Estate a Metro City

Ho conosciuto i videogiochi d’estate, da bambino,  a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quei cabinati nelle sale giochi dopo una giornata di mare attiravano sempre la mia attenzione, rimanevo affascinato da quei colori, dai suoni, dagli sprite in movimento, e ben presto ne diventai un frequentatore assiduo.
Riuscivo a stare per ore attaccato a un cabinato senza mai annoiarmi: ricordo di essere riuscito persino a finire un gioco come Ghouls ‘n Ghosts con un solo gettone, e non è un’impresa facile. Molti conoscono il famoso titolo di Tokuro Fujiwara, platform a scorrimento orizzontale con forte componente action in cui si impersona un cavaliere di nome Arthur, impegnato nella sfida di salvare la principessa rapita da un potente demone. Come in ogni gioco a piattaforme che si rispetti, il nostro personaggio deve correre e saltare tra i vari livelli, bellissimi e cupi a vedersi, dal cimitero iniziale a una foresta di cristalli fino al castello del nemico. Quel che mi piaceva, ed era uno dei motivi per cui finivo per preferire una sessione a Ghouls ‘n Ghosts talvolta anche al mare, era la miriade di armi da lancio che di cui potevi disporre: si poteva possedere un’arma alla volta, ma ognuna aveva la propria peculiarità e magia personale. Si partiva con indosso un’armatura, quella normale che assorbe un colpo dai nemici, ma si poteva acquisire anche quella magica che oltre ad assorbire un colpo permetteva di utilizzare delle mosse speciali (differenti a seconda dell’arma che stiamo utilizzando). Persa l’armatura si moriva inesorabilmente al colpo successivo. Il tutto risultava di una difficoltà esagerata, niente a che vedere con la gran parte dei giochi odierni, se si aggiunge anche il fatto che bisogna portarlo a termine due volte prima di vedere la schermata finale,  completarlo era davvero un’impresa titanica.
L’estate era un ottimo momento per dedicarsi a una simile sfida, il tempo libero permetteva di vestire l’armatura e combattere i terribili demoni che hanno generato le bestemmie di migliaia di giocatori.
L’estate era anche un ottimo momento per menar botte, e infatti arrivò Final Fight: molti ricorderanno questo storico beat ‘em up a scorrimento orizzontale, caratterizzato da sprite enormi per l’epoca, e con una giocabilità di molto migliorata rispetto ai precursori: bellissimo Double Dragon, ma il passo in avanti era netto. A partire dalla scelta dei personaggi, e dalla loro ognuno contraddistinto da caratteristiche uniche: a cominciare da Mike Haggar, il sindaco e padre che tutti vorrebbero avere: primo cittadino della criminosa Metro City, si vede rapire la propria figlia Jessica dalla folle gang criminale Mad Gear e si lancia senza remore nel cammino per riprenderla. Lento rispetto agli altri personaggi, ma anche il più potente, poteva afferrare i nemici per poi usare mosse da wrestling che ricordavano quelle di Zangief (il russo di Street Fighter, anch’egli nella scuderia Capcom, deve molto al nerboruto combattente di Final Fight); ad accompagnarlo Cody, personaggio molto equilibrato nelle caratteristiche, capace di usare i coltelli come arma da mischia e lanciarli, e da Guy, meno potente degli altri ma caratterizzato da un’estrema velocità, capace di saltare sui muri e rimbalzare per poi eseguire un calcio volante; cos’altro poteva catalizzare le attenzioni di noi giovani gamer, che avremmo pure potuto giocare in co-op, menando legnate in due in giro per la città con mosse spettacolari ed effetti sonori esagerati? Il gioco era un’icona annunciata.
Se mi chiedete di ricordare le mie estati, l’uomo che sono ricorderà le serate con gli amici, le bevute e le risate, ma il gamer che già all’epoca coltivavo richiamerà alla mente questi due titoli, quelli che più hanno totalizzato la mia attenzione da ragazzino, fino all’arrivo di sua maestà Street Fighter II: non penso abbia bisogno di presentazioni, e ci metteremmo una stagione intera a parlarne.
Era veramente difficile schiodarmi da un cabinato, anche col caldo che faceva, per questo motivo a volte attiravo sguardi di ammirazione dagli altri bambini, altre volte li innervosivo, e capitava anche di essere partecipe anche di piccole zuffe tra ragazzini (succedeva anche questo, nelle sale giochi della mia città, anche l’arcade poteva regalarti momenti di vita vera).

