Food Party: prodotti alimentari nei videogiochi

L’alimentazione è un bisogno primario degli esseri umani e, da giocatori, possiamo dire che è forse più forte nei gamer. Dobbiamo pur smettere di giocare, spegnere la console o il PC per poi addentare un bel panino, goderci un gustoso piatto di pasta o, visto che le calorie bruciate di fronte allo schermo non sono tantissime, rifocillarci con della sana frutta. Non tutti i videogiochi ci spingono a mangiare: magari passando da tutti quei fast food in Dead Rising o guardando quei cosciotti di maiale in Castlevania potrebbe venirci un insolito languorino, ma che succede quando il cibo stesso diventa il protagonista del gioco? Oggi, un po’ come abbiamo fatto tempo fa con le celebrità, vogliamo fare un excursus di sapori – più o meno sani – e gaming dando uno sguardo ad alcuni titoli il cui fine non è necessariamente la produzione di un gioco avvincente ma venderti un prodotto! In questo articolo troverete dei giochi il cui fulcro è la promozione di un brand alimentare, perciò, salvo casi eccezionali, non parleremo di casi product placement come il KFC in Crazy Taxi, le promozioni e gli oggetti speciali di Subway in Uncharted 3: Drake’s Deception o le mentine Airway in Splinter Cell: Chaos Theory. Al solito, la lista non sarà completissima perciò se ci dimentichiamo qualcosa fatecelo sapere pure nei commenti!

(COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA, COMPRA!)

Domande esistenziali

Sin dall’alba della nascita dei prodotti di consumo l’uomo è da sempre stato messo di fronte una domanda tanto semplice quanto decisiva: Coca Cola o Pepsi? Sin dal loro arrivo sul mercato, più o meno intorno alla fine del ‘800, le due compagnie si sono letteralmente odiate, una guerra combattuta prodotto su prodotto. Nel 1983, visto che Pepsi nel 1975 diede un duro colpo alla compagnia rivale con dei test a occhi bendati nei supermercati americani, Coca Cola distribuiva alle convention un gioco per Atari 2600 senza etichetta, insieme alla console (che per la crisi, tanto, costavano pochissimo), intitolato Coke Wins ma più in là rinominato dal pubblico Pepsi Invaders per via della sua estrema somiglianza con Space Invaders (tanto che, infatti, il titolo nasce dal codice madre del gioco Taito ed è pertanto considerabile, in tutto e per tutto, un hack). Il titolo, sviluppato da Atari stessa, mirava a promuovere il marchio Coca Cola, infatti lo scopo del gioco era annientare la schiera di navicelle che in cielo formavano sei pericolosissime scritte “PEPSI“, capitanate da altrettanti alieni residuati da Space Invaders, e quando si vinceva appariva la scintillante scritta “Coke Wins“; tuttavia, essendo il marchio del nemico così in bella vista, sembrava che stessero promuovendo la compagnia rivale anziché il promotore stesso e perciò oggi in molti vedono in questo gioco l’esempio lapalissiano di un colpo di zappa sui piedi. Il gioco non fu mai venduto al pubblico ed è pertanto uno dei più rari di sempre: delle copie sono state vendute su eBay per prezzi che oscillavano dai 1000 ai 2000 dollari americani. Se volete provare questo rarissimo gioco vi converrà ovviamente provarlo su un emulatore… oppure, potreste comprare una Coca Cola per 2 euro al bar!

Nel 1983, su Atari 2600 e Intellivision, ci fu un’altra famosa promozione, stavolta per un prodotto assente nei supermercati italiani: parliamo di Kool-Aid Man, gioco che promuove la famosa bevanda fruttata americana “fai-da-te”. Su Atari 2600 controlleremo la famosa brocca animata che da tanti anni promuove il brand e lo scopo del gioco è evitare i Thirsties in corsa, perché altrimenti verremo schiantati a destra e a manca nell’area di gioco e fermarli quando allungano le cannucce per bere dalla pozza di Kool-Aid nel fondo. Poco tempo dopo, per Intellivision, uscì un gioco in cui il nostro obiettivo era quello di controllare due bambini intenti a collezionare i tre ingredienti principali per fare una bella brocca di Kool-Aid (la bustina con la polvere, dello zucchero e una brocca di acqua ghiacciata… sbaglio o stiamo facendo pubblicità gratuita?). Anche qui, i Thirsties, i nemici di Kool-Aid Man, saranno alle nostre calcagna e se ci prendono due volte per noi sarà game over; ma se riusciremo a preparare la bevanda in tempo chiameremo la cara brocca sorridente e goderci il Kool-Aid in santa pace!

