Teslagrad

Impugnate i joycon con dei guanti di gomma in modo da non prendere la scossa, arriva Teslagrad. Puzzle platformer veramente singolare, caratterizzato da un art style ben curato e molto delicato, è uscito originariamente per Steam nel 2013 e dopo essere apparso su Playstation 3, Playstation 4, Playstation Vita, Wii U, Xbox One, il titolo di Rain Games è approda anche su Nintendo Switch, una delle console che più sta valorizzando certi titoli indie e che sta dando grandi soddisfazioni agli indie developer e ai fan.

C’era una volta

Anche se quel “grad” nel titolo e gli omoni dalle uniformi rosse e i berretti in stile sovietico potrebbero farci pensare che il titolo possa essere ambientato in Russia durante la rivoluzione del 1917, Teslagrad ci propone un mondo fantastico con elementi, sì, propri dell’Europa, ma re-immaginati in una visione più libera e con sfumature steampunk. Vestiremo i panni di un ragazzino orfano che, in una notte buia e tempestosa, viene affidato ancora in fasce a una famiglia; il tempo passa, il ragazzo cresce, ma un giorno, in tutta sorpresa, la sua casa viene assediata dalle guardie reali. Sarà l’inizio di una fuga che ci porterà a una torre, un luogo misterioso nel quale si sveleranno di volta in volta tutti i retroscena di questo strano mondo in cui un potente re governa con pugno di ferro il suo regno.
Entrati nella torre, troveremo il primo oggetto che ci permetterà di risolvere i primi enigmi; capiremo presto che la meccanica principale di Teslagrad è basata su puzzle basati su polarità positivo/negativo, energie che potremo sfruttare per muovere blocchi caricandoli di una o dell’altra polarità e che ci permetteranno di compiere salti sfruttando l’attrazione o la repulsione e, col tempo, anche di controllare quasi totalmente le energie fino a dominare ciò che ci circonda; un concetto semplice ma molto interessante. Se si è un po’ pratici dei principi del magnetismo, si capiranno con molta facilità le meccaniche di questo titolo. Le nostre abilità ci porteranno sempre più in alto nella torre, collezionando man mano dei potenziamenti e scoprendo poco per volta i risvolti della lore di questo mondo, sia con i rotoli che andremo trovando progressivamente, sia con i siparietti con le marionette (delle vere e proprie “sale teatrino” in cui assisteremo a un piccolo spettacolo) e sia con i murales, i poster e le vetrate che svelano parti della trama; si può benissimo confermare che in Teslagrad nulla è espresso con le parole, lo storytelling è affidato interamente al comparto visivo che allieterà in tutto e per tutto i nostri occhi; lo stile grafico ricorda in qualche modo lo stile delle illustrazioni fiabesche europee, con colori cupi ma con qualche tonalità accesa che fa “vibrare” il disegno, e persino stampe di propaganda, ma tutto viene consegnato con una delicatezza tale da smorzare i temi malinconici della trama con dolcezza senza smontarne la serietà e restituendo, fiabescamente, una sorta di morale.

Due anime ma un identità povera

Il gioco si pone come un metroidvania ma, in realtà, al di là della mappa e del backtracking occasionale, ha ben poco in comune con i titoli più famosi del genere: la componente puzzle sovrasta quella action platformer: pochi, quasi nulli, i nemici durate le fasi d’esplorazione così come pochi sono i boss e sempre annientabili con una sorta di puzzle. Elemento inusuale per un metroidvania è il meccanismo “trial and error“, nonché l’assenza di barra della salute; questo sistema in Teslagrad è un po’ un’arma a doppio taglio in quanto permette, sì, un approccio progressivo al gameplay, totalmente personale e senza l’ausilio degli odiosi tutorial ma, in sede di boss fight, sarà solo motivo di fastidio, e ricominciare da capo una battaglia che richiede abilità anziché ingegno risulta veramente seccante, anche perché le sfide di fine livello sono parecchio lunghe.
La meccanica puzzle funziona, risulta vincente considerando il semplice e originale concetto di partenza, ma purtroppo serba in seno delle caratteristiche poco convincenti. Cominciamo dai controlli, un po’ “scivolosi”, “floaty” se vogliamo usare un termine anglofono forse più appropriato: il personaggio si aggrappa spesso ai bordi anche quando non serve, e controllarlo in fase di salto, specialmente quando una delle polarità è impiegata, è impresa tutt’altro che facile; per lo più, quando dobbiamo usare uno dei tasti d’azione, non sempre questi sembrano attivarsi alla nostra pressione. A volte certe azioni non vengono triggerate bene senza apparente motivo, tutto questo rovina l’esperienza di gioco frustrando il giocatore non perché il puzzle sia troppo difficile ma perché qualcosa non ha funzionato per via dei controlli. Il sistema di polarità, inoltre, per quanto possa sembrarci chiaro e semplice, non sempre funziona a dovere: spesso  la repulsione o l’attrazione dovute a una polarità convergente o opposta non hanno sempre la stessa “intensità”, dunque l’effetto che si crea non è sempre ciò che ci si aspetta e questo costringe talvolta a ripetere i puzzle (e, ahimè, le boss fight) più e più volte, a volte anche alla cieca perchè le nostre intuizioni a riguardo si esauriscono presto. Il gameplay si fa spesso frustrante, bisogna mettere insieme la pazienza necessaria per ricominciare e questo lede la rigiocabilità del titolo, che non gode, fra l’altro, di gran longevità: il vero finale di Teslagrad è fra l’altro accessibile collezionando tutti i rotoli presenti nella torre, e l’idea di tornare indietro alla ricerca degli oggetti mancanti non risulta piacevole per le considerazioni appena fatte. Inoltre, in osservanza al titolo del gioco (chiaro tributo al fisico Nikola Tesla), l’elemento fondante i puzzle, e dunque anche dell’azione platform, sono solo i giochi di polarità. Abbiamo già ribadito quanto la meccanica sia originale ma, tuttavia, duole notare come questo unico elemento di puzzle solving comporti una certa ripetitività; i giocatori che dunque sono alla ricerca di un gameplay vario e di più azione non troveranno certo pane per i loro denti. Abbiamo inoltre incontrato dei problemi spiacevoli per un gioco dei nostri tempi: è capitato più di una volta che in una delle stanze che l’intero sistema di visualizzazione venisse meno, che lo schermo del televisore si oscurasse completamente mentre di sottofondo restava il rumore dei passi e di altri movimenti; è il bug è risolvibile solamente tornando nel menù di Switch, che verrà visualizzato senza problemi, chiudendo e riavviando il software. Fortunatamente il gioco salva automaticamente a ogni stanza e perciò, anche se è un problema non da poco, almeno i progressi saranno al sicuro.
La colonna sonora è ben composta, le musiche non si impongono mai sulle scene e abbracciano totalmente lo stile grafico del gioco, anche se, tuttavia, nessuna delle melodie composte per il gioco spicca per bellezza, consegnando dunque una colonna sonora certamente bella ma in fondo piatta e canonica.

