Speciale E3 2018: Conferenza Bethesda

Si è tenuta questa notte con start alle 3:30, la conferenza che ha tenuto incollati alle poltrone, me e il buon Marcello Ribuffo. Si conosceva già gran parte di quello che è stato annunciato ma ciò non toglie che la conferenza Bethesda ci ha lasciato positivamente colpiti. Uno dei titoli più attesi e discussi, Rage 2, ha aperto le danze, presentato direttamente dalla band musicale che ne ha composto la colonna sonora. Uno scioccante fps adrenalinico di palese spunto arcade, che vede nel suo gameplay forte e chiara la presenza dell’affiancamento ad Avalanche Studios.

A seguire è stata presentata la già conosciuta edizione Summerset di The Elder Scrolls online, che includerà nuove ambientazioni, missioni e razze, espandendo ancora di più il già enorme mondo di TES Online. All’interno del Summerset verranno inclusi due DLC, WolfHunter e MurkMire, ambientato nella regione di Blackmarsh in cui ci si addentrerà nella lore degli argoniani.

Senza perdere altro tempo è toccato al pacchetto DLC Mooncrash, disponibile già da oggi al prezzo di € 19,99, in arrivo con l’ultimo aggiornamento di Prey, che vedrà Morgan Yu alle prese con la fuga da una base lunare. Oltre al DLC ci sarà anche un aggiornamento del titolo che aggiungerà le seguenti feature: New Game+ e il Survival Mode. Solo successivamente verrà rilasciato anche l’interessante modalità multliplayer Typhoon Hunter, modalità nella quale potremo impersonare uno dei mimic; quest’ultima potrà essere giocata anche con in VR.

Insieme al DLC di Prey viene presentato anche un futuro DLC per Wolfenstein II, dal titolo Youngblood, un interessantissimo add-on cooperativo che vedrà le due figlie di William Blazkowicz alle prese con i nazisti. Questa nuova avventura sarà possibile giocarla in modalità co-op con un amico per migliorare l’esperienza di gioco. Oltre questa piccola grande novità, arriverà anche la modalità Cyberpilot, giocabile in VR, che darà ai giocatori la possibilità di pilotare le war machine.

Durante la conferenza è stato dato spazio anche il nuovo Quake Champions, che non sembra aver aggiunte significative rispetto alle sue precedenti versioni, ma  promette di essere l’FPS più veloce e adrenalinico di tutti i tempi. Quake è disponibile già adesso in early access e sarà scaricabile gratuitamente per tutta la settimana.

Marcello Ribuffo, a inizio conferenza aveva avanzato una previsione,  al quale non diedi tanto peso, ma che effettivamente si è dimostrata corretta, contro tutte le aspettative: è stato infatti presentato Doom 2 (ufficialmente chiamato Doom Eternal). Purtroppo Bethesda non ha mostrato alcun gameplay al momento ma un solo trailer in cui vengono mostrati angoscianti ambientazioni e mostri terrificanti, tipici e degni eredi del Doom che tutti conosciamo.

A smorzare un po’ l’hype ci ha pensato il porting su console domestica di The Elder Scrolls Legends, un titolo free to play  e card game approdato sul mercato mobile nel 2017. Un porting che non aggiunge nulla di nuovo al gioco ma che potrebbe aumentare il già corposo numero di utenti.

La conferenza è andata poi come previsto, con l’annuncio e il rilascio della data di uscita ufficiale di Fallout 76, il 14 Novembre 2018. L’eccentrico Todd Howard, di Bethesda, con la sua infinita simpatia tra una battuta e l’altra, ha annunciato il titolo, accompagnato dalla clip che avevamo già visto alla conferenza Microsoft qualche ora prima, ma alla quale viene aggiunto anche un’inedita porzione di gameplay e una carrellata di informazioni riguardo tutte le nuove e interessantissime feature del gioco: tra tutte, emerge la possibilità del gioco in co-op fino a 4 giocatori, la possibilità di costruire strutture che hanno come unico limite la nostra immaginazione e quella più interessante – quella che ci ha fatto letteralmente sobbalzare dalle poltrone – ossia la possibilità di scovare dei siti nucleari sparsi nella zona contaminata per poter lanciare dei missili su diversi punti della mappa con tutte le conseguenze del caso. Inoltre è stata annunciata la futura collector’s edition che pare essere ricca di contenuti.

Da questo momento fino al termine, Howard ci ha accompagnato, presentando i rimanenti titoli, come l’annuncio del porting da mobile di Fallout Shelter, già reperibile su PS4 e Nintendo Switch. Non è ben chiaro ancora il motivo della mancanza di Xbox all’appello ma non sono stati forniti dettagli in merito. Shelter è stato seguito immediatamente dopo da The Elder Scrolls Blades, uno stupefacente TES in miniatura sviluppato per il mercato mobile, molto ben caratterizzato e con un fantastico comparto grafico se consideriamo che è stato studiato per i dispositivi portatili.

Arrivati quasi al termine della conferenza Bethesda, come un fulmine a ciel sereno, ci viene presentato Starfield, una nuova IP in fase di sviluppo per la nextgen, che si è mostrato in un brevissimo trailer dando un accenno di quello che potenzialmente potrebbe essere la tipologia di gioco, al momento classificabile come sci-fi.

A chiudere la sfilza di novità, non poteva che esserci la ciliegina sulla torta, quello che il pubblico – compresi noi in redazione – ha aspettato per anni e su cui Howard ha simpaticamente scherzato durante la conferenza: stiamo parlando dell’annuncio ufficiale di  The Elder Scrolls VI, accompagnato da una breve clip in cui purtroppo appare solamente il titolo del gioco su uno sfondo paesaggistico.