Di estati da allora ne sono passate, la mia passione per i videogiochi non è mai diminuita: si è gradualmente spostata dall’ambiente delle sale giochi a quello casalingo, ero un fiero possessore di Sega Mega Drive con annesso Mega Cd (su cui ho potuto finalmente giocare a Ghouls ‘n Ghosts  e Final Fight comodamente seduto sulla mia poltrona), e d’estate adesso potevo organizzarmi con gli amici per giocare a Golden Axe, Mortal Kombat nel salotto di casa mia; certo, avevo anche amici possessori del Super NES, e lì si andava a giocare a Street Fighter 2 e Mario Kart: la console war era feroce, si faceva a gara se fosse meglio Sonic o Super Mario, ma alla fine vincevano sempre i videogame. Perché i videogiochi, quelli belli, non hanno tempo né un colore politico o calcistico, i videogiochi belli si giocherebbero in ogni stagione e, sia al caldo dell’estate o durante la pigrizia invernale, sono sempre un’occasione per ritrovarsi con gli amici, pronti ancora una volta menar le mani a Metro City o in una favela del Brasile, ovunque ci portino in vacanza i nostri amici virtuali.




Come la fortuna viene implementata nei videogiochi

16 settembre 2007: uno youtuber giapponese, che rispondeva al nome di Computing Aestetic (oggi lo stesso canale si chiama Is mayonnaise an instrument?), caricò un video di 48 secondi dal titolo ULTRA MEGA SUPER LUCKY SHOT. Il video mostra il raggiungimento di un high score a Peggle, un gioco molto popolare vagamente ispirato al Pachinko in cui una palla viene sparata dall’alto e piano piano scende giù rimbalzando fra alcuni blocchi; più blocchi vengono colpiti più alto sarà il punteggio. Nonostante Peggle richieda al giocatore giusto qualche calcolo prima del lancio della palla, il gameplay vero e proprio è affidato al caso e il fatto che dei blocchi vengano colpiti o meno è solo questione di fortuna. La run di Computing Aestetic fu una delle più miracolose: la pallina, scendendo, non solo colpì gran parte dei blocchi ma richiamò anche una sezione bonus che gli permise di racimolare un punteggio da record. Incredulo, lo youtuber scrisse nella descrizione del video, che a oggi conta oltre le 200.000 visualizzazioni, «I couldn’t balieve this when it happened!!!!!!!!!» (Ndr).
Questo è solamente uno dei circa 20.000 video su YouTube che include i tag “Peggle” e “Lucky“, tutti video di giocatori così stupiti da voler condividere la loro fortuna col mondo. Tuttavia, i giocatori non sono così fortunati come il gioco spinge a credere. Jason Kapalka, uno degli sviluppatori del titolo, ci spiega come la fortuna, specialmente durante i primi livelli, venga manipolata giusto un po’ per evitare la frustrazione del giocatore nel breve periodo, e soprattutto perché possa imparare le regole del gioco divertendosi.

«L’apperente rimbalzo casuale della pallina in Peggle è spesso manipolato per dare ai giocatori un risultato migliore. […] Quando viene richiamato il “Lucky Bounce”, la palla tende a colpire di più blocchi possibili anziché cadere direttamente nelle zone morte. Questa fortuna extra è aggiunta nella prima dozzina di livelli affinché i giocatori si divertano imparando le regole del gioco. […] L’angolatura del rimbalzo viene modificato giusto di qualche grado, perché altrimenti la palla reagirebbe in maniera poco realistica; serve a incoraggiare i novizi e non a rendere il gioco “irreale” agli occhi dei giocatori più increduli».

