SNK 40th Anniversary Collection

Se qualcuno non lo sapesse, cominciamo col ricordare che SNK è stata una delle case videoludiche più influenti e importanti del Giappone in campo hardware e software. La Shin Nihon Kikaku (in inglese “New Japan Project”) fu fondata nel 1973 e cominciarono a produrre videogiochi dal ’79 per tutti gli anni ’80 ma fu negli anni ’90 che diventarono dei protagonisti del gaming di quegli anni. Popolari nell’home market ma soprattutto nelle arcade, la SNK rilasciò il Neo Geo MVS (che sta per Multi Video Sistem) nel 1990, segnando così un punto di svolta nel mercato. Oggi SNK è una delle compagnie più attive nell’ambito del retrogaming, avendo rilasciato molti dei suoi titoli chiave sullo store del Nintendo E-Shop e lo spettacolare Neo Geo Mini, una bellissima mini console che riproduce la forma e le funzionalità di un cabinato MVS.
A fine 2018, il 13 Novembre, SNK ha rilasciato per Nintendo Switch la bellissima SNK 40th Anniversary Collection, approdata lo scorso 29 marzo su PS4, una raccolta di titoli pre-MVS curata da Digital Eclipse e SNK, che racconta le radici di questa nota compagnia giapponese. Non troveremo nessun Metal Slug, King of Fighters, Fatal Fury o Samurai Showdown ma avremo in compenso dei grandi titoli che hanno posto le basi per l’avvenire di SNK e i suoi futuri “big red monster”, i cabinati Neo Geo MVS,  che dominarono le arcade negli anni 90. Vediamo cosa c’è all’interno di questa bellissima collection che celebra la vita e l’eredità di una compagnia giapponese che fronteggiò Nintendo e Sega con risultati veramente eccellenti.

Una notte al museo

Prima di scendere nelle (brevi) analisi dei singoli giochi che compongono questa raccolta, vogliamo analizzare la presentazione della collection in sé. All’avvio avremo la possibilità di accedere alla sezione museo dove poter conoscere la storia dei titoli SNK dal 1978 – pensate –  al 1990, anno in cui fu lanciato il più standardizzato sistema Neo Geo MVS, includendo dunque anche giochi che non sono presenti in questa raccolta. Ogni presentazione include solitamente artwork, manuali di istruzioni, illustrazioni pubblicitarie, screenshot e a volte anche foto dei cabinati, il tutto accompagnato da brevi ma dettagliatissime linee di testo che ci raccontano la storia dello sviluppo del gioco in questione, le innovazioni portate e retroscena esclusivi. Sono così utili e belle che le abbiamo consultate più volte nel compilare questa stessa recensione!
La sezione museo include inoltre le colonne sonore di tutti i giochi presenti in questa collezione, nel caso vorreste ascoltare singolarmente alcuni dei brani dei giochi a cui avete giocato. Nelle opzioni invece potrete guardare i crediti, cambiare la lingua (dei menù, non certo dei giochi), vedere il progresso degli achievement esclusivi di questa collection e scegliere la visualizzazione verticale o orizzontale, come un vero cabinato arcade (ma questa opzione è possibile solo in modalità portatile).
Nei giochi, così come accade per le migliori collection che si rispettino, abbiamo la possibilità di cambiare il ratio dell’immagine, ovvero il classico 4:3 (spesso allungato) centrato, il 4:3 che si lega ai bordi superiori e inferiori dello schermo e 16:9 (le stesse opzioni presenti nella release Sega Ages di Thunder Force IV); poi possiamo cambiare filtro dell’immagine, ovvero il pixel perfect (senza filtro), con gli scalini della TV e il filtro monitor da sala giochi, ai tempi più avanzati rispetto ai monitor casalinghi. Essendo questa collection principalmente indirizzata ai giocatori di una certa età che hanno giocato in passato a questi titoli, e che con buona probabilità hanno sempre meno tempo per giocare ai videogiochi, è stato inserito un tasto rewind, “L”, che permette di mandare indietro l’emulazione dei giochi giocati e dunque giocare al meglio ogni singola partita; un compromesso veramente superiore, e più veloce, dei più comuni save/load state (a ogni modo presenti e utilizzabili dal menù di pausa). Qualora doveste abbandonare per forza la vostra partita potrete tornare al menù principale con l’opzione “salva ed esci”; in questo modo, quando riprenderete la vostra partita, vi ritroverete esattamente nel punto in cui l’avevate lasciata, una scelta semplice, standard, essenziale e perfettamente funzionale. In alcuni dei giochi è possibile cambiare la regione e scegliere le versioni arcade e Nintendo Entertainment System (ove presente). Quest’ultima opzione è una vera e propria manna dal cielo per quegli utenti che non hanno ancora preso in considerazione l’iscrizione al servizio online di Nintendo Switch che permette l’accesso ai titoli NES in streaming. Ma adesso diamo un breve sguardo di dettaglio a buona parte dei giochi inclusi in questa raccolta.
Di seguito vi verranno riportati i titoli (anche alternativi), l’anno di produzione, le versioni regionali (selezionabili dal menù col tasto “X”) e versione hardware, ovvero arcade e/o NES.

  • Alpha Mission/ASO1985US, JPArcade, NES. Uno dei primi shoot ‘em up moderni della SNK, che dunque seguì la rivoluzione lanciata da Gradius nel 1985. Il gameplay si rifà principalmente a Xevious, con obiettivi in volo e in superficie da eliminare coi missili, ma la sua unica meccanica consistente nel raccogliere pezzi di armatura in volo, e dunque creare diverse combinazioni di offesa e difesa, lo accostava tranquillamente ai giochi RPG di cui i programmatori SNK erano ghiotti. È un gioco veramente difficile e tedioso ma grazie alle opzioni inserite in questa collection potremo giocarlo con molta calma, la stessa che mancava tempo addietro quando orde di bambini sudati inserivano le proprie 500 lire per provare a superare anche un solo livello.
  • Athena1986INTArcade, NES. Platform che ha per protagonista la dea greca della sapienza, dell’arte e della guerra (rigorosamente in bikini rosso come da tradizione epica), lo si può considerare come un insolito mix di Alex Kidd in Miracle World, per il design generale, e Ghost ‘n Goblins per la sua incredibile difficoltà. Sebbene il gioco non sia esente da difetti, Athena fu una delle più grandi hit della SNK prima del lancio del Neo Geo MVS; il titolo portò elementi propri del RPG, genere più propriamente legato alla dimensione casalinga, in un semplice platform per arcade tramite la semplice collezione di armi, scudi e pezzi di armatura che apparivano addosso ad Athena una volta raccolti: una vera rivoluzione per l’epoca. La protagonista stessa divenne una delle prime mascotte della SNK, tanto che per il titolo Psycho Soldier (che vedremo più avanti) venne creata Athena Asamiya, una discendente diretta dell’originale Athena, che apparirà più in là anche nella serie picchiaduro King of Fighters, anche con l’iconico bikini rosso nelle schermate di vittoria. Sconsigliato a chi ha poca pazienza e ai puristi dell’epica greco-romana.
  • Crystalis/God Slayer1990US, JPNES. Questo titolo per NES si discosta in tutto e per tutto dallo stile arcade che caratterizza molti dei giochi SNK presenti in questa collection, infatti Crystalis è un iconico gioco d’avventura sullo stile di The Legend of Zelda che provò a colmare la grande fame venutasi a creare dopo il rilascio di Zelda II: The adventure of Link, titolo che lasciò i fan della saga con uno strano amaro in bocca per il suo forte scostamento dal primo capitolo. A differenza dell’iconica saga Nintendo, il design generale di Crystalis ha una spiccata sfumatura sci-fi, più vicina a Phantasy Star, e altre componenti RPG non presenti in The Legend of Zelda, prima fra tutti la crescita livellare. Il gioco ricevette nel 2000 un porting per Gameboy Color ma solamente con l’avvento di internet Crystalis ottenne lo status di cult following. Una vera e propria chicca per NES che difficilmente gli iscritti del servizio online di Nintendo Switch vedranno in tempi brevi (sempre se mai arriverà) in streaming; una vera e propria gemma nascosta che potrete persino giocare offline! Se c’è un titolo che vale l’acquisto di questa collection, Crystalis è esattamente quel gioco.

  • Ikari Warriors/Ikari1986US, JPArcade, NES. Ispirato a film come Rambo e Commando, Ikari Warriors è un gioco simile a uno shoot ‘em up che però ci permette di controllare l’avanzamento dei nostri soldati Ralph e Clark (Paul e Vince al di fuori del Giappone), futuri combattenti in King of Fighters. Sebbene, come Athena, il gioco presentava una miriade di difetti (soprattutto sulla versione per console) il gioco diventò popolarissimo, sia nelle sale giochi che nelle case dei possessori del NES, per via dell’avvincente campagna da giocare in due giocatori contemporaneamente. Dopotutto, come non poteva Ikari Warriors diventare popolare? Insomma, includeva due virili soldati che uccidevano ondate di nemici in una giungla a petto nudo a colpi di fucile (infatti molti giocatori speculavano che i due personaggi giocabili erano proprio John Rambo e John Matrix di Commando, in poche parole Sylvester Stallone e Arnold SchwarzeneggerRambo Commando!), granate ed era possibile anche guidare i carri armati, feature che diventerà essenziale in Metal Slug. La versione per console è decisamente la più difficile in quanto non era possibile includere la feature dello stick rotante presente in sala giochi (oggi fedelmente riprodotta nella la versione arcade col secondo stick del controller del Nintendo Switch, le stesse meccaniche di un twin stick) e non era possibile continuare a giocare dopo la perdita delle due vite; tuttavia, alla perdita dell’ultima vita, potrete riprendere a giocare se digiterete, con i tasti “A” e “B” del NES, il nome di una famosa pop band svedese di quattro lettere… Mamma Mia, che complicazione!
  • Ikari Warriors II: Victory Road1986US, JPArcade, NES. Terminata la prima avventura, Paul e Vince tornano a casa in aereo ma una strana turbolenza li porta avanti nel futuro, in uno strano mondo sci-fi popolato da strane creature e alieni. Il gameplay generale rimase lo stesso del primo capitolo ma furono aggiunte giusto nuove armi, come i bazooka e le spade in grado di uccidere i nemici senza un proiettile, le aree nascoste e sostituiti i carri armati con delle armature. Questo nuovo titolo incluse inoltre delle chiarissime linee di dialogo, uniche per entrambe le versioni. Nonostante i temi più seriosi, in Ikari Warriors II furono inseriti elementi di humor per rendere la fruizione del gioco più leggera. Se giocate a questo gioco in due provate a incrociare le spade come si vede nell’artwork!
  • Guerrilla Wars/Guevara1987US, JPArcade, NES. Inizialmente il gioco fu concepito come un ulteriore sequel di Ikari Warriors ma durante lo sviluppo il presidente della SNK si interessò ai personaggi di Ernesto “Che” Guevara e Fidel Castro dopo aver letto il libro “La Guerra di Guerriglia” scritto dal rivoluzionario cubano, unico libro che trattava la rivoluzione cubana disponibile in Giappone. Fu così che un giorno, a metà dello sviluppo del sequel, si presentò ai programmatori chiedendo che il titolo venisse trasformato in un gioco sui rivoluzionari cubani. Ebbene sì, nella versione Giapponese (in realtà anche quella americana ma i nomi dei personaggi giocabili non vengono mai menzionati) controllerete il guerrigliero Che Guevara e l’ex leader cubano Fidel Castro, come secondo giocatore, intenti a rovesciare il durissimo governo di Fulgencio Batista… altro che lezioni di storia! Il gameplay riprende Ikari Warriors in tutto e per tutto ma aggiunge il salvataggio di ostaggi, che se colpiti da un nostro proiettile comporteranno la perdita di 500 punti, e il miglioramento delle AI dei nemici, ora più furbe e più strategiche. Probabilmente è un gioco che non portò grandi innovazioni, ma era un gioco “rivoluzionario” a modo suo!

  • Ikari III: The Rescue1989US, JPArcade, NES. Stavolta per la rabbia, visto che “Ikari” in giapponese significa proprio “rabbia”, Paul e Vince abbandonano le armi e decidono di far fuori i nemici alla vecchia maniera: “mazzate”! In Ikari III le armi da fuoco si fanno rare, così come i neo-introdotti oggetti contundenti, e il nostro metodo di difesa principale diventano i pugni e i calci – un vero e proprio tributo a Chuck Norris!. Da notare è anche l’abbandono dello stile animato degli artwork in favore di uno più realistico e crudo.
  • Iron Tank1988US, JPNES. Altro titolo sviluppato per NES che non arrivò mai nelle sale giochi ma che, a differenza di Crystalis, conserva un gameplay prettamente arcade. Iron Tank è il sequel di TNK III (che vedremo più avanti), ovvero un gioco simile a Ikari Warriors ma in cui controlleremo un carro armato. I due tasti del NES serviranno a sparare due tipi di fuoco diversi, ovvero uno sparo che segue la direzione del carro armato e uno direzionato nel verso del cannone principale. TNK III era dotato dello stesso stick rotante di cui Ikari Warriors era munito per muovere il cannone principale (dunque si poteva mirare dritto col cannone principale e spostarsi lateralmente continuando a sparare coi cannoni inferiori, sparando così in due direzioni contemporaneamente) ma col controller del NES è tutto un altro discorso: il cannone superiore si muove soltanto quando terremo premuto “B” (layout del NES), ovvero il tasto dei cannoni inferiori, perciò sarà impossibile sparare in due direzioni in questa versione. Nonostante le limitazioni Iron Tank risulta comunque un gioco molto gradevole.
  • P.O.W. Prisoners of War/Datsugoku1988US, JPArcade, NES. Uno dei primi beat ‘em up della SNK, P.O.W. si rifà principalmente a film come Fuga di mezzanotte o Fuga da Alcatraz in cui un protagonista programma, e conclude, una fuga da una prigione di massima sicurezza. La versione arcade di questo gioco ha un sistema di controllo a quattro tasti che includono un calcio e un pugno forte, un tasto per le combo e un tasto per il salto. Nel 1989 P.O.W. uscì per NES e, visti i problemi relativi al controller e alla memoria del sistema, fu semplificato il sistema di combattimento e tolta la modalità per due giocatori; in compenso furono introdotte nuove armi e oggetti contundenti, sub-aree e un nuovo boss finale. Per una volta la versione NES sembra che abbia dato di più rispetto alla controparte arcade!