Tirando le somme, quella di Bethesda è stata una rivincita a tutti gli effetti rispetto l’anno precedente, con tantissime novità e tanto hype per i futuri titoli della casa statunitense. A questo punto non ci rimane che attendere pazientemente le prossime uscite.




Speciale E3: Anthem ha una data d’uscita

La conferenza EA continua e continuano gli annunci, adesso è il turno di Anthem, l’attesissimo titolo Sci-Fi di BioWere.
Anthem si presenta con un maestoso trailer gameplay che mostra il vasto mondo di gioco e la modalità co-op. Sono stati presentati 4  diversi tipi di personaggi che avranno delle abilità che ricorda no moltissimo quelle dei guardiani di Destiny.
La data d’uscita è fissata per il 22 febbraio 2019 per PS4, Xbox One e PC.




E3: Sony svela parte della sua tabella di marcia

Siamo ormai agli sgoccioli; sta per iniziare la nuova edizione dell’E3, uno degli eventi fieristici più seguiti al mondo. Tra qualche annuncio shock qui e traumatizzante lì, contornati da tante aspettative, Sony si sbottona un po’, rivelandoci una parte non indifferente della propria tabella di marcia pre-E3.

Ovviamente la casa giapponese terrà, come di consueto, la propria press conference, fissata per il giorno Lunedì 11 Giugno, alle 18:00 PST (ossia circa le 3:00AM in Italia), in cui principalmente mostreranno nuovi contenuti per i giochi più attesi del momento: Death Stranding e The Last of Us Part II.

Ma la compagnia sembra aver in serbo altre sorprese, riservando una carrellata di rivelazioni per la settimana che precede l’E3.

Questi contenuti saranno visibili ogni giorno alle 8:00AM PST (quindi alle 17:00PM in Italia), in live-streaming su Twitch, Facebook e YouTube:

  • Oggi: un nuovo gioco PS4 compatibile con il VR
  • 7 Giugno: data di rilascio per un titolo di Worldwide Studio
  • 8 Giugno: nuovo gioco PS4
  • 9 Giugno: nuovo gioco per PlayStation VR
  • 10 Giugno: nuovo porting VR di un gioco molto atteso

In precedenza Sony avrebbe atteso direttamente la press conference per mettere tutta la carne al fuoco. Personalmente credo che l’aver deciso di differenziare in questo modo i contenuti da proporre, sia stata una scelta molto intelligente – o furba che dir si voglia – anche considerando il fatto che magari alcuni titoli, avrebbero corso il rischio di poter passare in secondo piano all’ombra di annunci più imponenti nel corso della fiera.

Nel frattempo, attendiamo con ansia il countdown.




Capcom rinnova nuovamente il marchio per Deep Down

Uno dei titoli più attesi al lancio di PS4, tanto da essere presentato al grande pubblico in contemporanea, fu Deep Down, sviluppato da Capcom con il nuovo motore grafico Panta Rhei. Successivamente però, tra 2013 e 2014, non se ne seppe più nulla, a parte i costanti rinnovi del trademark da parte della software house, che sarebbero scaduti definitivamente questo mese, come da legge statunitense per i diritti commerciali. Ma a quanto pare, il nome è stato registrato ex-novo, il che potrebbe significare che il progetto è ancora in fase di sviluppo. L’ultima richiesta di estensione è ancora più confortante, motivata con “ricerca e sviluppo”. Incrociando le dita, potremmo vederlo tra qualche giorno all’E3 di Los Angeles.




Annunciati i titoli PS PLUS di giugno 2018

Sono stati appena annunciati i titoli disponibili di giugno per gli abbonati al servizio PlayStation Plus. Il mese scorso, proprio prima dell’uscita di Detroit: Become Human, Sony ha reso disponibile per il download gratuito Beyond: Due Anime e come secondo titolo per PlayStation 4 Rayman Legends. Nel mese di giugno tutti gli utenti abbonati potranno scaricare i seguenti titoli:

  • XCOM 2 (PS4)
  • Trials Fusion (PS4)
  • Tom Clancy’s Ghost Recon Future Soldier (PS3)
  • Zombie Driver HD Complete Edition (PS3)
  • Squares (PS Vita)
  • Atomic Ninjas (PS Vita)

I giochi per il PlayStation Plus saranno disponibili al prossimo aggiornamento settimanale, martedì 5 giugno.




Pure Farming 2018

Da qualche anno a questa parte, la sezione “life simulator”, nel panorama videoludico, si è ingrandita al punto che ormai diverse software house si sono lanciate nella produzione dei simulatori più disparati, riparazione di automobili, simulatori di capre, simulatori di vigili del fuoco, di PC building e chi più ne ha più ne metta. Ma c’è una categoria che ha, e sta avendo tuttora, grande successo e sono i simulatori di “vita rurale”. Questa tipologia di videogioco non è di certo una di quelle a maggior mordente, e giocando a Pure Farming 2018, simulatore prodotto dal team polacco Ice Flames, sono sempre più convinto che un genere simile richieda un lavoro davvero ben fatto e calibrato nei tempi e nelle meccaniche, per risultare godibile. Cercherò quindi di fare un sunto della mia esperienza, cercando di farvi comprendere meglio il mio punto di vista e la frustrazione – davvero tanta… tantissima frustrazione – che ho provato durante le sessioni di gioco.

L’introduzione, un tantino banale, pare essere semplicemente un surrogato di tutti i vari Harvest Moon, Story of Season et similia.
Vedremo il nostro protagonista catapultato in questa nuova vita successivamente alla morte del nonno, ex proprietario della fattoria che, ovviamente manco a dirlo, ci ha lasciato oltre alla fattoria una vagonata di debiti che noi dovremo impegnarci a saldare il prima possibile.

