The Boys – Molto super, poco eroi

Quella di The Boys, la serie televisiva prodotta quest’anno da Amazon e distribuita sulla personale piattaforma di streaming online da quest’estate, deve essere stata una bella sfida. Una gatta da pelare, di quelle con convulsioni e crisi epilettiche continue, che si contorce e annaspa nel proprio vomito.
Quando adatti un fumetto di Garth Ennis una delle preoccupazioni principali è: come riportare la carica di violenza ed estrema volgarità senza che risulti controproducente?Stiamo parlando di un mostro sacro del fumetto contemporaneo, a cui bisogna portare il giusto rispetto, riverenza e devozione. Ma dobbiamo anche essere realisti e accettare una grande verità, da cui non scappa nessuno, che sia un dio o un comune mortale: “adattare” un’opera richiede sempre un compromesso.
Bene, dopo questa premessa, andiamo al dunque: com’è l’adattamento di The Boys?Sorprendente, ecco com’è.

Non ci scostiamo tanto dalla trama del fumetto, che suona più o meno così: i supereroi esistono e vivono in mezzo a noi: salvano vite e combattono il male gestiti dalla Vought America, una potentissima multinazionale che ne pubblicizza le gesta con saghe cinematografiche, comic book, merchandasing e veri e propri eventi organizzati. Ma coprono anche gran parte dei loro casini. Già, perché i nostri cari “Super” ne combinano di cotte e di crude, tra sesso promiscuo, droghe e tutto quello che vogliono per appagare i propri istinti. Inoltre, nelle loro missioni, capita spesso che tanti innocenti tirino le cuoia. Ma proprio tanti. Per questo ci sono loro, i “Boys”, che si occupano di  “tenere in riga” i supereroi, anche con la forza bruta se necessario. E credeteci, se ne servono più del solito.

Nel confronto serie tv/comic, l’autore Erik Kripke (creatore della serie Supernatural) ha dovuto necessariamente smorzare i toni contenuti nel fumetto per cercare di rendere la storia più appetibile a una fascia di pubblico più ampia (e meno impressionabile…). La serie gioca bene le sue carte, riuscendo a offrire una buona dose di gore, ma senza esagerare. A questo si unisce un buon sviluppo dei personaggi durante la storia, meno affrettato rispetto al fumetto ma non per questo meno interessante: se nel fumetto i Boys sono già fatti e completi (a eccezione di Hughie, che seguono dinamiche simili nelle due versioni dell’opera), nella serie televisiva vengono presentati lentamente. Ma non per questo la trama ha un basso ritmo, anzi, permettendo allo spettatore di abituarsi agli elementi della squadra, uno più sciroccato dell’altro.
Anche la regia è decisamente ottima, grazie anche all’uso, da parte di Amazon Prime Video, di un taglio più vicino a quello cinematografico per le proprie produzioni, con inquadrature ben composte e che fanno da contraltare alle sequenze splatter e gore che si dipanano durante la storia. A queste si aggiunge la fotografia, in cui il forte contrasto luce/ombre, anche negli esterni, dona quell’aura di “sporco” che riesce a emanare anche il fumetto.

Anche i personaggi meritano attenzione. In una storia dove i supereroi sono i cattivi e gli eroi della situazione sono ancora più cattivi, è una cosa da non sottovalutare.
La scelta del cast principale è sembra riuscita, con qualche modifica qua e là sempre per esigenze narrative e di adattamento (Tra i personaggi “nuovi” quello di Translucent, supereroe al centro delle prime puntate della serie e interpretato da Alex Hassell). Il nucleo dei Boys rimane inalterato: lo psicopatico e vendicativo Billy “Il Macellaio” Butcher, interpretato da Karl Urban; il timido ma intelligente “Piccolo” Hughie Campbell, interpretato da Jack Quaid; l’esperto d’armi e squilibrato “Il Francese”, interpretato da Tomer Kapon; il nerboruto e composto “Latte Materno”, interpretato da Laz Alonso;  la misteriosa e brutale “Femmina”, interpretata da Karen Fukuhara. Gli attori dunque, incalzano bene non solo la fisionomia dei personaggi originali ma anche la loro natura fuori di testa, riuscendo nell’intento di rappresentare questi grotteschi individui senza andare sopra le righe. Si riesce mantenere inalterata così la loro natura folle, da anti-eroi su tutta la linea.
Una nota di merito va data poi al “Super” più forte, complesso e allo stesso tempo maligno che ci sia in tutta la serie: Il Patriota. La resa da parte di Antonz Starr è davvero d’applausi, riuscendo nel difficile intento di rappresentare il supereroe più forte e psicologicamente pericoloso del pianeta in un’aura di sacro egocentrismo e opportunismo. Rispetto al fumetto, la sua figura viene resa più  “umana” ma poiché prova sentimenti quasi sempre contorti e abominevoli, questo aspetto è un modo per creare maggiore introspezione, forse superando il prodotto originale.