La fortuna è in realtà manipolata da un game designer onnipotente: esso fa sì che un gioco regali al giocatore la giusta dose di vittoria al momento giusto. Anche Sid Meier, creatore dell’acclamata saga Civilization, ha capito che ridurre in una certa misura le avversità durante le battaglie riduce anche lo stress nei giocatori. Un test ha dimostrato che un giocatore che sapeva di avere il 33% di successo in battaglia, è riuscito a perdere per tre volte di fila, rendendolo alterato e incredulo (in Civilization puoi ripetere la stessa battaglia più volte, fino a quando non vinci, anche se ciò comporta dei costi a ogni sconfitta). A quel punto Sid Meier studiò più da vicino le distorsioni cognitive dei giocatori: se le probabilità di vittoria sono 1 su 3 è come se il gioco assicurasse che al terzo tentativo il giocatore vincerà la battaglia, dandogli dunque una falsa speranza. La fortuna di certo incentiva il gameplay ma se è troppa, diventa tutto surreale.

Dalla divinazione agli scacchi

In tempi antichi, la fortuna era il segno dell’intervento divino: i giochi erano un modo per mettere alla prova sia le abilità umane che l’esistenza divina. Platone ci ha raccontato che la fortuna era una componente fondamentale nei giochi dell’antico Egitto, luogo in cui fu creato, secondo la leggenda, il dado da gioco per mano della divinità Thot. Solitamente ricavato da ossa o zoccoli di animale, il dado veniva usato per i giochi da tavola o per una particolare divinazione mistica chiamata astragalomanzia; l’aiuto divino era così decisivo che molti dei dadi venivano portati nella tomba affinché il defunto potesse ricevere un ulteriore aiuto nell’aldilà.
Nel XI secolo, il re norvegese Olaf II Haraldsson si ritrovò in una disputa territoriale con il re svedese riguardo l’isola di Hising; non riuscendo a trovare un compromesso, il re della Norvegia si affidò ai dadi per risolvere la questione. Ottenendo per due volte il numero sei, il re Haraldsson disse che non c’era più motivo di continuare la disputa; convertitosi al cristianesimo, era certo che Dio l’avrebbe aiutato a ottenere sempre il 12. Olaf II, racconta ancora la leggenda, continuò a ottenere tale numero fino a quando, durante l’ultimo e decisivo lancio, uno dei dadi si spezzò mostrando sul tavolo due 6 e un 1; questo è uno dei motivi per cui il 13, in alcuni paesi, è spesso considerato un numero fortunato.
A ogni modo la fortuna, anche se non è più un segno divino, è ancora parte dei giochi moderni; così come un lancio dei dadi o la pesca di una carta probabilità a Monopoly può ribaltare le sorti della partita, lo sviluppatore indipendente Zach Gage ha introdotto l’elemento aleatorio nel gioco degli scacchi nel suo Really Bad Chess. Gage spiega che il gioco nella sua concezione originaria è molto bilanciato, e tutto risiede nelle abilità del giocatore; pertanto l’elemento della fortuna aiuta i giocatori meno capaci a capire le meccaniche e far sì che siano invogliati a giocare più a lungo. La sua app mobile del 2016 dà infatti al giocatore la possibilità si avere un set di cinque regine, sistemare le pedine in maniera asimmetrica e far sì che il giocatore più esperto giochi solo con un esercito di pedoni e un re. Zach Gage commenta:

«(queste aggiunte) danno ai giocatori più deboli almeno una chance contro i giocatori più esperti, rendendo la scacchiera più difficile da analizzare».

