A Plague Tale: Innocence – Piccola Peste

Asobo Studio sembra un nome uscito dal nulla, alle prese col suo primo titolo. A guardar bene è così, ma a guardare ancora meglio il team in questione vanta un’esperienza quasi ventennale, con collaborazioni in molti progetti di rango e un gioco del tutto proprietario come Fuel. Adesso il developer francese ha deciso di fare sul serio, e con A Plague Tale: Innocence ha fatto di tutto per dimostrarlo.

La selva oscura

Uno dei periodi più controversi della storia dell’uomo è paradossalmente uno dei meno raccontati nei videogame. Il 1300, il basso Medioevo del grande scisma d’Occidente, è un pessimo secolo sotto tanti punti di vista: leggera era glaciale, carestia, Inquisizione Cattolica, la Guerra dei Cent’anni e soprattutto la Peste Nera. Se pensate di vivere in una brutta epoca solo perché Instagram ha cancellato il vostro account, con A Plague Tale: Innocence avrete modo di rivedere le vostre convinzioni affrontando uno spaccato di un mondo terribile in cui qualunque cosa congiura per vedervi morto. Amicia e Hugo, i protagonisti francesi della nostra storia, non solo sono vittime di un mondo avverso ma anche la rappresentazione di un’umanità che cerca di sopravvivere “nonostante tutto”. Dopo la morte dei loro genitori, infatti, comincerà un viaggio che possa garantire la salvezza di entrambi, oltre che essere motivo di crescita. A Plague Tale possiede tra i suoi innumerevoli pregi quello di raccontare nella maniera più egregia due storie diverse in parallelo, con ottime cutscene che non segnano un distacco netto dalle fasi di gameplay: la quindicenne Amicia è alla ricerca della propria autoaffermazione in un mondo dominato dal caos, mentre il piccolo de Rune, cresciuto isolato dal mondo esterno, si trova improvvisamente in un limbo, tra un’infanzia bruscamente strappata via e una maturità che, per forza di cose, deve essere la più rapida possibile.  In ogni caso, sia per Amicia che per Hugo, la parola “Innocence” riassume in maniera molto diretta ciò che i protagonisti si apprestano a perdere.
Emozione, stupore e magniloquenza sono tre parole che riassumono la trama del titolo, capace di toccare le corde giuste del videogiocatore, immergendolo in un mondo distante nel tempo ma capace far apprezzare ogni piccola conquista del genere umano.

Amicia, f*ck Yeah

A plague Tale: Innocence è essenzialmente un gioco stealth con elementi puzzle-solving, con meccaniche classiche in cui è possibile accucciarsi e nascondersi tra la vegetazione per sfuggire dalla vista dei nemici. Tutte meccaniche già viste quindi, ma in grado di funzionare alla perfezione in un contesto inconsueto. Amicia è abile con la fionda, unica vera arma disponibile in grado di colpire mortalmente i nemici privi di elmo o di distrarli. Proprio la distrazione è una dinamica chiave, a volte da sfruttare in piccoli puzzle ambientali, cercando di creare un percorso sicuro tra le ronde nemiche, che vantano una basilare intelligenza artificiale.  Quello per cui il titolo verrà però ricordato è l’enorme e mortale orda di topi, simbolo di peste, in grado di divorarci in pochi secondi. Attraverso l’utilizzo dei bracieri e luci possiamo allontanare il vorace branco, che altrimenti ci ucciderebbe  all’istante. Per proteggerci dai malvagi ambienti francesi, si potrà ricorrere a un crafting molto esemplificato, ma adeguato al potenziamento del nostro equipaggiamento che include la creazione di sostanze alchemiche in grado di farci avanzare nei momenti più intricati. Non si avrà però mai reale filo da torcere nell’avanzamento del gioco: il titolo non ha l’intento di sfidare la pazienza e le meningi del giocatore, facendo della sua natura story-driven il suo punto di forza.
Il vero potenziale del lavoro Asobo lo si ha soprattutto nelle fasi avanzate, dove l’intero arsenale sarà a nostra disposizione: l’approccio ai “livelli” diventa così libero, con il giocatore intento a studiare una possibilità adeguata per superare l’ostacolo. In questo intervengono anche meccaniche co-op in game, con il nostro piccolo Hugo in grado di intrufolarsi in piccoli anfratti, aprendo passaggi per Amicia, oppure per risolvere poco intricati puzzle ambientali. In fondo A Plague Tale è un titolo semplice ma efficace, in grado di intrattenere per tutti i suoi 17 capitoli.

