Killer Instinct su Steam supporterà il crossplay tra Xbox e Windows 10

Sempre più giochi stanno supportando il crossplay tra Xbox One e Windows 10, come parte del grande progetto Microsoft “insieme è meglio”. Ma il nuovissimo Killer Insinct, sta aprendo le porte anche a Steam, permettendo in questo modo di giocare tra le 3 diverse piattaforme.
Precedentemente Killer Insinct non era stato rilasciato per Steam, con l’ultimo aggiornamento del titolo invece, sarà possibile agli utenti Valve di usufruire del gioco. Al momento la funzionalità del crossplay potrebbe essere attivava o disattivata, poichè gli sviluppatori stanno lavorando per risolvere i problemi sulla nuova piattaforma conquistata, com’è possibile vedere da un comunicato Microsoft. Ad ogni modo, anche se impediranno agli utenti Steam di giocare online, la funzione non verrà invece interrotta per chi utilizza il gioco su Xbox o Windows 10.
È una mossa acuta, forse le piattaforme indipendenti sono i giusti partner per poter buttare giù le mura che separano i sistemi blindati. Se il percorso di Ark: Survival Evolved, è qualcosa di cui seguire le orme, sarebbe bene che anche Microsoft e Sony lo facessero, in modo da consentire ai loro fan di poter giocare insieme.




Einar

Qualche settimana fa sullo store di Steam, si è aggiunto alla sezione Free To Play, un nuovo interessante gioco, che con un buon sviluppo e con il giusto tempo potrebbe anche risultare un titolo innovativo. Einar è una beta sviluppata e rilasciata da DreamPunks, sviluppatore indie dei Paesi Bassi, è un gioco single-player di genere hack ‘n’ slash basato sulla mitologia norvegese. Nel gioco il giocatore assume il ruolo del guerriero Einar, che sta cercando di uccidere gli abitanti di un villaggio di pescatori infetti da un meteorite misterioso schiantatosi nei paraggi. Nel gioco vi sono diverse armi di cui si è in possesso dall’inizio della beta come l’arco, il martello e l’ascia con lo scudo che ci serviranno a liberare il villaggio dai mostri, affrontando anche dei boss. Questa piccola beta è nata come demo universitaria e creata insieme a un team di 40 studenti universitari del NHTV University of Applied Sciences di Breda come esperimento per capire come vengono creati i giochi AAA. Come detto in precedenza, nel gioco assumiamo il ruolo di un guerriero vichingo di nome Einar che nella beta dovrà farsi strada da una spiaggia fin dentro al villaggio, per arrivare a una piccola arena dove finirà la beta del gioco. Sono disponibili solo 3 tipi di mostri, quelli “base”, alcuni nemici da affrontare a distanza che ci lanceranno contro palle infuocate, e infine i boss, che incontreremo in sole due occasioni. La demo dimostra che usando un buon motore grafico, avendo un buon team e la voglia di creare qualcosa di buono e di nuovo è possibile creare un gioco che non sfiguri al confronto con i tripla A anche non avendo a disposizione un grosso budget.

Combattimento

Einar è un gioco d’azione dal sapore soulslike, con roll, parate e attacchi in pieno stile; se giocato con mouse e tastiera risulta molto legnoso, è consigliabile usare un pad. I combattimenti risultano ben fatti: vi sono solo 2 tipi di attacchi per ogni arma, l’ascia con lo scudo permette di dare dei colpi a ripetizione veloci e potenti e si può finire il gioco anche usando questo solo attacco; lo scudo dopo aver ricevuto un paio di colpi, si distrugge e bisognerà aspettare alcuni secondi perché si rigeneri. Il martello è l’arma pesante e viene usata o con il colpo normale o con il colpo caricato che, grazie alle rune, rende l’arma magica e capace di arrecare maggior danno; l’arco ha anch’esso il colpo normale e il colpo caricato e, come per il martello, anche qui le rune possono potenziare il colpo: l’utilizzo di quest’arma risulta buggato e non ben congegnato, non sempre i colpi possono andare a buon fine (e non sarà per forza colpa del giocatore).