Dai giochi elettromeccanici ai videogiochi

Nei giochi elettromeccanici come le slot machine o i flipper, la fortuna è l’unico modo per “fregare” la macchina. Negli primi anni ’50 la Gottlieb, compagnia produttrice di giochi elettromeccanici e sviluppatori del classico arcade Q*bert, notò che le partite a flipper dei giocatori meno esperti duravano pochissimo; di lì a poco introdussero prima le alette per rispedire la palla in alto e poi il meccanismo “ball saver” che innalzava un muro fra queste. Il fatto che quest’ultimo entrasse o meno era questione di fortuna, un “mistero” celato nell’algoritmo del software.
Nei videogiochi la fortuna è in realtà ancora più evidente: vi siete mai chiesti come mai il portiere della vostra squadra preferita a FIFA riesce a parare la palla il più delle volte? Come mai quando siete fra le ultime posizioni in un racing game le auto avversarie sembrano rallentare? E ancora, anche se è cosa risaputa, come mai una volta una volta in testa a Mario Kart raccogliete solo banane, monete e qualche rarissimo guscio verde? Questo è perché “l’effetto fortuna” vi tiene concentrati e incentiva il vostro gameplay. Se veniste a conoscenza di questo fattore non giochereste con la stessa intensità; è giusto che tutto ciò rimanga un mistero poiché la fortuna è tale solamente quando è imprevedibile.

Nei tempi antichi gli artefici della fortuna venivano invocati tramite le preghiere; oggi è possibile trovarli su LinkedIn. Paul Sottosanti, uno dei principali game designer della Riot Games che ha lavorato a League of Legends, afferma che lo scoprire i meccanismi della fortuna nei videogiochi potrebbe distruggere ogni senso di gioia e realizzazione, dunque è importante che questi rimangano celati (più a lungo possibile) nel codice del gioco. Nei videogiochi si innesta spesso quello che Sottisanti chiama “Pity Timer“: il giocatore potrà ottenere una determinata ricompensa, per esempio, dopo 10 ore di gioco e ciò rende quest’ultima un risultato ancora più apprezzabile. In Castlevania Harmony of Despair, un “metroidvania” multiplayer con elementi RPG, ogni personaggio, al termine della battaglia col boss, riceveva un oggetto; su internet giravano mappe e FAQ che spiegavano dove e al termine di quale battaglia si potevano ottenere. Ma per quanto si “boostasse” il livello di fortuna, nelle statistiche del personaggio gli oggetti rari apparivano solamente al termine di un countdown nascosto; una volta scaduto il conteggio sarebbe entrata in aiuto quella determinata caratteristica del personaggio e la fortuna avrebbe davvero influenzato l’occorrere di un oggetto raro.

 