Un’esperienza non perfetta ma godibile

Teslagrad è certamente un bel gioco, con visual spettacolari e una meccanica di gioco semplice ma intrigante anche se purtroppo parecchi aspetti del gioco rovinano l’esperienza generale. L’idea di base è molto buona ma è lesa da peccati d’esecuzione; come dicevamo, troviamo qui un buon mashup di elementi da metroidvania e da puzzle game. Purtroppo entrambe le componenti non sono realmente definite: è come se il gioco restasse sospeso nel mezzo, non riuscendo a decidersi se essere un metroidvania o un puzzle game, se essere un esperienza lunga e macchinosa o una breve ma intensa,  e non sfornando un ibrido solido. Un vero peccato visto che la grafica del gioco, le cui animazioni sono state realizzate a mano, conferisce al titolo un’anima forte e decisa. Non è affatto un gioco da buttare in quanto i giocatori alla ricerca di un’esperienza diversa troveranno in Teslagrad un’avventura affascinante, dalle meccaniche semplici ma originali; il prezzo nello store non è tale da rappresentare un investimento oneroso e dunque chi è intenzionato a provare questo titolo potrà farlo senza spendere una cifra rilevante. Tuttavia Teslagrad non è un esperienza per tutti e probabilmente, per apprezzarlo veramente, bisognerà accettare la ripetitività dei puzzle nonché i controlli scivolosi e mal programmati. Nulla vi vieta di provarlo, e tirando le somme, ci sentiamo di consigliarne la prova.




Shu

Shu è un titolo sviluppato da Coatsink uscito nel 2016 su PS4 e PC e adesso giunto anche su Nintendo Switch. Il protagonista, da cui il gioco prende il nome, è costretto a intraprendere un lungo viaggio a causa di una tempesta che ha distrutto il suo villaggio e che lo costringerà a superare svariati ostacoli che sono diretta conseguenza degli enormi danni causati dalla tempesta, da precipizi a pareti ricoperte da spuntoni e oggetti letali che cadono dall’alto.

Shu potrà saltare e planare grazie alle sue ali, e durante il suo viaggio, incontrerà vari personaggi, ben caratterizzati, che lo accompagneranno nella sua fuga dall’imminente disastro e che lo aiuteranno con abilità come la possibilità di camminare sull’acqua, di effettuare uno doppio salto a mezz’aria, di abbattere ostacoli altrimenti insormontabili, arrampicarsi su muri e addirittura di fermare il tempo per qualche secondo. Durante i livelli capiterà di dover usare due o più personaggi alla volta, dovendone alternare le abilità per risolvere i vari puzzle tramite semplici combinazioni di tasti.

Nel gioco sono presenti 15 livelli suddivisi in 5 mondi. Esplorare i livelli costituisce un vero piacere, non solo sul piano visivo, ma anche su quello uditivo, grazie a una colonna sonora del gioco appropriata e ben curata. L’utilizzo del 2.5D nel gioco caratterizza gli scenari al meglio rendendoli unici nel loro genere. I controlli sono sempre semplici e immediati, capire come utilizzare le abilità dei vari personaggi sarà estremamente semplice.

Il protagonista dispone di 5 vite, ricaricabili avvicinandosi i diversi checkpoint presenti nei livelli. Nonostante la relativa frequenza di punti di salvataggio, il gioco non risulta affatto semplice perchè gli inseguimenti da parte dei nemici, presenti quasi in ogni livello, rendono il gameplay abbastanza arduo. La presenza di farfalle da raccogliere e di altri collezionabili nascosti favoriscono la rigiocabilità dei vari livelli. I collezionabili, proprio come le prove a tempo sbloccabili dopo aver completato per la prima volta un livello, non hanno una vera e propria utilità, non servono ad accedere ad aree o livelli segreti, faranno solamente differenza nel punteggio alla fine di un livello. Inoltre non è possibile confrontare con altri giocatori il tempo impiegato nelle varie prove.

Shu risulta nel complesso un buon platform, dotato di un buon level design e di sfide atte a tenere lontana la noia, che ha fra i pochi difetti semmai quello di non godere di gran longevità in relazione a quanto offre e al suo potenziale, puntando forse anche sui collezionabili per intrattenere più a lungo il giocatore. Come molti titoli indie, Shu dà il proprio meglio su Nintendo Switch rispetto alle altre console, sia grazie a un sistema dei comandi molto funzionale, sia grazie al valore aggiunto della portabilità che ha permesso alla console Nintendo di valorizzare tanti titoli del panorama indie.

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Nintendo svela il mistero del (non) cappello di Toad

Sin dall’ormai lontano 1985, anno d’uscita del primo Super Mario su NES, un dubbio atroce aleggia nelle menti dei fan della saga: cos’è il fungo che Toad ha sulla testa? Fa effettivamente parte del suo corpo o è un semplice cappello?  Da quell’anno è in corso una guerra tra chi è d’accordo con l’una o con l’altra teoria, guerra combattuta a suon di screenshot ogni qualvolta, all’interno di videogiochi o cartoni animati con protagonista Mario, era presente appunto Toad.