(Oh yeah!)

Basta aperitivi, abbiamo fame!

Avete fame? Non vi va di andare in cucina a preparavi un hamburger? A quanto pare, nell’anno 2025 (dunque fra sette anni, tenetevi forte!), i ricercatori Burger King creeranno un Whopper così buono che non dovrete spostarvi dal divano, sarà lui a venire da voi! In Whopper Chase, gioco del 1987 per Commodore 64, ZX Spectrum e MSX, controlleremo il famoso hamburger di casa Burger King alla volta delle fauci di un avventore che lo chiama per telefono; per strada dovremo eliminare pomodori e cetrioli ostili e chef gelosi a colpi di maionese in eccesso (sapete, quella che scola via ai lati del panino morso dopo morso). Il gioco è stato prodotto in Spagna su musicassetta ed era possibile ottenerlo con un Whopper solo nei Burger King spagnoli; al di là dell’intento commerciale la diffusione è stata un successo e come conseguenza i prezzi su eBay, oggi, non sono per niente proibitivi nonostante la circoscrizione al territorio iberico. Di sicuro, nel 1987, i bimbi spagnoli saranno andati ben più volentieri al Burger King con questa scusa (e forse saranno anche ingrassati parecchio)!

Ronald McDonald alla riscossa!

Poteva McDonald’s tirarsi fuori dalla guerra dei software digitali per promuovere i loro ristoranti fast food per famiglie? Nel 1992 arriva M.C. Kids (non Mc Kids…) su Nintendo Entertainment System, noto come McDonald’s Land in Europa, un grazioso platformer ispirato primariamente a Super Mario Bros. 3 per quel che riguarda il design dei livelli e l’overworld diviso in sette mondi. Contrariamente a quel che si possa pensare, il gioco non mette in risalto i prodotti McDonald’s ma di certo è una gran bella presentazione delle mascotte dei loro ristoranti come Ronald McDonald, Birdie, Grimace e l’avido Hamburglar che in questo gioco ruba una borsa magica al famoso (e spaventoso) clown. Per avanzare nell’overworld ci servirà collezionare delle carte da consegnare alle mascotte una volta terminato un livello – gameplay che verrà ripreso anni più tardi nel terribile Spartan per Nintendo Switch –; di certo non è fra i platformer migliori che il NES possa offrire ma per essere un gioco su licenza e, in tutto questo, anche una chiara trovata commerciale per promuovere i ristoranti McDonald’s il risultato non è male e il gioco, nonostante alcuni difetti, risulta tuttavia godibile.

Dopo questo titolo, McDonald’s rientrò nel mondo dei videogiochi con altri due platformer per Sega Mega Drive o Genesis in Nord America: il primo è Global Gladiators del 1992, un gioco in cui due ragazzini di nome Mick e Mack vengono catapultati nel loro fumetto preferito (guarda caso pieno di doppi archi dorati) grazie a una magia di Ronal McDonald, e l’altro è McDonald’s Treasure Land Adventure del 1993. L’ultimo titolo è davvero niente male, specialmente perché dietro allo sviluppo di tale gioco c’è il leggendario studio Treasure, noto per aver prodotto alcuni dei migliori videogiochi mai sviluppati come Gunstar Heroes, Dynamite Headdy, Guardian Heroes, Radiant Silvergun e Ikaruga! Che dire? Anche i migliori hanno bisogno di un Big Mac di tanto in tanto!

I’ vogl na pizz!…

Ai napoletani sicuramente non piacerà ma per gli americani è una garanzia quando non ci si vuole avventurare in un ristorante italiano sconosciuto: Domino’s Pizza è un brand molto famoso negli Stati Uniti e dal 2015 è presente anche nel territorio italiano con otto ristoranti a Milano e uno a Bergamo. Il titolo che vedremo adesso è Yo! Noid, videogioco con protagonista il Noid, protagonista e mascotte delle pubblicità di questo popolare brand americano. A differenza dei giochi McDonald’s il gioco, che in realtà era un titolo per Famicom di Capcom originariamente uscito come Kamen no Ninja Hanamaru, risulta molto carente sia sul piano della dinamicità, offrendo un gameplay poco bilanciato per il fatto che il Noid viene annientato solo dopo un colpo e una grafica buona ma confusionaria sul piano dell’uso dei layer di scorrimento. Ad aggravare la situazione sono presenti le orrende sezioni dei pizza eating contest in cui bisognerà mangiare più pizza di un altro Noid; queste sono delle vere e proprie boss battle in cui regna la casualità, in quanto i due partecipanti pescheranno in maniera radomica un numero da un selettore e, il partecipante col numero più alto aggiungerà un punto sul suo pizza meter. Meglio andare a mangiare una pizza!

