Kirby: dal Game Boy a Switch

Il recente Kirby Star Allies segna il ritorno della pallina rosa al 2D: un rimando agli inizi della serie di HAL Laboratories, datata 1992; più di venticinque anni passati ad ingoiare nemici, rubare le loro abilità e lottare con il malvagio Re Dedede.
In questo speciale ripercorreremo la storia di Kirby, l’evoluzione della serie e del personaggio, partendo dagli esordi.

Kirby’s Dream Land, 1992 – Game Boy

Sapevate che una delle particolarità di Kirby, ovvero la possibilità di assorbire i poteri dei propri nemici ingoiandoli, non era presente nel primo titolo della serie? Infatti, in Kirby’s Dream Land si potevano sì ingoiare i nemici, ma per poterli “sputare” sotto forma di stella. I poteri venivano conferiti da varie tipologie di cibo, come per esempio, un curry speziato che dava al nostro protagonista un respiro infuocato, oppure una foglia di menta che permetteva di sparare aria più volte mentre si volava, e via dicendo.
A parte questi dettagli, Kirby’s Dream Land si gioca come un normalissimo Kirby moderno: un platform a scorrimento orizzontale in 2D, che all’epoca fece successo per la sua immediatezza e semplicità, così come voluto dal designer Masahiro Sakurai. E pensare che, inizialmente, il design di Kirby era un tappabuchi, ma lo stesso Sakurai restò così colpito dalla semplicità del personaggio, che ben si sposava con il concetto del gioco, tanto da decidere di confermare il design del protagonista.

Kirby’s Adventure, 1993 – NES

Kirby’s Dream Land fu così un successo su Game Boy che alla Nintendo pensarono “perché non lo portiamo sulla nostra console casalinga?”. E così nacque Kirby’s Adventure, remake aggiornato del primo gioco della saga. Qui abbiamo la possibilità di ottenere i poteri dei nemici ingoiandoli, così come la corsa e la scivolata. Sakurai ha anche ascoltato i consigli dei fan, che avevano sì apprezzato la semplicità di Dream Land, ma con alcuni difetti riscontrabili nella fin troppa facilità e la sua breve durata. E allora i cinque livelli del predecessore divennero sette, con una boss fight per livello. È stato concepito anche per essere rigiocato più volte, grazie alla particolarità di copiare le abilità dei nemici, ed è anche un capolavoro tecnico per la console di Nintendo, giunta ormai al suo tramonto. Un’altra particolarità di Kirby’s Adventure è che in questo titolo fa il debutto uno dei nemici storici di Kirby, ovvero Meta Knight.
Il titolo è stato poi portato anche su Game Boy Advance nel 2002, infatti Kirby: Nightmare in Dream Land, è una celebrazione per i dieci anni dall’uscita dell’originale Dream Land, con grafica aggiornata ai tempi e l’aggiunta del multiplayer fino a quattro giocatori.

Kirby’s Dream Land 2, 1995 – Game Boy

A due anni dall’uscita del primo titolo, arrivò il seguito diretto, sempre su Game Boy. Dream Land 2 fece tesoro delle migliorie di Kirby’s Adventure, con l’abilità di copiare i poteri dei nemici e la possibilità di nuotare sott’acqua, oltre all’aggiunta di tre animali che aiuteranno il nostro eroe a superare vari ostacoli: infatti, il criceto Rick non ci farà scivolare sul ghiaccio, il gufo Coo ci permetterà di volare velocemente controvento e il pesce luna Kine ci permetterà di nuotare contro le maree oceaniche. Dream Land 2 supporta il Super Game Boy, l’accessorio che permette di giocare ai giochi del Game Boy su Super Nintendo, aggiungendo anche una palette di colori ed effetti sonori aggiuntivi.

Kirby Super Star, 1996 – Super Nintendo

Kirby Super Star (Fun Pak in Europa) arrivò a fine ciclo vitale del Super Nintendo, condividendo quasi lo stesso destino di Adventure su NES. Ma, al contrario del titolo per NES, che era un port del gioco per Game Boy, Super Star era più una raccolta di mini-giochi. Questo perché, secondo Sakurai, i giochi dell’era 16-bit stavano diventando troppo lunghi, e quindi cozzava con la filosofia semplicistica e immediata di Kirby. Nonostante la sua natura ridotta, Super Star introdusse il multiplayer nella serie, grazie alla creazione di un aiutante che ottienein grado di ottenenere i poteri che ha Kirby al momento. L’aiutante può essere controllato da un amico, oppure dall’IA se si gioca in singolo. Il gioco ottenne un remake nel 2008 per Nintendo DS, chiamato Kirby Super Star: Ultra, con grafica aggiornata e dei nuovi mini-giochi.

Kirby’s Dream Land 3, 1997 – Super Nintendo

Dream Land 3 è il titolo finale della mascotte di HAL Laboratories per Super Nintendo, purtroppo mai arrivato in Europa prima dell’uscita su Virtual Console ai tempi del Nintendo Wii. Questo è il primo titolo di Kirby che segue le vicissitudini del precedente titolo e, a parte questa particolarità, non aggiunge niente di nuovo alla saga.

Kirby 64: The Crystal Shards, 2000 – Nintendo 64

The Crystal Shards è il seguito diretto di Dream Land 3, oltre a esserne il suo upgrade grafico: infatti dal 2D classico della serie, si passa ad un 2.5D, ottenuto grazie alla potenza grafica del Nintendo 64. In termini di gameplay, l’unica nuova aggiunta è quella di combinare due poteri per ottenere qualcosa di più potente, come per esempio, unendo le abilità “bomba” e “cutter” si otterrà uno shuriken esplosivo. Il multiplayer è riservato a dei mini-giochi per un massimo di quattro giocatori, anche se pare, dalle prime schermate di anteprima, che The Crystal Shards fosse originariamente pensato per poter affrontare la storia anche in multiplayer.

Kirby and the Amazing Mirror, 2004 – Game Boy Advance

Il primo titolo senza il creatore di Kirby, Masahiro Sakurai, che lasciò HAL Laboratory poco dopo l’uscita di Kirby Air Ride. Kirby and the Amazing Mirror ha un piglio diverso rispetto ai precedenti capitoli della serie: infatti, è il primo titolo a offrire la modalità principale in multiplayer (attivabile dal cellulare del protagonista, che mette in contatto tutti i possessori del gioco nelle vicinanze) ed è più vicino a un “metroidvania”, una novità rispetto al classico platform 2D al quale siamo abituati. Kirby ha anche delle abilità nuove, come cupido, che permette al protagonista di avere delle ali con cui volare, e un arco capace di sparare frecce, e smash, che replica il comportamento di Kirby su Super Smash Bros. Melee.

Kirby: Canvas Curse, 2005 – Nintendo DS

Nonostante possa sembrare uno spin-off della serie principale, Kirby: Canvas Curse (Power Paintbrush in Europa e L’Oscuro Disegno in Italia) è un titolo importante: è completamente diverso dai precedenti, visto che, in questo capitolo, Kirby si può muovere solamente tramite dei percorsi disegnati dal pennino del Nintendo DS, e può stordire i nemici con uno scatto ottenibile “tappando” su Kirby stesso, così facendo si potranno ottenere anche le abilità degli stessi.

Kirby: Squeak Squad, 2006 – Nintendo DS

Dopo un anno da Canvas Curse, arriva Squeak Squad (Mouse Attack in Europa), e questa volta si torna più sui binari tradizionali della serie, dopo gli esperimenti del precedente titolo per la console portatile di Nintendo. Quindi ritorno al platform 2D, ma con delle novità: infatti Kirby può interagire con i livelli, per esempio, tagliando l’erba alta o sciogliendo il ghiaccio usando l’abilità fuoco. Kirby può anche conservare diverse abilità o cibi nel proprio stomaco, visualizzato nel secondo schermo della console e combinarle per ottenere abilità più potenti o cibi in grado di dare più punti salute. Un po’ lo stesso sistema usato su The Crystal Shards per Nintendo 64, ma aggiornato.

Kirby’s Epic Yarn, 2010 – Nintendo Wii

Altro titolo, altro cambiamento! In Kirby’s Epic Yarn (o Kirby e la Stoffa dell’Eroe in Italia) il nostro eroe verrà catapultato in un mondo fatto interamente di lana e, così come nel primo titolo, Dream Land, non potrà assimilare le abilità dei nemici, ma potrà avvolgerli con una frusta e usarli come proiettili lanosi. La particolarità del mondo si riflette anche in Kirby stesso: infatti non sarà nemmeno capace di volare, ma si trasformerà in un paracadute quando cadrà dalle grandi altezze, oppure, al posto di correre, diventerà un’auto o un mezzo simile, o un sottomarino nelle fasi acquatiche.
Il titolo offre il multiplayer, anche se limitato a soli due giocatori, dove saremo accompagnati dal principe Batuffolo, originariamente, il vero protagonista del gioco, che doveva essere chiamato World of Fluff.

Kirby Mass Attack, 2011 – Nintendo DS

Mass Attack è un gioco di strategia che prende liberamente ispirazione da Pikmin: infatti, in questo particolare capitolo, controlleremo ben dieci Kirby tramite il pennino della console portatile Nintendo.

Kirby’s Return to Dream Land, 2011 – Nintendo Wii

Un anno dopo l’esperimento di Epic Yarn, Kirby torna alla tradizione con Return to Dream Land (Kirby’s Adventure Wii in Europa), riprendendo la struttura 2.5D di The Crystal Shards. Non presenta grandi novità, all’infuori del multiplayer fino a quattro giocatori, la possibilità di fare degli attacchi in team e quella di potenziare l’inspirazione di Kirby per poter ingoiare oggetti più grandi o nemici più potenti.
Il gioco ha avuto anche uno sviluppo travagliato, visto che è stato originariamente presentato all’E3 2005 per Nintendo Gamecube, ma per varie vicissitudini, uscì solamente sei anni dopo su Nintendo Wii.

Kirby: Triple Deluxe, 2014 – Nintendo 3DS

Kirby: Triple Deluxe segue gli stilemi del precedente Return to Dream Land: un 2.5D, che, purtroppo, vede l’assenza del multiplayer nella campagna principale. Per il resto, viene utilizzato l’effetto 3D del Nintendo 3DS, e viene leggermente modificata la super inspirazione di Kirby, adesso ottenibile tramite il frutto miracoloso, che trasforma il nostro eroe in Hypernova Kirby. Sono state aggiunte anche tre nuove abilità, ovvero Campana, Scarafaggio e Circo.

Kirby and the Rainbow Curse, 2015 – Nintendo Wii U

Sequel diretto di Canvas Curse, questo Rainbow Curse (in Europa noto come Rainbow Paintbrush e in Italia Kirby e il Pennello Arcobaleno) sfrutta il pennino del Nintendo Wii U per offrire un gameplay simile al precedente. La grafica prende ispirazione da Epic Yarn, anche se, al posto della lana, il titolo sfrutta la tecnica della claymation, ovvero l’animazione a base di plastilina. Torna anche il multiplayer a quattro giocatori, nonostante quest’ultimo renda il gioco molto più semplice: infatti, gli altri tre giocatori, che interpretano Waddle Dee, possono trasportare Kirby e tirare lance ai nemici. Il titolo è anche il primo della serie a supportare gli amiibo.

Kirby: Planet Robobot, 2016 – Nintendo 3DS

Planet Robobot non si differenzia molto da Triple Deluxe, all’infuori di tre nuove abilità, ovvero sensitivo, dottore e veleno, e per la presenza di una mech suit chiamata Robobot. Esso aumenterà i punti salute di Kirby e avrà il potere di scansionare alcune abilità dei nemici, come lama, spada o parasole.

Kirby Star Allies, 2018 – Nintendo Switch

Arriviamo, infine, all’ultima incarnazione del nostro adorabile batuffolo rosa: Kirby Star Allies, recentemente uscito su Nintendo Switch, racchiude alla perfezione tutto ciò che è stato Kirby negli ultimi ventisei anni: si gioca come Return to Dream Land, è in 2.5D come The Crystal Shards, il moveset del nostro protagonista è come quello del primo titolo per Game Boy, ma con le novità introdotte da Kirby’s Adventure. Abbiamo il ritorno degli animaletti di Dream Land 2, il supporto agli amiibo come Rainbow Curse e la combinazione dei poteri come in Squeak Squad.