La Pazienza è la virtù dei forti

In PF2018 dobbiamo averne proprio tanta di pazienza: ci vuole tempo, tanto, per ogni cosa. Certo possiamo decidere di farlo scorrere più velocemente per facilitare alcune attività, ma rischiamo di farlo andare troppo in fretta facendo marcire altro raccolto, insomma, non è questo il punto. Una delle prime cose in cui il gioco ci chiederà di cimentarci, è la raccolta di un campo di grano. Ahimè, non esiste modo per automatizzare il lavoro inizialmente, quindi non ci resta che rimboccarci le maniche, prendere il macchinario giusto e metterci al lavoro! A volte il clima potrebbe venire in nostro soccorso, per esempio, una volta seminato un campo, qualora dovesse piovere, potremmo evitare di irrigarlo, insomma nulla che una danza della pioggia non possa risolvere.
Ci vorrà parecchio tempo prima di finire la raccolta di una qualsivoglia risorsa da uno dei nostri campi, ma ce ne vorrà ancor di più quando dovremo prepararlo nuovamente per una nuova semina. Ma state tranquilli, se faticate come si deve, con l’avanzare del gioco, avrete la possibilità di pagare dei braccianti che svolgeranno alcune faccende di cui altrimenti dovreste occuparvi voi.
Lo scopo del gioco è quello di coltivare, vendere il prodotto finale e reinvestire sulla fattoria, almeno all’inizio, in modo da poter guadagnare sempre di più per poter finalmente saldare i debiti del defunto nonno. Un semplice tutorial ci guiderà per tutta la durata del gioco, spiegandoci le basi dell’arte contadina, indicandoci anche quali, tra i macchinari acquistabili, ci saranno più utili. A gioco avanzato sarà anche possibile acquistare – e menomale, lasciatemelo dire! – macchinari che ci daranno la possibilità di coltivare i terreni più velocemente.

Benedetta sia la tecnologia!

Ma certo! Che sia benedetto quindi il tablet su cui saranno presenti tutte le scorciatoie di cui necessitiamo! Accedendo a questo meraviglioso strumento, avremo una visuale complessiva della situazione della nostra fattoria, potremo visualizzare i prezzi di mercato dei nostri prodotti e decidere di venderli direttamente dalla piattaforma virtuale, pagando una piccola sovrattassa del 20% – che in ogni caso, fidatevi di me, varrà tutto il tempo che altrimenti spenderemmo per arrivare con il trattore da una parte all’altra della mappa. Inoltre si avrà accesso al mercato dei macchinari, senza dover necessariamente recarci fisicamente al concessionario, per acquistare i nuovi mezzi che ci serviranno e infine, ma non per ordine di importanza, potremo visualizzare anche l’utilissima mappa, che sbloccherà anche i viaggi veloci tra le nostre proprietà.

È stato sviluppato sulla old generation?

Questo è quello che mi sono chiesto valutando il comparto grafico di Pure Farming 2018, davvero pessimo, bisognerebbe comprendere che siamo nel 2018 e ormai, noi videogiocatori, ci aspettiamo che titoli di un certo tipo, siano anche visivamente gratificanti.
I poligoni sono ridotti all’osso, gli shader quasi inesistenti. Tutte le superfici sembrano costituite della stessa materia, luci ambientali inefficaci, non si distinguono plastiche e metalli, i colori sono piatti e non trasmettono nessuna sensazione. Per non parlare poi delle “texturizzazioni”, soprattutto sui terreni. Un lavoro dozzinale e poco curato che fa perdere parecchi punti al gioco.

A suon di Country… anche se per poco

Una volta avviato il gioco, all’apertura del menù, verremo travolti da un motivetto country fantastico. Devo dire che sin da subito sono stato pervaso da un senso di allegria che però, purtroppo, fu galeotto. Infatti, in-game, non è presente alcuna colonna sonora ad allietare il nostro duro e faticoso lavoro nei campi, nessun groove che ci dia la carica giusta, solo rumori ambientali, ben riprodotti, e roboanti fastidiosissimi motori di trattori… peccato!

Per concludere 

Pure Farming 2018 rimane un po’ nell’ombra per il suo non essere abbastanza incisivo: non crea attrattiva e non restituisce alcuna sensazione al videogiocatore, qualcosa che lo caratterizzi e lo faccia emergere rispetto agli altri simulatori. L’ennesimo tentativo, forse un po’ troppo maldestro e frettoloso, di proporre qualcosa di già esistente che, a mio parere, non era ancora pronto per rivaleggiare con i concorrenti già presenti saldamente sul mercato odierno. Se ci si vuole fare un bagno nella vasca con gli squali, bisogna avere i mezzi per farlo.




Call of Duty: Black Ops 4 e la presa di coscienza

Sono passati dieci anni da quando il primo Call of Duty: Black Ops arrivò sui nostri schermi, riuscendo a sorprendere critica e pubblico per un single player accattivante e un multiplayer che però, con i successivi capitoli, venne stravolto, sfruttando elementi fantascientifici che ne minarono la qualità.
Call of Duty: Black Ops 4 era atteso, soprattutto per avere conferma alle tante dicerie susseguitesi in queste ultime settimane. «È il CoD più ricco e rigiocabile di sempre»; questa è stata la frase più ricorrente nella conferenza di presentazione dedicata direttamente alla community. Black Ops 4 dunque rivoluziona il franchise e forse, è il primo di una nuova stirpe di FPS, completamente dedicata all’online. Partiamo proprio da qui, da quell’abbandono della classica campagna che essenzialmente, risponde un po’ alle mode del momento. Lo stesso David Vonderhar (Game Designer Director di Treyarch) non si è sbottonato più di tanto sui perché di tale assenza, forse in fin dei conti, non ce n’era bisogno: sentiamo da mesi, forse anni, che il single player così come lo conosciamo, non si sposa più con le esigenza della massa. Fortunatamente le eccezioni esitono (basti vedere Prey o Wolfenstein II: The New Colossus), ma la tendenza è ormai segnata.
Questo non vuol dire però che Call of Duty: Black Ops 4 non sarà dotato di impianto narrativo: il tutto sarà ambientato tra il secondo e terzo capitolo, con linee sottili di trama che collegheranno tutto l’impianto ludico del titolo. Tutto si baserà su degli incarichi che fungono da pretesto per prendere confidenza con le novità, scoprendo nel frattempo, piccoli retroscena sui vari personaggi. Ma basterà a darne un senso?

