Dead Cells e l’importanza del marketing

Recentemente si è tenuto il PAX Dev, un incontro a porte chiuse tra sviluppatori e stampa. Steve Filby, ex responsabile marketing di Motion Twin, racconta il percorso di Dead Cells, uno dei giochi più discussi del momento.
Inizialmente concepito come tower defense, grazie una minuziosa ricerca di marketing su Steam da parte di Filby per rendersi conto di quello che realmente la gente voleva,  Dead Cells cambiò totalmente rotta: venne accantonato il progetto originario e si puntò a qualcosa di commercialmente più appetibile e, dopo aver valuto quello che i concorrenti avevano da offrire, si decise di creare qualcosa che fosse un’intersezione perfetta tra un roguelike e un metroidvania, generando in questo modo qualcosa di totalmente fuori dagli schemi, un “roguevania”.

Non rimaneva dunque che organizzare il piano di marketing del prodotto, anche se non ancora completo. Solitamente le software house più grandi pagano fior di quattrini per far giocare il proprio titolo agli streamer più quotati ma, ovviamente, questo non poteva essere il caso di Motion Twin. Così Filby decise di concedere la demo a pochi streamer di basso rango che in poco tempo crebbero esponenzialmente aumentando così le richieste di chiavi di gioco.

Ovviamente ricevere una recensione su riviste specializzate di settore fa sì che un gioco acquisti molta più credibilità agli occhi dei videogiocatori. Filby si soffermò a controllare da dove arrivasse il proprio flusso di utenza, scoprendo che la stragrande maggioranza delle persone che avevano giocato a Dead Cells non erano altro che ragazzi che lo avevano acquistato al day one, giocato e scritto una recensione. A questo punto, l’unico obiettivo, era quello di attirare gli occhi della stampa su Dead Cells, mettendo a punto un piano marketing che prevedeva innanzitutto un pesante pressing sui social media, in modo che nessuno potesse dire di non aver mai sentito parlare di quel gioco, ma anche una serie di eventi organizzati da Motion Twin per la promozione del titolo, con un costo totale di circa 60.000$.

Questo fece sì che gli occhi di Valve, Nintendo, Sony e Microsoft, puntassero su questo promettente gioco.
In early access, solo durante la prima settimana, Dead Cells ha oltrepassato le 100.000 copie, così per il lancio definitivo gli sviluppatori hanno voluto dare qualcosa in più: una funzione di streaming con Twitch integrata nel gioco, tramite la quale altri utenti potrebbero curare il personaggio o rendere il livello di sfida più alto aggiungendo altri nemici. Su Twitch Dead Cells, un mese prima del lancio del gioco definitivo, aveva già maturato oltre 181 milioni di minuti di visualizzazioni, raggiungendo l’incredibile cifra di 325 milioni di minuti dopo neanche un paio di settimane.

Ma Steve Filby, lasciò Motion Twin durante l’uscita del gioco per potersi dedicare alla sua agenzia di marketing IndieCatapult. Il più era fatto.




