Location-based VR: Star Wars: Secrets Of The Empire

La realtà virtuale con location dedicata probabilmente è il modo migliore per sperimentarla, senza investire in visori e PC costosi. È stata già applicata al nuovo gioco di The Void, Star Wars: Secrets Of The Empire, che sembra avere  tutti gli ingredienti per avere successo: ha un prezzo di 30$ a partita e luoghi appositi dove provarlo, accanto alle destinazioni turistiche più famose d’America.
Ma parliamo del gioco. Consiste nell’infiltrarsi insieme ad altri quattro giocatori in una base imperiale su Mustafa ricoperta di lava, la casa di Darth Vader.

È possibile guardare un breve video introduttivo con il personaggio di Diego Luna già visto in Rogue One, e scoprire che la missione consiste nel recuperare un’arma segreta; il proprio equipaggiamento, che consiste in uno zaino per PC, dell’abbigliamento tattico e un visore simile a Oculus Rift. Chi ha provato la realtà virtuale classica sa che è faticoso impostare bene tutti i sensori e la calibrazione prima di giocare, ma in questo caso con location dedicata, non è necessario preoccuparsene. In seguito si verrà condotti nella stanza di partenza, dove il droide K-2SO spiegherà il piano.

Per i primi cinque minuti, si noterà un’enorme reattività, in cui saremo vestiti come gli Stormtroopers e, ogni volta che qualcuno si muoverà, dalla testa, alle mani e alle gambe, tutto verrà tracciato perfettamente.
Nel corso del gioco si verrà trasferiti da una stanza all’altra e a volte, sarà necessario eliminare altri stormtroopers oppure, ci si ritroverà a risolvere enigmi. Per tutto il tempo ovviamente, si dovrà interagire con i compagni di squadra.
Secrets of the Empire è una bella esperienza, specialmente per i fan di Star Wars. Ma come si inserisce nel resto del mondo questa tecnologia?
Questo genere di realtà virtuale sembra essere pronta a sfondare, data la possibilità di muoversi liberamente nel proprio spazio, senza preoccuparsi di impostare i sensori, circondati da oggetti di scena ed effetti speciali che aggiungono autenticità al mondo virtuale esplorato. Questo modo di sperimentare la realtà virtuale è ancora giovane: IMAX VR sta installando le sue basi su più zone, ma ancora troppo poche. Nomadic ha effettuato alcuni test pubblici in Asia per le sue nuove esperienze immersive di realtà virtuale, anche se nonal livello di The Void. Importante è anche la posizione strategica di questa attrattiva, come Disneyland, Disney World, Downtown Disney e Disney Springs; infatti questi posti sono estremamente frequentati, il che aumenta la possibilità che i fan provino qualcosa di nuovo e soprattutto coinvolgente.

 




Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi

L‘annuncio di una nuova trilogia per una delle saghe più famose di sempre, Star Wars, ha lasciato interdetti molti, probabilmente perché Episodio VI riusciva già a chiudere perfettamente il cerchio su tutte le vicende, riportando equilibrio nella Forza.
Cosa si poteva raccontare, quindi, cosa approfondire? Inizialmente la risposta – saggia – è stata “prequel”: sia in ambito videoludico che cinematografico si è cercato di approfondire tematiche e motivazioni che avrebbero portato agli eventi che tanto bene conosciamo, oppure lo studio di capitoli di intermezzo, capaci di fare da collante tra i vari episodi. Il successo di Rogue One è probabilmente dovuto a questo. Adesso, Episodio VII ed Episodio VIII, tuttavia, pur essendo buoni film se presi singolarmente, forse faticano a giustificare le nuove storie e il prossimo Episodio IX, ma soprattutto, il rispetto della continuity.

Dunque, Episodio VIII: Gli Ultimi Jedi, si presenta come un film d’intermezzo che, come L’Impero Colpisce Ancora, segue la tradizione, avvalorandosi di toni più cupi rispetto al predecessore. Se questa situazione era ampiamente prevedibile, meno lo è stato l’inserirsi nel contesto creato con Il Risveglio della Forza e men che meno con il resto della saga. È un film difficile da collocare: è un buon film di intrattenimento, capace di regalare scorci memorabili, ma anche di affossare quanto di buono iniziato col prequel e fin troppo conclusivo per essere un episodio che sta nel mezzo.
J.J. Abrams resta come produttore, passando la regia nelle mani di Rian Johnson, che non vanta grandissima esperienza, avendo diretto soltanto una manciata di film, tra cui Looper. Nonostante ciò, riesce a fare un buon lavoro, riuscendo a far trasparire i conflitti interiori dei personaggi interessati con lenti primi piani, in cerca di dettagli significativi, con cui lo spettatore può facilmente interfacciarsi. Non mancano i momenti davvero spettacolari, presenti soprattutto nella seconda parte del film, con ottime trovate stilistiche in grado di farvi esaltare come nei migliori momenti della saga. La CGI, ormai parte integrante di qualsiasi film di fantascienza, riveste un ruolo chiave in diverse situazioni risultando davvero ben messa in scena nella maggior parte delle situazioni, siano esse battaglie o singoli personaggi, anche se con quest’ultimi con alti e bassi. Si cerca sempre il dettaglio, non solo poligonale, ma soprattutto cromatico: The Last Jedi, probabilmente, è il film con la migliore fotografia della saga. A cura di Steve Yedlin, le scene a più ampio respiro saranno una vera gioia per gli occhi, non solo sui paesaggi e vari ambienti, come potreste aspettarvi, ma anche nello spazio aperto, con momenti davvero suggestivi e che sicuramente entreranno con forza nella memoria degli appassionati.
Quindi visivamente il film funziona. Purtroppo però, un lungometraggio è costituito anche da altre cose che hanno una “discreta” rilevanza, come la sceneggiatura e di conseguenza l’utilizzo dei personaggi.
La gestione dei ritmi è il problema più grande del film: Episodio VIII è il titolo dalla maggiore durata dell’intera saga (quasi due ore e mezza) e in alcuni frangenti, si sente. Il film sembra essere diviso a metà, di cui la prima parte povera di eventi veramente rilevanti, dando la sensazione di far veramente fatica a carburare. La seconda parte invece è pura azione, a tratti forse un po’ troppo frenetica, ma che riesce nel suo intento, ovvero intrattenere. C’è da segnale che anche all’interno delle menzionate due parti si avvertono questi “su e giù” senza una vera amalgama.