La fortuna per gli sviluppatori

Se in alcuni titoli la fortuna dà un senso di equilibrio nella difficoltà, ci sono altri giochi in cui questo fattore aleatorio genera profitto. L’arrivo degli smartphone e dei diversissimi titoli gratis sugli store hanno segnato anche l’inizio dell’era delle microtransazioni e delle lootbox; il “pity timer” all’interno di questi giochi è spesso sviluppato in maniera molto intelligente. In Hearthstone, spiega sempre Paul Sottosanti, è possibile ottenere una carta rara ogni 40 pacchetti circa; tuttavia, le stesse carte, sono acquistabili sullo store del gioco.
Il principio delle microtransazioni e lo spingersi oltre la “normale routine” è in sé un concetto non nuovissimo. Il dottor Burrhus Skinner, negli anni ’50, ha dimostrato come un essere senziente possa essere condizionato da una macchina; per farlo, si munì di degli animali, come topi o piccioni, e di una sua particolare invenzione, ovvero la Skinner Box. In pratica ha mostrato come questi animali, ricevendo una ricompensa ogni volta che un tasto fosse premuto, si stancassero o fossero subito sazi; tuttavia il dottore, programmando la ricompensa in maniera casuale, mostrò come l’animale fosse più incline a premere il tasto, tenendolo concentrato sull’azione sino a risultarne quasi dipendente. Questa dipendenza non era dovuta tanto alla ricompensa, ma al tasto. Il rilascio della dopamina nel cervello, che (mantenendoci in un linguaggio alla portata di tutti) manda i neurotrasmettitori in tilt, è dovuto all’attesa della ricompensa, e non all’ottenimento della stessa. Lo stesso principio, in realtà, accade con questo tipo di giochi: vi siete mai accorti, per esempio, delle lunghe animazioni prima di aprire unalootbox su Overwatch? Il cervello rilascia dopamina durante le animazioni e anche se otteniamo la solita ricompensa per l’ennesima volta il principio rimane. Nei videogiochi però si aggiunge il fatto che, per evitare la solita ricompensa dopo ripetute run, si è invece spinti a ottenere una ricompensa diversa, prima dello scadere del pity timer, pagando una somma di denaro. In questo caso, si potrebbe innescare il meccanismo “Sunk Cost Fallacy“: in poche parole, più soldi si investono in un gioco, in attesa della ricompensa desiderata, più sarà difficile abbandonarlo nonostante gli output poco soddisfacenti e le aspettative che calano. È la stessa cosa che avviene al casinò o persino in una relazione amorosa molto complicata: più è alto l’investimento e più è difficile smettere nonostante gli output siano semi nulli. Tuttavia non si può parlare di gioco d’azzardo in ciò che riguarda i videogiochi poiché, anche se si investissero 50 € per un set di lootbox, riceveremmo sempre qualcosa in cambio, a differenza del casinò dove si può invece uscire praticamente con le tasche vuote; il problema sta sempre e solo nell’aggirare quel maledetto algoritmo della fortuna.
È importantissimo dunque mantenere il controllo in quei giochi in cui la fortuna è il fulcro della dinamica. Lo psicologo Clark Edwards, direttore del centro della ricerca sul gioco d’azzardo dell’Università della British Colombia, spiega più in dettaglio certi meccanismi del nostro cervello e in quale zona finisca parte della dopamina:

«La parte interessata del cervello che regola la ricompensa e il movimento è lo Striato, dove ci sono diversi nuclei cerebrali. […] La stessa regione alimenta i vizi, che sono ovviamente collegati alle dipendenze».

Il futuro della fortuna

Nonostante l’ambiente videoludico sia cambiato drasticamente, ci sono molti game designer hanno tentato più volte di “eliminare la fortuna”. Larry DeMar, un noto designer di macchine flipper della Williams, ha tolto più volte il meccanismo “Ball Saver“, pensando da sempre che questo rovini la purezza del gioco.
Tuttavia, l’approccio purista non sempre convince il giocatore medio. Jason Kapala, lo sviluppatore di Peggle, dice che oggi i giocatori cercano tracce di manipolazione quando queste non ci sono. e ha persino pubblicato alcuni file per dimostrare che i risultati erano veramente casuali, ricordando:

«Quando lavoravo ai giochi online era quasi impossibile convincere i giocatori che i risultati non erano manipolati. Questi elaboravano teorie assurde su come i principianti ottenessero migliori risultati per far sì che continuassero a giocare e i veterani spinti a migliorare le loro abilità ottenute.».

Il gioco è un mezzo  di confronto per gli esseri umani ed è anche corretto pensare che questo rimanga puro e inalterato; tuttavia, delle perdite ripetute o semplici capricci ci portano a pensare che la fortuna funzioni seguendo uno schema logico. Ma, alla fine della fiera: a cosa serve la fortuna? La risposta è: a tutto. E a niente.
Il tutto si baserà sempre sulle nostre abilità ma, che sia un algoritmo o un segno divino, la fortuna ci accompagnerà sempre nella nostra esperienza da giocatori.