Fino a poco tempo fa, la “fazione” che supporta la teoria del cappello sembrava avere la meglio, essendo alquanto palese, in diversi giochi e nello stesso show televisivo, che gli abitanti del Regno dei Funghi portassero semplicemente sempre lo stesso cappello ogni giorno, a seconda del loro colore o specie.
Una delle prime prove prove che conferma questa tesi proviene proprio da  Super Mario Bros. Super Show, la serie animata mandata in onda negli anni 80′.

Altre ulteriori conferme arrivano rispettivamente da Super Mario 3D World, dove il classico fungo di Toad blu è sostituito da un casco, e da Paper Mario Il portale Millenario, dove moltissimi Toad sono muniti di capelli che fuoriescono dal loro copricapo, come nel caso di Jolene.

Ma con l’arrivo di Super Mario Odissey, la svolta: sono presenti infatti una moltitudine di Toad con indosso diversi tipi di cappelli, indossati sopra il fungo stesso, il che fa chiaramente capire che quest ultimo è un’appendice del loro corpo e non qualcosa che si può staccare.

Questa guerra più che trentennale ha un vincitore proprio nei sostenitori del “non cappello”, grazie a un’intervista rilasciata dallo stesso producer di Odyssey,  Yoshiaki Koizumi che, oltre a questo, ha anche risposto a domande minori. Qui il video:

E voi? da che parte eravate schierati prima che la verità venisse a galla?




Nintendo annuncia nuove uscite per Super Mario

Dopo il successo di Super Mario Odyssey, Nintendo ha già pronte importanti novità per il noto Idraulico Italiano.
La casa nipponica ha da poco dichiarato di essere al lavoro su un nuovo gioco mobile basato sul franchise di Mario KartMario Kart Tour. Il titolo sarà disponibile nel marzo del 2019.
La casa giapponese non ha rilasciato  altri dati sul racing game, ma ha dato importanti informazioni per quando riguarda l’andamento del mercato mobile, di cui Super Mario Run rimane la pietra miliare, anche se non è stato fornito alcun aggiornamento dopo i 200 milioni di download del gioco raggiunti ad ottobre 2017. Ci è stato fornito però un dato importante, secondo il quale il gioco avrebbe circa 20 milioni di utenti attivi al mese.

Le novità, però, non sono finite qui: Business Wire ha infatti confermato la collaborazione fra Nintendo e la casa di animazione Illumination per la produzione di un nuovo film marchiato Super Mario. Il progetto sarà prodotto da Chris Meledandri, fondatore e CEO di Illumination, e Shigeru Miyamoto, co-representative director di Nintendo. Il film sarà finanziato da Universal Pictures e Nintendo e distribuito dalla Universal.
Si spera che questa volta il film sia all’altezza delle aspettative. Non è infatti il primo titolo del franchise a finire su grande schermo: il primo risale infatti a 20 anni fa, e si intitolava proprio Super Mario Bros. (e non riscosse un grande successo, meritandosi anche un posto nella nostra Top 7: i peggiori film tratti da videogiochi).
La partnership fra le due case è piena di potenzialità. Nintendo è ancora nel pieno del boom di Switch, mentre Illumination è responsabile dei franchise di Cattivissimo Me e Minions, che includono due dei quattro film di animazione  di maggior successo al mondo.




Nuovo trailer per Bayonetta e Bayonetta 2 in versione Nintendo Switch

Nintendo ha finalmente rilasciato ieri, un nuovo trailer dedicato alla versione Nintendo Switch di Bayonetta e Bayonetta 2. Il trailer offre un’introduzione al più sexy combat system che esista, mostrando Platinum Games al suo meglio. Nel trailer vengono mostrati anche nemici enormi e temibili, la capacità della protagonista di usare i suoi capelli come un’arma oltre agli ulteriori strumenti di distruzione implementati nel secondo capitolo. Scopriamo anche i controlli touch, le funzionalità amiibo, la modalità Tag Climax che permetterà di giocare in co-op con un amico e una parte di filmati completamente esagerati, in perfetto stile Bayonetta.

Qui sotto il trailer, ricordando anche la data di uscita prevista per il 16 febbraio 2018.

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Nintendo Switch vicino alle 15 milioni di unità vendute

Continua la marcia trionfale di Nintendo: la casa di Kyoto ha avuto un grande aumento di ricavi e profitti, soprattutto grazie a otto giochi che hanno venduto più di un milione di copie ciascuno nel precedente anno fiscale.
Negli ultimi nove mesi del 2017, Nintendo ha guadagnato 857 miliardi di yen (più di 6 miliardi di euro) con un incremento annuo del 175,5%, e un guadagno netto di 135.2 miliardi di yen (quasi 1 miliardo di euro), superiore del 31,1% rispetto al precedente anno fiscale.
L’ottimo risultato finanziario è dovuto alle vendite di Nintendo Switch, che si assestano intorno alle 15 milioni di unità vendute, battendo Nintendo Wii U di 1.3 milioni dopo un solo anno di vendita.
Bene anche le vendite software, con Super Mario Odissey in testa grazie alle quasi 10 milioni di copie vendute. L’ultima fatica della mascotte Nintendo risulta essere il gioco più popolare su Switch, staccando di molto Mario Kart 8 Deluxe (7.33 milioni di copie),  Zelda: Breath of the Wild (quasi 7 milioni di copie) e Splatoon 2 (quasi 5 milioni di copie). Secondo Nintendo, oltre ai giochi precedentemente menzionati, hanno sfondato la barriera del milione di copie anche 1-2 Switch (quasi 2 milioni di copie vendute), Arms (1.61 milioni di copie) e Xenoblade Chronicles 2 (1.06 milioni di copie).
Bene anche le vendite digitali, con un guadagno di 43.1 miliardi di yen (circa 318 milioni di euro), in rialzo dell’87% annuo, ma solamente il 5% del ricavo totale.