L’industria videoludica verso un modello di (quasi) completo outsourcing

Negli ultimi anni la TV e il cinema si sono evoluti e hanno subito moltissime variazioni per poter essere al passo con la tecnologia che è sempre in continua crescita; hanno cominciato a utilizzare nuovi strumenti, come le apparecchiature VFX (Visual Effect) e nuovi tipi di telecamere. Ma uno dei cambiamenti più radicali non è sul piano tecnologico, quanto su quello dell’organizzazione del lavoro, dove si vede far ricorso sempre più all’esternalizzazione delle risorse (outsourcing), che pare coinvolga quasi il 95% della produzione. Ma cos’è esattamente?
La parola outsourcing viene utilizzata in economia e in ambiente aziendale per indicare l’utilizzo, da parte di un’impresa, di altre aziende più piccole che avranno l’incarico di svolgere un compito a loro assegnato, così da poter abbattere i costi di produzione.
Il mondo dei videogiochi sta vivendo lo stesso cambiamento, anche se meno marcato. Alcune delle grandi aziende hanno la possibilità di acquistare e acquisire altri studios per poter avere più uomini al lavoro su uno stesso progetto, mentre le case sviluppatrici più piccole o che non vogliono spendere migliaia e migliaia di dollari si affidano a delle  società in outsourcing per aver fornito il giusto supporto per tutte le varie esigenze; una di queste è Keywords Studios.  Keywords non è l’unica a svolgere questo lavoro: altre società fanno lo stesso, ognuna è specializzata in singoli ambiti e le software house richiedono assistenza a più società per avere un supporto completo, ma frammentando il mercato. Quello che Keywords sta tentando di fare negli ultimi 10 anni è di creare una figura di rilievo e sicura, che accentri la maggior parte delle funzioni, per tutte quelle aziende che richiedono assistenza di questo genere. Rispetto alle altre società, Keywords si è impegnata nell’offrire sette diversi servizi: comparto artistico, engineering, audio, test funzionali, localizzazione, test di localizzazione e assistenza clienti.
Tutti questi servizi servono a creare una realtà molto più completa e aperta che permette di lavorare con molte più aziende, sia piccole che grandi, eliminando l’eventualità di creare una sorta di “chimera” del lavoro: i dipendenti che lavorano per queste società non sanno qual è l’idea principale per la creazione di quel determinato progetto e sarà necessario spiegare approfonditamente tutte le varie fasi e le specifiche del lavoro che poi svolgeranno. Questa attività, però, potrebbe essere ripetuta più e più volte durante lo sviluppo di un gioco, e di certo non è un bene, contando che si potrebbero incontrare problemi di sviluppo.
È per questo che il CEO di Keywords Studios ha intenzione di consolidare in un’unica società più offerte e servizi per l’outsourcing: non solo questo è importante per i clienti, ma anche per i posti di lavoro, che diventeranno più stabili e sicuri. Se questo consolidamento avverrà, il mondo dei videogiochi potrebbe muoversi verso un modello di completo (o quasi) outsourcing, già adottato da molti altri settori, come quello automobilistico ed editoriale.




Lunga vita a Nintendo Switch!

Secondo il direttore e capo del reparto creativo di Nintendo, Shigeru Miyamoto, Switch sarà la console più longeva del colosso nipponico. Miyamoto, ha anche affermato che i team di Nintendo potrebbero ritrovarsi a sviluppare i propri titoli per più dei soliti 5-6 anni del normale ciclo di vita.

Shigeru  ha inoltre affermato che:

«La strategia di marketing che sta andando avanti è quella di infondere il desiderio di acquistare Nintendo Switch tra un’ampia base di consumatori in tutte le regioni del Giappone, degli Stati Uniti ed Europa.
La nostra massima ambizione è che Nintendo Switch non sia solamente di proprietà di ogni famiglia, ma di ogni singola persona. Il più grande vantaggio di  Switch è che può essere trasportato e utilizzato facilmente per un gameplay competitivo tramite connessione wireless locale.»

Successivamente, il direttore creativo ha parlato degli utilizzi delle funzionalità uniche di Nintendo Switch.

«Quando pensi a cosa può essere fatto con un dispositivo come Nintendo Switch, che può essere utilizzato in movimento, ti rendi conto che ha molte funzioni non disponibili su nessun altro hardware fino ad oggi.»

Inoltre, secondo quanto riportato dal direttore generale dell’EDP (Divisione Pianificazione e sviluppo) di Nintendo Shinya Takahashi, all’interno del colosso nipponico la “Grande N”, sta “allevando” sviluppatori che siano in grado di creare un prodotto che possa piacere il più possibile e che tutti i fan dei videogame possano apprezzare.
Miyamoto ha parlato dell’accordo tra Illumination e Nintendo sul film di Super Mario. Infatti, Shigeru, ha pensato a lungo a un film d’animazione, e ha riferito che dopo una lunga ricerca, è stata proprio la Universal Parks & Resort (che lavora con Nintendo sulla creazione di attrazioni per i suoi parchi a tema) a presentargli la Illumination.

Secondo voi, quanto sarà longevo il Nintendo Switch?




