Ni, oh!

L’estate è quel periodo normalmente associato a ferie, relax, gioia di vivere e divertimento. Non è il mio caso. Questa estate – come ogni altra del resto –, visto il maggior tempo libero, è dedicata al recupero di alcuni titoli che non si ha avuto modo di giocare e uno di questi è senza dubbio Nioh, RPG del Team Ninja che ha riscosso un buon successo e che avrà un sequel, da poco annunciato all’E3 di giugno. Dopo essere stata per un certo periodo un’esclusiva PlayStation 4, Nioh è arrivato su PC, sotto l’insegna, un po’ particolare, di souls-like, anche se grande è stato il disappunto nello scoprire che souls-like non è.
Il genere sdoganato da Hidetaka Miyazaki e dal suo Dark Souls, ha visto numerosi tentativi di emulazione in salse più o meno simili, anche se con risultati altalenanti: basti pensare a Lords of the Fallen o, perché no, quel Code Vein che riesce a essere promettente e scoraggiante contemporaneamente, e forse per questo nuovamente posticipato. In attesa del futuro lavoro di From Software, Sekiro, Nioh è il giusto ponte di collegamento e, come tanti, anch’io sono stato rapito dalle atmosfere e dagli elementi così vicini alla cultura giapponese, della quale sono un estimatore. Per chi sia abituato ai souls, approcciarsi al lavoro Team Ninja è alquanto singolare: sembra tutto così complicato, con pose diverse da assumere e relativi effetti, mille oggetti e tante cose a cui fare attenzione (mal spiegate); eppure, in qualche modo, il titolo completa e approfondisce il concept di Miyazaki. Ma non per questo può parlarsi di souls-like.
Partiamo dalla narrazione: diretta, senza fronzoli e con un protagonista fisso, quel William che sembra un incrocio tra Chris Hemsworth e un qualunque modello di intimo farloccamente perfetto ma, in ogni caso, sempre meglio dei costrutti medi derivanti dai vari editor From Software: perché il tempo libero estivo spesso non basta neanche a quello, non importa quante ore impiegheremo a realizzare il nostro alter ego, avrà comunque la stessa espressione di un bimbo di cinque anni durante il primo assaggio di un limone. Giocare Nioh fa anche sorgere una domanda spontanea: dove sta la difficoltà nel realizzare delle animazioni facciali? Miyazaki, prendi nota.
Eppure Nioh non è un souls like, e il gameplay trasmette immediatamente questo messaggio. Hey, hai finalmente quell’armatura potente, con bonus perfetti per te e, perché no, anche bella esteticamente? Shottato. Ma guarda quanti Amrita, potrei salire di livello per essere più resistente… shottato! Ah, ma forse… shottato!

Ovviamente si tratta di un’estremizzazione ma proprio per questo Nioh risulta tanto bello quanto frustrante, un gioco in cui il senso di progressione, capace di regalare enorme appagamento, viene messo da parte in favore di una difficoltà costruita ad hoc solo per «essere più difficile di Dark Souls». Ma qui casca l’asino: Dark Souls non è veramente difficile; certo, non consente un approccio agevole e, a volte, sa essere abbastanza punitivo. Eppure è chiaro, limpido e ogni cosa è costruita avendo dall’altro lato il suo perfetto contrario. Dark Souls è apprendimento, duro e puro: credevate che l’estate significhi la fine della scuola e quindi una pausa a ogni forma di studio? Se giocatori dei titoli From Software, scordatevelo. Eppure basta “studiare” quel che serve per essere sempre all’altezza della situazione ma soprattutto, il vostro equipaggiamento e level-up, servono effettivamente a qualcosa. Non troverete mai un nemico base in grado di scalfirvi, una volta progrediti; noi siamo i futuri Lord of Cinder, i soldati semplici li mangiamo a colazione.
Nioh non è un souls like perché è punitivo per motivi sbagliati, essendo essenzialmente una lunga e perenne sfida contro il Drago Antico di Dark Souls II. Se da un lato la sfida, spinge a migliorare, dall’altro, diviene frustrante, in virtù del fatto che i vostri progressi, valgono quasi zero. Cos’è dunque Nioh? Un trial & error, senza se e senza ma. È un male? Assolutamente no.
Sin dall’alba dei tempi, l’essere umano cerca di imparare dai propri errori, in quel trial & error che è la vita reale che col passare dei secoli ci ha portati dove siamo. Per esempio, dopo un agosto passato ustionati dalla nostra stella, l’estate successiva ci penserete due volte prima a non spalmare una crema solare. Trial & Error appunto. In un videogioco – un’avventura compressa in una manciata di ore – anche la frustrazione derivante dagli sbagli (o dalla sfortuna) si condensa, arrivando alla tanto e bella imprecazione tanta cara ai “soulsiani”. Ma ci si fa forza e, mentre vi scrivo, mi avvio all’ultima parte del titolo che, potrebbe non sembrare, ma mi sta piacendo moltissimo.
Nonostante tutto infatti, la struttura del gioco è azzeccata, con missioni secondarie più o meno interessanti e alcune trovate da RPG vecchio stile, capace di farvi prendere appunti su un foglio di carta (o almeno, io faccio così).
Per cui, anche io attenderò con ansia Nioh 2, sperando che tutto trovi un senso compiuto e che, soprattutto, non debba giocarlo in estate. Perché in estate, ci rilassa, possibilmente senza rischiare la scomunica.




