Top 10 giochi NES sottovalutati

Il Nintendo Entertainment System è una console che di certo non ha bisogno di introduzioni: piena di classici che hanno dettato un’infinità di standard per le generazioni a venire. Basti pensare a Super Mario Bros. per i  platform, The Legend of Zelda e Metroid per i giochi d’avventura, Final Fantasy e Dragon Quest per gli RPG, Gradius per gli shoot ‘em up, e poi ancora Mega Man, Castlevania, Contra, Bionic Commando, la lista potrebbe non finire mai. Questi sono indubbiamente giochi che ogni appassionato conosce (o dovrebbe conoscere) ma come accade per ogni generazione ci sono molti altri titoli, davvero al pari dei classici, che semplicemente non spiccano perché possibilmente la data di uscita ha coinciso con qualche altro gioco più grande o, semplicemente, non ha ricevuto l’attenzione delle riviste e soprattutto dei fan. Oggi su Dusty Rooms faremo qualcosa di insolito, un tipo di articolo sicuramente inflazionato ma comunque intriso, soprattutto, della nostra personalissima esperienza come giocatori: una bella Top 10 dei giochi più sottovalutati della libreria del NES. Vi faremo una breve introduzione, vi diremo quali sono le feature più interessanti e anche qual è il miglior metodo per giocarci al giorno d’oggi. La lista includerà anche import di cui siamo certi esistano traduzioni sul web da poter patchare con le rom. Se ci dimentichiamo di qualche titolo fatecelo sapere – educatamente – nei commenti qua sotto.

10. Nightmare on Elm Street

Uno, due, tre, Freddy™ viene da te… Ebbene sì, con l’avvento di internet questo gioco è diventato molto impopolare, specialmente per l’associazione con LJN, il cui marchio, se appare nella title screen, è sinonimo di gioco programmato coi piedi. Tuttavia in molti su internet hanno dimostrato che i loro giochi non sono tutti da buttare e questo non solo è uno dei più interessanti ma e anche uno dei più avvincenti, sebbene non c’è un briciolo di violenza che ha resto la saga famosa sul grande schermo. Il gameplay ha uno strano meccanismo di “dream world/awake world” e una progressione poco dinamica, non intuibile a primo acchito, ma una volta fatto il callo con queste particolarità Nightmare on Elm Street presenta un gameplay abbastanza piacevole: ci sono dei degli stage in cui bisogna collezionare una serie di ossa appartenenti al defunto Freddy Krueger, nel dream world è possibile raccogliere delle carte che permettono al giocatore di diventare un atleta o un mago e i buoni controlli permettono una fruizione di tutto rispetto. Tuttavia, la più bella feature di questo gioco è sicuramente il multiplayer fino a quattro giocatori in contemporanea grazie al NES Four Score; un po’ come in Nightmare on Elm Street 3: Dream Warriors, tutti uniti per sconfiggere Freddy Krueger! Non credete alle baggianate del web, questo titolo merita molto di più.

9. Street Fighter 2010: The Final Fight

Il 2010 è passato e sicuramente non abbiamo visto l’invasione da parte di demoni scorpioni, alieni mutanti a forma di ombrello e occhi intrappolati in capsule di vetro un po’ dappertutto… Se qualcuno di voi sta ancora pensando che questo titolo non ha nulla a che fare con la celeberrima serie picchiaduro Capcom vi sbagliate di grosso; questo è l’ultimo titolo della saga prima che esplodesse con Street Fighter II! La storia vede Ken, in questo titolo uno strano tamarro spaziale, 25 anni dopo il primo torneo di Street Fighter; diventato uno scienziato, il noto combattente dal gi rosso crea il cyboplasma (sarà probabilmente come un ectoplasma con un po’ di “cybo” dentro) insieme al suo nuovo amico e assistente Troy. In seguito Troy viene ucciso e il cyboplasma, che una sostanza in grado di dare alle creature viventi una forza sovrannaturale, viene rubato; ci metteremo dunque sulle tracce dell’assassino del nostro assistente per vendicare la sua morte e recuperare i pezzi della nostra creazione per evitare che finiscano nelle mani sbagliate. Questo titolo è blasonato in primo luogo per i suoi controlli poco intuitivi e per il fatto che non ha nulla a che vedere con Street Fighter (né con Final Fight, visto che è citato nel titolo) ma per quanti difetti possa avere e difficile prendere familiarità coi controlli (vi consigliamo appunto di giocarlo con un controller con tasti turbo), Street Fighter 2010 offre un livello di sfida tosto al punto giusto e un gameplay di tutto rispetto. Le atmosfere sono veramente splendide – oseremo dire un mix fra Salvador Dalí e H.R. Giger – e può regalare delle sane ore di gameplay, specialmente se lo togliamo dal contesto Street Fighter. Indubbiamente da provare, anche se non faremo Shoryuken attraverso lo spazio e il tempo, non faremo la mezzaluna di Guile sulla luna e non romperemo asteroidi con le testate di Honda: al diavolo Street Fighter V, viva Street Fighter 2010!

8. Splatterhouse: Wanpaku Graffiti (Famicom)

La gente conosce la saga di Splatterhouse per la sua violenza e la sua vicinanza con la serie horror Venerdì 13 ma questo spin-off viene spesso trascurato in favore dei più grandi titoli principali. Wanpaku Graffiti (che in giapponese significa graffiti monelli) ha un approccio meno serio rispetto alla saga, infatti Rick, il famoso protagonista che sfoggia la maschera del terrore (che è una scopiazzatura della famosissima maschera da hockey di Jason), la fidanzata Jennifer, i mostri e i boss vengono presentati con uno stile chibi/super deformed, tutt’altro che horror. Il gameplay è molto simile a quello di Splatterhouse ma molto più semplificato e veloce, adatto a coloro che non vogliono una sfida troppo impegnativa, veramente una gemma che merita di essere riscoperta. Il gioco, nonostante sia uscito esclusivamente per Famicom, non presenta linee di dialogo in giapponese, né i prezzi su eBay non sono terribilmente proibitivi; ricordiamo inoltre che esistono anche delle reproduction cartridge che girano anche su i NES americani e europei.