Spin-off

Kirby non è solo platform, anzi! La HAL Industries, ai tempi, avrà pensato “Kirby è una palla. Approfittiamone per metterlo in qualsiasi tipologia di gioco che presenta delle sfere!”, e infatti nel 1993 su Game Boy arrivò Kirby’s Pinball Land, fortemente ispirato a Dream Land, ma con un layout da flipper. L’anno successivo toccò al Super Nintendo, con Kirby’s Dream Course, un gioco di golf, e nel 1995 arrivò il turno di Kirby’s Avalanche, una versione personalizzata del popolare puzzle game Puyo Puyo. Il 1995 è anche l’anno di Kirby’s Block Ball, spin-off uscito su Game Boy che richiama lo storico gioco arcade Breakout.
Dopo cinque anni, su Game Boy Color venne il turno di Kirby Tilt ‘n’ Tumble, particolare puzzle game che sfrutta l’accelerometro contenuto nella cartuccia di gioco. Conclude la lista Kirby Air Ride, uscito nel 2003 per Nintendo Gamecube, e unico titolo della saga uscito per la console: è un particolare gioco di guida, dove bisogna solamente controllare la direzione dei veicoli e non la loro velocità. Nella visione di Sakurai, Air Ride doveva essere una versione “semplificata” di Mario Kart: Double Dash.

Insomma, la nostra amata pallina rosa ne ha fatta di strada in ventisei anni, partendo dalle quattro gradazioni di grigio del Game Boy, fino ad arrivare all’esplosione di colori su Nintendo Switch col recente Kirby Star Allies, una vera e propria celebrazione del lavoro svolto da Masahiro Sakurai e di HAL Laboratories, che continua, e continuerà, a far sognare grandi e piccini.




La lore di Super Smash Bros.

Durante l’ultimo Nintendo Direct è stata rivelata una fantastica sorpresa, l’arrivo di un gioco i cui fan considerano quasi un evento, una tradizione che si ripete dal Nintendo 64 e che, come un grande evento cittadino, richiama un grosso numero di fan e giocatori al di fuori dell’utenza della grande N: stiamo parlando di Super Smash Bros., il rivoluzionario picchiaduro crossover che fa da arena ai protagonisti dei più famosi titoli Nintendo. A differenza del picchiaduro classico, i personaggi non hanno una barra dell’energia ma una percentuale che aumenterà a ogni colpo e che segnerà la possibilità di spedire un avversario “oltre i bordi dello schermo”, unico modo per vincere, oltre al far cadere i nemici nelle voragini; il suo stile è molto ammirato e il gameplay è stato più volte emulato in giochi come Playstation All-Stars Battle, Teenage Mutant Ninja Turtles: Smash Up e DreamMix TV World Fighters. La natura crossover del titolo spingerebbe a pensare che questo non abbia una lore, non una almeno, che coinvolgerebbe i singoli personaggi della storia; in realtà Super Smash Bros. ha un’identità nascosta, un tema che non è così evidente ma è presente sin dal primo gioco e che, specialmente verso gli ultimi titoli della saga, diventa sempre più cupa e tragica. Anche se la lore di questo gioco è celata e gli elementi della trama abbastanza difficili da identificare, preferiamo lanciare uno spoiler alert per quei giocatori che non hanno ancora giocato ai titoli precedenti, anche se in realtà questi non rovineranno la vostra prima esperienza con i vecchi Smash.

La spensierata gioventù

La saga, come già ribadito, comincia su Nintendo 64 con l’omonimo titolo che dà il nome alla saga. Gli elementi della trama sono già presenti sin dal filmato iniziale: vediamo Master Hand, il boss finale della classic mode di ogni capitolo, prendere dei giocattoli (dei pupazzetti di pelouche) da una scatola, sistemare libri, portapenne e una scatola di kleenex e “dare il via alle danze”. È teoria concordata che i combattimenti, così come anche gli scenari, siano frutto dell’immaginazione di Master Hand, il quale in Super Smash Bros. sarebbe un ragazzino fra i 12 e i 14 anni d’età. Analizziamo insieme la stanza dell’intro: vi è il poster di un’automobile sul muro e uno stereo, il che ne conferma il sesso maschile e che si interessa ad argomenti “da grandi”, dei libri e delle penne, che ci suggeriscono che va ancora a scuola, e una scatola di giocatoli accanto al suo letto che suggerisce la sua ancora tenera età. Giocare con i giocatoli immaginandosi scenari e storie fantastica è la più comune delle abitudini dei ragazzi di questa età; è un po’ la stessa cosa che avviene all’inizio di Toy Story 3 nella testa di Andy, il quale immagina uno scenario fantastico di cui Woody e compagni sono i protagonisti. Il gioco ha tuttavia un’atmosfera spensierata e la sola cosa che al giocatore interessa, e soprattutto a Master Hand, è spassarsela senza alcun pensiero per la testa.

I primi passi verso la maturità

Arriva il Gamecube e, dopo pochi mesi dalla sua uscita, arriva Super Smash Bros. Melee, da molti considerato il titolo più bello e competitivo della nota saga Nintendo. Proprio nel filmato iniziale, è possibile vedere un braccio di un ragazzo che nel frattempo è cresciuto e che, vista la sua più matura età, ha sostituito i suoi peluche con delle figurine collezionabili, più precisamente dei trofei (o al giorno d’oggi: Amiibo). Grazie all’opzione “stanza dei trofei” abbiamo la possibilità di dare un’occhiata alla sua vita: vediamo che il protagonista ha un mobile dove ha sistemato una TV, altri oggetti, diversi dal gaming, nonché diverse console Nintendo che, probabilmente, colleziona dalla sua tenera età; l’ordine nella sua stanza denota una certa maturità, ma la dozzinale disposizione dei trofei sul suo tavolino indica che ancora non è ancora pienamente adulto, con buona probabilità è un ragazzo fra i 18 e i 20 anni. In questo gioco, però, verrà introdotto Crazy Hand, un boss più o meno simile a Master Hand ma dalle caratteristiche ben diverse: se quest’ultimo è elegante, delicato ma anche brutale , questo nuovo personaggio è imprevedibile, incostante e tutto sommato un po’ pazzerello. In Master Hand, come già ribadito, si può evincere lo spirito creativo e la fantasia, mentre in Crazy Hand si può notare una certa voglia “di fare casino” che fa emergere quello spirito ludico nel protagonista, e che fa sì che giochi ancora con i suoi trofei disposti sul tavolino in maniera disordinata. Si nota anche un certo disappunto che nasce dal voler rimanere ragazzi mentre si è costretti a fare i conti con la società moderna e l’inevitabile processo di maturità. La descrizione del suo trofeo è abbastanza inquietante:

«mentre a Master Hand piace creare, il suo alter ego è impulsivo e distruttivo, consumato da quella sensazione di vuoto che ci prende quando vogliamo distruggere le nostre creazioni.».

Ma perché mai questo personaggio, che ama creare queste storie e giocare con questi personaggi, vorrebbe distruggere le sue creazioni allo stesso tempo?

L’accettazione

Finalmente, dopo diversi anni, arriva Super Smash Bros. Brawl su Wii, il titolo che introduce le sfere smash e i primi personaggi non-Nintendo, come Solid Snake e Sonic. La nuova modalità avventura è identificabile nella campagna “L’Emissario del Subspazio”, una storia partorita dalla mente di Kazushige Nojima, scrittore che ha sviluppato la trama per diversi episodi di Final Fantasy e Kingdom Hearts. La storia vede Bowser, Ganondorf e Wario collaborare con Master Hand per far sì che tutti i personaggi diventino dei trofei di pietra e non muovano più un muscolo per sempre; ma perché quest’ultimo, che in tutti questi anni si è divertito con questi personaggi Nintendo, vuole disfarsene? Scopriremo più in là che Master Hand non è in sé ed è controllato da un misterioso personaggio semplicemente chiamato Tabuu. Il nome di questo potente essere non è scelto a caso e, appunto, rimanda proprio al vocabolo usato anche in lingua italiana: un tabù è qualcosa di proibito o ristretto a una parte della società. In poche parole, rimanendo nel contesto di Super Smash Bros. Brawl, ai bambini è concesso di giocare con i giocattoli, agli adulti no, e Tabuu rappresenta proprio la società che vuole fare in modo che Master Hand smetta di giocarci. Alla fine, i personaggi Nintendo avranno la meglio su Tabuu e la sua sconfitta rappresenterà proprio l’accettazione di questa condizione. Il ragazzo che giocava nella sua stanza è finalmente cresciuto e la famosa immagine dei personaggi che guardano l’orizzonte luminoso rispecchia proprio il luminoso futuro; nonostante questo lo abbia portato verso dimensioni creative lontane, i ricordi delle battaglie immaginarie all’interno della sua stanza saranno sempre parte di lui e non dovrà mai vergognarsene o giustificarlo di fronte alla società.

L’eterna lotta interiore

L’Emissario del Subspazio sarebbe stato il perfetto finale della saga, ma una console Nintendo, a oggi, non è tale se non è presente un titolo di questa serie; ecco così che arriva Super Smash Bros. for Nintendo 3DS and Wii U, un titolo espanso più che mai. Qui la lore del gioco prende una piega ancora più negativa e oscura: una volta sconfitto Master Hand, viene sprigionato Master Core, un’entità inquieta e distruttiva come nessun’altra nella serie. Questa entità vive appunto dentro la mano creatrice e, a quanto pare, è sempre stata parte di lui: secondo alcune teorie, egli è presente in ogni gioco e persino visibile in Super Smash Bros. Melee come parte dello stage “Battlefield”. La battaglia contro di lui è la più feroce della saga, e questa entità è in grado di assumere diverse forme: una persona gigante, un mostro, una forma oscura del personaggio in uso, una fortezza, ma il finale ha molti aspetti interessanti: dopo una vera e propria carneficina, Master Core assume la sua vera forma, una sfera con dentro una sfera più piccola con il simbolo di Super Smash Bros., e da lì il combattimento non è più tale. La sfera rimane ferma al centro dello stage, passiva, in attesa che il personaggio in uso la scaraventi al di fuori dello schermo. Chi è davvero Master Hand e perché dopo una lotta all’ultimo sangue si arrende in questo modo? Se lui è il creatore di tali battaglie, allora non ci resta che associare questa figura a Masahiro Sakurai, creatore della saga picchiaduro, nonché del notissimo Kirby; la sua vita è praticamente riassumibile seguendo gli episodi di Smash.

Il lato oscuro del successo

Masahiro Sakurai nacque nel 1970, il che significa che ai tempi del Famicom aveva 13 anni, l’età del ragazzo del primo titolo della saga; Nintendo fu parte dell’infanzia di Sakurai. Da giovanissimo fu assunto alla HAL Laboratory dove a soli 19 anni concepì Kirby, una delle saghe platformer più amate di sempre, che vide il suo successo proprio nel Gameboy e soprattutto nel Famicom; il successo della saga, tuttavia, aveva un lato oscuro, ovvero il dover produrre sequel in continuazione. Questo comportò che il suo senso di frustrazione crebbe in maniera esponenziale, e in Super Smash Bros. Melee si presenta proprio Crazy Hand, la sua voglia di distruggere ciò che ha creato per via della troppa fatica da investire nei sequel; non a caso, dopo qualche anno dalla sua uscita, Sakurai lasciò la HAL per via dei troppi episodi richiesti sia per la saga di Kirby che per la nuova saga di picchiaduro crossover. Di quel periodo egli ricorda:

«era dura per me accettare il fatto che per ogni gioco che facevo la gente desse per scontato che avrei fatto un sequel. In un sequel, tanta gente deve ridare lo stesso il massimo per creare un gioco fantastico, ma il pubblico pensa che un sequel nasca secondo un processo naturale.»