  • Prehistoric Isle in 19301989US, JPArcade. In questo spettacolare shoot ‘em up sulla scia di R-Type partiremo alla volta di una misteriosa isola per capire cosa si cela dietro allo strano fenomeno della scomparsa degli aerei che le si avvicinano; una volta lì scopriremo che l’isola è abitata da creature preistoriche, dinosauri, cavernicoli e altri esseri ancestrali. Come il rivoluzionario gioco della Irem, avremo una sorta di satellite che rimarrà attaccato al nostro aereo ma potremo posizionarlo in otto posizioni diverse dalle quali partirà un colpo di supporto diverso: in diagonale bassa verrà lanciato un siluro in pieno stile Gradius, se lo posizioneremo sul retro lasceremo delle mine, e così via. I passi avanti rispetto ad Alpha Mission e Chopper I (arrivato in questa collection come DLC) sono evidenti e, fra gli Shmup presenti in questa collection, Prehistoric Isle in 1930 è certamente il più completo e il più avvincente.
  • Psycho Soldier1987US, JPArcade. Sequel spirituale di Athena che include la sua erede Athena Asamiya, Psycho Soldier è un platform a scorrimento automatico che funziona su quattro superfici, un po’ come avviene in City Connection della Jaleco. Ha pochi legami con l’originale Athena, come il poter rompere i blocchi e l’inclusione di Athena stessa, ma offre un gameplay nettamente superiore al suo predecessore, con potenziamenti di vario tipo e persino trasformazioni, e si gioca con molto piacere, soprattutto in cooperativa con un secondo giocatore che comanderà l’amico Sie Kensou, anche lui futuro combattente in King of Fighters. Di degna nota è soprattutto la colonna sonora, la prima nella storia dei videogiochi a includere una traccia con delle linee cantate dalla cantante giapponese Kaori Shimizu; la versione giapponese venne curata con particolare attenzione, tanto che poi per l’uscita di Athena per Famicom venne inclusa una musicassetta con il singolo, ma la versione inglese presenta delle linee “broken english” molto risibili!
  • Street Smart1989US,JPArcade. Il primo esperimento della SNK in ambito picchiaduro. Il genere era ancora agli albori: Street Fighter, uscito nel 1987, pose le basi per i picchiaduro in tutto il mondo, ma non stupì abbastanza da imporre uno standard, e molte compagnie videoludiche ponevano in essere un proprio sistema di gioco sempre diverso. Street Smart mette i giocatori in un area di gioco tridimensionale, ponendosi dunque come una specie di area boss di un beat ‘em up, ma il tutto risulta molto giocabile pur non avendo mosse speciali e tutte quelle feature che faranno grandi i tournament fighter à la Street Fighter II. Al posto della parata, Street Smart offre un tasto per fare una capriola all’indietro e evitare con stile gli attacchi avversari. Gli unici due personaggi disponibili, Karate Man e Wrestler, sono rispettivamente primo o secondo giocatore. L’obiettivo del gioco? Mettere al tappeto gli avversari per la gloria, i soldi… e le ragazze!

  • TNK III/T.A.N.K.1985US, JPArcade. In TNK III si combatte con un carro armato, guidato dal Ralph di Ikari Warriors, e il sistema dello stick rotante, per la prima volta implementato qui, permette di far fuoco col cannone principale in una direzione e muoversi in un’altra facendo fuoco con un altro cannone che segue la direzione dell’autoblindo. Grazie ai controlli di una console moderna come il Nintendo Switch possiamo rivivere l’esperienza autentica di questo storico titolo che non solo ha avviato questo filone di titoli di sparatutto dall’alto con lo stick rotante ma ha anche salvato la SNK da un incombente fallimento. Un vero e proprio capolavoro!
  • Vanguard 1981 INTArcade. Primo grande successo mondiale per SNK, Vanguard era così popolare che Atari ne comprò i diritti per poter fare un porting per l’Atari 2600 che divenne un successo anche nel mercato casalingo. Era uno shooter simile a Scramble, gioco della Konami che pose le basi per gli shmup e la sua stessa saga di Gradius, ma proponeva feature ambiziosissime: aveva quattro tasti per sparare in alto, in basso, a destra e a sinistra, scorreva in orizzontale, in diagonale e in verticale, aveva delle linee di dialogo, rese con una primitiva sintesi vocale simile a quella vista in Berzerk, ed era uno dei primi giochi per sala giochi a includere una funzione di continue (tanto che nei filmati demo, prima di inserire il gettone, veniva spiegata questa futuristica feature). A bordo della nostra navicella dobbiamo arrivare in fondo alla caverna in cui risiede il re Gondo, un alieno che terrorizza le colonie vicine; al termine dell’avventura, come consueto per i primi giochi arcade, il gioco ricomincia a una difficolta elevata e potremo continuare fin quando ne abbiamo voglia (che fortuna non dover più inserire monete in una macchina). Magari ai giocatori più giovani Vanguard potrebbe non dire niente, ma ciò non toglie che è uno dei giochi più importanti della storia del gaming e merita di essere giocato almeno una volta nella vita. L’unica cosa che avrebbe potuto migliorare questo gioco sarebbe stata inserendo un’intonazione di Danger Zone di Kenny Loggins ogni qual volta la voce robotica annuncia l’ingresso in una “danger zone“, ma in fondo va bene così (e poi… non l’aveva ancora scritta)!

Quelli che abbiamo elencato sono i titoli originariamente rilasciati per Nintendo Switch, ma la stessa edizione è stata gratuitamente implementata l’11 dicembre 2018, quando tutti i possessori di SNK 40th Anniversary Collection si sono ritrovati un aggiornamento che aggiungeva ben altri 9 titoli:

  • Bermuda Triangle1987US, JPArcade. Un insolito shoot ‘em up che incorpora le meccaniche dello stick rotante visto in TNK III e Ikari Warrior, Bermuda Triangle permette di controllare una nave madre di grandi dimensioni (simile a una Great Fox della saga di Star Fox, per intenderci) e pertanto, visto che schivare i proiettili non sarà semplicissimo, potremo contare sui caccia che affiancheranno la nostra nave madre, anche per quel che riguarda la potenza di fuoco. Ciò che stupì all’epoca, insieme all’emozionante gameplay che includeva anche meccaniche di viaggio nel tempo, fu anche la sua coloratissima e vibrante grafica, visivamente un grande passo in avanti per SNK.
  • Chopper I/Legend of Air Cavalry1988US, JPArcade. Un moderno shoot ‘em up che ricorda nelle sue fattezze la saga di 19XX di Capcom. Altro grande titolo per SNK, Chopper I offre un gameplay veramente da manuale, con un intensità di proiettili nemici simile ai primi titoli della Toaplan, come Truxton e Zero Wing, famosi per aver – diciamo – lanciato quella tendenza che anni più avanti si sarebbe evoluta nel bullet hell (ma questo titolo è ben lontano dall’esserlo). Un titolo più che mai adatto per gli appassionati degli shmup vecchio stile, non troppo moderno ma neanche troppo datato.
  • Fantasy 1981US, JPArcade. Altro titolo proveniente dall’epoca d’oro delle arcade, per tanto costruito intorno allo stesso hardware di Vanguard e Sasuke vs. Commander (rilasciato in questi DLC), questo titolo offre un gameplay incredibilmente vario che si rifà principalmente ai più popolari Donkey Kong, Jungle Hunt e lo stesso Vanguard, in cui un ragazzo corre dietro alla sua sfortunata ragazza che viene rapita da pirati, scimmioni e tribù di cannibali. Come il precedente successo arcade SNK, Fantasy include l’innovativa feature di continue, chiare (ed esilaranti) linee vocali e persino, in un livello, parte della popolarissima hit disco “Funkytown”! Un altro titolo storico che, come Vanguard, possiede quella magia capace di portarci in un epoca in cui ci si stupiva con poco fatta principalmente di giochi elettronici, code interminabili dietro a un cabinato, senza cellulari e senza internet.

  • Munch Mobile/Joyful Road1983US, JPArcade. In questo strano gioco dai toni “pucciosi” controlleremo un’automobile senziente dalle braccia elastiche, utili per raccogliere mele, ciliegie, pesci, sacchi di soldi e taniche di benzina ai bordi della strada. Munch Mobile è un gioco particolarmente difficile, soprattutto perché la strada è piccola e l’uscita fuori strada comporta la perdita di una vita, ma se si è bravi potremo arrivare addirittura agli uffici della SNK! Il gioco, inoltre, tenta di sensibilizzare i più piccoli riguardo i temi dell’ambiente e dell’inquinamento: una volta raccolto e mangiato un oggetto commestibile possiamo guadagnare molti più punti se getteremo i suoi resti nei cestini della spazzatura riallungando le braccia verso questi oggetti sparsi nei per i bordi della strada. L’ironia sta proprio nel fatto di come un’automobile, un oggetto artificiale, riesca ad essere più pulita di certe persone!
  • Ozma Wars1979 INTArcade. Questo titolo, il più vintage di questa collection, è un fix shooter sulla scia di Space Invaders, il primo gioco che imitò il successo arcade della Taito. Ozma Wars nacque dall’impossibilità di Taito di produrre abbastanza cabinati e tabletop di Space Invaders; SNK, in mezzo alle tante compagnie che acquistarono i diritti per produrre Space Invaders al fine di aiutare Taito con la distribuzione, creò parallelamente sullo stesso hardware un kit di conversione per offrire ai giocatori delle sale giochi, che erano colme di cabinati di Space Invaders, un’esperienza diversa e lanciarsi nel mercato come un nuovo produttore, al pari di Taito, Sega e Nintendo. Anziché far fuori una schiera di alieni come nel popolare arcade, Ozma Wars innova il concetto proponendo navicelle, più dettagliate e sullo stile dei caccia spaziali di Star Wars, che come in uno shooter moderno scendono dall’alto verso il basso, sparano con più frequenza e persino di riducono la loro hitbox mettendosi di taglio (come quando si premono “L” e “R” in Star Fox) o addirittura rendendosi invisibili per qualche secondo; probabilmente, però, l’innovazione più grande di questo titolo fu quella di offrire dei livelli sempre diversi e la barra di energia, che si ricarica attaccando la nostra navicella alla più grande nave madre. Il modesto successo di questo gioco, primo vero loro titolo originale, spinse la SNK a puntare sempre più in alto e Ozma Wars rappresenta in tutto e per tutto l’inizio della compagnia che noi oggi conosciamo e amiamo.
  • Paddle Mania 1988INT Arcade. Probabilmente uno dei primi crossover della storia, ma non come intendiamo oggi un Super Smash Bros.: Paddle Mania mette faccia a faccia, in un campo chiuso in cui la palla non può andare fuori campo, giocatori di tennis, pallavolo, pallanuoto, sumo e persino surfisti! Nonostante le bizzarre premesse lo scopo del gioco è comunque molto semplice: mandare la palla nella porta avversaria, esattamente come in Pong. Sebbene il gioco originale prestava due tasti per muovere la racchetta da destra verso sinistra e viceversa, sul Nintendo Switch si è deciso di optare per dei controlli twin stick che rendono l’esperienza un po’ tediosa e non realmente gradevole. L’esperienza del twin stick è portata avanti in tutta la collection, ma probabilmente Paddle Mania è il gioco a cui meno serve questa feature!

  • Sasuke vs. Commander 1980INTArcade. Altro innovativo gioco arcade della SNK, costruito ancora una volta sullo stesso hardware di Vanguard, Sasuke vs. Commander è ancora una volta un gioco simile a Space Invaders. Invece di conformarsi a uno stile sci-fi, come andava di moda ai tempi, questo titolo offrì al giocatore uno scenario tipicamente giapponese con shogun, il carattere “grande” che si vede in lontananza (che segnala il culmine della festa dei morti di Kyoto) e gli immancabili ninja. Alla fine delle schermate di combattimento, in cui i ninja lanceranno a Sasuke gli iconici shuriken, apparirà un nemico più tenace e più grande; per tale motivo si dice che Sasuke vs. Commander introdusse il concetto di boss al termine di un livello. Un altro gioco che ci racconta le origini delle arcade.
  • Time Soldiers/Battle Field1987 US, JPArcade. Ancora una volta un top-down shooter sulla scia di Ikari Warriors con la differenza che lo stick ruotante qui montato ruota in 16 direzioni anziché in 8 come in tutti i giochi con questa caratteristica che abbiamo visto in questa collection. Time Soldier offre un campo di gioco più ampio e perciò possiamo muoverci in tutte le direzioni che vogliamo. Ovviamente, come il titolo ci suggerisce, questi futuristici combattenti – uno dei quali, dall’alto, sembra Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco – si spostano nel tempo per salvare i loro compagni, alcuni di loro in un’antica Roma popolata da soldati romani e persino creature mitologiche! Anche se il gameplay, dopo aver giocato ai vari Ikari Warriors, Guerrilla Wars e TNK III, può risultare ripetitivo almeno ci consola il fatto che qui il ritmo si presenta un po’ più veloce, con una difficoltà attenuata e una grafica più dettagliata.
  • World Wars1987 INTArcade. Sequel di Bermuda Triangle, il gioco, che gira sulla stessa arcade board, presenta le medesime caratteristiche del suo prequel ma con una navicella più piccola. Il concept della nave madre fu abbandonato in favore di un gameplay più fruibile e classico, con power up e proiettili più facilmente evitabili; viene abbandonata anche la componente del viaggio nel tempo in favore di un più semplice viaggio intorno al mondo, anche se mantiene le stesse componenti sci-fi. Da provare indubbiamente.

The future is now!

Come abbiamo visto, la collection (che include anche Beast Busters e SAR: Search and RescueI) prende in considerazione un periodo poco conosciuto della storia della SNK ma ciò non toglie che sono comunque 32 grandi giochi che vi possono regalare ore e ore di gameplay di stampo prettamente arcade, ormai quasi del tutto perduto. La presentazione e le funzionalità di questa collection sono veramente superbe e ci sono comunque diversi giochi in grado di giustificare l’acquisto per Nintendo Switch e PS4, primo fra tutti Crystalis. Non sarà forse una collection che interesserà ai più giovani (a parte i più virtuosi interessati a “studiare la storia”) ma vi garantiamo che è un gran salto nel passato e, per chi non conosce la SNK, una vera e propria lezione sulla loro storia e sulla loro eredità che ancora oggi influenza il panorama videoludico mondiale.




Link sarà giocabile in Halo Infinite

La partership tra Microsoft e Nintendo sembra consolidarsi sempre di più. Sappiamo già come i due colossi dell’entertaiment abbiamo stretto accordi per portare un’apposita app di Xbox Gamepass su Switch e di come i lavori su Project X Cloud della casa di Redmond permetteranno alla console giapponese di usufruire di titoli attualmente inaccessibili. Dopo l’arrivo di Cuphead (18 Aprile), Nintendo potrebbe vantare altre esclusive Microsoft nel suo pacchetto ma, un accordo, vale in entrambi i sensi.
Microsoft ha annunciato a tal proposito, che uno dei personaggi più iconici della storia arriverà come personaggio giocabile sul prossimo capitolo di Halo: Link, infatti, vanterà un gameplay appositamente studiato per far fronte all’alta tecnologia e armi da fuoco presenti nel titolo 343 Industries, anche se ancora mancano numerosi dettagli.
Attendiamo dunque con ansia l’E3 di Giugno, sperando di vedere qualche gameplay.