7. Lagrange Point (Famicom)

Non è un RPG di Squaresoft, né di Enix e neppure di Sega, bensì un’avventura futuristica, ispirata primariamente alla saga di Phantasy Star, targata Konami. È un titolo molto raro e dispendioso ma è un titolo che merita di essere giocato e soprattutto ascoltato visto che è l’unica cartuccia del Famicom che monta l’impressionante chip sonoro VRC7, in grado di dare a questo gioco la sintesi FM, dandogli delle sonorità al pari del Sega Mega Drive. In quanto avventura RPG non porta grandi innovazioni, è un’avventura molto classica ma è spesso un titolo dimenticato nonostante le sue molte particolarità, soprattutto sul piano tecnico e sonoro (basta guardare la deforme cartuccia originale). Lagrange Point può sembrare un titolo proibitivo visto il prezzo, generalmente alto e il fatto che l’aspetto testuale del gioco, che in un RPG fa da padrone, è interamente in giapponese; per questi motivi è meglio trovare il gioco in rete e scaricare la patch da applicare alla rom. Non ve ne pentirete!

6. Journey to Silius

Questo titolo Sunsoft ha una storia molto affascinante: inizialmente questa compagnia era riuscita a ottenere i diritti per produrre un videogioco tratto dal film Terminator ma quando gli studio cominciarono a lavorare su Terminator 2 questi furono ritirati per far sì che un’altra compagnia potesse farne un gioco appena dopo l’uscita al cinema. Sunsoft decise tuttavia non staccare la spina all’intero progetto e così salvò il tutto producendo una nuova IP da zero. Nonostante la cancellazione del progetto originale è ancora possibile notare ciò che rimane del progetto originale: il primo livello ricorda esattamente il mondo post-apocalittico dalla quale il Terminator è venuto e il design delle armi, visibili nel menù di pausa, somigliano a quelle impugnate da “Schwartzy”. Licenza o no, questo gioco è una vera bomba: tanti livelli avvincenti, ottimi controlli, una moltitudine di armi per un gameplay molto vario e una colonna sonora spettacolare! Journey to Silius offre una sfida eccezionale, anche se non adatta proprio a tutti per via della sua spiccata difficoltà. Sfortunatamente recuperare questo titolo su NES è molto dispendioso, così come la collection su intitolata Memorial Series: Sunsoft Vol. 5 su PlayStation in cui è presente. Speriamo che appaia presto in streaming su Nintendo Switch, altrimenti… Sapete cosa fare!

5. Cobra Triangle

A che serve una storia quando hai un motoscafo che va a 90Mph, che monta mitragliatori, missili e può persino spiccare il volo grazie a una minuscola elica? Concepito col motore grafico di R.C. Pro-Am, Cobra Triangle è un gioco Rare che mischia principalmente corsa e combattimenti veicolari ma gli obiettivi cambiano in ogni stage: oltre al semplice “arriva al traguardo” avremo stage in cui dovremo disarmare delle mine, proteggere civili, saltare cascate in corsa col nostro motoscafo e persino affrontare delle creature marine giganti (entrambe cose che fanno pensare che all’interno di quel motoscafo ci sia Chuck Norris), il tutto accompagnato dalle magiche composizioni di David Wise, noto soprattutto per aver composto la colonna sonora di Donkey Kong Country. Ai tempi il gioco fu abbastanza popolare ma probabilmente, per via della sua elevata difficoltà (e anche per il fatto che R.C. Pro-Am era molto più accessibile), Cobra Triangle non diventò un titolo molto discusso. Anche se non ha mai avuto un vero cult following, vi è possibile giocarlo nella collection Rare Replay su Xbox One uscita nel 2015. Un gioco per i veri duri!

4. Ducktales 2 e Chip ‘n Dale 2

Entrambi sono i sequel, rispettivamente, di Ducktales e Chip ‘n Dale (in Italia Chip & Ciop: agenti speciali) e anche se rispettivamente ai loro primi capitoli sono un po’ inferiori ciò non toglie che rimangono giochi veramente eccezionali e sopra la media. Non ci sono grosse innovazioni sul piano tecnico ma il level design e il livello di sfida sono al pari dei vecchi giochi; al giorno d’oggi avremmo considerarli come DLC dei giochi precedenti. La critica, ai tempi, espresse ancora una volta dei pareri unanimemente positivi ma essendo usciti fra il 1993 e il 1994 purtroppo non attrassero l’attenzione dei giocatori che ormai erano passati definitivamente alle macchine 16bit; di conseguenza, essendo usciti così tardi, furono prodotte pochissime copie di entrambi i giochi e ciò si traduce, al giorno d’oggi, in prezzi obbrobriosi su eBay. Fortunatamente per noi, così come per Cobra Triangle, questi due giochi sono stati aggiunti in una collection recentissima, ovvero The Disney Afternoon Collection per PC, PlayStation 4 e Xbox One, che include, oltre a Ducktales 2 e Chip ‘n Dale 2, i rispettivi (e superiori) prequel, TaleSpin e…