Super Smash Bros. Brawl è la storia della sua accettazione: Sakurai crea giochi per vivere ma questi, agli occhi di molti, sono solamente dei “giocattoli”, specialmente in una società rigida come il Giappone. Tabuu rappresenta la pressione di dover crescere ma, alla fine, terminata la campagna “L’Emissario del Subspazio”, questa viene sconfitta; egli rigetta le aspettative della società e accetta il lato di sé che è cresciuto con Nintendo, che vuole dar vita alle cose che da piccolo lo rendevano felice, che ama giocare anche se questo significa non poter distogliere l’attenzione da questa saga e non potersi cimentare in nulla di nuovo, specialmente perché dietro a ogni Super Smash Bros. ci sono anni di sviluppo. Sakurai ha confessato a Game Informer che la programmazione di questi titoli è infinitamente stancante, e si chiede spesso se lui sia la persona adatta per mantenere tale impegno. Nonostante la costanza e la serietà che dedica alla saga, la sua creatura è diventata così grande da non poterla più controllare (come per esempio l’inclusione di personaggi molto lontani dal canone della saga, come Mega Man, Pac Man o Cloud solo per poter vendere di più, o il più chiaro fatto che i nuovi titoli debbano essere pronti in tempo senza potersi dedicare ad altro); Master Core, la rappresentazione dell’essenza del creatore stesso, esce rabbioso da Master Hand non solo rivendicando ciò che è suo, ma anche mettendo in guardia i fan sul futuro della saga stessa, ovvero abbandonare la direzione della sua creatura, esattamente come è successo per Kirby; tuttavia, nonostante ne rivendichi il possesso, egli rappresenta il suo senso di frustrazione nel non poter più abbandonare la serie nonostante la sua voglia di allontanarsi e dedicarsi ad altro, tanto è vero che alla fine dell’infuocata lotta, Master Core si abbandona a se stesso in attesa che il giocatore lo faccia fuori e faccia della serie quello che vuole. Ai colleghi di Game Infomer il noto game designer ha detto che ogni scadenza è per lui un cappio che si stringe sempre di più man mano che il tempo passa, e che vorrebbe dedicare un po’ più di tempo a se stesso ma, non solo non ci riesce, è anche incapace di immaginarsi un’altra persona che possa sostituirlo nel suo lavoro. Di certo Masahiro Sakurai non vuole rinunciare alla programmazione di ogni nuovo Super Smash Bros. ma è decisamente logorato dal fatto che a ogni gioco che produce i fan debbano chiedere automaticamente un sequel; pensate che egli aveva intenzione di chiudere la serie già ai tempi del Gamecube per potersi dedicare ad altro, ma la richiesta di un sequel è stata così alta da non poter essere ignorata e lo stesso Sakurai sa che il compito di continuare la saga spetta solo a lui, per senso di responsabilità e per amore verso la sua creatura; egli in fondo è Master Hand e sa benissimo che la saga senza di lui non potrebbe mai essere la stessa e perciò rimane anche se ciò significa versare sangue, sudore e lacrime, a sacrificio di altri progetti a cui si potrebbe dedicare.

I giocatori comandano

Il vero insegnamento di questa storia, alla fine della fiera, è che il compito di mettere il punto alla serie è in mano ai fan, e Masahiro Sakurai non può fare altro che del suo meglio per poter consegnare ai giocatori la migliore esperienza possibile. Fortunatamente Super Smash Bros. è una saga che (ancora) non ha visto alcun periodo buio; ogni uscita rappresenta per Nintendo una grossa opportunità per richiamare i fan e giocatori sempre nuovi ,e Sakurai non può che esserne fiero. Chissà se l’ex prodigio del game design nasconderà un nuovo messaggio nel nuovo Super Smash Bros. per Switch, se abbia accettato con più serenità il fatto che questa saga dovrà essere presente su ogni console Nintendo o se sarà ancora più logorato del capitolo scorso. Di una cosa siamo comunque certi: Masahiro Sakurai farà del suo meglio e, con la sua umiltà, consegnerà un altro titolo che cercherà di essere all’altezza – se non migliore – dei suoi predecessori.




Sonorità Videoludiche – I Chip sonori e il loro utilizzo

Fin dai tempi antichi, l’uomo ha compreso di poter sfruttare i suoni come forma espressiva, e allo stesso modo i suoni dei primi computer provenivano esattamente dal cuore delle macchine. Modelli come l’Apple ][ e i primi IBM erano dotati di altoparlanti direttamente collegati alla CPU, della quale venivano “temporizzati” gli impulsi per trasformarli in toni. Questo metodo in realtà poteva permettere di riprodurre qualsiasi suono affinché un file sonoro compatibile entrasse nel media fisico; tuttavia, quando questi dovevano essere riprodotti durante un gioco, interrompevano il gameplay poiché la CPU doveva impegnarsi esclusivamente per riprodurre quello specifico suono.

L’arrivo dei chip sonori

Col passare del tempo e con l’avanzare della tecnologia il carico delle CPU di computer e console venne definitivamente alleggerito grazie all’uso di chip sonori dedicati per riprodurre la musica. Le istruzioni musicali che provenivano dal media fisico anziché finire sulla CPU finivano nel chip sonoro dedicato che era in sé come una specie di band che “suonava lo spartito” che gli veniva mandato; le istruzioni provenienti dal media fisico includevano i toni, le durate e il canale da far suonare e, una volta passate dal chip, avrebbero prodotto la musica da incanalare negli altoparlanti. All’interno del chip erano presenti i canali per le forme d’onda, ovvero le voci del chip. Ogni chip aveva pregi e difetti, ovvero forme d’onda diverse, numero di canali, polifonia, assegnabilità, ecc… le caratteristiche dei singoli chip davano al sistema (o arcade board) una sfumatura diversa che serviva a rendere ancora più caratteristico un sistema, dando dunque una voce diversa rispetto le altre scelte sul mercato. L’APU, chip sonoro del NES, aveva cinque canali: due per le onde quadre, le cui ampiezze potevano essere modificate, uno per l’onda triangolare, usata solitamente per i bassi, un generatore di rumore bianco, usato per le percussioni, e un ultimo canale per i campionamenti. Ad occhio potrebbe sembrare che il SID del Commodore 64, che aveva solo tre canali, era un chip inferiore ma invece aveva caratteristiche che l’APU poteva solo sognarsi. A questi tre canali potevano essere assegnati quattro tipi di onde diverse (quadra, triangolare, a dente di sega e rumore bianco) che potevano addirittura essere riassegnate durante un brano, dando l’impressione vi fossero più di 3 voci; l’APU, seppur grazie ai due canali di onda quadra poteva dar l’impressione della polifonia, non poteva fare nulla del genere, i canali erano fissi e le voci erano sempre quelle. Tuttavia era possibile montare nelle cartucce del Nes dei chip aggiuntivi per dare ai giochi un suono diverso: ne sono testimoni giochi come Gimmick! di Sunsoft, che montava il suo FME-7, Castlevania III con il suo VRC6 che metteva ben 3 canali in più e Lagrange Point, uscito solo in Giappone, che montava il chip VRC7, sviluppato da Konami stesso, che emulava la sintesi FM già presente in sala giochi. Spesso nei dibattiti Sega Master System vs NES viene tirato fuori l’argomento “chip sonoro”. La console 8-bit di casa Sega, anche se mostrava una grafica ben più avanzata rispetto alla controparte Nintendo, era azzoppata da un chip sonoro obsoleto, il Texas Instruments SN76489 dai 3 canali di onde quadre più uno di generatore di rumore bianco , che per questioni di programmazione e compatibilità Sega si portava dietro dal Sega SG-1000, la loro vera prima console rilasciata nel 1983; questa console fu costruita con un hardware simile ai computer MSX e al ColecoVision per facilitare la programmazione dei porting ma, evidentemente, Sega puntò sul cavallo sbagliato. L’uscita del Sega Mark III in Giappone, divenuto poi Master System nel resto del mondo, doveva permettere la retrocompatibilità con le vecchie cartucce delle precedenti incarnazioni e perciò non si poté permettere un chip sonoro più moderno; tuttavia Sega, più in là, rilasciò solamente in Giappone l’add-on FM Sound Unit che aggiungeva ben 9 canali e una qualità di suono senza paragoni, basata appunto sulla sintesi FM, processo che permette una modifica sostanziale alla forma d’onda di base. La ricerca di un suono più elaborato dimostrava come i giocatori, insieme al comparto grafico, desideravano un sonoro sempre più realistico e, a partire dal rilascio del FM Sound Unit per il Sega Master System, si andò sempre avanti alla ricerca del suono perfetto.

Perfezionamento e declino

Fu sulla base della sintesi FM che Sega diede voce al Mega Drive grazie al chip YM2612 di Yamaha. Fra gli anni 80 e 90 Yamaha produsse svariati chip sonori che vennero montate sia in computer e console che nelle loro tastiere dando alla musica, sia in ambito videoludico che in ambito pop, un timbro riconoscibilissimo e ben distinto. Fra le tastiere, usate appunto nella musica pop, possiamo ricordare il famosissimo Yamaha DX7, che si pose nel mercato come il primo sintetizzatore digitale, e le orecchie più allenate potranno trovare una certa similitudine con i suoni presenti nel Mega Drive. Tuttavia, nelle band, questi facevano il lavoro di uno strumento solo ma in ambito videoludico questi chip dovevano compiere il ruolo di un intera band! I diversi chip Yamaha furono montati nei Nec PC-8801 e PC-9801, Neo Geo AES, Sharp X68000 e usate come base per la produzione delle schede Sound Blaster per i PC. La storia volle che il creatore della Playstation Ken Kutaragi, vedendo sua figlia giocare con il Famicom, pensò di poter creare un chip sonoro superiore; così, prima in segreto e poi con l’aiuto di Sony, creo un chip sonoro in grado di restituire al pubblico una fedeltà sonora senza precedenti. Sony sviluppò per Nintendo il chip S-SMP che diede un netto punto a favore alla grande N contro la rivale Sega. Il chip si basava sulla sintesi in PCM, ovvero (mantenendoci in un linguaggio alla portata di tutti) tramite la creazione di onde digitali tramite un particolare processo di campionamento; in questo modo il Super Nintendo poté riprodurre dei suoni molto realistici, suoni che neppure i PC con le Sound Blaster potevano permettersi. La tecnologia del chip sonoro tuttavia era destinata a scomparire ed essere sostituita dalla più conveniente e potente tecnologia del Compact Disc: non solo le linee di programmazioni per i giochi potevano essere scritte in un media ben più grandi di una cartuccia ROM ma rimanevano ettari di spazio per incidere delle tracce musicali ed inserire veri e propri filmati. Grazie al CD la musica, anziché essere programmata dal PC, poteva essere tranquillamente registrata in uno studio di registrazione con strumenti veri ed in seguito essere incisa nel disco insieme al gioco vero e proprio ed eventuali filmati. Tuttavia i chip sonori continuarono ad esistere nelle console portatili dei tempi, dai più famosi Game Boy e Game Boy Advance, ai più di nicchia Sega Game Gear, Neo Geo Pocket e Bandai WonderSwan.

La vita dei chip sonori sembrava finita e, come le musicassette, potevano essere dimenticati e lasciati ad ammuffire fino alla loro decomposizione ma, inaspettatamente, questi chip furono utilizzati per diversi scopi, addirittura in mondi ben più vasti della scena videoludica. Di questo ce ne parlera Gabriele Sciarratta nella parte 2.