Akracomics & Games 2018

È giunta al termine la 4a edizione di Akracomics 2018, la fiera dedicata a gamer, otaku, artisti, giocatori da tavolo, cosplayer, cantanti e ballerini, che durante questo evento hanno avuto la possibilità di mettere alla prova le proprie capacità e di incontrare persone con le proprie stesse passioni.
L’evento si è svolto ad Agrigento lo scorso 3 e 4 marzo, presso l’Hotel Tre Torri. Attraversando il corridoio principale era possibile accedere a un’area nella quale si poteva assistere a varie conferenze in una sala dedicata: il primo giorno si è aperto con lo youtuber Michael Righini che ha presentato il trailer di Fuga dalla morte 2 e, nonostante alcuni problemi tecnici abbiano impedito la visione a schermo intero, quel che si è visto prelude a un lungometraggio emozionante, curato e di cui non mancheremo di seguire gli sviluppi. Nella stessa sala, si sono susseguiti vari incontri interessanti, fra cui quello con i Nerd Attack, il Quizgame di Alberto Seminerio, una conferenza sul doppiaggio con Alberto Pagnotta e una su Social media e clickbait tenuta dagli admin della pagina Robe a caso da Wikipedia.
Il secondo giorno, hanno presentato i loro libri Gabriella Bertolino, Danza Macabra e Daniele Di Franco, Cryogenic Enterprise il quale presenta una novità interessante, con in ogni capitolo un QR Code circolare da scannerizzare con l’apposita app per visualizzare immagini 3D in realtà aumentata; le conferenze sono terminate alle 15:30 con i ragazzi di Robe a caso da Wikipedia e la loro conferenza su eSport e Cosplay.
Più avanti nello stesso corridoio si accedeva all’Area Espositori, dove era possibile acquistare gadget relativi a giochi, saghe di film e libri e serie tv rivendute dagli appassionati, o oggetti lavorati a mano da decoratori ed artigiani.

Nel cortile esterno si trovava un circuito per equitazione allestito dal Centro Ippico San Benedetto, dove i bambini potevano fare un giro sul pony, guidati dall’istruttrice Lisa Agozzino. A destra del palco vi era l’area medievale, dove ci si poteva sfidare a colpi di spade o bere dell’idromele ed altre bevande ispirate al tempo.
Sul palco, il primo giorno, dopo l’intrattenimento con Alberto Pagnotta, a turno si sono esibite le ragazze del Mero Mero Maid Cafè con un loro Dance Show, e la cosplayer Giovanna Fiaccabrino, in arte Fellesia, con danze a tema K-pop (l’ultima moda proveniente da Oriente in fatto di musica) e breakdance con il ballerino Ignazio di Raimondo. È stato dato anche spazio al pubblico con gare dilettantistiche di entrambi i generi. Nel primo pomeriggio si è assistito anche all’esibizione del Dojo Karate Kyokushinkai Agrigento, dove gli allievi, guidati dal Sensei Alessandro Caramanno, hanno eseguito kata, ovvero composizioni di tecniche anche dette combattimento immaginario che vengono studiate dagli atleti in quanto allenano ad avere il pieno controllo dell’equilibrio e dello spazio circostante; si sono sfidati in combattimenti a contatto pieno, e hanno mostrato tecniche di rottura spaccando bastoni di legno con il solo uso di calci e pugni. Verso sera, è salita sul palco Lua Alcatraz con il suo coinvolgente spettacolo di fuoco. La serata si è conclusa con lo show del Nerd Attack e quello degli youtuber Michael Righini e Francesco Merrino.
Il giorno dopo, la domenica, oltre che a una nuova esibizione di tutti i sopracitati. si è tenuto il Cosplay Contest, che è stato uno dei momenti centrali di questi due giorni.Spostandoci invece in Area gaming, a sinistra si trovavano computer da gaming  e tornei di League of Legends, Counter Strike:Global Offensive, Overwatch, Hearthstone, Devil May Cry e Rocket League, mentre nel tavolo isolato, sempre con un loro pc, accanto alla zona tornei era possibile provare il nuovo Oculus Rift. L’area centrale era destinata alle Playstation e alle Xbox, dove si sono svolti tornei di Fifa, Pes, Halo, Call Of Duty, Mortal Combat, Tekken TT2, Naruto, Super Smash Bros- e Mario Kart 8, e dove è stato possibile provare il nuovo Playstation VR. Per chi preferiva invece i giochi da tavolo c’era anche un’area dedicata dove si poteva giocare a grandi classici come Genda, Poker, Uno o anche a svariati giochi di carte moderni.C’era anche un area dedicata al contest di disegno, con tema il fumetto in tutte le sue forme: ai partecipanti venivano forniti fogli, matite, gomme e pennarelli per inchiostrazione. Sul lato sinistro della sala erano disposti vari stand dove era possibile farsi fare una foto e far dare un tocco artistico dai professionisti, o acquistare manga e fumetti, mentre uscendo all’esterno, vicino al bordo piscina c’era l’Area Zombie, obiettivo del gioco era prendere degli oggetti senza farsi catturare dagli zombie.