Tralasciando il fumetto da cui è tratto, come si evince, è una serie televisiva molto violenta. Non solo nel gore di alcune scene (non mancano corpi mutilati ed esplosioni di viscere), ma anche nella rappresentazione grottesca che viene data ai supereroi (più da mostri senza scrupoli che da divinità benevole) e di chi li combatte (gente come Butcher, disposto a tutto per raggiungere il suo desiderio di vendetta), oltre a una velata critica alla  “governance” sui comic e cinecomic in tempi recenti, portata alle estreme conseguenze (il paragone Disnez/Vought America nel corso della serie è palese, che però si amalgama bene alla storia e dal suo contesto narrativo)
E con già una seconda stagione annunciata, che siate fan del fumetto o meno, vi suggeriamo di recuperarla. Sporcatevi le mani: I “Boys” vi faranno vedere come si fa.




Flat Heroes

Essere degli eroi al giorno d’oggi è un carico difficile da reggere; richiede una grande forza di spirito e in un certo senso una visione parallela e controtendente al sentire comune. In un periodo dove la maggior parte delle produzioni videoludiche spingono verso la perfezione tecnica e quantità di calcolo sempre più massicce, i ragazzi di Parallel Circles abbracciano la poetica dell’eroe in maniera quanto meno sincera. Forse è da qui che nasce l’esigenza di concepire un gioco come Flat Heroes, abbandonando l’ossessione estetica pomposa senza rinunciare a uno stile asciutto e primordiale che, attraverso una strana alchimia, riaffiora ricordi appartenuti a un tempo passato, quando i sogni dei giocatori venivano cullati da macchine da gioco come l’Atari 2600.

Da grande voglio diventare un cerchio

Alla fine del 1884 un eccentrico scrittore di nome Edwin Abbott descrisse minuziosamente cosa significasse appartenere a un mondo bidimensionale, dove le leggi universali vengono dettate in base al campo cognitivo tipica della dimensione spaziale alla quale si appartiene. In altre parole lo scrittore dichiarava che «noi viviamo secondo quello che percepiamo»; quindi in un ipotetico mondo a due dimensioni dove ogni cosa è piatta (“flat”, nella lingua di Albione), noi saremo il frutto della nostra percezione bidimensionale con ovvie conseguenze sullo stile di vita. La novella in questione è Flatlandia e, come nell’indie dei Parallel Circles tutto è basato su intuizioni geometriche e cromatiche.

Flat Heroes è una bizzarra mescolanza tra puzzle game e platform nel vecchio stile del trial and error, dove sarete chiamati a controllare un piccolo quadrato con l’obiettivo di sopravvivere ai numerosi stage proposti dagli sviluppatori.

Io sono eroe

La modalità single player è suddivisa in campagna classica e modalità eroe, in entrambi i casi il nostro obiettivo è quello di resistere agli innumerevoli attacchi provenienti da altre forme geometriche. Avremo a disposizione la possibilità di poter scattare in qualsiasi direzione attraverso un piccolo dash e di attaccare o difenderci tramite uno scudo dalla durata di pochi attimi. Il nostro quadrato è libero di muoversi in tutte le direzioni, inoltre saremo in grado di scalare le pareti che racchiudono lo spazio di gioco nel tentativo di fuggire dai pericoli creati dagli sviluppatori: proiettili a ricerca automatica, bolle esplosive, raggi laser, frecce direzionali. Ogni nemico ha un suo pattern comportamentale e i Parallel Circles sono abili nel proporre al giocatore situazioni differenti tra uno stage e l’altro. Si gioca a tentativi e a ogni colpo ricevuto ricominceremo dall’inizio fin quando riusciremo a schivare ogni singolo pericolo. Ciascuna modalità è suddivisa in una decina di mondi che comprendono a sua volta 14 livelli base più uno scontro con il boss di turno.
La difficoltà progressiva è in qualche maniera stemperata dalla felice decisione degli sviluppatori di concedere la possibilità di poter passare di livello in qualsiasi momento, evitando l’anacronistica sensazione di frustrazione nel rimanere bloccati e non poter proseguire la partita; starà alla vostra etica da videogiocatore riprendere i livelli saltati e completare al 100%. Tutto dipende dalla vostra abilità con il pad, nel giusto tempismo e nella capacità di prevedere la prossima mossa del nemico. Molto spesso la tecnica di rimanere nascosto dietro una parete in attesa degli eventi si è rivelata inefficace e controproducente; al contrario buttarsi nella mischia e cogliere il momento opportuno per un attacco diretto riesce il più delle volte a risolvere una situazione drastica.

