Mars or Die

Negli ultimi anni l’Italia ha dimostrato una sempre più grande valenza nel mercato delle produzioni videoludiche, con realtà diverse che giorno dopo giorno pongono il nostro paese all’interno dell’entertainment system. Un esempio su tutti è la milanese Milestone, che da venti anni continua la produzione di giochi di corse su console e PC, diventando velocemente il metro di paragone per qualsiasi team di sviluppo nel nostro paese. Tra alti e bassi, la produzione italiana ha recuperato terreno soprattutto nel mercato degli indie, dove chi riesce a rimanere a galla con budget esigui massimizzando i profitti per quanto possibile, ha la possibilità di far esprimere a ai creativi emergenti le proprie idee in completa autonomia, senza (o quasi) la pressione dei publisher.

34Bigthings è una giovane casa di sviluppo torinese, che si è fatta notare per i due capitoli di Redout, gioco di corse futuristico alla maniera del più blasonato Wipeout. Uscito su tutte le maggiori piattaforme e PC, il gioco ha dimostrato l’abilità del team nell’utilizzare il versatile motore grafico Unreal Engine 4 creando di fatto un prodotto che non ha nulla da invidiare alla concorrenza, sia in termini tecnici che strutturali, ottenendo un discreto successo.

Il team però non si è adagiato sugli allori e, archiviato il secondo capitolo della serie futuristica, ha intrapreso la via per un nuovo progetto: il nostro Mars or die.

Vincere e vinceremo… o forse no?

Le premesse di Mars or die sono simpatiche e originali: un gruppo alieni umanoidi, di chiara ispirazione alla iconografia del Ventennio Fascista, decide che è giunto il tempo di una impellente espansione coloniale. L’obiettivo è quello di occupare il pianeta Marte, rosso e bolscevico, eliminando i suoi abitanti. Purtroppo la missione non si rivela lineare come prospettato e le complicazioni giungono molto presto.

Il plot è molto semplice e diretto, in poco tempo ci ritroveremo a controllare uno dei due camerati disponibili nel gioco, ognuno con le proprie skill e caratteristiche peculiari: il primo in grado di difendersi (e attaccare) grazie ad uno scudo laser che si attiverà tramite il nostro comando, il secondo ha in dotazione una piccola pistola a raggi utile per farsi strada nel inospitale pianeta rosso. Più avanti nel gioco avremo la possibilità di controllare entrambi i PG  simultaneamente e in questo senso il gioco ci spinge a utilizzare le loro proprietà in maniera strategica in base alla situazione.

Il gameplay presenta una struttura come il più classico degli RTS, ma gli sviluppatori hanno pensato di implementare meccaniche da tower defense provando a conferire dinamismo alle sessioni di gioco. Sarete chiamati a raccogliere minerali utili ad ampliare le tecnologie indispensabili per la sopravvivenza su Marte; si comincia dagli estrattori per finire al centro di ricerca in grado di creare upgrade per le vostre difese. Tutte le strutture necessitano un costo in energia solare che potrete ricaricare tramite appositi pannelli solari. Mano a mano che le vostre risorse aumentano e l’esplorazione della mappa progredisce, sarete in grado di resistere alle orde di alieni marziani pronti ad annientare qualsiasi traccia della vostra esistenza. In tutto questo gli sviluppatori hanno inserito un fattore indispensabile per il vostro proseguimento: la riserva di ossigeno. L’aria su Marte è irrespirabile e le vostre riserve sono molto limitate, sarete quindi costretti a costruire generatori di ossigeno lungo il vostro percorso, creando un senso di ansia non da poco. Il gioco quindi possiede due cuori perfettamente distinguibili: una prima parte di esplorazione e raccolta risorse, una seconda parte di difesa e resistenza agli attacchi nemici.

La campagna conta 9 differenti missioni (che creano a sua volta un grande tutorial), concluse queste sarete liberi di conquistare Marte attraverso la modalità Conquista infinita dove l’unico limite di tempo è stabilito dalla vostra capacità di sopravvivenza.

Rosso pianeta bolscevico e traditor

Sul piano tecnico i ragazzi di 34Bigthings riescono a gestire egregiamente il motore grafico creando un gioco piacevole da vedere. Stilisticamente si difende bene; i personaggi che abitano l’universo di Mars or Die sono simpatici e caratterizzati perfettamente prendendo in giro gli aspetti più kitsch dell’estetica fascista. L’Unreal Engine viene sfruttato egregiamente, le texture dei paesaggi e dei modelli poligonali sono ben definite e si ha una buona impressione di pulizia visiva su schermo. Durante le sessioni di gioco non si sono riscontrati cali di frame, anche grazie al fatto che non è presente una eccessiva mole poligonale durante le run. Ma non tutto è stato sfruttato a dovere: se da un lato abbiamo una buona modellazione dei personaggi e dei nemici, dall’altro vediamo ambientazioni prive di qualsiasi possibilità di interazione, spogli e senza idee. La monotonia affligge pesantemente gli scenari di gioco e nel giro di quindici minuti avrete visto tutto ciò che è in grado di offrirvi. Anche la scarsa varietà nella tipologia dei nemici tende a portare tutto alla noia. Per quanto riguarda l’audio, tutto è nella media, con poche musiche (orecchiabili e nulla più) ed effetti sonori che rimangono nei dintorni della sufficienza.
La localizzazione è buona e gli sviluppatori hanno simpaticamente scimmiottato i messaggi propagandistici del regime, concedendo ai personaggi un tocco di personalità utile a creare un’atmosfera ironica e goliardica.

In conclusione, il gioco è tutto qui. Nove missioni tutorial e una campagna infinita costituiscono la sostanza del prodotto di 34bigthings, onestamente troppo poco per gli standard di oggi. Al prezzo in cui viene proposto non rappresenta di certo un’offerta allettante e le speranze che contenuti aggiunti vengano rilasciati tramite patch sono remote. Allo stato attuale Mars or Die rappresenta il primo passo falso per una software house che fino a ora ha avuto qualcosa di interessante da dire, ma che con quest’ultimo lavoro non ha svolto sufficientemente i compiti a casa.




Euro Truck Simulator 2

Ognuno di noi ha dei sogni nel cassetto, strani o meno che siano: il mio è quello di battere un camionista in una mangiata di carne, per poi prendere la sua consegna e onorarne la sua morte dopo la sconfitta. Ah no, quella è una puntata dei Simpson.
In ogni caso, la ceca (nel senso di “Repubblica”, sono di Praga, come Tomáš Rosický) SCS Software, ormai sei anni fa, venne alla ribalta con Euro Truck Simulator 2, uno dei tanti sim-game che vanno forte in nazioni come la Germania e che non fanno della qualità il loro punto d’eccellenza, come per esempio, il primo Euro Truck Simulator, un titolo che, nel migliore dei casi, potevate trovare nei cestoni “tutto a cinque euro”. Allora com’è possibile che questo seguito sia diventato un titolo di culto, giocato e apprezzato in tutto il mondo? Andiamo a vedere!

Truck Drivin’ Song

Lo scopo del titolo è incredibilmente semplice: da umili novizi del settore dovremo compiere varie consegne in giro per l’Europa, così da utilizzare i soldi guadagnati per creare la nostra ditta con tanto di sedi e dipendenti assunti. Praticamente il sogno di ogni piccolo capitalista delle quattro ruote.
Ma Euro Truck Simulator 2 è molto più di un semplice gioco dove dovremo consegnare un trattore dal punto A al punto B. È un simulatore sotto ogni punto di vista.
Bisognerà stare attenti alla strada e ai suoi abitanti, come se guidassimo un vero camion: fare attenzione ai segnali stradali, ai limiti della velocità e soprattutto agli altri camion e macchine. Anche perché l’IA di queste ultime diciamo che non è proprio eccellente, avendo la tendenza a interpretare il codice della strada a modo suo.

Graficamente, ETS 2 offre ancora un buon colpo d’occhio, nonostante l’uscita ormai datata: usando settaggi alti è possibile vedere gli scorci delle autostrade europee e dei monumenti più importanti delle rispettive città, come il Colosseo di Roma, con dettagli che fanno ancora la loro figura dopo sei anni. Soprattutto se si sfrutta il photo mode incluso nel gioco, capace di offrire fotografie di ottima caratura.

Il sonoro è forse la vera pecca del gioco: il motore del proprio autotreno non romba del tutto, e risulta parecchio artificioso. Niente che non possa essere sistemato da qualche mod disponibile online o sul workshop di Steam, anche se sarebbe preferibile un miglioramento sotto questo punto di vista. L’unica traccia musicale originale è quella del menù, un pezzo simil-lounge che introduce bene all’atmosfera rilassata del titolo. Per il resto è possibile importare i propri mp3 preferiti o, addirittura, sfruttare gli indirizzi RMTP delle radio online in diretta!

Riguardo al gameplay, i sistemi di controllo sono molteplici: si può scegliere di circolare sulle strade europee con l’accoppiata tastiera e mouse, oppure usando un joypad o, se si coltiva davvero il sogno di fare l’autotrasportatore, adoperando volante e pedaliera, per un’esperienza di guida il più possibile vicino alla realtà.

Il punto forte del gioco di SCS Software è indubbiamente la longevità: ETS 2 è un titolo letteralmente infinito, oltre a essere perfetto per staccare la spina con un rilassante viaggio tra le nazioni europee. E al carico si aggiungono anche le centinaia di mod disponibili online e i tanti DLC usciti in questi anni, tra semplici pack estetici ed espansioni che aggiungono paesi e città non presenti nel titolo base come Going East!, Scandinavia, Vive la France e il recentissimo Italia. Il tutto coadiuvato da un supporto costante da parte degli sviluppatori e alla frequentatissima community di World of Trucks, sito che riunisce tutti gli appassionati del gioco e che offre anche delle consegne esclusive sia per Euro Truck Simulator 2 che per il suo corrispettivo yankee, ovvero American Truck Simulator!

On the road again

Tirando le somme, giocando a Euro Truck Simulator 2 si capisce perché sia diventato un gioco di culto nella comunità PC, aprendo la strada ai simulatori di ogni tipo: i camion delle varie compagnie sono ricreati con una grande cura per i dettagli, così come le strade e le città. Non benissimo il lato sonoro e l’intelligenza artificiale degli altri veicoli, ma si può chiudere un occhio visto quanto il gioco sia supportato dallo sviluppatore e dalla community.
Quindi vi consiglio di armarvi di joypad o pedaliera e volante, mettere su un po’ di sano blues e lanciarvi alla volta delle autostrade europee, in uno dei titoli certamente più caratteristici del panorama videoludico moderno.




Nintendo Switch è la console venduta più velocemente in Italia

Dopo aver registrato il record come console venduta più velocemente nella storia del mercato americano, e le ottime vendite riscontrate nel periodo natalizio in Giappone, è il turno di un altro record per Nintendo Switch: infatti la nuova console di casa Kyoto è diventata la console venduta più velocemente nella storia del mercato italiano, battendo i primi 10 mesi di vendita di un’altra console Nintendo, ovvero il Wii.

Tramite un comunicato stampa, il direttore generale di Nintendo Italia, Andrea Persegati, si è detto molto soddisfatto delle vendite della console ed è sicuro che tale successo continuerà anche nel 2018, grazie ad una serie di giochi in uscita come Kirby Star AlliesBayonetta 2Dragon Quest Builders e un nuovo gioco di Yoshi. A questa line-up si aggiunge l’attuale libreria formata da titoli di qualità come The Legend of Zelda: Breath of the WildSuper Mario GalaxySplatoon 2, ARMS, Mario Kart 8 Deluxe e Xenoblade Chronicles 2.
Nel comunicato trovano spazio anche gli oltre 300 titoli di terze parti e il costante afflusso di giochi indie disponibili sullo store digitale della console.




Videogame nello Stivale: breve storia dei videogiochi in Italia

Quando si parla di videogiochi, l’Italia è tra i paesi industrializzati meno gettonati. Software house poco presenti – e soprattutto una cultura non al passo col resto del mondo– ci hanno un po’ penalizzati, anche a livello di mercato. Solo adesso vediamo un po’ la luce con SH come Milestone e Kunos e nuove realtà emergenti come Caracal Games, 34BigThings, MixedBag, Storm in a Teacup e altre che stanno cercando di dare un po’ di lustro al nostro paese. Nonostante ciò, la storia che riguarda i videogiochi del Bel Paese ha origini più antiche di quanto si possa pensare.

Il principio

Nonostante i cabinati fossero già comuni a partire dagli anni settanta, è dal decennio successivo che il nostro paese comincia realmente a muovere i primi passi all’interno di un mercato in ascesa costante. Paesi come Stati Uniti e Giappone erano pionieri di una tecnologia digitale che in Italia attecchiva con difficoltà, ma questo non impedì a società lungimiranti di fare i loro primi tentativi, sia nella produzione di hardware che di software. Già nel 1981, la Zaccaria costruì il suo primo cabinato, il Quasar. Non solo era una novità in sé ma risultò anche innovativo per via dell’introduzione del co-op: infatti due giocatori potevano condividere il singolo schermo entrando nella stessa partita. Questa peculiarità lo spinse al punto di essere uno dei cabinati più apprezzati negli Stati Uniti.
Furono realizzati altri cabinati, che non ebbero la stessa fortuna fino a quando, con l’avanzare della tecnologia delle console casalinghe, cominciarono a sparire del tutto. L’ingresso in campo dell’Atari VCR 2600 spinse alcune aziende, tra cui la GIG, a investire su questo nuovo tipo di videogiochi. Uno dei primi tentativi fu Leonardo, una console progettata sulla base della Bandai Arcadia che, come la console giapponese, faticò a trovare mercato. Nel frattempo però, oltre alla costruzione di intere macchine da gioco divenne fondamentale entrare nel mercato videoludico con dei software proprietari. Essendo la patria del calcio, uno dei primi videogiochi italiani ad avere un discreto successo fu I Play 3D Soccer per Amiga e Commodore 64, sviluppato da Simulmondo. Se oggi possiamo giocare a FIFA o a Pro Evolution Soccer lo dobbiamo anche a questo, in quanto fu uno dei primi giochi di calcio con visuale tridimensionale dall’interno del rettangolo di gioco. Questa software house italiana si dedicò successivamente alla produzione di avventure grafiche, fra cui quelle su Dylan Dog, che ebbero un discreto successo.
Nonostante la crisi di mercato di metà anni ottanta, questo settore cominciava a prendere sempre più piede tanto che, in quegli anni, cominciarono ad apparire anche le prime riviste dedicate come Video Giochi di Jackson o Zzap edita da Hobby/Xenia.
Negli anni novanta è sempre il calcio a portarci avanti, e Italy ’90 Soccer di Bardari Bros, sfruttando le notti magiche dei Mondiali, seppe ritagliarsi il suo spazio arrivando sulle console più popolari dell’epoca. Oltre a questo, ampio respiro ebbero anche Over the Net e Warm Up, che resero Bardari la società italiana più affermata.

La crescita degli anni novanta

Se sui software gli italiani cominciavano a prendere spazio, sull’hardware le difficoltà cominciavano a diventare eccessive: l’8-bit era ormai obsoleto e nuove e più potenti macchine – tra cui il PC che entrava nelle case – portarono le società italiane a rinunciare alla produzione di proprie console per via dei costi divenuti ormai proibitivi. Ciò nonostante, molte software house cominciarono a muovere i primi passi cercando di sfruttare un mercato che cresceva in modo esponenziale e che non dava segni di resa. Tra i giochi più conosciuti in questi anni vi è sicuramente Lupo alberto, basato sul fumetto creato da Silver nel 1973. Fu un titolo di grande successo, sviluppato da Idea Software con personale del calibro di Antonio Farina e Simone Balestra che di lì a poco avrebbero fondato Graffiti/Milestone, nel 1994. Proprio la Milestone diventa una delle software house più affermate non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, specializzandosi nei titoli motoristi con o senza licenza.
Un’altra figura di spicco in quegli anni è Christian Cantamessa che, dopo aver contributo alla creazione di The Big Red Adventure per Dynabyte, divenne – ed è tutt’ora – Lead Designer di Rockstar Games per lo sviluppo di Red Dead Redemption e Level Designer per GTA: San Andreas.
La metà degli anni novanta vede l’entrata in campo di nuove e più potenti console come Sony Playstation che, con l’utilizzo di supporti ottici, consentiva l’utilizzo di una maggiore quantità di dati. Questo diede modo ad alcune software house come Trecision e PixelsStorm di sviluppare titoli più complessi, come Puma Street Soccer, un gioco di calcio da strada con una fisica per certi versi innovativa ma che non diede modo al titolo di riscuotere il successo sperato. Altre software house, come LightShock Software, si dedicarono allo sviluppo di picchiaduro come Pray for Death, che prendeva molto da Killer Instinct ma riuscì ad avere una propria identità, diventando un titolo abbastanza controverso per via della musica di sottofondo utilizzata (Techno ndr) e una trama che consisteva nella creazione di un torneo indetto da Lucifero in persona e personaggi che spaziavano da cloni di Bruce Lee a vichinghi e dominatrici. Non siamo al livello di Tempesta d’ossa o va all’inferno, ma ci andiamo vicino.
Tra quegli anni e il nuovo secolo nascono e muoiono infinite SH ma, se c’è un elemento che ha cambiato radicalmente la fama delle società italiane, è sicuramente il Nintendo GameBoy Advance, per il quale lo sviluppo di titoli italiani ebbe notevole fortuna. Questo spinse alla creazione – tanto da diventarne pionieri – e allo sviluppo di giochi per handheld che ebbero notevole successo anche fuori dai confini italici.

Un mondo nuovo

Nel nuovo secolo è sempre Milestone a fare la voce grossa, collaborando con colossi del calibro di Electronic Arts: Superbike 2000 e Superbike 2001, sfruttando la licenza della SuperBike, riscossero un ottimo successo internazionale sia di critica che di pubblico, considerati ancora tutt’oggi, tra i migliori giochi sulle due ruote di sempre.
Il 2000 è un anno importante anche per l’entrata in scena del primo studio Ubisoft in Italia, Ubisoft Milano, che contribuì a dare i natali a Paperino: Operazione Papero. Lo studio milanese ha aumentato di anno in anno la sua sfera d’influenza, passando dallo sviluppo e la conversione di titoli per le console portatili fino allo sviluppo di interi titoli come l’acclamatissimo – e recentissimo – Mario+Rabbits: Kingdom Battle. La sua mano è presente anche nei recenti Assassin’s Creed, Rogue e Liberation, in Ghost Recon: Wildlands e Just Dance 4, titoli dall’ottimo successo e che sicuramente danno lustro al nostro paese.
I primi anni del 2000 sono contraddistinti dall’avvento di nuove console come PlayStation 2 e Xbox. Queste console permisero uno sviluppo tecnologico non indifferente e una delle software house che prese la palla al balzo fu proprio l’italiana Idoru che, assieme a Double Jungle, contribuì a sviluppare titoli su licenza di campionati di Basket o Pallavolo ritagliandosi una notevole fetta di mercato.
In questi anni anche diversi publisher vengono fuori, come Halifax o 505 Games. In stretta collaborazione con Konami, Sega, Square-Enix, o l’italiana Kunos Simulazioni, permettono la distribuzione nel nostro paese di titoli dal calibro di Pro Evolution Soccer, Assetto Corsa o Payday 2.

Ci siamo anche noi

E dunque arriviamo a oggi. Chi si ritaglia ampio spazio nel settore è sicuramente Milestone che, sfruttando licenze come quella del Moto Mondiale, conquista ogni anno grandi consensi da parte di critica e pubblico nonostante tecnicamente non proprio al passo coi tempi. I motoristici sono il suo pane e titoli come i vari WRC, MXGP e un titolo come Ride, che con la nomea di Gran Turismo delle moto” ha avuto un grandissimo successo, e ulteriormente migliorato col secondo capitolo, hanno contribuito a far sì che Milestone sia una delle software house più apprezzate a livello globale.
Chi ha mosso i primi passi in questi anni – e molto bene anche – è Kunos Simulazioni che dopo aver sviluppato simulatori di guida come NetCar Pro e Ferrari Virtual Academy, ha portato – e sta ancora portando avanti –  il progetto Assetto Corsa, apprezzatissimo simulatore di guida non solo dalla critica e dal pubblico ma anche da case costruttrici come Ferrari, Lamborghini o Porsche. L’utilizzo del laser scan e migliori tecnologie per la raccolta dati delle vetture hanno reso Assetto Corsa, il più preciso simulatore di guida sul mercato. L’avvento del titolo su console, seppur con qualche problema, ha portato questa piccola software house, con sede nel Circuito di Vallelunga, a rivaleggiare con i pezzi grossi nel settore, come Turn10 e Polyphony Digital, facendosi ben valere.
È una delle maggiori realtà italiane e anche questo sta contribuendo alla crescita di piccoli team di venir fuori, fra cui, oltre a quelli citati all’inizio, c’è anche Ovosonico che ha appena sfornato il suo piccolo capolavoro Last day of June.
Il futuro sembra quanto più roseo e dopo un lungo e tortuoso percorso, siamo riusciti finalmente a ritagliarci il nostro spazio nell’immenso universo dei videogiochi.




Forma.8

Forma.8 è un classico metroidvania che racchiude tutta la propria forza nel suo stile grafico evocativo, nella scelta dei suoni e nell’ambientazione misteriosa e affascinante. Dopo un breve filmato introduttivo che mostra una grossa astronave – all’interno della quale vengono preparati molteplici droni di forma quasi perfettamente sferica che vengono immediatamente inviati a esplorare il corpo celeste – sopraggiungere su un pianeta sconosciuto, prenderemo i comandi di uno dei piccoli robot, finito all’interno di quella che si rivela essere una costruzione artificiale all’interno di un ambiente naturale sotto la superficie del pianeta. Ed è così che veniamo lasciati soli all’interno di quella che, nel corso delle circa 7 ore di gioco, scopriremo essere una vasta mappa formata da stanze sempre diverse ma ben collegate tra loro, alla ricerca di qualcosa che ci verrà rivelato soltanto nel finale. Il sistema di controllo è semplice e intuitivo, anche perché, durante le prime fasi di gioco, avremo a disposizione soltanto due poteri: quello di lanciare un impulso elettrico, e l’utilizzo di un esplosivo a tempo, entrambi necessari per poter interagire con l’ambiente circostante e per combattere le forme di vita nemiche che popolano il pianeta. Presto scopriremo che questi poteri possono interagire l’uno con l’altro e ci ritroveremo a lanciare gli esplosivi contro i nemici, direzionandoli e allontanandoli da noi tramite l’impulso elettrico. Pian piano che avanzeremo nel gioco scopriremo che tutti i nostri compagni droni sembrano essere stati abbattuti, ed è da questi che assorbiremo anche gli altri poteri che ci permetteranno di affrontare sfide sempre più complesse.

Uno degli elementi più interessanti del titolo è certamente lo studio delle diverse bossfight, che non sono affatto ripetitive e richiedono sempre l’uso del cervello prima di lanciarsi all’attacco ciecamente. Durante l’esplorazione, inoltre, ci imbatteremo in alcuni artefatti collezionabili che più in là nell’avventura scopriremo di poter utilizzare in una determinata stanza per sbloccare dei power-up che ci permetteranno di affrontare il backtracking in maniera più rapida e funzionale. Non manca certamente l’implementazione di alcuni enigmi ambientali, alcuni dei quali richiedono una certa dose di ingegno e di pazienza per essere risolti, e di alcune stanze-sfida che daranno del filo da torcere ai giocatori completisti. Nel complesso, il gioco non risulta frustrante, tranne appunto nel caso in cui si voglia completarlo al 100%. Purtroppo la storia perde un po’ del suo fascino in un finale non all’altezza delle ore di gioco che lo precedono e questo è un difetto non da poco, un vero peccato visto il senso di mistero e solitudine che tutto l’environment ci trasmette, accompagnato da una colonna sonora onirica e minimale che ben si fonde con il design grafico del titolo, elementi che ci spingono a continuare l’esplorazione senza sosta alla ricerca del modo di superare un certo ostacolo o scoprire nuovi passaggi. Una nota di merito per la scelta di inserire di alcune citazioni a giochi illustri e riferimenti ai classici retrò. Non mancano inoltre alcuni easter egg dei quali però è meglio tacere, onde evitare di rovinare la sorpresa al giocatore.

La versione per Nintendo Switch è l’ultima in ordine cronologico anche per la casa di Kyoto, poiché arriva dopo le edizioni per Wii U e 3DS. Il gioco gode di buone performance sul dispositivo, sia in modalità dock che in quella portatile. In quest’ultima, con tutta probabilità, risulterà impossibile portarlo a termine con una sola carica di batteria. Le note dolenti purtroppo non mancano: a partire da alcune incertezze nel framerate che fortunatamente si palesano soltanto in alcuni caricamenti di mappa, durante il passaggio da una stanza all’altra, passando per alcuni glitch che occorrono utilizzando il teletrasporto o uno dei poteri avanzati, difetti che più di una volta hanno bloccato per alcuni secondi la console prima di restituirci la schermata di gioco. Un unico bug riscontrato in una fase avanzata, fortunatamente non necessaria al completamento della storia, che ha avuto come conseguenza e per ben due volte consecutive il crash del gioco. Infine la vibrazione dell’HD rumble, unico difetto davvero importante in quanto impostata in maniera troppo forte e che di conseguenza produce un movimento ed un suono davvero fastidiosi. Nulla che comunque non possa essere sistemato da una patch.