Già hackerato il SNES Classic Mini: e spunta anche una video guida

Era questione di tempo e, ça va sans dire, è puntualmente accaduto: il Super Nintendo Classic Mini è stato hackerato.
Alcuni hacker e modder hanno già mostrato il frutto del proprio lavoro aggiungendo i primi titoli sulla piccola retroconsole Nintendo. Non poteva mancare fra questi il russo  Cluster, nickname di Alexey Avdyukhin, che aveva già portato a termine la stessa operazione con il NES Mini Classic:

I finally understood the format of #SNESMini’s ROMs

Un post condiviso da Cluster (@cluster_m) in data:

Hackerare il SNES Mini Classic deve essere risultato molto più facile, basandosi quest’ultimo su un hardware uguale a quello della precedente retroconsole, come scoperto da Digital Foundry, che ha rilevato all’interno del case un Allwinner R16 SoC con ARM Mali 400 MP2 GPU e quattro ARM Cortex A7,512MB di memoria NAND, un modulo 256MB DDR3 e un chip di memoria Hynix. Insomma, pare che Nintendo non si sia prodigata troppo a proteggere la nuova console.
Per portare a termine l’operazione, sarebbe necessario utilizzare il software HakChi2, come è possibile vedere da uno dei video più cliccati in rete.
Vi ricordiamo, ovviamente, che l’aggiunta di materiale coperto da copyright non acquistato su una console è un’illecito in termini di legge.




GameCompass – Super Nintendo Classic Mini (02×04)

Il Super Nintendo torna nella nostre case e porta con sé un’ondata di nostalgia: Gero Micciché, Andrea Celauro e Vincenzo Zambuto ce ne parlano in una puntata totalmente dedicata al retrogaming, alla grande sfida Sega-Nintendo e con una selezione dei migliori titoli della nuova, piccola retroconsole.




La grande guerra: Sega Genesis vs Super Nintendo

La rivalità fra Nintendo è Sega non è cosa nuova. Sin dalla nascita delle due compagnie queste sono sempre state in un modo o nell’altro antagoniste l’una dell’altra. Già negli Anni 80 Sega rispondeva a Donkey Kong con Congo Bongo, al Famicom con la serie SG-1000, prima col Mark I, Mark II e poi col Mark III che poi divenne il Master System al di fuori del Giappone, e così via. Le vendite del Master System furono buone ma, anche se in alcuni paesi divenne più popolare del Nes, non erano minimamente comparabili alle vendite totali della controparte. Su questa base Sega mise le fondamenta sulla quale lanciare la sua nuova console a 16, il Sega Mega Drive o Genesis in Nord America. Da ora in poi adotteremo il termine Genesis e relativi termini americani visto che la vera battaglia, sulla quale Sega basò le sue strategie di mercato, fu più propria del Nord America.

Genesis vs Nes

Con l’uscita del nuovo hardware Sega, basato sul sistema arcade Sega System 16, Sega riuscì ad ottenere l’attenzione dei giocatori. Il nuovo sistema prometteva una grafica superiore al Nes, un migliore sonoro ottenuto dalla sintesi FM ed una giocabilità comparabile alla qualità arcade. Questa fu la prima strategia adottata da Sega per vendere il suo Genesis: portare i giochi da salagiochi a casa e superare il muro che separava mercato casalingo dal mercato arcade. La strategia all’inizio sembrò andar bene, spinta anche dal fatto che la console, al lancio, fu venduta in bundle con Altered Beast, un gioco arcade niente male ed in grado di sottolineare la differenza fra il Nes ed il Genesis. Tuttavia i giocatori non erano ancora convinti della nuova macchina a 16 bit di Sega; l’uscita di Super Mario Bros 3 fece capire a Sega come i giocatori fossero ancora attratti dall’ormai vecchio Nes ed anche se le arcade fossero ancora il punto di riferimento tecnologico per la comparazione degli hardware questi non servivano a nulla se un gioco casalingo, seppur con una grafica mediocre, fosse divertente ed adatto alle case. Tuttavia, già a questo punto, il Genesis aveva comunque una solida fanbase; nonostante Mario fosse insuperabile a casa non si può negare che la linea di titoli iniziale del Genesis fosse comunque competitiva. Non dimentichiamo anche che molte 3rd party cominciavano ad interessarsi alla nuova console Sega per via delle sue caratteristiche superiori e in cerca di nuovi accordi commerciali meno rigidi di quelli di Nintendo; già nel 1989 Capcom mise sulla nuova piattaforma Sega il suo Ghouls’n Ghost, sequel di Ghost and Goblin, sorprendendosi della la facilità di programmazione, quanto fosse bello sviluppare per il mercato casalingo dei giochi così simili alle arcade e quanto fosse buono il loro nuovo accordo con Sega. Il coinvolgimento di molte celebrità sportive, come il pugile James “Buster” Douglas, il giocatore di football Joe Montana, il golfista Arnold Palmer, aveva già attirato a se una fascia poco considerata nella vita del Nes, ovvero gli appassionati dei giochi sportivi, e sottolineò come il Genesis avesse già attirato a se una fascia di pubblico più adulta. Michael Jackson Moonwalker fu uno dei titoli più discussi e diede al Genesis una attitude che assunse per tutto il suo ciclo vitale. La discussione sulla qualità della libreria di titoli rispetto un’altra giaceva spesso su un punto morto: il Genesis ha 16 bit, il Nes solo 8. Con l’assunzione di Tom Kalinske nel 1990 come CEO di Sega of America furono lanciate in TV delle nuove pubblicità aggressive e dirette a Nintendo che miravano a sottolineare l’arretratezza tecnologica del Nes. Il nuovo slogan “Genesis does what Nintendon’t” parlava chiaro e la console si aprì verso quella fascia di pubblico cresciuta sì col Nes ma che ormai era grande ed andava al liceo. Il Genesis poteva dar loro giochi sportivi, giochi d’azione, giochi puzzle, porting dei giochi presenti in arcade, in poche parole giochi adatti alla loro personalità. L’ultima cosa che mancava era una mascotte in grado di poter competere con Mario, icona dei videogiochi e che sembrava essere imbattibile.

Una nuova nemesi

In tutto questo Nintendo non era assolutamente sprovvista. Il Nes durò ben oltre le loro aspettative ma, come anche le campagne pubblicitarie sottolineavano, era arretrato ed era ora di lanciare il nuovo sistema a 16 bit, in grado di poter competere col Sega Genesis. La nuova macchina Nintendo aveva una palette di colori più ampia del Genesis, un vero sonoro 16 bit digitale e la nuova grafica Mode-7 che permetteva al background di essere rotato e scalare di dimensioni dando la sensazione di un 3D rudimentale. Ne sono esempi i primi giochi come Pilotwings, in cui il giocatore può buttarsi da un aeroplano col paracadute, ed F-Zero in cui il mondo ruota attorno alla macchina da corsa futuristica. In tutto questo, dopo 3 giochi di successo della saga di Super Mario, ci si poteva solo aspettare che la nuova console Nintendo doveva essere in bundle con un nuovo gioco dell’idraulico più famoso al mondo. Kalinske aveva bisogno di un personaggio non solo carismatico ma che rappresentasse anche la cultura giovanile dei tempi e che potesse dare a Nintendo il colpo di grazia. In Giappone Yuji Naka, ispirato dal suo completare ripetutamente e velocemente il primo livello di Super Mario Bros, voleva creare un gioco veloce, pieno di azione e mozzafiato. Il personaggio di questo gioco sarebbe stato destinato a diventare la nuova mascotte Sega e, dopo tante bozze, la scelta cadde su un insolito porcospino: gli fu dato un bel colore blu cobalto, una schiena spinosa che si rifacesse le capigliature mohawk in voga in quegli anni, delle scarpette rosse in contrasto con il blu e soprattutto un caratterino frizzante e “figo”. Sonic The Hedgehog incorporò tutti questi aspetti nel suo gioco, che fu repentinamente messo in bundle con la console, e il suo arrivo nel mercato scosse il mondo. Il nuovo bundle del 1991, lanciato per giunta con un price drop visto che la console era già nel mercato da due anni, fu un successo strepitoso e il cammino di Sonic verso la gloria era solo all’inizio. Nintendo non fu da meno infatti, poco dopo, lanciò la sua nuova console a 16 bit in bundle con Super Mario World, il Super Nintendo, sulla carta migliore in quasi ogni aspetto (ricordatevi di quel quasi). Super Mario World, all’uscita, sembrò un gioco già visto con poca innovazione ed un gameplay per nulla rinnovato; questo titolo col tempo venne rivalutato ma purtroppo questo fu dovuto alla presenza sempre più forte di Sonic e la sua nuova console a 16 bit. Anche se Nintendo non fu pronta all’impatto Nintendo era fiduciosa del fatto di riottenere le luci della ribalta, sicura del fatto di avere il miglior hardware e le migliori IP. Kalinske non voleva assolutamente che il Sega Genesis fosse un fuoco di paglia, così corse ai ripari e tentò di capire come vendere la sua console di fronte ad una console onestamente più potente. Si scoprì l’unico punto di vantaggio a favore del Genesis contro lo Snes, ovvero il processore di 7.6 MHz contro quello di 3.7MHz dello Snes, e su questo punto si costruì tutta la nuova campagna pubblicitaria di Sega. Le nuove pubblicità parlavano di un fantomatico “blast processing”: non era altro che un modo per sottolineare la più rapida velocità di calcolo del Sega Genesis ma fu una parola “cool” studiata appositamente per essere utilizzata fra i giovani durante i dibattiti sulla console migliore senza necessariamente puntare sui fatti matematici. La pubblicità ebbe successo e servì non solo ad infuocare il dibattito ma ad infuocare la competizione fra le due compagnie, intente a dare il massimo.

Schieramenti

Nel Gennaio del 1992 Sega aveva in mano il 65% del mercato dei videogiochi: per la prima volta Nintendo non era più sovrana del mercato dei videogiochi ma questo servì a Nintendo per ricostituirsi e prepararsi a stracciare la competizione. Il parco titoli dei primi anni del Super Nintendo era già superbo: giochi come Sim City, F-Zero, ActRaiser, Gradius 3, Super Mario Kart, Super Ghouls’n Ghosts, Final Fantasy II e The Legend of Zelda: a link to the past erano giochi che da soli valevano l’acquisto di un Super Nintendo. Da come si può notare il Super Nintendo era indirizzato a chi veramente cercava una sfida in un videogioco, un gioco che ti mettesse di fronte una difficoltà risolvibile con un po’ di acume. Il Sega Genesis, del canto suo, era più per chi cercasse giochi più frenetici, sportivi ed immediati: il successivo Sonic 2, Shinobi, Stryder, la serie di Thunder Force, Streets of Rage e Gunstar Heroes. Questi giochi invece hanno in comune la velocità d’azione nonché d’animazione, temi un po’ più maturi e che possano coinvolgere più giovani e più facili da capire. Entrambe le console si appellavano ad una fascia di pubblico diversa nonché personalità diverse ed entrambe le compagnie diedero il massimo per compiacere il loro pubblico ideale. Consegnare un titolo in entrambe le piattaforme ai tempi era un’impresa più ardua: le due console avevano palette di colori diversi, processori diversi, sintesi sonore diverse e tutto ciò era ben visibile agli occhi dei giocatori. I programmatori dovevano spendere molte più ore davanti alle loro postazioni solo per poter tradurre un gioco al meglio per i possessori delle due console ma fortunatamente, ciò che veniva consegnato, era più o meno lo stesso gioco da entrambe le parti. Alcune compagnie, come Konami e Capcom, decisero invece di consegnare giochi diversi da entrambe le parti: Konami ad esempio consegno sullo Snes Super Castlevania 4 mentre sul Genesis consegnò Castlevania: Bloodlines. Il primo è un titolo più difficile, che si rifà ai classici sul Nes, e sul punto di vista dei controlli perfetti dopo averli imparati; il secondo invece è un titolo più facile, meno complesso nel comparto dei controlli ma più sbalorditivo sul comparto grafico, non solo per i dettagli ma anche per il fatto che mostrasse il sangue, un taboo nei Castlevania per Nintendo. Capcom consegnò a Nintendo nuovi titoli di Mega Man, come appunto il celebre Mega Man X, mentre per a Sega riservò una collezione dei vecchi titoli che i fan Sega potevano non conoscere. Aladin, sempre di Capcom, era un platformer in entrambe le console ma l’aspetto generale era ben diverso ed in questi casi vince il gioco più intuitivo e “flashy”; appunto la versione per Genesis è considerata la migliore.