Tutti giù per terra

È inutile girarci intorno: la novità più apprezzata dalla community è sicuramente l’abbandono del jetpack. Nonostante sia sempre ambientato nel futuro, Black Ops 4 segna un netto distacco col passato, favorendo un gameplay più classico e sicuramente meno frenetico. Tutto ciò ovviamente non avrà un minimo di fondamento narrativo – e ci mancherebbe… – e sancisce una volta per tutte come la community di un videogioco sia fondamentale nello sviluppo di un nuovo titolo.
Se a prima vista, tutto sembra esattamente com’era, facendo attenzione si scorgono tante piccole novità, a cominciare da un numero più elevato di specialisti e abilità che portano il gioco ad avvicinarsi a concorrenti un tempo distanti: è possibile utilizzare onde d’urto in grado di spazzar via i nemici o estendere in men che non si dica barriere in grado di difendere noi e i nostri compagni; queste e altre migliorie, portano il titolo a essere più tattico, anche se sempre legato a vecchi stilemi, fatti di frenesia e pluri uccisioni come Steven Segal insegna. Modifiche sostanziali sono intervenute nel feeling con le armi e al loro rinculo, reso sicuramente più accentuato e meno “arcade” nella sua gestione. Questo porta a rivedere le proprie considerazioni sulle armi  in dotazione: Black Ops 4 avrà la più vasta gamma di armamenti mai vista in un CoD, contando su tutte quelle presenti nei capitoli precedenti più, ovviamente, le novità presenti in questo. Con una così vasta scelta, e il loro aggiornato comportamento, sperimentare tutto l’armamentario presente porterà ancora più profondità o magari riscoprire l’utilizzo di qualcosa che prima scartavamo a priori.

Benvenuti a Zombieland

Prima di arrivare al piatto forte delle novità, dobbiamo fare una sosta in una delle modalità più sorprendenti di Call of Duty: la modalità Zombie. Elemento più caciarone dell’offerta, questa modalità si è districata tra tanti capitoli e via via ha riscosso sempre più successo; era naturale un ulteriore e massiccia evoluzione in Black Ops 4. Prima di tutto partiamo dalla mole di contenuti, ben tre campagne disponibili già al lancio, più altre rilasciate tramite DLC successivamente. Probabilmente, l’aver lasciato da parte la modalità single player, ha permesso di usufruire di maggiori risorse e questo, lo si vede sopratutto nel gameplay, con maggiore enfasi dato al melee e alla maggiore fisicità.
Tutto si basa sui viaggi nel tempo e sull’inedità crew estremamente diversificata. Abbiamo avuto modo di vedere ambientazioni all’interno del Titanic e nell’antica Roma, estremamente diverse sia nel level design che negli obbiettivi.
Sembra esserci tanta carne al fuoco, ma bisognerà verificare l’effettiva varietà e il supporto post-lancio.

Quello che volevate (e che meritate)

Siamo in piena era battle royale e ovviamente questo successo, non poteva che minare le basi su cui poggiano i franchise più importanti. Il primo a cedere alla moda del momento è dunque Call of Duty: Black Ops 4 che, con la sua modalità Blackout, vuole dire la sua in questo difficile campo di battaglia.
Non si sa ancora molto: la mappa di gioco sarà grande 1500 volte Nuketown e conterrà tutti gli elementi che hanno caratterizzato tutte le precedenti mappe. Nella volontà di Treyarch c’è quella di voler inserire tutti i mezzi possibili, tra aerei, veicoli su ruote e navali. Tutto ciò si scontrerebbe con diversi fattori: il primo è il ritmo di gioco, ben lontano dalle caotiche partite principali e sarà interessante testare l’efficacia del gameplay da questo punto di vista. Il secondo è quello tecnico: si vociferà già delle limitazioni in termine di numero di partecipanti, massimo 32 giocatori contro i consueti 100. Siamo ancora nel campo dei rumor, ma di certo gli sviluppatori non aiutano, asserendo che per il momento “non vogliamo parlare di numeri”. Staremo a vedere.
Infine, è la piega che potrebbe prendere il mercato: sta forse passando un po’ sottotraccia, ma in fin dei conti, stiamo assistendo a un colosso come Activision adeguarsi alle circostanze, senza provar a far qualcosa di nuovo. Se sul piano economico è un mossa tutt’altro che discutibile, considerando anche che non sappiamo ancora quali siano le effettive novità apportate al genere (ammesso che ce ne siano), fa specie come uno dei più grossi esponenti dell’industry non abbia tirato fuori un asso dalla manica, in grado di far vera concorrenza ai vari Fortnite e Player Unknown Battlegrounds. Forse può essere considerato un segno di debolezza pericoloso, lanciando la tendenza “dell’andare sul sicuro” che rischia di appiattire ancor di più il mercato, preferendo i soldi alle idee. Certo, può anche esser visto nel senso opposto, quello in cui vede Treyarch fare la voce grossa, “dando una bella lezione” ai protagonisti del momento. Anche qui, non ci resta che attendere gli esiti.

