Assassin’s Creed: vita e morte di un credo

Durante lo speciale dedicato alla storia di Tomb Raider  e alla sua eroina Lara Croft, vi fu un piccolo passaggio in cui si misero in parallelo le travagliate vicende del brand Core Design con saghe successive come Call of Duty o Assassin’s Creed. Per la serie “la storia si ripete” e in concomitanza con l’arrivo di Assassin’s Creed: Odyssey, ripercorriamo le gesta e gli alti e bassi di una delle saghe più famose degli ultimi anni. Sin dalla sua comparsa, Assassin’s Creed è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo, subito riconoscibile e trasposto in innumerevoli modi, tra videogame (ovviamente), romanzi, fumetti, fino al lungometraggio con Michael Fassbender del 2016. Assassin’s Creed è anche il simbolo estremo del cambiamento del mercato videoludico, fatto di serializzazioni, che a lungo andare hanno finito per corrompere la qualità dei titoli, fino al radicale cambiamento avvenuto con Origins e Odyssey, fresco fresco di uscita.

L’inizio è già il futuro?

La crescita di Ubisoft come compagnia accelerò improvvisamente nel 1997, quando a Montréal venne aperto il suo studio più importante, contando all’attivo più di 2100 dipendenti. La svolta reale però, si ebbe con l’acquisizione dei diritti di Prince of Persia, brand storico creato da Jordan Mechner, debuttato nel 1989 e rivoluzionario per l’epoca, creando di fatto gli action moderni e sdoganando l’uso del mo-cap nei videogiochi. La voglia di creare un titolo nuovo di zecca era molta e capo del progetto venne nominato Patrice Désilet che con Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo (2003) cambiò per sempre il genere action, divenendo ispirazione per tutti i suoi simili sino ai giorni nostri. Il successo e la stima acquisita dai numerosi riconoscimenti, convinse Ubisoft a dare carta bianca a Désilet per un nuovo progetto, un Prince of Persia (con successivo sottotitolo Assassins) da far uscire sulle console di nuova generazione: PlayStation 3 e Xbox 360. Al suo fianco entra in scena anche Jade Raymond, che nel frattempo si era fatta un nome soprattutto per il successo di The Sims Online (2002). Nel frattempo Patrice si interessò molto alla storia degli ḥashāshīn, una setta che operava durante la Terza Crociata e che sarebbe stato il punto focale del nuovo gioco. Ben presto si accorsero che con Prince of Persia il nuovo progetto aveva ben poco in comune e decisero così di creare una nuova IP: Assassin’s Creed. C’è da notare sin da subito come questo processo potrebbe di nuovo avverarsi, ma lo vedremo meglio in seguito. Mentre lo sviluppo del nuovo brand andava a gonfie vele, un piccolo team era stato preposto alla realizzazione di un progetto parallelo, un Assassin’s Creed da proporre per PlayStation 2 e Xbox. Di questo progetto non se ne seppe più nulla e, stranamente, non fu l’unica volta.
Benché controverso, con alcuni difetti rilevanti, il primo concept è probabilmente il vero e unico Assassin’s Creed, partendo da un ottimo incipit di trama in cui chiunque ha la possibilità di rivivere i ricordi dei propri antenati memorizzati nel D.N.A. attraverso una macchina denominata Animus. Il protagonista era Desmond Miles, un giovane barista rapito dalla Abstergo Industries, con l’intento di trovare un manufatto prezioso perso in medio oriente. Desmond ha un antenato, vissuto all’incirca nel 1191 che potrebbe sapere dove si trova, Altaïr Ibn La-Ahad.
Quando uscì, nel 2007, questo gioco spaccò la critica: chi lo ritenne un capolavoro, chi mediocre a causa di una certa ripetitività. In ogni caso fece segnare un record di vendite. Tecnicamente eccezionale, con texture dettagliate e tanti personaggi su schermo il perno centrale del progetto era però tutt’altro:

«Quando gli altri seguono ciecamente la verità, ricorda: nulla è reale. Quando gli altri si piegano alla morale e alle leggi, ricorda: tutto è lecito. Agiamo nell’ombra per servire la luce. Siamo Assassini. Nulla è reale, tutto è lecito.»