In calo, invece, i numeri del Nintendo 3DS: 9% rispetto allo scorso anno, con 5.86 milioni di console vendute. Diminuiscono del 33% anche i giochi venduti, con 31.25 milioni di copie vendute, nonostante l’uscita di Pokémon Ultra SolePokémon Ultra Luna che si assestano in totale sulle 7 milioni di copie vendute da novembre 2017. Sostanziale rialzo per quanto riguarda il business su smartphone: 172% rispetto al precedente anno finanziario, grazie all’uscita di Animal Crossing: Pocket Camp. Ciò nonostante, i ricavi per il mobile ammontano solo a 29.1 miliardi di yen (215 milioni di euro).

Grazie ai risultati di Nintendo Switch, la casa giapponese ha aumentato le previsioni per l’anno fiscale, ora fissate a 1.02 triliardi di yen (quasi 7.5 miliardi di euro), in rialzo del 6,3% rispetto alla precedente previsione. Con un guadagno di 120 miliardi yen (quasi 900 milioni di euro), ovvero il 41% in più.




The Legend of Zelda: Breath of the Wild

Annunciato come il titolo che avrebbe dovuto salvare Wii U, The Legend of Zelda Breath of the Wild è finito per diventare uno dei primi titoli di lancio di uno Switch le cui vendite, a tutt’oggi, sono in costante ascesa. Menzionato per la prima volta nel 2013, mostrato per la prima volta all’E3 2014 e arrivato solamente nel 2017, Nintendo ha consegnato un titolo destinato a rimanere nella storia, un esempio di come un titolo open world vada congegnato. Breath of the Wild rappresenta un nuovo traguardo  nel mondo videoludico, d’esempio non solo per il suo genere, un titolo che porta gameplay e storytelling a vette difficilmente raggiungibili, uno di quei casi in cui si eleva lo stato di videogioco a vera e propria opera d’arte. in occasione del recente arrivo del secondo e ultimo DLC, abbiamo deciso di recensire il Game of the Year 2017 nella sua forma più completa.

Nella selvaggia Hyrule

La storia vede Link svegliarsi da un sonno profondo: la calma luce blu illumina quel poco che c’è all’interno del Sacrario della Rinascita. Prenderemo in mano la Tavoletta Sheikah, strumento fondamentale in questo nuovo titolo, e, poco dopo, usciremo da questa caverna per un primo sguardo alla nuova e immensa Hyrule. Attorno è tutto molto strano: l’animosità della città, il mercato dove la gente pullulava, le guardie, gli sciamani, i negozi, i bar… la Hyrule che conoscevamo or non è più. Intorno a noi uno scenario deserto e nell’Altopiano delle Origini, fra qualche nemico e qualche animale selvatico, ci sarà solo uno strano personaggio che ci accoglierà e ci darà i primi consigli per imparare a muoverci in questo ambiente desertico e ostile. Apprenderemo presto che la Hyrule che conoscevamo è stata spazzata via dalla Calamità Ganon, una nuova forma del noto antagonista della saga che incarna tutto il suo odio e la sua cattiveria; Zelda è prigioniera di questo demonio da ben 100 anni e aspetta il nostro ritorno sin dal giorno del combattimento contro la Calamità, giorno in cui 4 campioni, rappresentanti delle 4 principali razze di Hyrule, caddero in battaglia insieme alle loro antiche macchine da guerra, i Colossi Sacri. In un ambiente selvaggio e decaduto dovremmo dunque iniziare a capire cosa è successo 100 anni fa, a ricordare tutto quello che abbiamo dimenticato, a trovare quelle persone che possono essere in possesso di indizi dal passato, ma soprattutto dovremo imparare a sopravvivere in quel contesto: dovremo dunque imparare a cacciare – in quanto i nemici in questo titolo non rilasciano più energia – cucinare, ma soprattutto imparare a valutare il vastissimo mondo intorno a noi per rendere l’esplorazione più efficace possibile. La nuova parola d’ordine di questo nuovo Zelda, anche se sicuramente non è la prima volta che tale parola ha avuto un significato così profondo, è libertà. Verremo presto dotati delle tre abilità fondamentali per esplorare ogni singolo meandro della vastissima Hyrule, la più grande mai vista in un titolo della saga di Zelda, e da quel momento il mondo ci apparterrà; tutto ciò che vedremo intorno a Link, dai punti più vicini a quelli più lontani, è costruito in un modo tale da stimolare la nostra curiosità, ogni luogo, a nostro rischio e pericolo, sarà accessibile; non saremo più legati agli oggetti tipici della saga che precedentemente limitavano l’esplorazione facendoci scoprire il mondo circostante gradualmente. A tal proposito, saremo persino liberi di affrontare le prove che ci vengono poste, e dunque di srotolare la trama, in qualsiasi ordine vorremo, ogni obiettivo del gioco, primario o secondario che sia, sarà del tutto opzionale: potremo, ad esempio, scegliere di affrontare i 4 colossi sparsi per Hyrule per poi alla fine scagliarci contro Ganon oppure, una volta scesi dall’Altopiano delle Origini, potremo direttamente andare al Castello di Hyrule e provare a buttar giù Ganon con un equipaggiamento minimale. La nostra curiosità ci porterà se non altro sino ai diversi santuari sparsi per Hyrule, dei brevi dungeon al termine dei quali otterremo un Emblema del Trionfo, o ai Colossi Sacri che rappresenteranno in un certo senso il vero progresso del gioco: si tratta infatti di vere e proprie macchine da guerra costruite appositamente per contrastare la Calamità Ganon e in questo nuovo titolo sono la cosa che più si avvicina ai dungeon tipici della serie. Breath of the Wild ci offre un’infinità di modi per sperimentare questa nuova avventura, e decidere dove andare e in quale ordine affrontare gli obiettivi principali non è che la superficie del gioco; in questo titolo vengono introdotti diversi tipi di armi che si suddividono principalmente in tre categorie (ovvero le spade, le lance e le armi pesanti come asce o spadoni), e ognuna offre modi diversi di combattere, ognuno adatto ai diversi tipi di nemici presenti nel gioco; le armi, a loro volta, così come gli scudi e gli archi, avranno caratteristiche proprie, un numero che rappresenta la potenza d’attacco (o la difesa nel caso degli scudi) e una resistenza. Anche se varie armi si rompono in poco tempo è davvero difficile rimanere senza un sistema d’offesa in quanto non solo sarà (quasi sempre) possibile recuperare qualche arma negli ambienti limitrofi, ma l’ambiente potrà venire in nostro soccorso, permettendoci di far cadere contro un nemico un lampadario scagliando una freccia, facendo rotolare un macigno da una rupe o muovendo una cassa di metallo con l’abilità Kalamitron; sarà possibile placare intere orde di nemici senza brandire la spada neanche una volta! E ancora, sarà possibile ottenere determinati effetti preparando pozioni speciali che saranno decisive non solo nelle battaglie ma anche nell’esplorazione; vogliamo affrontare un’altissima montagna ma non abbiamo i vestiti adatti? Ci converrà preparare qualcosa di piccante e riscaldarci a modo nostro! Abbiamo una vastità di variabili che possono essere ottenute tramite le pozioni, il cibo o i vestiti che andremo ad accumulare, tutte seguendo una normalissima logica di sopravvivenza, senza dover pensare a chissà quale astrusa soluzione. È incredibile come questo titolo, in realtà, rompa così radicalmente certi capisaldi della serie, come l’assenza dell’equipaggiamento tipico di Link o lo storytelling lineare, ma è a sua volta sorprendente come in realtà Breath of the Wild rispetti i principi e la filosofia dei precedenti giochi restituendo in tutto e per tutto quel senso di scoperta e di avventura di cui il primo titolo era famoso; insomma si combattono ancora i mostri, si risolvono i puzzle e si esplora il mondo circostante ma in The Legend of Zelda: Breath of the Wild  tutto è restituito con classe, pensato in un certo senso senza limitazioni: uno Zelda dei sogni, da sempre pensato e mai consegnato, fino ad oggi.