Lo staff di BoomBuy ci ha permesso di fare una prova del visore Oculus Rift, su un pc con le seguenti specifiche:

  • Processore: Intel Core i5-7400
  • Memoria RAM: 16GB
  • Scheda grafica: Nvidia GeForce GTX 1060 6GB
  • Dissipatore custom

Il gioco in questione era una demo della serie Roller Coaster, un simulatore di montagne russe: i sensori di movimento erano abbastanza sensibili ed efficienti e si percepiva anche il senso di vertigini andando in alto, ma lo scenario sembra quasi “spostato” rispetto alla posizione in cui si trova l’utente, e questo potrebbe derivare da un problema della demo in questione, dato che in altri titoli il dispositivo pare funzionare molto bene, nonostante a oggi risulti ancora molto oneroso.
Ma le avventure nella realtà virtuale non finivano lì: per gentile concessione di Nextgen, abbiamo testato il Playstation VR per PS4, giocando a Farpoint in combinazione con l’Aim Controller, fucile creato ad hoc per il titolo, ed è stata un’esperienza a dir poco unica. Dal momento in cui si indossa il visore è come se si entrasse in una nuova dimensione, con ambienti fatti su misura per il giocatore, abbastanza realistici: difatti qualsiasi emozione risulta particolarmente amplificata rispetto a un classico gioco davanti allo schermo. Il tracciamento del controller è particolarmente reattivo e preciso, le vibrazioni conferiscono realismo all’esplosione dei colpi, mentre i giroscopi integrati consentono di girare il fucile, con una grafica molto ben curata anche rispetto a molti altri titoli in VR. Si notano ovviamente anche dei difetti, come dei piccoli spazi vuoti tra gli angoli degli ambienti che si vedono spostandosi troppo verso una direzione, o il fatto che usando la mano sinistra per tenere il controller la si vede in alto invece che sotto l’impugnatura del fucile, e probabilmente, al netto di tutti i noti limiti attuali della tecnologia VR, sarebbe un bel passo avanti iniziare a pensare anche ai giocatori mancini. Farpoint del resto si può considerare un’evoluzione interessante del genere shooter on-rail, dove contano sia i riflessi che la mira, questa volta quella diretta, nonché una delle migliori esperienze al momento possibili in VR.
Per finire le esperienze nella realtà virtuale, era possibile sedersi sulla Playset Evolution per giocare a  Gran Turismo Sport, titolo che risulta abbastanza fluido, con i sensori di movimento che facevano a pieno il proprio dovere: le curve erano visibili in profondità (cosa impossibile usando normalmente un monitor) e si aveva il pieno controllo della rotazione della telecamera con la testa. Il realismo era buono, tranne per quanto riguarda le mani che non seguivano il movimento reale, per fare ciò sarebbe necessario sviluppare degli appositi guanti dotati di sensori, ma non sembra fondamentale trattandosi di un gioco di corse automobilistiche. Era possibile effettuare solo due giri di pista e solo contro un’altra autovettura, ma in compenso c’erano diversi modelli di macchine a disposizione e una vasta scelta di circuiti.
GameCompass, media partner dell’evento assieme a Teleacras, ha raccontato l’evento in Tv e tramite varie dirette facebook, e ne ha approfittato per organizzare contest con in palio giochi per PC, PS4 e PSVR vinti da più di 40 fortunati su oltre 200 partecipanti.
Akracomics & Games 2018 è un’esperienza che cresce sempre di più e, pur cominciando come un piccolo evento, si fa sempre più simile ai grandi Comics nazionali, dando agli appassionati del territorio siciliano un altro momento celebrativo per la cultura nerd.