Ma cosa vuol dire “nulla è reale tutto è lecito”? In poche parole, tutto ciò che viviamo, osserviamo e facciamo è ciò che genera in noi il senso di libertà, facendoci credere che solo noi siamo artefici del nostro destino ma, in realtà, è solo una mera illusione. Ogni nostra azione è controllata, tutto ciò che vediamo è solo ciò che ci è stato posto davanti per nascondere la verità. “Tutto è lecito” deriva da questa consapevolezza, che il mondo che vediamo sia finzione e che dobbiamo fare tutto il possibile per trarcene fuori al fine di riconquistare la libertà, prendendo coscienza delle nostre azioni e accettarle, siano esse positive o negative. Ma, come ogni cosa su questa terra, anche il Credo vive di profonde contraddizioni, dove ad esempio si promuove la pace ma si agisce tramite assassinii. Anche il Credo in sé si scontra con la promulgazione del libero arbitrio e la fede assoluta, dato che i membri seguono un rigido regolamento, dando piena fedeltà alla setta.
Sia ben chiaro, non si tratta di errori o disattenzioni nello stilare la sceneggiatura: l’opera di Désilet è ricca di profonde tematiche, sia filosofiche che umastiche che, sommate a un gameplay che prevede un’accurata ricerca di indizi su come approcciare l’assassinio di turno, è ripreso solo successivamente in Dishonored, forse più Assassin’s Creed di molti titoli della saga Ubisoft. Anche lo scontro con i Templari, fazione nemica del gioco, sia in Terra Santa che ai giorni nostri, non è mai mostrato come un semplice “buoni contro cattivi” presentandosi come uno scontro di filosofie diverse: entrambi vogliono la pace ed entrambi, uccidono per ottenerla. Benché si potesse osare di più narrativamente parlando, la sfida tra le due fazioni rimane uno degli elementi più interessanti, pur risultando standardizzato nei capitoli successivi.
L’importanza dell’entrata in scena di Assassin’s Creed la vediamo tuttora: tutti i free roaming successivi prendono in qualche modo spunto dal lavoro di Ubisoft Montréal che è riuscita a rivoluzionare il genere portando su schermo centinaia di NPC, un mondo vivo e variegato oltre alla possibilità di esplorare l’intera mappa nelle tre dimensioni visto che Altaïr è anche un ottimo scalatore. A tal proposito, AC ha anche il merito di aver sdoganato la moda del parkour, dove tantissimi traceur hanno cercato di emulare le gesta degli assassini tra i tetti e le mura delle città moderne; tutto questo rientra nell’iconicità di un brand divenuto uno dei più importanti videogiochi della storia. Ma a proposito di storia: una delle caratteristiche del brand, visibile sin da subito, è lo sfruttamento delle informazioni storiche al fine di ricreare un contesto autentico. È così che gli ambienti, a cominciare da Gerusalemme, agli avvenimenti e personaggi, sono studiati per dare un senso di autenticità. Certo, alcuni avvenimenti sono “romanzati” e adattati alle esigenze videoludiche ma, in generale, già dal primo capitolo, Assassin’s Creed viene utilizzato come supporto alle lezioni di storia nelle varie università.
Con 8 milioni di copie vendute Ubisoft non poté che spremere il brand fino al midollo, ripetendo la storia di Core Design. Poco dopo, infatti, arrivò per Nintendo DS Assassin’s Creed: Altaïr Chronicles, prequel diretto del titolo originale. E siamo solo all’inizio.

Uno tira l’altro

Si arriva così al secondo capitolo, ritenuto dai più il migliore della saga. Si passa dal Medio Oriente con Altaïr all’Italia rinascimentale di Ezio Auditore, che ci accompagnerà per tanto tempo, forse troppo. Siamo nel 2009 e il gioco, anticipato da ottimi trailer in CGI, viene contornato da tre corti in live action, Assassin’s Creed: Lineage, primo tentativo di sfruttamento del brand al di fuori del meta videoludico. Sviluppato da Ubisoft Digital Arts e Hybride Technologies (300, Sin City), riesce nell’intento di introdurre in maniera quasi perfetta le nuove vicende che affrontiamo all’interno del gioco. Assassin’s Creed II rappresenta anche una grande risposta alle tante critiche ricevute al rilascio dell’opera originale, migliorando tutti gli aspetti possibili, dalla componente tecnica, al gameplay passando alla trama, più ricca e coinvolgente, grazie anche a un team composto da 450 persone, numeri difficilmente raggiungibili da altre produzioni. Le tematiche fondanti del franchise erano ancora visibili, ma si cominciava a delinearsi la standardizzazione delle due fazioni, Assassini e Templari, come un mero scontro tra bene e male, alla stregua di Autobot e Decepticon. Ambientato tra la congiura dei Pazzi nei confronti di Lorenzo il Magnifico e il regno di Rodrigo Borgia, il gioco si dipana tra FirenzeVenezia e altre ambientazioni italiche tra cui Monteriggioni, luogo di nascita di Ezio e hub centrale sia nel passato che nelle vicende contemporanee. A colpire è la caratterizzazione di Ezio Auditore, un uomo che vediamo letteralmente nascere e pian piano crescerà sino a diventare un Maestro Assassino. Le sue convinzioni e motivazioni evolveranno nel corso dell’opera e questo, assieme alle splendide ambientazioni e un gameplay estremamente appagante rendono il secondo capitolo una forte rivincita.
Assassin’s Creed II è ricordato anche per il suo finale, coraggioso e rivelatorio, mostrando uno scopo che nel primo Assassin’s Creed  era appena accennato: conosciamo per la prima volta la funzione di Ezio Auditore e di Desmon Miles, chi realizzò i manufatti chiamati Frutti dell’Eden e soprattutto la consapevolezza che la saga sarebbe durata davvero tanto. Inoltre, elemento che diverrà centrale è il cosiddetto Effetto Osmosi che permette a Desmond (ma effettivamente a chiunque interagisca con l’Animus) di assimilare le abilità dei propri antenati e divenire quindi un Assassino a tutti gli effetti.
Per esser stato il gioco più presente sulle copertine di settore, Assassin’s Creed II è entrato nel Guinness World Record, che si aggiunge ai tantissimi riconoscimenti ricevuti in quel periodo. Anche il compositore danese Jesper Kyd, che si è occupato della colonna sonora del prequel, arrivò alle luci della ribalta per la realizzazione del tema Ezio’s Family e le musiche presenti all’interno del gioco. Questo gli diede l’opportunità di dedicarsi ai futuri Assassin’s Creed sino a Revelations. Il suo tema è divenuto così importante da essere associato immediatamente al brand soltanto ascoltando qualche nota ed è divenuto base sulla quale sviluppare i temi successivi , ri-arrangiati per l’occasione. Quasi contemporaneo al capitolo principale, Assassin’s Creed: Bloodlines è il primo titolo di questo franchise ad approdare su PSP e sequel diretto del capostipite, con protagonista Altaïr, accompagnato anche da Assassin’s Creed: Discovery per Nintendo DS e iPhone.
Anticipato dal corto animato Assassin’s Creed: Ascendance, l’approccio alla serializzazione si materializza nel 2010 con Assassin’s Creed: Brotherhood, che introduce per la prima volta elementi multiplayer, mettendoci nei panni di un Ezio divenuto capo della setta di Roma, comandando un manipolo di sottoposti.
La trama, che segue direttamente gli eventi del secondo capitolo, forse è meno coinvolgente, ma è in grado di dare nuovo peso a Desmond e al destino del mondo, tutto ambientato (tranne nel finale) nella sola città di Roma. La nostra Capitale è stata ricostruita minuziosamente, enorme e percorribile interamente a cavallo, altra novità del franchise. Anche qui il finale è riuscito a far parlare di se, essendo a tutti gli effetti un grosso cliffhanger che a molti utenti non è andato giù. Questo espediente, nel bene e nel male ha reso Assassin’s Creed un’enorme “serie TV” e i risultati di questa scelta si sarebbero visti molto presto. Grazie a questo nuovo sequel, lo sceneggiatore Jeffrey Yohalem, vinse il premio per la migliore sceneggiatura.