… e una Pepsi!

Più tardi, nel 1999, anche Pepsi si buttò nel mercato videoludico proponendo un titolo a oggi molto discusso, una vera e propria bestia rara, visto che uscì solo in Giappone, ma molto divertente e soprattutto bizzarra. Sviluppato dallo studio giapponese KID, Pepsiman per PlayStation è una sorta di gioco d’azione in cui controlleremo l’iconico (non in Italia) supereroe gasato nel intento di portare una Pepsi a chi ne ha bisogno, come un militare nel deserto; il gioco si presenta come uno runner sullo stile di Metro Cross o Penguin Adventure – oggi sarebbe un gioco ideale per smartphone – e bisognerà evitare bizzarri ostacoli come dei lavori in corso per strada, stendibiancheria nei giardini, camion carichi di Pepsi e lattine giganti che ci inseguono come il masso all’inizio di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta. Stranamente, il gioco è interamente doppiato in inglese, il che lo rende tranquillamente giocabile per chi non parla giapponese, e con alcune cutscene girate a Los Angeles che includono la presenza dell’attore Mike Butters, ricordato per essere stata la prima vittima del killer in Saw: l’Enigmista; a quanto pare era programmata una release internazionale ma alla fine il gioco rimase relegato al Giappone.
Il gioco, tuttavia, non segna la prima apparizione di Pepsiman in un videogioco; il supereroe era presente nel picchiaduro Fighting Vipers nel 1996 per Sega Satun (di cui potrete vedere un footage nel fondo di questo articolo sul Polymega, anche se Pepsiman non è presente) dove divenne un personaggio sbloccabile grazie a un accordo pubblicitario fra Pepsi e Sega.

Prima di concludere il discorso di questi particolari titoli promozionali vogliamo parlare un secondo dei “videogiochi originali” presenti nelle confezioni delle merendine Ferrero. A oggi è molto difficile tracciare tutte le “release” di questi titoli, che comprendono titoli del calibro de Gli Straspeed e la Strarace e il videogioco de i Magicanti, delle mascotte Ferrero durate per poco tempo, ma vale la pena di ricordare lo spettacolare Fresh Adventure, un lentissimo e davvero scadente platform con il pinguino del Kinder Pinguì e Fetta al latte; perché spettacolare? Per questo esatto motivo:

GameCompass per la vostra salute

Ci sono ancora molti giochi che promuovono brand alimentari, come Cool Spot per le console 16 bit che promuoveva la 7-Up, Chester Cheetah: Wild Wild Quest per Sega Mega Drive e Super Nintendo che promuoveva il brand di chips Cheetos e persino i recenti Dash of Destruction e Crash Course per Xbox 360 per promuovere il brand Doritos. Tuttavia, i giochi che abbiamo promosso finora contengono prodotti ipercalorici che nel peggiore dei casi, possono portare a malattie come il diabete.
Per scongiurare casi come questi la Novo Nordisk, una compagnia danese specializzata nel trattamento del diabete e nella produzione di insulina, si è buttata nel ring nel 1992 con Captain Novolin per SNES, un titolo sviluppato da Sculptured Software per sensibilizzare i bambini affetti da diabete (ma solo quelli col Super Nintendo. Al diavolo quelli col Mega Drive o i computer!). Nel gioco ci verranno spiegate le migliori soluzioni per trattare questa brutta malattia e per proseguire le avventure dell’unico supereroe affetto da diabete di tipo 1 bisognerà di tanto in tanto rispondere a qualche domanda sull’argomento; sia genitori che bambini hanno trovato questo gioco molto utile nonostante il gameplay poco interessante ma bisogna anche ammettere che mirare alla sensibilizzazione a un problema così grande e spesso sottovalutato è un obiettivo veramente nobile… il vero problema, giusto per concludere in bellezza, era che il gioco veniva venduto a prezzo pieno e nessuna parte dei proventi venne investita per la ricerca; dunque, alla fine dei conti, il vero obiettivo del gioco era venderti l’insulina della Novo Disk!