Ma cosa racconta questa nuova trilogia? A questo punto è una bella domanda. I pochi spunti interessanti di Episodio VII, come le origini di Rey, la fine di Luke e il rinnovato Impero del Primo Ordine, in questo episodio vengono tutti risolti in maniera fin troppo sbrigativa, lasciando lo spettatore – che nel frattempo aveva cominciato a farsi delle idee – con un pugno di mosche. Tutto il pathos e le dietrologie pensate fino a questo momento risultano pura fantasia, elaborazioni contorte scaturite dalla base dei vari episodi della saga. L’ultimo capitolo, a dir la verità, lancia alcune frecce dal suo arco come la visione della guerra da un altro punto di vista e il conflitto interiore che uno Jedi o un Sith devono sopportare. Se c’è un merito – narrativamente parlando – di questo titolo, è l’aver portato lo spettatore nella cosiddetta “zona grigia della Forza”, un limbo nel quale i protagonisti sono costretti vivere, ma che purtroppo viene solo abbozzato. Se i temi precedenti sono stati risolti con facilità estrema e quelli nuovi sono appunto solamente abbozzati, è la mancanza  di risposte alle tante domande – che nel frattempo ci eravamo posti – che lascia di più l’amaro in bocca: cos’è il Primo Ordine? Chi è il Leader Supremo Snoke (l’unico e il solo Andy Serkis)? probabilmente nessuno lo saprà mai.
Ma veniamo ai nostri cari personaggi, partendo dal dualismo labile che si presenta per tutto il film: Rey (Daisy Ridley) e Ben Solo, in arte Kylo Ren (Adam Driver). Uno degli elementi riusciti del film è la loro evoluzione – forse un po’ troppo frettolosa – ma capace di instillare dubbi sulla loro natura negli spettatori. Buone prove attoriali poi, riesco a farci empatizzare con i due protagonisti, regalandoci due tra i personaggi più complessi dell’intera saga.
Punto centrale della narrazione non poteva che essere Luke Skywalker (Mark Hamill) – incredibilmente somigliante a Tyrion Lannister – terribilmente combattuto e che si evolverà, sino al climax finale. Il personaggio di Luke risulta controverso: lontano da quanto visto sul finire di Episodio VI, lo Jedi risulta un personaggio che sotto certi aspetti aspetti delude sia i protagonisti che il pubblico. Veniamo a conoscenza anche delle motivazioni, ma probabilmente si poteva, anzi, si doveva fare di più. Le note positive sui personaggi di concludono con il personaggio interpretato da Benicio del Toro, DJ, che fa la sua ottima figura ma che risulta, purtroppo, uno dei nuovi personaggi peggio sfruttati. Ha il merito di portare una ventata di realtà alla decennale guerra che continuiamo a vedere ma, ad un certo punto sembra soffrire di schizofrenia: soffre di questa patologia evidentemente anche  Amilyn Holdo (Laura Dern) e alcuni personaggi secondari mentre altri, tra cui Finn (John Boyega), vengono completamente dimenticati, o per lo meno immersi in storyline dalla dubbia utilità. La scrittura, dunque, è un altro elemento altalenante del film: se da un lato riesce a piazzare colpi di scena ben gestiti, dall’altro lascia perplessi, a cominciare dalla gestione mal curata di alcuni personaggi.
Concludiamo con Carrie Fisher: ha fatto uno strano effetto sapere che questa è la sua ultima apparizione. Non ha mai vantato grandi doti recitative ed Episodio VIII di certo non è il film che ci farà cambiare idea, ma la sua assenza si farà sentire, soprattutto in prospettiva per Episodio IX.

Che cosa racconta Star Wars? Dopo aver visto Gli Ultimi Jedi, si fa un po’ di fatica a capirlo. Nonostante i buoni spunti e il cercare di portare una ventata di aria fresca alla saga, si sente la reale mancanza di giustificazioni narrative a vantaggio di quelle commerciali. Alla fine ci si ritrova sempre al punto di partenza, con la strana sensazione di non aver imparato nulla di nuovo dal finale di Episodio VI, concludendo molte storyline che potrebbe rendere questo episodio addirittura conclusivo. Non stiamo parlando di un brutto film, tutt’altro, ma forse, a questo punto, ci si aspetterebbe qualcosa in più.