Super Smash Bros. Ultimate

Super Smash Bros. è più di una semplice saga videoludica, è il culmine generazionale di tutto ciò che è Nintendo, la cronaca che registra la storia dei personaggi ad essa legati a questa leggendaria compagnia giapponese. Dall’inaspettato successo del primo gioco su Nintendo 64, all’ottenimento dello status di eccellenza con Melee, al meno fortunato Brawl e ai più o meno popolari Super Smash Bros. for Wii U & 3DS arriviamo a Nintendo Switch, la console che ha preso il mondo di sorpresa grazie alla sua natura ibrida: qui, giusto lo scorso dicembre, è stato rilasciato l’incredibile Super Smash Bros. Ultimate, un gioco che, come ha promesso il creatore Masahiro Sakurai, estrae tutto il meglio dei precedenti giochi, traducendosi nel miglior gameplay, estratto ovviamente da Melee, i migliori stage e ogni personaggio mai apparso nella serie di Super Smash Bros., insieme a tanti nuovi combattenti che prendono parte (e più in là prenderanno parte) al più grande crossover della storia. Vediamo insieme questo nuovo titanico capitolo della saga, oggi più voga che mai grazie anche ai grandissimi tornei che lo vedono protagonista.

Anni di tradizione

Come abbiamo già menzionato, il gameplay è quello del velocissimo Super Smash Bros. Melee, e ciò da per scontato che gli scivoloni casuali, presenti invece in Brawl, qui non sono presenti. Il sistema di combattimento, lo stesso sin dai tempi del Nintendo 64, differisce sia dai più classici picchiaduro 2D che presentano sistemi di combo e mosse speciali (come Street Fighter, per intenderci) che da quelli 3D “free range” alla Tekken o Dead or Alive, basate invece su combo veloci e chain attack: con il tasto “A” possiamo eseguire gli attacchi fisici e gli iconici “smash” anticipando di poco un movimento alla pressione del tasto (gli stessi possono essere richiamati, e caricati, con lo stick destro), con il tasto “B” e direzione possiamo eseguire i 5 attacchi speciali presenti in ogni personaggio, come attacchi a proiettile, colpi caricati, contromosse e molto altro, con i dorsali “ZL” e “ZR” attiviamo lo scudo per proteggerci dai colpi avversari o evitarli se lo richiamiamo insieme a una direzione e con “L” e “R”, in prossimità dell’avversario, potremmo bloccarlo ed eseguire una presa. Ogni personaggio, inoltre, ha anche uno smash finale ma questo sarà eseguibile, con “B”, solo se il giocatore riuscirà a rompere una sfera smash che (salvo modifiche al match in modalità Smash) apparirà casualmente nello stage, oppure riempiendo la barra di energia speciale, come in Street Fighter, in modalità avventura o tabellone degli spiriti (di cui parleremo più in là). Il salto, come tipico della saga, è eseguibile premendo i tasti “X” e “Y” oppure, come tipico di ogni picchiaduro 2D o 3D, inclinando lo stick per il movimento verso l’alto; inoltre, come da tradizione, potrete eseguire dei taunt, 3 per ogni personaggio, premendo uno dei tasti direzionali (o una direzione del pro controller o controller Gamecube, indicato, da sempre, per la migliore esperienza con questi picchiaduro).
Super Smash Bros. Ultimate, così come ogni altra uscita precedente, offre una miriade di customizzazioni ma, senza scendere troppo nel dettaglio (credeteci, ci vorrebbe un infinità di tempo), ci sono principalmente tre tipi di incontri: a tempo, in cui nel tempo limite stabilito bisogna mandare più volte possibile l’avversario fuori dal riquadro dello stage, a vite, in cui un giocatore ha un numero di vite stabilito e deve cercare di farle perdere agli altri combattenti, e a energia in cui, come nei più classici picchiaduro, bisogna mandare KO il nostro avversario facendo terminare la sua stamina, indicata nella parte bassa dello schermo. Come appunto anticipato, e come ovviamente vuole la tradizione, a ogni colpo a segno aumenteremo la percentuale di eliminazione del nostro avversario, indicata nella parte bassa dello schermo: più è alta più abbiamo la possibilità di mandarlo fuori dallo schermo (ovviamente ciò non accade con l’incontro a vita).
All’avvio del gioco finiremo sul menù principale, questo diviso in 5 grandi categorie; per darvi un overview benomale completa di questo gioco (credeteci, è immenso) li guarderemo tutti uno per uno, spiegando anche a caratteri generali le particolarità di questo nuovo capitolo di Super Smash Bros.. La modalità smash, che troveremo in alto a sinistra del menù principale, ci permetterà di esplorare, da soli contro il computer o insieme ai nostri amici in locale, tutte le possibili modalità di combattimento che includono anche l’apparizione degli oggetti contundenti, assistenti, sfere poké, frequenza di quest’ultimi, la possibilità di aggiungere agli stage, che presentano sempre 3 versioni differenti (standard, rovine e omega), terreni infuocati, elettrificati, soporiferi, avvelenati e tanto altro ancora; insomma, è veramente impossibile riproporre due volte lo stesso match! In questo menù, visto che è quello che apre gli utenti al multiplayer in locale, potrete avviare gli incontri a squadre, i tornei e accedere alla sezione “mischia speciale” in cui potrete accedere agli incontri “sudden death”, mischia totale, che funziona più o meno come un incontro a vite ma in cui potrete assegnare a ciascuna di essa un personaggio diverso, e mischia variabile, ancora una volta un’altra modalità in cui avrete ancora un’altra miriadi di customizzazioni, stavolta relativi ai singoli partecipanti di un incontro. Tutto questo, diciamo, copre la base del gameplay di questo Super Smash Bros. Ultimate, rispetto ai precedenti più vario che mai.
Inutile a dirlo, potrete usufruire di tutte queste customizzazioni anche in online, dove potrete competere in match casuali veloci oppure creando o partecipando in lobby in cui si stabiliscono tipologia di match, modalità di eliminazione, eventuali modifiche e molto altro ancora. La qualità degli incontri online, al solito, dipende dalla connessione dei giocatori che incontrerete, soprattutto di quelli che organizzeranno la stanza, ma vi possiamo assicurare che il più delle volte non ci siamo imbattuti in problemi che hanno limitato la nostra esperienza esperienza online; giocare online non solo protenderà la vostra esperienza con Super Smash Bros. Ultimate verso l’infinito ma potrete anche collezionale le schede smash, delle vere e propre placchette contenenti i nomi degli avversari che sconfiggerete online e che potrete anche scambiare per dei gettoni da spendere nel negozio in-game, in cui potrete comprare brani musicali, vestiti e accessori per i Mii fighters, spiriti, snack (di questi ultimi due ne parleremo più avanti) e aiuti vari per la modalità tabellone degli spiriti.

Everyone is here

Prima di analizzare le due restanti sezioni principali del menù iniziale, vogliamo dare un attento sguardo all’immenso roster di personaggi di questo nuovo capitolo che comprende letteralmente ogni personaggio mai apparso in questa serie di picchiaduro, anche i personaggi non-Nintendo come Solid Snake, Sonic, Bayonetta o Cloud Strife. In questo gioco sono presenti ben 76 personaggi selezionabili (che si sbloccheranno piano piano ma comunque molto facilmente) e altri sono in arrivo come Joker dalla serie RPG Persona di Atlus e il cubettosissimo Steve direttamente dal popolarissimo Minecraft. Ogni personaggio potrà portarvi alla vittoria in quanto, in linea generale, non esistono disparità di nessun tipo (ma solo vantaggi e svantaggi) o personaggi particolarmente over-powered; Sora Ltd. e Bandai Namco hanno davvero consegnato ai giocatori dei combattenti ben bilanciati in grado di offrire delle sfide sempre eque e ciò non è facile quando si consegna un roster di questa portata. Per ogni personaggio, o meglio per ogni saga presente in questo gioco, c’è una gran bella selezione di stage che ben le rappresentano, molti storici, come il Castello di Peach per la saga di Super Mario, le rapide di Donkey Kong Country, Brinstar di Metroid, Mute City di F-Zero, Onett di Earthbound e lo stage di Pictochat, ma molti nuovi come New Donk City da Super Mario Odyssey, la torre delle origini di The Legend of Zelda: Breath of the Wild o le Torri Cittadine di Splatoon e Splatoon 2.
Fornire un’overview dei temi degli stage (che, come tipico della saga, sono più di uno per stage ed è possibile impostarne la frequenza nel menù delle opzioni), è veramente impossibile in quanto, in proporziona alla grandezza del gioco, tanti sono i personaggi, tanti gli stage, tanti i brani! Nella sezione musica, dove possiamo ascoltare i brani liberamente (con una convenientissima divisione per saghe), possiamo renderci conto non solo della quantità di quest’ultimi ma anche della qualità degli stessi. Come al solito troveremo tanti nuovi temi composti per l’occasione ma a rubare la scena saranno senza dubbio i temi familiari delle saghe dei combattenti presenti, che sia rivisitati per l’occasione che in versione originale; ascoltare per credere!
Sempre nella stessa sezione “musica” è possibile creare delle playlist con i vostri brani preferiti ma anziché fissare come dei vegetali la schermata di selezione durante l’ascolto potrete premere “L” e ”R” insieme per fare andare la console in modalità riposo: in questo modo, in modalità portatile, potrete attaccare gli auricolari alla console e continuare ad ascoltare la musica dal vostro Nintendo Switch come fosse un tablet, l’ideale se la trasporterete all’interno di uno zaino.
La grafica, come al solito, non presenta caratteri di particolare rilievo ma i dettagli dei personaggi, laddove sono richiesti (insomma, ricordiamo che è un gioco dove potrete far scontrare Mario contro Bayonetta o Pac Man con Snake) sono sempre ben accentuati e ben presentati, come la texture a jeans della salopette di Mario o la pelliccia dei “combattenti pelosi” come Fox, Inceniroar, Pikachu o la versione yarn di Yoshi; sia in dock che in modalità portatile la qualità della grafica HD vi restituirà sempre una grafica veramente all’altezza e per nessun motivo l’eccezionale azione di Super Smash Bros. Ultimate calerà dai suoi stabili 60 FPS (fatta eccezione per qualche match online con qualche giocatore con una brutta connessione di rete, ma lì parliamo di lag e non di cali di framerate).

On that day…

Passiamo alla modalità avventura, qui un mix della precedente campagna di Brawl, L’Emissario del Sub-spazio, e la event mode di Melee, caratterizzata da una serie di sfide a tema. Abbiamo anche una storia il cui filmato iniziale, apparso in diretta mondiale nell’ultima direct di Nintendo dedicata a Super Smash Bros. Ultimate prima del lancio, ci mostra una creatura celeste al comando di un esercito di Master Hand. Gli eroi Nintendo, appositamente schierati per combatterli, cadono uno dopo l’altro e una volta catturati vengono clonati; l’unico a salvarsi è Kirby, non a caso la prima creazione di Masahiro Sakurai, e toccherà dunque a lui salvare i restanti personaggi del roster. Come al solito, le tematiche che avvolgono la ormai famosa lore di Super Smash Bros. sono celate dietro a un simbolismo abbastanza complesso che racconta metaforicamente la vita e il rapporto di Masahiro Sakurai con Nintendo e, anche una volta arrivati al termine dell’avventura, non tutto è mai chiarissimo; affronteremo questo discorso in un futuro articolo, a continuazione del precedente (che vi abbiamo linkato qualche riga più su) in cui spiegammo la complessa lore di questo gioco, in quanto ci sembra di aver decifrato i simboli di questa nuova avventura… E vi anticipiamo che i risvolti possono essere abbastanza tragici!
Nella modalità avventura ci verrà spiegato tutto ciò che c’è da sapere riguardo agli spiriti di cui si parla tanto nel gioco. Questi sostituiscono i trofei dei precedenti giochi in tutto e per tutto e dunque viene abbandonato il modellino 3D in favore di un più semplice ma più caratteristico artwork originale; a questi, adesso, vengono attribuiti elementi RPG e diventano dunque degli equip da usare in battaglia in questa modalità. Gli spiriti, oltre agli spiriti del personaggio ottenibili dalla modalità classica (e dal negozio per quel che riguarda i costumi alternativi di alcuni personaggi, come Mario sposo, Alphie o i Koopalings), si dividono in spiriti combattenti e spiriti aiutanti. I primi sono di tre tipi + uno, ovvero attacco, difesa, presa e neutro: fra i primi tre c’è un rapporto triangolare (difesa batte attacco, presa batte difesa e attacco batte presa) e tendono a migliorare quel determinato aspetto (se ci equipaggiamo di uno spirito difensivo dureremo di più in battaglia, con attacco infliggeremo più danni e con quelli presa infliggeremo più danni con le prese) mentre il neutro batte tutti quanti anche se non concede particolari vantaggi. Lo spirito combattente equipaggiatoad ogni battaglia accumulerà esperienza salendo di livello e ciò aumenterà il numero di overall: questo ci permette di capire orientativamente il livello del nostro avversario o squadra avversaria perciò, se vogliamo avvantaggiarci in battaglia è meglio sempre superare quello del nostro avversario e selezionare la tipologia opposta (insieme ad una buona tecnica generale, non sempre il numero più alto e la tipologia inversa assicura la vittoria). Si possono potenziare questi spiriti, inoltre, con i già citati snack, le basi del personaggio, che otterremo quando congederemo uno spirito dal menù congeda, con la palestra di Doc Luis, l’iconico allenatore di Little Mac di Punch Out!!, e le zone di esplorazione di Toadette, Charlie e Linebeck (questi da sbloccare nel corso dell’avventura).
Ogni spirito combattente ha degli slot, da uno a tre, a questi possiamo assegnare gli spiriti aiutanti: questi modificheranno ancora di più l’esperienza di gioco migliorando un nostro determinato aspetto, come l’aumento della potenza degli attacchi fisici, frontali, in corsa, alzare la difesa contro pugni e calci, esplosioni e oggetti contundenti, oppure annullare delle particolarità dello stage o dell’avversario. Gli effetti sono veramente tantissimi e ci è impossibile elencarli tutti ma ciò che vi basta sapere è che tutti questi permettono un tipo di gameplay, in modalità avventura o persino in modalità smash o online se i giocatori vorranno, altamente personalizzabile. Capire tutti questi meccanismi, specialmente con le poche righe di tutorial, è abbastanza difficile e confusionario ma vi assicuriamo che facendo esperienza nella modalità avventura capirete tutto quello che c’è da sapere su questa nuova meccanica RPG.
Il nostro Kirby verrà catapultato in un mondo devastato da questa creatura celeste di nome Kiaran (o Galeem in inglese) e qui, passo dopo passo, incontrerà spiriti dei combattenti da liberare, diventando dunque giocabili in questa modalità, e spiriti combattenti e aiutanti da salvare, incarnati dalle copie generate dalla loro cattura all’inizio del gioco. Gli spiriti, anche se non l’abbiamo menzionato, sono – diciamo – personaggi non giocabili di cui è però presente l’artwork all’interno della lista degli spiriti: pertanto, qualora dobbiamo affrontare uno spirito in battaglia, troveremo il o i personaggi del roster che più somiglia a quello spirito: lo spirito di Baby Bowser (che ricordiamo non è Bowser Jr. ma il Bowser bambino della saga di Yoshi’s Island) sarà rappresentato da un Bowser Maxi (esattamente come nel finale del primo titolo della sua saga), X verrà rappresentato da un Mega Man con un blu più schiarito, Chibi Robo da R.O.B., Meowth da Fuffi (o Isabelle), T. Hawk da un Inceneroar blu e così via. Nonostante l’assenza dal roster principali di questi personaggi (e che forse, apparendo lì, Nintendo ci sta facendo intendere che non usciranno più tardi come DLC… Spiacente fan di Waluigi di tutto il mondo!) è veramente interessante vedere come gli sviluppatori abbiano fatto di tutto pur di offrire al giocatore una lotta, seppur scarna, con questi ipotetici personaggi al di là del semplice colore: la lotta contro Rocky, uno dei nemici/amici di Kirby che permette la trasformazione in roccia nella sua saga, è rappresentata da una battaglia contro più Kirby ma l’unico attacco che questi faranno è solamente la mossa speciale in basso, la trasformazione in roccia, esattamente il potere che conferiva questo nemico a Kirby nei suoi giochi! È davvero uno spasso riconoscere tutti questi segnali, specialmente per i “nintendari” più affiatati!
In questo overworld, costruito all’incirca sulla falsariga dei Super Mario in 2D, incontreremo questi spiriti sotto forma di aura luminosa e una volta superata la sua battaglia lo otterremo e sarà disponibile nel nostro arsenale degli spiriti. A ogni modo, il vagare per l’overworld alla ricerca di spiriti non è di certo tutto, né l’esplorazione sarà così lineare come pensiamo: al di là dei semplici incroci troveremo le palestre per attribuire ai nostri spiriti combattenti ulteriori abilità, le zone di esplorazione, empori dove poter comprare spiriti esclusivi, ma anche sentieri bloccati dalle rocce, ponti rotti, ferrovie, laghi da attraversare ma soprattutto sub-aree tematiche, importantissime per procedere nell’avventura.
A ogni battaglia riceveremo inoltre delle sfere abilità da spendere nell’albero delle abilità del menù di pausa della modalità avventura: similarmente a Final Fantasy X o Fist of the North Star: Ken’s Rage (l’iconico spin-off della saga di Dynasty Warriors basato sulla saga di Ken il Guerriero per Xbox 360 e PlayStation 3) avremo una mappa delle abilità in cui espanderemo le nostre abilità spendendo le sfere, dal centro verso fuori. I giocatori potranno cominciare a sbloccare le abilità più avvantaggianti rispetto al loro stile di gioco, come per esempio migliorare le prese se ne sono grandi utilizzatori, ma una volta riempito il 50% delle abilità di questo albero (e ci vorrà del tempo) il nostro stile di gioco, inevitabilmente, diventerà un po’ troppo over-powered e ciò lederà un po’ alla fruizione della modalità avventura visto che le battaglie, nonostante gli avversari diventano sempre più forti, diventeranno molto facili, anche impostando la difficoltà a difficile. Nonostante tutto, questa modalità ci porterà a milioni di sorprese e proprio quando pensiamo che l’avventura stia volgendo al termine, ecco che ci sorprende con qualcosa di inaspettato (vogliamo rimanere più no spoiler possibili), sensazioni paragonabili al trovare il castello inverso in Castlevania: Symphony of the Night. Provare per credere!

