Google Stadia vs. The World

L’avvento di Google Stadia ha accelerato i tempi verso un futuro atteso da tutti. Del resto il digital delivery è sempre più una realtà prossima, con anche Sony e Microsoft che cominciano attivamente a sondare il terreno, cercando di capire quanto l’utenza sia ancora legata alla copia fisica o se cominci già a strizzare l’occhio al digitale. Gli approcci sono diversi, ma c’è un dato impossibile da ignorare: le console fisiche esistono ancora e l’avvento di PlayStation 5 e Microsoft Scarlett pare procedere costante.
Google, dunque, è stata fin troppo ambiziosa o Sony e Microsoft sono state troppo conservatrici? Analizziamo in dettaglio la situazione.

Forzare il cambiamento

Da quando il servizio Stadia è stato presentato, la domanda è stata una soltanto: riuscirà Google a gestire centinaia di migliaia di videogiocatori contemporanei sui diversi dispositivi? È una domanda importante, fare il passo più lungo della gamba è un rischio che il colosso di Mountain View non può certo permettersi.
Dal canto suo, la presentazione ha avuto successo, lasciando sbalorditi gli addetti ai lavori e meravigliando i videogiocatori che, improvvisamente, hanno visto cadere le catene che li vincolavano a un singolo hardware. L’importante è giocare, poco importa su quale supporto. Del servizio streaming ancora mancano alcuni dettagli, come la modalità di pagamento o se serva o meno il possesso di un gioco, ma di certo le luci della ribalta al prossimo E3 saranno sicuramente puntate verso questo nuovo inizio. LE caratteristiche tecniche ve le abbiamo già raccontate, sono sicuramente molto allettanti e capaci di portare il gaming su nuovi livelli, non solo per chi gioca ma soprattutto per chi sviluppa e produce, cambiando per sempre la faccia del mercato: l’aver disponibile tutto, subito e ovunque eliminerà all’istante aggiornamenti e add-on scaricabili e patch, il rilascio di demo e beta, nonché la distribuzione in generale con i publisher che dovranno cambiare strategia comunicativa, forse più diretta e personalizzata.
Il futuro sembra proprio roseo, un futuro arrivato molto presto e capace di prendere tutti alla sprovvista. Tra questi Sony, Microsoft e Nintendo, con lo sviluppo di nuove console in dirittura d’arrivo, in qualche modo già obsolete.
In questo periodo però, si sta sondando il terreno, con strategie diametralmente opposte: PlayStation Now è realtà e sembra funzionare abbastanza bene anche nel nostro paese, anche se ancora non vanta una libreria da capogiro. Il servizio Sony ha permesso a molti utenti PC di saggiare finalmente alcuni dei suoi titoli più importati (Bloodborne su tutti), completamente in streaming, un evento totalmente inedito e fino a poco tempo di fa inimmaginabile. PlayStation 5 è una console fisica, di cui sappiamo già le caratteristiche tecniche, che porta il gaming verso una reale next-gen; a questo punto però, next-gen non è riferito solo alla componente tecnica. Purtroppo Mark Cerny non si è sbottonato su streaming e servizi tangenti, ma le peculiarità della nuova console lasciano ben sperare, pur mantenendo un supporto ottico vista anche la retrocompatibilità con PlayStation 4.
E Microsoft? Proprio in questi giorni, la presentazione della nuova Xbox One S All-Digital, console interamente dedicata al digital delivery. Questa mossa, visto anche il prezzo di 229,99€, ha lasciato interdetti i più, visto che la stessa console con supporto fisico ha lo stesso prezzo se non addirittura minore. La via della casa di Redmond è dunque diversa, ibrida, presentando ancora la “classica scatola”, quasi per non disorientare l’utenza; una scelta senza dubbio interessante, e tutto questo lascia presupporre come anche Microsoft stia sondando il terreno, in preparazione della sua nuova console.

