casa ai soldi da spendere per i sistemi, i giochi ed eventuali pezzi di ricambio o per la manutenzione di quest’ultime (specialmente per le console a CD costruite con un sacco di pezzi mobili o batterie RAM da cambiare). Ma cosa è esattamente questa macchina? Come può promettere una compatibilità così ampia e come risolverebbe l’attuale fame del retrogaming?

I can make this work

Il termine “frankenmacchina” che abbiamo usato poco fa descrive perfettamente la natura di questo prodotto – cara Accademia della Crusca, il mio codice IBAN è… –: la console è composta da una base, il cuore della macchina, in cui è presente il lettore CD che permette di leggere tutti i sistemi a supporto ottico (dunque ben sei sistemi) e a questa possono essere aggiunti dei moduli che leggeranno le cartucce originali, le cui ROM verranno caricate nel sistema interno per essere emulate (pertanto non sarà necessario inserirle ogni volta che vogliamo giocare con un determinato gioco), e saranno compatibili con i controller originali. Nella base troveremo inoltre due porte USB (come spiega la sezione FAQ del sito di Polymega e da come possiamo vedere dal trailer introduttivo), sarà compatibile con bluetooth e, visto che gli sviluppatori promettono aggiornamenti per il sistema operativo interno, sarà possibile connettere la macchina a internet per accedere a un futuro store, che verrà lanciato nell’ultimo quarto del 2019, dove poter scaricare giochi e, se l’obiettivo dei 500.000$ verrà raggiunto nei primi 35 giorni, persino mandare il proprio gameplay in streaming su Twitch e YouTube. Il sito ha da poco aperto i preorder: il modello base, che comprende un controller standard simil PlayStation 4 per giocare ai sistemi CD, costa 249,99$ (al cambio attuale, in Euro, sono circa 215,60€) mentre i singoli moduli, che verranno venduti insieme a dei controller cablati simili a quelli dei sistemi emulati, costeranno 59,99$ (attualmente 51,74€) e al loro interno saranno caricati ben cinque giochi. Essendo un sistema moderno, l’attacco principale della console sarà l’HDMI ma, come un NES mini o SNES mini ci permette, sarà possibile regolare l’immagine e pertanto decidere se scegliere il formato 4.3 o 16:9, se mostrare tutti i pixel, mostrare gli “scalini” o avere un’immagine “pixel perfect“. Come già accennato, questa console estrarrà le ROM dalle cartucce per poi, essenzialmente, emularle all’interno dei moduli (e permettere tutto quello quello che permettono gli emulatori: save e load state, fare screenshot, registrare il gameplay, etc) ma gli sviluppatori hanno promesso di creare degli emulatori da zero, senza l’ausilio di altri software preesistenti.

Cosa significa Polymega per l’industria?

Prima di sottolineare come Polymega potrebbe incidere sul mercato vogliamo, per prima cosa, evidenziarne alcuni aspetti. Innanzitutto, questa console viene incontro alle richieste dei retrogamer finora rimaste inascoltate; nessuna terza compagnia, le molte che operano nel campo del retrogaming per offrire nuovi dispositivi per le vecchie macchine, aveva finora pensato alle piccolezze di alcune di queste, come offrire la compatibilità con il 32X per i cloni del Sega Mega Drive, offrire un’alternativa moderna agli ormai costosissimi Turbografx 16/PC Engine, senza contare che il loro modulo leggerà, praticamente, le sei cartucce del Supergrafx (console che si sarebbe dovuta comprare a parte anche possedendo una delle due versioni della console NEC), ma soprattutto offre la prima vera soluzione per i giochi su compact disk la cui compatibilità, grazie agli aggiornamenti firmware, potrà essere espansa a ben altre console a supporto ottico in futuro come il Sega Dreamcast (continuamente citato nella sezione FAQ) il 3DO o persino la PlayStation 2. Non dimentichiamoci inoltre che l’annunciata compatibilità con i giochi per Sega Saturn è molto importante perché da sempre questa console ha avuto la negativa fama di essere la più difficile da emulare per via del suo arduo sistema dual core, parallelamente all’essere una delle più ricercate fra i retrogamer. Similarmente, i moduli da comprare a parte, che potranno anche essere sviluppati da altre compagnie, continueranno ad uscire per offrire ai giocatori nuove soluzioni per console come il Nintendo 64, Atari 2600 o chissà cosa!
La console, diversamente da altre come il Retron 5 di Hyperkin o l’AVS di Retro USB, vuole porsi letteramente come un faro per i retrogamer e, come già citato precedentemente, vuole lanciare uno store digitale dove offrire legalmente tutte le ROM apparse finora nei maggiori siti di emulazione come emuparadise.me; questo significa anche, e soprattutto, raggiungere gli sviluppatori originali e coinvolgerli in tutto e per tutto nel progetto Polymega, ponendosi come una quarta console attuale ma dedicata esclusivamente al retrogaming. Alcune grandi compagnie come Capcom o Irem hanno già espresso interesse verso questo particolare mercato fornendo, pur sempre in quantità limitate, delle cartucce commemorative funzionanti e operative prodotte da RetroBit di Street Fighter II, Mega Man 2 e Mega Man X, R-Type III e Holy Diver (ebbene sì, un gioco ispirato a Ronnie James Dio e ai Black Sabbath! Un giorno ne parleremo), senza contare che altre compagnie, anche senza il consenso dei publisher, hanno prodotto molte reproduction cartridge per giochi ormai andati persi nelle obbrobriose aste eBay come Nintendo World Championship. Grazie a Polymega potrebbe esserci un rinnovato interesse in questi prodotti repro che potrebbero persino coinvolgere i giochi su disco, cosa che finora nessuna compagnia ha mai preso in considerazione, e dunque vedere delle nuove stampe – dei reproduction disk oseremo dire – di molti giochi per Saturn, Neo Geo CD o TG16/PC Engine CD, spesso dimenticati nel vastissimo oceano retrò. Playmoji, probabilmente visti i recenti sviluppi, non si è espressa sul tema ROM da caricare via USB o backup, per ciò che riguarda i giochi su CD, però hanno lasciato intendere che una volta caricata l’immagine sul sistema, potranno essere patchati; questo aprirebbe Polymega all’intera scena hack e delle traduzioni. Che dunque che potrà esistere un modo per permettere tutto questo? Probabilmente lo sapremo solo una volta che metteremo le mani su questo fantastico prodotto.