Pianificazione o morte: la difficile sopravvivenza nel mobile gaming

Ormai il mondo videoludico è in continua ascesa. Negli ultimi anni infatti, ha vissuto una vasta diffusione, riuscendo a raggiungere anche il mobile gaming.
Ma gli sviluppatori per mobile, ovviamente, non si comportano (o non possono comportarsi) come i grandi produttori di videogame per console e PC, infatti,  il gaming su smartphone è diverso.
In questo panorama, sono presenti moltissime grandi aziende che hanno lanciato sul mercato un solo celebre gioco,  riuscendo a vivere di rendita e basterebbe prendere in considerazione le classifiche dei giochi mobile degli ultimi anni per rendersene conto: le prime posizioni non cambiano quasi mai, con i posti sul podio sempre occupati dagli stessi giochi; ma quante aziende stanno realmente sviluppando un nuovo titolo, nell’eventualità che la principale fonte di guadagno non riuscisse più a fare il suo lavoro?
Le aziende che si occupano dello sviluppo di giochi mobile possono scegliere se concentrarsi sullo sviluppo di una serie di giochi, cercando di guadagnare il più possibile, e quindi, creando un business solido e sostenibile che non fallisca quando il titolo di punta inizia a vacillare, oppure, concentrarsi sullo sviluppo di un singolo gioco che possa far guadagnare abbastanza l’azienda per anni e anni.
La maggior parte di esse tentano di sviluppare entrambe le possibilità ma sono poche le aziende che si concentrano interamente sul prodotto più redditizio abbandonando l’idea di sviluppare nuovi giochi, e altrettanto le poche aziende che si concentrano solo ed esclusivamente alla creazione di nuovi giochi.
Le aziende più affermate nel mondo del mobile gaming stanno investendo per la maggior parte sul marketing e sull’acquisizione di nuova utenza per i propri titoli di punta e ciò, ha portato alla crescita smisurata dei costi per la pubblicità.
La differenza tra gli sviluppatori di titoli mobile e chi, invece, si occupa di giochi per PC e console è soprattutto sull’uso di quest’ultima: gli sviluppatori di giochi per console o PC possono scegliere se pubblicare il loro titolo più importante durante l’estate o in qualsiasi momento favorevole del mercato, ma nel mondo mobile non esiste un periodo del genere, quindi è necessario basare il marketing essenzialmente sulla pubblicità per riuscire ad attirare nuovi utenti.

GungHo è il publisher di Puzzle & Dragons, uno dei titoli che ha dominato il mercato mobile giapponese per diversi anni e soprattutto uno dei migliori esempi di aziende che hanno puntato tutto sul gioco di punta e non hanno sviluppato alcun titolo che possa eguagliarlo. Adesso che il gioco è in lento declino, GungHo sta investendo molto per supportarlo e mantenerlo in vita, creando nuove linee di giocattoli, fumetti e spettacoli di animazione. GungHo ha altri titoli al suo arco, ma sono sicuramente meno importanti rispetto a Puzzle & Dragons; non essendo riuscito a creare qualcosa che corrisponda o addirittura si avvicini alla portata di tale successo, il destino dell’azienda è adesso legato a quello del suo titolo mobile in via di estinzione.
Questo è un semplice esempio di  come le aziende mobile dovrebbero evitare di puntare solo ed esclusivamente su un singolo titolo, ma dovrebbero sviluppare contemporaneamente più titoli che possano mantenere un certo livello di guadagni ed evitare che l’azienda fallisca.




Monster Hunter World e la strategia vincente di Capcom

Monster Hunter non è di certo una delle saghe più famose in Occidente, ma l’ultimo capitolo ha riscontrato un successo ragguardevole in tutto il mondo.
Capcom da anni cerca di creare una forte community globale, come già successo in Giappone; infatti, dalla pubblicazione del primo titolo per PS2, nel 2004, e soprattutto dall’avvento della PSP, moltissimi ragazzi hanno cominciato a giocare insieme a Monster Hunter incontrandosi nei vari caffè, fast food e centri commerciali di tutto il Sol Levante.
Monster Hunter ha incontrato moltissima difficoltà a trovare un pubblico al di fuori della Madre Patria, e questa difficoltà è ancora, seppur in minima parte, presente. Non è raro che alcuni giochi riescano facilmente a trovare seguito in Giappone e, al contempo, che abbiano difficoltà all’estero (o viceversa); solitamente sono sempre titoli minori, di nicchia, e non saghe del livello di Monster Hunter.
Uno dei pochi grandi franchise che funziona in Giappone ma che delude gli occidentali è sicuramente Dragon Quest, semplicemente perché si tratta di una saga che gioca bene sulla nostalgia verso i giochi del passato per vendere, una nostalgia che non fa presa sul pubblico occidentale (che volge lo sguardo ad altri oggetti del passato), stessa sorte che ha incontrato la saga di Monster Hunter.
Capcom ha trovato in Giappone una vera fortuna e non sorprende che Capcom abbia l’ambizione di ripetere il proprio successo anche oltreoceano. Il dato davvero singolare, però, è che lo sviluppatore di Street Fighter abbia continuato a provare, nonostante diversi fallimenti, a ottenere per la propria IP un mercato forte e stabile anche in Occidente. Molte aziende del settore avrebbero desistito ben presto dall’intento di diffondere un franchise come Monster Hunter nel mondo, e avrebbero più comodamente abbandonato il mercato giapponese per concentrarsi su altri mercati.
Capcom, con la propria scelta di in termini di strategia di business, non ha spinto così tanto Monster Hunter in Occidente, in questi anni, ma ha battuto la strada per renderlo un franchise globale, trattandolo da asset chiave della propria strategia aziendale.

