Videogames e disabilità: i passi avanti di Microsoft
Di recente, Microsoft è divenuta punto di riferimento contro la disabilità. Infatti, il colosso californiano, ha recentemente mostrato al pubblico l’ Xbox Adaptive Controller, accessorio che permette agli utenti disabili di poter giocare grazie alla possibilità di modificare i vari input a seconda delle loro necessità. Tara Voelker, gestore del progetto, ha rivelato la sua intenzione di creare dei “corsi” per gli sviluppatori, così da poter dare loro dei consigli al fine di rendere anche i giochi stessi più accessibili. La stessa, ha inoltre ribadito:
«I giochi non sono solo intrattenimento, fanno parte della nostra cultura, sono un modo di socializzare e persino un mezzo di fuga: i giochi possono essere terapeutici e possono aiutare nella gestione del dolore.»
Il dispositivo creato da Microsoft, durante l’E3, ha riscosso tantissimi feeback positivi e ha, inoltre, vinto tantissimi premi.
Secondo la Voelker, l’aggiunta da parte della società di avatar che possono usufruire di una sedia a rotelle o un arto artificiale è importante tanto quanto il loro controller. Infatti, secondo quest’ultima, la possibilità di poter inserire questi “accessori” al proprio avatar può dare una possibilità d’espressione in più, cioè, è un modo di mostrare la propria identità.
Durante un’intervista, Phil Spencer, direttore della società nel settore gaming, ha mostrato la sua disponibilità nel condividere gli insegnamenti derivanti dall’Adaptive Controller con chiunque voglia imparare e perfezionare quello che ha creato la sua compagnia. Voelker, ha inoltre affermato che le piacerebbe vedere un feedback da parte degli sviluppatori stessi con l’aggiunta dei controlli rimappabili. Secondo Tara Voelker, gli sviluppatori possono fare la loro parte anche senza la necessità di un hardware specializzato, integrando più personaggi affetti da disabilità così da agevolare l’ingresso nel mondo del gaming.
Il cross-play interessa veramente ai videogiocatori?
Secondo quanto riportato da Gamesindustry.biz, il cross-play, potrebbe non essere così importante per i giocatori come molti nel settore credono. Ad avvalorare questa ipotesi, sono i dati raccolti dal sondaggio effettuato nel quarto trimestre del 2017 da GameTrack, che mostra una generale indifferenza a interazioni tra la varie console.
I rumor che vedrebbero PlayStation, Xbox e PC permettere agli utenti di “giocare sulla stessa spiaggia, partendo da oceani diversi” sono stati molteplici negli ultimi 12 mesi: Microsoft, come sappiamo, ha fatto del cross-play tra console e PC una delle caratteristiche fondamentali nella sua strategia aziendale, mentre Sony, al contrario, è stata più volte ampiamente criticata per la sua apparente riluttanza a consentire un eventuale “condivisione” tra i consumatori PlayStation e quelli Xbox.
Tuttavia, all’interno del sondaggio, il 58% degli intervistati ha ammesso di essere totalmente indifferenti a tale questione. Essendo una percentuale così elevata possono entrare in scena anche altri fattori, come la reale conoscenza del cross-play ed eventuali implicazioni derivanti, oppure una certa soddisfazione nell’attuale modus operandi dell’attuale sistema – che non è da cosiderare per forza “malvagio”–.
Minecraft, Rocket League, Ark: Survival Evolved e Fortnite, tra gli altri, sono stati al centro di un lungo dibattito proprio riguardo il cross-play nell’ultimo anno e spesso, a causa della netta mancanza di interesse da parte di Sony nel permettere ai suoi utenti di condividere l’esperienza anche con i giocatori di Microsoft.
A quanto pare inoltre, il cross-play non è nella maniera più assoluta un fattore decisivo per il quale i giocatori possano essere più propensi o meno all’acquisto di una console: solo una piccolissima percentuale (13%) ha dichiarato di potersi lasciar influenzare da questo fattore durante l’acquisto.