L’ultima modalità del menù spiriti è il Tabellone degli spiriti. Qui si possono trovare grossissima parte degli spiriti che non siamo riusciti a trovare nella modalità avventura (e ve ne accorgerete guardando l’elenco degli spiriti nel sub-menù collezione) ed è di base, diciamo, un proseguo parallelo alla modalità avventura: in questo menù c’è un tabellone con 10 spazi, ognuno contenente uno spirito, dunque una battaglia alla fine della quale parteciperemo a un minigioco che ci permetterà di ottenere effettivamente lo spirito. La particolarità sta nel fatto che questi 10 spazi hanno un tempo limite, 5 minuti per slot (15 se si tratta di uno spirito leggenda, uno raro), e perciò, anche qui, bisogna agire con astuzia e dar dunque precedenza agli spiriti che non abbiamo o ci servono per evocare gli altri spiriti nella modalità evocazione. In questa modalità, come possiamo aspettarci, gli spiriti appariranno casualmente e anche se troveremo spesso tanti spiriti che possediamo già vi garantiamo che quasi sempre troverete almeno uno spiriti che non avete; diciamo che la probabilità, nel tabellone degli spiriti, gioca a vostro favore, diversamente dalla vecchia macchinetta dei premi/slot machine di Melee e il flipper/pachinko di Brawl.
L’ultimo modo, invece, per ottenere gli spiriti è evocarli dall’apposito menù: qui troveremo ancora molti altri spiriti, molti dei quali non appariranno né nel tabellone degli spiriti né nell’overworld dell’avventura, e per ottenerli dobbiamo semplicemente sacrificare almeno due spiriti dalla nostra collezione. All’inizio sarà difficile scegliere quale e addirittura se evocare uno spirito, tanto che l’istinto naturale è quello di aspettare di collezionare dei doppioni per poi evocare uno degli spiriti, ma il nostro consiglio è tuttavia quello di buttarvi: anche se si perdono due o a volte anche tre, quattro spiriti l’importante è riempire la collezione, che non si priverà mai di uno spirito perduto, e anche se si perdono certi spiriti alla quale potreste essere particolarmente affezionati vi basterà sapere che quello che evocate sarà superiore in tutto rispetto a quelli che sacrificherete. Perciò non vi preoccupate, riempite la vostra collezione generale anche perché vi garantiamo che, a differenza di tutte le precedenti entrate della serie Super Smash Bros. in cui per ottenere tutti i trofei spesso e volentieri si ricorreva a Game Shark e Action Replay, sarà possibile collezionare tutti 1303 spiriti presenti nel gioco (perora), giusto per mostrare il vostro “spirito nerd” al mondo intero!
Ultima azione che potrete fare nel sub-menù collezione e congedare gli spiriti. In questo menù potrete liberarvi degli spiriti che non vi piacciono oppure dei doppioni, facendoli trasformare in basi e ottenendo dei punti spirito, che permettono il potenziamento coi snack degli spiriti combattenti e possono essere spesi per comprare gli oggetti in vendita negli empori della modalità avventura. Una base può esservi utile per il potenziamento degli spiriti combattenti ma in realtà sono ancora più ultili per le evocazioni: nel caso avevate già congedato, per farvi un esempio, un doppione, e dunque ottenuta la sua base (che rimarrà legata al personaggio dalla quale viene ottenuta), qualora serva il suo spirito per una evocazione potrete usare questa anziché sacrificare uno spirito.

Una nuova pietra miliare

Anche per questa generazione Sora LTD. e Bandai Namco, insieme a Nintendo e tutte quelle compagnie esterne che si sono offerti di partecipare a questo incredibile crossover come Sega, Konami, Capcom e persino Yacht Club Games e Way Forward (che hanno garantito la presenza di Shovel Knight negli spiriti e nel roster degli aiutanti e di Shantae solo negli spiriti), si sono letteralmente superati consegnando un gioco capace di offrire a un giocatore un quantitativo di ore infinite di gioco fra campagne single player, multiplayer locale e online. Non ci sono pecche in questo eccellente picchiaduro che non mostra alcun segno di invecchiamento… Se non un accorgimento (personale) che vorremo fare. L’unico punto a sfavore, secondo noi, di questo incredibile Super Smash Bros. Ultimate è proprio il sistema e la sezione degli spiriti. Per quanto funzionante, funzionale e chiara possa essere questa veste RPG nelle modalità in cui è applicabile essa, in parte, snatura ciò che è la serie in sé, ovvero un gioco picchiaduro in cui ogni secondo conta: per quanto ciò non intacchi il gameplay in generale e sia giustamente innovativa in un gioco del genere, essa è difficile da comprendere ed è un qualcosa che secondo noi, per quanto interessante, possa essere quanto di più lontano c’è da questo genere videoludico. E, in conclusione, vorremo anche sottolineare quanto abbozzata sia stata la scelta di soppiantare i trofei in favore degli spiriti, che sono in sé degli artwork originali dei giochi da cui provengono. Sì, sono molto belli, sì, è molto bello guardarli e inserirli stato senza dubbio molto più conveniente di creare dei modellini 3D da zero risparmiando tempo, denaro e spazio in memoria – sarà bastato buttare a casaccio una serie di file png – ma perché togliere le descrizioni che accompagnavano i trofei in Melee e Brawl? I vecchi giochi, sotto questo aspetto, non erano solo dei giochi competitivi ma erano anche delle vere e proprie enciclopedie dalla quale era possibile conoscere la storia di ogni trofeo, e dunque personaggio (o oggetto), rappresentato nei trofei, una vera e propria celebrazione della storia di Nintendo. Super Smash Bros. Ultimate è certamente un titolo inarrivabile… Ma forse non riesce ancora a detronizzare un gioco come Melee che, a distanza di quasi diciotto anni, risulta ancora incredibilmente attuale.
A ogni modo, come il titolo ci suggerisce, è il titolo definitivo di questa immensa saga che a sua volta ne abbraccia tante altre, il culmine del gameplay, il coronamento generazionale della “nintendosità” che ha soddisfatto in toto le aspettative degli appassionati. Decisamente un titolo obbligatorio per chi possiede un Nintendo Switch, un titolo che ancora ha ancora molto da dire grazie ai DLC che ancora devono addirittura essere annunciati.




L’ascesa femminile nel mondo del gaming

Con il passare degli anni, sempre più ragazze e donne cominciano ad avvicinarsi al mondo del gaming e, inoltre, moltissime di loro sono accanite spettatrici di esport.
Recentemente, la società britannica The Insights People, ha eseguito 5,000 interviste su soggetti femminili con età inferiore ai 18 anni fra i mesi di Luglio e Settembre. Secondo i risultati molte ragazze sono più interessate a determinati fattori dei videogiochi che ad altri; infatti, rispetto al 75% registrato nello scorso anno, la percentuale di ragazze che passano il loro tempo libero giocando è arrivato addirittura a una soglia dell’84%. Secondo i dati raccolti il 15% di queste ragazze guarda gli e-sport, e, soprattutto, ci sono più ragazze tra i 13-18 anni che guardano queste partite dal vivo rispetto ai ragazzi della stessa età.
Infine, i videogiochi sono riusciti a superare lo shopping arrivando ottavi nella classifica degli hobby preferiti dalle ragazze. Sfortunatamente però, quelle che giocano a livello competitivo è infimo. Vedremo mai una parità di genere all’interno dei vari team e-sport?




Minit

Speedrunner: quante volte ci è capitato di vedere su YouTube un video di qualcuno che completa nel giro di  pochi minuti qualche gioco classico? Chi più o chi meno, tutti ogni tanto ci siamo detti: «caspita! Magari fossi così bravo!». Da oggi, per coloro che vogliono imitare i propri speedrunner preferiti, esiste un gioco adatto per questi esatti scopi, un gioco breve e minimale il cui slogan sembra proprio voler dire “less is more”: stiamo parlando di Minit, un titolo sviluppato da Kitty Calis, Jan Willem Nijman, Jukio Kallio e Dominik Johann. Come al solito Devolver Digital, che si è occupata della pubblicazione di questo titolo, ha ancora una volta premiato i game designer più audaci in quanto Minit è molto lontano da qualsiasi definizione o similitudine gli possiamo affibbiare, è un titolo unico che offre delle meccaniche mai viste prima, o per lo meno mai implementate in questo modo. Dunque cos’è che rende unico questo gioco? Vediamo insieme questo titolo per Nintendo Switch, ma anche presente per le restanti console e PC, macOS e Linux.

Maledizione! Un’altra spada maledetta!