Punto di svolta

Le cose per Sega giravano per il verso giusto e Nintendo, anche se a tentoni, si faceva sempre più spazio nel mercato dei videogiochi. Le cose per Sega però cominciarono a mettersi male verso la fine del 1992 più o meno parallelamente con il lancio dell’add-on Sega CD, periferica che permetteva di leggere i giochi su compact disk, all’epoca la tecnologia più potente e persino meno costosa. Nintendo vide una minaccia ma le cose non si misero male per la grande N… si misero male per Sega! Il Sega CD poteva essere un vero e proprio successo  in grado di spazzare una volta per tutte lo Snes; quello che fu lanciato su Sega CD furono titoli mediocri, punta e clicca dal PC (che non si adattano bene per le console) e giochi le cui scene in “full motion video” non finivano mai. Sega non riuscì mai a lanciare bene il Sega CD e per via delle scarse vendite la Nintendo, che stava per ricorrere ai ripari, si tranquillizzò. Come ormai è noto, grazie ad internet, la Nintendo era in contatto con Sony e Phillips per costruire un nuovo add-on per lo Snes in grado di leggere i CD ma, al di là del fallimento del Sega CD, il progetto non andò mai ad una vera conclusione e Nintendo finì col lasciare alcune licenze a Phillips per usare alcune sue IP sulla sua nuova console, il Phillips CDI, e a Sony le basi per la Playstation. Vista questa debolezza Nintendo, nel 1993 attaccò e ricordò ai giocatori chi aveva l’hardware più potente. Star Fox (o Starwing in Europa) fu il primo vero gioco 3D casalingo e il tutto era consegnato in un’arretrata cartuccia. È vero, Star Fox è famoso proprio per il suo FX chip, componente sviluppato dalla Argonaut Games che permetteva l’aggiunta di un processore extra, ma Nintendo mostrò come la loro console riusciva a superare Sega in ogni aspetto. Successivamente Nintendo implementò anche la grafica 3D prerenderizzata per il suo Donkey Kong Country, presentandolo, per scherzo, come un gioco per il successivo Nintendo 64; dopo aver rivelato che quelle immagini invece appartenevano allo Snes i fan esplosero e Donkey Kong Country finì col diventare uno dei giochi più venduti del 1994. In tutto questo Sega provò anche ad imitare queste imprese senza però raggiungere lo stesso traguardo di Nintendo. Virtua Racing, gioco di corse con grafica poligonale lanciato nel 1994, aveva un processore aggiuntivo nella cartuccia come Star Fox, il chip SVP; Sega prese la cattiva decisione di sviluppare il chip per conto loro e Virtua Racing finì per avere un sovrapprezzo nei negozi. Vectorman invece giocava sullo stesso piano di Donkey Kong Country, ovvero con la Grafica 3D prerenderizzata, ma nonostante il più veloce processore del Genesis permetteva un’azione più rapida Vectorman non fu semplicemente all’altezza della controparte. Il processo del 1993 vide l’industria dei videogiochi imputata nel processo contro la violenza nei videogiochi: Nintendo, grazie al neo introdotto sistema ERSB, si sentì libera di consegnare giochi più maturi, come il loro Super Metroid del 1994, più oscuro e spaventoso dei precedenti, e tal volta persino violenti, come Mortal Kombat 2 del 1994 e l’ottimo porting di Doom del 1995. Nintendo stava battendo Sega al suo stesso gioco, ovvero quello di accaparrarsi il pubblico maturo e alla ricerca dello stupore. Sega, nonostante stesse perdendo terreno, continuava a fare uscire ottimi giochi pubblicando anche le migliori versioni di Earthworm Jim, NBA Jam ed il primo Mortal Kombat. Tuttavia Sega si diede la proverbiale “zappa sui piedi” lanciando il suo ultimo add-on per il Sega Genesis, ovvero il 32X. Questa periferica era solamente un add-on che leggeva delle cartucce più avanzate con grafica a 32 bit e con un processore aggiuntivo; la scelta delle cartucce sembrò essere un passo indietro dopo la spavalda promozione dei CD ma il vero problema fu lanciare il 32X a pochi mesi dal lancio del Sega Saturn, la console Sega per la nuova generazione e già lanciata in Giappone. Il misto fra 32X e Sega CD fu un vortice che risucchiò milioni e milioni di dollari per investimenti che non portarono a nulla e che invece fecero sembrare lo Snes più potente che, da parte sua, non sviluppò alcun add-on.

La fine?

La  console war fra Snes e Genesis finì con i seguenti numeri: 49.10 milioni di SNES venduti e 30.75 milioni di console vendute per Sega (cifre stimate). La differenza non è poca ma i fan, specialmente di Sega, preferiscono vedere un pari; la battaglia fra Nintendo e Sega degli anni 90 è ancora soggetto di dibattito e ad oggi la guerra e tutto meno che finita. Moltissimi Youtuber ancora parlano di questa battaglia, chi giornalisticamente e chi da fan boy preferendo una parte rispetto ad un’altra. Sega, dopo un poco rilevante Sega Saturn ed un ingiustamente fallimentare Dreamcast, si è ritirata dal mercato delle console e oggi è un ottimo sviluppatore 3rd party che immette nel mercato titoli validissimi come la serie di Yakuza, Football Manager e i migliaia di titoli di Sonic, segno che i fan non hanno mai dimenticato Sega e che il loro impatto sul mercato è ad oggi importantissimo. C’è chi spera un ritorno di Sega sulle scene del mercato hardware ma tutto questo è solamente un utopia… alla quale però non smettiamo di credere.




Super Mario History

Alla ricerca di un’identità

La Nintendo non è sempre stata la compagnia che conosciamo oggi. Questo, ormai, colosso industriale ha le sue lontane origini nel 1889 quando la compagnia produceva principalmente carte del popolare gioco giapponese “hanafuda” o “carte fiorite” come tal volta tradotto. Dal 1956 la Nintendo, passata di diritto a Hiroshi Yamauchi nipote del fondatore Fusajiro Yamauchi, si dedicò alla produzione di molte altre cose oltre  alle popolari carte da gioco come ad esempio giocattoli, una linea di taxi chiamata daiya, una stazione TV, una catena di love hotel e persino riso istantaneo. Tutte queste iniziative fallirono e dopo le olimpiadi di Tokio del 1964 le azioni di Nintendo raggiunsero il loro minimo, toccando le 60¥ ad azione. In questo clima scoraggiante Nintendo decise di investire nel crescente mercato dell’elettronica, ponendo la prima pietra sulla quale la compagnia costruì la sua odierna reputazione. Nel 1974 Nintendo si assicurò la distribuzione della prima console casalinga del mondo in Giappone, il Magnavox Odissey, ma fu solo nel 1977 che la grande N lanciò nel mercato la loro prima serie di hardware proprietari, le built-in game console Color TV-Game. Le cose per Nintendo sembravano cominciare a girare per il verso giusto, specialmente dopo il lancio dei Game & Watch che divennero popolarissimi in Giappone, ma un esserino rotondo e giallo che risponde al nome di Pac Man impazzava per le sale giochi stracciando ogni forma di record finora posta da giochi come Space Invaders e Galaxian. Nintendo, già nel 1979, aveva già lanciato nelle sale giochi Radar Scope, un gioco che ebbe un discreto successo ma fallì ad impressionare gran parte dei giocatori. Yamauchi, visti anche i migliaia di cabinati invenduti nei magazini, decise di richiamare tutti i cabinati di Radar Scope e di costruire un nuovo gioco basato su quel hardware.

L’uomo qualunque alla riscossa

Inizialmente l’idea era quella di ottenere una licenza per creare un gioco sul famoso fumetto Popeye, ovvero Braccio di Ferro, ma Nintendo non riuscì ad ottenere i diritti. Il concetto base del fumetto però rimase: una donzella indifesa nelle mani di un “bruto” da salvare. Il celebre Shigeru Miyamoto, che si mise in prima linea per cambiare l’hardware di Laserscope, cominciò a disegnare dei personaggi originali. Il ruolo del protagonista, o meglio del personaggio controllato, fu affidato ad un baffuto carpentiere con una blusa blu e un cappello rosso; il ruolo dell’antagonista, che diede il nome al gioco, venne affidato ad un gigantesco gorilla molto simile a King Kong che, non a caso, rapiva una delicata fanciulla. Questi personaggi finirono nell’ormai leggendario classico arcade Donkey Kong del 1981, un gioco destinato a diventare un pilastro fondamentale del gaming di sempre. Nonostante i giocatori all’inizio storsero il naso una volta visto il bizzarro nome di questo nuovo gioco (Donkey Kong significa letteralemente “asino scimmia”, un errore di dizione dovuta all’intenzione di Miyamoto di creare qualcosa come “Scimmia Scema”) Donkey Kong diventò in poco tempo uno di quei giochi in cui si formava la fila solo per giocarci. Il personaggio principale, all’epoca solo Jumpman, era un newyorkese qualunque ma, grazie anche alla distribuzione di nuovo materiale promozionale, il nome del personaggio principale fu finalmente definito: Mario, un nome proprio di una persona qualunque con la quale potersi identificare. La scelta del nome “Mario” fu una storia curiosa; Nintendo era indietro con l’affitto del loro stabilimento negli Stati Uniti ed un tale Mario Segale, proprietario dello stabilimento, ebbe un’infuocata discussione con Minoru Arakawa, primo presidente e fondatore della Nintendo of America, a proposito dei ritardi coi pagamenti. Dopo che il signor Segale lasciò l’edificio i dipendenti furono consoni a chiamare il loro personaggio, in nord America, Mario. Miyamoto ricorda, durante le prime fasi dello sviluppo di Donkey Kong, che Mario non aveva ancora un tasto per saltare e che il gioco, dovendo evitare i barili lanciati da Donkey Kong soltanto arrampicandosi per le scale nello stage, risultava troppo difficile; così il geniale Miyamoto si pose la semplice domanda: “se mi arriva addosso un barile, rotolando, a tutta velocità, che faccio”? Fu così che il salto non solo diventò la mossa che distinse Mario per tutti i giochi a venire ma gettò anche le basi per il genere che diventerà il platform. Il sequel Donkey Kong JR., più o meno simile al precedente Donkey Kong, confermò e cementò il nome del personaggio in Mario ed inoltre fu il primo ed unico gioco in cui Mario ricorse come antagonista. Le strade di Donkey Kong e Mario si separarono; il gorilla fu affiancato ad un poco rilevante giardiniere per l’uscita del discreto Donkey Kong 3, tale Stanley, mentre a Mario gli venne dato un fratello: Luigi. I due fratelli, impegnati nel settore dell’idraulica, fecero la loro prima comparsa nel gioco del 1983 “Mario Bros” un gioco in cui lo scopo del gioco era quello di collaborare, ma anche competere, nel far fuori le tante creature che intasavano le tubature della città di New York. Questo gioco, se pur non portava grandissime innovazioni, era molto divertente e, oltre a Luigi, furono introdotti molti elementi che diventeranno parte del canone della serie come le tubature verdi, i blocchi POW e le tartarughe che diventeranno poi Koopa.