Allo stesso modo, sempre e solo il 13% del campione è d’accordo che, avendo la possibilità di giocare in cross-play, possano essere più propensi alla sottoscrizione di un eventuale abbonamento per giocare online su console o PC.
La stessa tendenza era evidente tra i partecipanti al test, nelle domande inerenti al software: il 48% degli intervistati è in disaccordo che questa caratteristica possa influire sull’acquisto di uno specifico titolo, contro il 17% che si lascerebbe influenzare da questo fattore; inoltre il 49% degli intervistati, non è d’accordo che tale funzionalità li renderebbe più propensi a giocare online più di quanto facciano normalmente.
Phil Spencer, noto vicepresidente della sezione gaming di Microsoft, è stato molto franco riguardo il suo enorme desiderio di unire le comunità Xbox e PlayStation, commentando anche la riluttanza incessante di Sony in diverse occasioni:
«So che esiste questo genere di visione: “se i miei amici hanno questa console, non potranno giocare con persone che ne acquistano una diversa, e questo è il motivo per cui acquistano la mia console”.»
Che il cross-play abbia o meno il potenziale di influenzare le decisioni di acquisto tra i consumatori, non cambia il fatto che all’interno del settore, vi sia una visione generale che l’abbattimento delle barriere tra le piattaforme avverrà presto. Come potete leggere nel nostro precedente focus, Tim Sweeney di Epic Games, ha parlato di Fortnite e dei livelli di interazione cross-play senza precedenti, che consentiranno agli utenti di giocare allo stesso gioco su console, PC e dispositivi mobile. Le uniche piattaforme che non lo consentono tuttora sono Xbox e PlayStation, ma Sweeney è convinto che sia solo una questione di tempo:
«Affinché Sony e Microsoft supportino completamente i loro utenti, devono aprire le porte anche ai loro amici del mondo reale, altrimenti staranno solamente disgregando dei gruppi realmente esistenti.»
Un nuovo Banjo Kazooie potrebbe arrivare su Nintendo Switch
Il genere platform è stato da sempre uno di quelli che si è meglio adattato al 3D; c’è stato un periodo, esattamente nel passaggio dalla generazione 16-bit alla 32/64-bit, in cui tutti giochi sarebbero dovuti diventare tridimensionali, indipendente dal loro genere, ma questa decisione non giovò per molti titoli (basti pensare a Castlevania su N64, Contra: Legacy of War su Sony Playstation e Sega Saturn o l’orrendo Bubsy 3D). Super Mario 64 dimostrò al mondo come il platform poteva funzionare, ma soprattutto evolversi, nelle console di nuova generazione; in uno scenario in cui in molti tentavano di dare la miglior definizione di platform 3D, come la Sony Computer Entertainment con Spyro the Dragon, uscì un platform che riscrisse le regole di un genere quasi ancora agli albori: stiamo parlando di Banjo-Kazooie, titolo di Rare uscito esclusivamente su Nintendo 64 nel 1998. Lo studio inglese non solo andava d’accordo con Nintendo ma lo era ancora di più con l’innovazione: già ai tempi dello SNES tirarono fuori Donkey Kong Country, titolo che utilizzava l’allora innovativa grafica 3D pre-renderizzata, e su Nintendo 64, Rare finì per gettare le basi per gli FPS moderni con Goldeneye 007.
Banjo-Kazooie prese i concetti di Super Mario 64, gioco già innovativo di suo, e li espanse: il titolo, che vedeva un orso campagnolo e un picchio rosso chiacchierone (o meglio, chiacchierona… sì, Kazooie è femmina) al salvataggio della sorella del primo, presentava un overworld e livelli più espansi, una storyline e dei personaggi più definiti, mosse e meccaniche sempre nuove ma soprattutto tantissimi oggetti da collezionare (tanto che fu coniato il termine “Collectathon” per descrivere giochi simili a questo). Rare utilizzò più in là lo stesso motore grafico per produrre Donkey Kong 64, Conker’s Bad Fur Day ma soprattutto l’ancora più espanso sequel Banjo-Tooie, rilasciato verso la fine del ciclo vitale del Nintendo 64.