Poetry in motion

La grafica, considerando che è stata pensata per una console poco potente come Wii U, è veramente spettacolare; l’art-style ha un che di cartoonesco, non troppo accentuato come in The Legend of Zelda: The Wind Waker ma nemmeno troppo realistico o dark come in The Legend of Zelda: Twilight Princess. Abbiamo un bellissimo comparto di effetti di luce e ombra, ambienti ben caratterizzati che modificheranno il gameplay, ma soprattutto avremmo sempre una visione totale di tutto quello che abbiamo intorno, giusto per incentivare la nostra curiosità. Il tutto viene visualizzato perfettamente, anche a chilometri e chilometri di distanza sarà possibile intravedere santuari, torri o persino il centrale Castello di Hyrule avvolto dalla Calamità Ganon. Il framerate, in passato, è stato oggetto di alcune critiche ma, con il rilascio delle ultime versioni, questi problemi sono stati quasi del tutto debellati; nella maggior parte delle volte Link – e con lui il mondo circostante – verrà animato a 60FPS e i bug grafici sono per lo più inesistenti (anche nella versione per Wii U). Il comparto sonoro, curato da Manaka Kataoka e Yasuaki Iwata, è qualcosa di eccezionale: le musiche, specialmente in fase di esplorazione, avranno un tono minimale e rilassante che ricorda molto il pianoforte di Ryuichi Sakamoto ma non mancano composizioni più pompose nelle fasi d’azione, pezzi più caratteristici nelle zone più popolose nonché parecchi temi familiari che i giocatori di vecchia data apprezzeranno di cuore. Questo nuovo titolo offre dei brani veramente atipici per la serie e non sono stati in pochi ad apprezzare questa nuova colonna sonora.
Breath of the Wild, probabilmente, è un va oltre la definizione di semplice gioco: è un titolo che porta il giocatore a immedesimarsi in certe situazioni, un gioco la cui componente fondamentale, prima di buttarsi nell’azione, sta nell’osservazione attenta dei luoghi e delle cose, rimanendo inevitabilmente affascinati dai nuovi, sterminati paesaggi Hyruliani nei quali si finisce per perdersi, a volte dimenticando i nostri obiettivi a favore della contemplazione. La musica fa il paio con tutto ciò, offrendo melodie sognanti ma allo stesso tempo “descrittive”, restituendo benissimo ciò che abbiamo attorno; sembra tararsi in base alle situazioni e agli ambienti e anticipare in un certo senso le nostre sensazioni. Inoltre, anche se la maggior parte dei dialoghi avverrà tramite textbox come tipico della serie, questo titolo è il primo titolo della saga ad avere delle cutscene interamente doppiate; alcuni si sono lamentati delle voci dei personaggi nei paesi di lingua inglese, ma in Italia, grazie all’esperienza dei nostri doppiatori, l’esperienza di questo titolo è decisamente migliore grazie a professionisti del calibro di Natale Ciravolo, Pietro Ubaldi e Marco Balbi. Non potevamo chiedere di meglio per uno storytelling fatto con classe e di questo livello.

Come ciliegina sulla torta abbiamo i due DLC, il primo rilasciato a giugno e il secondo a dicembre 2017, che riescono a rendere un’esperienza di gioco già perfetta ancora più profonda e longeva. Il primo, intitolato Le Prove Leggendarie, si incentra sull’abilità e la potenza della Master Sword; Link dovrà risvegliare il vero potere della spada che esorcizza il male e lo potrà fare solamente dimostrando di essere un vero eroe, affrontando durissime prove che lo vedranno privo di ogni vantaggio. La Ballata dei Campioni, ultimo e più vasto DLC, vede Link alle prese con ulteriori prove verso un ultimo eccezionale potere; come il titolo suggerisce, ci verrà raccontato di come la principessa Zelda mise insieme la squadra dei campioni, Urbosa, Revali, Mipha e Daruk, chiudendo così l’intero arco narrativo di Breath of the Wild e dando ai fan una storia completa fino all’ultimo dettaglio. In tutto questo i DLC offrono un infinità di contenuti aggiuntivi come armature e maschere, bardature, oggetti rari e la fantastica modalità “Cammino dell’Eroe” che farà apparire sulla mappa l’intero itinerario percorso da Link, molto utile per farsi un’idea di dove si è stati e di quali siano i luoghi inesplorati, permettendo dunque di trovare qualche santuario ancora nascosto. Inoltre, col primo DLC, si potrà selezionare la modalità “Master” ovvero la modalità difficile della campagna principale, che vedrà dunque diversi cambiamenti nel gameplay e un innalzamento del livello di sfida.