Non contenti dei già numerosi livelli della modalità principale, gli sviluppatori ne hanno inserito altri basati sulla sopravvivenza, dove verranno proposte sfide senza limite di tempo nello scopo di riuscire a stabilire punteggi record raccolti in una classifica online.

Noi siamo eroi

Il bello di essere eroi è anche quello di poter contare sull’aiuto di compagni valorosi, per questo gli sviluppatori non hanno tralasciato nulla al caso: il comparto multiplayer di Flat Heroes è ricco e probabilmente l’approccio migliore per affrontare la sfida lanciata dai Parallalel Circles. Oltre alla possibilità di affrontare la campagna principale con l’aiuto di un amico, il multiplayer si compone di 4 modalità differenti che spaziano dalla classica sopravvivenza, obiettivo, aree e fuggitivo.
Ognuna di esse con le proprie varianti; fino a un massimo di quattro giocatori su schermo contemporaneamente. Niente di rivoluzionario ma che aggiunge altra linfa a un già esaustivo comparto in giocatore singolo.

Poligoni con stile

Per quanto riguarda il comparto tecnico, un plauso va fatto al team di sviluppo che è riuscito a dare personalità e stile a semplici figure geometriche, attraverso una sapiente regia delle animazioni. Il tutto su schermo scorre in maniera fluida e piacevole senza alcun tipo di rallentamento, grazie anche allo stile adottato dagli sviluppatori: minimale e intuitivo, dotato di una simpatica personalità che lo svincola dal pericolo di cadere nell’anonimato. L’accompagnamento sonoro non è da meno con tracce elettroniche orecchiabili e perfettamente in linea con il resto della produzione.

Tirando le fila, si può tranquillamente constatare come Flat Heroes sia consigliabile a tutti quei giocatori che cercano una sfida impegnativa ma mai snervante, un gioco che non lascia nulla alla fortuna ma affida alle mani degli utenti il compito di diventare l’eroe della giornata, guidando verso la salvezza un piccolo quadrato in pericolo. Il prezzo abbordabile di 7,99 € sugli store rende l’occasione ancora più invitante e un giusto tributo al buon lavoro svolto dai Parallel Circles.




Ancient Frontier

Ancient Frontier è uno sci-fi ruolistico, uno strategico a turni con caratteristiche GDR sviluppato da Fair Weather Studios, già creatori dello sfortunato Bladestar. Sin dal primo impatto, troveremo un menù principale ben strutturato, comprensivo anche della “lore” che ci introdurrà al mondo di gioco.
L’umanità era sull’orlo dell’estinzione, finché non venne creata la compagnia dei Tecnocratici. Quest’ultimi riuscirono a ristabilire l’equilibrio con scoperte in ambito tecnologico e con la colonizzazione di Marte, che portò alla rinascita dell’umanità. La compagnia riuscì, inoltre, a scoprire i segreti dietro i viaggi interstellari, che portarono ricchezza e prosperità al genere umano. Questo portò alla creazione di ordini quali la Human Federation Star Force, la qualeprese il comando di Marte e che iniziò la costruzione di innumerevoli navi.
Per la costruzione di quest’ultime sono necessari a loro volta materiali quali la proto energy e l’hydrium, che si trovano solamente nello spazio profondo. Per svolgere la ricerca di questi materiali venne creato l’ordine dei Corporate Mining Station.