Nintendo annuncia nuove uscite per Super Mario

Dopo il successo di Super Mario Odyssey, Nintendo ha già pronte importanti novità per il noto Idraulico Italiano.
La casa nipponica ha da poco dichiarato di essere al lavoro su un nuovo gioco mobile basato sul franchise di Mario KartMario Kart Tour. Il titolo sarà disponibile nel marzo del 2019.
La casa giapponese non ha rilasciato  altri dati sul racing game, ma ha dato importanti informazioni per quando riguarda l’andamento del mercato mobile, di cui Super Mario Run rimane la pietra miliare, anche se non è stato fornito alcun aggiornamento dopo i 200 milioni di download del gioco raggiunti ad ottobre 2017. Ci è stato fornito però un dato importante, secondo il quale il gioco avrebbe circa 20 milioni di utenti attivi al mese.

Le novità, però, non sono finite qui: Business Wire ha infatti confermato la collaborazione fra Nintendo e la casa di animazione Illumination per la produzione di un nuovo film marchiato Super Mario. Il progetto sarà prodotto da Chris Meledandri, fondatore e CEO di Illumination, e Shigeru Miyamoto, co-representative director di Nintendo. Il film sarà finanziato da Universal Pictures e Nintendo e distribuito dalla Universal.
Si spera che questa volta il film sia all’altezza delle aspettative. Non è infatti il primo titolo del franchise a finire su grande schermo: il primo risale infatti a 20 anni fa, e si intitolava proprio Super Mario Bros. (e non riscosse un grande successo, meritandosi anche un posto nella nostra Top 7: i peggiori film tratti da videogiochi).
La partnership fra le due case è piena di potenzialità. Nintendo è ancora nel pieno del boom di Switch, mentre Illumination è responsabile dei franchise di Cattivissimo Me e Minions, che includono due dei quattro film di animazione  di maggior successo al mondo.




Annunciati i prezzi dell’abbonamento online di Switch

Sul proprio sito ufficiale, Nintendo ha annunciato alcune novità sul servizio di abbonamento online di Switch.
In particolare, i costi saranno di 3,99$ per un mese, 7,99$ per tre mesi e di 19,99$ per un anno.
Il servizio permetterà ai possessori di Nintendo Switch di giocare online i titoli multiplayer e di scaricare un’app per smartphone utile allo scopo.
Sarà possibile la voice chat e, per tutti gli iscritti, sarà disponibile in download una raccolta di titoli classici da giocare online.
L’attivazione del servizio era prevista per l’autunno-inverno 2017, ma è stata rinviata al 2018.




Mario Kart 8 Deluxe Edition: trapelati i primi voti

Mario Kart 8 Deluxe Edition sarà disponibile per Nintendo Switch dal 28 Aprile, ma da qualche ora sono disponibili online i primi voti provenienti da alcune delle maggiori testate videoludiche mondiali. I voti della critica sono altissimi, ecco i principali:

God is a Geek – 10 / 10

Guardian – 10 / 10

US Gamer – 10 / 10

Nintendo Life – 10 / 10

Destructoid – 9.5 / 10

GameRant – 9 / 10

IGN – 9.3 / 10

DualShockers – 8 / 10

GameSpot – 9/10

GamesRadar – 5/5

Game Informer – 9.25 / 10

GamesBeat – 90/100

Nintendo World Report – 85/100

Vita Nintendo – 10/10

Destructoid – 9.5 / 10

Gamereactor UK – 10/10

USGamer – 5/5

Fra le due versioni, pare che quella per Nintendo Switch sia generalmente reputata migliore di quella per Wii U.