Il passaggio a Microsoft
Le relazioni fra Nintendo e lo studio inglese sembravano solide, ma nel 2002 Rare terminò i rapporti con la compagnia di Kyoto e diventò sviluppatore esclusivo Microsoft; alcuni diedero la colpa alla vicenda relativa a Dinosaur Planet, che nelle ultime fasi dello sviluppo diventò Star Fox Advetures per volere di Nintendo (sconvolgendo anni di sviluppo con risultati non esaltanti), ma Tim Stamper, co-fondatore della compagnia insieme al fratello Chris, in un intervista al Develop Awards 2015 dichiarò di «non avere idea del perché Nintendo non comprò mai gli interi asset da Rare». Molti fan concordano nel dire che l’acquisto da parte di Microsoft non fu la cosa migliore per Rare e ciò è dimostrato dai titoli poco convincenti usciti nel tempo per Xbox e Xbox 360, come Grabbed by the Ghoulies e Kameo: Elements of Power; tuttavia il mondo tremò quando su internet apparve il trailer di un nuovo gioco della saga di Banjo-Kazooie.
Questo nuovo titolo sembrava essere un platformer come i due giochi precedenti ma quello che ne venne fuori, più in là, fu Banjo-Kazooie: Nuts & Bolts, un titolo che aggiunse meccaniche superflue e che stravolse (in negativo) la formula classica. Sebbene i fan distrussero quel gioco (gli stessi che gli fecero ottenere l’etichetta “Platinum Hits”, il che significa che il gioco vendette almeno 400.000 copie nei primi nove mesi dall’uscita) Microsoft ha dimostrato di aver creduto nel progetto, sia prima che dopo il rilascio di questo gioco; Banjo e Kazooie apparvero successivamente in Sega All-Star Racing come DLC esclusivo per Xbox 360 e Nuts & Bolts è apparso di recente all’interno della collezione Rare Replay insieme ai primi due titoli per Nintendo 64, ricordando ai fan che questo discusso titolo non è semplicemente una parentesi (e anche che non è così brutto come lo si dipinge). Con queste recenti uscite Microsoft ha forse dichiarato di non aver intenzione di terminare la saga e che conosce il valore di Banjo-Kazooie nella storia dei videogiochi; sicuramente aspettano il momento ideale per lanciare un nuovo titolo della saga, che è in stallo dal 2008, e forse adesso è arrivato il momento di tornare a sperare.
Una nuova speranza
Oggi il landscape videoludico è ben diverso da quell’ormai lontano 2008: Microsoft non è più in testa nella console war ma accedere al catalogo della Xbox One è molto semplice per via del fatto che il suo catalogo è in condivisione con gli utenti PC. Phil Spencer, leader del brand Xbox, ha già dichiarato di essere propenso nel portare alcuni dei loro titoli di punta sulle altre console; ancora più interessante fu la sua risposta positiva a un utente che, su Twitter, gli chiedeva se gli fosse piaciuto vedere Banjo e Kazooie nell’appena annunciato Super Smash Bros per Nintendo Switch.
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Contemporaneamente, Craig Duncan, CEO di Rare, ha anche dichiarato di essere disposto a concedere le loro IP per lo sviluppo a terze parti quindi, in realtà, l’idea di vedere questa strana coppia nel fantastico picchiaduro crossover non è necessariamente campata in aria. Se è per questo Rare, ai tempi dell’acquisto da parte di Microsoft, rimase in buoni rapporti con Nintendo poiché l’esclusività, in realtà, si limitava alle sole console casalinghe: lo studio inglese ha infatti sviluppato diversi titoli per Gameboy Advance, come Sabre Wulf, i porting di Donkey Kong Country e addirittura Banjo-Kazooie: Grunty’s Revenge e Banjo Pilot, ben due titoli relativi al franchise.