Un gioco perfetto

Insomma, The Legend of Zelda: Breath of the Wild con la sua vastità geografica, le diverse quest, santuari, strategiem nonché i due recenti DLC, offre al giocatore centinaia di ore di gioco rendendolo probabilmente uno dei migliori – se non il migliore – gioco della nota saga Nintendo. Eiji Aonuma e il team dietro allo sviluppo di questo eccezionale titolo hanno superato le aspettative di fan e critici videoludici di ogni dove; un gioco che sfiora la perfezione e a cui è difficile trovare veri difetti. Al di là di qualche rarissimo calo di framerate, sistemati semi-definitivamente con l’ultimo aggiornamento, Breath of The Wild è infatti un titolo che offre tantissimo e che non lascia spazionulla di marginale o noioso; ogni singolo aspetto di questo titolo è curato maniacalmente, dall’esplorazione all’interazione con gli NPC, dallo storytelling al gameplay effettivo, nulla è stato lasciato al caso. The Legend of Zelda: Breath of the Wild è destinato a rimanere non solo un “must have” per i possessori di Switch e Wii U ma anche a segnare la storia dei videogame futuri, e a imprimersi nella memoria dei giocatori di tutto il mondo.




Atlus chiede ai propri fan quali titoli sviluppare e su quale piattaforma

Oggi Atlus ha rilasciato un lunghissimo questionario rivolto ai fan. Nonostante sia in giapponese, è importante sapere di cosa si tratta dato che riguarda il rilascio di nuovi titoli sulle diverse piattaforme, tra cui un nuovo capitolo della saga Persona, un picchiaduro, un RPG online o, più semplicemente, Persona 6. Oltre a ciò, sono presenti domande che riguardano le saghe di Etrian Odyssey, Digital Devil Saga, Devil Survivor, Shin Megami Tensei, e tutti i capitoli dedicati a Persona. Per tutte queste opzioni dovranno essere specificate le console di rilascio. Le domande successive indicano di esprimere la propria opinione riguardo alla creazione di alcuni spin-off dei giochi Atlus creati, però, da altri sviluppatori. I titoli della lista sono Soul Hackers, Devil Summoner, Devil Survivor, i picchiaduro della saga Persona, i Persona Dancing All Night, Persona Q, Etrian Odyssey, la saga principale di Persona e di Shin Megami Tensei. La domanda successiva riguarda un dubbio di Atlus se sviluppare o meno una nuova IP, una saga numerata o, ancora, degli spin-off delle proprie serie principali, un remake, o magari un porting di vecchi titoli sulle nuove console. È presente anche l’idea di creare delle serie animate o collaborazioni con altre compagnie. Nel momento in cui si deciderà di rispondere “la creazione di una nuova IP”, verrà richiesto anche lo sviluppatore, scegliendo tra diversi studi, come ad esempio il team di Shin Megami Tensei, il nuovo Studio Zero, il team di PersonaVanillaware o il team di Etrian Odyssey. Infine, ma non meno importante, verrà chiesto nuovamente su quali piattaforme rilasciare i nuovi titoli, da scegliere tra PS4, Playstation VR, PS Vita, 3DS, Nintendo Switch, Smartphone oppure una nuova console che potrebbe arrivare in futuro. terminato il questionario, troverete una sorpresa dai Phantom Thieves: sarà un piccolo artwork riguardante un gioco in uscita dello Studio Zero chiamato Project Re Fantasy.

 

 

 

 

Fonte: Dualshockers.




Super Mario Odyssey

L’ultima volta avevamo lasciato il caro idraulico con Super Mario 3D World per Wii U, un ottimo platformer che, nonostante il flop generale della console Nintendo, riuscì comunque a far parlare di sé; ora è la volta di Nintendo Switch, piattaforma per il quale è stato pensato questo Super Mario Odyssey, titolo che, insieme a The Legend of Zelda: Breath of the Wild, aggiunge un nuovo tassello a una delle più storiche e longeve IP della grande N. Annunciato al lancio della console, Super Mario Odyssey ha visto la luce solamente lo scorso ottobre e, come il recente titolo della saga di Zelda, ha riscosso pareri positivi da parte di fan e critica, rivelandosi uno dei migliori giochi di un 2017 che ha regalato grandi gioie ai gamer di tutto il mondo; Nintendo, fra il rilascio dello Switch e questi due eccezionali titoli, ha decisamente trascorso uno dei suoi migliori recenti anni fiscali, fra vendite stellari e pareri positivi, e sembra che le cose per la nota compagnia nipponica girino finalmente per il verso giusto. Adesso la console può vantarsi di avere uno dei migliori giochi platform mai concepiti e, se non altro, un nuovo titolo di Mario che, al solito, definisce l’hardware corrente Nintendo in tutto e per tutto.