Olio su schermo

Un altro punto a favore della prima fatica di Asobo è il comparto tecnico, che sembra essersi ispirato ai dipinti del XVI e XVII secolo, mostrando scene, ambienti e paesaggi dai tratti morbidi e suggestivi. La Francia del 1300 è caratterizzata a dovere: un mondo freddo, pericoloso, in cui “giustizia” fa pericolosamente rima con “morte”. Si passa da zone in cui è possibile rilassare il ritmo ammirando un tramonto, ad ambienti terribili come campi di battaglia mostrati in tutta la loro crudezza e zone desolate in cui la morte ha già fatto il suo passaggio. Il tutto è rappresentato in maniera egregia, con texture definite e con una particolare attenzione agli abiti del tempo. Meno eclatanti le animazioni facciali, un po’ legnose ma che non rovinano per nulla l’esperienza sul piano emotivo
A dare un altro colpo al nostro cuore ci pensa la colonna sonora, composta da Olivier Deriviere che tra violini, violoncelli e contrabbasso riesce a risaltare ogni momento del gioco in modo superlativo, anche se purtroppo poco varia. Il doppiaggio – non disponibile in italiano – è estremamente curato in inglese, ma nella lingua originale, il francese, riesce a esprimersi al meglio, trasportando con maggior carica il giocatore nelle terribili vicende della Francia medievale.

In conclusione

Nonostante la facilità con cui si arriva ai titoli di coda, A Plague Tale: Innocence riesce nell’intento di raccontare una storia matura, capace di intrattenere e in qualche modo di far immergere il videogiocatore in una delle epoche più ostiche della storia umana. Il primo vero titolo di Asobo dunque, centra in pieno l’obiettivo, diventando un ottimo trampolino di lancio verso più grandi progetti futuri.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Sapphire Radeon RX 580 8GB NITRO+ Special Edition
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10




Flat Heroes

Essere degli eroi al giorno d’oggi è un carico difficile da reggere; richiede una grande forza di spirito e in un certo senso una visione parallela e controtendente al sentire comune. In un periodo dove la maggior parte delle produzioni videoludiche spingono verso la perfezione tecnica e quantità di calcolo sempre più massicce, i ragazzi di Parallel Circles abbracciano la poetica dell’eroe in maniera quanto meno sincera. Forse è da qui che nasce l’esigenza di concepire un gioco come Flat Heroes, abbandonando l’ossessione estetica pomposa senza rinunciare a uno stile asciutto e primordiale che, attraverso una strana alchimia, riaffiora ricordi appartenuti a un tempo passato, quando i sogni dei giocatori venivano cullati da macchine da gioco come l’Atari 2600.

Da grande voglio diventare un cerchio

Alla fine del 1884 un eccentrico scrittore di nome Edwin Abbott descrisse minuziosamente cosa significasse appartenere a un mondo bidimensionale, dove le leggi universali vengono dettate in base al campo cognitivo tipica della dimensione spaziale alla quale si appartiene. In altre parole lo scrittore dichiarava che «noi viviamo secondo quello che percepiamo»; quindi in un ipotetico mondo a due dimensioni dove ogni cosa è piatta (“flat”, nella lingua di Albione), noi saremo il frutto della nostra percezione bidimensionale con ovvie conseguenze sullo stile di vita. La novella in questione è Flatlandia e, come nell’indie dei Parallel Circles tutto è basato su intuizioni geometriche e cromatiche.

Flat Heroes è una bizzarra mescolanza tra puzzle game e platform nel vecchio stile del trial and error, dove sarete chiamati a controllare un piccolo quadrato con l’obiettivo di sopravvivere ai numerosi stage proposti dagli sviluppatori.