Tuttavia, molti dei developer chiave che lavorarono per i titoli del Nintendo 64 non sono più in Rare e hanno fondato Playtonic Games, lo studio che di recente ci ha portato Yooka-Laylee, titolo posto come il sequel spirituale di Banjo-Kazooie; il progetto fu un successo istantaneo su Kickstarter ma alla consegna del gioco i fan trovarono sì un buon gioco ma non all’altezza dei titoli di cui si poneva come sequel spirituale. Adesso, con Microsoft disposta a portare alcuni dei suoi più grandi titoli al di fuori del suo “campo”, Rare disposta a cedere le sue IP per lo sviluppo e anche Playtonic coinvolta con tutte le compagnie in questione (in quanto lo studio, come già ribadito, è formato da ex dipendenti Rare e Yooka-Laylee è presente sia su Xbox One che su Nintendo Switch) le possibilità di rivedere un nuovo titolo di Banjo-Kazooie in una console Nintendo, dove nacque il fenomeno Rare, esistono; Playtonic potrebbe tranquillamente essere tirata in ballo per lo sviluppo di una IP di cui ne conoscono le meccaniche e la filosofia generale e, una volta completato il processo di produzione, potrebbe apparire sia su Xbox One che su Nintendo Switch, console la cui utenza potrebbe meglio valorizzare un titolo come Banjo-Kazooie. Se Mega Man 11, dopo l’esperienza di Mighty No. 9, sta per rilanciare una saga in stallo da anni lo stesso potrebbe accadere per il noto platformer della Rare e, visto che le possibilità ci sono tutte, a noi non resta che incrociare le dita e sperare di ricevere un nuovo titolo di Banjo-Kazooie per Switch in futuro, o magari di vedere i due bizzarri personaggi nel picchiaduro crossover che uscirà in questo 2018!
Facebook: un’iniziativa per promuovere le donne nel mondo videoludico
Proprio pochi giorni fa, Facebook ha lanciato la sua nuova iniziativa per incoraggiare sempre più donne a entrare nel mondo dei videogiochi. L’azienda si impegna in questo settore già da anni, sponsorizzando gratuitamente svariate gamer negli eventi videoludici. Tale iniziativa è chiamata Women in Gaming Stories, lanciata con l’hashtag #SheTalksGames. A tutto questo viene integrato un sito web con a capo circa 20 donne, impegnate a portare avanti sia la parte inerente l’intrattenimento, quella riguardante il marketing, quella burocratica e quella dello sviluppo del sito stesso. E per la serie “O le cose si fanno bene o non si fanno”, Facebook sarà il main sponsor della conferenza videoludica europea dedicata proprio alle donne, affermando che far partecipare queste ragazze a fiere come il Gamescom può portare senz’altro a una crescita rapida del sito e a un aumento importante dei progetti che lo stessopotrà portare avanti. Quella di Facebook è un’iniziativa non isolata a favore delle donne nel mondo videoludico, e pare essere un buon segno in tal senso, come lo è stato anche anche il recente discorso di Phil Spencer durante il DICE Summit 2018.
Phil Spencer e il valore della diversità nella cultura aziendale
L’argomento delle pari opportunità è uno dei più dibattuti oggi nei vari settori dell’economia. In tema di politiche del lavoro, la disparità (fra sessi, ma anche fra culture ed etnie) è un problema tutt’altro che superato. Ad onta di tutti i progressi fatti dall’uomo nel corso degli anni, a dispetto del traguardo di avere il primo Presidente di colore in uno dei paesi più industrializzati del mondo e di leader femminili che hanno dimostrato carattere e competenza, il modello imperante nel workplace occidentale sembra ancora prediligere più la figura maschile che quella femminile (determinando in vari settori anche una disparità di stipendi) e l’etnia caucasica sulle altre.