3 Darkwing Duck

Recentemente riscoperto, questo titolo ha vissuto per anni nell’ombra generata da altri titoli simili, soprattutto Mega Man e i restanti giochi Disney prodotti da Capcom sul NES. Nonostante il termine di paragone, possiamo dire che ha comunque ben poco da spartire con i giochi appena citati e che Darkwing duck si pone come un gioco a sé. Come in Mega Man possiamo selezionare i primi sei stage iniziali, abbiamo un assortimento di armi “a consumo”, ma diversamente dal robottino blu Darkwing Duck può parare alcuni colpi nemici col suo mantello e può aggrapparsi ad alcune piattaforme da sotto (così come può smontare dalle stesse premendo salto e giù contemporaneamente) e ciò sarà una componente fondamentale negli stage del gioco; in aggiunta a un level design veramente eccellente, questo titolo riesce a consegnare delle sanissime ore di gaming grazie a semplicissime meccaniche, tanto classiche quanto avvincenti. Così come per Ducktales 2 e Chip ‘n Dale 2, Darkwing Duck è presente in The Disney Afternoon Collection, perciò potrete godervi questo titolo con pochissimo e in un media recente in definizione HD.

2. Getsu Fūma Den (Famicom)

Questo gioco fu la risposta di Konami a Genpei Toumaden, un gioco Namco ispirato alla storia del primo Shogunato del Giappone. Come la controparte, questo gioco estrae elementi di trama direttamente dall’era Sengoku, una particolare fase della storia Giapponese; al centro della trama c’è Getsu Fūma, il più giovane ninja del clan dei Fūma (ordine esistito realmente), che parte alla volta delle isole demoniache per vendicare i suoi tre fratelli caduti in battaglia, recuperare le loro spade (chiamate Hadouken) e sconfiggere Ryūkotsuki, il demone responsabile della morte dei suoi compagni. Come in Zelda II: the Adventure of Link, ci ritroveremo in una schermata di overworld molto simile e lì possiamo visitare le tende, in cui potremo trovare mercanti o oracoli che ci daranno dei consigli sul dove andare, o attraversare i torii, le famose strutture a forma di portale giapponesi; lì partirà l’azione vera e propria e dovremo pertanto affrontare un breve stage ma irto di nemici e ostacoli di vario tipo. Durante le fasi in 2D possiamo avere l’opportunità di usare qualche oggetto per sfollare le schermate più caotiche, raccogliere un po’ di oro lasciato da i nemici e accumulare punti attacco e difesa per far crescere dinamicamente il nostro personaggio, esattamente come in un gioco RPG. Gradualmente, torii dopo torii, arriveremo a uno dei nostri veri obiettivi, ovvero uno dei tre dungeon sparsi nell’isola: qui, dopo aver avuto modo di provare l’intensa azione 2D, avremo modo di vedere il gioco letteralmente da un’altra prospettiva, alle spalle di Getsu Fūma in un buio labirinto in 3D. Vale a ricordare che, di questi labirinti, non c’è una mappa in game ma, così come per molti altri titoli dell’epoca, è consigliabile munirsi di carta e penna e cominciare ad abbozzare una mappa da noi (orientandoci con la bussola da comprare in un negozio prima di entrare) – che dire? Giochi di altri tempi! –. Il gameplay si farà apparentemente più calmo, ma questa sarà solo una falsa impressione in quanto troveremo, in questa modalità, altri nuovi nemici da affrontare da questa prospettiva 3D, e stavolta ci toccherà usare un po’ più di ingegno. Purtroppo questo titolo, probabilmente per via del gap culturale, non superò mai le sponde del Giappone, nemmeno coi servizi Virtual Console di Wii, Wii U e 3DS per i quali uscì, e Getsu Fūma Den rimane a oggi un fenomeno esclusivamente giapponese, quando in realtà il gameplay soddisfa appieno anche i gusti occidentali. Fortunatamente per noi, la hack scene è venuta incontro ai giocatori di tutto il mondo e da tempo esiste dunque una rom tradotta che permette dunque a noi demoni occidentali di provare questo gioco veramente spettacolare. Da non perdere per nessun motivo!

1. Metal Storm

Questo titolo non è soltanto un gioco veramente divertente ma è anche uno dei giochi più fini della libreria del NES. A tratti, questo gioco Irem, famosi principalmente per R-Type, può ricordare Mega Man per la sua natura che mischia run ‘n gun, platform e avventura, ma Metal Storm si differenzia per due fattori principali: il primo è che il nostro mecha esplode con un solo colpo avversario e il secondo, ed è ciò che rende questo gioco veramente unico, è la gravità che cambia quando premeremo su/giu e salto. Insieme a delle animazioni fluidissime, splendide per una macchina 8 bit, una grafica molto dettagliata e una colonna sonora spettacolare, Metal Storm ha un gameplay difficile ma adatto a tutti, dai principianti ai più navigati (che potranno trovare del vero pane per i loro denti una volta terminata la prima run e avviato la seconda per esperti) e un level design curato in ogni dettaglio e che include anche dei livelli giroscopici. Questo è un titolo esemplare per la libreria del NES ma purtroppo è molto impopolare, persino fra i più affiatati collezionisti: Metal Storm uscì nel Febbraio 1991, lo stesso anno in cui uscirono i più famosi Battletoads, Tecmo Super Bowl, Double Dragon III, Bart vs the Space Mutant e persino il Super Nintendo, che sarebbe uscito ad Agosto. In tutto questo Irem non ha mai avuto realmente lo stesso peso di altre grandi compagnie come Capcom, Konami o Hal e perciò, nonostante questo titolo fu pubblicizzato in una copertina di Nintendo Power, questo titolo non ha mai raggiunto lo status di classico, forse neppure oggi. Recuperate questo titolo oggi e diamo a Metal Storm il riconoscimento che merita!