Grafica e Sonoro

Il motore grafico del gioco viene gestito da Unreal Engine 4, le texture sono ben curate, dall’erba, agli alberi sino all’ambiente circostante, compresi i colori, gli effetti e i filtri; a voler essere pignoli, un risultato non ottimale si è avuto nella cura dei capelli del personaggio, i quali risultano poco belli da vedere nonostante l’antialiasing accentuato, e anche in alcune texture che presentano risultati di scarsa qualità – le assi di legno risultano ad esempio sgranate e sfocate – ma non sono molte le sbavature di questo tipo. Il gioco non è esente da bug e glitch, notiamo vari glitch grafici, linee che sembrano artefatte, una fisica del gioco che a volte pare deliberata: un esempio su tutti, i mostri che, una volta morti, volano in aria non appena attacchiamo altri nemici vivi nei paraggi, senza alcuna giustificazione. Un altro piccolo problema – anche se qui non si può parlare propriamente di bug – riguarda ancora i mostri che quando sono in modalità “pacifica” – e quindi non ci vedono – laggano non poco nella camminata, finendo col “teletrasportarsi” di qualche passo. Sul piano sonoro invece è stato fatto un buon lavoro, ogni traccia audio è stata creata in collaborazione con Moana Production e il risultato pare appropriato all’ambiente di gioco.

Ottimizzazione

Sul piano dell’ottimizzazione è stato fatto un lavoro notevole, e il risultato non era scontato con un motore che, se non gode di un buon lavoro, risulta pesante e rischia di penalizzare il gameplay. Giocato al massimo delle prestazioni, con dettagli “Epic” da scegliere tra le impostazioni, in 1080p, si è avuta una media di 70/80 FPS con dei minimi di 50 FPS, parametri normali, considerando anche che il gioco pesa solo 1,15 GB e la zona giocabile è piccola, con pochi caricamenti da effettuare nonostante le texture siano ben fatte.
Doppiaggio e testo sono 
solo in inglese, l’unica voce che si sente è quella del personaggio che useremo, una voce molto corposa che rende l’idea di uomo forte e ricorda vagamente quella di Duke Nukem.

Conclusioni

Tirando le somme, la demo beta di Einar da ben sperare, e fa piacere un simile risultato – pur non esente da difetti – considerando che si partiva da un esperimento universitario. Il tempo di completamento è di quasi 1 ora e mezza, tempo che si allunga se si vogliono cercare gli Easter Egg di cui il gioco è pieno. Con del lavoro adeguato, si potrà avere un prodotto finale interessante e vario. Einar ricorda in qualche modo Dark Souls in versione nordica, e proprio l’ambientazione nelle terre norrene sarebbe una ventata di aria fresca in giochi di questo genere.
Aspettando la versione definitiva,
Einar è consigliabile a chiunque voglia provare dei nuovi indie e cerchi un gioco d’azione divertente e dall’ambientazione non consueta.

Processore: Intel Core i5 6600K @4,60 GHz
Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 960 2 GB Gigabyte Mini ATX OC Version
Scheda Madre: MSI z270 Gaming M7
RAM: G.SKILL Trident Z RGB 2×8 GB 3200 MHz DDR4
Sistema Operativo: Windows 10 Home 64 Bit




Molti giocatori di CS:GO preferiscono giocare a Playerunknown’s Battlegrounds

Playerunknown’s Battlegrounds ha già superato molti record su Steam, persino quello di diventare il gioco più giocato, scalando la classifica arrivando al primo posto. Ma, secondo Steam Spy, un aspetto molto particolare è stato il successo di PUBG e il conseguente declino di altri FPS che governavano, prima del suo arrivo, la classifica di Steam.
Più della metà di giocatori di Playerunknown’s Battlegrounds – si parla del 55% circa –posseggono nella loro libreria CS:GO, ma hanno dedicato molte più ore a PUBG, facendo registrare un calo di giocatori giornalieri oltre che su Counter-Strike: Global Offensive, anche su Payday 2, H1Z1 e Left 4 Dead.
Un altro dato riportato è quello secondo il quale la maggior parte dei giocatori di Playerunknown’s Battlegrounds sono americani, tedeschi e cinesi.