Per questo mi è parso importante quanto emerso nel keynote di Phil Spencer durante il DICE Summit 2018 tenutosi qualche giorno fa, e mi pare ancor più importante riprenderlo dato che pochissime testate italiane sembrano avergli dato spazio.
Il vicepresidente di Microsoft ha incentrato il proprio discorso sull’importanza di inclusività e diversità come caratteristiche distintive delle aziende moderne. In particolare, Spencer ha messo in luce quello che gli sembra sia uno dei dati più importanti riguardanti l’evoluzione della propria società, affermando che gli ultimi quattro anni della gestione di Satya Nadella hanno comportato una grande autocoscienza e crescita all’interno della compagnia di Redmond in termini di ambiente di lavoro. Ogni leader della multinazionale ha avuto il compito di analizzare criteri e modi con cui vengono messi insieme i team, nonché il modo di lavorare sui progetti, il team building, la valorizzazione delle diverse risorse umane e l’impegno quotidiano profuso da ognuno per rendere Microsoft un luogo sicuro e inclusivo per tutti i lavoratori, imprimendo così un cambio di rotta in termini di cultura aziendale:
«Questa era, ed è tuttora, un’impresa portata avanti da 100.000 persone: con il compito di creare una cultura più innovativa, più efficace e più rappresentativa possibile, in modo che tutti possano fare del proprio meglio insieme. Non si tratta di una “cultura per la cultura”, ma di un cambiamento con un reale impatto collettivo.
Raggiungere questo obiettivo richiede una “mentalità improntata alla crescita”, perché creare una cultura che rappresenti e tratti tutti equamente è un processo che non finisce mai veramente.»
Spencer ha ricordato il noto after-party di Microsoft alla GDC del 2016, che fu bersagliato da accuse di sessismo, definendo quell’episodio «inequivocabilmente sbagliato, inequivocabilmente sessista e inequivocabilmente intollerabile», e aggiungendo che quella festa ebbe luogo in un momento in cui Microsoft stava invece impegnandosi a lanciare un messaggio del tutto opposto a quello veicolato in quell’occasione.
Il rinnovamento della cultura interna è oggi un fattore molto importante per Microsoft, continua Spencer, rimarcando come, per imprimere un cambiamento, non bisogna assecondare nei fatti (anche non agendo) ciò che non si approva sul piano morale, e invitando i colleghi a sposare questa filosofia. Il ruolo degli operatori di settore in visione di un simile cambiamento è infatti decisivo, sia all’interno (per la creazione di un ambiente di lavoro sano e non discriminatorio), sia all’esterno, agendo sulle proprie community: i videogiochi rappresentano un punto di accesso comune per le persone che approcciano alle nuove tecnologie, e prova ne è il crescente numero di gamer in nazioni come Brasile, India e in certe parti dell’Africa. Il vicepresidente di Microsoft ha quindi invitato gli esponenti dell’industry a mostrarsi coesi per risolvere i problemi all’interno delle community dei loro giochi, dove alcune minoranze di utenti “tossici” tendono a rovinare l’esperienza degli altri giocatori con comportamenti razzisti, verbalmente violenti, o discriminatori, ed elogiando il tal senso il gran lavoro di Riot Games e, in particolare, di Jeff Kaplan e del team di Blizzard al lavoro su Overwatch.
Spencer torna infine sul tema delle pari opportunità, citando uno studio del professor Adam Grant della Wharton School (la business school dell’Università della Pennsylvania) che ha ancora una volta messo in luce come i leader di sesso femminile siano attualmente sottovalutati sul lavoro rispetto ai propri omologhi maschili, e come questo possa costituire un doppio handicap se il leader, oltre a essere donna, è anche di colore. Questo comporta che, in caso di fallimento, il leader donna paghi per i propri errori in maniera spropositata.