Star Fox Adventures: da Dinosaur Planet al prodotto finale

Sbaglio o ultimamente qui su Dusty Rooms, fra Thunder Force e Ikaruga, abbiamo un po’ la testa fra le nuvole? Che scendere dalle nostre navicelle da combattimento sia la cosa più saggia da fare? Oggi vi racconteremo dello sviluppo di un gioco molto controverso, sviluppato nell’arco di molti anni e arrivato al pubblico con sembianze totalmente diverse da quelle originali e che compromise il solidissimo rapporto fra Nintendo e Rare, facendo diventare quest’ultima compagnia un’esclusiva di Microsoft. Visto il suo 16esimo anniversario dell’uscita (che ricorreva due giorni fa), oggi parleremo di Star Fox Adventures, un gioco dai giudizi contrastanti e che ricordò al mondo che è meglio che Fox McCloud rimanga all’interno del suo Arwing – o magari che scenda solo per prendere a cazzotti i suoi colleghi Nintendo per il Super Smash Bros. corrente. Dunque, la risposta alla nostra precedente domanda è semplicemente: NO!

Uno standard troppo alto

Nel 1997 arriva Star Fox 64 (Lylat Wars in Europa), reboot del già ottimo Star Fox uscito nel 1993 su Super Nintendo, un gioco che riprendeva in parte molti assett di Star Fox 2, titolo essenzialmente pronto già allora ma che vide solo nel 2017 un rilascio ufficiale sullo Snes Classic Mini. Il gioco uscito in bundle col rumble pack, feature che diventò uno standard per la costruzione dei controller nell’industria videoludica, diventò incredibilmente popolare e, fino alla fine dei giorni del Nintendo 64, rimase uno dei titoli di bandiera della console; il gioco metteva i giocatori di fronte a degli stage su rotaie o in all range spettacolari, boss battle infuocate, tragitti ramificati, finali alternativi, sonoro di ottima fattura che includeva peraltro delle linee di dialogo di altissima qualità (come non dimenticare poi la famosa oneliner: «do a barrel roll!»), obiettivi secondari all’interno degli stage stessi, una modalità multiplayer locale consistente in una battaglia all range fra quattro Arwing, l’introduzione della squadra Star Wolf, rivali della Star Fox, il Landmaster, altri personaggi ricorrenti e molto altro. Insomma, Star Fox 64 è un gioco così bello che a tutt’oggi risulta ancora molto attuale e giocabilissimo; ne sono testimoni le re-release su Wii e Wii-U e l’acclamato remake per Nintendo 3DS. Tuttavia, un po’ com’è successo con Metroid dopo la sua entrata per Super Nintendo, un tale successo significa talvolta mettere il franchise da parte e riproporre più in là la stessa IP con un concept ancora più ampio, migliore e innovativo; le idee per un nuovo Star Fox furono messe da parte, almeno per la generazione del Nintendo 64, in attesa di nuove idee per un gioco su una più potente console di nuova generazione.

L’epoca d’oro di Rare

Nel frattempo Nintendo 64 era letteralmente il parco giochi della Rare, una piattaforma in cui potevano sperimentare per poi lanciare titoli di altissimo livello. Donkey Kong Country siglò l’inizio della lunga partnership con Nintendo, che acquistò inizialmente il 25% dello studio per poi salire gradualmente al 49%; dal 1994 in poi cominciarono a rilasciare i loro migliori giochi esclusivamente per le console della casa di Kyoto: Donkey Kong Country 2 e 3, Killer Instinct e Killer Instinct Gold, Blast Corps, Goldeneye 007, Diddy Kong Racing, Banjo Kazooie e Banjo Tooie, Perfect Dark, Conker’s Bad Fur day, tutti titoli eccellenti che riscossero pareri più che positivi tra fan e critica e che rispondevano, a spada tratta, alla concorrenza spietata di Sony PlayStation. Dopo lo sviluppo di Diddy Kong Racing, Rare si mise all’opera su un progetto molto ambizioso intitolato Dinosaur Planet, un gioco open world ispirato a The Legend of Zelda: Ocarina of Time che avrebbe utilizzato l’esclusivo expansion pack del Nintendo 64, in modo da aumentare la potenza RAM fino a 4 MB e permettere dunque delle cutscene doppiate con la grafica in-game, e ospitato in una colossale cartuccia da 512 MB, la più grande che il sistema avrebbe mai visto fino a quel momento. Rare sperava di rilasciarlo come ultimo titolo per Nintendo 64, l’ideale per chiudere una generazione di giochi stellare, ma, verso la fine dello sviluppo, Shigeru Miyamoto fece visita agli studios di Londra e, rimanendo molto colpito da Dinosaur Planet, consigliò agli sviluppatori di portare tutto sul prossimo Nintendo Gamecube; vista la spiccata somiglianza del personaggio principale, Sabre, con Fox McCloud, suggerì di fare del nuovo titolo la nuova entrata per l’universo di Star Fox. I fan della saga, del resto, avevano espresso in passato più volte il desiderio di vedere Fox fuori dall’Arwing e interagire a piedi in nuove missioni diverse dalle classiche lotte veicolari (non dimentichiamo, in aggiunta a tutto questo, l’apparizione di Fox in Super Smash Bros. per Nintendo 64 dove diventò, fra i giocatori, un fan favourite). Rare non accolse positivamente la richiesta di Nintendo, poiché avrebbero dovuto riadattare la storia con l’universo Lylat, ma alla fine lo studio riconobbe il potenziale della saga e perciò, tentando di salvare più elementi possibili aggiungendone al contempo di nuovi, il progetto diventò Star Fox Adventures: Dinosaur Planet.

