Estate a squarciagola: Rock Band
Estate del 2015, come ogni anno il caldo umido tipico delle località balneari siciliane mi travolse senza chiedere il permesso. L’unica consolazione era quella fantastica piscinetta da 99€ che di giorno raggiungeva i 32° e di notte diventava la principale attrazione per gli amici. Un’arrostita di carne, un paio di birre weiss e si facevano le 3 di notte senza neanche accorgersene. Come ogni sera, era avanzata della carne, e ogni volta la soluzione unica e naturale al problema era una nuova grigliata da fare l’indomani. Così quelle serate estive scorrevano come un’unica infinita festa, messa in pausa soltanto dalla luce diurna, per poi riprendere al tramonto.
Tra una salsiccia e una costoletta di maiale, un mio amico vide la mia PS3 antidiluviana collegata alla TV per guardare qualche film ogni tanto (sì, prima di Netflix si faceva così). Mi dice di avere in cantina la fighissima batteria della sua PS3 (ormai rotta) e 2 chitarre. Per un attimo il fiato è sospeso, ci si guarda negli occhi e si parte di corsa per recuperare il tutto.
Uno corre a casa a prendere il microfono, noi a prendere il Drum Set, le chitarre e il fantastico Rock Band: 20 minuti dopo siamo lì, davanti allo schermo a collegare tutto alla Play. Smontiamo il piatto della batteria (che non funzionava) e identifichiamo il problema. Un po’ di nastro adesivo e due botte ben assestate dopo, la batteria è pronta a farci esplodere i timpani. Naturalmente impostiamo il volume al massimo: le casse vibrano come l’amplificatore di Marty McFly nel primo Ritorno al Futuro. Il grande Ciccio, l’unico in grado di suonare la batteria, prende uno sgabellino, impugna le bacchette, e si mette in posizione. Io agguanto una chitarra senza avere la minima conoscenza di cosa sia una nota e tantomeno un accordo. Alessandra, cantante lirica di professione, si fionda sul microfono come una leonessa su una gazzella.
All’inizio siamo tutti un po’ scarsini, è un continuo rompersi di strumenti e figuracce. Le risate e gli sfottò degli altri amici sono pienamente giustificati. Dopo un tuffetto rinfrescante nella mitica piscina e un paio di birrozze, siamo carichi e pronti a ripartire più motivati che mai. Selezioniamo i personaggi per la nostra nuova band, con l’emozione di quindicenni al debutto ci catapultiamo nuovamente sul palco e, anche se con qualche piccolo errore, riusciamo a completare il nostro primo concerto. Sentiamo pompare l’adrenalina nelle vene per il successo di squadra e quasi incendiamo le chitarre, per concludere degnamente la performance. Fortunatamente l’odore di altre salsicce sul barbecue, ci riporta alla realtà e ci dissuade dall’intento piromaniaco.
La serata si conclude con il delirio finale: gente super stonata come me che si impossessa del microfono e batteristi alle prime armi che non beccano una nota nemmeno per sbaglio. Sì, quella è una di quelle estati che non dimenticherò mai.
Il gaming estivo di un musicista ramingo
La vita del musicista, d’estate, è la più bella che ci sia: fare chilometri e chilometri con l’auto piena a tappo di strumenti, casse e costosissime apparecchiature per poi ripercorere le strade a ritroso in tarda notte; quando la musica finisce, le vie sono vuote e la gente esausta torna a casa. Ogni sera un luogo diverso, gente diversa e mangiare diverso, notti fatte di scoperte, conoscenze e, talvolta, anche assurdi imprevisti.
Tuttavia, per un giocatore quel tempo investito in musica si traduce anche nel dover mettere da parte la propria console e nel giocare quando il tempo lo permette, nelle rare serate quando nessun pub, bar, chiosco o comune richiede la presenza della propria band; ci si sveglia tardi per la stanchezza della sera prima, ci si prende un caffè, si va a pranzare poco dopo e presto bisogna fare una doccia perchè la prossima serata è ormai a un paio d’ore. La console rimane impolverata accanto allo scaffale e la pila di giochi che hai comprato rimane lì, in attesa che tu possa prendere il controller e passare delle sane ore di gaming.
Quando finalmente il calendario non segna un impegno della tua band, ci si chiude in camera, si regola il condizionatore a 18°, si mette il cellulare in modalità silenzioso e via, soli con l’avventura del momento e il caldo afoso fuori, fino a quando il sole non si fa color porpora; dopo tante serate passate a suonare per il divertimento dei clienti in un locale, del tempo per noi stessi in cui goderci quel gioco compato a inizio estate e che fino a quel momento non si è riusciti a giocare.