Questioni sul sito e il chip FPGA

Un po’ di tempo addietro, il sito è stato chiuso per qualche giorno e, alla riapertura, che ha lanciato definitivamente i preorder, sono state cambiate alcune specifiche del sistema: tutti i cambiamenti sono stati spiegati in un articolo su Nintendolife, redazione molto vicina alla compagnia che sta producendo il Polymega. Playmoji ha aperto uno stand durante l’ultimo E3 in cui era possibile provare la base della console e alcuni moduli, il tutto ancora in stadio di prototipo; lì hanno raccolto i primi feedback dei potenziali consumatori e in molti si sono lamentati dei lag durante l’emulazione dei giochi per PlayStation. Gli ingegneri hanno considerato attentamente l’opinione dei giocatori e così si è optato per ottimizzare l’hardware della console cambiando il vecchio processore FPGA quad core Rockchip RK3288 di 1.8Ghz che emula i sistemi in questione, un tipo di chip montato in console come l’Analogue NT o l’AVS; per spiegarlo in breve, le schede madre delle vecchie console non vengono ricreate da capo o in una maniera diversa per evitare questioni con le case produttrici originali, ma l’intero hardware viene emulato all’interno di un processore chiamato FPGA. Adesso, all’interno del modulo base, il chip in questione è stato sostituito da un più potente Intel CM8068403377713 dual core, il ché dovrebbe un fattore positivo (e che avrebbe probabilmente permesso l’emulazione per Sega Saturn) ma non è un chip specifico FPGA che permette l’emulazione ibrida dei sistemi sopracitati; per altro, questi chip dovrebbero essere inseriti all’interno di ogni modulo ma adesso il tutto grava sul nuovo chip montato all’interno della base. È possibile che il cambio del processore non gravi per nulla sull’emulazione dei sistemi e che i competenti sviluppatori in questione sanno quello che fanno (senza contare che un prototipo funzionante è apparso all’E3 e presentava solamente problemi per l’emulazione PlayStation) ma dalla riapertura del sito Playmoji non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale oltre all’articolo su Nintendolife e le domande degli appasionati alla ricerca dell’emulazione perfetta sono ancora senza una risposta ufficiale. Ad alcuni non interessa e sono certi, visto che il nuovo processore è più potente del precedente (e dunque semplicemente facendo 2 + 2), che il sistema possa essere addirittura migliorato ma ad altri sorgono altri dubbi, specialmente visto lo strano silenzio della compagnia dopo il rilascio dell’articolo e la riapertura del sito. Bisogna dire che la zona FAQ del sito è veramente esaustiva ma ancora molte domande necessitano di una risposta abbastanza tempestiva.
Vale ricordare inoltre, che il Polymega non è un kickstarter o un crowdfunding ma c’è un reward system dalla quale, in base alle prevendite, si raggiungeranno degli obbiettivi che permetteranno di creare nuove feature per gli acquirenti, come compatibilità espansa per il lettore CD e nuovi moduli; se l’obiettivo minimo di 500.000$ non verrà raggiunto le console verranno richiamate e rilanciate successivamente seguendo il feedback dei compratori ed è per questo che Playmoji, ora più che mai, deve garantire una buona comunicazione con chi sta per prendere in considerazione l’acquisto del sistema. Di certo non si tratta di una truffa come il Coleco Chameleon (tratteremo questo tema in futuro) in quanto il sistema è già stato mostrato funzionante all’E3 e le persone dietro al progetto sono davvero competenti ma le uniche domande che per ora gli appassionati si pongono sono: sarà un sistema all’altezza delle aspettative? Vale la pena comprare questo sistema al lancio? E se il lancio va male?