Il futuro degli altri

Alle 22:00 del 9 Giugno, Microsoft sarà chiamata a rispondere sul campo alla proposta allettante di Google e alle caratteristiche estreme di Sony. È chiaro come la divisione gaming del colosso di Bill Gates abbia imparato dai propri errori, puntando su una maggiore attenzione alla comunicazione e sui feedback della community. Proprio per questo la nuova Scarlett (nome ancora in codice delle nuova console) è un passo cruciale per il futuro del mercato, facendo saggiare probabilmente le caratteristiche del Project xCloud, definito come il “Netflix dei videogame”. Della nuova console si sa poco o nulla: è ovvio che sarà estremamente performante ma non è quello che interessa. Quello che conta adesso è la visione del futuro e l’approccio che Microsoft (come Sony del resto) avrà in questi mesi. Da giugno in poi, infatti, contando che Stadia uscirà a fine anno, potremmo avere un nuovo catalogo di scelta che non si baserà più sulle caratteristiche tecniche o sui titoli esclusivi ma sul tipo e sulla convenienza del servizio offerto. Questo apre un ventaglio immenso di possibilità, fatta di eventuali abbonamenti e fruibilità su diversi dispositivi. A questo proposito Apple non è rimasta a guardare: Apple Arcade non è ancora stato accostato allo streaming, certo, ma la presenza di un abbonamento per poter usufruire di titoli esclusivi è quasi certo. Questo aprirebbe il mercato a una concorrenza spietata e, nonostante l’approccio sembra essere ben diverso rispetto a Google, la casa di Cupertino sembra voler entrare a gamba tesa, sfruttando nomi altisonanti come Devolver Digital, Sega e Konami, facendosi via via strada nell’intricato mondo del gaming.
Nintendo rimane perora in disparte: se è vero che in Giappone è possibile giocare a Resident Evil VII e Assassin’s Creed: Odyssey in streaming su Switch, non si hanno ulteriori notizie sulle prossime mosse del colosso di Kyoto. Il suo approccio è cambiato radicalmente dopo la mala sorte toccata a Game Cube, cercando via traverse (per lo più di successo) per conquistare il pubblico. Ma adesso il mercato sta cambiando nuovamente e i giocatori, come si evince, sembrano attirati dal nuovo Eden offerto dalle nuove tecnologie.
L’avvento di Google Stadia dunque, sembra aver messo tutti sull’attenti, e fare un passo falso adesso decreterebbe un avvio difficoltoso e un gap difficilmente colmabile negli anni a venire. Microsoft, Sony, Apple e Nintendo, sono pronte a darsi battaglia portando la loro visione del futuro in un mercato che aveva disperatamente bisogno di una reale novità. La novità è arrivata, e non vediamo l’ora di entrare in un mondo che fino a pochi mesi fa sembrava fantascienza.




Chicago tassa PlayStation Plus

Tutto è cominciato nel luglio 2015, quando nella città di Chicago è stata emanata una nuova legge, soprannominata dai residenti “legge sul divertimento“. Questa, entrata in vigore poco più di tre anni fa, impone una tassa su tutti i servizi streaming online, proprio come Netflix o Spotify per i residenti di Chicago, quindi vengono tassati servizi utilizzati da milioni di utenti nel tempo libero.
Questa imposta, che equivale al 9%, ha portato molte aziende che offrono un servizio di streaming nel territorio della grande metropoli, ad aumentare il costo dei propri abbonamenti. La stessa Netflix ha dovuto modificare i prezzi della sua piattaforma e la medesima cosa sta accadendo anche a Sony, che dal 14 novembre, tasserà servizi come PlayStation Plus, PS Now, PS Music e altri, che riceveranno un incremento dei prezzi.
Molti si sono schierati contro la scelta del Dipartimento delle finanze di Chicago, persino Apple, che ha cercato di far valere l’Internet Tax Freedom Act, una legge firmata nel 1998 che vieta la tassazione di internet e dei servizi di e-commerce, ma per adesso sembra non essere cambiato nulla.
Questa tassa, non solo ha creato un malcontento generale per chi usufruisce di tali servizi, ma alla lunga potrebbe favorire la pirateria, che potrebbe portare a un consistente calo delle vendite di tali abbonamenti nel territorio di Chicago.