Dunque, state attenti a cosa mangiate, non andate a mangiare cibo spazzatura di frequente o altrimenti vi toccherà giocare con Captain Novolin!

(Bene Captain Novolin, ha salvato il mondo! Per festeggiare che ne direbbe di un bel pezzo di tor… ops…)



Spartan

Da pochissimo è arrivato Spartan su Nintendo Switch, un simpatico platformer sviluppato da Sinister Cyclops Game Studios, misconosciuto developer con all’attivo questo solo titolo, uscito anche su Playstation 4 e Xbox One. Spartan si presenta come una sfida old school, un gioco piattaforme non lineare per i più allenati e che attinge, probabilmente, da classici come Mc Kids o Alex Kidd.

Questo è Spartan!

Siamo nell’antica Grecia: scompaiono improvvisamente tutte le armi, le armature e l’oro della leggendaria città-stato e appaiono diversi strani portali in tutta la penisola greca; toccherà dunque al re guerriero Leonida, figura ormai resa popolarissima dal film 300 (tratto a sua volta dall’omonimo fumetto di Frank Miller), andare alla ricerca degli oggetti scomparsi e capire chi sta dietro a questo mistero. L’obiettivo di ogni livello è trovare degli oggetti nascosti (normalmente 5), sparsi per tutta l’area di gioco, che servono per attivare il portale e avanzare nell’overworld; sotto questo punto di vista Spartan tenta di rievocare uno stile di platformer non molto popolare, già visto in giochi retrò come Oscar o Mc Kids (entrambi titoli non entusiasmanti e pieni di difetti), la cui caratteristica principale era la non linearità dei livelli e, appunto, il collezionare degli oggetti per poi uscire dal livello; bisogna dare comunque un po’ di credito a questo nuovo titolo in quanto le aree di gioco non sono mai troppo confusionarie e, anche se non c’è una mappa del livello e bisogna spesso fare backtracking, è abbastanza facile capire dove si è stati e dove no, specialmente grazie ai checkpoint ben disposti e di cui l’ultimo attivato è raggiungibile in ogni momento premendo il tasto “X” nel menù di pausa.
I controlli su Nintendo Switch sono abbastanza semplici: rispettivamente, con “B” e “Y” si salta e si attacca e con i dorsali “ZL” e “ZR” ci si difende e si corre; un set di tasti abbastanza semplici ma purtroppo il tutto è rovinato da una sorta di scivolosità nei movimenti che rovina l’esperienza generale poiché non solo molti dei salti devono essere effettuati con precisione ma spesso ci sono anche tanti ostacoli che ci uccideranno in un solo colpo e che, dunque, ci rispediranno al checkpoint. All’inizio gli attacchi e la difesa di Leonida ci sembreranno sufficientemente buoni ma, procedendo nel gioco, ci accorgeremo che ci sono degli evidenti sbilanciamenti e che ostacoleranno la nostra esperienza. I colpi di spada, come ci aspetteremo, sono corti però i nemici che ci si pongono davanti, all’inizio, sono sempre alla nostra portata e, soprattutto, cadranno con un solo attacco; tuttavia, andando avanti nel gioco, ci si presenteranno sempre nemici sempre più forti, veloci e che ovviamente necessiteranno più di un colpo per cadere giù e qui ci accorgeremo di quanto sia corto il nostro attacco, lento il nostro Leonida (nonostante la chiara differenza quando si preme “ZR“) e inconsistente il nostro scudo. La difesa, così come l’attacco, ci sembrerà funzionare a dovere ma tantissime volte non funziona mai come ci aspetteremo; lo scudo ha due posizioni di difesa (frontale e alta, richiamabile premendo su) ma, per un’esigenza di animazione, quando si richiama la prima posizione (che è quella di default), si attiverà per un millesimo di secondo la seconda posizione; non sembrerebbe un grande difetto ma lo sarà quando, senza capire il perché, lo scudo reagirà diversamente a uno stesso colpo che abbiamo parato in precedenza; in poche parole, se non si capisce questo meccanismo, alcune volte lo scudo vi difenderà, altre no. Non sono i soli difetti, poiché, talvolta, lo scudo potrà risultare inefficace all’occorrenza (e non per i problemi spiegati pocanzi, ma perché, semplicemente, alcuni attacchi saranno “perforanti”) e perderemo inevitabilmente dei punti vita; se affronteremo nemici nell’area di gioco che ci porteranno allo stremo perché la difesa è incostante, che correranno come dei dannati e per i quali saranno necessari almeno 5 colpi per mandarli al tappeto, immaginate com’è combattere contro un boss! In-game non è possibile recuperare energia ma ci è permesso cambiare la difficoltà durante il gioco accedendo così a dei “cuoricini stock” (3 in tutto, come del resto i punti vita) che ci concederanno di recuperare dei punti vita; dunque un metodo per recuperare energia esiste in qualche modo ma ci chiediamo lo stesso perché non far apparire dei cuoricini dai nemici uccisi? Perché una cosa semplice come recuperare energia deve essere un progetto di scienze?
Vi diciamo solamente che dalla seconda sezione del gioco in poi, in media, completavamo un livello in oltre 30 minuti perché sinceramente abbiamo trovato il level design poco curato da come si può evincere dai troppi ostacoli “one hit kill” sparsi un po’ dappertutto quasi senza logica; abbiamo giocato a tanti bei giochi indie, difficili “al punto giusto”, ma questo, nonostante le buone collocazioni dei checkpoint, risulta poco bilanciato. Tutto questo, misto ai tempi di caricamento lunghissimi (di almeno 20 secondi) fra un menù, l’overworld e un livello, assurdi per un gioco 2D come questo, renderanno Spartan un gioco infernale, così difficile e astruso da non essere per niente divertente. Tuttavia, non si può dire che il titolo non sia longevo; almeno i 24 livelli, fra il trial and error e i tempi di caricamento, saranno un’ “insolita” lunga esperienza.