Aggiornamento del 13/09/2018

Proprio di recente, per fortuna, gli sviluppatori hanno dato prova della potenza del loro  sistema e tutto sembra essere tornato alla normalità. Sul loro canale YouTube sono apparsi ben tre video di gameplay di alcuni giochi per Sega Saturn, che si avviano dalla selezione dei titoli nel sistema operativo; con questa mossa gli sviluppatori hanno dimostrato che il processore è in grado di emulare perfettamente questa macchina problematica (visto che alcuni si sono lamentati del fatto che alcuni video di gameplay mostrati nel trailer di lancio appartenessero ad alcune controparti arcade) e perciò, se è in grado di emulare il Saturn, è fondamentalmente in grado di emulare tutto il resto. In breve, la console 32 bit di Sega era la prova del nove e Polymega l’ha superata. Il primo video mostra un gameplay variegato: vengono caricati Guardian Heroes, Sega Rally Championship, Panzer Dragoon Zwei, Fighting Vipers, Dungeons and Dragons Collection: Shadow Over Mystara (questo titolo è molto importante poiché richiede l’esclusiva cartuccia RAM da 4 Mb da inserire nel Saturn, dunque questa è la prova che è anche in grado di emulare questo hardware esterno) e House of the Dead (giocato col controller, visto che le lightgun dei tempi non funzionano più coi televisori nuovi). Il secondo e il terzo video mostrano un ulteriori gameplay di Sega Rally Championship e Fighting Vipers girare a 60 FPS, meglio di come potrebbe fare un Sega Saturn originale. In tutti i video, insieme al gameplay cristallino, viene inoltre mostrata la capacità di creare dei save state e ricominciare esattamente dal punto in cui si lascia l’azione, sottolineando dunque che la macchina estrae letteralmente l’immagine per poi emularla. A questo punto, tutti i peccati di Playmoji sono stati assolti ma rimane giusto qualche dubbio: l’ultima cosa che gli utenti vorrebbero solamente vedere, stando ai commenti sui video, è uno stream su Twitch/YouTube in cui mostrano gli sviluppatori giocare effettivamente con la Polymega, inserire qualche disco e vedere il sistema che estrae l’immagine, provare e scambiare qualche modulo, etc… Si spera dunque che gli sviluppatori diano ancora più prove a sostegno della versatilità di Polymega (anche se, in realtà, ne hanno date abbastanza all’ultimo E3) ma a ogni modo, finalmente, alla preoccupazione più grande, ovvero l’efficienza del nuovo chip, è stata data una risposta molto esaustiva.
Per le comunicazioni ufficiali da parte degli sviluppatori vi basterà seguirli sul loro canale YouTube e sulla loro pagina Facebook.

(video del gameplay variegato)

(Sega Rally Championship a 60 FPS)

(Fighting Vipers a 60 FPS)



Il mercato delle licenze nei videogame

C’era un periodo, tra gli anni ’80 e i primi 2000, in cui il videogioco rientrava ancora tra quegli hobby di nicchia e veniva poco considerato o addirittura schernito dai media. Non che oggi non si trovino articoli o notizie al telegiornale che tendono a mettere i videogiochi in cattiva luce ma, se un tempo c’era solo poca consapevolezza, ora è l’ignoranza a guidare la mano di certi giornalisti che poco informati.
Piccoli sfoghi a parte, in quegli anni c’era anche chi aveva visto del potenziale in quegli ammassi di pixel, specie se abbinati a prodotti più di successo come i film. Fu Atari Games ad avere l’idea per prima, e sfruttando il successo di Indiana Jones ottenendone la licenza, pubblicò nel 1982 Raiders of the Lost Ark per Atari 2600, un anno dopo l’uscita dell’omonima pellicola di Spielberg. Il gioco ricevette un buon feedback da pubblico e critica ed è considerato uno dei migliori per la console. A partire da lì altre aziende seguirono l’esempio del colosso arcade, che continuò la pubblicazione di titoli su licenza tra cui rientra – ahimè – E.T. the Extra-Terrestrial, considerato da molti come il più grande fallimento videoludico di tutti i tempi.
Qualche anno più tardi, molti produttori si dedicarono invece sui film d’animazione Disney creando giochi degni di menzione, come Disney’s Aladdin e Disney’s Tarzan, rispettivamente prodotti da Capcom ed Eurocom, The Jungle Book The Lion King di Virgin Interactive, THQ si occupò invece del lato Pixar con Finding Nemo, Cars e Ratatouille.