Quando questa speciale sessione a tu per tu con la console termina si fa un salto da qualche parte con gli amici e si finisce ancora a parlare di quella avventura che si sta giocando e che nel frattempo sta affrontando anche l’altro amico: ci si confronta su chi è andato più avanti, chi ha preso quell’arma, chi ha incontrato quel NPC…
E poi finalmente – abbastanza assurdo d’estate – si va a letto a un orario abbastanza decente e ci si sveglia beatamente l’indomani. Ma la quiete viene interrotta dagli amici che bussano a casa per giocare a Donkey Konga fino a farsi diventare le mani rosse, sapendo peraltro che quella sera ci si ritroverà nuovamente a suonare! Anche quando tenti di tenerla fuori, la musica continua sempre a inseguirti e, per quanto bella, quando incontra i videogiochi può esserlo ancora di più.
Sonorità videoludiche – La Chiptune
La rivoluzione parte dal basso: in molti casi questa frase rappresenta solamente un modo di dire, ma nel 1985 non devono averla pensata così sviluppatori del calibro di Rob Hubbard e Martin Galway o programmatori in erba come il tedesco Chris Hülsbeck. All’epoca questi tre uomini erano persone qualunque, ora invece sono compositori universalmente celebrati come i padrini della musica chiptune.
Ma cos’è la chiptune? Banalmente si potrebbe dire che è «un genere di musica creato usando i chip sonori di computer e console degli anni ‘80/primi anni ‘90», ma in realtà è qualcosa di più: la chiptune è sì un genere musicale che affonda le sue radici nel retrocomputing, ma è anche un movimento artistico che prende a pieni mani dalla filosofia fai-da-te tipica del punk.
Difatti, nella storia del genere, non è una novità leggere di gente che ha creato o che crea tutt’ora dei software musicali da zero: è l’esempio del succitato Chris Hülsbeck, che nel 1986 pubblicò su una rivista tedesca Soundmonitor, programma che aveva creato nel tempo libero. Oppure di Karsten Obarski, che nel 1987 creò il software Ultimate Soundtracker per Commodore Amiga, dando il via all’introduzione delle cacktro (ovvero le intro di giochi e programmi crackati) e successivamente alla cosiddetta demoscene, un vero e proprio genere artistico in tutto e per tutto che usava l’Amiga per creare opere degne del MOMA di New York.
Nonostante veri compositori del calibro di Koji Kondo, Nobuo Uematsu e Yuzo Koshiro, autori rispettivamente delle musiche di Super Mario, Final Fantasy e Streets of Rage, che vennero assunti da case come Nintendo e Sega per creare opere leggendarie, oggi portate sui palchi da tutto il mondo con progetti rock-opera come Video Game Music dell’americano Tommy Tallarico o da esibizioni orchestrali, la chiptune continua a restare un fenomeno soprattutto underground, anche se negli ultimi anni è stata spesso omaggiata da artisti del mainstream musicale come il canadese Deadmau5 (che proviene della demoscene!), 50 Cent o Kesha. La diffusione di internet è stata fondamentale per il genere, dando il via alla creazione di siti e forum come 8bitcollective o micromusic.net e case discografiche che danno spazio agli artisti della scena, come la Bleepstreet Records, o che si occupano di celebrare le grandi colonne sonore videoludiche del passato: è il caso della Data Discs Records di Londra, che si occupa della stampa in vinile di musiche tratte da Streets of Rage, Shenmue, Super Hang-On, Outrun e molti altri.
Ai giorni nostri, la creazione e l’esplosione degli indie game ha suggellato un matrimonio pressoché perfetto con la musica chiptune: non è più una novità trovare una colonna sonora realizzata con un Game Boy in giochi come VVVVVV e Super Hexagon di Terry Cavanagh, con due meravigliose OST realizzate rispettivamente dallo svedese Magnus “SoulEye” Pålsson e dalla nordirlandese Chipzel, oppure su hit come Shovel Knight, dove domina la splendida colonna sonora realizzata dall’americano Jake Kaufman, già autore delle musiche della serie Shantae e di un’altra hit indie come Crypt of the Necrodancer. Per non parlare dell’ottimo lavoro di band come Amanaguchi, autori delle musiche del celebratissimo beat ‘em up a scorrimento orizzontale basato sulla serie a fumetti di Scott Pilgrim.