Spartan

Da pochissimo è arrivato Spartan su Nintendo Switch, un simpatico platformer sviluppato da Sinister Cyclops Game Studios, misconosciuto developer con all’attivo questo solo titolo, uscito anche su Playstation 4 e Xbox One. Spartan si presenta come una sfida old school, un gioco piattaforme non lineare per i più allenati e che attinge, probabilmente, da classici come Mc Kids o Alex Kidd.

Questo è Spartan!

Siamo nell’antica Grecia: scompaiono improvvisamente tutte le armi, le armature e l’oro della leggendaria città-stato e appaiono diversi strani portali in tutta la penisola greca; toccherà dunque al re guerriero Leonida, figura ormai resa popolarissima dal film 300 (tratto a sua volta dall’omonimo fumetto di Frank Miller), andare alla ricerca degli oggetti scomparsi e capire chi sta dietro a questo mistero. L’obiettivo di ogni livello è trovare degli oggetti nascosti (normalmente 5), sparsi per tutta l’area di gioco, che servono per attivare il portale e avanzare nell’overworld; sotto questo punto di vista Spartan tenta di rievocare uno stile di platformer non molto popolare, già visto in giochi retrò come Oscar o Mc Kids (entrambi titoli non entusiasmanti e pieni di difetti), la cui caratteristica principale era la non linearità dei livelli e, appunto, il collezionare degli oggetti per poi uscire dal livello; bisogna dare comunque un po’ di credito a questo nuovo titolo in quanto le aree di gioco non sono mai troppo confusionarie e, anche se non c’è una mappa del livello e bisogna spesso fare backtracking, è abbastanza facile capire dove si è stati e dove no, specialmente grazie ai checkpoint ben disposti e di cui l’ultimo attivato è raggiungibile in ogni momento premendo il tasto “X” nel menù di pausa.
I controlli su Nintendo Switch sono abbastanza semplici: rispettivamente, con “B” e “Y” si salta e si attacca e con i dorsali “ZL” e “ZR” ci si difende e si corre; un set di tasti abbastanza semplici ma purtroppo il tutto è rovinato da una sorta di scivolosità nei movimenti che rovina l’esperienza generale poiché non solo molti dei salti devono essere effettuati con precisione ma spesso ci sono anche tanti ostacoli che ci uccideranno in un solo colpo e che, dunque, ci rispediranno al checkpoint. All’inizio gli attacchi e la difesa di Leonida ci sembreranno sufficientemente buoni ma, procedendo nel gioco, ci accorgeremo che ci sono degli evidenti sbilanciamenti e che ostacoleranno la nostra esperienza. I colpi di spada, come ci aspetteremo, sono corti però i nemici che ci si pongono davanti, all’inizio, sono sempre alla nostra portata e, soprattutto, cadranno con un solo attacco; tuttavia, andando avanti nel gioco, ci si presenteranno sempre nemici sempre più forti, veloci e che ovviamente necessiteranno più di un colpo per cadere giù e qui ci accorgeremo di quanto sia corto il nostro attacco, lento il nostro Leonida (nonostante la chiara differenza quando si preme “ZR“) e inconsistente il nostro scudo. La difesa, così come l’attacco, ci sembrerà funzionare a dovere ma tantissime volte non funziona mai come ci aspetteremo; lo scudo ha due posizioni di difesa (frontale e alta, richiamabile premendo su) ma, per un’esigenza di animazione, quando si richiama la prima posizione (che è quella di default), si attiverà per un millesimo di secondo la seconda posizione; non sembrerebbe un grande difetto ma lo sarà quando, senza capire il perché, lo scudo reagirà diversamente a uno stesso colpo che abbiamo parato in precedenza; in poche parole, se non si capisce questo meccanismo, alcune volte lo scudo vi difenderà, altre no. Non sono i soli difetti, poiché, talvolta, lo scudo potrà risultare inefficace all’occorrenza (e non per i problemi spiegati pocanzi, ma perché, semplicemente, alcuni attacchi saranno “perforanti”) e perderemo inevitabilmente dei punti vita; se affronteremo nemici nell’area di gioco che ci porteranno allo stremo perché la difesa è incostante, che correranno come dei dannati e per i quali saranno necessari almeno 5 colpi per mandarli al tappeto, immaginate com’è combattere contro un boss! In-game non è possibile recuperare energia ma ci è permesso cambiare la difficoltà durante il gioco accedendo così a dei “cuoricini stock” (3 in tutto, come del resto i punti vita) che ci concederanno di recuperare dei punti vita; dunque un metodo per recuperare energia esiste in qualche modo ma ci chiediamo lo stesso perché non far apparire dei cuoricini dai nemici uccisi? Perché una cosa semplice come recuperare energia deve essere un progetto di scienze?
Vi diciamo solamente che dalla seconda sezione del gioco in poi, in media, completavamo un livello in oltre 30 minuti perché sinceramente abbiamo trovato il level design poco curato da come si può evincere dai troppi ostacoli “one hit kill” sparsi un po’ dappertutto quasi senza logica; abbiamo giocato a tanti bei giochi indie, difficili “al punto giusto”, ma questo, nonostante le buone collocazioni dei checkpoint, risulta poco bilanciato. Tutto questo, misto ai tempi di caricamento lunghissimi (di almeno 20 secondi) fra un menù, l’overworld e un livello, assurdi per un gioco 2D come questo, renderanno Spartan un gioco infernale, così difficile e astruso da non essere per niente divertente. Tuttavia, non si può dire che il titolo non sia longevo; almeno i 24 livelli, fra il trial and error e i tempi di caricamento, saranno un’ “insolita” lunga esperienza.