Screenshot preso da Disney’s Tarzan per PlayStation, uscito nel 1999.

Anche Electronic Arts approfittò delle pellicole più famose uscite in quegli anni, portando su console e PC l’intera saga di Harry Potter. E non scordiamoci della trilogia di Spider Man, trasformata in videogioco grazie ai molteplici titoli di Activision.
Di giochi su licenza insomma ce ne sono a bizzeffe, alcuni degni del confronto con l’opera da cui sono tratti, altri dei flop totali. Ancora oggi continuano a uscirne ma a differenza delle generazioni precedenti, questi sembrano rappresentare un successo quasi assicurato, come i Batman: Arkham, Star Wars: Battlefront, La terra di mezzo, South Park; perché i developer di sobbarcano il rischio dei costi ingenti per l’acquisto di una licenza?
A rispondere a questa particolare domanda è Mark Caplan, presidente di BDLabs, un’azienda specializzata nel fare da tramite o mettere in contatto i possessori intellettuali di una determinata opera con chi voglia acquistarne la licenza: interpellato da GamesIndustry, Caplan ha spiegato che, grazie alla diffusione di molteplici piattaforme di gioco, oggi ci sono molte più opportunità per chi voglia entrare nell’industry e creare qualcosa di nuovo, e se questa rappresenta da un lato anche un’ottima occasione per i publisher di investire sulle loro IP, dall’altro molte case produttrici sentono il bisogno di acquistare delle licenze per espandere il proprio business. E questo vale da entrambi i fronti: se un tempo erano solo gli operatori dell’industry videoludica a comprare le licenze da altri settori, adesso cinema ed editoria acquistano diritti per trasporre opere videoludiche.
Per quanto possa sembrare rischioso comprare i diritti di un’opera senza sapere se questa sarà un “acquisto azzeccato”, vale la pena tentare il tutto e per tutto;: pensiamo all’attualissimo Spider-Man di Insomniac Games. Davvero niente male come inizio per essere il loro primo gioco su licenza, no?




E3 Real Time: Conferenza Sony

Una delle conferenze più attese dell’Expo di Los Angeles rimane inevitabilmente quella di Sony. La casa di PS4 ha in cantiere svariate IP già annunciate e in parte mostrate, e le aspettative sono tutte su titoli di punta come Death Stranding The Last of Us 2. Ed è proprio quest’ultimo ad aprire le danze, letteralmente: la conferenza ha inizio infatti con un’esecuzione del tema principale dell’IP di casa Naughty Dog suonata per banjo dal maestro Gustavo Santaolalla, già compositore delle musiche del primo titolo.
È il preambolo adatto per introdurre il primo trailer della serata, quello in cui si vede una bella sequenza di gioco divisa tra gameplay e cinematiche.

Il rientro vede il Presidente e CEO di Sony Interactive Entertainment America, Shawn Layden, prima sul palco, raggiungere Sid Shuman e Ryan Clements per un breve scambio di battute, nel quale emerge quello che sarà un po’ il mood della conferenza: «non aspettatevi particolari bombe, siamo qui però per farvi dare un po’ di più di quello a cui stiamo lavorando», è il succo del suo messaggio. E in effetti sarà questo il ritmo costante della serata Sony, che si mostrerà estremamente concentrata sulle IP principali in lavorazione, riservando alle terze parti soltanto alcuni brevi trailer. Il primo arriva subito dopo la breve intervista al Chairman di Sony, ed è quello delle Back in Black Maps di Call of Duty: Black Ops III, che sarà disponibile gratuitamente dall’11 giugno all’11 luglio per tutti gli abbonati al PS Plus. Una mossa da apripista, che certamente vuole incentivare gli utenti al pre-order dell’upcoming Black Ops IV.

Il ritorno è su Shuman e Clements, questa volta accompagnati da Meredith Molinari che lancia gli highlights nei quali un compendio di quel che ci aspetta per PSVR.