Die Young

In un mondo in cui tutto sembra scorrere inesorabile verso un’unica direzione, scontata, prevedibile e noiosamente tranquilla, ci sono persone che cercano invece di vivere la propria vita “day by day”, attimo dopo attimo, all’insegna dell’avventura; una vita ricca di emozioni e alla costante ricerca di quelle forti sensazioni che ti fanno sentire realmente VIVO.
Non vi sto rifilando una filippica sul senso della vita: vi ho appena illustrato il background della coraggiosa protagonista di Die Young, survival-thriller-horror (e chi più ne ha più ne metta) della giovane software house IndieGala.

Tasselli Mancanti

Siamo su un imbarcazione in compagnia di 5 amici, ci dirigiamo verso un’isola, sarebbe stata la cosa più cool dell’estate diceva uno di loro, poi… il buio. Ci ritroveremo all’interno di un pozzo buio, qualcuno ne sposta il coperchio e lascia cadere al suo interno una mappa disegnata a mano con diversi punti di interesse; sul retro, un volto nascosto da un velo ci lascia intendere che quella mappa ci è stata consegnata in segreto per aiutarci a muoverci sull’isola. La nostra missione sarà quella di trovare i nostri compagni di viaggio – ovviamente dispersi – e di abbandonare quella maledetta isola.

Nonostante la storia possa sembrare solamente un mero pretesto giusto per contestualizzare la nostra protagonista sull’isola, è meglio non fermarsi alle apparenze e cercare di andare oltre il piccolo dettaglio riguardo il perché questi ragazzi si trovino su un minuscolo gommone, diretti verso un’isola di cui non si sapeva nulla in mezzo all’oceano e riguardo perché tutti scompaiano inspiegabilmente ancor prima di arrivare mettere piede sull’isola stessa . Insomma, roba di poco conto…

Salta qui, aggrappati lì

Ovviamente uno dei punti forti di Die Young dovrebbe essere il gameplay. Dico “dovrebbe” perché gli assets delle animazioni non danno alcuna sensazione di feeling, anzi a volte risultano frustranti perché poco precisi; risulta quasi ingiocabile con il joypad per via di alcuni movimenti – soprattutto in fase di scalata – che in alcune circostanze saremo costretti a fare con tanta minuzia, essendo presente anche una barra di “stamina” che spesso e volentieri si scaricherà facendoci cadere rovinosamente. Saltare, aggrapparsi, scalare… sembrano quasi le stesse animazioni di Sniper Ghost Warrior 3 (gioco che abbiamo recensito qualche mese addietro). Oltre al fatto che non aggiunge nulla di nuovo alle animazioni di un normale action-FPS, giocando a Die Young non facciamo altro che avere sensazioni di “déjà vu”, forse perché in questi ultimi tempi, il genere “survival” in prima persona sembra essere diventato il re della scena.
All’inizio del gioco potremo scegliere se cominciare la partita in modalità “adventure” o “survival“, la prima all’insegna dell’esplorazione, la seconda invece per chi ama un elevato grado di sfida nel giochi. Una delle cose più rilevanti del gioco è infatti è proprio questo altissimo livello di sfida offerto dalla modalità “survival“. I nemici in questo gioco sono molto pericolosi e le armi a nostra disposizione sono ridicole e quasi del tutto inutili contro alcuni di loro. Ci potremo limitare a eliminare qualche serpe che vorrà addentarci durante le nostre passeggiate nell’erba alta o al massimo qualche grosso topo che salterà fuori dagli edifici abbandonati sparpagliati sull’isola; per il resto, che sia un cane, o uno degli omoni giganti incappucciati, la cui presenza sull’isola rimane un mistero, il mio consiglio è quello di correre, correre, correre, a trovare un appiglio da scalare o un riparo come se non ci fosse un domani, perché in un confronto diretto non avrete scampo. Stranamente in questo gioco (rispetto ad altri survival) pur dovendo mantenere alto il livello di energia e idratazione, non avremo alcuna difficoltà a farlo, si troverà acqua in abbondanza e potremo craftare noi stessi le medicazioni necessarie per curarci. Forse un po’ troppo striminzito l’inventario che infatti ci darà la possibilità di portare solo pochi pezzi per ogni tipo di item. Il crafting dovrebbe essere al centro di ogni survival che si rispetti ma, proprio a causa del ristretto numero di oggetti che si possono stivare, l’uso di questa skill rimane spesso marginale; eppure il gioco ci offre lo spunto per creare altri oggetti o armi, ma spesso ci sarà impossibile per via dei materiali mancanti che magari abbiamo utilizzato un attimo prima per creare un kit medico.