Super Mario alla conquista del mondo

In Giappone, nel 1983, Nintendo aveva già lanciato il Famicom che, dopo un inizio un po’ turbolento, divenne la console più venduta del 1984. In Giappone il mercato delle console era florido ma in nord America le cose andavano diversamente. La famosa crisi dei videogiochi del 1983, e che portò alla chiusura l’originale Atari Inc., era fortemente sentita: un mercato inondato da console poco diverse fra loro e poco interessanti, inflazione rampante dei videogiochi dovuta anche all’assenza di misure di controllo sulla produzione (chiunque era libero di produrre un videogioco ed immetterlo nel mercato) e la sempre più presente competizione da parte dei primi computer casalinghi. Queste furono le cause della ormai documentatissima crisi. I computer casalinghi avevano la fetta più grossa di ciò che era rimasto del mercato dei videogiochi poichè i genitori erano più disposti a comprare dei computer ai loro figli per poter sia giocare che poterlo usare per i compiti o per qualcosa di produttivo. Persone come Jack Tramiel, fondatore della Commodore, erano fiduciosi e sicuri che il futuro dei videogiochi risiedesse nei computer. Il lancio di una console, in uno scenario come questo, poteva essere letale per Nintendo; i passi da intraprendere dovevano essere programmati nel minimo dettaglio. La console presentata al Consumers Electroinc Show del 1984 come Nintendo Advanced Videogame System era molto diversa dal Famicom ma anche molto diversa alla versione definitiva del Nintendo Entertainment System. Questa console, vista la presa dei computer in Nord America, aveva persino una tastiera ed un lettore per le cassette a nastro, usatissime nei primi home computer. Vista la negativa ricezione del pubblico al CES 1984 Nintendo non ci mise molto a cambiare il design di quella console e decise anche che per il lancio della loro console in nord America questa doveva avere dei titoli fortissimi e rilevanti. Un gioco di avventura ed esplorazione, che poi divenne The Legend of Zelda, e un gioco più veloce ed atletico entrarono in sviluppo più o meno nello stesso tempo. Il team di sviluppo dietro al primo Super Mario Bros definì il gioco in ogni dettaglio: il gioco doveva essere intuitivo, semplice, stimolante e visibilmente incredibile. Dopo un lancio di prova nello stato di New York con i giochi della linea black box (ovvero quei giochi le cui scatole riportavano la grafica del gioco confezionato) il NES fu lanciato in tutto il mondo con Super Mario Bros in bundle. Fu in quel momento che Mario divenne sinonimo di videogioco; quel gioco non solo incorporava tutto quello che i giochi erano stati finora ma portava novità mai viste prima. In aggiunta alla grafica all’epoca eccezionale, bella quasi quanto un gioco per sala giochi, Super Mario Bros introdusse il sidescrolling: il livello andava avanti con Mario e quei livelli risultavano, per i tempi, lunghissimi. C’era chi addirittura pensava che finito il primo livello il gioco fosse finito ma invece, a loro sorpresa, Mario finiva nel sottosuolo del neo-introdotto regno dei funghi, mostrando un lato completamente diverso dal primo livello luminoso e colorato. Ed ancora, proseguendo in questo nuovo mondo virtuale, i giocatori finivano nel primo castello dove potevano affrontare Bowser, probabilmente il primo vero boss dei videogiochi, ma una volta sconfitto l’avventura proseguiva poiché “la principessa si trovava in un altro castello”. La longevità di quel gioco spinse i giocatori ad esplorare i più profondi meandri del gioco, scoprendo aree bonus, aree teletrasporti e trucchetti per superare le parti più difficili. Il gioco stupì tanto nella maestosità quanto nella semplicità; Mario, anche nella sua forma base, poteva affrontare qualsiasi nemico del gioco, bastava solamente saltare addosso ai nemici oppure agilmente evitare le situazioni più complesse. Il sistema di power uprappresentati dagli iconici Super Fungo, I Fiori del Fuoco e la Super Stella, permetteva un potenziamento graduale concedendo a Mario dei colpi in più e delle abilità aggiuntive senza che il gioco si facilitasse più di tanto, la difficoltà era perfetta ed adatta a tutti; persino alcuni genitori di bambini che avevano ricevuto il NES per qualche occasione giocavano di tanto in tanto al videogioco coloratissimo regalato ai loro figli. In fondo il successo del NES risiedeva nel fatto che fosse venduto come una sorta di HI-FI; il fronte della console leggeva “entertainment system”, non era un “videogioco” come un Atari 2600 si presentava, il NES all’interno della casa aveva la stessa importanza di un videoregistratore o di un (primitivo) lettore CD ad alta fedeltà. Parlando di CD, che dire della musica? Il motivetto creato da Koji Kondo finì per diventare uno dei pezzi più famosi del mondo; il pezzo è così famoso da essere conosciuto persino da persone che non hanno mai giocato a Super Mario Bros. Band famose, orchestre, un buon 80% dei musicisti del mondo hanno suonato il tema di Super Mario Bros almeno una volta.

Una scelta necessaria

Super Mario Bros rivoluzionò decisamente il mondo dei videogiochi. Negli anni successivi al 1985, ci furono i primi tentativi di imitazione. Uno fra i tanti, ad esempio, fu Alex Kidd in Miracle World, gioco del Sega Master System del 1986. Questo fu un titolo validissimo: fu uno dei primi giochi ad avere uno scrolling verticale e graficamente era migliore di Super Mario Bros grazie alla vasta palette di colori del sistema. Alex Kidd però non fu semplicemente all’altezza del suo rivale; i suoi controlli erano scivolosi, il carisma del protagonista era nullo in confronto a quello del suo rivale e gli sviluppatori, dopo più di un anno dall’uscita di Super Mario Bros sul mercato, presero l’orrenda decisione di invertire i controlli nel similissimo controller del Master System. Tentativo di plagio invece fu The Great Giana Sisters, gioco che non solo storpiava il titolo del più famoso gioco per NES ma ne copiava il gameplay e l’aspetto in generale. Nintendo prese provvedimenti contro gli sviluppatori e il gioco fu ritirato dal mercato poco dopo la sua uscita. Il mondo chiedeva a gran voce un sequel, un sequel che Nintendo, già nel 1986, aveva già prodotto in quattro mesi per l’add-on Famicom Disk system. Super Mario Bros 2, al di là di qualche nuovo più curato dettaglio grafico, era semi identico all’originale anche se nuovi elementi furono introdotti rispetto al primo titolo: la possibilità di poter scegliere sia Mario che Luigi nella schermata del titolo, abilità diverse per ciascuno dei personaggi, un fungo velenoso, il vento che in alcuni livelli influenzava i salti, warp zone fittizie che rispedivano il giocatore indietro nel gioco, etc… Howard Phillips, un dipendente Nintendo che testava i nuovi giochi che arrivavano dal Giappone, giocando all’originale Super Mario Bros 2 provò un forte senso di frustrazione e non si divertì affatto. Nintendo decise di rimandare momentaneamente il rilascio e trovare un modo per rilasciare un nuovo titolo della saga di Mario che fosse diverso ma allo stesso tempo che restituisse le stesse sensazioni ottenute con il primo titolo. La decisione era quella di re-mappare un titolo diverso con i personaggi dell’universo di Mario, ma quale? Un titolo Giapponese di nome Yume Kojo: Doki Doki Panic fu prodotto dalla Nintendo per una expo della Fuji-TV; questo titolo, un validissimo platformer, aveva un nuovo motore grafico dotato di scrolling verticale e delle meccaniche, se pur diverse da Super Mario Bros, che potevano adattarsi perfettamente a Mario e compagni. Il Super Mario Bros 2 che arrivò in occidente nel 1988 era totalmente diverso dal primo titolo ma divertente quanto tanto il primo. Era possibile scegliere ben quattro personaggi all’inizio di ogni livello, ovviamente tutti relativi all’universo della saga (Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach), non si saltava più addosso ai Goomba e Koopa (che non erano presenti nel gioco) ma si raccoglievano degli ortaggi per terra da poter scaraventare contro i nemici, via i tubi verdi, via i blocchi da colpire con la testa e via la bandierina a fine livello. Super Mario Bros 2 era un gioco del tutto diverso dal primo capitolo eppure restituiva perfettamente quelle stesse sensazioni avute giocando col primo gioco; i fan accolsero il gioco più che positivamente il nuovo titolo e durante il natale del 1988 fu uno degli oggetti più difficili da trovare in commercio. Super Mario Bros 2, così come Zelda II: the Adventure of Link o Castlevania 2: Simon’s quest, godette di ottima luce proprio perché presentò un qualcosa che scuotesse la formula classica, proponesse qualcosa di nuovo senza stravolgere l’interezza del gioco e restituisse le stesse sensazioni del primo titolo. Con l’avvento di internet i fan rigettarono i loro pareri positivi verso Super Mario Bros 2 condannando il fatto di non aver ricevuto il vero sequel del primo titolo e di essere stati, in un certo senso, presi in giro; la verità è stata scomoda ma fu una decisione necessaria. il vero Super Mario Bros 2, sarebbe probabilmente passato inosservato per la troppa similarità col primo titolo e la difficoltà aumentata avrebbe solamente fatto infuriare i giocatori più casuali. In uno scenario in cui il mercato dei videogiochi era in continua evoluzione un titolo ancorato al passato non avrebbe fatto una bella figura. Non dimentichiamoci che diverse figure chiave del titolo originale lavorarono per Doki Doki Panic, principalmente Kensuke Tanabe, Koji Kondo ma soprattutto Shigeru Miyamoto che supervisionò tutto il progetto dall’inizio. Il gioco, anche se in precedenza fu concepito con altri personaggi, era veramente come se fosse destinato a diventare un titolo della saga di Mario tanto da essere tornato in giappone nel 1992 come Super Mario USA riscuotendo ancora molto successo.

Parte della cultura popolare

Insieme a Mario, nel Nes, c’erano migliaia di platformer uno più bello dell’altro. Lo scenario era più florido che mai e in un clima in cui il platformer era il genere più in voga e Mario famoso quanto i Beatles lo furono per la musica pop un terzo Super Mario Bros sarebbe stato il top del top. Prima del suo terzo capitolo su NES l’idraulico più famoso al mondo fece un apparizione sulla nuova console portatile di casa Nintendo che rivoluzionò il mercato dei videogiochi portatili: il Gameboy. Quello che ne venì fuori fu Super Mario Land, il primo gioco della nuova console portatile e il primo gioco della saga a non essere sviluppato da Shigeru Miyamoto ma bensì da Gunpei Yokoi, ideatore della console stessa. Fu un titolo molto diverso dalle incarnazioni sulle console casalinghe ma, come già dimostrato in passato, Mario fu capace di vendere perfettamente il sistema anche se poi Super Mario Land fu scartato come gioco in bundle in favore di Tetris che, in seguito, scrisse un’altra storia. Super Mario Bros 3 invece debutto in anteprima in pompa magna sul grande schermo, come parte integrante del film del 1989 “The Wizard”, arrivato in Italia come “Il piccolo grande mago dei videogames”, in cui venne proposto come l’ultima prova per il maghetto dei videogiochi. Quel film dimostrò come i videogiochi non solo fossero parte integrante della cultura popolare di quei anni ma anche di come la figura di Mario era in grado di attirare l’attenzione di tutti. In quegli anni a Mario erano state dedicate ben due serie TV di cartoni animati (senza contare che più in là ne uscì una terza), c’erano dei cereali per la prima colazione a tema, sacchi a pelo, cestini per il pranzo, sorpresine negli Happy Meal di Mc Donald’s… Mario era semplicemente un fenomeno inarrestabile. Super Mario Bros 3, ancora una volta, riscrisse la storia non solo per le vendite ma per aver rinnovato un genere che era già al suo picco: scrolling in ogni direzione, mondi a tema tutti diversi, un infinità di livelli, nuovi power up, segreti sia nei livelli che nelle mappe dell’overworld, canzoni memorabili… Super Mario Bros 3 è ancora oggi ritenuto da molti il più bel platformer mai realizzato, un gioco vicino alla perfezione e che ha posto le basi per tutti i platformer a venire.