Ma il 2010 segna anche un addio importante: Patrice Désilet, autore e mente creativa della serie, si dimette, in cerca di maggiore libertà creativa che troverà in THQ lavorando sull’ormai mitologico 1666 Amsterdam  mentre, Jane Raymond viene promossa e messa a capo della produzione di Sprinter Cell: Blacklist.
Senza un timone definitivo e passato a Ubisoft Sofia, il 2011 è il turno di Assassin’s Creed: Revelations. Forse non tutti sanno che le idee alla base di quest’ultimo capitolo sono ricavate da un titolo previsto per Nintendo 3DS, Assassin’s Creed: Lost Legacy, presentato all’E3 2010 ma senza mai vedere la luce.
In questo capitolo diventa centrale scoprire la vera natura del Credo e del reale scopo di Ezio Auditore. Interessante è la possibilità del protagonista di rivivere i ricordi di Altaïr attraverso un Frutto dell’Eden, una sorta di Animus vecchio stampo. Suddivisi in cinque ricordi, le storie dedicate all’Assassino originale restituiscono un personaggio ben più complesso di quanto fatto intravedere in precedenza, mostrando una forte umanità, rappresentando forse il vero pregio di Revelations.
Sotto la guida del nuovo direttore creativo Alexandre Amancio, pur non vantando una trama molto elaborata, questo capitolo riesce ancora a fare centro, non solo per la ricostruzione della vita di Altaïr ma anche per approfondire ulteriormente Desmond Miles, nel frattempo in coma e tenuto in vita dall’Animus. Finalmente si scopriranno innumerevoli segreti e le ragioni per cui si è arrivati a questo punto, aspettando l’ultimo e ufficiale terzo capitolo.
Gli ultimi giorni di Ezio Auditore sono racchiusi in un corto, Assassin’s Creed: Embers, un ultimo saluto a un uomo che abbiamo visto nascere, crescere e maturare fino a diventare una leggenda.

Il paradosso storico

Nonostante le ottime vendite, il pubblico sentiva l’esigenza di qualcosa di realmente nuovo. Assassin’s Creed III (2012), il titolo più ambizioso di sempre nella storia di Ubisoft era la risposta, con la produzione passata da Alexandre Amacio ad Alex Hutchinson.
Nuova ambientazione e nuova location, all’interno della Rivoluzione Americana, che vede Connor Kenway, il nuovo protagonista, muoversi tra le fila degli schieramenti. Per i nativi americani Ratonhnhaké:ton, figlio del templare Haytham Kenway e di una nativa americana Kanien’kehá:ka, Connor è il figlio di due mondi contrapposti. Dopo la distruzione del villaggio dove cresciuto e la morte della madre, egli cerca vendetta unendosi così alla causa degli Assassini. Purtroppo la sua caratterizzazione è forse quella meno riuscita: di potenziale da vendere ce n’era, vista la sua doppia origine (da un lato nativo americano, dall’altro inglese), che avrebbe potuto portare a conflitti interiori del tutto trascurati, come del resto remore sulle idee del Credo visto che il padre ricopre il ruolo di Gran Maestro dei Templari.  Fortunatamente la parte riservata a Desmond è ben gestita, ed è possibile vederne i miglioramenti da Assassino del terzo millennio.
Impianto tecnico ragguardevole con l’avvento del nuovo motore grafico denominato Anvil Next, che ha permesso l’utilizzo di tantissimi personaggi su schermo, animazioni migliori e miglior definizione in generale più l’introduzione della navigazione a bordo di un piccolo vascello, contornati da cambiamenti meteorologici in grado di influenzare il gameplay. Il finale di Assassin’s Creed III è quello che tutti i fan aspettavano e funziona, fino a un certo punto. La conclusione della saga di Desmond Miles trova compimento, anche se tutto risulta forse un po’ troppo accelerato e senza il giusto pathos ad accompagnarci tra le scene. Purtroppo, il post credit non lascia adito a dubbi: la saga di Assassin’s Creed continuerà, anche senza Desmond.
Un piccolo sospetto poteva già nascere una volta notata l’uscita contemporanea di Assassin’s Creed: Liberation per PlayStation Vita, con protagonista la prima donna Assassina Aveline De Grandpré di origini franco-africane e del tutto contemporaneo al terzo capitolo ufficiale. Passa poco più di un anno e la serializzazione comincia a mostrare i primi segni di cedimento. Assassin’s Creed IV: Black Flag (2013) stravolge totalmente le fondamenta del franchise, proponendosi come un prequel del terzo capitolo in cui abbiamo come protagonista Edward Kenway, padre di Haytham e nonno di Connor. L’ambientazione totalmente piratesca a prima vista sembra rappresentare il classico “salto dello squalo”, con scelte che mal si sposano con quanto visto finora. Eppure funziona, dando focus alle prime vere battaglie navali del franchise, estremamente coreografiche e molto belle a vedersi grazie anche alla splendida realizzazione dell’acqua, da qui vero fiore all’occhiello per tutte le produzioni Ubisoft. Purtroppo si riscontrano alcune semplificazioni narrative dovute principalmente a un accelerato effetto osmosi e al quasi totale abbandono della componente moderna.
La serializzazione raggiunge il picco nel 2014 quando, oltre al capitolo ufficiale Unity, arriva anche Rogue, col senno di poi, il più interessante dei due. Assassin’s Creed: Rogue parte da una premessa interessante: Shay Patrick Cormac è un giovane assassino che pian piano comincia a dubitare del Credo. Dopo una serie di vicissitudini decide di passare all’altra sponda, entrando a tutti gli effetti nell’Ordine dei Templari e da qui purtroppo, le cose cadranno nell’anonimato  sul piano narrativo. Interpretare l’altra faccia della moneta è stata un’ottima idea e forse in qualche modo studiata a suo  tempo: impersonare non solo un Templare, ma un ex Assassino che ha rinnegato la causa, nelle mani giuste sarebbe potuto essere un colpo da maestro, mettendo i giocatori nella difficile e “reale” scelta tra le due fazioni, così come nell’idea originale. Piccola nota: Rogue è a tutti gli effetti un prequel di Unity.