I servizi simili a Netflix, che permettono lo Streaming di videogiochi, stanno vivendo un periodo di crescita, soprattutto negli ultimi anni. Anche la stessa Sony ha registrato dei numeri davvero ottimi per il suo servizio di streaming videoludico, PlayStation Now, che ha raggiunto circa il 52% delle entrate totali del settore, circa 143 milioni di dollari in un solo trimestre. PlayStation Now ha superato persino il servizio streaming di Microsoft, Xbox Game Pass e quelli di Ubisoft ed EA che singolarmente ricavano poco meno di 90 milioni di dollari.
In totale la fatturazione del settore dello streaming videoludico si aggira a circa 273 milioni di dollari guadagnati durante il terzo trimestre dell’anno; molti utenti definiscono questa crescita come la sempre più netta affermazione dei servizi cloud e streaming, servizi che potrebbero essere la base delle nuove console next-gen.
La tassa imposta a Chicago non influirà pesantemente su questi numeri, ma sicuramente non è positivo per l’industria e per i cittadini che si ritrovano a pagare di più per usufruire di un servizio di streaming.




Trovata una cura per il backlog: gli arretrati non faranno più paura

Ogni giocatore che si rispetti ha un elenco infinito di titoli comprati fra saldi e momenti di hype ma lasciati lì a prendere polvere, aspettando l’occasione migliore per recuperarli. Il backlog è un problema reale, che colpisce quasi tutti i gamer: trovare il tempo e la voglia per giocare una saga o un singolo gioco non è semplice, soprattutto se si lavora, si studia, si ha una famiglia e se i mille impegni quotidiani non danno tregua.
Molte volte ci ritroviamo a comprare giochi che non utilizzeremo mai solo perché sono scontati o costano poco, ma solo con una flebile intenzione di giocarli, un giorno.
Il problema nasce dal fatto che un titolo che ha una storia non cambia nel tempo; prendiamo a esempio Kingdom Hearts: ogni suo capitolo non ha mai subito dei cambiamenti al gameplay, né è stato aggiunto qualcosa di nuovo con un aggiornamento, non è mai cambiato; quindi si può finire un capitolo passando subito al successivo.
Finire gli arretrati può essere visto anche come un compito, una sorta di “lavoro” e questo è sicuramente negativo per un videogiocatore. Essere “vincolato” dall’acquisto di un nuovo gioco per colpa del backlog non è una situazione piacevole.
Ma se si prendono in esame brand come Fortnite, Rainbow Six Siege o Destiny ci si può accorgere che sono tutti loro sono in continua evoluzione, supportati da aggiornamenti e DLC vari che implementano nuove funzionalità, rendendoli anche più longevi.

Non di rado chi vuole recuperare tutti i titoli non completati che ha acquistato lo fa non solo per quella che è certamente la voglia di giocarci, ma anche per una sorta di senso di colpa: vedere che il gioco è lì, mai stato aperto, è come comprare un’auto senza mai guidarla, un acquisto inutile. Chi veda le cose da questa prospettiva potrebbe essere gravato
Da questo punto di vista il futuro può venirci incontro: i videogame in streaming di cui tanto si parla e che pare debbano essere il prossimo passo dell’evoluzione del settore, non avranno il solo vantaggio di alleggerire gli hard disk, ma anche quello di non metterci di fronte alla condizione di accumulare un corposo backlog alle spalle.
Questi nuovi servizi in abbonamento offrono gli stessi vantaggi di Netflix: pagando un quota mensile si possono giocare tutti i giochi che si desiderano.
A meno che non ci si trovi davanti a casi clinici o di forsennati “binge racer”, non c’è fretta: la piattaforma sarà lì, i giochi per lo più rimarranno (come le serie tv, che vengono periodicamente aggiornate ma che per un periodo consistente di tempo rimangono disponibili) e si potrà tranquillamente terminare un gioco per poi completare quello che piace di più.
Vero, lo streaming non ci vedrà possessori dei videogame che giochiamo: ma dite che con Steam e la sua mancanza di DRM la situazione è tanto diversa?




Cloud gaming = futuro?