Un rivale all’orizzonte

In un clima del genere sembrava andare tutto per il verso giusto ma un rivale si stava per fare avanti e sembrava più agguerrito che mai. Nel 1989 Sega lanciò nel mercato la sua nuova console a 16 bit, il Sega Mega Drive o Genesis in nord America, che offriva una grafica più dettagliata, un sonoro superiore e una qualità generale paragonabile ai loro giochi arcade. La strada intrapresa da Sega, all’inizio, era proprio quella di portare la sala giochi a casa dei giocatori ma la loro stessa console non era potente quanto i loro sistemi arcade in costante evoluzione; inoltre giochi come appunto Super Mario Bros 3 rendevano ancora rilevante una console la cui tecnologia doveva essere, nel 1990, obsoleta e Sega, nonostante avesse la tecnologia dalla sua parte, non riusciva nemmeno a scalfire quella che era la concorrenza Nintendo. Nintendo era un colosso inarrestabile ma nel 1991 Nintendo dovette rivedere la sua strategia. Sega notò che i giocatori cresciuti col NES erano cresciuti, andavano al liceo e probabilmente avevano bisogno di un qualcosa di più adulto. In quei anni Sega colpiva duramente Nintendo con slogan come “Genesis does what nintendon’t” e “Welcome to the next level”, riuscì a coinvolgere personalità dello sport e dello spettacolo per la promozione della loro nuova console ma fu con l’uscita di Sonic the Hedgehog, una nuova proprietà intellettuale, che Sega diede finalmente un duro colpo a Nintendo. Il Mega Drive/Genesis in bundle con Sonic the Hedgehog mise in crisi per la prima volta Nintendo dopo una sicura stretta sul mercato delle console. Super Mario World, in bundle con il neonato Super Nintendo, rispose in tutto tono alla nuova mascotte Sega e alla sua spietata campagna pubblicitaria. Super Mario World triplicò decisamente i contenuti del precedente Super Mario Bros 3: l’overworld era decisamente più vasto, migliaia di livelli tutti rivisitabili, livelli segreti, migliaia di nuovi nemici e boss sempre diversi, l’aggiunta del nuovissimo compagno Yoshi il cui arrivo era voluto da Miyamoto sin dal primo gioco, una nuovissima veste grafica a 16 bit e un vero sonoro digitale ai passi con le sintesi digitali dell’epoca. Super Mario World e il suo sistema sembravano eclissare il Sega Mega Drive/Genesis sotto ogni aspetto ma il tardo arrivo sul mercato (ben 2 anni dopo la concorrenza, dunque nel 1991) portò il Super Nintendo a costare di più della concorrenza che nel frattempo poté permettersi un price drop con una killer app a tutti gli effetti. Con gli anni 90 arrivò una cultura sempre più ribelle e “l’antieroe” diventava sempre più di moda. In un periodo del genere Mario, un onesto idraulico innamorato della sua principessa, sembrava essere meno rilevante di Sonic, personaggio sbarazzino, con un carattere frizzante e tutto sommato più “figo”. Fu decisamente un duro colpo per Nintendo ma questi non gettarono la spugna così facilmente. In questo periodo più o meno difficile diedero a Mario nuovi scenari e nuove possibilità con la quale sfondare. Il 1992 vide la nascita di Super Mario Kart, il primo gioco dell’omonima saga che rivoluzionò il genere del kart racing. Super Mario Kart fu un grande successo ed è un gioco che, ancora oggi, regala momenti e sessioni di multiplayer indimenticabili. E ancora, sempre nel 92, uscì il curiosissimo Mario Paint, un gioco che era più un programma di editing artistico (con tanto di mouse e tavolozza) pensato per i più piccoli con la quale era possibile disegnare, colorare, comporre musica e fare semplici animazioni. Alcuni creatori Youtube, come ad esempio il famoso James Rolfe che ha dato vita al popolarissimo personaggio Angry Videogame Nerd, hanno citato Mario Paint come la loro prima esperienza con un software di editing, software che poi li spinse verso orizzonti più vasti. Poi nel 1993 uscì Super Mario All Stars, una collezione contenente i primi tre giochi con una grafica rinnovata e un sonoro modernizzato. I giocatori ebbero finalmente l’occasione di giocare inoltre con la versione giapponese di Super Mario Bros 2, rinominata Super Mario Bros: the Lost Levels, che non arrivò in occidente nel 1986. Dal 1993 Sega cominciò a prendere delle batoste per via dei fallimentari Sega CD/Mega CD e Mega32X/32X che, anche se promettevano grafiche e capacità di dati maggiori, sottolineavano la loro arretratezza rispetto al Super Nintendo che nel frattempo riguadagnava terreno grazie anche ad altri giochi come Starfox, Super Metroid e Final Fantasy III (VI). In questo scenario Mario torna in campo con due curiosissimi titoli che poi finirono per diventare nuove saghe distaccate dal canone principale. Il primo, presentato come il sequel di Super Mario World, fu Super Mario World 2: Yoshi’s Island. Questo splendido platformer ha ben poco a che vedere col capitolo precedente citato nel titolo in quanto al centro dell’attenzione c’è l’amico Yoshi che accompagna Baby Mario in giro per la sua isola alla ricerca del fratellino Baby Luigi. Il dinosauro verde ha più o meno le stesse abilità che aveva nel gioco precedente ma adesso ha la possibilità di espellere delle uova che poi può usare come proiettili contro i nemici più duri e di librarsi in aria per un periodo di tempo limitato. Il level design è uno dei più belli mai realizzati ed è ciò che ha posto Yoshi’s Island fra i più acclamati platformers di sempre. Il secondo titolo fu invece una collaborazione con la Squaresoft che culminò con Super Mario RPG, un fantastico gioco di ruolo che vide Mario in uno scenario ben lontano dal solito platform. Il gioco, anche questo annoverato fra i migliori RPG di sempre, è ricordato soprattutto per lo humor del gioco, la fantastica storia e la grafica 3D pre-renderizzata che rendeva il gioco più vivo che mai. Anche se la Squaresoft rinunciò a produrre nuovi titoli della saga Nintendo non rinunciò al concept del gioco e la saga RPG dell’universo di Mario continua a tutt’oggi grazie agli studi della Alphadreams.

Mario nella terza dimensione

La nuova generazione era ormai alle porte e mentre Sega e Sony, la nuova temibile concorrente con la sua potente ma tecnologicamente semplice Playstation, si erano già buttati in una battaglia senza esclusione di colpi Nintendo tardò ad entrare in competizione. Il ritardo del Nintendo 64 fu ben giustificato quando Super Mario 64, nel 1996, arrivò nei negozi. Mario fece il salto verso la terza dimensione e il risultato fu sbalorditivo. La potenza del Nintendo 64 offriva una grafica eccezionale, Mario e la grafica 3D si sposavano perfettamente insieme ma ciò che contraddistinse il gioco fu la grandezza, la varietà dei mondi ma soprattutto i fluidissimi ed intuitivissimi controlli. Non c’erano più livelli con un inizio ed una fine come nei titoli precedenti ma mondi aperti con missioni da svolgere. Il gioco vero e proprio non sarebbe finito con la disfatta di Bowser come tutti gli altri, il vero scopo era raccogliere tutte le 120 super stelle sparse per i mondi raggiungibili dal castello della principessa Peach cui faceva da hub. La nuova avventura di Mario non era più tanto un viaggio ma più una missione da portare a termine. Il termine di paragone iniziale fu ovviamente la neonata stella di Crash Bandicoot, il nuovo platformer che impazzava sulla nuova console Sony. Per quanto Crash Bandicoot fosse un ottimo gioco, la nuova mascotte Sony non era libera quanto Mario in quanto i suoi livelli erano si in 3D ma lineari. I controlli erano decisamente all’altezza del suo rivale Nintendo ma in quanto innovazione Crash Bandicoot ne portava ben poche. Super Mario 64 fu uno di quei giochi che fecero resistere il Nintendo 64 in uno scenario che sembrava una guerra persa in partenza; le cartucce, se pur un media (apparentemente) meno potente dei capientissimi Compact Disk, assicurarono a Nintendo la totale assenza di pirateria e tutto ciò che immettevano nel mercato tornava indietro come guadagno economico. Per il resto del ciclo vitale della console Mario diede spazio a tante nuove I.P. in arrivo sulla console Nintendo. Sul Nintendo 64 Super Mario divenne una sorta di icona del divertimento e sulla nuova console a 64 Bit si possono trovare una marea di giochi party con tutta la ciurma dell’idraulico baffuto. Giochi come come Mario Kart 64, i tre giochi Mario Party, Mario Tennis, Mario Golf e ancora il primo Super Smash Bros, tutti giochi che assicuravano sessioni di multiplayer infuocate grazie alle quattro porte per i controller già installate nel sistema; il Nintendo 64 è ancora oggi ritenuta la console definitiva per il multiplayer locale.

Sperimentazioni e ritorno alle radici

Il Gamecube arrivò sulle scene nel tardo 2001 e fu la prima console Nintendo a leggere mini-dischetti ottici. Ancora una volta i fan storsero il naso sulla scelta del media della console ma grazie ad essi il Gamecube fu come risultato una console difficilissima da modificare, tanto che le prime modifiche per leggere i backup apparvero solo verso la fine del suo ciclo vitale, ancora una volta assicurandosi il ritorno economico di tutto ciò che veniva immesso nel mercato. Il Gamecube fu la prima console Nintendo a non avere un gioco di Super Mario al lancio. Il lancio invece fu affidato al fratello Luigi con il curiosissimo spin-off Luigi’s Mansion il cui obbiettivo era proprio quello di trovare Mario all’interno della magione stregata. La nuova avventura di Mario arrivò l’anno succesivo, nel 2002, con Super Mario Sunshine. Nintendo decise di sperimentare molto con questo titolo: diedero molto più storytelling e dunque un background un più ricco dei precedenti giochi, l’azione non era più all’interno del regno dei funghi, bensì nell’isola Delfino, isola popolata da simpatici esserini chiamati Palmensi e l’atmosfera del gioco era decisamente più soleggiata ed esotica. Il gameplay fu l’elemento più modificato: similarmente a Luigi’s Mansion a Mario venne dato un dispositivo, il FLUDD, in grado di caricare acqua e sfruttarla a suo vantaggio. Super Mario Sunshine mostrava chiari investimenti in grafica, sonoro, storia e gameplay ma, nonostante una critica favorevole, alcuni fan si trovarono alienati di fronte al nuovo titolo, troppo diverso dal precedente Super Mario 64 e, a tratti, anche troppo difficile. L’idea di un nuovo titolo più classico si fece strada poco dopo la sua uscita. Giravano voci che Nintendo avrebbe sviluppato un nuovo titolo dalla demo mostrata al Nintendo Space World del 2000 intitolata Super Mario 128. Le voci erano infondate e da quella demo fu un concept dalla quale poi venne sviluppato Pikmin. Nel Gameboy Advance, uscito nel 2002, vennero rilasciati una serie di titoli classici, in ordine: Super Mario Bros 2, Super Mario World, Yoshi’s Island e Super Mario Bros 3. Finiti i giochi classici (Super Mario Bros fu anche rilasciato per Gameboy Advance per la serie NES Classics) si fece avanti l’ipotesi fra i fan di un quinto gioco classico inedito da aggiungere alla serie Super Mario Advance. I fan ebbero ragione ma il titolo usci per il popolarissimo Nintendo DS con il nome di New Super Mario Bros, un inedito gioco in 2.5D che sancì il ritorno alle radici classiche del gioco. New Super Mario Bros rappresentò la riscoperta del canone classico della serie, il gioco funzionava esattamente come un vecchio titolo del passato ma presentava tantissimi nuovi elementi come nuovi power up, nuove gimmick per i livelli, nuove canzoni e nuovi nemici boss, sempre sconfiggibili tramite il classico salto addosso. New Super Mario Bros riscosse un successo senza precedenti: con 31 milioni di copie vendute in tutto il mondo divenne il titolo più venduto del Nintendo DS nonché uno dei giochi più venduti di tutti i tempi.