Ma tutte le attenzioni, ovviamente, erano su Assassin’s Creed: Unity, nel bene e soprattutto nel male.
Il primo vero passo falso di Ubisoft avviene paradossalmente quando sembrava aver portato le giuste novità e riavvicinare così il franchise alla sua epoca d’oro, al primo debutto sulle console di nuova generazione, PlayStation 4 e Xbox One. È ricordato per aver introdotto il co-op online, una reale modalità stealth e soprattutto la possibilità di variare approccio durante le missioni principali, sfruttando vari elementi dovuto ai tumultuosi giorni della Rivoluzione FranceseArno Victor Dorian, il protagonista storico, rappresenta un’altra occasione mancata, simile negli aspetti caratteriali sia a Ezio Auditore che Altaïr ma, come avvenuto per i recenti predecessori, perso in un bicchier d’acqua. Anche la nuova ambientazione, chiamata a gran voce dal pubblico, non risulta incisiva dando la spiacevole sensazione che le vicende di Assassin’s Creed: Unity sarebbero potute funzionare anche in altre epoche, senza risentirne. Ma i problemi erano ben altri: il poco tempo a disposizione si fece sentire questa volta, portando un gioco affetto da numerosi glitch e bug che diedero al pubblico e alla critica un buon pretesto per affossare il titolo. Fu una mazzata, con il CEO di Ubisoft Yannis Mallat costretto a scusarsi personalmente, oltre che una forte perdita di valore in borsa.
A questo punto, chiunque avrebbe imparato la lezione. Critica e pubblico si erano fatti più esigenti ma, nonostante questo, l’anno dopo (2015) ci fu tempo per un altro Assassin’s Creed. Inizialmente conosciuto come Victory, questo nuovo capitolo si basa su un piccolo aneddoto interessante. Non è stato accennato in questo testo ma, ogni anno, a un certo punto e come ormai una tradizione, scattava il “toto ambientazione” del nuovo Assassin’s Creed e le proposte erano davvero innumerevoli e forse potrete trovare piccole correlazioni con quanto accaduto: chi urlava alla Rivoluzione Francese, chi a quella Russa, chi all’Antico Egitto, al Giappone Feudale e chi altri ancora alla Londra Vittoriana. Proprio su quest’ultima uno sviluppatore interrogato sulla possibilità di vedere il prossimo titolo ambientato in tale epoca lo escluse, facendo notare come l’epoca vittoriana era già stata fin troppo trasposta nei vari media. Ecco dunque Assassin’s Creed: Syndicate, ambientato – pensate un po’ – nella Londra Vittoriana, portando una grandissima novità, probabilmente figlia del successo di GTA V: i protagonisti questa volta erano due, una coppia di gemelli di nome Jacob e Evie Frye, intercambiabili e con missioni dedicate a ognuno di essi. Le loro caratteristiche così diverse rendono questo titolo uno dei più vari del franchise, potendo contare sulla forza bruta di Jacob o sulla furtività letale di Evie. Nonostante in fin dei conti sia uno dei migliori Assassin’s Creed, le vendite non furono all’altezza: il ricordo di Unity era ancora troppo fresco e quindi, fu presa una forte e drastica decisione. Basta. Stop alla serializzazione annuale e puntare su un nuovo capitolo, con nuove idee e soprattutto, più tempo per svilupparle.
Si arriva così al paradosso. Ubisoft ha creato una serie di titoli basati su fatti storici realmente accaduti eppure dalla propria storia non è riuscita a imparare la lezione più importante: bisogna sapersi fermare.

Il futuro è già accaduto?