E venne il giorno…

Il gioco fu rintitolato Star Fox Adventures e uscì il 23 Settembre del 2002 per Nintendo Gamecube. La critica accolse il gioco molto positivamente (su IGN si beccò un bel 9.0) ma i fan, in attesa di trovare il successore di Star Fox 64, ben presto si ritrovarono con l’amaro in bocca: Rare era molto fiera del progetto Dinosaur Planet, e si capiva benissimo che Fox e compagni erano un po’ fuori posto nella visione totale. Il gioco si apriva con Krystal, un nuovo personaggio dalle sembianze di volpe (la declinazione femminile di Fox, insomma), che si imbatteva nella nave volante del generale Scales (altro personaggio che, come Krystal, fu recuperato dal progetto iniziale) mentre si dirigeva al Palazzo dei Krazoa per ottenere delle risposte sulla distruzione del suo pianeta e l’uccisione dei suoi genitori. Dopo un livello tutorial tediosissimo, con puzzle in grado di mettere in difficoltà neanche un bambino di quattro anni, appare finalmente lo squadrone Star Fox e comincia un bellissimo shooter su rotaie in gloriosi 128 bit, molto breve e blando… e senza un boss finale. Fu da subito chiaro come fosse un gioco ben diverso da quello giocato in precedenza per Nintendo 64, e così i giocatori, una volta arrivati su Dinosaur Planet (indovinate che sembianze avevano gli abitanti) e raccolta l’asta di Krystal, l’arma che ci accompagnerà per tutto il gioco, non potevano fare altro che trarre il meglio di questa nuova avventura. I controlli e il design generale si rifacevano quasi interamente a The Legend of Zelda: Ocarina of Time e il tutto era stato congegnato, onestamente, con eleganza e sarebbe dunque ingiusto dire che Star Fox Adventures non ha qualità: la grafica è stata una delle più belle di quella generazione, lo si può notare dalla coda di Fox, dalle scaglie dei dinosauri, dai dettagli nelle rocce ma soprattutto delle bellissime e immense ambientazioni di Dinosaur Planet; la colonna sonora, anche se ben lontana dai temi marziali del precedente Star Fox 64, era molto curata ed eseguita magistralmente con orchestre e cori. Tuttavia, lo stravolgimento della formula generale, per quanto bello potesse essere esplorare questo nuovo mondo, non ha permesso al titolo di brillare e in molti, oggi, non riescono a guardare oltre i tanti difetti. In Star Fox Adventures ci sono tanti elementi eccentrici e fuori posto, come gli scarafaggi che rappresentano la valuta del gioco, e che scappano quando vengono fuori da una roccia; ma ci sono anche le noiose sezioni veicolari, persino quelle sull’Arwing, e le battaglie contro nemici poco interessanti, sempre sgherri del generale Scales tutti uguali e sempre uno alla volta. Ad aggravare la situazione, ci sarà Tricky, il baby triceratopo figlio del re di Dinosaur Planet, la croce che dovremo portarci per tutto il gioco; è, sì, in grado di scavare dei tunnel e dissotterrare alcuni oggetti, ma dobbiamo nutrirlo con dei funghi speciali e quando si annoia, e potrebbe succedere in ogni momento, dobbiamo farlo giocare con una stupida palla, persino se ci ritroviamo sul bordo di un vulcano! Ma il fattore più grave è che il bastardello parla ed è doppiato in una maniera incredibilmente irritante… e non si ferma mai! In definitiva, Star Fox Adventures, anche con i suoi difetti, si lascia giocare ma il problema sta proprio lì, perché il gameplay è semplicemente “ok”, si riduce all’ordinario, e non va bene per un saga il cui capitolo precedente ha stravolto il concetto di gameplay nel mondo videoludico. Il gioco uscì, fu recensito (anche troppo bene) e fu dimenticato per sempre; mai più questo titolo ha visto una re-release: se volete provarlo, vi tocca rispolverare il Gamecube e trovarlo su eBay, dove fortunatamente si trova a dei prezzi onesti.

(Un gameplay dell’utente StrikerTC1)

Goodbye, my friend

Star Fox Adventures fu l’ultimo gioco sviluppato da Rare per una console fissa Nintendo (perché l’accordo con Microsoft non contemplava le console portatili) e l’unico della compagnia a essere apparso per GameCube. Di lì a poco (esattamente il 24 settembre, il giorno dopo il rilascio di Star Fox Adventures in Nord America) Rare venne acquistata da Microsoft e con l’accordo passarono tutte le loro proprietà intellettuali, come Banjo & Kazooie, Conker e Killer Instinct. I fratelli Stamper, fondatori della Rare, erano disposti a vendere l’intera compagnia a Nintendo, e non capirono mai perché non la comprarono per intero, così disse almeno Chris in un intervista al Develop Awards 2015. Il loro acquisto al 49% non permetteva a Rare di avere buoni capitali per lo sviluppo dei loro giochi, e controversie come quella per Dinosaur Planet non fecero altro che girare il coltello nella piaga. Inoltre, a pagare per le decisioni di Nintendo non fu solo Rare ma anche la stessa saga di Star Fox, che da Star Fox Adventures in poi cominciò un filone di giochi iper-sperimentali che di certo non favorirono la volpe spaziale più famosa del gaming. Dopo questo dimenticabile titolo ci fu Star Fox Assault, sviluppato da Namco, che tentò di unire le missioni a piedi con le missioni in volo con un risultato discutibile; poi arrivò Star Fox Command, sviluppato da Q-Games, un passo nella giusta direzione anche se il mix di fasi d’azione e fasi di gioco di strategia non risultò essere la miglior soluzione per questo franchise. Nel 2016 abbiamo visto un discreto Star Fox Zero di Platinum Games, un gioco che finalmente tentava di emulare l’acclamato Star Fox 64 ma non riuscì a comunicare bene con i suoi fan per via dei difficili controlli designati per questa avventura. Fortunatamente Fox, insieme a Falco, non ha mai mancato un appuntamento per Super Smash Bros. e, in un modo o nell’altro, Star Fox è sempre fra i franchise di punta di Nintendo; proprio qualche mese fa, alla conferenza E3 di Ubisoft, è stato annunciato che la squadra Star Fox sarà parte della versione di Starlink: Battle for Atlas per Nintendo Switch. Dunque chissà, vedremo presto la Great Fox volare di nuovo nel sistema Lylat?