Io sono eroe

La modalità single player è suddivisa in campagna classica e modalità eroe, in entrambi i casi il nostro obiettivo è quello di resistere agli innumerevoli attacchi provenienti da altre forme geometriche. Avremo a disposizione la possibilità di poter scattare in qualsiasi direzione attraverso un piccolo dash e di attaccare o difenderci tramite uno scudo dalla durata di pochi attimi. Il nostro quadrato è libero di muoversi in tutte le direzioni, inoltre saremo in grado di scalare le pareti che racchiudono lo spazio di gioco nel tentativo di fuggire dai pericoli creati dagli sviluppatori: proiettili a ricerca automatica, bolle esplosive, raggi laser, frecce direzionali. Ogni nemico ha un suo pattern comportamentale e i Parallel Circles sono abili nel proporre al giocatore situazioni differenti tra uno stage e l’altro. Si gioca a tentativi e a ogni colpo ricevuto ricominceremo dall’inizio fin quando riusciremo a schivare ogni singolo pericolo. Ciascuna modalità è suddivisa in una decina di mondi che comprendono a sua volta 14 livelli base più uno scontro con il boss di turno.
La difficoltà progressiva è in qualche maniera stemperata dalla felice decisione degli sviluppatori di concedere la possibilità di poter passare di livello in qualsiasi momento, evitando l’anacronistica sensazione di frustrazione nel rimanere bloccati e non poter proseguire la partita; starà alla vostra etica da videogiocatore riprendere i livelli saltati e completare al 100%. Tutto dipende dalla vostra abilità con il pad, nel giusto tempismo e nella capacità di prevedere la prossima mossa del nemico. Molto spesso la tecnica di rimanere nascosto dietro una parete in attesa degli eventi si è rivelata inefficace e controproducente; al contrario buttarsi nella mischia e cogliere il momento opportuno per un attacco diretto riesce il più delle volte a risolvere una situazione drastica.

Non contenti dei già numerosi livelli della modalità principale, gli sviluppatori ne hanno inserito altri basati sulla sopravvivenza, dove verranno proposte sfide senza limite di tempo nello scopo di riuscire a stabilire punteggi record raccolti in una classifica online.

Noi siamo eroi

Il bello di essere eroi è anche quello di poter contare sull’aiuto di compagni valorosi, per questo gli sviluppatori non hanno tralasciato nulla al caso: il comparto multiplayer di Flat Heroes è ricco e probabilmente l’approccio migliore per affrontare la sfida lanciata dai Parallalel Circles. Oltre alla possibilità di affrontare la campagna principale con l’aiuto di un amico, il multiplayer si compone di 4 modalità differenti che spaziano dalla classica sopravvivenza, obiettivo, aree e fuggitivo.
Ognuna di esse con le proprie varianti; fino a un massimo di quattro giocatori su schermo contemporaneamente. Niente di rivoluzionario ma che aggiunge altra linfa a un già esaustivo comparto in giocatore singolo.

Poligoni con stile

Per quanto riguarda il comparto tecnico, un plauso va fatto al team di sviluppo che è riuscito a dare personalità e stile a semplici figure geometriche, attraverso una sapiente regia delle animazioni. Il tutto su schermo scorre in maniera fluida e piacevole senza alcun tipo di rallentamento, grazie anche allo stile adottato dagli sviluppatori: minimale e intuitivo, dotato di una simpatica personalità che lo svincola dal pericolo di cadere nell’anonimato. L’accompagnamento sonoro non è da meno con tracce elettroniche orecchiabili e perfettamente in linea con il resto della produzione.

Tirando le fila, si può tranquillamente constatare come Flat Heroes sia consigliabile a tutti quei giocatori che cercano una sfida impegnativa ma mai snervante, un gioco che non lascia nulla alla fortuna ma affida alle mani degli utenti il compito di diventare l’eroe della giornata, guidando verso la salvezza un piccolo quadrato in pericolo. Il prezzo abbordabile di 7,99 € sugli store rende l’occasione ancora più invitante e un giusto tributo al buon lavoro svolto dai Parallel Circles.




The Thin Silence

La depressione è una condizione con la quale è difficile coesistere, rende la vita un inferno e può allontanare dalle persone che si amano e che vorrebbero vederci felici. The Thin Silence è un gioco che vuole ricordare al giocatore che non siamo soli, anche quando potrebbe sembrarci così, che è possibile uscirne imparando a convivere con parti di sé senza condannarsi. Questo piccolo gioiellino dello studio australiano Two PM si pone come una sorta di aiuto per superare questa condizione più che come un divertissment; è anche diverso da titoli come The Town of Light che semplicemente introducono un tema da guardare con gli occhi di uno spettatore, nonostante la riuscita immersione. The Thin Silence ci spinge a guardarci dentro, ci insegna che non è mai tutto perduto e che si può sempre rimediare a una condizione di forte infelicità. Per la serietà dei temi proposti il gioco, sin dal title screen, ci invita a conoscere bene il nostro stato d’animo prima di avviare una run e avverte che, se si soffre di una condizione di depressione, è bene comunque vedere delle persone competenti; il titolo non è un miracoloso rimedio per la depressione, ma giusto un piccolo aiuto per superare mali più grandi, e per ricordare come questi temi non vadano sottovalutati.