Prima di arrivare al cambiamento radicale e probabilmente irreversibile, c’è tempo per Assassin’s Creed: Chronicles, una piccola trilogia composta da avventure nella Cina del XVI secolo, nell’India britannica del XIX secolo e nella Russia del XX secolo. I tre protagonisti,  Shao Jun (presente in Embers), Arbaaz Mir e Nikolai Orelov, sono immersi in ambientazioni 2.5D, un esperimento riuscito e piccolo segnale di cambiamento per il franchise.
Il tempo passava, il 2016 non vide sulla scena alcun titolo fino a quando cominciarono ad apparire in rete alcuni leak riguardanti la nuova ambientazione e nuove modalità di gioco. Origins, questo era il nome del nuovo capitolo, estremamente diverso dai suoi predecessori e che avrebbe permesso di scoprire come la Setta degli Assassini mosse i suoi primi passi. Ambientato quasi interamente nell’Antico Egitto, questo Assassin’s Creed ci metteva nei panni di Bayek di Siwa ma anche di sua moglie Aya (colei che diede davvero il via a tutto) immersi nei classici stilemi di vendetta nei confronti di cospiratori sparsi per le vie egiziane e non solo. Viene rintrodotta una trama parallela contemporanea con protagonista una ricercatrice dell’Abstergo Leyla Hassan che contravvenendo agli ordini di Sophia Rikkin (antagonista nel lungometraggio) si reca in Egitto per trovare uno dei Frutti dell’Eden. In questa fase i collegamenti diretti ad Assassin’s Creed III si fanno più evidenti, dimostrando la voglia di riprendere quanto lasciato in sospeso precedentemente. In questo capitolo viene introdotto un nuovo tipo di Animus, in grado di far rivivere ricordi anche senza l’uso del proprio D.N.A.
Le novità di Assassin’s Creed: Origins sono molteplici, a cominciare dalla maggior enfasi alla componente RPG, integrata quasi alla perfezione, con la presenza di livelli per il protagonista e nemici, livello di rarità per l’equipaggiamento e molto altro. Anche il criticatissimo combat system viene stravolto, avvicinandosi più a un souls like. La rappresentazione dell’Egitto del Medio Regno è poi da mozzare il fiato, con scorci idilliaci, ambienti molto vari e in grado di restituire quella “magia” che si prova stando ai piedi dei giganteschi monumenti egizi. Viene inoltre introdotto il Discovery Tour, una sorta di visita guidata alla storia dell’Antico Egitto, possibile grazie alla collaborazione con storici e archeologi del settore.
Grazie a queste implementazioni, Assassin’s Creed: Origins è riuscito a riportare quasi in auge il valore del brand, venendo valutato molto positivamente da critica e pubblico.
Ma, nel frattempo, le notizie su un nuovo Assassin’s Creed si facevano sempre più concrete, rimettendo ansia ai fan con un possibile capitolo ogni anno. Arriviamo dunque ad Assassin’s Creed: Odyssey, che fin da subito si presenta molto controverso.
Se i fan si aspettavano un sequel di Origins per ovvi motivi narrativi, Odyssey è invece un prequel sviluppato in contemporanea al suo predecessore. Ambientato nell’antica Grecia di 300 anni prima rispetto agli eventi egizi, la prima novità che salta all’occhio è la possibilità di scelta del sesso del personaggio a inizio partita, simil Fallout 4. Nonostante sia stato specificato dalla stessa Ubisoft che Kassandra è la vera protagonista del gioco, avremo la possibilità di impersonare anche Alexios; entrambi mercenari spartani e discendenti di Leonida I, combatteranno nella Guerra del Peloponneso contro l’esercito ateniese. A livello di gameplay non sembrano esserci grosse novità se non per una maggiore presenza di elementi RPG ed elementi sovrannaturali associati agli dèi greci (quasi sicuramente Frutti dell’Eden). Quello che cambia realmente l’intera natura del brand e che ha lasciato interdetti molti fan è la presenza dei dialoghi a scelta multipla, alla stregua di un Mass Effect: la loro presenza si scontra quasi “violentemente” con quanto narrato finora, in cui, chi rivive i ricordi dei propri antenati, non può in alcun modo alterarne gli eventi. Essendo presente anche la possibilità di mentire al proprio interlocutore, crea un problema di continuity e forse giustificabile in un solo modo: più si va a ritroso, più difficile è la ricostruzione degli eventi dal D.N.A. Che i dialoghi a scelta multipla siano un sistema dell’Animus per riempire le falle? Si tratta di pura e semplice speculazione e non ci resta che verificarlo giocando.
Ma, a questo punto, ritorniamo alla prima domanda; del resto non abbiamo fatto altro che notare come la storia in qualche modo si ripeta. Abbiamo parlato di come Assassin’s Creed sia nato da un Prince of Persia molto diverso dai suoi predecessori e proprio per questo si decise di creare questa nuova IP. E se, appunto, la storia si ripetesse? Assassin’s Creed: Odyssey è qualcosa di completamente diverso, non un frutto di una semplice evoluzione come lo furono Unity o Syndicate. Ha quindi ancora senso sfruttare un brand sì famoso, ma forse stantio? Sappiamo già che nel 2019 non uscirà nessun Assassin’s Creed, dandoci probabilmente appuntamento per il 2020 e la nuova generazione di console. Che sia il primo di una nuova stirpe?