Let’s do the Odyssey

Ancora una volta la principessa Peach verrà rapita da Bowser, il quale questa volta lo fa in grande stile e con “serietà”, ovvero organizzando un bel matrimonio con tanto di vestiti, fiori, torte e anelli nuziali. Mario, intento a fermare queste nozze a tutti i costi, si metterà all’inseguimento del vascello volante di Bowser in giro per il mondo, accompagnato in quest’avventura da Cappy, un esserino che può nascondersi nei cappelli e che ha come scopo quello di salvare la sorella, che sarebbe poi la tiara del vestito nuziale di Peach. Una storia più che classica ma in fondo non potevamo aspettarci di meglio per un gioco di Mario: un dinosauro tartaruga che rapisce la principessa del Regno dei Funghi! Dopo queste premesse cominceremo a capire le meccaniche di questa nuova avventura: ai comandi classici di Mario, correre, saltare, nuotare, ground-stomp e wall-jump, si aggiungono le azioni di Cappy, la possibilità di utilizzarlo come oggetto contundente contro alcuni nemici, come piattaforma ausiliaria per un salto più lungo ma soprattutto per la sua abilità di captura; una volta lanciato il cappello in testa a certi nemici sarà possibile infatti controllarli espandendo le nostre abilità in una maniera mai vista: potremo vestire i panni di un Fratello Martello e lanciare i martelli, di un Pallottolo Bill o di un dinosauro e distruggere i muri, insomma, ce n’è per tutti i gusti! Le possibilità di captura sono diversissime e molteplici, un elemento che migliora decisamente le meccaniche di un franchise talvolta difficile da innovare e che spesso, per gli sviluppatori, possono rivelarsi una vittoria schiacciate o un’amara sconfitta. Affinata l’abilità coi comandi base, partiremo alla volta delle lune d’energia che serviranno a potenziare la nostra Odyssey, la navicella di Cappy, con la quale viaggeremo attraverso gli altri regni del gioco. Le lune sostituiranno in un certo senso le classiche stelle, e ogni livello ne vedrà un numero ampissimo che solitamente oscilla fra le 50 e le 70, per un totale di oltre 900 lune (in realtà il numero resta indefinito visto che un infinito numero di lune può essere acquistato nei negozi) che garantiranno ovviamente una longevità ampiamente soddisfacente. Finiti gli obiettivi principali di un livello, lo stesso si “aprirà” per garantire al giocatore la raccolta totale delle lune presenti al suo interno: sarà possibile accedere ad aree precedentemente irraggiungibili, incontrare NPC precedentemente nascosti ma soprattutto far apparire Toad Aiutante e Nonno Amiibo. Questi due NPC saranno decisivi per il completamento alcuni livelli, in quanto daranno degli indizi per trovare le lune che non siamo riusciti a trovare durante la nostra prima run nel livello: Toad Aiutante ci darà un indizio per la modica somma di 50 monete d’oro mentre Nonno Amiibo, uno strano robot che somiglia a un Roomba, ci darà gli stessi indizi gratuitamente scansionando un Amiibo, anche se dovremmo aspettare sempre 5 minuti affinché questo compia il suo dovere; tuttavia, scansionando alcuni particolari Amiibo, il robot ci premierà regalandoci dei costumi esclusivi. I veri maestri della ricerca delle lune potranno affidarsi solamente al Chiacchierotto, un pappagallino presente in ogni livello che rivelerà solamente il nome della quest da affrontare per l’ottenimento di una luna ma mai il punto esatto nella mappa, a differenza diToad Aiutante e Nonno Amiibo.

Il level design è probabilmente il migliore mai visto in un titolo di Mario: i regni sono grandi, stimolanti e, come quell’ “Odissey” nel titolo suggerisce, sembrerà veramente di compiere un viaggio intorno al mondo in quanto gli ambienti sono fortemente caratterizzati. Ecosistemi e paesaggi diversi, gente dagli usi e dai costumi differenti in ogni luogo e persino una moneta tipica di colore viola in ogni regno che servirà a comprare nuovi costumi da indossare e souvenir per la nostra navicella esclusivi di quella zona. Ogni livello sembra costruito in maniera tale da costituire un flow costante e naturale, fatto in modo da esplorare e riesplorare il livello più volte senza mai stancarsi e trovando di tanto in tanto qualcosa di nuovo; ottima caratteristica considerando che bisognerà vistare spesso i livelli visto l’alto numero di lune. Un plauso speciale va fatto tuttavia al livello New Donk City, che non solo mette Mario in una fittizia New York fra strade affollate e altissimi grattacieli, ma è in realtà una celebrazione coi fiocchi delle origini della saga di Super Mario; i giocatori più appassionati coglieranno certamente ogni singola citazione presente al suo interno, dall’iconografia del primo Donkey Kong – gioco in cui l’idraulico più famoso al mondo fece la sua prima apparizione – alla presenza di Pauline, la donna di cui Mario era all’inseguimento nel famoso cabinato arcade del 1981. Ad ogni modo, Super Mario Odyssey è una continua sorpresa, sia per ciò che riguarda il lato del platforming puro sia per il senso di scoperta che questo titolo riesce a regalare, e più volte si finisce anche solo per girare a vuoto senza necessariamente soddisfare un vero obbiettivo: giusto correre, saltare, ammirare il paesaggio trovando di tanto in tanto qualche moneta locale o qualche luna inaspettata.

It’s freedom like you never knew

Switch ci sorprende ancora una volta mostrandoci una vastità di livelli molto grandi, texture ben definite e dettagli grafici di tutto rispetto; il level design, come già ribadito, è uno dei migliori mai visti nella saga, e il tutto è accompagnato da una grafica pulitissima e chiara, che coinvolge il giocatore e che rende bene sia in dock che in modalità portatile. Non mancheranno i tuffi di nostalgia nelle sezioni in 2D sullo stile di Super Mario Bros. o elementi come il costume di Super Mario 64 con cui la grafica si rifarà esattamente alle console di quelle generazioni; in espedienti del genere Nintendo è sempre la numero uno, il richiamo nostalgico è sì presente ma mai troppo troppo invasivo, la giusta dose al momento giusto. Lo stile grafico dei titoli di Mario non è mai cambiato nelle linee di fondo, solamente, grazie al nuovo concept del viaggio, gli elementi grafici e gli ambienti hanno un rimando terreno molto forte senza però che manchino i classici elementi della saga, come i nemici classici o alcuni particolari abitanti di qualche strano regno.
Il comparto audio, curato in parte dallo storico Koji Kondo ma in gran parte da Naoto Kubo e Shiho Fujii, è come sempre eccezionale: i brani dei livelli sono sempre composti in maniera magistrale e gli stili musicali vanno dalla classica, all’etnico, al moderno e persino al jazz, come già anticipato nei trailer; Il pezzo Jump Up, Super Star è già entrato persino nella testa dei giocatori che non hanno nemmeno preso in considerazione l’acquisto di questo titolo e vi garantiamo che la stessa qualità con la quale è stato composto il famoso brano del trailer è presente in ogni brano della colonna sonora, che è sicuramente una di quelle che finirete per mettere in autoradio o nella playlist del cellulare!