Dire basta è possibile

La nostra storia comincia dai momenti più bui di Ezra Westmark, una persona che un tempo ricopriva una carica governativa e che si è in seguito isolato dal mondo. Grazie a un fascio di luce che entra nella caverna dove si trova, qualcosa si riaccende in lui, inducendolo a intraprendere un viaggio alla volta dell’accettazione dei tragici eventi accaduti a causa di alcune sue scelte. Non vedremo mai la storia da una prospettiva diretta, la trama si srotolerà a poco a poco tramite le pagine del libro del dottor Shavi Mantha che parleranno del degrado della società di cui Ezra ricopriva un ruolo importante, ma anche con articoli di giornali, foto e email che ci daranno un accenno della sua vita prima della chiusura eremitica. Un tale Keota ha portato grossi disordini nel mondo del nostro protagonista, il quale si sente responsabile della situazione che si è venuta a creare per via del suo ruolo nel Governo; per colpa di questo falso idolo, il mondo che Ezra sperava di migliorare è adesso avvolto nel caos e nella violenza. Chiaro è ovviamente l’intento degli sviluppatori nel portare alla luce una forte critica alla società odierna, capitanata da Governi onnipresenti intenti a dividere anziché unire e a spingere le persone a guardare al proprio orto favorendo la violenza che in certi Stati  dilaga per le strade per colpa di psicopatici estremisti.
In un mondo del genere, dobbiamo semplicemente rimboccarci le maniche e provare a fare il nostro meglio, sembra dirci il titolo; Ezra potrebbe anche essere solo e triste ma ha comunque una grande mente che lo porterà verso la strada giusta. Il gameplay che ci viene proposto è un’avventura grafica con una buona componente di puzzle solving, per certi versi molto simile a Limbo. Per interagire con il mondo circostante abbiamo a disposizione alcuni oggetti che troveremo in giro ma il raccoglierli non è tutto: una delle meccaniche principali di The Thin Silence è quella del crafting che consiste semplicemente nel combinare un oggetto con un altro (fino a un massimo di tre). L’intento di questa meccanica è chiaramente quello di far funzionare il cervello, cavarcela senza l’ausilio di nessuno e dunque provare e riprovare diverse combinazioni fino a quando da soli non riusciremo a forgiare l’oggetto che meglio potrà interagire con l’ambiente; La componente puzzle solving è ben pensata ma mai criptica e perciò offre un buon livello di sfida, che forse può meglio aiutare chi soffre appunto di una condizione di depressione esistente. Se ci troviamo in una situazione dalla quale non possiamo più uscire, come ad esempio un passaggio bloccato da un nostro errore, siamo fortunatamente muniti di un tasto reset e dunque ricominciare dall’ultimo checkpoint. Tuttavia il tutto è aggravato dai lentissimi, e in un certo senso patetici, movimenti di Ezra; il nostro personaggio si muoverà molto lentamente, il suo salto è davvero ridicolo e pertanto il dirigersi verso un luogo già raggiunto (come per esempio dopo l’aver resettato in un determinato punto di una schermata) risulterà tedioso e snervante. Ad ogni modo, per quanto strano possa sembrare, questa è una scelta davvero interessante in quanto il titolo vuole calare il giocatore in tutto e per tutto nella condizione del malato di depressione e pertanto tutto ciò che faremo sarà, in un certo senso, tirato e trascinato. Il mondo circostante, oltre a offrirci sezioni in cui dovremo interagire con i nostri oggetti, presenta altri elementi per il puzzle solving come l’attivazione di svariati meccanismi, l’apertura di porte tramite carte d’identità elettroniche e l’indovinare password nei terminali tramite una manciata di lettere e qualche indizio.