Lo scorso giugno, Yves Guillemot, CEO di Ubisoft, ha rilasciato delle dichiarazioni destinate a far discutere: secondo il fondatore dello studio francese, la prossima generazione di console sarà l’ultima per come la conosciamo, destinata a lasciare il posto al cloud gaming. E in effetti il futuro sembra volgere verso questo tipo di servizio, come lasciano intuire gli interessamenti da parte di Activision, Sony col suo PlayStation Now (e prima ancora, l’acquisto di Gaikai), più una miriade di servizi recenti come Nvidia Grid, Liquidsky, Vortex o Snoost. Ma la “bomba di mercato” maggiore proviene da Redmond, Washington; infatti, secondo le ultime voci, pare che Microsoft voglia creare due versioni della nuova Scarlet, nome in codice della prossima Xbox: una console “classica” e l’altra, più economica e completamente incentrata sul GooS (gaming as a service), ovvero, il cloud streaming.

Certo, le intenzioni sono interessanti, e anche sotto il profilo del progresso tecnologico sembra che il GooS rappresenti il futuro prossimo, con servizi più vicini a ciò che offre Netflix: Snoost, per esempio, prende pesantemente ispirazione dal servizio di streaming cinematografico e televisivo californiano, con piani di abbonamento che partono da 12,95€ al mese per un’esperienza a 480p, fino ad arrivare a pagare 38,85€ mensili per il gaming a 1080p. Ma il nodo gordiano della questione cloud gaming è rappresentato sempre dalle infrastrutture di rete, dove i lag spikes la fanno da padrone: prendendo per esempio il nostro paese, secondo il report dell’AGCOM scopriamo che solamente il 25% della popolazione ha accesso a una connessione internet che supera i 100Mbps, e un fortunato 2% che usufruisce di una rete FTTH (fiber to the home). Dato parecchio sconfortante, reso ancora più deprimente se controlliamo la classifica della velocità delle connessioni mondiali pubblicata da M-Lab, dove l’Italia si assesta al 43° posto, quart’ultima nazione europea.

Tornando all’attualità del cloud gaming, al momento abbiamo qualche timido servizio, come quelli citati all’inizio, e tante promesse: è il caso di Microsoft. La voce di una nuova Xbox dedicata solo ed esclusivamente allo streaming potrebbe essere la svolta decisiva per un nuovo modo di intendere i videogiochi. Non a caso, da qualche giorno molte sono le notizie che vedono l’azienda di Bill Gates intenta a tornare nel settore degli smartphone, nonostante il fallimento di Windows Phone e di Surface Phone (che, a inizio anno, rappresentavano solamente lo 0,15% della fetta di mercato!): alla fine, il motto che ha contraddistinto Xbox One è “play anywhere”, con una sorta di interconnessione tra la console e i PC con Windows 10: e se questa connessione si allargasse anche agli smartphone, così come fa Remotr? Rientrerebbe nelle classiche innovazioni a cui Microsoft aspira fin dagli inizi della sua storia.
Ma vi è anche un pericoloso precedente andato male, che riguarda una console dedicata esclusivamente allo streaming: è il caso di PlayStation TV, un piccolo media center creato da Sony per poter giocare sui televisori di casa con i titoli PlayStation Vita, coadiuvato anche dal supporto a PlayStation Now. Fu un fallimento commerciale: la piccola scatolina nera di Sony non aveva nessun appeal per i giocatori, con un costo elevatissimo per ciò che veniva offerto, e il progetto venne accantonato dopo soli due anni dall’uscita nei negozi.

Non basta il caso di PlayStation TV a rendere dubbia l’effettiva funzionalità del GooS; prendiamo sempre come esempio l’ipotetica “doppia” Xbox: come verrebbe impostato il marketing di Microsoft? Quale sarebbe la vera differenza delle due versioni, all’infuori del costo meno elevato per la versione dedicata allo streaming? E se quest’ultima avesse più problemi rispetto a una console classica, essendo legata a doppio filo dalle infrastrutture di rete del proprio territorio? Sarebbe devastante per una Microsoft non più disposta a inseguire le concorrenti nella prossima generazione di console. Certo, in caso contrario verrebbe fuori qualcosa di rivoluzionario, e rappresenterebbe davvero l’inizio di una nuova era nel gaming, ma al momento è tutto un grande “se”, visto che non si sa se effettivamente negli studi di Redmond si stia progettando una Xbox dedita esclusivamente alle funzionalità cloud.
Più concreta, invece, sembra la linea intrapresa da Activision; pochi giorni fa, il COO Coddy Johnson ha rilasciato le seguenti dichiarazioni a proposito del cloud gaming:

«Pensiamo che sul lungo termine l’impatto del gaming basato sul cloud e sullo streaming sarà positivo sia per noi che per l’intera industria videoludica. Innanzitutto perché ha il potenziale di accrescere la base di videogiocatori, raggiungendo quelli che non possono permettersi una console o un PC all’ultimo grido. E, in secondo luogo, venendo in aiuto di chi gioca già, offrendo esperienze più accessibili. C’è ancora tanto lavoro da fare prima che la tecnologia possa essere disponibile per la maggior parte del pubblico, ma crediamo che prima o poi accadrà, probabilmente non a breve, ma quando verrà il momento anche Activision ci sarà.»