(Immaginate un’intera sessione di gioco con lui!)



Ninja Theory e il “pericolo” Microsoft

Come abbiamo appreso durante l’ultima conferenza E3 di casa Microsoft, l’azienda americana ha voluto ampliare la propria potenza di fuoco, acquisendo e mettendo sotto la propria egida diverse software house che non avevano ancora grossi finanziatori alle spalle. Inutile dire che il più rilevante, il nome più chiacchierato, sia Ninja Theory, che recentemente è riuscita a raccogliere enormi apprezzamenti grazie al suo ultimo capolavoro Hellblade: Senua’s Sacrifice, un gioco sconvolgente, vincitore di diversi premi e straordinariamente sviluppato da poco più di 20 persone. Ninja Theory è dell’idea che giochi come questo sarebbero classificabili come “indie AAA” – o tripla A in gergo – Hellblade: SS è la prova che non è sempre necessaria una grossa casa alle spalle e che questa sia la direzione giusta per essere competitivi.

Non è difficile capire perché Ninja Theory sia stata abbracciata da Microsoft: per far fronte alla enorme quantità di titoli first party della controparte Sony, il colosso americano doveva necessariamente allargare i propri orizzonti, e quale miglior modo se non quello di acquistare una delle software house più promettenti del momento? Il developer inglese è stato scelto in base a diversi parametri, quali l’ottimo settore narrativo, lo sviluppatissimo sistema mocap (motion capture) e un lavoro globale di grande qualità, fra un ottimo team interno e collaboratori come Andy Serkis e Alex Garland che hanno impreziosito il piano narrativo dei lavori di Ninja Theory, titoli che hanno lasciato il segno nella old generation come Heavenly Sword, Enslave: Odyssey to the West, DmC: Devil May Cry.

Anche dopo l’acquisizione, la software house ha manifestato l’intenzione di difendere strenuamente il proprio team, e in un’intervista rilasciata a Kotaku, il creative director Tameem Antoniades non risparmia una dichiarazione d’intenti sul futuro:

«Vogliamo essere liberi dalla trappola dei tripla A, vogliamo sviluppare titoli che siano incentrati sull’esperienza di gioco e non sulla monetizzazione. Vogliamo correre dei grandi “rischi creativi” per sviluppare giochi che possano definire un nuovo genere. Il nostro intento è quello di fare dei nostri giochi a modo nostro, non vogliamo che qualcuno ci dica cosa o come dobbiamo fare. Soprattutto  vogliamo continuare a fare quello che vogliamo, è un modo di proteggere il nostro team, la nostra cultura e la nostra identità perché, finora, tutto ciò ha costituito l’essenza di Ninja Theory. In parole povere, stiamo chiedendo la completa indipendenza creativa.»

A questo punto il direttore commerciale, Dominic Matthews, aggiunge:

«La risposta di Microsoft è stata, a tal proposito, che possiamo fare quello che vogliamo, ma che se lo desideriamo potremo appoggiarci al loro reparto commerciale o avere un team di supporto, o ancora utilizzare il reparto di R&D Technology e avere un completo supporto per fare più di quello che vogliamo e come noi lo vogliamo.»

Proprio per questo motivo, in ragione della promessa di Microsoft di garantir loro la libertà creativa combinata a una maggiore stabilità economica, il team di Antoniades è stato ben felice di entrare a far parte del gigante di Redmond.
A questo punto la domanda è se Microsoft, investendo denaro sulla software house britannica, lascerà davvero a Ninja Theory tutta la libertà promessa, o se le esigenze di mercato costringeranno a paletti e limitazioni.

A diverse promettenti software house non è andata benissimo una volta entrate nell’organico di Microsoft. Neanche a dirlo, Rare era una pietra preziosa tra le case di sviluppo britanniche, ma dopo l’acquisizione da parte della casa di Redmond non sono andate per il meglio, fino a essere relegata per anni nello sviluppo di avatar e di giochi per Kinect, tornando solo di recente con Sea of Thieves. Di certo in molti ricorderanno un’altra perla britannica, quella Lionhead Studios che diede alla luce a uno dei migliori RPG di sempre, Fable. Quando nel 2006 lo studio venne acquisito da Microsoft, per i successivi 10 anni fu impegnato nello sviluppo dei sequel di Fable, fino a che non gli venne imposto di lavorare anche a un ulteriore gioco per Kinect, Fable Legends. A quanto pare Microsoft pretese che lo studio lavorasse al progetto nonostante questi obiettassero di non avere alcuna esperienza su questo tipo di sviluppo, seguendo la tendenza del fornire necessariamente i “giochi come servizio”. Ne scaturì che, dopo anni di sviluppo, ovviamente problematici, nel 2016 Microsoft decise di chiudere lo studio e annullare di conseguenza anche il progetto Fable Legends.

Questo trend è stato la principale causa della chiusura di Lionhead, una delle software house più promettenti della storia videoludica. Alla luce dei fatti odierni e di come Kinect si sia man mano defilato dalla scena, possiamo dire che sia stata una delle sviste più grandi di sempre. È giusto notificare che le nuove console della casa, Xbox One S e Xbox One X, hanno “sacrificato” la porta per la periferica Kinect, per una questione stilistica di spazi ridotti, costringendo i già pochi possessori dell’accessorio, a dover spendere altro denaro per l’acquisto di un adattatore esterno. Al momento i giochi new-generation compatibili con la periferica si contano sulle dita di una mano.