Verso l’eccellenza ed oltre

In questo clima di riscoperta Nintendo era pronta a colpire di nuovo con un titolo della saga senza precedenti. Passarono cinque anni dall’ultima apparizione di Super Mario in una console casalinga e nel frattempo, nel 2006, il Nintendo Wii ebbe un impatto nel mercato pari a quella della Playstation durante la sua generazione, il prossimo gioco di Mario, faccia della compagnia e icona dei videogiochi, doveva essere perfetto. Dopo anni in sviluppo Super Mario Galaxy uscì nel Novembre del 2007 riscontrando  immediatamente pareri positivi della critica e dei fan. Il nuovo palcoscenico di Super Mario non era più la terra ferma bensì lo spazio e le galassie al di fuori del regno dei funghi: ciò che fece rimanere a bocca aperta critici e giocatori fu la cura e la precisione della gravità implementata in questi nuovi mondi rotondi di questo capitolo. Il mondo ruotava letteralmente in torno a Mario, la dimensione dei platform fu totalmente squadernata, Super Mario Galaxy diede ai fan, alla critica e persino agli sviluppatori di tutto il mondo un nuovo modo per vedere un platform 3D, difficilmente la stessa eccellenza fu raggiunta da altri sviluppatori. I livelli erano della difficoltà giusta, tutto era curato nei minimi particolari, persino la musica dell’overworld, la stazione spaziale del nuovo personaggio Rosalina, era una sinfonia composta sul ritmo passetti di Super Mario. Non si badò a spese, appunto, neppure per la musica, la gran parte dei pezzi fu composta da un’orchestra di 50 persone. In tutto questo i motion control, sulla quale Nintendo aveva costruito la reputazione del Wii, non erano né troppo invasivi né assenti, il puntatore ed il sensore di movimento dei Wiimote erano usati senza nessuna gimmick superflua e mai noiosa. La cura con la quale fu sviluppato Super Mario Galaxy fu un evento quasi irripetibile. Nel 2010 fu rilasciato, dopo un New Super Mario Bros per Wii, il sequel diretto Super Mario Galaxy 2 che fu una vera e propria continuazione del primo. Molti elementi, quale la cura per la gravità e diversi power up, fecero ritorno ma la struttura del gioco cambiò in quanto questa volta, per scovare Bowser, bisognerà viaggiare con la nostra nave/pianeta spaziale attraverso una serie di mondi in serie. Inoltre, in questo capitolo, fece ritorno il caro Yoshi  che fu un aggiunta perfetta all’interezza del gioco. Gli anni in sviluppo di Super Mario Galaxy 2 stanno ancora a dimostrare la cura con la quale Nintendo sviluppa un titolo di Mario e che i titoli principali di questa saga non possono essere buttati nel mercato solo per riscuotere vendite; un titolo di Super Mario non è solo un gioco, ma un evento. L’eccellenza di Super Mario Galaxy è anche dimostrata dal fatto che è stato l’unico titolo 3D ad aver ricevuto un sequel diretto.

Gli anni recenti

Le cose per Nintendo e Mario girano per il verso giusto ma allo scattare della nuova generazione delle nuove console le cose non sembrano andar bene come le altre volte. Il lancio del Nintendo 3DS fu molto lento e la nuova gimmick del 3D senza occhiali non convinceva molto i fans. Le cose andarono molto peggio per il mercato delle console casalinghe con il semi-fallimentare Wii U, successore del Wii, con la quale i giocatori non riuscivano ad entrare in contatto. In uno scenario del genere, in cui anche la concorrenza fatica ad emergere per via della presenza sempre più imponente di Steam, i nuovi giochi di Mario sembrano all’apparenza già visti ma tutto quanto si rivela una falsa impressione. Per 3DS uscirà Super Mario 3D Land, un gioco che crea una nuova formula fondendo il passato con il presente: il gioco si pone come un platformer stage by stage, dunque come i più classici giochi 2D, ma i livelli, seppur lineari, sono in 3D ed esplorabili fin dove possibile. L’implementazione del multiplayer fino a quattro giocatori ha reso Super Mario 3D Land uno dei giochi più validi e divertenti della nuova console portatile, diventando anche uno dei giochi più venduti del Nintendo 3DS. Sul fronte del Wii U invece troviamo il più espanso Super Mario 3D World, sequel di 3D World e che porta nuovi power up, livelli più grandi e il bonus di Cpt. Toad dalla quale poi verra tratto un intero gioco. In questo periodo vengono fuori anche due nuovi capitoli 2D per 3DS e Wii U, rispettivamente New Super Mario Bros 2 e New Super Mario Bros U (e un DLC intitolato New Super Luigi bros U) ma nonostante tutti questi titoli è l’hardware Nintendo che sembra non essere all’altezza del mercato. I titoli sono tutti validissimi, Super Mario 3D World era stato nominato il miglior videogioco da regalare per il natale 2013 ed uno dei giochi più comprati su amazon in quel periodo, ma nulla sembra attecchire coi fan, specialmente con coloro che non hanno un Wii U. Le vendite di quest’ultima però, in occasione dei 30 anni di Mario, riscontrarono un rialzo di vendite quando fu lanciato  Super Mario Maker in bundle con la console. Un po’ come Mario Paint, Super Mario Maker è più un software di editing che un gioco; per la prima volta ai fan della saga viene dato un vero e proprio tool di creazione per dei livelli di Super Mario. Questo gioco celebra in tutto e per tutto la storia dell’icona dei videogiochi: è possibile scegliere quale motore grafico (e dunque quale fisica del gioco) usare, se quello di Super Mario Bros, Super Mario Bros 3, Super Mario World o New Super Mario Bros, inserire blocchi calpestabili, blocchi rompibili, power up, nemici, porte, creare sub-aree… Tutto in una maniera incredibilmente intuitiva e facile per tutti. Ad oggi i livelli creati con Super Mario Maker sono attorno ai 7 milioni ed il numero è, ovviamente, ancora in crescita. Dal 2016 in poi le cose però sembrano migliorare per la grande N e l’idraulico più famoso al mondo. Nel 2016 Nintendo, che si è aperta al mercato delle app per mobile, ha curato lo sviluppo di Super Mario Run per iOS, un gioco che fonde le meccaniche di un endless runner, genere ormai popolarissimo fra gli utenti di smartphone di tutto il mondo, con un platform più classico nel vero senso della parola. Su Nintendo Switch la Ubisoft ci sta deliziando con il nuovissimo Mario + Rabbids Kingdom Battle, un’accoppiata che sta rivelando vincente e che riscontra pareri altamente positivi da parte di critica e fan. Ma il futuro è ancora luminoso per Mario infatti fra poco saremo testimoni della sua nuova avventura: il rilascio di Super Mario Odyssey, in programma per il 27 Ottobre 2017, si sente già nell’aria e la fanbase dell’idraulico non vede l’ora di cimentarsi in questa nuova avventura.

E se…

Chissà se Nintendo avesse davvero ottenuto la licenza per i personaggi di Popeye da mettere in quel videogioco del 1981… Sarebbe Nintendo la stessa compagnia che conosciamo oggi? Mario sarebbe mai esistito? Ci sarebbe mai stata un’icona grande quanto Mario nel mondo? Avrebbe mai avuto lo stesso peso per la cultura popolare? Ad oggi ci è veramente difficile pensare ad un mondo senza Mario, l’uomo qualunque con una marcia in più, il personaggio in cui tutti ci siamo immedesimati almeno una volta. Tante serie videoludiche, nel tempo, sono iniziate e finite ma Mario è da sempre stata la costante che ha reso i videogiochi quello che sono oggi.




Super Nintendo Classic Mini: i 10 grandi assenti

Il Super Nintendo Classic Mini uscirà il 29 settembre sul mercato e la risposta del pubblico è già stata fortissima, con un grande numero di prenotazioni in tutto il mondo.
La piccola console conterrà 21 giochi preinstallati, grandi classici che hanno fatto la storia dei videogame e con essi  l’inedito Star Fox 2. In un range di giochi così contenuto era inevitabile figurassero i grandi esclusi, e qui ne abbiamo selezionati e classificati 10 di cui sentiremo assolutamente la mancanza.

10. Final Fight 2

Seguito del titolo che doveva essere inizialmente il sequel del primo Street Fighter, questo picchiaduro a scorrimento ha fatto la storia del genere partendo dalle sale giochi e arrivando con il secondo capitolo probabilmente alla sua massima espressione.

9. Legend of the Mystical Ninja

Remake di un capitolo della saga Ganbare Goemon, il titolo è stato il primo episodio della serie platform d’avventura di grande successo in Giappone ad arrivare in Occidente, ed è tuttora considerato un titolo di culto.

8. Earthworm Jim

Videogioco a piattaforme che vede il lombrico Jim acquisire incredibili poteri e intelligenza umana grazie a una Space Suit caduta dal cielo che dovrà difendere dal terribile Psy-Crow, intenzionato a riportare la tuta alla regina aliena.

7. Super Bomberman

Gioco che darà il via a una fortunata serie e che vede alcuni piccoli personaggi combattere in un’arena a suon di esplosioni. Fu il titolo col quale Nintendo lanciò un multitap che permetteva una battaglia fra più di due giocatori contemporaneamente, aprendo la strada al multiplayer su 16 bit.

6. Zombies Ate My Neighbors

Titolo ormai di culto realizzato da LucasArts che mise il meglio del suo immaginario parodistico, facendo il verso ai b-movie di genere horror e alle invasioni zombie, qui fronteggiate dai protagonisti a colpi di pistole d’acqua, posate e bibite gassate.

5. Sunset Riders

Straordinario shooter a scorrimento ambientato nel Far West americano, nel quale si vestiranno i panni di un cacciatore di taglie che in ogni livello dovrà fronteggiare vari nemici fino ad affrontare il ricercato di turno e ottenere l’agognata ricompensa.

4. International Superstar Soccer

Primo capitolo di una lunga serie che ha portato all’odierno Pro Evolution Soccer, punto di riferimento fra gli appassionati del calcio videoludico. La vera simulazione calcistica cominciò da lì, venuta dopo una miriade di titoli che emulavano il vero calcio piuttosto che simularlo.

3. Actraiser

Titolo a metà tra il platform d’avventura e il videogame simulativo che riesce a calibrare benissimo entrambe le anime, mettendo in atto dinamiche proprie del god game alternate a boss fight mozzafiato sullo sfondo di una mitologia elaborata e di una storia complessa e ben curata.

2. The Magical Quest: starring Mickey Mouse

Platform straordinario e immaginifico nato dalla collaborazione tra Disney e Capcom, questo titolo vede Mickey Mouse affrontare pericoli di ogni genere in mondi di fantasia tratti dall’immaginario favolistico con vesti e abilità sempre diverse, in un videogioco dalla storia avvincente e dal gameplay inaspettato che lo rende adatto a tutte le età

1. Chrono Trigger

Il titolo di cui forse la maggior parte del pubblico sente la mancanza, a cui Nintendo ha preferito forse Secret of Mana, e che è considerato ancora oggi uno dei jrpg più belli di ogni tempo, con una grande varietà di combattimenti e personaggi, una storia curatissima e 13 finali diversi che lo hanno reso uno dei titoli videoludici più amati di sempre.




SN30 e SF30 Pro Controllers per Switch già disponibili per il pre-order

Sono già ordinabili SN30 e SF30, i Pro Controllers per Switch modellati rispettivamente sui design dei controller originali del Super Nintendo americano e del Super Famicom. Entrambi vantano un set di tasti completo con levette analogiche pressabili, croce direzionale D-Pad, vibrazione, motion control, bluetooth, batteria ricaricabile, tasto home, tasto screenshot e un connettore USB-C. Sono compatibili con Nintendo Switch, Windows, Mac e Android.

In aggiunta a questi pad, la 8Bitdo sta per lanciare uno speciale accessorio attaccabile a quasi tutti i modelli di smartphone per poterli trasformare nella console portatile perfetta.

Anche se ovviamente non siamo ancora riusciti a mettere le mani su queste meraviglie, sappiamo già che i controller della 8Bitdo sono qualitativamente incredibili e questi, per soli 49,99$, potrebbero risultare una delle migliori opzioni per l’acquisto di un pad wireless.




Super Nintendo Classic Mini già sold-out

Amazon ha aperto oggi i preordini per il Super Nintendo Classic Mini per chiuderli in brevissimo tempo: le scorte sono infatti esaurite in circa mezzora, portando il prodotto momentaneamente sold-out.
La console, che consta 21 giochi preinstallati, cavo HDMI, 2 joypad e cavo USB (non è incluso l’alimentatore, ma si potrà utilizzarne uno standard per smartphone), è comunque ancora preordinabile sul sito di GameStop (a fronte di una caparra di 60 €) sarà disponibile dal 29 settembre al prezzo di 79,99 €.