Minit, in quanto a trama, offre l’essenziale, una storia breve che si svolge anche in pochi passaggi: troviamo in spiaggia una bella spada ma, una volta presa, scopriamo che è maledetta e dunque non solo non potremo più abbandonarla, ma ogni 60 secondi questa ci ucciderà, facendoci respawnare a casa nostra o in un’abitazione che fa da checkpoint intermedio. Chi non si arrabbierebbe in una situazione del genere? Il nostro obiettivo infatti sarà sporgere reclamo alla fabbrica di spade e capire cosa si cela dietro a questo lotto difettoso. Poste queste premesse, il gioco si pone come un insolito mix fra The Legend of Zelda, per l’overworld, il sistema di combattimento, crescita dinamica e il design generale, e WarioWare per l’assurda meccanica del limite di tempo e la bizzarria generale; dunque, come già accennato, ogni 60 secondi (o meno) ricominceremo sempre dallo stesso checkpoint e se non dovessimo completare quello che stavamo facendo in un determinato punto dovremmo tornare nello stesso e tentare una seconda volta, sperando che il timer non si azzeri una seconda volta. Queste strambe meccaniche sono veramente originali ma, anche se in maniera altalenante; il più delle volte gli obiettivi principali o le sidequest sono posizionati a una buona distanza dal checkpoint, dando al giocatore una buona dose di calma per risolvere i problemi che ci vengono posti, ma ci sono (meno) volte in cui tutto è abbastanza distante, dunque ci ritroveremo spesso nella situazione in cui spenderemo molti preziosi secondi solamente per recarci nel luogo della quest per poi risolverla con il tempo rimanente, appena sufficiente (soprattutto nella seconda quest in cui il timer passa da 60 secondi a 40 e non avremo la possibilità di raccogliere i cuori per aumentare la vita massima). Come risultato, torneremo di nuovo al checkpoint per ri-recarci al punto della quest con, ancora, i secondi necessari per risolverla e tentare la sorte una seconda volta. Non vogliamo dire che il gioco non sia stato testato (lo è, eccome), ma sarebbe stato meglio tarare l’overworld per i giocatori non abilissimi, soprattutto quei curiosi che non hanno idea di cosa sia questo gioco. Come tipico del gioco d’avventura, il nostro personaggio, obiettivo dopo obiettivo, diventerà sempre più abile e poco per volta saremo sempre più in grado di risolvere tutte le situazioni che ci si pongono di fronte. Anche sul fronte crescita, Minit offre sempre lo stretto indispensabile e i dialoghi comunicano sempre il minimo indispensabile, il tutto con il solito spirito strambo della quale il gioco è intriso; per quanto simpatico possa sembrare, a volte ci sono obiettivi indispensabili per continuare l’avventura e non sempre quello che dobbiamo fare risulta chiarissimo. L’area totale di gioco, alla fin fine, è piccola e dunque, anche girando a vuoto, prima o poi si porterà a termine un obiettivo più o meno rilevante; ci sarebbe piaciuto comunque giusto qualche informazione in più ma è anche vero che una volta scoperto il segreto della casa dei fantasmi il gioco potrebbe diventare giusto un po’ più semplice, anche se questo accadrà a gioco inoltrato (sempre se lo capiremo). Semplici sono anche i controlli: gli unici due tasti che useremo sono il tasto di attacco “B”, e il tasto di respawn “A”, per tornare più velocemente al checkpoint quando sarà necessario, un vero e proprio “suicide button” – Attenti solamente a non confondervi quando usate la spada nelle sezioni di combattimento; gamer con le manone: siete stati avvertiti! –.
In definitiva, Minit è un gioco molto breve ed è possibile completarlo in un paio d’ore… Se l’avremo completato almeno una volta! La forza di questo titolo sta proprio nella sua brevità, infatti il completare il gioco, all’inizio, in un paio di giorni per poi completare una seconda quest, che pone nuove difficoltà al giocatore, in un paio d’ore crea in insolito effetto di piacere, un rilascio estasiante di dopamina paragonabile, forse, a quello di uno speedrunner quando completa un gioco in tempo record. La nostra sfida, fra noi e noi (o altri), sta proprio nel completare Minit nel minor tempo possibile, con la percentuale di completamento più alta (che aumenterà, ovviamente, in base agli oggetti sparsi nell’overworld, le monete e i portacuori, tutte cose non indispensabili per il completamento della quest principale) e, possibilmente, con meno respawn possibili. Le meccaniche di questo titolo sono allo stesso tempo semplici e intriganti, anche se forse la breve durata del gioco potrebbe comunque ledere il gioco in termini di rigiocabilità – Insomma, a completare lo stesso gioco di continuo, anche segnando tempi da record, prima o poi stancherà! –. Ad ogni modo, una volta finita la prima run possiamo comunque avviare la seconda partita + o, se avremo completato un file con una percentuale di completamento pari al 110%, la Mary mode, una campagna in cui controlleremo un altro personaggio ma senza la meccanica portante del tempo limite, lasciandoci dunque liberi di esplorare il mondo che ci circonda in santa pace.

Don’t fight me, fight the system!

Nonostante gli strambi personaggi di questo mondo e le bizzarre premesse di questo titolo, Minit offre al giocatore una grafica vicina al deprimente, con soli due colori, bianco e nero, senza alcuna tonalità di grigio (simile in parte alla grafica delle schermate di combattimento di Undertale), anche se è chiaro comunque l’intento degli sviluppatori nel creare qualcosa con uno stile vicino al Gameboy. Visto il richiamo nostalgico sarebbe stato bello poter inserire più filtri di visualizzazione, un po’ come accadeva per il Super Gameboy (storico add-on per Super Nintendo che permetteva di giocare alla libreria della console portatile sul televisore di casa), ma invece Minit rimane ai due soliti colori, talvolta stancando un po’ la vista del giocatore, specialmente se giocato al buio. È bene dire comunque che, anche se questa grafica può non piacere, ha una sua originalità e serve, forse, a rispecchiare una sottile denuncia alla società odierna, che viene qui presentata piatta, senza fantasia, senza genuinità, corrotta, monotona e dedicata maggiormente alla produzione e al consumo sfrenato senza riflettere sulle conseguenze. Non pochi personaggi, appunto, ci diranno di non combatterli, rivendicando invece di combattere il sistema! Che possa essere una delle chiavi di lettura… Chissà!
La piattezza e la bizzarria generale si riflette anche nella colonna sonora, giusto con un po’ più stile: non sono presentati grandi temi pomposi, come ci si aspetterebbe in un’avventura a là The Legend of Zelda, ma vengono riprodotti dei temi molto semplici, spensierati, orecchiabili ma comunque molto piacevoli e di buona qualità. Diciamo che tentano di riproporre un po’ quello che è stato fatto con la grafica, delle melodie “ignoranti” – oseremo dire sceme! – ma tutto sommato memorabili. Le sonorità includono l’uso di chip sonori ma anche di strumenti acustici come kalimbe, chitarre e pianoforti (da come si può notare, soprattutto, ogni volta che si muore). In ogni caso, il comparto sonoro presenta un grosso problema: come è normale che sia, le aree, divise principalmente in quattro grandi zone, hanno temi diversi ma il loro continuo cambio e il passaggio nelle aree senza musica provocheranno spesso un alt nella riproduzione audio, finendo per sentire i soli effetti sonori. È un difetto “poco elegante”, visto che la colonna sonora è abbastanza piacevole e, l’unico modo per ripristinare l’audio, sarà chiudere l’applicazione dall’home e riavviare il gioco dal nostro ultimo salvataggio (che sono comunque automatici). Non sappiamo dirvi se la stessa cosa accade su Steam o sulle altre console ma è bene che Devolver, o chi di competenza, applichi presto una patch per risolvere questo problema, che non fa che ledere al godimento di questo particolarissimo titolo.

In… Breve!

Insomma, Minit è un titolo incredibilmente particolare e pone delle meccaniche così insolite che risulta davvero difficile trovare una fascia di giocatori alla quale possa interessare. Di sicuro consigliamo questo titolo ai fan di Devolver, poiché ancora una volta viene consegnato un titolo veramente sopra le righe e intriso di quella bizzarria tipica di questo studio texano e ai giocatori più folli, quelli che apprezzano meccaniche sperimentali come quella proposta qui e i design strani e singolari – insomma, non abbiamo ancora capito cosa è il protagonista: è un animale? È una persona? È un alieno? Boh! Magari non è importante saperlo! –. Tuttavia, al di là di queste due specifiche categorie, ci risulta veramente difficile consigliare questo titolo a un semplice fan, per esempio, della saga di The Legend of Zelda o a coloro che giocano a titoli più grandi e più complessi; non solo potrebbero non apprezzare la singolare presentazione di questo titolo ma potrebbero, più gravemente, non apprezzare le folli meccaniche del tempo limite e dello speedrunning qui proposto. Purtroppo Minit è, e potrebbe rimanere per sempre, un titolo incredibilmente di nicchia, inaccessibile, difficile da capire e da apprezzare; soltanto chi comprende le basi sulla quale questo gioco si fonda può trovare in Minit una genialità incompresa, anche se non è espressa in maniera eccelsa. A ogni modo, il modico prezzo di 9,99€ sullo store (addirittura meno se in saldo) non è certamente un ostacolo e perciò, se questa recensione vi ha incuriosito, vi invitiamo dunque a giocare a questo titolo strampalato e, soprattutto, breve ma intenso.




Mega Man 11

È possibile tracciare in Mega Man 9 l’inizio dei videogiochi retro-ispirati: sebbene alcuni di questi giochi esistevano già prima su internet sotto forma di hack o giochi flash su siti come Newgrounds, Mega Man 9 aprì le porte alla retro-rivoluzione di cui oggi siamo protagonisti poiché per la prima volta un grosso developer come Capcom dava credito e peso a non solo tutti quei fan che volevano un nuovo classico titolo del blue bomber, che in quel periodo era protagonista solamente di miriadi di sub-saghe e spin-off vari, ma anche l’importanza e la bellezza dei platform più tradizionali, la cui emozione veniva trasmessa anche con una grafica datata come quella del NES. Da lì sembrava che per Mega Man si prospettasse un futuro molto florido, visto il tempestivo decimo capitolo per l’anno successivo, ma nel 2010 accadde qualcosa di terribile: Keiji Inafune, direttore creativo della saga di Mega Man, abbandonò Capcom e col suo forfait la saga subì un brutto stop. Ben tre progetti, Mega Man Universe (un gioco che avrebbe potuto anticipare il sistema di creazione di livelli in Super Mario Maker), Mega Man Legends 3 e Maverick Hunter, vennero cancellati e a quel punto il fandom del robottino blu cadde nell’abisso, quasi certo di non rivederlo più.
A sparigliare le carte ci pensò Keiji Inafune, con il lancio nel 2013 su Kickstarter il del progetto Mighty No. 9, annunciato come il sequel spirituale di Mega Man; nonostante la risposta più che positiva da parte dei fan che finanziarono il progetto nel giro di un paio di minuti, per via della mancata comunicazione e un marketing discutibile (nonché alcuni brutti bug presenti nella release finale) il gioco che doveva riportare ai fan di Mega Man una sfida che fosse pane per i loro denti si rivelò un amaro fallimento e non a tutti piacque quello a cui giocarono. Nel frattempo Capcom, visto il successo del Kickstarter del loro ex impiegato, decise di rilasciare Mega Man Legacy Collection, contenente i primi sei titoli classici, insieme a un sacco di extra, ideali per far conoscere ai giocatori più giovani di cosa è fatta la saga del robottino blu. Due anni dopo, nel 2017 arrivò Mega Man Legacy Collection 2 contenente i restanti quattro titoli della serie classica ma nella sezione extra di Mega Man 8 i fan fanno una misteriosa scoperta: negli artwork trovano un misterioso disegno che non appartiene al suddetto gioco, né a nessun altro Mega Man presente nella collezione, e perciò cominciarono le speculazioni. La risposta arrivò un pomeriggio (in Europa) del Dicembre 2017 quando in una live di Capcom su Twitch, per festeggiare il 30esimo anniversario di Mega Man, venne annunciato a sorpresa Mega Man 11, un gioco atteso per 8 anni e che finalmente, dopo richieste su richieste da parte dei fan, arrivò alla luce (e apparve anche un Mega Man sfoggiare le stesse caratteristiche dell’artwork misterioso, ovvero il power-up di Block Man).
Il passo dalla rivelazione del trailer al rilascio ufficiale non fu breve ma, durante questo lasso di tempo, Capcom si assicurò di aggiornare regolarmente i fan e dunque ottimizzare il gioco il più possibile, consegnando così un opera di classe, senza sbavature e che, soprattutto, apriva la strada al futuro della saga che, oggi più che mai, sembra luminoso e pieno di sorprese. Andiamo subito a vedere la versione per PC di questo gioco, uscito ovviamente per PlayStation 4, Xbox One e Switch.

Due colleghi

La lore della saga risiede nei lavori di Thomas Light e Albert W. Wily, due scienziati appassionati di robotica che crearono una serie di robot, fra cui i sei robot di Mega Man (il primo titolo per NES), creati per assolvere lavori comuni, i due fratelli Rock (il nome giapponese del blue bomber) e Roll, creati come assistenti di laboratorio, e Protoman (ma qui è una storia non rilevante). A un certo punto il Dr. Wily, accecato dalla più brillante abilità del suo amico Thomas Light, corrompe i sei robot da lavoro portandoli ad attaccare gli umani e li convince a dominare il mondo sotto il suo nome. Il Dr. Light convince così Mega Man, il robot originariamente concepito per funzioni diverse, a convertirsi in un robot da combattimento e così nasce il blue bomber che oggi conosciamo e amiamo. Il Dr. Wily più in là, nonostante la prima sconfitta, proverà più e più volte con altri robot a dominare il mondo senza mai ottenere nessun risultato (per ben 10 volte, pensate!).
L’opening di questo nuovo Mega Man 11 ci mostra un flashback di Dr. Light e Dr. Wily, giovani, di fronte a una commissione universitaria; si discute sul double gear system, un meccanismo creato da Wily in stato di prototipo che se installato nei robot da lavoro gli permetterà di lavorare il triplo, aumentando la loro forza fisica e rendendoli più veloci. La commissione boccia l’invenzione del Dr. Wily per mancanza di etica in quanto, se il meccanismo finisse nelle mani sbagliate, potrebbe generare un robot inarrestabile in caso di rivolta; scaraventando il meccanismo per terra, lo sconfitto dottore se ne va ma Dr. Light, che comunque credeva nel suo amico, lo raccoglie pensando che un giorno gli possa tornare utile. Nel tempo presente, nel classico anno 20XX, il Dr. Wily, svegliatosi da un sogno che rimembrava i medesimi eventi, si ricorda del double gear system e così ne implementa uno nuovo ma gli mancano i robot; durante il giorno della manutenzione di alcuni robot master del Dr. Light, ovvero di Block Man, Acid Man, Blast Man, Torch Man, Bounce Man, Impact Man, Fuse Man e Tundra Man, il Dr. Wily irrompe nel laboratorio con il suo iconico Ufo e lì ruba sotto gli occhi di Mega Man, Roll, l’assistente Auto e il buon dottore spiegando nel contempo che utilizzerà la sua invenzione che gli fu scartata dalla commissione. Il Dr. Light informa Mega Man che, così com’è, non potrà fronteggiare i robot master senza il double gear system ma, fortunatamente per lui, il Dr. Light conservò la versione di Wily sin da dai tempi dell’università; una volta installata questa nuova miglioria Mega Man è pronto per buttarsi in una nuova avventura.