Il problema della parità dei sessi sul luogo di lavoro è quanto mai serio e attuale, e il vicepresidente di Microsoft ne ha fatto uno dei perni del proprio keynote, richiamando i colleghi alla responsabilità verso il cambiamento:
«Possiamo fare di meglio. Io e il mio team stessi possiamo fare ancora meglio. Noi, come industria, dobbiamo impegnarci a far meglio ed estirpare questa cultura distorsiva. E dobbiamo capire presto come farlo, perché innumerevoli studi dimostrano che i team con maggiore diversificazione [sessuale, razziale e culturale] sono i più creativi, i più innovativi e i più propensi a risolvere i grandi problemi. In altre parole, facciamo del nostro meglio affinché i componenti del nostro team possano ampliare a vicenda la loro visione delle cose.»
Spencer pare ottimista, riguardo la crescita di una cultura dell’inclusività: esempi come Wonder Woman, Get Out, Coco e Black Panther nel cinema sono significativi riguardo l’attenzione verso chi finora è stato discriminato, e crede molto nel lavoro che possono fare i videogame in tal senso.
Negli ultimi anni, c’è da dire, le eroine non sono mancate: soltanto lo scorso anno abbiamo avuto Aloy in Horizon Zero Dawn, Senua in Hellblade, perfino una coppia al femminile in Uncharted: L’eredità perduta, un Life is Strange: Before The Storm ancora interamente al femminile. Questi soli titoli da soli non determineranno un cambiamento culturale immediato, ma sono di certo una secca smentita a tutti quei giocatori che, a dispetto di Lara Croft, diffidano ancora dei protagonisti femminili e li considerano “di scarso appeal”, ritenendo il gaming appannaggio degli uomini, ignorando statistiche che non vedono affatto un divario ampio tra i due sessi, e riflettendo mestamente un pensiero fin troppo diffuso.
C’è da sperare che l’industry videoludica metta seriamente in atto le parole di Spencer e che quelli del settore dei videogame possano essere i primi passi in avanti verso un mondo più equanime e inclusivo.
La visione di Phil Spencer riguardo Xbox Game Pass: Un’opportunità per i giochi single player
Da un paio di giorni a questa parte, la divisione Xbox guidata da Phil Spencer ha inserito su Twitter alcuni post per parlare un po’ più a fondo di Xbox game pass.
Per prima cosa abbiamo capito che Spencer vede tutto questo sia come un servizio di sottoscrizione di grande valore che come una nuova opportunità per la sezione riguardante i giochi single-player.
I see XGP as both. The value is pretty obvious for some. And the idea of a new model that could open up opportunities for creativity is where I think we'll end up. Especially for SP games. That's what the model has done in TV but it's not an exact analogy.
— Phil Spencer (@XboxP3) January 27, 2018
A quanto dice Spencer, c’è molto fermento da parte di molti studi software, che vorrebbero capire il funzionamento del servizio. Microsoft intende continuare con i giochi propri, ma l’obbiettivo al momento è quello di espandersi con altri studios.
We have a lot of interest from studios who want to see how our recent announcement plays out. We'll lead with our 1P but having XGP turn into a model for more studios is our a goal. And @iocat is a travelling machine…
— Phil Spencer (@XboxP3) January 27, 2018
E’ molto interessante che Spencer abbia anche detto che presto arriveranno più giochi per la prima piattaforma Xbox, anche se un po’ più lentamente rispetto a quelli di X360.
There are a number of OG games in BC pipeline, they won't drop as often as the 360 games but team is working to validate and get permissions. More complicated with some just due to the age of the rights etc.
— Phil Spencer (@XboxP3) January 27, 2018
Infine, lo stesso Spencer, menzionando Monster Hunter, afferma che per quanto lo riguarda, potrebbe diventare davvero un enorme franchise globale e che Capcom, con Monster Hunter World ha fatto un grande passo avanti.
I agree. Always believed MH could be a huge global franchise and this is a great step for Capcom with this IP. Awesome job on MH: World.