Il gioco non è ovviamente esente da qualche difetto, nulla che inquini la nostra esperienza di gioco ma certamente degli elementi poco curati e che potevano essere sistemati. Primo fra tutti è forse la modalità due giocatori poco stimolante, mal programmata e che compromette la collaborazione vera e propria fra i giocatori: in pratica dividendo i Joycon fra due giocatori sarà possibile controllare Mario e Cappy individualmente, mettendo uno dei due in condizione di giocare nel vero senso della parola, controllando il personaggio principale, mentre l’altro pensa solo a “sgomberare” la strada dai nemici, senza contare che molti di essi serviranno per la funzione captura e dunque ci sarà ben poco da “sgomberare”; spesso e volentieri, presi dall’euforia, Cappy rimarrà fuori dalla nostra portata e saranno più le volte che ce lo ritroveremo in mezzo ai piedi, facendoci fare dei salti inutili, che le volte in cui sarà veramente d’aiuto; un vero peccato non aver potuto aggiungere una modalità co-op simile a quella vista in Super Mario 3D World. Un altro difetto riguarda i nemici, davvero pochi nei vari livelli, e serviranno principalmente per scopi di captura; c’è poca armonia fra le sezioni di platforming e di combattimento, i nemici veri e propri, a parte i boss, sono veramente pochini e dunque si perde giusto un po’ quella magia tipica della saga anche se qui, in fondo, abbiamo un concept del tutto nuovo.

Parlando di nuove abilità probabilmente una grossa occsione mancata riguarda quelle collegate all’abbigliamento: la varietà offerta dai costumi è veramente ineguagliabile, vestire Mario con i diversi completi che si trovano per i mondi è un sacco divertente, ma è purtroppo un’attività fine a se stessa. I vestiti, anche se sono una vera e propria droga, non conferiscono alcuna abilità particolare a Mario, solamente in alcuni casi lo faranno smettere di tremare (e non succederà nulla se lo lascerete morire di freddo) o lo faranno accedere a dei posti altrimenti inaccessibili; a parte questo nulla, ed è un vero peccato perché sarebbe stato molto bello ottenere qualche abilità in più come resistenza al fuoco, nuoto più veloce, aumento del peso (visto che c’è il costume di Metal Mario direttamente da Super Mario 64)… insomma, si sarebbe potuto sviluppare un intero sistema di power up attorno ai vestiti ma purtroppo nulla è stato fatto. Per carità, il gioco è eccezionale, così come lo è vestire Mario con i diversi costumi ma da questo punto di vista si sarebbe potuto fare di più. Inoltre, anche se stranamente nell’insieme questo difetto conta pochino, le quest per ottenere le lune sono spesso ripetitive e fra livello e livello troveremo sempre le stesse attività da fare per ottenere una luna, specialmente dopo che avremmo attivato i blocchi lunari: atletic tic tac, insegui il coniglio, vai in cerca delle casse luminose, vai in cerca dei pali luminosi, gareggia contro koopa (due volte), sezione in 2D, sezione in 2D nascosta… è vero anche che riempire il livello con 70 e passa quest è comunque difficile però un po’ di più varietà sarebbe stata gradita.

Jump up, don’t be scared

Ad ogni modo Super Mario Odyssey è un gioco spettacolare, stimolante ma soprattutto divertentissimo e immenso. Il divertimento, come è tipico dei giochi di Mario, non finisce alla quest principale; infatti, al completamento della quest, non solo bisognerà andare alla ricerca delle lune rimanenti ma sarà possibile sbloccare ulteriori regni per rendere l’esperienza di gioco ancora più lunga e duratura; inoltre fra poco arriverà il nuovo DLC che porterà gratuitamente ai giocatori la modalità “Caccia al palloncino“, che introdurrà fra l’altro anche il fratello Luigi, e diversi nuovi capi d’abbigliamento. Abbiamo fra le mani un gioco che difficilmente riusciremo a riporre sullo scaffale, uno di quei titoli che, anche se ci promettessimo di giocarci per massimo un’oretta, ci ritroveremmo a giocare per ore, tanto risulta immersivo e coinvolgente il gameplay.
Un’esperienza imperativa per i possessori della console Nintendo, un gioco che da solo vale decisamente l’acquisto di Nintendo Switch e che definisce tutto ciò che rende una macchina e un gioco della grande N semplicemente unico.




Yuji Naka, creatore di Sonic, si unisce a Square Enix; nuovo titolo in sviluppo

Yuji Naka ha annunciato oggi sul suo account Twitter che è entrato a far parte di Square Enix. Naka ha anche menzionato che lavorerà nel team di game development  e che il suo obiettivo sarà quello di consegnare un gioco piacevole.

Nella versione giapponese del suo tweet Naka ha anche spiegato che è elettrizzato all’idea di buttarsi in una nuova sfida alla Square Enix, il che fa pensare che il creatore di Sonic potrebbe andare a cimentarsi in un qualche nuovo genere videoludico che non ha mai preso in considerazione.

Yuji Naka è famoso soprattutto per aver portato alla luce Sonic the Hedgehog ma il suo curriculum va ben oltre i giochi del porcospino blu. Dal 1984, anno in cui debuttò in Sega con il suo Girl’s Garden per il Sega SG-1000, il suo contributo come programmatore è stato decisivo per la creazione di alcuni giochi come Phantasy Star I & II, Alex Kidd in Miracle World e, come creatore, in Nights into Dreams e Chuchu Rockets!.

Durante la scorsa decade ha lavorato per lo più come produttore e il suo ultimo gioco è stato Rodea the Sky Soldier per Nintendo Wii, Wii U e 3DS.

Yuji Naka non ha fornito ulteriori informazioni sul gioco alla quale sta lavorando però, il solo sapere del suo ritorno alla programmazione ancora una volta, è certamente molto intrigante.