Insomma, i piccoli passi verso il futuro, che sia prossimo o più in là nel tempo, ci sono tutti: servizi in abbonamento come Vortex, Snoost o Gamefly sono già disponibili, mentre i giganti del settore come Sony, Microsoft e Activision guardano con interesse il gaming as a service. Il futuro del settore si giocherà su questo campo, e il calcio di inizio aspetta solamente di essere battuto.




E3: Sony svela parte della sua tabella di marcia

Siamo ormai agli sgoccioli; sta per iniziare la nuova edizione dell’E3, uno degli eventi fieristici più seguiti al mondo. Tra qualche annuncio shock qui e traumatizzante lì, contornati da tante aspettative, Sony si sbottona un po’, rivelandoci una parte non indifferente della propria tabella di marcia pre-E3.

Ovviamente la casa giapponese terrà, come di consueto, la propria press conference, fissata per il giorno Lunedì 11 Giugno, alle 18:00 PST (ossia circa le 3:00AM in Italia), in cui principalmente mostreranno nuovi contenuti per i giochi più attesi del momento: Death Stranding e The Last of Us Part II.

Ma la compagnia sembra aver in serbo altre sorprese, riservando una carrellata di rivelazioni per la settimana che precede l’E3.

Questi contenuti saranno visibili ogni giorno alle 8:00AM PST (quindi alle 17:00PM in Italia), in live-streaming su Twitch, Facebook e YouTube:

  • Oggi: un nuovo gioco PS4 compatibile con il VR
  • 7 Giugno: data di rilascio per un titolo di Worldwide Studio
  • 8 Giugno: nuovo gioco PS4
  • 9 Giugno: nuovo gioco per PlayStation VR
  • 10 Giugno: nuovo porting VR di un gioco molto atteso

In precedenza Sony avrebbe atteso direttamente la press conference per mettere tutta la carne al fuoco. Personalmente credo che l’aver deciso di differenziare in questo modo i contenuti da proporre, sia stata una scelta molto intelligente – o furba che dir si voglia – anche considerando il fatto che magari alcuni titoli, avrebbero corso il rischio di poter passare in secondo piano all’ombra di annunci più imponenti nel corso della fiera.

Nel frattempo, attendiamo con ansia il countdown.




La sfida di Facebook a Twitch e Youtube

Nei primi mesi dell’anno, Facebook ha introdotto il suo Gaming Creator Pilot Program, un’iniziativa mirata ai content creator, come PewDiePie, che offre la possibilità di streammare a 1080p/60fps e con possibilità di monetizzazione dei video. Una mossa che conferma la decisione del social network di puntare più sulla creazione di una vera e propria stazione televisiva a portata di smartphone, ovvero Facebook Watch: difatti, se nel lato sportivo fanno eco gli accordi con Fox per trasmettere la UEFA Champions League e alcune partite pomeridiane della MLB (la lega americana di baseball), sul lato videoludico risaltano gli accordi per portare su Facebook Watch alcuni tornei della Electronic Sports League, principalmente i tornei di Paladins e di Counter Strike: Global Offensive.

Tutto ciò che manca a Facebook per competere con Twitch e Youtube sono gli influencer. Come citato da Guy Cross, direttore delle partnership americane della compagnia:

«Stiamo cercando dei partner che hanno la capacità di attirare pubblico, ma che credono anche nel progetto. Vogliamo costruire qualcosa di speciale che unisce sia gli strumenti già a disposizione per gli streamer, che le novità proposte da Facebook. I content creator videoludici sono i benvenuti sulla piattaforma: lo scorso anno abbiamo sperimentato molto e abbiamo ricevuto molti suggerimenti che ci hanno permesso di migliorare e di investire ancora di più i nostri sforzi su questo lavoro.»