Call of Duty: Black Ops 4 segna dunque un decisivo cambio di rotta per lo sparatutto Activision. Numerose novità, anche azzardate, come l’abbandono del single player, potrebbero segnare una nuova via per gli FPS, aspettando anche il reveal del suo concorrente diretto Battlefield V. L’interesse più grande ricade sopratutto nella modalità Blackout, che segna l’entrata in scena di CoD nelle battle royale, sperando di vedere nuova linfa per il genere.
Call of Duty: Black Ops 4 arriverà il 12 Ottobre su PS4, Xbox One e PC, ma non dove ve lo aspettereste. Questo capitolo segna anche l’addio a Steam per abbracciare Battle.net. Questo permetterà, oltre a risparmiare il 30% dei ricavi destinati a Valve, anche di usufruire di tutti gli aspetti social del portale. La versione PC conterà inoltre di server dedicati. Anche questo passaggio di consegne è abbastanza rilevante: se da un lato si guadagnerebbe di più, dall’altro, si potrà contare su un numero inferiore di utenti. Ma per questi calcoli, dobbiamo attendere i primi dati.




Grand Theft Auto V ha venduto quasi 95 milioni di copie

Durante l’ultima conference call di Take Two, è stato annunciato che Grand Theft Auto V è vicino all’incredibile risultato di 95 milioni di copie vendute.
Stando all’azienda statunitense, parte del successo è dovuto ai continui aggiornamenti gratuiti di GTA Online, che non smette di mietere successo e che si appresta a vivere il suo anno più remunerativo di sempre.

Il titolo ha portato guadagni pari a 6 miliardi di dollari nelle casse di Take Two, e risulta essere uno dei titoli di più successo nella storia dei videogiochi, tanto da apparire ancora nelle classifiche dei giochi più venduti in America e nel Regno Unito dopo 5 anni dall’uscita.




Dusty Rooms: La storia di Panzer Dragoon Saga

Sfuggire ai giochi classici, a oggi, è quasi impossibile; grazie alle mini console, ai remake, remastered e re-relase, che siano virtuali o fisiche, è possibile ripercorrere a ritroso la strada che ci ha portato al gaming moderno. Ci sono però casi in cui è impossibile recuperare un determinato gioco, come ad esempio quando un titolo ha una particolare licenza o è impossibile risalire al developer o publisher originale, e per tanto sperare in un rilascio odierno, che sia migliorato o “al naturale”, diventa molto difficile. Come se non bastasse, alcuni titoli, cui all’assenza nelle console odierne si unisce a una probabile magra tiratura, finiscono per costare un accidente su eBay e perciò recuperare certi titoli per gli hardware originali diventa semi-impossibile… Si passa praticamente dalla padella alla brace! Grazie all’avvento di internet, emulatori e hard/softmod varie per retroconsole è stato possibile riscoprire molti titoli dimenticati e tanti franchise, dati ormai per dimenticati, sono inaspettatamente tornati; ne sono esempio Splatterhouse, l’imminente Shaq-Fu, Shenmue 3 o Nights: Journey of Dreams.
Tuttavia, nonostante siamo in piena riscoperta del retrogaming, manca ancora all’appello un gioco, uno che appare di continuo nelle liste dei migliori RPG di tutti i tempi e persino fra i primi 50 migliori 100 giochi di tutti i tempi su IGN (nel 2005 e 2007) e che, a oggi, ha assunto uno status semi-leggendario; stiamo parlando di Panzer Dragoon Saga (o Azel: Panzer Dragoon RPG in Giappone), titolo del 1998 sviluppato dal Team Andromeda e pubblicato da Sega sulla loro console dei tempi: il Sega Saturn. Molti dei titoli della sfortunata console 32-bit, che nel tardo 2000 è diventata una delle console più in voga fra i retrogamer, hanno visto diversi rilasci per Xbox Live Arcade o PSN (vedi Guardian Heroes, Radiant Silvergun e Fighting Vipers) ma questo particolare titolo è rimasto relegato al Saturn e forse lo sarà per sempre. Come mai non è possibile fruire di questo titolo in un media moderno?