Uno dei punti a favore del gioco è l’ambientazione, molto curata e piacevole da esplorare.
È doveroso sottolineare che Die Young al momento è in versione in early-access, quindi ancora in fase di sviluppo. Proprio per questo motivo riponiamo fiducia nel team di IndieGala confidando in qualche buon aggiornamento che possa migliorare quelli che sono gli aspetti più deboli del gioco e le lacune narrative. Sì, il mistero spesso nutre noi avventurieri digitali, ma purché sia sempre giustificato da una buona storyline atta a supportarlo.

Tirando le somme, al momento il gioco appare un’accozzaglia di materiale di vario tipo, buono, per carità, ma purtroppo mal contestualizzato, un cattivo mix di elementi che lo fanno risultare forse pretenzioso. Mi domando se non sarebbe stato meglio, a questo punto, sviluppare il titolo seguendo un’unica direzione, quella di un adventure game in prima persona – mettendo così da parte il crafting, che purtroppo rimane spesso inservibile – oppure un survival puro al 100%, ma studiato con criterio e dovizia.
Ad ogni modo, attenderemo la versione definitiva del gioco per poterlo rigiocare ,sperando che IndieGala possa farci cambiare idea.




Annunciato il remake di Secret of Mana

Un po’ a sorpresa arriva il remake di un titolo che, agli inizi degli anni ’90 ebbe un grande successo: Secret of Mana.
Pubblicato infatti nel 1993, con il titolo originale Seiken Densetsu 2, era uno dei titoli di punta del SNES di Nintendo e, dalle prime indiscrezioni, sembra che tale remake godrà di tutti i benefici portati dal XXI secolo come, ad esempio, un grande miglioramento grafico (sarà in 3D) e audio, compreso il totale doppiaggio dei personaggi, nuova musiche e nuovi elementi di gameplay. Il titolo sarà disponibile – almeno per ora – su Playstation 4, Playstation Vita e PC.
L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno e mancano ancora molti dettagli. Resteremo vigili per darvi ulteriori aggiornamenti.




Undertale

Uscito originariamente su Steam nel 2015, e poi ancora nel 2016 per Linux, Undertale fa una nuova apparizione su PS4 e PS Vita. Undertale, come in molti forse sapranno, è un RPG indie concepito dalla sola mente di Toby Fox, grande appassionato di questo genere che ha passato gli anni delle superiori sfornando piccoli giochi utilizzando RPG Maker e semplici programmi per modificare i codici di gioco sfornando anche quello che fu Earthbound: Halloween Hack, hack di Earthbound (secondo titolo della serie RPG targata Nintendo, Mother) che i suoi più stretti fan considerano il prequel spirituale di Undertale. Dalla prima apparizione di Undertale su PC si sono formate numerosissime fandom composte da devotissimi appassionati che lo hanno esplorato, giocato e rigiocato più e più volte elevandolo a qualcosa di magnifico e inarrivabile.

«In this world it’s kill or to be killed»