E l’Italia? Nel nostro paese la scena è molto giovane, ma ben attiva, in primis nell’area milanese dove troviamo due nomi grossi come Arottenbit e Kenobit, autori di infuocate esibizioni live a base di Game Boy e creatori di eventi come le serate di Milano Chiptune Underground, serate dall’attitudine punk che piano piano vanno diffondendosi in tutto il resto dello stivale. Ma occhio ad altri artisti come 0r4, Pablito El Drito o Luke McQueen, quest’ultimo mago della sintesi FM del Mega Drive, e autore delle musiche di Xydonia, shoot ‘em up a scorrimento orizzontale 100% made in Italy realizzato da Breaking Bytes.
La chiptune avrà magari poca storia dalla sua, essendo un genere musicale molto giovane: d’altronde, sono passati più di trent’anni dagli sperimenti sonori su Commodore 64 dei vari Galway, Hubbard e dei fratelli Follin, ma le attende un futuro radioso grazie alla scena indie, alle netlabel presenti su internet e ai servizi di streaming musicale come Bandcamp e in generale a chi va a concerti dei musicisti della scena, che sia un locale underground oppure una fiera del fumetto come Lucca Comics (nell’edizione di quest’anno si è proprio esibito Kenobit nello stage di Red Bull!). Per quanto sia un genere musicale che affonda le radici nella nostalgia dei bei tempi andati a base di pane e NES, la chiptune è molto di più: è ricerca, è sperimentazione, è voglia di spaccare il mondo.
GameCompass – Sonorità Videoludiche (02×11)
Puntata serissima fra musica e videogame! Gero Micciché ne parla con Andrea Celauro e Gabriele Sciarratta in una puntata dedicata alle soundtrack videoludiche con una recensione di Wheels of Aurelia, uno speciale sulla musica nei videogame dall’8-bit all’odierna scena chiptune e i migliori temi musicali dei menù dei videogame selezionati da Marcello Ribuffo nella consueta top finale!
I Nine Inch Nails alle prese con i videogiochi maledetti
I Nine Inch Nails hanno pubblicato qualche ora fa il videoclip del nuovo singolo Less Than, pezzo che apre la strada all’imminente uscita del nuovo EP Add Violence. Un video che non passerà indifferente non solo ai fan e agli appassionati in campo musicale, ma anche agli amanti dei videogames. Le immagini che accompagnano infatti il nuovo brano della band di Trent Reznor mettono al centro il videogame Polybius, titolo reso realtà da Jeff Minter su PlayStation 4 (in versione VR) ispirato al fantomatico videogame oggetto di note leggende sulla rete che gli sono valse la nomea di “videogame maledetto”.
Le leggenda di Polybius risalirebbe ai primi anni ’80, anche se risalgono alla fine degli anni ’90 le leggende urbane su internet che attribuivano al cabinato la capacità di causare amnesia, insonnia, terrori notturni, allucinazioni, in alcune creepypasta di portare perfino alla morte chiunque vi giocasse. Il videogame sarebbe stato sviluppato dalla fantomatica casa Sinneslöschen (in tedesco “cancella-mente”) e alcuni utenti testimoniavano in alcune sale giochi delle proprie città di averne visto i cabinati, che sarebbero stati visitati periodicamente da “uomini in nero” intente a estrapolarne dei dati. Gli stessi cabinati sarebbero poi stati improvvisamente ritirati, ma alcuni affermano addirittura di avere foto o screenshot del gioco.
Leggende che hanno suggestionato per decenni l’intera rete, delle quali è stata più volte sottolineata la scarsa presenza di prove e, riguardo gli effetti, alcuni hanno sottolineato come la storia possa essere nata dai casi di vertigini, epilessia e chinetosi che la prima versione di Tempest generava su alcuni utenti proprio nei primi eighties.
Di certo hanno subito una simile suggestione Trent Reznor e soci, i quali hanno incentrato il nuovo videoclip su una partita a Polybius (quello di Minter) con una giocatrice in evidente stato di trance o rapimento davanti al videogame.
I Nine Inch Nails, fra l’altro, non sono estranei al mondo dei videogame, con brani scritti o concessi in licenza a moltissimi titoli tra i quali quali Batman: Arkham Knight, Quake, Call Of Duty: Black Ops II, Crysis 2, Doom 3, e altri ancora.