Probabilmente è proprio alla luce di questi avvenimenti che i fan di Ninja Theory si sono tanto preoccupati per la loro scelta. Ovviamente speriamo davvero che Microsoft manterrà le sue promesse e che valorizzi i creatori di Hellblade, ma c’è da chiedersi per quanto tempo. Cosa succederebbe se il prossimo titolo della casa non riuscisse a vendere quanto sperato? Microsoft lascerebbe comunque lo spazio creativo promesso, oppure intercederebbe prendendo le redini dello sviluppo futuro?

Ninja Theory adesso ha accesso a una fonte ingentissima di investimenti ma , come scrive Orson Welles, «l’assenza di limitazioni è nemica dell’arte». E a ben vedere, parole simili le usò anche Antoniades per Hellblade:

«Io credo sia stata la forte mancanza di fondi e forza lavoro a rendere questo gioco innovativo, questo, ha reso anche il team innovativo.»

C’è da sperare che l’abbondanza non sia quindi controproducente per i ragazzi di Ninja Theory e che possa essere solo un apporto positivo per i loro progetti futuri, augurando loro di sfatare anche quella che in parte sembra essere una maledizione di Microsoft di cui sono state vittima promettenti software house.




Un nuovo Banjo Kazooie potrebbe arrivare su Nintendo Switch

Il genere platform è stato da sempre uno di quelli che si è meglio adattato al 3D; c’è stato un periodo, esattamente nel passaggio dalla generazione 16-bit alla 32/64-bit, in cui tutti giochi sarebbero dovuti diventare tridimensionali, indipendente dal loro genere, ma questa decisione non giovò per molti titoli (basti pensare a Castlevania su N64, Contra: Legacy of War su Sony Playstation e Sega Saturn o l’orrendo Bubsy 3D). Super Mario 64 dimostrò al mondo come il platform poteva funzionare, ma soprattutto evolversi, nelle console di nuova generazione; in uno scenario in cui in molti tentavano di dare la miglior definizione di platform 3D, come la Sony Computer Entertainment con Spyro the Dragon, uscì un platform che riscrisse le regole di un genere quasi ancora agli albori: stiamo parlando di Banjo-Kazooie, titolo di Rare uscito esclusivamente su Nintendo 64 nel 1998. Lo studio inglese non solo andava d’accordo con Nintendo ma lo era ancora di più con l’innovazione: già ai tempi dello SNES tirarono fuori Donkey Kong Country, titolo che utilizzava l’allora innovativa grafica 3D pre-renderizzata, e su Nintendo 64, Rare finì per gettare le basi per gli FPS moderni con Goldeneye 007.
Banjo-Kazooie prese i concetti di Super Mario 64, gioco già innovativo di suo, e li espanse: il titolo, che vedeva un orso campagnolo e un picchio rosso chiacchierone (o meglio, chiacchierona… sì, Kazooie è femmina) al salvataggio della sorella del primo, presentava un overworld e livelli più espansi, una storyline e dei personaggi più definiti, mosse e meccaniche sempre nuove ma soprattutto tantissimi oggetti da collezionare (tanto che fu coniato il termine  “Collectathon” per descrivere giochi simili a questo). Rare utilizzò più in là lo stesso motore grafico per produrre Donkey Kong 64, Conker’s Bad Fur Day ma soprattutto l’ancora più espanso sequel Banjo-Tooie, rilasciato verso la fine del ciclo vitale del Nintendo 64.

Il passaggio a Microsoft

Le relazioni fra Nintendo e lo studio inglese sembravano solide, ma nel 2002 Rare terminò i rapporti con la compagnia di Kyoto e diventò sviluppatore esclusivo Microsoft; alcuni diedero la colpa alla vicenda relativa a Dinosaur Planet, che nelle ultime fasi dello sviluppo diventò Star Fox Advetures per volere di Nintendo (sconvolgendo anni di sviluppo con risultati non esaltanti), ma Tim Stamper, co-fondatore della compagnia insieme al fratello Chris, in un intervista al Develop Awards 2015 dichiarò di «non avere idea del perché Nintendo non comprò mai gli interi asset da Rare». Molti fan concordano nel dire che l’acquisto da parte di Microsoft non fu la cosa migliore per Rare e ciò è dimostrato dai titoli poco convincenti usciti nel tempo per Xbox e Xbox 360, come Grabbed by the Ghoulies e Kameo: Elements of Power; tuttavia il mondo tremò quando su internet apparve il trailer di un nuovo gioco della saga di Banjo-Kazooie.
Questo nuovo titolo sembrava essere un platformer come i due giochi precedenti ma quello che ne venne fuori, più in là, fu Banjo-Kazooie: Nuts & Bolts, un titolo che aggiunse meccaniche superflue e che stravolse (in negativo) la formula classica. Sebbene i fan distrussero quel gioco (gli stessi che gli fecero ottenere l’etichetta “Platinum Hits”, il che significa che il gioco vendette almeno 400.000 copie nei primi nove mesi dall’uscita) Microsoft ha dimostrato di aver creduto nel progetto, sia prima che dopo il rilascio di questo gioco; Banjo e Kazooie apparvero successivamente in Sega All-Star Racing come DLC esclusivo per Xbox 360 e Nuts & Bolts è apparso di recente all’interno della collezione Rare Replay insieme ai primi due titoli per Nintendo 64, ricordando ai fan che questo discusso titolo non è semplicemente una parentesi (e anche che non è così brutto come lo si dipinge). Con queste recenti uscite Microsoft ha forse dichiarato di non aver intenzione di terminare la saga e che conosce il valore di Banjo-Kazooie nella storia dei videogiochi; sicuramente aspettano il momento ideale per lanciare un nuovo titolo della saga, che è in stallo dal 2008, e forse adesso è arrivato il momento di tornare a sperare.