Un’anima debole

Il gioco presenta una colorata grafica 2D, gli elementi sono distinguibili, ben disegnati e le animazioni molto fluide ma il tutto sembra molto scarno e ricorda quasi uno di quei tanti cloni di Super Mario Bros per smartphone; quel che stupisce è che l’intero comparto grafico è stato realizzato con Unreal Engine 4, il motore grafico di Dragon Ball Fighterz, Fortnite, Kholat, Playerunknown’s Battlegrounds, Sea of Thieves e il prossimo Crackdown 3, che qui dà risultati risibili, degni dei browser game in flash giocabili su www.newgrounds.com, popolarissimi nella scorsa decade. Insomma… ci saremmo aspettati qualcosina in più sul piano grafico. anche se per fortuna tutto gira su Switch in maniera stabile e senza bug rilevanti o rallentamenti.
Le musiche riescono a richiamare quell’atmosfera e quelle sonorità tipicamente mediterranee tramite scale e strumenti tipici greci, con giusto una qualche sfumatura moderna, un po’ come accade in giochi “solari” come quelli della saga di Shantae; possiamo almeno dire che la musica lascia almeno una nota positiva in questo gioco un po’ disastrato.

Lasciamo perdere

Il gioco, dai video e dai trailer, sembrava essere interessante, curioso, poteva essere una piccola gemma nascosta in mezzo ai tanti titoli indie dell’E-shop ma purtroppo non si rivela all’altezza della competizione, soprattutto su Nintendo Switch dove ci sono moltissimi platform 2D e 3D indie degni di nota (basti pensare a Celeste). Il gioco sembra promettere bene, non ha una cattiva presentazione – insomma, giocare nei panni di Leonida è fantastico – ma, al di là delle graziose ambientazioni greche e di una non-linearità più o meno ben implementata, ha decisamente ben poco da offrire; se non fosse per i controlli scivolosi, attacco e difesa inconcludenti, lunghissimi tempi di caricamento e un gameplay alla lunga tedioso (e non piacevolmente difficile come sarebbe stato appropriato) dai troppi ostacoli “one hit kill”, potremmo avere un bel titolo. È bene precisare che non è un problema di mera difficoltà: giochi come I Wanna Be the Guy risultano ben più ostici, ma le logiche di trial and error sono ben bilanciate e inserite in un level design di tutto rispetto, cosa che non avviene in questo titolo. Sinister Cyclops Game Studio ha ancora strada da fare come developer,  e questo titolo sarebbe anche meglio collocabile titolo sull’App Store di iOS o sul Play Store di Google, sempre a patto di ribilanciarlo.
Ci dispiace veramente dire, poiché amiamo i giochi indie di questo genere, che l’ago della bilancia penda di più verso gli elementi negativi e perciò vi consigliamo, visto anche il non meritevole prezzo di 11.99€ sul Nintendo E-Shop, semplicemente di provare qualcos’altro. Un’occasione mancata.