Undertale non è soltanto un gioco, è un titolo che esce dallo schermo: ti parla e forse ti porta anche a farti riflettere. È apparentemente breve ma, ogni volta che si ricomincia, provando le tre campagne principali (neutrale, pacifista e genocida) il gioco ti mette spesso davanti a qualcosa di nuovo e qualsiasi scelta presa, risposta data o nemico ucciso influenzerà il tuo gioco e persino i tuoi salvataggi futuri! I personaggi di Undertale non sono solo semplici character dietro uno schermo, non sono solo nemici che in un qualsiasi altro gioco elimini senza pensarci: ogni personaggio di Undertale ha una personalità, dei sentimenti, amore verso qualcosa, odio verso qualcosa, sicurezze, insicurezze, volontà, storie, elementi che spingono il giocatore a pensare fuori dagli schemi. Per ottenere il finale “migliore” bisognerà essere praticamente… buoni! La vera difficoltà in Undertale sta proprio nel risparmiare ogni nemico convincendolo a evitare lo scontro con i comandi “act“; potrete dunque fare dei complimenti al vostro nemico o accarezzarlo, insomma, sarete alla ricerca dell’animo gentile di quei personaggi che, per ironia della sorte, vengono etichettati come mostri e vi verranno posti davanti. Ovviamente il giocatore può decidere anche di attaccare i nemici ma questo non solo a rischio e pericolo dell’intera sorte del gioco, dunque per il finale e la già citata influenza nelle campagne successive, ma per l’umore generale dei giocatori stessi. Si potrà restare più volte con l’amaro in bocca, specialmente durante la prima (molto probabile) campagna neutrale, quando non si hanno ancora ben chiare le meccaniche di gioco e si uccide qualcuno che magari non se lo merita proprio ma alla fine, poiché bisogna agire in fretta, lo si manda di fronte al proprio fato senza che lo meriti. Ed è proprio questa la magia del gioco in questione: in Undertale non si crea un rapporto fra il personaggio controllato e gli NPC, ma fra la persona del giocatore stesso e gli NPC. Nella sua finzione, Undertale è spaventosamente reale e il suo “superare la quarta parete” stupisce di continuo, soprattutto perché lo fa in maniera intelligente. Questa meccanica funziona al meglio soprattutto nella campagna genocida e l’intero tono del gioco, prima allegro e tuttavia spensierato, si farà cupo e malvagio e vi farà veramente star male, non solo a causa di ciò che state facendo, ma perché poi ne pagherete le conseguenze… per sempre! La psicologia dietro al gioco è davvero impeccabile.

«You’re new to the underground, aren’tcha»

La storia vede un bambino cadere in una voragine in cima al monte Ebott per poi finire all’interno di un mondo popolato da strane creature catalogate come mostri. La premessa ci spiega che in passato mostri e umani convivevano pacificamente ma una terribile guerra, finita con la vittoria degli umani, sciolse i rapporti fra queste due specie; gli umani finirono col relegare i mostri all’interno del monte Ebott, creando una barriera magica inoltrepassabile dai mostri. Durante il nostro viaggio per uscire da questa dimensione – visto che apparentemente non sussiste alcun problema per gli umani nel superare la barriera magica – andremo alla scoperta della storia di questo mondo, dei rapporti avuti con gli umani e di cosa rende diversi questi ultimi e i mostri. In tutto questo faremo la conoscenza dei singolarissimi personaggi del gioco come Sans, Papyus, Undyne, Alphys e molti altri, personaggi che ci arricchiranno nella nostra esperienza e ci riempiranno di amore ma soprattutto di “determinazione“.

«It’s a beautiful day outside, birds are singing, flowers are blooming»

Il comparto audio-visivo è sempre in una soglia fra il tipico e atipico ma accompagna perfettamente quella che è l’interezza del gioco. La grafica si rifà principalmente a ciò che è stato Earthbound per SNES, il gioco a cui Toby Fox si è ispirato maggiormente, e oscilla fra un 8 bit e un 16 bit. Coloratissimi gli scenari, particolare, come già detto, ogni personaggio del gioco e spettacolare ogni singolo dettaglio grafico e testuale del gioco. L’audio è azzeccatissimo, una colonna sonora, composta dallo stesso Toby Fox, che accompagna magistralmente ogni singola situazione del gioco, specialmente durante la campagna genocida del gioco, quando la musica, dalle dolci melodie luminose, si trasforma nella colonna sonora ideale per il vostro incubo peggiore. Per ciò che riguarda il gameplay vero e proprio, dunque del sistema di battaglia, Undertale ci offre un ibrido, tanto strano quanto affascinante, fra un Resident Evil Gaiden (per Gameboy), per ciò che riguarda l’attacco vero e proprio, e un bullet hell in stile Toho per ciò che riguarda la difesa; che si scelga di attaccare o usare i comandi “act”, durante i turni di difesa dovremo muovere il nostro cuoricino (rappresentante la nostra anima) attraverso dei labirinti di proiettili più o meno semplici, ma questi sono comunque ben strutturati e mai noiosi o frustranti, come accade spesso in questo tipo di giochi.