Una nuova speranza

Oggi il landscape videoludico è ben diverso da quell’ormai lontano 2008: Microsoft non è più in testa nella console war ma accedere al catalogo della Xbox One è molto semplice per via del fatto che il suo catalogo è in condivisione con gli utenti PC. Phil Spencer, leader del brand Xbox, ha già dichiarato di essere propenso nel portare alcuni dei loro titoli di punta sulle altre console; ancora più interessante fu la sua risposta positiva a un utente che, su Twitter, gli chiedeva se gli fosse piaciuto vedere Banjo e Kazooie nell’appena annunciato Super Smash Bros per Nintendo Switch.

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Contemporaneamente, Craig Duncan, CEO di Rare, ha anche dichiarato di essere disposto a concedere le loro IP per lo sviluppo a terze parti quindi, in realtà, l’idea di vedere questa strana coppia nel fantastico picchiaduro crossover non è necessariamente campata in aria. Se è per questo Rare, ai tempi dell’acquisto da parte di Microsoft, rimase in buoni rapporti con Nintendo poiché l’esclusività, in realtà, si limitava alle sole console casalinghe: lo studio inglese ha infatti sviluppato diversi titoli per Gameboy Advance, come Sabre Wulf, i porting di Donkey Kong Country e addirittura Banjo-Kazooie: Grunty’s Revenge e Banjo Pilot, ben due titoli relativi al franchise.
Tuttavia, molti dei developer chiave che lavorarono per i titoli del Nintendo 64 non sono più in Rare e hanno fondato Playtonic Games, lo studio che di recente ci ha portato Yooka-Laylee, titolo posto come il sequel spirituale di Banjo-Kazooie; il progetto fu un successo istantaneo su Kickstarter ma alla consegna del gioco i fan trovarono sì un buon gioco ma non all’altezza dei titoli di cui si poneva come sequel spirituale. Adesso, con Microsoft disposta a portare alcuni dei suoi più grandi titoli al di fuori del suo “campo”, Rare disposta a cedere le sue IP per lo sviluppo e anche Playtonic coinvolta con tutte le compagnie in questione (in quanto lo studio, come già ribadito, è formato da ex dipendenti Rare e Yooka-Laylee è presente sia su Xbox One che su Nintendo Switch) le possibilità di rivedere un nuovo titolo di Banjo-Kazooie in una console Nintendo, dove nacque il fenomeno Rare, esistono; Playtonic potrebbe tranquillamente essere tirata in ballo per lo sviluppo di una IP di cui ne conoscono le meccaniche e la filosofia generale e, una volta completato il processo di produzione, potrebbe apparire sia su Xbox One che su Nintendo Switch, console la cui utenza potrebbe meglio valorizzare un titolo come Banjo-Kazooie. Se Mega Man 11, dopo l’esperienza di Mighty No. 9, sta per rilanciare una saga in stallo da anni lo stesso potrebbe accadere per il noto platformer della Rare e, visto che le possibilità ci sono tutte, a noi non resta che incrociare le dita e sperare di ricevere un nuovo titolo di Banjo-Kazooie per Switch in futuro, o magari di vedere i due bizzarri personaggi nel picchiaduro crossover che uscirà in questo 2018!




Annunciata la data di uscita Sea of Thieves per Xbox e PC

Il tanto atteso titolo piratesco sviluppato da Rare per Xbox e PC, Sea of Thieves, ha ricevuto una sua data di uscita, ovvero, 20 marzo 2018.
Il gioco avrà anche un controller personalizzato di colore viola con dei “cirripedi” incisi mediante il laser. Controller molto simile a quello presente nel Nintendo 64 Atomic Purple rilasciata verso il ciclo di vita finale della console.
Quel che fa ben sperare è sicuramente il fatto che il titolo abbia avuto molti test alpha. Sea of  Thieves è infatti il gioco più ambizioso di Rare e le aspettative sono alte, specie in questo momento in cui è davvero importante che Microsoft accompagni alla nuova Xbox One X un gioco di successo.




Killer Instinct su Steam supporterà il crossplay tra Xbox e Windows 10

Sempre più giochi stanno supportando il crossplay tra Xbox One e Windows 10, come parte del grande progetto Microsoft “insieme è meglio”. Ma il nuovissimo Killer Insinct, sta aprendo le porte anche a Steam, permettendo in questo modo di giocare tra le 3 diverse piattaforme.
Precedentemente Killer Insinct non era stato rilasciato per Steam, con l’ultimo aggiornamento del titolo invece, sarà possibile agli utenti Valve di usufruire del gioco. Al momento la funzionalità del crossplay potrebbe essere attivava o disattivata, poichè gli sviluppatori stanno lavorando per risolvere i problemi sulla nuova piattaforma conquistata, com’è possibile vedere da un comunicato Microsoft. Ad ogni modo, anche se impediranno agli utenti Steam di giocare online, la funzione non verrà invece interrotta per chi utilizza il gioco su Xbox o Windows 10.
È una mossa acuta, forse le piattaforme indipendenti sono i giusti partner per poter buttare giù le mura che separano i sistemi blindati. Se il percorso di Ark: Survival Evolved, è qualcosa di cui seguire le orme, sarebbe bene che anche Microsoft e Sony lo facessero, in modo da consentire ai loro fan di poter giocare insieme.