Non si entra ancora nel vivo della conferenza, e i conduttori fuori sala avvisano che manca poco: non resta che mostrare il trailer di Destiny 2: Forsaken prima di iniziare. Il contenuto aggiuntivo arriverà il prossimo 4 settembre.

Si ritorna finalmente nella sala che ospita pubblico e conferenza, e l’attenzione ritorna sui grandi titoli in lavorazione: uno di questi è anticipato (e il riferimento al setting è subito abbastanza chiaro) dall’esibizione dal vivo di un suonatore di Shakuhachi che ci porta con sonorità suggestive nel Giappone feudale, epoca in cui ha luogo la narrazione del lavoro di Sucker Punch, un Ghost of Tsushima che viene annunciato in tutta la sua bellezza nel trailer mostrato.

Contenuti interessanti, ma ancora nessuna release date: e l’andazzo non pare cambiare con Control, nuovo titolo di Remedy e 505 Games, di cui vediamo due minuti tra cinematiche e brevissimi scampoli di gameplay. Il titolo dovrebbe uscire nel 2019 (e, di questi tempi, il condizionale è ormai d’obbligo).

La conferenza continua mandando a schermo colori scuri, colorandoli di rosso gore, ed è il momento del rispolvero di un’altra IP: torna Resident Evil 2, e stavolta sappiamo quando, il 25 gennaio 2019.

Il colore si accende con il trailer successivo, Trover Saves the Universe sviluppato da Squanch Games in collaborazione con il creatore di Rick and Morty, Justin Roland. Pur avvalendosi di una grafica animata in 3D, lo stile dei personaggi è inconfondibile, dalla bocca del personaggio principale immerso in una vasca al tratto umoristico che rimanda alla nota serie animata, oltre al doppiatore dello stesso Morty che dà voce al personaggio viola dagli occhi rosso-blu in chiusura del trailer.

Un’IP nella quale è chiaro tutti credano all’E3 è Kingdom Hearts, il cui trailer compare anche in questa conferenza: a differenza della conferenza Square Enix, stavolta vediamo un trailer del tutto nuovo, che vede comparire Jack Sparrow e altri personaggi de I Pirati dei Caraibi, franchise di proprietà Disney, e varie sequenze sono dedicate agli scenari navali; al termine del video c’è spazio anche per l’annuncio di un All-in-One Package in esclusiva PS4 che comprende i capitoli I.5+II.5, II.8 e III.

Arriva quindi uno dei momenti più attesi in assoluto della serata, quello di Hideo Kojima e del suo Death Stranding: anche stavolta abbiamo un lungo trailer dove il Decima Engine dà il meglio di sé in un susseguirsi di spazi aperti, chiaroscuri e paesaggi dal fortissimo potere suggestivo. Emergono alcuni elementi di quello che è il lore del gioco, che il protagonista, Sam (interpretato da Norman Reedus), gravato dal compito di “portatore di corpi” (neonati, per lo più, ma vi è una sequenza con quello che pare chiaramente essere un corpo adulto avvolto in un lenzuolo bianco), emerge un rapporto non lineare con la memoria, e pare corroborarsi l’idea della presenza di più dimensioni, ma è ancora troppo poco per delineare anche vagamente un setting narrativo che si preannuncia davvero complesso.

Il trailer successivo è una vera sorpresa: spuntano i nomi di Koei Tecmo e Team Ninja, ed è subito Nioh 2. Non si sa ancora molto data la brevità del video ma è certamente un ritorno ben accolto da tutti i giocatori.

Altro momento attesissimo è quello di Spider-Man, con un altro trailer sospeso tra cinematiche e gameplay mozzafiato, dinamico, con un combat system che richiama i Batman di Rocksteady ma diversamente elaborato, più esplosivo e adatto alle caratteristiche dell’Uomo Ragno: purtroppo anche qui niente release date e, se questo ci pareva accettabile, per le precedenti IP, su questo titolo Insomniac Games lavora ormai da un po’ e risulta poco comprensibile la mancanza di un orizzonte d’attesa anche generico.

Una conferenza compatta e alquanto contenuta quella di Sony quest’anno, che ha scelto di porre l’accento su quattro importanti IP molto attese dai giocatori: certo lascia perplessi la scarsità di release date (davvero pochissime) e la totale assenza di Days Gone, titolo sul quale ci si aspettava qualche contenuto in più, vista la prossima uscita a febbraio 2019. Molto è rimandato di certo alla Gamescom di agosto, ma Sony dovrà tenere a mente la risposta da dare a Microsoft, che a questo E3 ha offerto una conferenza ricca di contenuti e dalla quale è emerso un chiaro messaggio riguardo il futuro.
La concorrenza non è finita, e Sony, se vuole restare sulla cresta, deve certamente impegnarsi di più.