La bestia in catene

Il Sega Saturn ebbe un discreto successo in occidente ma decisamente migliore in Giappone, tanto da vendere più del Nintendo 64 in quello specifico territorio; Panzer Dragoon, lo sparatutto su rotaie sullo stile di Star Fox, era uno dei titoli più in voga e uno di quelli in grado di vendere il sistema e Sega, ne prese atto. Nel 1995, poco dopo il rilascio del primo titolo, il Team Andromeda, che era dietro il suo sviluppo, su decisione del produttore Yoji Ishiji si divise in due: uno, meno numeroso, lavorò al sequel “puro”, ovvero Panzer Dragoon Zwei, l’altro, quasi il doppio, avrebbe dovuto usare l’immaginario dell’universo di Panzer Dragoon per farne un RPG. Si sapeva già che Squaresoft stava già lavorando su Final Fantasy VII e sapendo che il VI (Final Fantasy III negli Stati Uniti) era stato un successo strepitoso, non solo dovevano lanciare un competitore nel mercato ma anche fare di tutto per superarlo. Il gioco, anche se era già pronto nel 1997 e la sua uscita fu posticipata per non competere con Grandia (che fino al 1999 rimase un’esclusiva per la console Sega), fu rilasciato nel Gennaio 1998 in Giappone e Aprile e Giugno, rispettivamente, in Nord America e Europa; nonostante il Saturn fosse già semi-abbandonato in occidente non mancarono alcuni speciali in alcune riviste ma il suo rilascio, nonostante non fu totalmente sottotono, fu totalmente eclissato dai più accessibili titoli PlayStation. Il progetto era molto ambizioso e anche dalle sole immagini promozionali e di gameplay, dall’art-style e dal semplice fatto che il gioco fosse “diviso” in 4 compact disc – eh si… i tempi in cui le dimensioni contavano! – si capiva che non era un gioco come tutti gli altri. Panzer Dragoon Saga fu uno dei primi RPG della generazione 32/64-bit interamente in 3D e il “famoso 2D” del Saturn fu usato solo per rendere pochi effetti come i raggi laser del drago o i colpi di pistola del personaggio. Altri RPG, come Grandia o il concorrente Final Fantasy VII, ricorrevano alla grafica 3D prerenderizzata e il direttore del titolo, Yukio Futatsugi, disse persino che un gioco del genere era impossibile da produrre su PlayStation, specialmente per la sua particolare palette di colori (più cupa rispetto ai colori solari della concorrenza). Il Sega Saturn espresse il suo vero potenziale in termini di grafica, che sulla carta superava la console Sony in molti aspetti, ma i veri punti di forza di questo titolo erano indubbiamente la storia e il suo unico sistema di combattimento.
Panzer Dragoon Saga narra la storia di Edge, un mercenario assunto dall’Impero per proteggere una squadra di archeologi in cerca di reliquie di un’antica civiltà tecnologicamente avanzata; gli scavi portano alla luce una lastra in cui una strana ragazza, che poi scopriremo chiamarsi Azel, è “incastonata” al suo interno (un po’ come Han Solo nel blocco di carbonite), ma un misterioso commando criminale capitanato da un certo Lord Craymen stermina tutte le persone sul luogo e ruba la preziosa scoperta. Edge viene colpito da un colpo di pistola e cade in una profondissima gola ma, sorprendentemente, riesce a sopravvivere e lì, proprio quando viene circondato da dei misteriosi droni ancestrali si fa avanti un misterioso dragone alato che lo salva e lo riporta in superfice; i pensieri di Edge e del drago sono stranamente sincronizzati, riesce a controllarlo senza dovergli dire nulla ed è come se esistesse una precedente affinità con la creatura volante. Il nostro protagonista, in groppa allo strano dragone, va alla ricerca della ragazza sperando di vendicare, nel processo, i suoi amici ma l’impero conosce il valore di ciò che Craymen ha rubato e perciò è disposto a seminare il panico in tutti i suoi territori per impossessarsi della ragazza e raggiungere la misteriosa torre, di cui si parla tanto all’inizio della narrazione, prima della flotta ribelle.

Fatta un po’ di pratica con i comandi base, visto che nelle fasi di esplorazione in volo dovremmo tenere conto degli ambienti anche in altezza, ci verrà fatto un lungo tutorial sul sistema di combattimento. A primo acchito può sembrare troppo minuzioso ed eccessivo ma a ogni battaglia impareremo tranquillamente a sfruttarne ogni aspetto (senza contare che questo è rivisitabile in ogni momento). Nella schermata di combattimento, per ciò che riguarda l’attacco, dobbiamo aspettare che almeno una delle nostre tre barre, similarmente a Final Fantasy, si riempia e una volta piena possiamo far corrispondere un’azione: fra queste troviamo l’attacco laser del drago, che prende di mira più obiettivi ma non potentissimo, una raffica di proiettili della pistola di Edge, che ne prende di mira solo uno per un attacco più potente e concentrato, l’utilizzo di un oggetto dall’inventario, il cambio dell’arma impugnata e gli attacchi speciali detti “Berserk”, che consumano punti magia (in questo gioco propriamente chiamati Berserk points). A questi è collegata l’ultima e la più interessante azione, ovvero il cambio della classe del drago. Negli RPG classici si combatte spesso in team e ognuno dei suoi componenti ha delle qualità che compensano le mancanze di altri: il guerriero è forte ma non pratico con le magie, il mago può scagliare degli incantesimi ma cade giù come una pera cotta, il ladro è tattico ma manca di forza fisica, etc… In Panzer Dragoon Saga siamo soli con il nostro drago e perciò, qualora una barra sarà piena, possiamo cambiare le sue peculiarità: possiamo renderlo più forte in attacco diminuendo la potenza delle sue magie, possiamo puntare tutto sulla difesa sapendo che ciò farà riempire le barre più lentamente, puntare tutto sullo spirito (ovvero la magia) trascurando gli attacchi principali e colpire solo con gli attacchi berserk, etc… Il cambio della classe, a ogni modo, è totalmente modulare e perciò è possibile investire, ad esempio, quel che basta nell’attacco senza sacrificare troppo l’agilità e lo spirito. A seconda di come sistemeremo qualità del drago avremo dei diversi degli attacchi berserk (che piano piano il nostro drago imparerà salendo di livello): potremmo scagliare dei laser incontrollabili se dominerà l’attacco oppure semplicemente rinforzare la nostra corazza se decideremo di puntare di più sulla difesa. Insomma, le possibilità sono infinite a seconda del nostro stile di gioco.