Le scelte del team di Capcom per assecondare i gusti di un pubblico internazionale, e quindi molto eterogeneo, ha investito le scelte sul piano creativo, ma anche le decisioni aziendali fondamentali per il lancio di Monster Hunter: World. Il gioco è arrivato  di recente su PlayStation 4 e Xbox One, ma il mercato console del Giappone è del tutto differente da quello del resto del mondo: PS4 ha venduto più di 6 milioni di console in terra nipponica, ma resta comunque un numero inferiore al potenziale di vendita di Nintendo 3DS, che è stata la piattaforma principale per la saga dal 2013. Xbox One, invece, è una console quasi inesistente sul mercato giapponese. Questo significa che Capcom ha sviluppato il gioco per piattaforme di certo non popolari nell’unico paese che in precedenza ha rappresentato uno dei più importanti mercati per la saga, con la piena consapevolezza che avrebbero dovuto affrontare varie difficoltà per vendere il gioco.
Capcom ha deciso di sviluppare sulle piattaforme Sony e Microsoft perché così avrebbe attratto il mercato occidentale, ma c’è anche un’altra ragione: in Giappone 3DS è ancora una piattaforma di successo, ma le possibilità per Monster Hunter di espandersi e svilupparsi sulla handheld di Sony erano ormai minime; Switch non era stato annunciato quando iniziò lo sviluppo di Monster Hunter: World. La società avrà sicuramente ritenuto che PS4 fosse la migliore opzione in questo momento, indipendentemente dal basso numero di console vendute in Giappone, così da poterla sfruttare per le vendite in occidente.
La decisione presa da Capcom alla fine è stata azzardata, ma ha pagato: avrebbe potuto fallire irreparabilmente. La saga ha riscosso molto successo anche nel resto del mondo, e fortunatamente Capcom ci ha creduto: ha dato fiducia alla saga di Monster Hunter e quella fiducia, adesso, ha dato i suoi abbondanti frutti. Nelle ultime settimane, l’ultimo titolo di MH, ha fatto discutere molto positivamente di sé, sia dai fan, sia da chi, la saga, non l’aveva mai giocata prima.
A questo coraggio di uscire dai propri confini non si può che far un plauso.




Rivenditore protesta contro Game Pass ed elimina tutte le Xbox dal suo Store

Negli ultimi giorni Microsoft ha annunciato una grande notizia: tutti i futuri giochi Xbox One first-party saranno rilasciati per il servizio Game Pass già dal Day One.
È stata sicuramente un’ottima notizia per gli utenti Xbox, ma c’è qualcuno che non l’ha presa particolarmente bene. Si tratta di un rivenditore austriaco, Gameware KG, che, in risposta al servizio in abbonamento Game Pass, ha deciso di eliminare tutte le console Microsoft dal suo store.
Come riporta MediaBiz, il negoziante ha anche affermato che non capisce perché dovrebbe continuare a vendere console Xbox «se portano a zero profitto e solo spese, visto che Microsoft vuole trarre profitto solo dalle vendite software.»
Questa è una situazione abbastanza delicata: il marketing dei videogame si sta continuamente spostando verso il mondo del digitale (basti pensare al PC gaming) e le edizioni fisiche, presto, saranno solamente per i collezionisti.
Cosa ne pensate a riguardo?




Patch in arrivo per Smite

In vista del Campionato Mondiale dei Videogames, gli sviluppatori di Smite, titolo action-online rilasciato su Xbox One, PC e PS4, hanno deciso di dare finalmente voce alle numerose lamentele da parte degli utenti, sui vari bug all’interno del gioco, in particolare su Xbox One e PS4. HiRezsaih ha pubblicato proprio su Reddit una panoramica dei problemi che il team di sviluppo dovrà affrontarecome numerosi errori di turnaround e un sistema di segnalazione dei bug, che verranno esaminati e corretti dal team di Smite, cresciuto recentemente proprio per offrire ai suoi utenti più qualità del supporto e del marketing. Smite sta aggiornando anche la mappa per la modalità conquista ed elementi di gioco in preparazione del lancio della Stagione 5.