Facebook vuole puntare a diversificare la propria proposta da Twitch: in quest’ultimo i giochi di tendenza la fanno da padrone, mentre Facebook, forte dei 2,2 miliardi di utenti (secondo i dati degli ultimi mesi del 2017), vuole abbracciare qualsiasi tipo di gioco. Gli streamer registrati al nuovo programma hanno già la possibilità di ricevere donazioni dagli utenti, lo streaming a 1080p, e secondo Cross «si sta lavorando insieme ai content creator per l’aggiunta di altre opzioni».

Insomma, sembra proprio che il social network creato da Mark Zuckerberg stia seriamente puntando sul mercato dello streaming video, ma ci sarà spazio per loro in un mercato dominato da Twitch e Youtube? Cross dice la sua al riguardo:

«Molte aziende, come sviluppatori di giochi tripla A o broadcaster di eventi e-sport, si sono dimostrati molto interessati al nostro progetto. Il settore del gaming è vasto e continuamente in crescita: su Facebook abbiamo più di 800 milioni di utenti che usano i giochi della piattaforma, e se contiamo anche gli utenti che partecipano attivamente ai gruppi riguardanti i videogiochi, oppure che condividono video appositi, i numeri sono davvero importanti.»

Ma Cross e Facebook devono stare attenti alla percezione del pubblico riguardo al social network: essendo un social più diretto i contenuti rapidi la fanno da padrone, con video dalla durata molto ridotta, e dove, in generale, gli utenti non passano molto tempo, preferendo più un approccio “mordi e fuggi”:

«Sappiamo che Facebook non è necessariamente un posto dove passi gran parte del tempo, gli utenti sono più abituati a loggare continuamente in più fasi del giorno. Per questo abbiamo bisogno di puntare su Facebook Watch, dove verranno offerti contenuti dalla durata maggiore, come serie tv, eventi sportivi o varietà d’intrattenimento.»

Eppure, la più grande sfida per Facebook resta quella dei puri numeri: lo scorso anno, il social network ha ospitato 27.500 streamer attivi. Numeri irrisori rispetto agli 814.000 di Twitch e ai 293.000 di Youtube e, considerando che Twitch e Youtube sono già facilmente a disposizione degli utenti Playstation 4 e Xbox One che vogliono cimentarsi nel live streaming, sembra proprio che Facebook stia per intraprendere forse la sua sfida più difficile negli ultimi dieci anni. Nonostante tutto, Cross sembra fiducioso nella riuscita del progetto:

«Stiamo tenendo d’occhio altre piattaforme per vedere i loro pregi e difetti. Ci vorrà un po’ di tempo prima di partire attivamente con questo progetto, ma nell’anno appena passato abbiamo compiuto molti test che ci hanno permesso di fare molti passi in avanti.»

Insomma, vedremo se Facebook riuscirà a emergere come seria contendente al trono del live streaming, detenuto da Twitch. Anche se, visti i record ottenuti da Ninja (che recentemente ha avuto in live una star del mainstream come il rapper Drake), sembra che il social di Mark Zuckerberg dovrà prepararsi a un’ardua salita.




Twitch: giro di vite su flame e contenuti sessualmente espliciti

Dopo la sua acquisizione da parte di Amazon, Twitch è maturato molto nel tempo e, proprio pochi giorni fa, sono stati annunciati i nuovi criteri di tolleranza per quanto riguarda molestie, il cosiddetto flame e contenuti sessualmente allusivi. Innanzitutto verrà data grande importanza  alla community, mettendo a disposizione un elenco delle nuove politiche di tolleranza. Viene precisato come, nonostante vengano utilizzati mezzi esterni al sito per indirizzare odio o molestie verso qualsiasi utente su Twitch, ciò sarà comunque considerata come una violazione delle nuove regole. Non è più tollerato il classico “stavo scherzando”; a detta del sito infatti, per quanto sia possibile scherzare con un amico, si è sempre all’interno di una piattaforma con un vastissimo e diversificato pubblico. È stato precisato inoltre, come il sito non possa prendere dei veri provvedimenti per quanto riguarda l’abbigliamento, ma “suggerisce” uno stile casual e mai sopra le righe. La piattaforma ha dato inoltre, altre linee guida per poter rispettare al meglio il nuovo regolamento, come la giusta angolazione delle telecamere, i vari poster presenti nell’inquadratura e illuminazione. Infine, è stato precisato come queste nuove linee sono necessarie per riuscire a carpire il vero intento dello streamer: verrà tenuto conto di molti dettagli per determinare se l’interessato/a stia cercando di essere sessualmente allusivo/a o se stia semplicemente portando un normale contenuto. Qui le parole del comunicato stampa ufficiale:

«Vogliamo, non solo che tutti i nostri utenti si sentano i benvenuti su Twitch, ma anche di essere orgogliosi di far parte della comunità. A tal fine, stiamo rafforzando la nostra posizione su molestie e odio prendendo in considerazione tutti i comportamenti  off-Twitch. Se verranno utilizzati altri servizi per dirigere odio o molestie nei confronti di qualcuno sulla piattaforma, considereremo una violazione delle politiche del nostro sito. Non è più tollerato scherzare quando questo riguarda odio e/o molestie, anche se lo scherzo è rivolto a un amico, visto che si esegue uno streaming su un servizio che raggiunge un vasto pubblico. Prenderemo in considerazione  titolo, angoli della telecamera, emote, abbigliamento, sovrapposizioni e moderazione della chat. L’abbigliamento nello stream dovrebbe essere appropriato per una strada pubblica, un centro commerciale o un ristorante.»



Influencer: la scelta ideale per un’azienda di gaming

Quando si parla di influencer, la prima cosa che ci viene in mente sono YouTuber e streamer di Twitch. Il lato commerciale degli influencer è espresso tramite la produzione di determinati contenuti (essenzialmente video) ma, il loro potenziale, va ben oltre. L’agenzia di marketing GamerInfluencer ha sviluppato il suo business dimostrando, come afferma Benedikt Seitz (il fondatore), che bisognerebbe guardare oltre i soliti “gamer influencer” (come per esempio il noto PewDiePie o altri personaggi di spicco della rete) in modo da coinvolgere un pubblico più ampio.

Seitz, a una instervista di GameIndustry.biz dice:

«Non bisognerebbe basare la ricerca sul “giusto influencer”, piuttosto sarebbe più opportuno trovare chi coinvolge una buona fascia demografica. Spingere sui canali specializzati può anche essere un buon inizio, ma successivamente si deve procedere tramite il fattore demografico degli spettatori. È stato comprovato che i giochi di nicchia, per esempio un gioco di “cucina”, che potrebbe avere una fascia demografica ridotta e prevalentemente al femminile, può avere un discreto successo su piattaforme come Instagram, che non nascono per il gaming, ma che si prestano bene a tutti quei giochi che non troverebbero spazio tra gli influencer.»

Gameindustry.biz:

«Sicuramente degli ottimi consigli, ma il bello di pubblicizzare tramite un canale specializzato è che non solo l’host comprende perfettamente il tuo prodotto, ma verrà compreso anche dagli spettatori. Invece sfruttando piattaforme non dedicate, come un canale di cucina, si potranno sì trovare degli appassionati di gaming, ma l’host sarà comunque interessato a presentare il prodotto?»

Seitz:

«Devo ammettere che non tutti sono aperti al promuovere giochi sul proprio canale, però un buon 70-80% degli influencer “non-gamer” è disposto a farlo; qualora il gioco non dovesse condividere i loro interessi, quindi anche quelli del loro canale e dei loro fan, non lo pubblicizzerebbero mai.
Vorrei sottolineare anche quanto sia importante guardare OLTRE l’ovvio regno di YouTube per cercare degli influencer, alla luce del fatto che anche Instagram, grazie alle sue “stories“, abbia avuto un grandissimo successo, ma come lei anche Snapchat per esempio. Anche piattaforme più consolidate come Facebook o Twitter, vanno bene per promuovere i propri prodotti. Per esempio, se si vuole promuovere un titolo per i “core gamer” sicuramente si avrà più visibilità su piattaforme come YouTube e Twitch, d’altra parte se si dovesse promuovere un gioco “casual”, sarebbe più adatto Instagram, in cui un piccolo video in una “storia”, sarebbe già sufficiente»