Ratchet & Clank: 15 anni e non sentirli

Sono trascorse un paio di settimane dalla GDC (Game Developers Conference), quando il team Insomniac, salì sul palco per parlare dei 15 anni di storia, di una delle loro IP più conosciute: Ratchet & Clank. Ma gli interventi dello stesso team di sviluppo, sono stati tutt’altro che celebrativi per quanto riguarda la famosa saga.

Il regista Brian Allgier dice:

«Protagonista del gioco, in principio, sarebbe dovuto essere una ragazza con un bastone, una sorta di mash-up tra Zelda e Tomb Raider, ma quest’idea purtroppo non era ben vista dal team, che avrebbe dovuto lavorare poi sul gioco. A quel punto Ted Price (Presidente di Insomniac) decise di troncare quel concept che era stato intitolato appunto “Ragazza col bastone”. Era il 2001, Insomniac aveva 35 dipendenti che stavano lavorando al progetto e avevano bisogno di una nuova idea vincente. Il capo-ufficiale creativo, Brian Hasting, annotò una frase molto generica sulla lavagna degli appunti “un alieno, che gira tra i pianeti raccogliendo armi e gadget”, il team accolse positivamente da subito la nuova proposta, era un idea semplice ma aveva funzionato.»

Dopo aver cestinato un paio di concept, il team riesce a concretizzare finalmente i primi progetti di Ratchet, soprannominato “Lombax” da Ted Price, e del suo aiutante Clank. Inizialmente la squadra aveva pensato di metterne uno a capo dell’altro ma poi optarono per porli allo stesso livello. L’intenzione sin da subito, fù quella di creare qualcosa che fosse un mix tra il poliziesco Arma Letale e i cartoni animati del sabato mattina.
Durante la stesura del prototipo, il team non riuscì a far sì che la tecnologia PS2 iniziale gestisse correttamente il gioco, per questo motivo quindi lavorò fianco a fianco con Mark Cerny per ottimizzare la tecnologia della console Sony, che una volta migliorata, permise finalmente a Ratchet & Clank di vedere la luce.

«Il primo gioco era innovativo e fatto bene – dice insomniac alla GDC –  Ma era più un gioco di ruolo e le armi sembravano quasi opzionali. I due personaggi Ratchet e Clank non avevano moltà profondità, anche Ratchet stesso risultava essere borioso, sarcastico e non eccessivamente simpatico».

Insomniac, decise di concentrarsi sul contorno, personaggi, armi e humor, a partire dal secondo capitolo, Fuoco a Volontà (2003). Quando successivamente arrivò anche il terzo, Up your arsenal (2004), fu un vero e proprio successo per il franchise. Finalmente Ratchet & Clank aveva una propria personalità ben definita: era un gioco in perfetto equilibrio tra un platform e uno shooter, che raccontava una vera storia d’amicizia, con un contorno di armi fantasiose e gadget intelligenti, arricchito dalla possibilità di esplorare i pianeti. Un gioco pieno di colori vivaci e umorismo.

Nel corso del GDC, Insomniac ha voluto sottolineare solamente dove e perché, il team ha deluso le aspettative dei propri fan. Dal terzo capitolo in poi, lo studio aveva evoluto con successo la serie da un “platform con un carattere da sparatutto”, a uno “sparatutto con un carattere da platform”.
Eppure, nonostante tutto, Insomniac stava iniziando a preoccuparsi sempre di più che i giorni del “personaggio mascotte” stavano per finire. Sentiva che era necessario cambiare qualcosa per mantenere la serie sull’onda del successo, il tutto racchiuso nelle parole di Brian Allgeier:.

«Adattati o muori, ascolta ciò che i giocatori vogliono, osserva le tendenze e amplifica ciò che contraddistingue il tuo gioco».

Lo studio sentiva di aver raggiunto il vero successo con Up Your Arsenal, ma la filosofia “adattati o muori” applicata da quel momento, avrebbe inevitabilmente portato a un “crollo”. Per evitare che il franchise stancasse i fan infatti, il team di Insomniac, ispirato dalla serie Halo, produsse, nel 2005 sempre per PS2, Ratchet: Deadlocked (conosciuto anche come Gladiator). Era stato rimosso Clank dal nome («non è stato bello», ammette lo studio, che era pesantemente combattuto) e il gioco non includeva il popolare Qwark. Insomma, il titolo non aveva più tutte quelle caratteristiche che avevano reso un successo Ratchet & Clank e il risultato fu infatti, che ai fan non piacque, tanto che sia Allgeier che TJ Fixman (lo scrittore della serie), ammisero di aver commesso un grande errore allontanandosi da quella che era l’idea originale della serie, nello sviluppo di questa nuova veste di gioco non proprio azzeccata.