Il gioco, sia su Steam che su PS4, è disponibile solo in inglese, perciò al momento, a meno che non venga annunciata una patch contenente nuove localizzazioni, vi conviene essere ferrati con la lingua inglese. Undertale è un titolo che non richiede grandi requisiti minimi, perciò anche i computer più deboli possono supportare la “poca potenza” di cui questo gioco necessita.
Undertale è un gioco che agisce direttamente sul proprio stato d’animo, che ricorda che in fondo, anche se lo facciamo in un videogioco e dunque senza conseguenze, uccidere è sempre un gesto sbagliato. Undertale forse ci spinge in questo senso, proprio nella società reale, a essere persone migliori e benevole qualsiasi sia il nostro fine e anche che non esiste un tasto reset per poter cancellare i propri errori. Se non altro Undertale è l’unico gioco – per quel che si sa – posseduto da Papa Francesco, regalatogli dallo youtuber Matthew Patrick (meglio conosciuto come Mat Pat), a capo del canale “the game theorists“, durante un meeting della associazione Scholas occurrentes nel quale fu chiamato come rappresentante di You Tube e della comunità dei videogiocatori.
Gioco profondo, unico, insostituibile e affatto bisognoso di sequel, Undertale è senza dubbio uno dei migliori titoli indie mai concepiti e probabilmente raggiunge una qualità che difficilmente verrà lambita da nessun altro sviluppatore, indipendente o meno.




Micro Machines World Series – E Quindi?

Codemasters non ha certo bisogno di presentazioni: i suoi titoli – da DiRT a Formula 1 – sono conosciuti per l’alta qualità raggiunta in tutti i settori del medium videoludico. Prima di questi però – e parliamo del 1991 – Codemasters deliziava il pubblico con il primo videogioco dedicato alle Micro Machines, su quasi tutti i sistemi dell’epoca. Fu un titolo che colpì immediatamente per il suo stile e oggi, a più di 25 anni dal debutto, la casa britannica ha deciso di rispolverare il brand, portando sui nostri schermi Micro Machines World Series. Il titolo purtroppo raccoglie solo in parte il meglio del titolo originale, portando con sé vari pregi ma anche alcuni difetti.

Come un menù scozzese

L’offerta ludica di Micro Machines è molto incentrata sull’online: le modalità presenti strizzano l’occhio a quanto visto negli anni novanta, per cui possiamo trovare classiche gare, l’eliminazione in più manche e il piatto forte riservato alle battaglie. Proprio quest’ultima modalità si presenta come un “destruction derby” in cui i vari mezzi sul campo dovranno darsi la caccia e distruggersi. Tutto ciò, oltre a essere accompagnato dalla presenza di 15 arene diverse, è contornato da diverse modalità che magari – per chi frequenta gli FPS – posso risultare familiari.
Tra semplici gare e le altre modalità vi è una sostanziale differenza nell’utilizzo della propria auto: se nel primo caso esse possiedono solo proprietà intrinseche (ad esempio la resistenza del carro armato), con armi sbloccabili soltanto à la Mario Kart, nelle altre le auto hanno proprietà particolari uniche. Le 12 vetture presenti vantano infatti poteri specifici ricaricabili a tempo, una volta utilizzati, più un potere speciale devastante, utilizzabile se caricato a sufficienza. Il problema sovviene però sul bilanciamento generale in quanto, in base alla modalità scelta, la vettura che utilizzeremo sarà più o meno avvantaggiata rispetto alle avversarie: diventa ovvio utilizzare mezzi come il carro armato nei deathmatch, per via della sua potenza di fuoco e della resistenza, oppure un auto da corsa durante una gara, fornita di maggior spunto velocistico.
Oltre a tutto questo, Codemasters, si prodiga a creare eventi settimanali specifici, che aiutano a guadagnare punti esperienza e, come nelle altre gare online, dei forzieri contenenti delle skin per le auto, emote, denaro e tanto altro con cui potremo personalizzare il nostro mezzo.
Con queste modalità Micro Machines World Series ha il merito di risvegliare in noi qualche ricordo sopito, ma è davvero troppo poco per un titolo lanciato con un prezzo di 29,90€. Alla fine, citando Jeremy Clarkson, il tutto si presenta come un menù di un ristorante scozzese: «poca roba e nulla di interessante».

Guarda mamma, senza mani!