Benedikt Seitz suggerisce inoltre, che le case di sviluppo dovrebbero collaborare con gli influencer, in quanto sono persone molto creative e possono dare quel punto di vista in più che potrebbe fare la differenza. Alla luce di quanto accaduto poco tempo fa al personaggio di PewDiePie, le cose stanno cambiando su YouTube, ma anche altrove. La gente non può più fare ciò che vuole ma bisogna mantenere un’etichetta “professionale”; si sta comunicando con il grande pubblico quindi bisogna rispettare delle regole. Seitz sostiene che YouTube potrebbe anche non essere più la piattaforma più ambita per gli influencer tra 5 o 6 anni e che anche Facebook non è la più adatta alla promozione di video e contenuti auto-prodotti, ma può essere utile ugualmente anche se ha perso il suo “impatto”.

Seitz conclude dicendo:

«Ci saranno molti cambiamenti nelle piattaforme social, non importa quale questa possa essere, in ogni caso vedremo sempre qualche forma di influencer»



Facebook e LiveStreaming insieme? Una realtà sempre più vicina

Facebook incrementa i suoi sforzi per diventare, il più possibile, una piattaforma valida per i creatori di contenuti con il lancio di un programma pilota progettato per ottenere più streamer.
Il progamma è stato annunciato attraverso il blog degli sviluppatori del social network, senza dare però molti dettagli: la società, dice, si impegnerà ad assistere i creatori di contenuti più di successo per realizzare una community più unita e coinvolta nei loro stessi video. Per fare ciò Facebook si avvalerà di mezzi come il suo stesso sistema social, Instagram, e i siti Oculus.
Facebook, sostiene inoltre, che equipaggerà gli streamer con gli strumenti necessari per livestream sempre più di qualità, come il supporto al 1080p / 60fps, e costruirà una “piattaforma” in cui i creatori di qualsiasi livello abbiano l’opportunità di crescere. Il blog, accenna anche a nuovi metodi di pagamento per lo streamer, come le donazioni live.
In poche parole, sembra che Facebook voglia ottenere streamer di alto livello, in modo da poter competere con Twitch e identificando allo stesso tempo i creatori che diventeranno i volti di questi sforzi.
Una piccola parte di questi è stata già messa in pratica dalla società di Zuckeberg, che ha già messo in evidenza streamer come StoneMountain64 che, grazie al seguito di oltre un milione di follower, lo rende uno dei più popolari sulla scena.
Il sito ha già accolto 27.500 streamer nell’ultimo trimestre del 2017 mentre, nel frattempo, Twitch e YouTube ne hanno ospitato rispettivamente 814.000 e 293.000, quindi la strada è ancora lunga.
Resta da vedere se Facebook sarà in grado di sostenere una rapida crescita, necessaria per diventare una piattaforma di streaming competitiva nell’industria dei videogiochi. L’anno scorso, la società ha affermato il suo impegno ad ampliare la propria copertura degli Esport, cosa che potrebbe attrarre più streamer e pubblico al sito.




Utomik: il nuovo servizio di streaming videoludico in arrivo quest’anno

Il 2018 inizia con delle belle notizie per il mondo dello streaming di videogiochi, infatti, proprio nelle scorse ore, è stato annunciato che il servizio Utomik verrà rilasciato ufficialmente nei primi mesi del 2018 e, con molta probabilità, potrebbe arrivare anche sul mercato italiano.
Utomik uscirà con più di 670 giochi disponibili, che verranno aggiornati settimanalmente aggiungendo 5 nuovi giochi, e con circa 70 partner editoriali tra cui UbisoftWarner Bros. InteractiveEpic GamesSEGA e molte altre.
La piattaforma verrà lanciata sul mercato con una tariffa di circa 5,99€ al mese per un singolo utente e 9,99€ al mese per il family plan, con quattro utenti.
Il pagamento della tariffa vi consentirà di accedere ad una vasta libreria contenente circa 670 giochi da poter giocare in streaming, ma se non aveste una connessione che permetta uno streaming decente, allora, potrete scaricare parte del gioco sul vostro PC così da avviarlo da locale e rendere lo streaming molto più fluido e godibile.