E fummo tutti assassini

Come già accennato, l’impatto di Assassin’s Creed nella cultura pop è stato un fulmine a ciel sereno. Sin dalla presentazione di Altaïr, del suo cappuccio bianco, delle sue acrobazie, del Salto della Fede e soprattutto della Lama Celata, tutto è divenuto ben presto elemento d’ispirazione per tanti fan e non solo. Proprio la caratteristica arma, la sua meccanica ed estetica, sono diventati uno dei punti di forza del brand, e uno degli elementi più iconici della storia dei videogame. Anche il Parkour è stata disciplina passata dalla nicchia all’esplosione mediatica, con innumerevoli traceur in cosplay da Assassino, realizzare le stesse evoluzioni tra i tetti e i muri delle città. Assassin’s Creed era ovunque, anche all’interno di altri videogiochi: famoso è l’easter egg dedicato al franchise da The Witcher II, in cui era possibile trovare Altaïr a seguito di un salto della fede mal riuscito, steso morente su un pagliaio. Ma anche Kojima si è divertito in tal senso, sfruttando una partnership tra Konami e Ubisoft e il Pesce d’Aprile: in un trailer presentato da Jade Raymond, era possibile osservare un assassino utilizzare armi da fuoco moderne, facendo presagire un Assassin’s Creed ambientato nel futuro. Ma di lì a poco l’inganno venne svelato, mostrando sotto la famosa tunica, niente meno che Solid Snake. Il costume di Altaïr infatti, era una delle skin sbloccabili in Metal Gear Solid 4: Guns of Patriots.
Non sono mancati nemmeno i classici romanzi, da Assassin’s Creed: Rinascimento, il primo della serie, ad Assassin’s Creed: Forsaken, tutti scritti con la speranza di approfondire e ampliare quanto avveniva all’interno del videogioco, anche se non riuscendoci pienamente mentre, sicuramente più interessanti sono i fumetti, come la serie dedicata a Nikolai Orelov con Assassin’s Creed: The Fall, ambientato negli anni antecedenti alla rivoluzione russa con lo scopo di fermare lo Zar Nicola II. Le serie sono molteplici e tutte di discreto successo, come anche Aquilus, ambientato in epoca romana e sempre oggetto di speculazione da parte dei fan su un possibile nuovo capitolo videoludico.
Il successo del brand venne sfruttato sino allo svilimento e in concomitanza con la diminuzione delle vendite e dei risultati deludenti degli ultimi capitoli come Syndicate, la forza di Assassin’s Creed pian piano cominciò a scemare. A mitigare un po’ la situazione intervennero 20th Century Fox e Michael Fassbender, produttore della trasposizione cinematografica del videogioco. Interpretando Callum Lynch e Aguilar, assassino spagnolo durante il periodo di inquisizione spagnola, Fassbender non è riuscito a far centro nel cuore dei fan e soprattutto ad attirare nuovi “credenti”, per via di una sceneggiatura travagliata e la mancanza di spessore dei protagonisti, pur vantando nel cast  Marion CotillardJeremy Irons. Il tentativo di creare dunque un universo espanso si è spento sul nascere e anche le notizie sui futuri sequel non sembrano suggerire il contrario.

Giunti alla fine del nostro viaggio ci accorgiamo di una cosa: le epoche cambiano ma il concetto di saturazione evidentemente, è faticoso da comprendere. Per chi vi scrive, passando dal racconto di Tomb Raider ad Assassin’s Creed, la sensazione di déja vù è lampante, e sono solo due dei tanti brand presenti sul mercato. Perché dunque si ricade negli stessi errori? Avidità? Potrebbe essere una risposta semplice ma forse è proprio la natura dell’Animus a fornirci la risposta: siamo programmati per fare le stesse scelte, indipendentemente dal contesto; a meno che non giochiate Odyssey, sia chiaro.
C’è da dire però che nonostante Assassin’s Creed goda di amore e odio in egual misura, non si può trascurare la forza mediatica e l’importanza che la sua realizzazione ha portato all’interno del mondo videoludico, non solo all’interno degli ambienti free roaming, ma a tutto il panorama, dando il via definitivo all’aumento di personale, costi e contorno nella realizzazione di un videogioco.
Non ci resta dunque che attendere il nuovo capitolo, cercando di capirne il destino e se mai avrà una fine.

 




Sony fermerà la produzione di titoli fisici per PS Vita nel 2019

La fine di PlayStation Vita, nonostante potrebbe attirare nuove cerchie di fan, in particolare per generi come indie e JRPG, sembra essere vicina. Infatti Sony, ha deciso di darle il fatidico colpo di grazia terminando la produzione di titoli fisici entro il 31 marzo 2019. La notizia giunge da una lettera agli sviluppatori, la cui società chiede di presentare i loro ordini di acquisto finali entro il 15 febbraio 2019. Sony continuerà comunque a vendere titoli digitali Vita sul PlayStation Store, ma le costose schede di memoria, proprietarie della console – uno dei motivi per cui la portatile non ha avuto il successo sperato – potrebbero rallentarne il mercato. Numerosi sono i fattori che hanno contribuito alla morte della PS Vita, come l’ascesa dei titoli mobile e la non considerazione della console da parte delle divisioni europee e americane dopo il lancio del 2012. Nel 2015, il presidente di Sony Worldwide StudiosShuhei Yoshida, ha dichiarato che la società non riesce a vedere un futuro per la console.
Oltre a smettere di produrre titoli fisici, Sony, smetterà anche di includere i titoli PS3  PS Vita nell’elenco PlayStation Plus gratuiti per il mese. Quindi i giocatori della portatile, potranno acquistare solo titoli digitali prima del totale abbandono della console.




Teslagrad

Impugnate i joycon con dei guanti di gomma in modo da non prendere la scossa, arriva Teslagrad. Puzzle platformer veramente singolare, caratterizzato da un art style ben curato e molto delicato, è uscito originariamente per Steam nel 2013 e dopo essere apparso su Playstation 3, Playstation 4, Playstation Vita, Wii U, Xbox One, il titolo di Rain Games è approda anche su Nintendo Switch, una delle console che più sta valorizzando certi titoli indie e che sta dando grandi soddisfazioni agli indie developer e ai fan.