— Phil Spencer (@XboxP3) January 26, 2018
L’aggiunta di nuovi giochi first-party all’xbox game-pass era stata annunciata un paio di giorni fa dalla stessa Microsoft. I giochi “play anywhere” saranno giocabili sul PC.
Quindi potremmo dedurne che Microsoft stia deliberatamente decidendo di mettere fine alla vendita dei giochi su disco e questo, avrà probabilmente un effetto devastante anche sul mercato dell’usato destinato quindi a svanire del tutto; In questo articolo, la protesta di un venditore austriaco contro le nuove politiche di Microsoft. Inoltre, dal momento che le esclusive “play-anywhere” potranno tranquillamente essere giocate su PC, la gente, sarà comunque spinta all’acquisto di xbox in questo modo? Probabilmente stanno puntando a una piattaforma multimediale, come fosse una internet-tv, facendo fuori del tutto i supporti fisici dei giochi e puntando tutto sul digitale.
Tutte le esclusive Xbox disponibili al lancio di Game Pass
La rivoluzione di Xbox Game Pass ha portato un interessante novità, confermata da Aaron Greenberg (General Manager Xbox) sul suo profilo Twitter: gli abbonati Xbox Game Pass potranno giocare con i titoli Play Anywhere anche su PC. Sebbene il servizio non sia disponibile in modo ufficiale su Windows, coloro che possiedono un abbonamento attivo Game Pass potranno utilizzare anche l’edizione PC di qualsiasi titolo correlato a Xbox Play Anywhere. Inoltre, tutte le esclusive uscite fino a ora saranno disponibili al lancio del servizio. Le prime esclusive Microsoft disponibili saranno Sea of Thieves (dal 20 marzo), Crackdown 3 e State of Decay 2. Phil Spencer ha inoltre confermato che lo stesso trattamento sarà riservato anche per i nuovi giochi in esclusiva come Halo, Gears of War e Forza.
Xbox One X: problemi in vista secondo MIDiA Research Group
Per Microsoft si avvicina il lancio della sua nuova console, la Xbox One X. Console che è indubbiamente (a oggi) la più potente e tecnologicamente avanzata mai creata, ma questo, secondo una ricerca effettuata da MIDiA Research Group potrebbe non bastare. Durante una intervista rilasciata a WCCFTECH.com, Karol Severin, Lead Analyst di MIDiA Research, ci dice che tutto dipenderà da come la Microsoft intenderà posizionare la console sul mercato. Secondo Severin, la Microsoft dovrebbe puntare, mostrando la potenza della nuova console, sull’utenza dei PC gamer in quanto più avvezza a spendere un prezzo maggiorato per un prodotto premium (quello che succede da sempre nel mercato delle GPU).
Il lead analyst continua dicendo che la mancanza al momento di esclusive AAA potrebbe essere un ulteriore problema in quanto le console non vendono solo in base alle specifiche tecniche e alle performance ma, al contrario, sono i contenuti a influenzare fortemente le scelte dei consumatori.
Nel frattempo Phil Spencer, CEO di Xbox smentisce con un tweet tutte le voci riguardanti un ipotetico ritardo del lancio della nuova console.
Phil Spencer: le esclusive arriveranno
Nonostante la presentazione di Xbox One X, la più potente console mai prodotta, la conferenza Microsoft non è stata esattamente memorabile, soprattutto per la mancanza di grosse esclusive tripla A.
Phil Spencer esce allo scoperto, comunicando che i giochi in esclusiva ci saranno, sono in sviluppo e che saranno pronti tra almeno due o tre anni. La scelta di non mostrarli probabilmente sta nel fatto di non creare hype ingiustificato, il che va in antitesi con quanto visto nelle ultime conferenze Sony, nelle quali sono stati mostrati titoli con data di pubblicazione vaga.
Non ci resta dunque che attendere le prossime conferenze e verificare la veridicità di tali affermazioni.