Insomniac, a quel punto, sapeva che in futuro avrebbe dovuto attenersi il più possibile al DNA del gioco originale, cosa che fece quando nel 2007, sviluppò il quinto capitolo della serie: Ratchet & Clank: Armi di Distruzione, sui sistemi PS3. Fu una sfida ardua per il team, quella di effettuare un restyling completo passando da una generazione a un’altra, ma alla fine riuscì nel proprio intento, creando nuovamente quello che era per i fan il vero Ratchet & Clank di un tempo, ma questa volta con una veste del tutto rinnovata. Praticamente un successo, o quasi, poiché a molti fan non piacque il finale, che vide Clank rapito dal misterioso Zoni. Così il team decise di dare qualcosa ai giocatori per rimediare, sviluppando un anno dopo un breve DLC, chiamato Alla ricerca del tesoro, che mise una pezza al buco creato dalla precedente storia, introducendo anche diverse novità al gioco, come i dialoghi, i puzzle-game e altro.

Proprio perché non era un vero e proprio capitolo di Ratchet & Clank, Alla Ricerca del Tesoro, permise al team di osare sotto alcuni punti di vista tecnici, ma anche di dare un filo logico a quello che poi sarebbe stato il successivo, e ultimo capitolo, della serie, che arrivò poi nel 2009 con A Spasso nel Tempo: un successo indiscusso sotto ogni punto di vista che vide, nel finale, anche l’annientamento del super-cattivo Nefarious in una delle basi spaziali.

L’epilogo della serie andò talmente bene che Sony pretese da Insomniac che si rimettesse a lavoro su un ulteriore capitolo della serie. Inizialmente cercarono di evitare questa forzatura narrativa che aveva visto il suo capolinea nell’ultimo gioco, ma alla fine i fan e Sony ebbero la meglio, convincendo Insomniac a rimettersi in carreggiata e pubblicare nel 2011, Ratchet & Clank: Tutti per Uno, che costrinse anche TJ Fixman a modificare il finale della serie trovando un modo per non far sfuggire Nefarious al suo destino che sembrava essere stato già designato, e che, per volere di Sony, doveva essere presente nel nuovo titolo. Alla fine, Tutti per Uno risultò essere uno dei migliori spin-off della serie, ma purtroppo non ebbe il successo sperato. Successo che arrivò invece due anni dopo, nel 2013, con Nexus, ultimo capitolo della serie, una storia breve ma ben sviluppata.

Da quel momento Insomniac e Sony avevano deciso di comune accordo di mettere da parte il franchise.

Almeno finché, nel 2016, non venne nuovamente tirato fuori da Kevin Munroe e Jericca Cleland che diressero per il grande schermo, Ratchet & Clank: film d’animazione basato sul gioco, ma che si allontanò troppo dalla mitologia originale dell’IP per l’adattamento cinematografico.
Allgeier decise così di sfruttare la corrente e creare al contempo anche un nuovo titolo, per PS4 questa volta: «Un gioco basato sul film basato sul gioco», dice scherzando. Proprio per aggirare il problema creatosi con il filo narrativo della pellicola cinematografica, TJ Fixman decise di affidare la narrazione a un personaggio improbabile e poco raccomandabile,  il capitano Qwark, giustificando così alcune eventuali incongruenze narrative.
Il remake di Ratchet & Clank fù un vero e proprio successo, con numeri che non si vedevano dai tempi dei vecchi titoli su PS2.

Allgeier conclude:

«Dove la serie andrà a parare in futuro non è certo, ma una cosa lo è, “adattarsi o morire” è una opzione, ma allontanarsi da quello che è il DNA del gioco, è un errore. Abbiamo imparato tutto ciò che potevamo sulla chiave del successo di Ratchet & Clank, lo abbiamo migliorato e aggiornato. Adesso ci spingeremo verso l’ignoto!».



Come spiegare alla stampa i propri videogiochi secondo Ryan Schneider

Spesso davanti a una telecamera può capitare di essere imbarazzati o letteralmente pietrificati. A tal proposito, Gameindustry.biz ha chiesto al Chief Brand Officer di Insomniac Games, Ryan Schneider di rivelare qualche trucco del mestiere a tutti gli sviluppatori che si approcciano a un’intervista.