Se siete veterani del titolo, la cosa che salta subito all’occhio è la semplificazione del comportamento delle auto, sicuramente meno nervose rispetto all’omologo degli anni ’90. Fortunatamente – o no –– tutto ciò non si traduce in facilità nel completare le gare: le piste, piene di pericoli, diventeranno ulteriori avversari da battere oltre a quelli già presenti. In ogni caso, la visuale isometrica aiuta – e non poco – a capire sin da subito la conformazione della pista ed eventuali pericoli che essa contiene. Tutto risulta abbastanza semplice, anche nell’utilizzo dei poteri a disposizione di ogni veicolo.
Inoltre durante le partite online si avverte come tutto sia stato studiato per aver la maggior immediatezza possibile pur di eliminare l’apprendistato, che comunque è presente sotto forma di tutorial a inizio gioco. Le partite con altri giocatori risultano caotiche e non conoscono la parola strategia: nelle tre modalità principali “Capture the flag“, “Drop the bomb” e “King of the hill” si assisterà a così tanta confusione che faticherete a capirci qualcosa; diventa un tutto contro tutti  – o team contro team -–divertente sicuramente nei primi momenti che però, una volta passati, potrebbero lasciar spazio alla frustrazione.

Macchinine digitali

La parte migliore di questo titolo è riservata alla componente tecnica e artistica, soprattutto per quanto concerne piste e arene, le quali sono contornate da numerosi oggetti di scena spesso in perenne movimento e/o interattivi: potremo per esempio sfruttare delle ventole per compiere grandi salti o sistemi di teletrasporto per spostarci istantaneamente da un punto a un altro della mappa. Tutto risulta ben modellato e con texture di buona definizione.
Anche gli effetti speciali, riservati agli elementi dello scenario, armi e mezzi, sono ben realizzati, dando un tocco caricaturale adatto al contesto, e le auto godono dello stesso trattamento, nonostante siano povere di dettagli particolari.
Il comparto sonoro svolge invece il semplice compitino: l’audio delle auto risulta abbastanza scarno così come, purtroppo, i suoni di esplosioni, urti, etc. Anche le musiche utilizzate non godono di tracce particolarmente memorabili, cercando di imitare il più possibile il tema del videogioco degli anni novanta.

In conclusione

Purtroppo Micro Machines World Series soffre di mancanza di contenuti che possa invogliare il pubblico a continuare a giocare questo titolo. Tutto è permeato da un alone di delusione e sembra immancabile il pensiero che, probabilmente, si poteva fare di più. Resta un titolo godibile come semplice passatempo senza pretese per via di match online divertenti, anche se un tantino squilibrati. Insomma, la nostalgia aiuta a prendere in mano MMWS, ma non può fare miracoli.




Hellblade: il gioco autoelimina i salvataggi se muori tante volte

Chi, dopo una giornata stressante, voglia giocare una partita a Hellblade per rilassarsi dovrà prima essere sicuro di essere molto bravo al punto di non morire molte volteIl nuovo capitolo Senua’s Sacrifice ha infatti un sistema permadeath in virtù del quale  i file della partita vengono eliminati dopo un certo numero di sconfitte, costringendo il giocatore a iniziare tutto da capo.

Qui sotto il trailer ufficiale del nuovo capitolo:

Più avanti si va con la storia del gioco, più difficile sarà appunto il gameplay e, per evitare che i file vengano cancellati, sarà consigliabile ritornare al precedente checkpoint e continuare finché non si supererà il punto in questione. Il gioco è disponibile per PS4 PC al prezzo di 29.99€ sia su Steam che sul PS Store.

 

Qui sotto sono presenti alcuni tweet che possono interessare riguardo al gioco:

https://twitter.com/BabyGotBell/status/894834161315434496?ref_src=twsrc%5Etfw&ref_url=http%3A%2F%2Fwww.eurogamer.net%2Farticles%2F2017-08-08-hellblade-deletes-your-save-file-if-you-die-too-much




Novità per La Terra di Mezzo: L’ombra della guerra

Emergono alcune novità riguardo La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra.
Uno degli aspetti più apprezzati del gioco è il sistema Nemesis, che permette a ogni giocatore di affrontare storie ogni volta uniche attraverso nemici generati proceduralmente e differenziati nella personalità e nei punti di forza e di debolezza. L’Ombra della Guerra prevederà inoltre un sistema micro-transazioni: infatti all’interno del titolo sarà presente un negozio da cui comprare i vari “potenziamenti”, fra cui:

Cassa del bottino: contiene armi e armature di diversa rarità. L’equipaggiamento e l’aggiornamento di queste armi e armature migliorano le abilità personali di Talion. Inoltre possono anche contenere XP boost.