Ma la vera peculiarità del sistema di combattimento di Panzer Dragoon Saga, che lo fa spiccare fra tutti gli RPG concorrenti, è il suo sistema di azione in tempo reale. Le battaglie si svolgono sempre in aria e perciò i nostri nemici sono sempre in movimento. in basso al centro della schermata d’azione, accanto alle tre barre, c’è una sorta di radar circolare che indicherà la nostra posizione rispetto al nemico che è rappresentato al centro; a sua volta, questo cerchio è diviso in 4 settori che si illumineranno di verde o rosso a seconda della “pericolosità della posizione” (esistono anche le zone di nessun colore che rappresentano il neutro): le prime sono zone sicure e stando lì, se il nemico attacca, si subiscono meno danni ma non è detto che siano anche le migliori per attaccare; ci sono volte in cui sono proprio i settori in rosso, i più rischiosi, dove potremo infliggere più danni al nemico perciò, quando si presentano situazioni di questo tipo, ci toccherà attaccare e subito spostarci in una zona più sicura per evitare i loro attacchi più potenti. Infine, così come i nostri obiettivi hanno le nostre stesse tre barre (anche se non sono visibili), i nemici possono decidere di spostarsi stravolgendo i settori perciò, parallelamente a costruire la nostra strategia durante la battaglia, dobbiamo sempre stare attenti a ciò che succede nel campo di battaglia e, pertanto, muoversi di conseguenza. Sono pochi gli RPG di stampo giapponese in grado di restituire un’azione così veloce, così vicina a un action e il sistema di combattimento di Panzer Dragoon Saga non è stato ancora emulato in nessun altro titolo. Le battaglie sono chiaramente l’attrattiva principale e, nonostante possa sembrare complicato, molti neofiti di questo genere videoludico possono trovare in questo titolo delle meccaniche accessibili, che prendono tanto dallo rail-shooter (genere, appunto, dei primi due titoli della saga) e dunque che possa essere una perfetta transizione da un gameplay frenetico, alla quale si potrebbe essere solitamente più abituati, a uno in cui bisogna pensare prima di agire, sempre, però, con una certa velocità. I veterani del genere troveranno in questo capitolo un diamante nascosto, un RPG da un art-style finissimo, una storia spettacolare che prende un po’, oseremo dire, da Star Wars, Blade Runner e Mad Max, una colonna sonora mastodontica che sposa in tutto e per tutto ciò che è questo gioco e un sistema di combattimento, che abbiamo elogiato abbastanza, semplicemente al di fuori di ogni normale schema e pertanto che merita assolutamente di essere riscoperto. Ovviamente non vogliamo anticiparvi alcun risvolto di trama ma vi assicuriamo che ogni battaglia, anche la più insignificante, sarà sempre emozionante ed è ciò che rende Panzer Dragoon Saga semplicemente un gioco fuori dal comune.

I tesori… costano!

Ma ora, purtroppo, dobbiamo toccare un lato incredibilmente spiacevole per coloro che si sono incuriositi leggendo queste righe e vogliono mettere le mani su questo spettacolare RPG, ovvero la reperibilità. Alle poche unità di Saturn in occidente sono corrisposte altrettante poche unità di questo spettacolare titolo: in Nord America sono state prodotte 20.000 copie che sono state liquidate in pochissimo tempo e perciò ne sono state prodotte poche altre migliaia ma, ovviamente, non si arriva di certo al milione; in Europa la situazione è ancora più tragica in quanto, in tutto il territorio PAL, sono state prodotte solamente 1000 copie, senza alcuna ristampa successiva. Panzer Dragoon Saga, sebbene accontentò i non pochi possessori di Saturn, non riuscì ad attirare nessun nuovo giocatore nonostante i punteggi positivissimi sulle riviste. Matt Underwood, che lavorò alla localizzazione di questo titolo, disse che i toni post-apocalittici del gioco e l’art-style particolarissimo allontanò persino coloro che avrebbero potuto prendere in considerazione l’acquisto della console; le visual del gioco erano ben distanti da ciò che andava di moda ai tempi (basta guardare lo stile anime dei personaggi di Final Fantasy VII) e perciò, secondo lui, Panzer Dragoon Saga rimase un gioco di nicchia per la nicchia, un gioco forse così “avant-garde” da non poter essere goduto dallo scenario del gaming di quei tempi. I prezzi per le copie PAL e NTSC-U sono ormai alle stelle, fra le 500 e le 600€, perciò chi ha intenzione di possedere questo gioco dovrà sborsare parecchio! Una soluzione per i collezionisti si potrebbe presentare con la copia giapponese, decisamente più accessibile in termini di denaro, ma potrete usarla solo in una console NTSC-J o in Saturn europei o americani muniti di Action Replay o di una qualche modifica; inoltre, essendo un RPG, sarà importantissimo seguire la storia e perciò, se non conoscete la lingua giapponese, dovrete probabilmente lasciar perdere anche questa copia.
E allora, visto che questo gioco è così popolare su internet e fan di ogni dove chiedono questo gioco a gran voce a Sega: perché questo titolo è ancora un esclusiva Saturn? Ricordate quando all’inizio dell’articolo quando abbiamo detto che certi giochi non possono essere ripubblicati per diversi motivi? Uno di questi è la perdita del codice sorgente e Panzer Dragoon Saga rientra proprio in questo caso; Yukio Futatsuji è a conoscenza della grosso “culto” formatosi nell’era post-Saturn ma a causa della perdita di quest’ultimo è impossibile fare un porting a meno che non si ricostruisca il gioco dalle fondamenta e, con buona probabilità, Sega difficilmente finanzierà un progetto di una saga, purtroppo, nota a pochi. Arrivati in questi casi, ed è veramente uno estremo, se non volete spendere oltre le 500€ per una copia usata (sempre che sia in condizioni buone) non ci resta altro che scaricare, ahimè, la ISO della versione europea, o americana, del titolo e giocarla su computer o masterizzarla e godersela più fedelmente in una console in grado di leggere i backup. I giochi per Saturn ormai non sono più in commercio da tantissimo tempo e dunque, anche se ciò che faremo non è proprio etico, non arrecheremo alcun danno economico a Sega. Fra le due alternative vi consigliamo la seconda perché l’emulazione del Saturn, nonostante siano passati diversi anni, è ancora imperfetta per via del complicato sistema degli 8 processori interni; soltato i computer più potenti sono in grado di emulare bene i giochi per questa console e perciò la migliore soluzione potrebbe presentarsi con un insolito acquisto dell’hardware originale. Sarebbe fantastico poter giocare a Panzer Dragoon Saga con la confezione e i dischi originali ma se i prezzi su eBay sono decisamente fuori dalla portata del giocatore medio e Sega non ha alcuna intenzione di fornire questo prodotto in maniera ufficiale per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch o Steam; a noi non rimangono altro che queste strade poco ortodosse. Purtrppo, forse, Panzer Dragoon Saga è e sarà per sempre un’esclusiva per Sega Saturn.