Due ingranaggi

Questo nuovo Mega Man 11 si concentra dunque sul sistema double gear, una nuova meccanica che dona a questa saga, onestamente un po’ stagna, una sfumatura diversa dal solito e molto originale: col tasto “RT” (“R“, e “R1” nei joypad, rispettivamente, di PlayStation 4 e Nintendo Switch) si attiverà un ingranaggio che renderà più veloce il blue bomber, rallentando dunque l’azione circostante, l’ideale per assestare colpi di precisione o, se siamo muniti di un pollice veloce, concentrare più colpi in poco tempo; con “LT“, invece, attiveremo un altro ingranaggio che, semplicemente, aumenterà la potenza di Mega Man e, se caricheremo un colpo tenendo premuto il tasto per sparare, lanciare ben due colpi di mega buster potenziato, l’ideale per i nemici particolarmente forti e per quei giocatori che conoscono il tempismo perfetto per caricare l’arma e scaricarla al momento giusto. Quando attiveremo una di queste funzioni si riempirà una barra che, se arriverà alla saturazione, impedirà le funzioni double gear fino a quando questa energia non torna a zero, e ci vorranno circa 15 secondi affinché si possa ripristinare; è perciò tanto importante usare queste nuove funzioni quanto saperle economizzarle il più possibile per poi evitare di non ritrovarsele pronte nel futuro immediato. I veterani dei giochi à la Mega Man potranno trovare nel double gear delle similitudini col sistema di corrente elettrica già visto in Azure Striker Gunvolt, senza però la possibilità di ricaricare immediatamente la barra premendo due volte giù, e anche della velocizzazione del tempo in Sine Mora, particolarissimo shooter della Digital Reality e Grasshopper Manufacture. Infine, questo nuovo sistema ha un ultima e potente funzione ma questa si attiverà esclusivamente quando avremo poca energia: premendo entrambi i tasti insieme, “RT” e “LT“, verranno attivate entrambe le funzioni, dunque rendendo Mega Man super potente e super veloce, ma si disattiveranno solamente alla saturazione della barra alla fine della quale ci ritroveremo con un personaggio altamente depotenziato che non potrà sparare più di un proiettile alla volta e non potrà caricare il suo mega buster e perciò sarà molto difficile sopravvivere in queste condizione (ma se ci riusciremo potremo utilizzare questa particolare funzione una seconda volta). Capite le meccaniche del double gear, grazie a un breve tutorial e molto versatile, ci potremo buttare all’avventura vera e propria, ritrovandoci sin da subito nell’iconica schermata di selezione boss tipica della saga.
Al solito, come in ogni capitolo, scegliere il primo stage da affrontare è un po’ difficile sia perché non conosciamo i pattern di attacco del suo boss e sia, se è per questo, perché non conosciamo il suo livello. Una volta trovato “l’anello debole della catena”, ovvero il boss più debole degli 8, otterremo la sua arma speciale che, a differenza del mega buster, consumerà una barra speciale al termine della quale non funzionerà più; il buon giocatore di Mega Man, una volta ottenuta la prima arma speciale, andrà a caccia del boss la cui debolezza è proprio l’abilità appena ottenuta dal precedente e, uno dopo l’altro, debolezza dopo debolezza, sconfiggeremo tutti gli otto robot master fino ad arrivare, come di consuetudine, alla fortezza del Dr. Wily dove ci saranno gli stage finali, di cui uno dei quali sarà un boss rush (in cui dovremmo affrontare tutti gli otto robot master con le solite due vite standard).
La struttura di questo Mega Man 11 è la più classica che ci si poteva aspettare e il blue bomber, a differenza del nono e decimo capitolo, torna a pieni poteri in quanto negli ultimi due giochi era stato privato del colpo caricato; uno dei primi elementi per cui questo nuovo gioco si proietta in avanti e non indietro. Il level design offre esattamente la sfida per la quale la saga è famosa e i nuovi stage riflettono molto bene la personalità del boss che andremo ad affrontare: il livello di Impact Man, che è una sorta di robot che sostituisce le macchine pesanti dei cantieri, è una sorta di area di lavoro/galleria in costruzione, quello di Torch Man è un campeggio in una foresta tendente spesso a prendere fuoco, quello di Block Man ricorda, a larghe linee, le piramidi egiziane e maya, etc. I programmatori hanno veramente voluto trarre il massimo della sfida offrendo dei livelli notevolmente lunghi e irti di nemici, anche se c’è poca varietà all’interno di essi, ma ci hanno dato il minimo per ciò che riguarda i checkpoint, giusto due intermedi e uno finale che, come tipico della saga, è posto nella stanza che precede quella del boss; Mega Man 11 non è di certo un gioco facile, e certamente questo è uno di quei elementi che ne accentuano la piccante difficoltà, ma non sarebbe stato un male se avessero aggiunto giusto almeno un altro checkpoint a metà dei due. Nella schermata di selezione livello è possibile accedere, premendo “LT“, al negozio in-game dove i nostri alleati, il Dr. Light, Roll e Auto, ci riforniranno di oggetti istantanei, come vite, E-tank, i richiami Beat per non perdere una vita quando cadiamo in un fosso e le super armature, e altri permanenti, come chip speciali, anti-indietreggiamento o che aumentano la possibilità di trovare più viti in un livello (che sono la valuta del gioco). Nessun oggetto nel negozio è superfluo o inutile e danno un potenziamento equilibrato che non permette dunque di rendere il gioco nettamente più facile; tuttavia non tutti gli oggetti saranno disponibili sin dall’inizio e dunque si andranno a sbloccare man mano, però non è chiaro qual è il criterio o l’algoritmo (diciamo) per rendere un oggetto disponibile all’acquisto nel negozio. Anche una volta terminata la nostra avventura alcuni oggetti erano ancora bloccati all’interno del negozio e noi non abbiamo ancora capito il perché. Una volta finita l’avventura, però, è possibile ancora spremere ancora delle sane ore di gioco tramite le sfide extra, come sconfiggere i boss nel minor tempo possibile, le corse negli stage facendo scoppiare, sempre più velocemente possibile, dei palloncini blu e evitando quelli rossi, oppure con la bellissima prova del Dr. Light, ovvero 30 stanze in cui adempiere a un obiettivo come distruggere un determinato numero di nemici o semplicemente arrivare al successivo warp per entrare nella successiva.

Questo titolo fa per me?

Al di là di tutto, Mega Man 11, sia in termini di gameplay che in termini di storyline, è un titolo abbastanza semplice: la sfida proposta è, sì, buona, e sicuramente perfetta per i nuovi arrivati, ma particolarmente facile per i veterani che troveranno il tutto un po’ basilare e per loro, se vogliono trovare pane per i loro denti, non rimarrà altro che riavviare una run a difficoltà supereroe che propone dei nemici che si abbattono con più colpi, dei pattern d’attacco da parte dei boss più complessi e difficili da evitare e nessun modo di ricaricare i punti vita e le armi speciali al di fuori delle taniche speciali. La storia proposta non è affatto complessa e pertanto include giusto i personaggi essenziali della saga, dunque niente Bass, Protoman (anche se nulla toglie che li potremo vedere in futuro come DLC, la stessa cosa che è successa a Mega Man 9 e 10) o sgherro parallelo di Dr. Wily; per quanto riduttivo possa sembrare, in fondo questo titolo vuole anche attrarre nuovi fan e, anche se come per The Legend of Zelda questo non è mai stato il caso di questa saga, in questo modo i fan possono tranquillamente giocare a questo nuovo capitolo senza necessariamente aver giocato ai titoli precedenti. Possiamo dunque dire di Mega Man 11 che è un gioco classico che più classico non si può, ma in senso più che positivo in quanto offre sia una vera e propria evoluzione della saga, e dunque porsi come nuovo caposaldo per i capitoli a venire, che un ottimo biglietto da visita a coloro che non hanno mai giocato a un’avventura del blue bomber; vedete quel Mega Man 11 come un Mega Man 1.1, un nuovo luminoso inizio dalla quale poter partire e portare la saga verso nuovi orizzonti.

Il nuovo contesto di Mega Man

Il richiamo nostalgico è indubbiamente presente in questo titolo ma, fortunatamente, non è il fulcro della costruzione del gioco e pertanto, a differenza del suo ritorno nel 2009, Mega Man 11 offre una bellissima nuova grafica 2.5D; il Blue Bomber, i nemici, le piattaforme e i background sono interamente resi in 3D ma il tutto è inserito in un contesto 2D perfettamente funzionale, funzionante e che offre l’azione tipica di cui la saga è famosa, senza alcuni bug o errori di programmazione di alcun tipo. Lo stile dei personaggi e dei nemici è esattamente quello proposto nella serie classica (che differenzia, dunque, da sub-saghe come Mega Man X o Battle Network), dunque con colori molto accesi, nemici robot stravaganti e una “leggerezza” generale. Sfortunatamente per noi, abbiamo ricevuto una chiave per PC scoprendo in corso d’opera che Mega Man 11 richiede, come spesso accade per molti videogiochi per PC provenienti dal sol levante, degli ottimi requisiti minimi. Nonostante siamo riusciti a soddisfarli, il gioco girava molto lentamente e le opzioni per ridurre la qualità della grafica e ottimizzazione del gameplay nel menù opzioni sono veramente pochissime: risoluzione, modalità (di visualizzazione), anti-aliasing e v-sync. Inutile a dirlo, non bastano per ottimizzare il gioco in un pc poco potente e, nonostante lo abbiamo giocato con un i5 e una scheda Radeon AMD, siamo stati costretti a togliere l’anti-aliasing e il v-sync, ridurre la risoluzione a dei meri 800×600 e visualizzare il tutto in modalità windowed per recuperare più dettagli possibili e un framerate più vicino possibile ai 60FPS, il che è tutto abbastanza assurdo visto che stiamo parlando di un gioco la cui grafica girerebbe perfettamente persino in una console di precedente generazione, Wii U o PS Vita; nonostante tutte queste nostre limitazioni, il gioco non andava alla velocità massima (anche se era molto vicino) e ciò lo si poteva evincere nella schermata della selezione dello stage, durante l’animazione della selezione in cui la musica andava avanti rispetto alle animazioni del boss, dunque anticipando effetti sonori inclusi nella traccia audio e entrare in un imbarazzante silenzio prima del tempo; abbiamo avuto modo di mettere a paragone questa schermata con quella del Nintendo Switch, grazie alla demo gratuita sull’E-shop, confermando tutte le nostre preoccupazioni. Se vi considerate dei pc gamer, e pertanto avete un’ottima postazione, allora Mega Man 11 girerà senza problemi ma se non avete un computer potente e, possibilmente, vi ritrovate una delle tre console principali a casa allora vi converrà considerare questo acquisto al di fuori di Steam.
La musica, composta da Marika Suzuki, ricalca lo stile compositivo tipico della serie classica, una sorta di musica elettronica, vicina al J-pop, ma con sfumature anche dance e a tratti anche rock. Al di là dell’alta qualità delle composizione, anche qui non c’è alcun passo indietro e si è optato dunque per uno stile moderno e fresco, con sintetizzatori e drum machine d’avanguardia, senza alcun richiamo nostalgico chiptune con chip sonori del Nintendo Entertainment System o altre retro-console (l’unica cosa presa direttamente dai vecchi giochi è il rumore della navicella del Dr. Wily); da sottolineare, appunto, è l’assenza di temi classici, ancora una volta sottolineando l’importanza di portare questa serie verso nuovi orizzonti e lasciare che il passato diventi semplicemente parte di una nuova forma espressiva. L’unico difetto di queste nuove composizioni è che sono giusto un po’ blande e i temi portanti delle melodie sono un po’ deboli; diciamo che non c’è quel motivetto che ti resta in testa una volta che smetti di giocare. Le voci inglesi e giapponesi, selezionabili nel menù opzioni (ma solo alla schermata del titolo), sono ben curate anche se l’unico lato negativo è il pacing dei dialoghi doppiati; sebbene le scenette rappresentino un ottimo intermezzo, sviluppate correttamente e sempre sottotitolate in italiano (come tutto il gioco del resto), i dialoghi si fermano ogni due righe, fortunatamente completando un periodo, e nonostante la buona qualità dei dialoghi sembrano comunque un po’ finti. Per il resto la voce in-game di Mega Man, quando annuncia l’attivazione di uno dei due meccanismi del double gear o quando cade in un fosso, è niente male anche se verso la fine del gioco ne avrete le orecchie piene; variare la lingua di tanto in tanto può alleviare questi fastidi.

Il pezzo mancante

Prima di chiudere questa discussione vorremo solo parlare di un ultimissimo punto: non abbiamo fatto altro che elogiare questo nuovo capitolo della saga e Mighty No. 9, a paragone, non regge il confronto in quanto a classe e qualità del prodotto consegnato. L’unica cosa che manca realmente a questo capitolo è appunto la mano di Keiji Inafune, il suo level design e le sfide proposte che solo lui sapeva consegnare, cosa che invece è riuscita alla sua creazione inpendente, secondo noi. Per quanto è stata introdotta una nuova bella meccanica bisogna dire che è anche abbastanza scontata, un gol a colpo sicuro, e dunque manca quel po’ di azzardo tipico di Inafune. La storia in fondo, e anche il finale, si concentra sulla separazione fra il Dr. Light e il Dr. Wily, magari simboleggiando proprio la dipartita di Inafune e dunque, forse, questo titolo potrebbe rappresentare un invito da parte di Capcom a tornare a bordo e dare a Mega Man infinite possibilità nel futuro prossimo, sottolineando il fatto che la compagnia e il suo ex dipendente e persino i due universi fittizi hanno entrambi lo stesso obiettivo. Chissà quali saranno i risvolti futuri fra Keiji Inafune e Capcom ma intanto non possiamo fare altro che goderci questo nuovo Mega Man 11 e sperare che il prossimo anno vedremo un Mega Man 12 o, visto il recente rilascio di Mega Man X Legacy Collection 1 & 2, magari un nuovo Mega Man X9… stiamo delirando, è vero, ma siamo semplicemente troppo contenti della riuscita di questo titolo!
Vi raccomandiamo particolarmente questo nuovo titolo Capcom in quanto propone un gameplay vecchio stile con elementi e grafica moderni, una sfida nuova per i più giovani e un capitolo essenziale per i veterani. Solamente, considerate bene i requisiti del vostro PC prima di spendere questi 29,99€ su Steam per Mega Man 11, altrimenti se avete Nintendo Switch, PlayStation 4 o Xbox One acquistatelo lì. Senza dubbio, uno dei giochi più belli di questo 2018!




Crossing Souls

«Si può essere amici per sempre, anche quando le vite ci cambiano, ci separano e ci oppongono», cantavano i Pooh.
Sembrano questi i valori che Crossing Souls, gioco dello studio spagnolo Fourattic e pubblicato da Devolver Digital, ci vuole proporre, e lo fa inserendoci in un bel sobborgo americano nel ormai lontano 1986, anni più semplici in cui Michael Jackson era un istituzione, le buie arcade, illuminate da qualche luce al neon colorato, erano colme di videogiochi e non c’era internet. Questo magico gioco, che tenta un operazione simile a quella di Stranger Things o It per quel che riguarda il cinema e le serie tv, può essere giocato su PlayStation 4 e Steam ma di recente è uscito anche su Nintendo Switch, ed è la versione che prenderemo in considerazione.

Un sogno al neon

Tutto cominciò con un temporale che mando l’intera città di Tujunga in blackout. Il giorno dopo, in alcune zone della città cominciarono a presentarsi strani eventi sovrannaturali alla quale nessuno sapeva dare una spiegazione, come tazze di caffè volanti, strani omini che apparivano nelle bande statiche della tv, etc… Chris Williams, un semplice ragazzino di una tranquilla famiglia americana, riceve una chiamata al walkie talkie da suo fratello Kevin e lo invita a venire subito alla casa sull’albero, luogo in cui la loro cricca è solita a riunirsi. Una volta passati i primi guai nel tentativo di chiamare i restanti 3 amici, cioè Matt Bauer, “Big” Joe Carter e Charlene Baker, Kevin li porta alla sua “scoperta”, ovvero un cadavere in putrefazione ma, una volta trovatisi lì, fanno una scoperta ancora più impressionante: il defunto tiene in mano una pietra viola a forma piramidale che questa ha dei poteri sovrannaturali che sembrano consumare chiunque la tenga in mano, come se avesse delle proprietà radioattive. Matt, il cervellone del gruppo, decide così di inserire la duat stone in una sorta di walkman e stabilizzare il dispositivo con un fusibile gamma in grado di fornire al registratore gli 1,21 gigawatt  (inutile esplicitarvi la citazione, vero?) necessari per contenere il suo potere all’interno – già – e sfruttarlo in tutta sicurezza; in quel momento i cinque ragazzi scoprono che la pietra è in grado di mostrare l’aldilà a chiunque tenga il dispositivo in mano e perciò i ragazzi potranno vedere genti di altre epoche interagire col mondo che li circonda e altri elementi non visibili a occhio nudo. Tuttavia la duat stone è un oggetto molto ambito, sia dalla gang rivale del quartiere, i Purple Skulls capitanati dall’estroverso Quincy Queen, sia dal più temibile Maggiore Oh Rus, ex veterano del Vietnam creduto morto che vuole la pietra per i suoi malvagi piani. La banda si caccerà in diversi guai e sarà costretta, talvolta, ad affrontare problemi molto seri per ragazzi della loro età, ma lo spirito che lega i compagni sarà ciò che permetterà loro di affrontare le dure prove a cui si sottoporranno.
Crossing Souls, sul piano narrativo, si pone come un bel film anni ’80 che vede un bel gruppetto di amici alle prese con un problema più grande di loro, una trama tanto classica quanto instancabile e già vista in opere come E.T. l’extraterrestre, Goonies, It, i recenti Super 8, il già citato Stranger Things ma soprattutto il successo Stand by me – Ricordo di un’estate, tratto dal romanzo Il Corpo di Steven King, dalla quale prende più spunti di trama. Il gioco, chiaramente, non vuole porsi come un’opera innovativa o qualcosa per cui rimanere a bocca aperta ma semplicemente essere una sorta di sguardo a “vecchie fotografie da un album”, mostrandosi umile ma allo stesso tempo elegante e ricco di significato. Le tematiche sono per la maggior parte scherzose, oseremo dire avventurose, ma non mancheranno parti più serie e twist di trama più neri di quanto si possa immaginare; un po’ come nei film per ragazzi citati pocanzi, il gioco tenta anche di insegnare qualcosa ai più giovani, evidenziare quei valori fondamentali di amicizia e amore per imparare a crescere, affrontare le difficoltà che la vita ci pone davanti, essere uniti nonostante tutto e superare i momenti difficili. C’è probabilmente anche un lato spirituale che gli sviluppatori hanno probabilmente voluto comunicare in quanto tematica e meccanica fondamentale di questo titolo è proprio la vita dopo la morte; dopo che il corpo cessa di funzionare, lo spirito continua a esistere nel mondo in cui viviamo, le anime dei nostri cari ci accompagnano per le strade che percorriamo giornalmente e pertanto non siamo mai soli, anche quando ci sembra così. Il tutto ci arriva con una semplice ma squisita pixel art resa col motore grafico Unity, dettagliata e colorata quanto basta per rendere riconoscibili tutti quei mille riferimenti alla cultura pop di quegli anni, e delle cutscene animate (con tanto di sfarfallio tipico da VHS) fra un capitolo e l’altro che si ispirano ai migliori cartoni animati degli anni ’80 come le Tartarughe Ninja, He-Man, i Thundercats, i Transformers o i film animati di Don Bluth, autore per altro dei grandi giochi arcade in laserdisc Dragon’s Lair e Space Ace. Per riportarci indietro nel passato, questo gioco si avvale di un’eccellente colonna sonora letteralmente divisa in due: una parte, composta dall’artista timecop1983, ha un animo synthpop, che sfrutta anche in parte le sonorità e il low-fi tipico dell’attuale vaporwave, reminiscente di band come Blondie, Go West, Prince, Michael Jackson, Frankie Goes to Hollywood, Rick Astley e molti altri, e questi brani saranno per lo più presenti nelle fasi esplorative del gioco, le parti in cui bisogna sentire quei lontani echi di questi tempi ormai andati; per il resto, in molte altre fasi del gioco, ci sono proposti dei brani orchestrali, composti da Chris Köbke, che si rifanno allo stile compositivo pomposo di John Williams, in grossa parte, ma anche ad altri come Alan Silvestri o Bill Conti. Tutti i brani accompagnano perfettamente ogni situazione, sia nelle cutscene animate sia durante l’azione o i dialoghi, e ciò che è stato fatto per questo titolo è realmente sensazionale; si può perfettamente confermare che l’alchimia fra grafica e sonoro è veramente di altissimi livelli.

All’avventura

Crossing Souls si presenta come un titolo dalla prospettiva bird eye reminiscente dei Legend of Zelda più classici ma l’aspetto generale ricorda forse, più concretamente, uno di quei shooter alla Zombies ate my Neighbors (e dunque anche un più recente Milanoir o Tower 57); con una prospettiva del genere ci si aspetta che il gioco offra molte possibilità per quel che riguarda l’esplorazione e il backtracking eppure questo titolo è molto straightforward, molto diretto, non dando neppure la possibilità di rivisitare nessun luogo, a meno che la sua struttura in capitoli non lo permetta. Nessun problema contro questa scelta ma in Crossing Souls è molto bello esplorare, anche andare in giro senza una meta solo per andare a caccia di easter egg, senza contare che ci sono dei collectable secondari molto divertenti da trovare e da analizzare sul menù, ovvero documenti classificati che aiutano a capire la backstory della trama, VHS di film, musicassette e videogiochi con titoli storpiati e descrizioni assurde; il fatto di non poter tornare indietro per raccogliere questi oggetti, anche a storia inoltrata, è decisamente un fattore negativo. Nonostante tutto, il gameplay proposto è molto variegato e profondo per rendere questo titolo un esperienza memorabile: le fasi di esplorazione si alternano con fasi beat ‘em up, probabilmente anche un po’ hack ‘n slash, ed entrambi gli elementi si fondono insieme molto bene. Nessuna delle due fasi risulterà mai noiosa o tediosa, perciò si può dire che il flow del titolo è davvero piacevole, anche se in certe sezioni le prime risultano un po’ vuote e le seconde un po’ sature di nemici. Tuttavia, per via della dettagliatissima storyline proposta, il gioco alterna fasi di azione e fasi di dialoghi molto di frequenti e ciò, anche se decisamente necessario, rovina un po’ il pacing proprio quando siamo molto presi a scazzottarci coi bulli di quartiere o con gli spiriti usando la duat stone. Parlando di questa specifica meccanica, quando saremo in possesso di questa pietra, non ci sarà mai un vero motivo per cui non usarla; tendenzialmente, alternando i due mondi con “ZR”, non c’è ragione di visualizzare il “mondo dei vivi” dal momento che se abbiamo “la visione dell’aldilà” riusciamo a vedere tutto quello che vedremo normalmente insieme agli elementi sovrannaturali. È vero anche che più in là le due visioni dovranno alternarsi più frequentemente per rendere effettivo l’ausilio di uno dei personaggi che, scusate lo spoiler, ci lascerà, ma il punto è che non c’è motivo di tenere la duat stone disattivata se non per resettare la posizione di questo specifico membro. In poche parole, ci sono più NPC e interazioni con la prospettiva dell’aldilà e pertanto l’attivazione o la disattivazione della duat stone è superficiale.
I cinque personaggi del team presentano tutti caratteristiche e abilità diverse e pertanto si compensano a vicenda perfettamente. È normale che, da giocatori, preferiremo utilizzare uno dei ragazzi più di qualcun altro ma l’ambiente ci costringerà a cambiare i personaggi di continuo e dunque mai nessuno sarà superficiale o messo in disparte; c’è molta collaborazione fra i personaggi, selezionabili in sequenza premendo il tasto “L”, e perciò il team funzionerà perfettamente in quanto le singole abilità di qualcuno sono cruciali per andare procedere nei capitoli. Alcuni sono più bravi nelle fasi lotta, alcuni più resistenti, altri più veloci, agili e dunque più utili nell’esplorazione; le possibilità sono molteplici e ciò è segno di un gameplay ben bilanciato e vario allo stesso tempo. Più avanti l’azione varierà ulteriormente offrendo al giocatore fasi di guida, come l’inseguimento in bicicletta che è un chiaro tributo alla famosa scena di E.T. l’Extraterrestre, puzzle e persino in volo dalle sembianze di uno shooter tradizionale; un buon elemento per mantenere il gameplay fresco e il giocatore incollato allo schermo.

Let’s do the time warp!

Crossing Souls è decisamente un titolo al quale è stato riversato tanto amore e passione e ciò lo si può evincere dalla toccante storia (e il suo bellissimo finale), i diversi easter egg sparsi per l’ambiente, le descrizioni dei collectable e degli abitanti della città di Tujunga nel menù e dal suo gameplay, nonostante qualche intoppo, bilanciato e vario. Gli unici peccati di questo titolo sono un pacing spesso interrotto e l’averlo concepito in maniera così diretta e dunque dare al giocatore lo stretto indispensabile per ciò che riguarda l’esplorazione e un eventuale backtracking per collezionare gli oggetti secondari che avrebbero potuto incentivare una longevità già buona di suo (e questi sono, sì, inutili ma molto divertenti da trovare per poi leggere le assurde descrizioni); ciò che dobbiamo fare per avere un file completo al 100% (per così dire) sarà avviare un nuovo file di salvataggio e ricontrollare ogni angolo degli ambenti, magari aiutandoci con un walkthrough. Ci siamo inoltre imbattuti in alcuni brutti bug che avvengono col contatto con certi angoli degli ambienti; alcune volte il nostro personaggio passerà attraverso certi muri e non sarà più possibile tornare indietro (alcune volte questi ci catapultano, senza un apparente motivo, in altre parti dell’area) perciò l’unica cosa che possiamo fare è uscire dalla nostra sessione di gioco e ricominciare dall’ultimo salvataggio evitando il contatto con quel particolare punto (ma fortunatamente nessuno di questi comporta un errore di sistema).
In definitiva però non possiamo fare altro che applaudire Fourattic e al suo splendido titolo per il suo gameplay tanto tradizionale quanto divertente e per il suo messaggio di puro amore universale, trasmessoci da semplici ragazzi di quartiere pronti a qualsiasi cosa per il prossimo. Il prezzo di 14,99€ sul Nintendo eShop è un buon compromesso e perciò potrete avere un ottimo titolo in grado di intrattenervi  per molto tempo in un mondo al neon ormai andato. Davvero spettacolare!




Crush Your Enemies

Giochini artistici per mammolette, tutti grafica stilizzata e ghirigori per gente delicata e sensibile. Dove sono finiti sangue, birra, parolacce, riferimenti ai Motörhead e pestaggi a mani nude che si fanno ancora più violenti per via del moonshine? Se avete una folta barba, puzzate, siete ciucchi e assetati di sangue, allora Crush Your Enemies è il gioco che fa per voi! Si tratta di un bellissimo gioco di strategia in tempo reale vecchio stile della Vile Monarch, studio polacco che ci ha già sorpreso con Oh… Sir! The Hollywood Roast, e la qualità tipica dello studio ritorna per questo titolo per Nintendo Switch già apparso su PC, Mac, Android e iOS. Affilate le vostre armi, bevete un bel litro di birra e partiamo alla volta di villaggi inermi che non temono la nostra furia!

Sei sbronzo? Allora all’attacco!

Come abbiamo già menzionato, la battaglia scorre in tempo reale ma differisce fortemente da titoli come Clash Royale o Clash of Clans in quanto il gioco non ha alcuna microtransazione e la crescita in-game si basa esclusivamente su i punti di esperienza (le birre) che potranno essere spesi per le migliorie per il proprio esercito, come truppe fantoccio, capannoni, mine esplosive, moonshine per rinforzare temporaneamente un battaglione sul campo e così via. Prima di cominciare a giocare ci è permesso dare un’occhiata al campo di battaglia, che si divide in quadranti colorati che stanno a segnare il nostro territorio, quello nemico e quello neutro, e cominciare a organizzare le proprie mosse per raggiungere gli obiettivi della missione, uno principale (che possono variare dall’uccidere tutti i nemici sul campo al conquistare tutti gli edifici sul campo di battaglia o, semplicemente, sopravvivere per un tempo limitato) e altri due facoltativi per ottenere più punti reputazione, necessari per saccheggiare i villaggi più piccoli (che rappresentano, in un certo senso, le side mission); una volta ottenuta qualche miglioria con le birre, possiamo solo portare in campo solamente tre tipi di migliorie acquistabili. Avviata la battaglia dobbiamo trovare un modo per soddisfare gli obiettivi proposti e per raggiungerli possiamo avvalerci degli elementi che troviamo sul campo di battaglia: nei campi troviamo, solitamente, delle locande in cui verranno reclutati sempre più uomini (per un massimo di 50), e dunque da lì possiamo far partire più plotoni per attacchi su più fronti, delle scuderie per dare a un plotone una determinata classe, come cavalieri, arcieri, scudieri o scout, o delle torri in cui mettere degli uomini e riuscire a difendere tutto il territorio circostante. Gli scontri plotone contro plotone si basano esclusivamente sul numero degli uomini: come già visto in molti titoli mobile, nello scontro di un gruppo di guerrieri base contro uno uguale vincerà il plotone col numero più alto che sopravvivrà con un numero di uomini pari alla differenza. La sorte, però, può variare qualora i due gruppi hanno classi diverse: i guerrieri base sono buoni contro altri della loro stessa categoria ma cadono vittima della potenza dei cavalieri che ne uccidono il doppio, gli arcieri sono eccellenti per uno scontro a distanza, e dunque per prendere possesso degli edifici, ma soffrono nel combattimento ravvicinato, persino contro i soldati base, gli scudieri riescono a riflettere le frecce degli arcieri, gli scout conquistano territorio molto velocemente anche con un plotone di pochi uomini, etc… tutti questi elementi di gameplay, fortunatamente, ci verranno spiegati man mano andremo avanti nella bizzarra campagna single player, che vede le scorribande del temibile Brut il barbaro, il suo ciucco figlio Fuzgut il distruttore e il resto della sua tribù un po’ sbarazzina; il tutto spiegato con semplici testi che appaiono durante l’azione e senza mai interrompere l’azione infuocata di questo titolo. Il gioco dà inoltre la possibilità di giocare in multiplayer locale o online contro un amico o sconosciuti, dunque nella stessa modalità proposta nella campagna per il giocatore singolo; purtroppo non siamo riusciti in alcun modo a provare l’efficienza delle battaglie in rete in quanto non abbiamo trovato un singolo giocatore nei server. Al di là del semplice fatto che questo gioco non è un titolo mainstream e non è dotato di cross-play (così sembra stando alla sua pagina del sito Nintendo) il motivo principale è, secondo noi, il matchmaking manuale; anziché collocare il giocatore in un rango che possa permettere di trovare giocatori alla sua altezza, la ricerca dell’avversario si basa sull’autodichiarata esperienza col gioco, che va da “wimpy” (la più bassa) a “insane“, e la scelta di una specifica modalità di battaglia che stabilirà le classi di soldati che saranno presenti sul campo. Ci sono dunque fin troppe combinazioni fra abilità e modalità di gioco e perciò, complice la scarsa utenza, non ci è stato possibile trovare alcun avversario per testare il multiplayer online (e probabilmente il titolo non è nemmeno supportato dal crossplay).
Crush Your Enemies è un gioco che, indubbiamente, mette alla prova le vostre doti strategiche e dunque ci chiede, imprescindibilmente, di pensare in fretta e bene. Ci sono stati nel tempo strategici tipicamente da PC (e dunque lontani da giochi del calibro di Fire Emblem, Shining Force e Final Fantasy Tactics, che sono giochi designati per girare su una console) che hanno avuto un buon riscontro sulle loro piattaforme, primo fra tutti Starcraft 64: purtroppo Crush Your Enemies non è fra questi. Il problema non si pone per nulla con l’interfaccia utente: il gioco, nonostante la sua natura da PC, rende molto bene sia in dock che in modalità portatile o da tavolo. Per muovere le truppe dobbiamo usare il puntatore con la levetta ma, nonostante la divisione in quadranti della mappa, è incredibilmente impreciso, dato che gli sviluppatori non hanno programmato una zona morta. Quando dobbiamo muovere il puntatore dalla nostra posizione a un paio di caselle a destra è possibile che questo esegua un’assurda deviazione in diagonale o che non si riesca a farlo cadere nel punto desiderato. A quel punto le uniche cose che ci rimarranno da fare saranno o rifare la strada al contrario per cancellare gli errori commessi, sperando di non sbagliare e fare un papocchio ancora più grande con le nostre mosse, oppure, saggiamente, cancellare la strada col tasto “B” e ritracciare un percorso. Per via della mappa suddivisa in quadranti, e dunque poiché e necessario conquistare i quadranti del nemico, è importantissimo che le truppe seguano un percorso ben definito (lo dice anche il tutorial in-game) e perciò la mancanza di precisione da parte del puntatore collegato alla levetta rovina un’esperienza che poteva essere sistemata col minimo sforzo; le battaglie saranno pertanto resettate più volte, ricominciate con la speranza di compiere tutte le azioni che servono sperando che il puntatore collabori col giocatore. In alternativa, Crush Your Enemies per Nintendo Switch offre la possibilità di muovere le truppe con il touch screen in modalità portatile, disegnando col dito il percorso da seguire per attaccare il nemico o liberare le sue aree, ma di tanto in tanto servirà l’ausilio di qualche tasto fisico, specialmente per utilizzare e di conseguenza piazzare un oggetto, e perciò ci si accorgerà quanto sia carente anche questo metodo di controllo e quanto sia invece perfetto il mouse per questo tipo di giochi (come avviene per la versione per PC). Se volete giocare con questo gioco, e dunque portarvelo con voi per un viaggio, dovrete abituarvi al suo sistema di puntamento poco affidabile.

L’oracolo ha parlato. Egli disse: botte e birra!

Crush your Enemies è intriso di uno humor veramente speciale che si rifà a quello inglese, con una forte inclinazione scozzese, pertanto molti termini, a primo acchito, non saranno riconoscibili per via del fatto che devono restituire quell’inflessione linguistica tipicamente scottish, e perciò, per comprendere lo humor di questo gioco, è necessaria un’ottima base di inglese. Non sono solo i dialoghi, che raccontano delle scorribande di questa tribù di barbari intenti a spodestare il regno di Generia, a sorprendere il giocatore, ma anche le schermate di caricamento e i menù, con sempre una battuta atta a far scompisciare il giocatore. Mettete in pausa l’azione e sul menù ci saranno domande del tipo: «tua mamma ti ha chiamato?», «devi dar da mangiare al gatto?» oppure «è cominciato Game of Thrones?». Troverete lo stesso tipo di humor nelle sezioni di caricamento con espressioni del tipo:«sfoltendo la barba», «oliando il pacco da sei (gli addominali)», «guardando un porno hobbit» e tanto altro. Mai una schermata di caricamento è stata così divertente! Come ciliegina sulla torta, i dialoghi sono doppiati “a modo loro”: nessuna vera parola uscirà dalle loro bocche, solamente borbottii e rumori da macho.
Il titolo offre l’essenziale per quel che riguarda la grafica: tutto è sempre ben distinguibile, colorato e funzionale per l’utente che interagisce con la battaglia. L’art-style invece, ben distante dalla grafica in-game, ricalca perfettamente lo humor proponendo un design dei personaggi simile ai cartoni animati di Cartoon Network o, ancor di più, di Adult Swim; non si poteva chiedere di meglio per un gioco con dialoghi così bizzarri. Le musiche all’interno del gioco si fanno primariamente alla musica celtica e classica marziale di una certa pomposità, l’ideale per un titolo che pone certi temi e un gameplay simile; ciò che ci viene proposto è veramente di altissima qualità, ben registrato e ben composto, la colonna sonora ideale per delle sanguinose battaglie à la Braveheart. Sarà la soundtrack ideale per i vostri trionfi, come un esame all’università superato o una scommessa con un amico vinta!

[Insert beer joke here]

Vile Monarch ci offre un bel titolo con modalità di gioco che cambiano stage dopo stage, colmo di humor inglese maturo (per il quale serve una solidissima base di inglese) e un modello di real time strategy veramente intelligente; Crush Your Enemies è dunque un bel gioco… ma non per Nintendo Switch! Quante e quante volte abbiamo ricominciato le missioni per via di una mossa strategica andata a male perché la levetta non ha fatto il suo dovere, quanto avremmo voluto incontrare altri giocatori per giocare online, ma soprattutto quanto abbiamo desiderato avere un mouse a nostra disposizione. Portare un gioco di strategia su una console è un rischio, non sempre il salto dal PC riesce con buoni risultati e Crush Your Enemies finisce in una zona grigia; ricordiamo che è possibile controllare l’azione in modalità portatile con il touch screen, praticamente proponendo gli stessi controlli per Android e iOS, ma purtroppo bisogna ammettere che le nostre dita non sono un buon sostituto del mouse e dunque, per un gioco che richiede precisione, ritmo e velocità, non rappresentano la migliore alternativa per controllare le truppe sul campo di battaglia. Con buona probabilità, la scena sul PC sarà molto più movimentata, avrete più possibilità di incontrare altri giocatori per delle battaglie online, ma soprattutto avrete la possibilità di controllare il campo di battaglia con un mouse; la versione per Switch, in fondo, è godibile ma dovrete aver a che fare con i suoi molti difetti.




Sony dice sì al cross-platform su Fortnite

Negli ultimi mesi, Sony, è stata al centro di numerose polemiche sulla decisione di non fornire un servizio di cross-platform per giochi come Minecraft, Rocket Legue e il più famoso Fortnite, per i giocatori PS4. Oggi, la stessa Sony, ha deciso di permettere a tutti i possessori di PlayStation 4 di giocare insieme agli utenti PC, Mac, Switch, Xbox One, iOS e Android a Fortnite, proprio a partire da oggi, grazie a una open beta che permetterà a Sony di valutare il da farsi per eventuali altri titoli che si avvarranno del cross-platform.
Sicuramente una notizia che aspettavano in molti e che permetterà la creazione di una community ancora più vasta.




Ikaruga: la potenza proveniente da due energie

Boom! Kaboom! Spepepepeum! Quanto è bello provocare il caos a bordo di una navicella spaziale che svolazza a tutta birra nel cielo! Il genere shoot ‘em up è un vero e proprio pilastro del gaming moderno, basti pensare a titoli come Space Invaders, Galaga, Xevious, Gradius o R-Type per capire il peso di questa categoria nella storia del gaming. Col tempo, nonostante le uscite continue di ottimi shooter come Thunder Force V, Einhänder o Darius Gaiden, il genere è stato messo in disparte per giochi meno arcade e più focalizzati sulle storyline, ma oggi, grazie ai diversi Shmup indipendenti su Steam e Nintendo Switch, si sta assistendo a un vero e proprio revival di questo genere. Insieme ai nuovi titoli, come Super Hydorah, Crimzon Clover WORLD IGNITION e i bullet hell di Cave, ci sono da tenere in considerazione tutti i classici riscoperti in questo periodo, primi fra tutti gli shooter di Treasure, considerati dagli appassionati i più raffinati del genere. Oggi su Dusty Rooms, per il suo 26esimo anniversario dalla sua importante uscita su Sega Dreamcast, vi parleremo di Ikaruga, uno shooter unico nel suo genere, considerato un must per coloro che vogliono esplorare questo genere videoludico e della sua importanza nella scena videoludica generale.

Radici e meccaniche

In pochi sanno che Ikaruga è in realtà un sequel spirituale di Radiant Silvergun, altro fantastico shooter di Treasure uscito prima per arcade e poi per Sega Saturn (ove diventò un cult classic fra i suoi collezionisti). Il suo titolo in fase di progettazione era proprio Radiant Silvergun 2 ma, con l’evolversi dello sviluppo, il gioco assunse sembianze quasi totalmente diverse nonostante mantenne alcune delle sue caratteristiche chiave: il mantenuto design generale, un rimando alla storia del suo prequel spirituale (che vedrete alla fine del gioco), l’assenza totale di power up e il suo sistema di combo basato sul distruggere i nemici di uno stesso colore. Quest’ultimo elemento fu la base per costruire l’intero sistema delle polarità di Ikaruga (ispirato in parte dal platform di Treasure, Silhouette Mirage), caratteristica che lo fa spiccare all’interno del suo genere: a differenza di un qualsiasi Shmup, in cui un qualsiasi proiettile o laser è da evitare, qui ci è concesso assorbire i proiettili del colore della nostra nave, che possiamo cambiare con un tasto. I proiettili possono essere bianchi o neri e, quando li assorbiremo, la loro energia si immagazzinerà in una barra di energia (indipendentemente dal colore); quando vogliamo, possibilmente con la barra caricata al massimo, possiamo liberare questa energia per abbattere più nemici possibili con un colpo solo. Il titolo offre al giocatore due strategie per approcciare il suo unico gameplay: si può far fuoco ai nemici di polarità inversa per arrecare più danno, e dunque liberare le schermate più velocemente possibile, oppure possiamo far fuoco ai nemici della nostra stessa polarità per poi far sì che le navi, esplodendo, rilascino dei proiettili del loro colore per poi assorbirli e immagazzinarli nella nostra barra (e questo è il metodo preferito dai giocatori più ambiziosi). Capito tutto questo possiamo gettarci nella mischia e provare ad arrivare a fine gioco con… meno gettoni possibili!
La storia si cela fra il manuale e qualche frase durante il gameplay, esattamente superata la fase di dogfight iniziale (un termine per gli appassionati del genere che sta a indicare una sorta di pre-stage). Un tale Tenro Horai, dell’impero degli Horai, scopre un potere magico vicino a quello degli dei; consegnatolo alle genti della sua nazione, questi cominciano a razziare il mondo con quest’arma micidiale. Un gruppo di ribelli, noti come i Tenkaku, si oppongono all’impero cadendo però in rovina; un loro pilota chiamato Shinra, dopo aver provato, un’ultima offensiva solo contro l’impero viene purtroppo abbattuto e si schianta sull’isola di Ikaruga. Il luogo rimane fuori dal radar dell’Impero e la gente che l’abitava viene esiliati dall’impero Horai. Shinra spiega così agli isolani che, pur essendo rimasto solo, era determinato a distruggere l’Impero e così gli abitanti dell’isola, credendo all’ardore delle sue parole (che probabilmente sono quelle che appaiono prima di partire per il primo stage, ovvero «I will not die until I achieve something. Even though the ideal is high, I never give in. Therefore, I never die with regrets»), gli mostrano la navicella in grado di sfruttare le debolezze delle armi dell’Impero, la Ikaruga (lo so, non avevano molta fantasia); Shinra parte così con la sua nuova arma, intento a ristabilire la pace una volta e per tutte. Se gli stage di questo gioco ci sembreranno troppo difficili da affrontare in solitaria, è possibile fare entrare un secondo giocatore che potrà pilotare un altro mezzo volante, simile all’Ikaruga, guidato da una pilota donna di nome Kagari.

Agire o non agire?

Per prima cosa, Ikaruga è uno dei giochi più importanti mai usciti per Sega Dreamcast: arrivato originariamente per arcade, il titolo di Treasure arrivò sulla  console il 5 Settembre del 2002, anno in cui la sua produzione era già stata fermata. È vero che dopo Ikaruga molti altri titoli su licenza Sega arrivarono su Dreamcast in Giappone, fino al 2007, anno dell’uscita del suo ultimo gioco Karous, ma questo evento fu molto importante e segnante; nonostante le scarse vendite della console Sega e la sua annunciata interruzione di produzione, Ikaruga ricordò al mondo che Dreamcast aveva ancora molto da dire, e non con semplici giochini homebrew ma con capolavori degni di PlayStation 2 e Xbox che, nel frattempo, l’avevano eclissata. Il titolo di Treasure, seppur prodotto in copie molto limitate per quei pochi utenti che non abbandonarono il sistema, iniettò nuova vita al Dreamcast e poco dopo si assistette all’uscita di altri titoli come Border Down, Chaos Field e Under Defeat che, come Ikaruga, erano stati programmati originariamente per il sistema arcade Sega NAOMI e che potevano trovare ancora il miglior riscontro casalingo sull’ormai defunta console. Il suo art-style, la sua particolarissima grafica, i suoi strani messaggi e la sua fantastica musica erano solamente esche per attrarre il giocatore e, una volta lì, si veniva assorbiti da Ikaruga come un proiettile di polarità uguale sul gioco.
I prezzi per la versione Dreamcast e quella Nintendo Gamecube, che permise il suo primo rilascio internazionale, sono oggi abbastanza alti e, a meno che non si ami particolarmente il gioco, è meglio starne alla larga. Tuttavia, a oggi, ci sono diversi metodi per godersi Ikaruga senza spendere un capitale: tutte le versioni digitali, ovvero Steam, Nintendo Switch, PlayStation 4 e persino Xbox 360, offrono una splendida grafica HD, dashboard online con i migliori punteggi e la possibilità di giocare con lo schermo in verticale, il vero modo per godersi questo shooter. Anche se è un titolo non adatto ai principianti, Ikaruga è una vera e propria pietra miliare del gaming moderno e degli shooter in generale, un titolo dalle semplici meccaniche in grado di mettere in difficoltà anche il più abile dei giocatori.