Nella modalità storia, che presenta più slot per i salvataggi, ci ritroveremo a dover scegliere due differenti campagne di gioco. Nella prima, chiamata Alliance Campaign, vestiremo i panni di uomini alla ricerca delle ricchezze dello spazio.
Nella seconda, chiamata Federation Campaign, vestiremo invece i panni del comandante della flotta protettrice di Marte e, in entrambe le campagne, dovremo difenderci dai pirati spaziali che cercheranno di derubarci e ucciderci.
All’interno del single player, sono presenti tre difficoltà strutturate in relazione del livello del giocatore.

Avremo 2 tipi di missioni: le principali (che trattano la lore) e le secondarie. Le missioni secondarie hanno tre tipologie di avventure. Nel primo tipo ci ritroveremo a dover sconfiggere i pirati, nel secondo dovremo raccogliere le varie risorse sparse nella mappa e nell’ultimo il nostro obiettivo sarà quello di raggiungere una zona prima di un tot di turni.
La storia viene raccontata tramite dei dialoghi disposti su un “menù a tendina” prima di ogni missione. La trama non è molto densa ma, fortunatamente, in videogame come Ancient Frontier altri fattori possono egregiamente compensare. Durante il nostro gameplay, la mappa di gioco sarà rappresentata da un’enorme “scacchiera”, la mappa è divisa blocco per blocco da esagoni che delimitano le caselle dove poter spostare le nostre pedine. Una caratteristica del titolo che ci ha fatto storcere il naso è l’impossibilità di poter scegliere, durante i turni, l’ordine di attacco delle proprie unità. Questa caratteristica allontana il titolo dalla sua componente strategica. All’interno del campo da gioco, saranno presenti degli asteroidi che possono sia ripararci dal fuoco nemico, sia ostacolarci durante i nostri movimenti.

Uno dei grandi vantaggi di questo titolo è la modesta varietà di personalizzazione. Infatti, prima d’ogni missione, potremo scegliere la composizione della nostra flotta dotandola, quindi, di navi di ricerca, d’assalto, di supporto ecc. Il titolo presenta una sezione di gestione per le risorse, navi, ricerche e missioni. Le caratteristiche GDR si vedono  nelle ricerche, che portano all’aumento di determinate peculiarità. Ogni classe di nave ha il suo albero delle abilità nel quale si ha la possibilità di potenziare determinate caratteristiche. Non sarà istantaneo familiarizzare con i comandi di gioco, infatti, bisognerà sforzarsi un po’ a capire la struttura del gameplay, anche perché il tutorial non è estremamente dettagliato ed è sviluppato in sotto-forma d’immagini e dialoghi.
La grafica del titolo risulta pulita e con una buona resa complessiva. I modelli della navicelle sono ben strutturati e abbastanza originali. Mancano una localizzazione in lingua italiana. Infine, il comparto sonoro non è nulla di speciale ma, riesce a rendere le svariate ore di gameplay piacevoli.

In conclusione, Ancient Frontier rappresenta un valido passatempo e un buon titolo per gli appassionati del genere strategico a turni. Il titolo è disponibile su Steam con un rapporto qualità/prezzo ottimo.




Shu

Shu è un titolo sviluppato da Coatsink uscito nel 2016 su PS4 e PC e adesso giunto anche su Nintendo Switch. Il protagonista, da cui il gioco prende il nome, è costretto a intraprendere un lungo viaggio a causa di una tempesta che ha distrutto il suo villaggio e che lo costringerà a superare svariati ostacoli che sono diretta conseguenza degli enormi danni causati dalla tempesta, da precipizi a pareti ricoperte da spuntoni e oggetti letali che cadono dall’alto.

Shu potrà saltare e planare grazie alle sue ali, e durante il suo viaggio, incontrerà vari personaggi, ben caratterizzati, che lo accompagneranno nella sua fuga dall’imminente disastro e che lo aiuteranno con abilità come la possibilità di camminare sull’acqua, di effettuare uno doppio salto a mezz’aria, di abbattere ostacoli altrimenti insormontabili, arrampicarsi su muri e addirittura di fermare il tempo per qualche secondo. Durante i livelli capiterà di dover usare due o più personaggi alla volta, dovendone alternare le abilità per risolvere i vari puzzle tramite semplici combinazioni di tasti.

