L’evoluzione della Overwatch League

Fino a non troppo tempo fa era era quasi impossibile pensare di poter fare carriera grazie agli esport, diventando uno streamer o un giocatore professionista (o perché no, anche entrambe le cose); ma il loro imponente impatto mediatico e la conseguente popolarità stanno letteralmente spianando la strada a chi vuole far parte di questo mondo tuttora in piena espansione, che siano singoli giocatori, squadre o come in questo caso specifico, leghe.
La Overwatch League inizia ufficialmente la sua stagione inaugurale il 10 Gennaio 2018 e vede al suo interno 12 team provenienti da tutto il mondo, ognuno dei quali legati alla città di provenienza, che si contendono a suon di match il titolo di campioni di Lega, un po’ come accade nell’NBA per il basket americano o nella nostrana Lega Serie A per il calcio; non a caso la OWL è attualmente la lega nel campo esport ad avvicinarsi di più a quelle degli sport tradizionali. La stagione si è conclusa lo scorso 28 Luglio con la vittoria dei London Spitfire.

Non si sa ancora quando comincerà la prossima, ma l’aggiunta di otto nuove squadre è sicuramente un buon punto di partenza e dimostra come questo primo “anno di rodaggio” abbia avuto un riscontro decisamente positivo. Nate Nanzer, Commissioner della Overwatch League, si è mostrato molto ottimista durante un’intervista rilasciata a Gamesindustry.biz.
Fra i temi trattati, si è parlato del rapporto tra esport e Olimpiadi: Nanzer era presente al meeting di Losanna tenutosi la scorsa estate e l’ha visto come una grande opportunità per poter finalmente parlare dell’argomento in materia approfondita ma, a parer suo, a causa dell’enorme quantità di variabili di cui tener conto, è ancora presto per vedere i videogiochi competitivi tra le discipline olimpiche.
Per quanto riguarda invece ciò che non è andato bene nella stagione ormai conclusa, quello della tossicità della community è stato uno dei problemi più grandi. Giusto per tirare fuori qualche esempio, un giocatore dei Dallas Fuel è stato temporaneamente allontanato dalla lega e dalla squadra stessa dopo aver fatto dei commenti omofobi durante uno stream e una commentatrice è stata più volte offesa e minacciata di morte sotto un suo tweet durante il giorno della Festa della Donna. Secondo Nanzer non è un problema legato strettamente alla community o al gioco stesso, ma riguarda più il rapporto tra le persone e Internet, che può far diventare tossico qualsiasi ambiente. A prescindere da ciò, all’interno della lega si cerca sempre di creare un posto che sia il più sicuro e tranquillo possibile per chiunque.

E parlando di donne, una domanda che gli è stata spesso posta è il perché della presenza marginale di figure femminili nelle competizioni, visto che solo due ragazze in tutta la lega hanno partecipato quest’anno. A nome di tutta la OWL, Nanzer ha detto che non si è ancora trovata una risposta, e che si sta cercando un modo per cambiare le cose. Una possibile soluzione è quella di creare una “lega in rosa” che comprenda solo squadre al femminile, ma perché dividere i due sessi se nel giocare ai videogiochi non ci sono caratteristiche fisiche particolari che li rendono diversi? C’è da dire però, che molte giocatrici professioniste hanno deciso di proposito di non partecipare per la paura di essere facili bersagli per la community.
È un tema spinoso e la questione non può essere completamente risolta solo dalla Overwatch League o dalla Blizzard stessa, ma possono diventare un punto di riferimento non solo per le donne che vogliono entrare nel mondo degli esport, ma per qualsiasi tipo di minoranza e si spera di poter iniziare a far qualcosa già a partire dal prossimo anno.




L’incredibile crescita degli eSport

Il 2018 ha visto continuare la marcia inarrestabile degli eSport, sotto ogni punto di vista: se sul lato commerciale risaltano i grandi numeri ottenuti dalla prima edizione della Overwatch League, con quasi undici milioni di spettatori dichiarati da Blizzard per la finale del campionato e 126 milioni di visualizzazioni in totale sul proprio canale Twitch, non sorprendono nemmeno le cifre da capogiro dichiarate sul lato finanziario: l’industria del videogioco professionistico ha guadagnato quasi un miliardo di dollari in quest’anno, con una previsione di crescita del 18,6% per il 2023, che porterebbe l’intero settore a un guadagno di ben 2.17 miliardi!

Ma non è tutto rose e fiori: recentemente, il CIO, lo stesso Comitato Olimpico Internazionale che precedentemente si era espresso a favore degli eSport come disciplina olimpica da testare nei giochi asiatici del 2022, ha frenato esprimendo il proprio dissenso verso i cosiddetti killer games. A tal proposito, il presidente Thomas Bach ha dichiarato:

«Non possiamo avere nel programma olimpico dei giochi che promuovono violenza e discriminazione. Dal nostro punto di vista rappresentano una contraddizione dei valori olimpici e non possono essere accettati»

Una dichiarazione che chiude le porte ai vari League of Legends, Dota 2 e Fortnite, ma vi è invece, uno spiraglio aperto per giochi più “pacifici” come FIFA, Rocket League o Street Fighter. E anche per uno sport che cerca di entrare nel carrozzone olimpico da molti anni, come la Formula Uno: recentemente Sean Bratches, direttore commerciale del brand motoristico, ha espresso il proprio interesse per includere lo sport, anche se in forma virtuale. Vi è già un campionato di eSport, la Formula One eSport series che, nella stagione inaugurale del 2017 ha richiamato 63.000 appassionati che hanno seguito nove delle dieci scuderie presenti nel campionato motoristico (unica e grandissima assente l’italiana Ferrari).

Anche in Europa si sta muovendo qualcosa: se già Francia (prossima partecipante alla Overwatch League con la squadra di Parigi), Spagna e Russia (dove spopolano titoli come DOTA 2 e Counter Strike: Global Offensive) possono contare su un settore già pronto, come si pone il nostro paese nel mercato? In realtà, non molto bene, nonostante la creazione di alcuni eSport team dedicati a FIFA, come Sampdoria (primo club calcistico italiano a lanciarsi nel settore), Roma, Empoli e recentemente anche Cagliari, Perugia e Parma. Ma hanno destato interesse le recenti dichiarazioni al Corriere dello Sport del patron del Napoli e del Bari, Aurelio De Laurentiis, interessato a entrare nel settore degli sport virtuali. Per quanto possa sembrare strano l’interesse di un imprenditore così importante, soprattutto nel nostro paese, non sorprende vedere grosse aziende dietro una squadra di eSport: basti pensare al gruppo Kraft, proprietari dei New England Patriots, una delle più vincenti squadre di football americano della NFL e proprietari anche dei Boston Uprising della Overwatch League, oppure la Kroenke Sports & Entertainment, holding che controlla sia l’Arsenal, popolare squadra di calcio della Premier League, che i Los Angeles Gladiators, sempre della OW League.
Con questa potenza economica dietro, non sorprende vedere la crescita del settore, anno dopo anno. E chissà, magari entro il 2023, si creerà qualcosa di importante anche nel nostro paese: d’altronde, lo sport non è solamente prestanza fisica, ma anche una girandola di emozioni uniche, esattamente come i videogiochi.