Schneider esordisce spiegando come le domande che attanagliano la maggior parte degli sviluppatori alle prime armi siano sempre le stesse, e non nasconde che anche lui spesso si trovi a combattere con le stesse preoccupazioni, nonostante la grande esperienza; ha ammesso infatti, di convivere con la pressione di dover trasmettere la passione di tutto lo studio per un progetto, quando si trova davanti a un microfono. Ecco quindi i suoi consigli partendo dal tema principale:

«Il concetto è questo: non importa se siamo nervosi ma il modo in cui incanaliamo la nostra apprensione in un’intervista difficile, a dispetto delle emozioni che proviamo»

La paura dell’ignoto

L’ansia nasce principalmente da una paura che lui chiama “paura dell’ignoto” che deriva dal non sentirsi sicuri nell’affrontare una situazione mai vissuta prima. Per questo motivo si deve riuscire a capire, prima dell’intervista, il tema su cui si baserà l’intera discussione; anche se i giornalisti non sono inclini a rivelare le proprie domande prima dell’intervista, spesso lasciano trasparire la loro visione sull’argomento. Infine, suggerisce di esprimersi diversamente se l’intervista sarà scritta o in video.

Fare pratica

Per Schneider ciò che rende perfetti è la pratica, quindi prima dell’intervista bisogna prepararsi, prendendo come esempio il suo studio; lui stesso prepara i colleghi ad affrontare un’intervista e, per farlo bene, prepara gli scenari peggiori, come una domanda riguardo lo studio e alla quale lo sviluppatore può per errore rispondere rivelando dati sensibili. Il suo metodo consiste anche nel chiedere ai colleghi che saranno intervistati cosa vogliono trasmettere, ovvero il messaggio principale, da lui chiamato “home base”, al quale bisogna sempre ritornare, soprattutto quando il giornalista svia il discorso usando le tecniche che lui chiama “deviare e schivare”; molto semplicemente, è molto utile usare alcune frasi che riportino al discorso principale. Il messaggio, nella maggior parte dei casi e in base alla sua esperienza, è l’elemento che contraddistingue il gioco. Consiglia di essere il più naturali possibili poiché, se ci si affida alle parole di un PR, spesso non si è molto amati dal pubblico per la freddezza delle dichiarazioni. Ritorna poi sul messaggio principale spiegando che per poterlo trasmettere senza problemi, bisogna essere trasparenti col giornalista mentre si scelgono i parametri dell’intervista, in modo da poterlo veicolare al meglio, o si può anche decidere di presentare i propri parametri in modo da rivelare qualcosa sul gioco solo quando lo si vuole e soddisfare il giornalista.

Le conclusioni

Infine, l’esempio ricade sul creative director di Insomniac, Bryan Inthiar, che incarna alla perfezione questi consigli, ovvero sicuro di se, fa suo il messaggio ed è se stesso mentre parla del gioco che sta sviluppando. Sostanzialmente, quando si affronta un’intervista, si deve sapere cosa si vuol dire e cosa non; serve tanta pratica prima di ottenere la giusta sicurezza nel far proprio il messaggio che si vuole trasmettere e far sì che questi suggerimenti funzionino.




Il nuovo logo di Insomniac Games

Insomniac Games, sviluppatore noto per Ratchet & Clank, (ma anche per Resistance: Fall of Man, Sunset Overdrive) e attualmente al lavoro sul prossimo Spider-Man, ha inaugurato il suo nuovo logo. Il messaggio sul sito web della società spiega così la ragione del rebranding:
«Abbiamo sempre cercato di tenere il passo dei costanti cambiamenti dell’industria che adoriamo. Questa è una delle sfide e al contempo delle benedizioni di rimanere uno studio completamente indipendente. Ma, mentre continuiamo a crescere, il nostro logo è rimasto in gran parte rimanendo lo stesso. Considerando che fra un paio di anni festeggeremo il nostro venticinquesimo anniversario, e quest’anno festeggiamo il quindicesimo di Ratchet & Clank, era ancora più chiaro per noi che fosse il momento di coordinare ulteriormente la nostra immagine con la nostra visione in quanto studio.
Quindi, mentre pensavamo a un nuovo marchio che rappresentasse la nostra “identità visiva”, abbiamo voluto sfidarci a “pensare oltre la luna”, e abbiamo escluso un semplice aggiornamento del logo. Piuttosto volevamo una riprogettazione che riflettesse la nostra evoluzione come studio e come persone, pur mantenendo una certa familiarità con i nostri tratti distintivi passati»
Insomniac scrive infine che gli si sono presentate diverse opzioni, ma che hanno deciso rapidamente per accelerare il processo di rebranding.
Ecco come si è evoluto il logo di Insomniac Games in tutti questi anni: