Nel Football Manager che vorrei, regen a cinque stelle e 666

Football Manager è più di un normale gestionale calcistico. È parte della vita di ogni allenatore virtuale che si rispetti, talmente tanto da costringerci a compiere azioni che “normalmente” non nessuno farebbe: basta chiedere a chi ha affrontato una stagione con la Lazio mentre la moglie era in travaglio, per esempio; oppure al conteggio delle mie ore passate su FM dal 2012 a oggi, più di 5000 giri d’orologio passati a imprecare contro i movimenti sbagliati dei miei difensori o a esultare per una promozione in Serie A col Palermo ottenuta sul filo di lana.
Insomma, come diceva Robbie Williams, «è la cosa migliore che abbia giocato in vita mia», ma è sempre così? I forum, d’altronde, traboccano di suggerimenti degli appassionati diretti agli sviluppatori di Sports Interactive. Quindi, da buon fan, mi unisco a loro: ecco cinque cose che vorrei su Football Manager 2020.

#1: più elementi ruolistici

“Ma Football Manager è un manageriale, mica un GDR” direte voi. Eppure Miles Jacobson, head director di Sports Interactive, intervistato da PC Gamer, ha detto «è uno strategico, ma anche un GDR. Ha più personaggi non giocanti (o NPC) di qualsiasi altro gioco di ruolo al mondo, permettendo di creare una storia unica, completamente diversa da giocatore a giocatore». Proprio perché FM è una simulazione con elementi ruolistici, c’è bisogno di sentire la crescita del nostro allenatore virtuale. Per questo vorrei che in FM 2020 si potessero finalmente allenare le giovanili dei club, magari delle serie inferiori, non avendo requisiti particolarmente alti, imitando in qualche modo il percorso di alcuni ex calciatori, poi diventati allenatori, come Fabio Grosso, passato dalla primavera della Juventus all’Hellas Verona.
E a proposito degli elementi GDR, sarebbe molto apprezzato un intervento mirato allo stipendio che percepiamo durante la stagione, cosa che, al momento, è praticamente inutile. Perché non stimolare l’aspetto ruolistico del gioco, usando proprio i soldi che riceve il nostro allenatore virtuale, nel miglioramento delle skill tramite vari corsi da frequentare, seguendo il modello dei patentini? E a proposito di quest’ultimi, sarebbe ancora più intrigante vedere la nostra reputazione crescere in base ai risultati ottenuti durante le stagioni, rispetto ai patentini ottenuti. Non vedo perché un allenatore senza patentino che vince un campionato di Prima Categoria debba valere meno di qualcuno più qualificato, ma reduce da un esonero o da una retrocessione. D’altronde, Maurizio Sarri è partito proprio ottenendo promozioni nei campionati inferiori, per poi compiere la scalata che lo ha portato ad allenare il Chelsea

#2: Sui giovani d’oggi non ci scatarro su

I cosiddetti newgen (o regen), ovvero i giovani creati dal gioco che, in un periodo della stagione, arrivano nel nostro settore giovanile. Amati da molti, odiati da alcuni, un buon lavoro di scouting può permetterci di scovare quel regen dalle potenzialità incredibili e che potrebbe migliorare, grazie alla mano dello staff e al tutoring di qualche giocatore più esperto. Purtroppo, i giovani soffrono di un problema atavico della serie, dovuto al loro mercato: molte volte, quando finalmente si trova quel giovane dall’abilità potenziale da almeno quattro stelle su cinque, e si cerca di acquistarlo, la squadra detentrice del cartellino “spara” pretese impossibili (per esempio, 50 milioni per un giocatore che al momento vale 300.000€). Se questo modus operandi è plausibile per un giocatore ritenuto fulcro di una squadra (citando un esempio di qualche anno fa, i 100 milioni di euro richiesti da Urbano Cairo per Andrea Belotti del Torino), trovo francamente insensato un salto così alto per un giovane che potrebbe avere sì grandi potenzialità, ma difficilmente usciranno fuori da una squadra dalle caratteristiche inferiori rispetto una squadra di mezza classifica in Serie A. D’altronde, nella scorsa sessione estiva di mercato, l’Empoli ha acquistato il cartellino di Antonino La Gumina dal Palermo per nove milioni…
A parte il folle mercato dei regen, trovo che sia più realistico veder arrivare nuovi giocatori nelle giovanili già dall’inizio della stagione, rispetto ai regen apparsi in Italia nel mese di marzo, quando la stagione calcistica si avvia alla conclusione. Chissà, magari potremmo trovarci in casa un potenziale exploit come Cutrone da inserire piano piano nelle gerarchie della squadra già dalla preparazione estiva.

#3: «stai zitto lo dici a tuo fratello»

Diciamoci la verità: le conferenze stampa su Football Manager sono sempre la solita solfa, noiose e ripetitive. Molti giocatori infatti, preferiscono affidarle al proprio allenatore in seconda e a questo punto: perché non inserire un po’ di “pepe“? Magari sempre affidandoci all’elemento ruolistico? Nel profilo del nostro allenatore troviamo la nostra reputazione dettata dai colleghi. Perché non inserire anche giornalisti e opinionisti al novero? Magari non è tanto di costume in Inghilterra come da noi (basti pensare alla lite Varriale-Zenga o alla recente querelle tra Adani e Allegri), però potrebbe dare quel quid in più che manca a FM. Volendo, si potrebbero sfruttare i dissapori contro i giornalisti di settore (o alcune fonti velenose nei nostri confronti) per indurre un silenzio stampa da parte della nostra società, atta a proteggere non solo noi, ma anche la squadra e il suo morale.

#4: Un po’ di comodità in più…

Football Manager è un gioco a cadenza annuale, come molti altri del genere: mi viene da pensare, per esempio, a Out of the Park Baseball. OOTP, così come FM, condivide l’immensa mole di dati e l’attenzione per il lato manageriale del cosiddetto diamante. Ma il titolo di Out of the Park Developments ha un vantaggio: la possibilità di migrare i salvataggi dal titolo precedente a quella nuova. Trovo assurdo che un titolo molto venduto come il manageriale di Sports Interactive non abbia questa comodità in più che sicuramente sarebbe gradita dai fan. Anche perché, affrontare una carriera lunga magari una dozzina d’anni, per poi essere costretto a ricominciare tutto da zero è, francamente, fastidioso. E credo anche che una scelta del genere aiuterebbe molti modder della scena, come Claassen, a non dover ricompilare una mole assurda di dati solamente per modificare qualche promozione o retrocessione.

#5: Un mondo migliore

A proposito di spunti da prendere da altri titoli, porto come esempio Motorsport Manager di Playsport Games e distribuito da SEGA, proprio come FM: una delle cose che più apprezzo di questo manageriale motoristico è la possibilità di votare il regolamento della stagione successiva, rendendo così il mondo di gioco più dinamico, aggiungendo un po’ di strategia in più, se pensiamo alla nostra scuderia. Tutto ciò potrebbe (e dovrebbe) essere applicabile anche su Football Manager, visto che il mondo del calcio è in costante evoluzione: è un po’ strano vedere la VAR disponibile in game nelle sole Serie A, Bundesliga e Liga quando, nella realtà, viene decisa l’introduzione della tecnologia a partire dagli ottavi di Champions League o nei prossimi playoff e playout di Serie B. Ma a parte l’applicazione di VAR e Goal Line Technology, sarebbe interessante vedere dei punti di penalizzazione in classifica dati dal gioco, senza dover intervenire obbligatoriamente nell’editor esterno: basta vedere l’ingarbugliata situazione della Serie B degli ultimi anni per avere un esempio. Per quanto sia una situazione complicata, il tutto darebbe quel tocco di realismo del quale Football Manager s’è sempre fatto alfiere. D’altronde, se viene simulata la brexit nel gioco, non vedo perché non si possa applicare lo stesso ragionamento anche per ciò che riguarda direttamente il mondo del calcio.




La storia di Championship e Football Manager

1° settembre 1992: data di uscita del primo Championship Manager, sviluppato interamente in casa dai fratelli Paul e Oliver “Ov” Collyer. Ma la storia, in realtà comincia nel 1985, come narrato da loro stessi:

“Eravamo appassionati di titoli calcistici come Mexico ‘86 e l’originale Football Manager sviluppato da Kevin Toms per ZX Spectrum. Giocavamo davvero qualsiasi gioco di calcio che ci capitasse in mano e, nell’arroganza tipica della gioventù, pensammo di poter fare meglio di tutti gli altri.”

Ci vollero tanti anni per trasformare l’ambizione in realtà, visto che Paul e Ov all’epoca erano studenti universitari: il titolo prese vita nel 1991 e l’anno successivo venne pubblicato dalla Domark, publisher poi passato a Eidos,  e ora facente parte di Square-Enix.
Il primo Championship Manager, uscito per Atari ST, Amiga e successivamente MS-DOS, era un titolo rozzo, programmato in BASIC, senza licenza e munito solamente di schermate testuali al contrario di giochi dell’epoca, come The Manager o il già citato Football Manager di Toms: il gioco ricevette pure alcuni rifiuti da publisher come Electronic Arts proprio per le tante mancanze e un gameplay lento e poco vicino all’azione. Ma tutto ciò non fece demordere i Collyer, e CM divenne un piccolo fenomeno di culto in Inghilterra, oltre a essere pubblicato anche in paesi come Francia (sotto il nome di Guy Roux Manager, derivato dal leggendario allenatore dell’Auxerre), Norvegia e Italia, anche se queste ultime due versioni differivano dal gioco principale per la presenza dei giocatori reali.

Proprio il nostro paese gioca un ruolo fondamentale per la crescita del fenomeno Championship Manager, o Scudetto, come è noto ai più da noi: ai tempi la Serie A era il campionato calcistico più famoso al mondo, e nel 1993, arrivò la volta di Championship Manager ‘93 e di Championship Manager Italia, i primi sotto l’effige Sports Interactive, co-fondata proprio dai fratelli Collyer: abbandonato il BASIC, si passò al linguaggio C, e il titolo ottenne un grande successo, grazie all’arrivo dei giocatori reali e, nel caso di CM Italia, la possibilità di giocare i campionati di Serie A e B.
CM ‘93 era solo la prima pietra per il successo della serie, che arrivò nel 1995, con Championship Manager 2 e le seguenti espansioni per le stagioni ‘96/’97 e ‘97/98. Oltre a varie migliorie tecniche, venne aggiunto anche il campionato scozzese, oltre alla telecronaca a cura di Clyde Tyldesley, all’epoca cronista della BBC, che risultò essere uno dei motivi particolari per il quale viene ricordato il titolo. Ma CM 2, principalmente la versione ‘96/’97, viene ricordata per l’introduzione della Sentenza Bosman, che permette il trasferimento a costo zero di un giocatore con il contratto scaduto, o di un pre-contratto gratuito, nel caso non restino più di sei mesi di contratto con la precedente squadra, com’è successo nel recente caso di De Vrij, passato dalla Lazio all’Inter.

Tra i punti fondamentali del successo di CM, secondo i Collyer, vi è la possibilità di creare un intero universo calcistico con ogni salvataggio, pur basandosi sulla realtà, e l’incredibile lavoro di scouting interno a cura di Sports Interactive. Quest’ultima detiene possibilmente la rete più numerosa al mondo, con centinaia di ragazzi facenti parte dei gruppi di ricerca che monitorano i giocatori di circa 4.000 squadre sparse in 51 nazioni, come accade nella nostrana RIO (Ricerca Italiana Official).
A tal proposito non sorprende sapere di apprezzamenti verso il lavoro di SI da parte di allenatori come Andre Villas-Boas od Ole Gunnar Solskjaer, oltre a racconti che creano del vero proprio folklore interno, come la storia del figlio di Alex McLeish che consiglia al padre un giovane Leo Messi o dell’Hoffenheim che acquista Firmino proprio grazie alle statistiche registrate dalla rete di scouting del gioco.

Dopo il successo di CM 2, arrivò il turno di uno dei titoli più amati dai fan, ovvero Championship Manager 3, in particolare la versione 01/02 che viene tutt’ora giocata e supportata da una community attivissima che non smette di aggiornare le rose di tutto il mondo: tutto questo grazie anche al fatto che Championship Manager 01/02 sia stato reso disponibile gratuitamente dal 2009 .
Ma i problemi arrivarono nel 2003, con il rilascio di Championship Manager 4: nonostante sia stato il titolo più venduto al lancio su PC, CM 4 era afflitto da bug e mal programmato a causa delle continue pressioni da parte di Eidos. Gli utenti si lamentarono dell’engine 2D, che sembrava programmato di fretta, oltre che della pesantezza delle richieste hardware rispetto ai titoli precedenti. Per non parlare del mercato irrealistico e di squadre dilettantistiche che costruivano stadi da 850.000 posti. Non bastò CM 03/04 ad aggiustare i numerosi problemi del titolo precedente e la fine del rapporto tra Sports Interactive e Eidos divenne inevitabile, con Jacobson e i Collyer che tenettero gli asset del gioco, e il publisher che tenne i diritti del nome Championship Manager.

La storia ci insegna che Sports Interactive ha avuto ragione: la serie di Championship Manager è di fatto morta nel 2011 dopo una serie di titoli inadeguati a cura di Beautiful Game Studios, mentre Football Manager vende milioni di copie anno dopo anno, e ha ormai scolpito il suo nome nell’immaginario dei giocatori amanti del genere manageriale, oltre che dei fan del calcio, e degli adetti ai lavori: libri, spettacoli di stand up comedy e addirittura un documentario uscito nel 2014 con persone che narrano del loro amore verso il titolo SI, come ex calciatori e star dello spettacolo. Alla fine è proprio come ha detto l’ex Take That Robbie Williams, recente protagonista della cerimonia d’apertura dei mondiali di Russia 2018: «è il miglior gioco che sia stato mai creato… è un gioco, vero?»




Dealer’s Life

«Ogni articolo qui ha una storia, e un prezzo. E se c’è una cosa che ho imparato in ventun anni è che non sai mai cosa entrerà da quella porta.»
Questa è l’introduzione di Affari di Famiglia, noto programma televisivo sul banco dei pegni gestito da Rick Harrison. E quale incipit migliore per descrivervi Dealer’s Life, opera prima dei ragazzi italiani di Abyte Entertainment uscita a fine marzo sui sistemi Android.

Il gioco è un tycoon game dove ci troveremo a gestire un negozio dell’usato, alla ricerca di oggetti di valore da comprare, per poi rivenderli a un prezzo maggiorato così da generare un profitto. Ma gli inizi sono difficili per tutti: quindi, partiremo dalla zona meno raccomandabile della città e con una fama praticamente inesistente. Saranno le nostre abilità a fare la differenza, in primo luogo, la contrattazione, vero fulcro di ogni bravo venditore che si rispetti: come ci insegna Les Gold, bisogna giocare al ribasso, comprando a un prezzo inferiore rispetto a quello proposto, per poi rivendere, a un prezzo maggiorato, l’oggetto al cliente. Magari facendo anche la faccia tosta di dire «…e ci sto rimettendo!»

Dealer’s Life offre degli elementi RPG, come le quattro skill del nostro personaggio: competenza, che ci aiuta a dare una stima più precisa per i vari oggetti da vendere o acquistare, carisma, fondamentale per la riuscita di una contrattazione, intuito, che ci aiuterà con la personalità dei clienti e nel riconoscimento degli oggetti contraffatti, e fortuna. A proposito degli oggetti contraffatti, bisogna fare attenzione nel venderli o produrli tramite il falsario, pena un durissimo colpo alla nostra reputazione e ai nostri affari!
In base alla grandezza del nostro negozio, avremo anche la possibilità di allargare il nostro team formato da vari impiegati, come l’esperto (dalle fattezze simili a quelle di Les Gold), fondamentale per dare una stima corretta degli oggetti e per aiutarci a scovare eventuali falsi, il lavacervelli (ovvero l’Agente J di Men in Black), che può darci una seconda chance con i clienti, magari dopo una conversazione spinosa o una trattativa finita male, il restauratore (qui viene citato Rick Dale, protagonista dello show televisivo Missione Restauro), che può migliorare le condizioni dei nostri oggetti in vendita, oppure i vari fortunelli, analisti, profiler e commessi, che aggiungono punti in più alle nostre abilità.

Il titolo presenta anche degli elementi procedurali, come eventi casuali positivi o negativi, regolati in base al nostro grado di fortuna, nonché quest legate ad alcuni personaggi centrali, come il nostro rivale, che non mancherà di sfidarci in continuazione, o l’arrivo di un personaggio della malavita locale che ci chiederà il pizzo: in quel caso starà a noi decidere se accettare la sua “protezione” o rifiutare.
Graficamente parlando, il gioco è modellato sul motore Unity, in grado di girare senza problemi anche su hardware poco potenti. Il design generale è caratterizzato al punto giusto, con una nota a margine per il tratto dei vari personaggi, che, personalmente, ricordano un vecchio cult nostrano dei tempi che furono: Tabboz Simulator. I clienti che si avvicendano nel nostro negozio sembrano quasi l’evoluzione dei tabbozzi e dei metallari del glorioso titolo freeware dei primi anni 2000.

Sul piano del gameplay, la sfida offerta è tanto semplice quanto appassionante: il gioco della domanda e dell’offerta è ben spiegato, grazie anche alle numerose finestre d’aiuto attivabili e disattivabili in ogni momento. Dovremo stare attenti a non sforare con il nostro budget, magari attirati dalla possibilità di guadagno che un negozio di lusso può darci: in caso di eccessive perdite di denaro, verremo prima salvati dalla banca, che ci donerà un budget d’emergenza, mentre se andremo in rosso una seconda volta, sarà game over definitivo.
Il sonoro è ben fatto, magari non spicca tra le qualità migliori del titolo, ma svolge bene il suo compito: la musica di sottofondo, in stile funky, si sposa bene con l’atmosfera scanzonata di Dealer’s Life, e alcuni effetti sonori sono ben azzeccati.
Sotto il profilo della longevità, ci troviamo di fronte a uno di quei titoli capaci di farci dire “un’altra giornata di lavoro e poi smetto”, mentre invece faremo nottata a furia di guadagnare denaro. Ma, a parte sessioni di gioco intense, Dealer’s Life si presta bene anche a sessioni brevi, per esempio, sui mezzi pubblici o nelle pause pranzo.

In conclusione, l’opera prima di Abyte Entertainment appartiene alla categoria degli oggetti vintage che trovi nel soffitto di casa, e che, dopo un’attenta valutazione di un esperto, si scoprono essere delle gemme nascoste. Il design che colpisce dritto al punto, unito a un gameplay semplice ma appassionante, e alle molteplici citazioni pop di oggetti e personaggi, rende Dealer’s Life una vera e propria sorpresa.
Trovate il gioco su Play Store in due versioni: la Lite, gratis ma con pubblicità al suo interno, e Premium, a pagamento, ma senza pubblicità e con la possibilità di giocare offline e di ottenere un negozio di lusso in esclusiva per la versione.




Football Manager 2018

Anno Domini 2018:  l’Italia si ferma ai quarti di finale dei Mondiali dopo i maledettissimi calci di rigore contro il Belgio. Nonostante la cocente eliminazione, il CT Giampiero Ventura verrà riconfermato e sarà chiamato al riscatto per gli europei del 2020. Il mondiale russo andrà alla Francia, che sconfiggerà la Colombia di misura per 1-0. Mentre, restando in territorio nazionale, la Juventus di Massimiliano Allegri riuscirà a centrare il settimo scudetto di fila con ben 104 punti, due in più rispetto al record realizzato nel 2014 con Antonio Conte alla guida della compagine sabauda, che nel frattempo si sta godendo il back-to-back sulla panchina del Chelsea.

Dite che nella vita reale sarà andato tutto diversamente e che il futuro sarà differente? In effetti avete ragione, ma questa non è la vita reale: questa è la mia annata su Football Manager 2018, nuovo capitolo della pluripremiata saga manageriale calcistica sviluppata da Miles Jacobson e dai ragazzi di Sports Interactive.

Amichevoli pre-stagionali

Come in ogni anno pari, Football Manager 2018 aggiunge delle novità rispetto al precedente anno: tra queste abbiamo il ritorno della simulazione della Brexit, la possibilità che i nostri regen (ovvero i giovani calciatori creati dal gioco stesso che andranno a popolare le nostre squadre primavera) facciano outing (novità introdotta dagli sviluppatori per sensibilizzare sul tema dell’omofobia), e due aggiunte ex novo: l’introduzione del centro medico e delle dinamiche, ovvero la gestione umana della propria rosa.

Partiamo proprio dalle dinamiche, probabilmente l’aggiunta più succosa di questo Football Manager 2018: in passato la micro gestione dei propri giocatori era frastagliata e confusionaria, adesso a venirci in aiuto abbiamo uno schema piramidale che mostra le gerarchie dei vari giocatori, dal più al meno importante, una suddivisione in gruppi sociali, e dei vari diagrammi che mostrano la felicità della nostra rosa, l’atmosfera nello spogliatoio, l’affiatamento della squadra e il sostegno nei nostri confronti. Insomma, dovrete proprio impegnarvi al fine di mantenere un gruppo unito e dal morale alto, onde evitare ammutinamenti che potrebbero essere pericolosi anche per la permanenza nella squadra. Un’aggiunta che aumenta il grado di realismo del gioco, visti esempi simili successi nella realtà, com’è successo al nostro Claudio Ranieri, che, nonostante lo storico scudetto vinto lo scorso anno, è stato esonerato dal Leicester per aver perso le redini dello spogliatoio.

Il centro medico, invece, è un hub dove possiamo monitorare la situazione degli infortuni, purtroppo sempre presenti in grande quantità (forse anche troppa…), al fine di prevedere delle ricadute anche parecchio gravi. Insomma, non è molto bello quando la stella della vostra squadra si trova costretta a mancare per gran parte della stagione a causa di un legamento che salta.

Heavy Metal Football, Tiki Taka o Sarrismo?

Per quanto riguarda la parte tattica, anche essa ha subito delle modifiche più o meno sostanziali: sono stati aggiunti nuovi ruoli come il carrilero e la mezzala, la possibilità di impostare ali e centrocampisti laterali come registi larghi e l’introduzione grafica delle intese nel nostro 11 titolare: ad esempio, due archi che mostrano l’intesa nella nazionale italiana della cosiddetta BBC tra Barzagli, Bonucci e Chiellini. È stata migliorata anche la gestione dei calci piazzati e la possibilità di creare degli scenari tattici personalizzabili da usare durante alcune fasi della partita, ad esempio se siamo in vantaggio o in svantaggio di una o più reti.
Un’altra novità è quella delle riunioni pre-partita, dove si possono istruire i propri giocatori a usare determinati compiti tattici, come quello di giocare in maniera più offensiva o difensiva. Fate attenzione su cosa puntare, perché potreste anche abbassare il morale e il sostegno dei giocatori nei vostri confronti!

Nonostante le migliorie sul piano tattico, bisogna purtroppo parlare anche della nuova interfaccia grafica, abbastanza grezza e pensata soprattutto per schermi grandi come i 22″ o i 24″: questo può penalizzare soprattutto gli utenti che giocano a Football Manager 2018 sui laptop (e vi assicuro che è un titolo perfetto da giocare durante le lunghe tratte ferroviarie) o su schermi di piccole dimensioni. Trovo poco convincente anche il nuovo sistema di scouting, che, nonostante l’apporto di novità ben accette come i pacchetti per la ricerca di giocatori giovani e senior (si parte dall’area nazionale, il minimo disponibile, fino alla ricerca globale, completa ma parecchio cara per le casse della vostra società) rende il tutto pesante e confusionario.

La dura legge del gol

Spostandoci sul campo, Football Manager 2018 riesce nel compito di realizzare qualche gol ma anche di sbagliare delle occasioni incredibili sotto porta. Da quest’anno il motore grafico supporta le DirectX 11 mandando quindi in pensione le ormai vetuste DirectX 9, il che lo rende un gioco leggermente più pesante da far girare, soprattutto sugli hardware più datati: se siete possessori di un PC o un laptop poco performante (o se, semplicemente siete dei giocatori di vecchia data come il sottoscritto), continuerete a preferire la visualizzazione della partita in 2D.
Ci sono stati dei miglioramenti anche nelle riunioni negli spogliatoi prima della partita e nell’intervallo, adesso più intuitive e utili, e nelle interviste dai tunnel. Migliorate anche alcune animazioni dei giocatori, più realistiche e meno goffe, questo grazie al lavoro nel motion capture realizzato da Creative Assembly. Non si può dire lo stesso dei comportamenti dell’intelligenza artificiale, a mio parere migliorata sì nei giocatori di competizioni più celebrate come la Serie A o la Premier League inglese, ma ancora da sistemare negli atleti dei campionati inferiori come la Lega Pro o, ancora peggio, le serie regionali inglesi.

Tutto sommato questo Football Manager 2018 continua la buona tradizione dei suoi predecessori: ha ancora qualcosa da limare, ad esempio alcune righe di testo tradotte in un italiano claudicante o, nel peggiore dei casi, non tradotte proprio, ma per il resto il gioco di Sports Interactive resta ancora il re dei manageriali calcistici. Le nuove aggiunte delle dinamiche e le migliorie sotto l’aspetto tattico valgono il prezzo del titolo, e le molteplici mod disponibili sul web che migliorano skin e interfaccia di gioco o addirittura introducono campionati non disponibili nel gioco di base (volete allenare la squadra della vostra città che gioca in Prima Categoria? Basterà cercare il database apposito!) rendono Football Manager un gioco letteralmente infinito che conquista proprio tutti: dal semplice appassionato, fino agli addetti ai lavori (su tutti i calciatori Antoine Griezmann dell’Atletico Madrid, il red devil Paul Pogba o addirittura i vari scout delle società che approfittano dell’enorme database e delle statistiche fornite da Prozone per scovare nuovi talenti) e pure qualche celebrità del mondo dello spettacolo come i cantanti Paolo Nutini e l’ex Take That Robbie Williams!
Se siete spaventati dall’incredibile mole tattica e statistica, non disperate: dal 2016 a questa parte esistono altre due versioni più semplificate del gioco: Football Manager Touch, che offre una minor gestione societaria e tattica e la possibilità del cross-save tra PCtablet e smartphone, oppure Football Manager Mobile, versione semplificata all’osso e disponibile sempre per tablet e smartphone iOS e Android.