Bravo Team

La software house SuperMassive Games, già nota per titoli di spessore come Until Dawn per PS4, The Inpatient e Until Dawn: Rush of Blood per PSVR, abbandona la sua “safe zone” della ambientazioni horror, per lanciarsi in tra gli scenari degli scontri militari.
Bravo Team, è un gioco che come genere si piazza tra un FPS e un On-Rail Shooter, il tutto in rigorosa salsa Co-Op. Il titolo è completamente tradotto in italiano, ed è uscito il 6 Marzo 2018.

Scorta al Presidente

Bravo Team ci cala nelle vesti di un soldato americano demandato a fare da scorta alla Presidente di un non meglio precisato Stato dell’est Europa. L’incipit ci vede insieme ai nostri compagni d’arme su un SUV blindato per scortarla a destinazione, ma il viaggio viene interrotto da un gruppo di terroristi che rapiscono il nostro Capo di Stato.
Ripresasi dallo shock dell’attacco, la squadra abbandona il SUV per trovarsi sotto il fuoco incrociato delle milizie locali, che fino a poco prima erano ritenute nostre alleate. In breve i nostri compagni vengono decimati, e si rimane soltanto in due, guidati tramite contatto radio dal centro di controllo della missione.
La prima impressione è subito positiva e la storia si lascia scoprire piacevolmente, riservandoci qualche interessante sorpresa.

Sparatorie in Co-op

Bravo Team ci propone la sua versione di combattimenti urbani in co-op. Saremo assistiti da un compagno durante tutto il gioco, dovremo collaborare, alternandoci con le coperture e sferrando attacchi combinati. Potremo anche rigiocare le stesse missioni della campagna anche in modalità co-op online, avendo quindi come compagno un altro giocatore.
Il gioco dà il meglio di sé con l’AIM controller, ma può essere giocato sia tramite il classico gamepad della Playstation 4 che tramite i Playstation Move.
I movimenti nel gioco sono gestiti tramite salti da un riparo all’altro in posizioni prestabilite. Gli spostamenti vengono mostrati come un’animazione in terza persona, e un simile approccio risulta inizialmente abbastanza strano, ma in breve si comincia ad apprezzare la possibilità di ammirare le azioni di combattimento da una prospettiva diversa anche in VR.
Le armi che ci vengono messe a disposizione sono davvero poche e poco potenti, anche gli approvvigionamenti di munizioni sono scarsi, soprattutto nei livelli più difficili. Purtroppo la carenza di armi veramente potenti toglie non poco divertimento al titolo, che avrebbe tratto giovamento dall’aggiunta di qualche bomba a mano e qualche arma più incisiva, mentre un punto a favore è certamente l’aver previsto la possibilità che il fucile si inceppi, elemento che nelle azioni più concitate ci causerà non pochi grattacapi e che alza l’asticella della sfida.

La grafica non basta

La SuperMassive Games si supera sul piano tecnico sfornando un gioco graficamente tra i migliori titoli per PSVR finora sfornati, con texture eccellenti, ambientazioni immersive e ben dettagliate, un effetto nebbia davvero ben riuscito e un generale realismo abbastanza fedele. Le animazioni dei personaggi sono discrete, si registra qualche movimento legnoso di troppo, visibile.
Gli spostamenti da un riparo all’altro si eseguono puntando l’arma verso l’appostamento prescelto e premendo il tasto X. La visuale, a questo punto, si sposta in terza persona e vedremo così il nostro personaggio spostarsi da un riparo all’altro. Proprio grazie a questo approccio, la SuperMassive Games riesce a eliminare completamente qualsiasi possibile problema legato al “motion sickness“, problema che affligge finora la gran parte dei titoli in VR.
Il comparto audio è davvero buono, tutto doppiato in italiano in maniera eccellente, condito da effetti sonori abbastanza realistici si lascia apprezzare durante tutto il gioco.
Il sistema di mira con AIM Controller è molto preciso e immediato, soltanto l’assenza di un vero rinculo ci ricorda che non abbiamo una arma reale tra le mani.
Purtroppo il titolo pecca in termini di longevità. La campagna base single player dura al massimo 3 ore e la seconda modalità in single player ci riproporrà gli stessi scenari, cambiando solo l’assegnazione dei punteggi per i colpi messi a segno.
A peggiorare la situazione arriva la modalità co-op online che, rappresentando il cuore pulsante di Bravo Team, dovrebbe aggiungere ore di divertimento e novità da scoprire. Sfortunatamente la SuperMassive Games va un po’ al risparmio, non disegnando delle mappe specifiche per il co-op online, costringendoci a rigiocare insieme a un compagno reale le stesse identiche missioni già completate nella campagna single player.
La mancanza di divertimento aggiuntivo, nella modalità multiplayer, non deve aver generato molto richiamo, e non di rado bisognerà aspettare tra i 10 e i 20 minuti prima di trovare un compagno online, per poi abbandonare definitivamente questa modalità una volta conclusa la partita.

Bravo, ma non bravissimo

Bravo Team è assolutamente un titolo da provare per apprezzare il proprio AIM Controller in azione, ma la scarsa longevità e la carenza di armi lasciano un po’ l’amaro in bocca, rendendo evidente come un titolo che avrebbe potuto avere tutte le carte in regola per essere un capolavoro si sia perso nel classico bicchiere d’acqua.
Non tutto è perduto, però, il potenziale rimane ancora immutato, le basi ci sono tutte e un bel DLC che ci offra nuove e più potenti armi, qualche ambientazione aggiuntiva e una modalità online dedicata potrebbe risolvere molti problemi e rianimare un gioco nel quale il divertimento dura per un tempo troppo limitato.