C’era una volta

Anche se quel “grad” nel titolo e gli omoni dalle uniformi rosse e i berretti in stile sovietico potrebbero farci pensare che il titolo possa essere ambientato in Russia durante la rivoluzione del 1917, Teslagrad ci propone un mondo fantastico con elementi, sì, propri dell’Europa, ma re-immaginati in una visione più libera e con sfumature steampunk. Vestiremo i panni di un ragazzino orfano che, in una notte buia e tempestosa, viene affidato ancora in fasce a una famiglia; il tempo passa, il ragazzo cresce, ma un giorno, in tutta sorpresa, la sua casa viene assediata dalle guardie reali. Sarà l’inizio di una fuga che ci porterà a una torre, un luogo misterioso nel quale si sveleranno di volta in volta tutti i retroscena di questo strano mondo in cui un potente re governa con pugno di ferro il suo regno.
Entrati nella torre, troveremo il primo oggetto che ci permetterà di risolvere i primi enigmi; capiremo presto che la meccanica principale di Teslagrad è basata su puzzle basati su polarità positivo/negativo, energie che potremo sfruttare per muovere blocchi caricandoli di una o dell’altra polarità e che ci permetteranno di compiere salti sfruttando l’attrazione o la repulsione e, col tempo, anche di controllare quasi totalmente le energie fino a dominare ciò che ci circonda; un concetto semplice ma molto interessante. Se si è un po’ pratici dei principi del magnetismo, si capiranno con molta facilità le meccaniche di questo titolo. Le nostre abilità ci porteranno sempre più in alto nella torre, collezionando man mano dei potenziamenti e scoprendo poco per volta i risvolti della lore di questo mondo, sia con i rotoli che andremo trovando progressivamente, sia con i siparietti con le marionette (delle vere e proprie “sale teatrino” in cui assisteremo a un piccolo spettacolo) e sia con i murales, i poster e le vetrate che svelano parti della trama; si può benissimo confermare che in Teslagrad nulla è espresso con le parole, lo storytelling è affidato interamente al comparto visivo che allieterà in tutto e per tutto i nostri occhi; lo stile grafico ricorda in qualche modo lo stile delle illustrazioni fiabesche europee, con colori cupi ma con qualche tonalità accesa che fa “vibrare” il disegno, e persino stampe di propaganda, ma tutto viene consegnato con una delicatezza tale da smorzare i temi malinconici della trama con dolcezza senza smontarne la serietà e restituendo, fiabescamente, una sorta di morale.

Due anime ma un identità povera

Il gioco si pone come un metroidvania ma, in realtà, al di là della mappa e del backtracking occasionale, ha ben poco in comune con i titoli più famosi del genere: la componente puzzle sovrasta quella action platformer: pochi, quasi nulli, i nemici durate le fasi d’esplorazione così come pochi sono i boss e sempre annientabili con una sorta di puzzle. Elemento inusuale per un metroidvania è il meccanismo “trial and error“, nonché l’assenza di barra della salute; questo sistema in Teslagrad è un po’ un’arma a doppio taglio in quanto permette, sì, un approccio progressivo al gameplay, totalmente personale e senza l’ausilio degli odiosi tutorial ma, in sede di boss fight, sarà solo motivo di fastidio, e ricominciare da capo una battaglia che richiede abilità anziché ingegno risulta veramente seccante, anche perché le sfide di fine livello sono parecchio lunghe.
La meccanica puzzle funziona, risulta vincente considerando il semplice e originale concetto di partenza, ma purtroppo serba in seno delle caratteristiche poco convincenti. Cominciamo dai controlli, un po’ “scivolosi”, “floaty” se vogliamo usare un termine anglofono forse più appropriato: il personaggio si aggrappa spesso ai bordi anche quando non serve, e controllarlo in fase di salto, specialmente quando una delle polarità è impiegata, è impresa tutt’altro che facile; per lo più, quando dobbiamo usare uno dei tasti d’azione, non sempre questi sembrano attivarsi alla nostra pressione. A volte certe azioni non vengono triggerate bene senza apparente motivo, tutto questo rovina l’esperienza di gioco frustrando il giocatore non perché il puzzle sia troppo difficile ma perché qualcosa non ha funzionato per via dei controlli. Il sistema di polarità, inoltre, per quanto possa sembrarci chiaro e semplice, non sempre funziona a dovere: spesso  la repulsione o l’attrazione dovute a una polarità convergente o opposta non hanno sempre la stessa “intensità”, dunque l’effetto che si crea non è sempre ciò che ci si aspetta e questo costringe talvolta a ripetere i puzzle (e, ahimè, le boss fight) più e più volte, a volte anche alla cieca perchè le nostre intuizioni a riguardo si esauriscono presto. Il gameplay si fa spesso frustrante, bisogna mettere insieme la pazienza necessaria per ricominciare e questo lede la rigiocabilità del titolo, che non gode, fra l’altro, di gran longevità: il vero finale di Teslagrad è fra l’altro accessibile collezionando tutti i rotoli presenti nella torre, e l’idea di tornare indietro alla ricerca degli oggetti mancanti non risulta piacevole per le considerazioni appena fatte. Inoltre, in osservanza al titolo del gioco (chiaro tributo al fisico Nikola Tesla), l’elemento fondante i puzzle, e dunque anche dell’azione platform, sono solo i giochi di polarità. Abbiamo già ribadito quanto la meccanica sia originale ma, tuttavia, duole notare come questo unico elemento di puzzle solving comporti una certa ripetitività; i giocatori che dunque sono alla ricerca di un gameplay vario e di più azione non troveranno certo pane per i loro denti. Abbiamo inoltre incontrato dei problemi spiacevoli per un gioco dei nostri tempi: è capitato più di una volta che in una delle stanze che l’intero sistema di visualizzazione venisse meno, che lo schermo del televisore si oscurasse completamente mentre di sottofondo restava il rumore dei passi e di altri movimenti; è il bug è risolvibile solamente tornando nel menù di Switch, che verrà visualizzato senza problemi, chiudendo e riavviando il software. Fortunatamente il gioco salva automaticamente a ogni stanza e perciò, anche se è un problema non da poco, almeno i progressi saranno al sicuro.
La colonna sonora è ben composta, le musiche non si impongono mai sulle scene e abbracciano totalmente lo stile grafico del gioco, anche se, tuttavia, nessuna delle melodie composte per il gioco spicca per bellezza, consegnando dunque una colonna sonora certamente bella ma in fondo piatta e canonica.