Un gioco per riflettere

The Thin Silence è un gioco in cui la componente artistica è degna di nota, con una pixel-art che ci mostra degli scenari veramente curati, dai bui sotterranei a dai bellissimi paesaggi naturalistici purtroppo rovinati dalla guerra. Il gioco ci vuole restituire un forte senso di isolamento ma anche di meditazione e ci riesce non solo con le sue immense ambientazioni ma anche tramite il character design proposto, ben diverso dall’art-style scelto per gli scenari; Ezra e gli NPC che vediamo, che si rifanno probabilmente a un periodo a cavallo fra Atari 2600 e i primi computer degli anni ’80, presentano pochissimi dettagli e le loro facce sono praticamente un quadratino bianco. La mancanza di dettagli facciali può anche, in un certo senso, accentuare quel senso di perdizione quando ci si trova in una condizione simile a quella del protagonista e perciò tutto ciò che ci circonda non prende più una forma e tutto ci sembra uguale e piatto; tuttavia la stessa grafica usata per i personaggi non aiuta comunque a seguire la già complessa trama, e perciò non solo è già difficile capire il filo logico della storia ma a volte anche distinguere i character.
L’incredibile colonna sonora è affidata alla band Light Frequency e il risultato è davvero strabiliante. Lo stile proposto si rifà a un’ambient molto tetra ma comunque con un certo bagliore luminoso, un po’ come una candela accesa nel buio; gli appassionati di questo genere troveranno in The Thin Silence una colonna sonora che richiama molto l’Aphex Twin del periodo ambient, fra  spettacolari paesaggi sonori con pad cupi, con aggiunte di sezioni di pianoforte e viola. Una colonna sonora veramente spettacolare.

Un grande messaggio

The Thin Silence non è il classico videogioco d’entertainment: nonostante sia un felice incrocio fra un’avventura grafica e un puzzle platform à la Limbo, non è certamente uno dei migliori prodotti del genere. Gli elementi che compongono il puzzle solving, ovvero il crafting e le interazioni con gli elementi che compongono la scena, sono buoni ma tutto sommato blandi e, in realtà, abbastanza semplici per gli utenti un po’ più scafati e non abbastanza intriganti per chi cerchi una buona sfida. Ovviamente è stata messa molta più anima nella trama e nel rendere gli stati d’animo che meglio descrivono questa terribile condizione e il gameplay, seppur valido, ne risente in parte.
Noi, peraltro, siamo incappati in un brutto bug che ha corrotto il nostro file di salvataggio e ci ha costretto all’avvio di una nuova partita. Dopo aver lasciato il gioco nel piano più interrato della base militare sotterranea e esserci tornati il giorno dopo, il nostro personaggio non si è più riposizionato nel punto di salvataggio ma si collocava in alto “continuando a cadere nel vuoto del bordo dello schermo” (credeteci, è molto difficile da spiegare); così, nel tentativo di rompere questo circolo vizioso (in quanto  si era creato un fastidioso loop in cui il character cadeva nel vuoto e si resettava presentando la stessa situazione), abbiamo praticamente rotto la sequenza degli eventi e siamo capitati in un punto in cui non avevano né gli oggetti necessari per proseguire né quelli per tornare indietro. Un vero e proprio disastro, nulla che però non si possa correggere però da una buona patch.
Se prendiamo questo titolo come un’esperienza il cui fine è trasmettere un messaggio possiamo dire che The Thin Silence centra in pieno il propri obiettivo di, come diceva lo scrittore cinese Lu Xun, «mostrare la malattia per poi curarla». Il gioco parla chiaro in tal senso, e i temi proposti, anche se chiaramente non risultano per tutti, sono trattati con la giusta serietà, sensibilità e anche valore artistico; vale a dire inoltre che parte dell’accessibile prezzo di 9,99€ su Steam va alla fondazione CheckPoint, un’associazione volta ad alleviare, e possibilmente curare, le malattie mentali tramite il gaming (dunque con giochi di questo tipo). Motivo in più per giocare a questo titolo ma, vista l’occasione, anche per ricordare l’importanza delle cure e del sostegno dei professionisti qualificati in simili casi: The Thin Silence, per quanto bello e alleviante possa essere, non risolverà mai totalmente i vostri problemi, come ogni videogame, ma è bello che oggi l’arte videoludica entri sempre di più in certi temi, rifuggendo alla sola funzione di intrattenimento, e facendosi sempre più portatrice di messaggi forti e gettando un fascio di luce sulle realtà più scomode.