Bottino di guerra: fornisce orchi seguaci di diversa rarità per aiutare a forgiare un esercito forte. Possono anche contenere ordini di formazione per livellare e personalizzare i seguaci orchi.

XP bonus.

Pacchetto speciale: il pacco copre le casse del bottino, i bottini di guerra e bonus di un valore maggiore.

Potremo pagare queste cose in due modi diversi: possiamo usare la valuta Mirian o l’oro, un nuovo tipo di moneta. Il Mirian può essere acquisito sconfiggendo gli “Orchi del tesoro“, distruggendo gli attrezzi, distruggendo i seguaci orchi, mentre l’oro può essere ottenuto acquistandolo tramite Steam, PlayStation Store o Xbox Store. È anche possibile guadagnare piccole quantità d’oro raggiungendo determinate tappe fondamentali e partecipando alle sfide della comunità.
Il titolo sarà sempre giocabile online, impedendo quindi agli hacker di influenzare la valuta in gioco e le casse del bottino.




Rocket Wars

Rocket Wars è un titolo indie action in 2D, sviluppato da Archon Interactive e pubblicato da Rooftop Panda su Steam. Armati della nostra navicella spaziale, dovremo fronteggiare all’interno di un’arena altre navicelle per riuscire infine a completare l’obiettivo prefissato.
Rocket Wars dispone di un gameplay abbastanza semplificato: per riuscire a contrastare i nemici dovremo disporre di un’elevata capacità nell’usare le armi che abbiamo a disposizione. Ogni navicella disporrà di un’arma base, alla quale potremo affiancare anche un’arma speciale che si potrà acquisire tramite power-up all’interno dell’area di gioco. Potremo quindi disporre di cannoni, mine, bombe nucleari e cosi via. Questo titolo è stato creato principalmente come shooter-arena con pvp locale, ed è infatti possibile giocare con altri utenti (fino a un massimo di 4).
Il titolo però è tutta via privo di pvp multiplayer, e questo è un difetto non da poco, che rende il gioco noioso se non si hanno amici con cui giocarlo.

Nel corso del gioco sarà possibile affidarsi alla coppia tastiera-mouse oppure utilizzare il joypad. Vi consiglio vivamente di usufruire di un joypad, se possibile, la precisione al contrario ne risente molto.
Il gioco possiede un numero sufficiente di modalità di gioco, da scegliere tra sette differenti: Deathmatch (free for all), Survivor (nella quale ogni giocatore avrà a disposizione 5 vite e dovrà riuscire a tenersele strette il più possibile), Nuke King (dove vince chi ottiene il punteggio più alto), Team Deathmatch (dove vince il team che ottiene il maggior numero di uccisioni), Team Survivor (ogni team ha 10 vite a disposizione e l’obiettivo è quello di non terminarle prima del team nemico), Team Nuke King (dove per vincere, bisogna far conseguire al proprio team il maggior numero di punti) e Free Play (dove il giocatore può giocare all’infinito senza alcun obiettivo).
Rocket Wars dispone soprattutto di un’intelligenza artificiale davvero ben fatta che riuscirà a metterci sempre in difficoltà. La grande intelligenza dei bot rende le partite molto combattute e intriganti.
All’interno del titolo sono presenti ben 12 navicelle completamente diverse l’una dall’altra. Sarà possibile sbloccarle con l’avanzare dei livelli. Ogni navicella che sbloccheremo avrà un vantaggio e uno svantaggio: ad esempio, alcune avranno una cadenza di tiro maggiore ma avranno una vita minore, altre avranno una velocità superiore a scapito della maneggevolezza. Sbloccare una skin sarà inutile, cambierà l’aspetto  della nostra navicella ma non avremo nessun vantaggio in battaglia.
In sé, Rocket Wars ha una grafica molto scarna e una colonna sonora abbastanza rilassante e piacevole, che riesce a rendere il gameplay in singolo di certo più avvincente. La mancanza del multiplayer penalizza però non poco un titolo che sarebbe potuto risultare molto più interessante, e la presenza della coperativa locale colma solo in parte questo vuoto che lascia il gioco globalmente monco.