Un’esperienza non perfetta ma godibile

Teslagrad è certamente un bel gioco, con visual spettacolari e una meccanica di gioco semplice ma intrigante anche se purtroppo parecchi aspetti del gioco rovinano l’esperienza generale. L’idea di base è molto buona ma è lesa da peccati d’esecuzione; come dicevamo, troviamo qui un buon mashup di elementi da metroidvania e da puzzle game. Purtroppo entrambe le componenti non sono realmente definite: è come se il gioco restasse sospeso nel mezzo, non riuscendo a decidersi se essere un metroidvania o un puzzle game, se essere un esperienza lunga e macchinosa o una breve ma intensa,  e non sfornando un ibrido solido. Un vero peccato visto che la grafica del gioco, le cui animazioni sono state realizzate a mano, conferisce al titolo un’anima forte e decisa. Non è affatto un gioco da buttare in quanto i giocatori alla ricerca di un’esperienza diversa troveranno in Teslagrad un’avventura affascinante, dalle meccaniche semplici ma originali; il prezzo nello store non è tale da rappresentare un investimento oneroso e dunque chi è intenzionato a provare questo titolo potrà farlo senza spendere una cifra rilevante. Tuttavia Teslagrad non è un esperienza per tutti e probabilmente, per apprezzarlo veramente, bisognerà accettare la ripetitività dei puzzle nonché i controlli scivolosi e mal programmati. Nulla vi vieta di provarlo, e tirando le somme, ci sentiamo di consigliarne la prova.




Per Andrew House il modello Switch non è da imitare

L’arrivo di Nintendo Switch ha cambiato le carte in tavola nel settore gaming: la console ibrida ha subito riscosso successo, non solo in terra natia ma anche nel resto del mondo.
Ad ammetterlo è anche il CEO di Sony Interactive Entertainment, Andrew House che, in un’intervista rilasciata a Bloomberg, non solo ha evidenziato come la strategia Nintendo sia vincente, ma ha anche confermato che Sony, dal canto suo, non lancerà alcuna console concorrente (ibrida) e soprattutto nessuna possibilità di vedere PlayStation Vita 2 nei prossimi anni.
A detta sua infatti, il mondo è cambiato e, l’entrata sul mercato di smartphone e tablet sempre più performanti ha drasticamente ridotto il mercato per console portatili. È per questo motivo che Sony si sta impegnando – come Nintendo del resto – alla realizzazione di contenuti su piattaforme Android e iOS, creando ForwardWorks, una compagnia indipendente che si occuperà dello sviluppo e rilascio di servizi mobile ma, almeno per il momento, soltanto per il mercato asiatico.




Annunciato il remake di Secret of Mana

Un po’ a sorpresa arriva il remake di un titolo che, agli inizi degli anni ’90 ebbe un grande successo: Secret of Mana.
Pubblicato infatti nel 1993, con il titolo originale Seiken Densetsu 2, era uno dei titoli di punta del SNES di Nintendo e, dalle prime indiscrezioni, sembra che tale remake godrà di tutti i benefici portati dal XXI secolo come, ad esempio, un grande miglioramento grafico (sarà in 3D) e audio, compreso il totale doppiaggio dei personaggi, nuova musiche e nuovi elementi di gameplay. Il titolo sarà disponibile – almeno per ora – su Playstation 4, Playstation Vita e PC.
L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno e mancano ancora molti dettagli. Resteremo vigili per darvi ulteriori aggiornamenti.




Tales from the Borderlands è stato un fallimento commerciale per Telltale Games

Facendo un’attenta analisi di Tales From the Borderlands, il creative director Nick Herman, che adesso lavora in Ubisoft, ha dichiarato che il capitolo in questione è stato considerato un vero e proprio disastro da Telltale Games, poiché le vendite non sono andate affatto bene.

Sappiamo già che la Telltale ha sviluppato diversi titoli molto famosi tra cui la saga di The Walking DeadMinecraft Story Mode, Game Of Thrones, che hanno avuto un buon riscontro di critica e pubblico, e prossimamente vedrà la luce il nuovo Batman: The Enemy Within. Tales from the Borderlands è ancora oggi osannato dalla critica come uno dei migliori titoli Telltale, ma non ha avuto un corrispettivo riscontro sul mercato, totalizzando pochissime vendite; questo è bastato a far valutare il gioco come un mezzo fallimento per la casa californiana, almeno secondo Nick Herman.
Ricordiamo inoltre che il gioco in questione per chi non lo sapesse è disponibile in versione smartphone, console mobile e fisse tra cui PlayStation 4, Xbox One, PlayStation 3, Android, Xbox 360, iOS, Microsoft Windows PlayStation Vita.




Gamecompass #3 – Parte 1