Un’anima debole

Il gioco presenta una colorata grafica 2D, gli elementi sono distinguibili, ben disegnati e le animazioni molto fluide ma il tutto sembra molto scarno e ricorda quasi uno di quei tanti cloni di Super Mario Bros per smartphone; quel che stupisce è che l’intero comparto grafico è stato realizzato con Unreal Engine 4, il motore grafico di Dragon Ball Fighterz, Fortnite, Kholat, Playerunknown’s Battlegrounds, Sea of Thieves e il prossimo Crackdown 3, che qui dà risultati risibili, degni dei browser game in flash giocabili su www.newgrounds.com, popolarissimi nella scorsa decade. Insomma… ci saremmo aspettati qualcosina in più sul piano grafico. anche se per fortuna tutto gira su Switch in maniera stabile e senza bug rilevanti o rallentamenti.
Le musiche riescono a richiamare quell’atmosfera e quelle sonorità tipicamente mediterranee tramite scale e strumenti tipici greci, con giusto una qualche sfumatura moderna, un po’ come accade in giochi “solari” come quelli della saga di Shantae; possiamo almeno dire che la musica lascia almeno una nota positiva in questo gioco un po’ disastrato.

Lasciamo perdere

Il gioco, dai video e dai trailer, sembrava essere interessante, curioso, poteva essere una piccola gemma nascosta in mezzo ai tanti titoli indie dell’E-shop ma purtroppo non si rivela all’altezza della competizione, soprattutto su Nintendo Switch dove ci sono moltissimi platform 2D e 3D indie degni di nota (basti pensare a Celeste). Il gioco sembra promettere bene, non ha una cattiva presentazione – insomma, giocare nei panni di Leonida è fantastico – ma, al di là delle graziose ambientazioni greche e di una non-linearità più o meno ben implementata, ha decisamente ben poco da offrire; se non fosse per i controlli scivolosi, attacco e difesa inconcludenti, lunghissimi tempi di caricamento e un gameplay alla lunga tedioso (e non piacevolmente difficile come sarebbe stato appropriato) dai troppi ostacoli “one hit kill”, potremmo avere un bel titolo. È bene precisare che non è un problema di mera difficoltà: giochi come I Wanna Be the Guy risultano ben più ostici, ma le logiche di trial and error sono ben bilanciate e inserite in un level design di tutto rispetto, cosa che non avviene in questo titolo. Sinister Cyclops Game Studio ha ancora strada da fare come developer,  e questo titolo sarebbe anche meglio collocabile titolo sull’App Store di iOS o sul Play Store di Google, sempre a patto di ribilanciarlo.
Ci dispiace veramente dire, poiché amiamo i giochi indie di questo genere, che l’ago della bilancia penda di più verso gli elementi negativi e perciò vi consigliamo, visto anche il non meritevole prezzo di 11.99€ sul Nintendo E-Shop, semplicemente di provare qualcos’altro. Un’occasione mancata.