Nel gioco sono presenti 15 livelli suddivisi in 5 mondi. Esplorare i livelli costituisce un vero piacere, non solo sul piano visivo, ma anche su quello uditivo, grazie a una colonna sonora del gioco appropriata e ben curata. L’utilizzo del 2.5D nel gioco caratterizza gli scenari al meglio rendendoli unici nel loro genere. I controlli sono sempre semplici e immediati, capire come utilizzare le abilità dei vari personaggi sarà estremamente semplice.

Il protagonista dispone di 5 vite, ricaricabili avvicinandosi i diversi checkpoint presenti nei livelli. Nonostante la relativa frequenza di punti di salvataggio, il gioco non risulta affatto semplice perchè gli inseguimenti da parte dei nemici, presenti quasi in ogni livello, rendono il gameplay abbastanza arduo. La presenza di farfalle da raccogliere e di altri collezionabili nascosti favoriscono la rigiocabilità dei vari livelli. I collezionabili, proprio come le prove a tempo sbloccabili dopo aver completato per la prima volta un livello, non hanno una vera e propria utilità, non servono ad accedere ad aree o livelli segreti, faranno solamente differenza nel punteggio alla fine di un livello. Inoltre non è possibile confrontare con altri giocatori il tempo impiegato nelle varie prove.

Shu risulta nel complesso un buon platform, dotato di un buon level design e di sfide atte a tenere lontana la noia, che ha fra i pochi difetti semmai quello di non godere di gran longevità in relazione a quanto offre e al suo potenziale, puntando forse anche sui collezionabili per intrattenere più a lungo il giocatore. Come molti titoli indie, Shu dà il proprio meglio su Nintendo Switch rispetto alle altre console, sia grazie a un sistema dei comandi molto funzionale, sia grazie al valore aggiunto della portabilità che ha permesso alla console Nintendo di valorizzare tanti titoli del panorama indie.

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Space Pirates and Zombies 2

Space Pirates and Zombies 2 è un titolo sandbox sviluppato da Minimax, team composto da soli due membri, ed è il secondo capitolo di una saga avviata nel 2011, con un primo capitolo che ad oggi vanta ben 600mila copie vendute.

In questo sequel, ci ritroveremo in mezzo al caos di un universo composto da avventurieri e mercenari che si ritrovano a dover lottare per la propria sopravvivenza, combattendo contro la piaga degli zombie. In pratica, l’obiettivo finale è quello di conquistare l’Universo intero e distruggere il virus che ha generato i morti viventi. Nelle prime ore di gioco andare avanti non sarà facile, ma con il tempo apprenderemo come controllare la situazione nella sua complessità.

La nave – la nostra “macchina” spaziale – avrà un’ampia scelta in termini di personalizzazione. Infatti, potremmo crearla da zero ma con un limite di componenti (dettati dal proprio livello). Grazie all’inventiva del team, potremmo aggiungere centinaia di differenti pezzi alla nostra nave, rendendola speciale e unica. Infine, oltre alla nave madre, avremo a disposizione delle navi “sentinella”, più piccole della principale ma in grado d’attaccare.  Possiamo trovare i pezzi da poter equipaggiare al nostro mezzo dopo aver abbattuto delle navi nemiche o tramite degli scambi.

La parte migliore del gioco arriva dopo l’assemblaggio della propria nave. Ci sono vari motivi per i quali scenderemo in battaglia (guadagnare il favore di altri personaggi, combattere i banditi ecc.), e ogni combattimento ci regalerà un bel po’ di frenesia e di sano e puro gameplay.

Infine, è d’obbligo parlare della mappa spaziale. Quest’ultima è presentata in modo circolare; è stata suddivisa in vari territori, ognuno dei quali ha a disposizione determinate risorse e può essere gestito da un generale. Il gioco in sè non gira semplicemente attorno a noi: infatti, gli altri capitani (circa 200) potranno conquistare le zone, prendere le risorse e combattere tra loro.
Inoltre, si ha la possibilità di unirsi ad altri o di creare una fazione. Infine, il gioco possiede una versione VR, cioè, sarà possibile giocarlo anche con il visore della realtà virtuale.

Space Pirates and Zombies 2, non possiede una grafica molto elaborata, ma nel contesto una grafica pulita e scarna calza a pennello. Il sonoro è nella media, nulla di memorabile ma, di base, orecchiabile e ben gestito.

Consigliamo il gioco se si è amanti del genere. Lo trovate disponibile su Steam, come il suo predecente capitolo.