Oppaidius Summer Trouble! – Un’estate indimenticabile

Circa un anno fa avevamo parlato della demo scaricabile su Steam di Oppaidius Summer Trouble!, una particolarissima visual novel, sia per l’art style che per il suo umorismo molto parodistico, con giusto un pizzico di italianità. Ai tempi non abbiamo potuto fare a meno di lodare il già ottimo lavoro del creatore Vittorio Giorgi che è stato capace di consegnare un prodotto di altissima qualità (seppur in uno stadio ancora incompleto). Da Dicembre, dopo un kickstarter di successo, la full version di Oppaidius Summer Trouble! è arrivata su Steam e finalmente abbiamo avuto modo di conoscere la simpatica (e rotondissima) Serafina, una ragazza che appare al protagonista quasi come un miraggio. Come si snoda la nostra avventura grafica? Beh… Scopriamole… Cioè… Scopriamolo insieme!

L’estate non piace a tutti…

In Oppaidius Summer Trouble!, nonostante saremo in grado di scegliere il nome del nostro personaggio, controlleremo un tipo un po’ asociale, abbastanza nerd, che odia l’estate: non si diverte, la vive male per colpa dell’afa e perciò preferisce rimanere a casa a giocare ai videogiochi (con una console che sembra proprio essere un PC Engine Duo-RX). Un giorno però un’improvvisa visita a casa nostra cambierà la vita del protagonista per sempre: ecco Serafina, la nuova vicina appena trasferitasi in cerca di nuove amicizie e giusto di un po’ di Latte! Il nostro protagonista non potrà fare a meno di notare i suoi due ingombranti seni (e il fatto che chieda proprio il latte!) e comincia a non pensare ad altro, al punto di dubitare della sua esistenza. Lo scopo delle conversazioni e delle scelte da compiere, vero fulcro del genere visual novel, sta nell’ascoltarla, capirla ma anche capire il protagonista, sfruttando questa nuova conoscenza per imparare a crescere e superare i nostri limiti. Oppaidius Summer Trouble! in poche parole racconta una storia ed è una visual novel che poco si presta al carattere del giocatore; il personaggio controllato ha delle caratteristiche ben delineate e per tanto, per quanto ci possa divertire il selezionare le risposte in base a un nostro gusto personale, servono delle “risposte giuste” per ottenere il vero finale. Dopo la prima run (in cui si otterrà sempre il finale A) avremo modo di accedere al gioco+ in cui potremo saltare tutti i dialoghi e arrivare direttamente alla selezione delle risposte. Fra i sogni di Serafina, i save/load state e il gioco + il giocatore ha una vasta gamma di metodi che lo possano portare a ottenere il vero finale della storia e ciò non può che essere un grande punto a favore di ciò che riguarda l’interfaccia utente.

È ovvio che i punti focali di questo titolo sono il comparto testuale e quello grafico: le linee dei dialoghi riescono a farci ridere, soprattutto per le possibilità delle nostre risposte che vanno dal normale, all’assurdo e talvolta al pervertito! Non tutte le risposte incideranno sul finale e perciò, di tanto in tanto, potremo divertirci a dare qualche risposta un po’ fuori luogo. Non mancheranno valanghe di easter egg e riferimenti a videogiochi del passato, un tipico tocco di classe per un gioco che, in un modo o nell’altro, offre anche qualche spunto retrò – prima fra tutte la musica resa con il chip sonoro YM2151, utilizzato nei computer Sharp X68000 e in alcune schede arcade Konami e Sega, ma di questo parleremo più avanti –. Di tanto in tanto il gioco svia dalla classica visual novel e ci saranno momenti in cui ci ritroveremo a fare qualcosa di diverso dal leggere e dare risposte, come fare una nuotata a colpi di tasti “destra” e “sinistra”, controllare un ambiente col mouse come un punta e clicca o… Minigiochi di altro tipo! A volte lo storytelling ci offre una sorta di abbattimento della quarta parete, nulla di incisivo come in Undertale ma comunque il tutto è implementato in maniera molto intelligente per quanto semplice: a volte le risposte in un dialogo saranno un po’ “a senso unico”, qualche altra volta il mouse si sposterà da solo, ma su questo argomento non vogliamo dilungarci molto in quanto in generi come questo è molto facile dare spoiler per sbaglio. Il più grande difetto è la scarsa longevità e non ci vorrà molto dopo il primo finale “trovare” le risposte giuste per ottenere i finali B, C, e BC;
In tutto questo, insieme ai finali della storyline, sbloccherete piano piano le immagini della galleria la cui maggior parte saranno artwork utilizzati per segnalare determinate cutscene (in quanto qui non ci sono vere e proprie animazioni). Fra le immagini ce ne saranno alcune da sbloccare tramite il minigioco Oppaidius Poker dalle fattezze di un gioco per Nintendo Game boy. Ogni finale della visual novel ci darà un credito in più al poker (cinque mani) ma vincere, ovvero arrivare al punteggio preposto da un avversario, è tutt’altro che semplice: si gioca col mazzo intero per due persone (quindi costruire una qualsivoglia scala è sempre un grosso rischio) e le coppie al di fuori dei jack, regina, re e asso saranno utili solo per le doppie coppie. Insomma, le migliori strategie per giocare a poker non risultano sempre le migliori e spesso e volentieri si dovranno adottare strategie ben contrarie al senso comune.

Amore o pulsione?

Lo stile di Vittorio Giorgi, creatore, disegnatore e mente dietro Oppaidius Summer Trouble!, accenna sia gli stili più in voga in Giappone, dunque anime/manga, e probabilmente anche un tocco più occidentale visto che vengono a mancare molte di quelle caratteristiche prettamente nipponiche. La sua determinazione nel portare avanti una visual novel, genere dominato principalmente da developer giapponesi e pensato per un pubblico orientale, è veramente da imitare; il panorama videoludico italiano si apre a quello nipponico e lo fa restituendo un genere molto di nicchia e che in Europa (salvo le eccezioni di Phoenix Wright e pochi altri) è sempre stato poco considerato, soprattutto per il gap culturale. Oppaidius Summer Trouble! ha caratteristiche di humor e contesti prettamente italiani e dunque i giocatori occidentali potranno agire senza “sembrare fuori luogo” nonostante le tematiche romantiche/erotiche. Visto che ne stiamo discutendo, questa visual novel cade nel sub-genere ecchi, fatto per la maggior parte di scene “vedo-non vedo” e nessuna scena di sesso esplicito, ma dobbiamo purtroppo anticipare che ci sono scene di topless, quindi, si, rispettate il PEGI 18 o diventerete ciechi, specie se porterete il boobage level a 100 (esatto, è nelle opzioni), a quel punto vi esploderà il cervello – siete stati avvisati –! Per il resto, la grafica include dei bei background dalle fattezze di un gioco per il PC-98 della NEC o il PC Engine, sempre prodotto dalla medesima leggendaria compagnia giapponese, il tutto composto esattamente come se fosse un bel gioco dei primi anni ’90.
Altro punto da tenere in considerazione, che ci riporta all’epoca d’oro delle visual novel giapponesi, sono i temi che si avvalgono del chip sonoro YM2151, utilizzato nei computer Sharp X68000 e in alcune schede arcade Konami e Sega; i temi sono su uno stile synthpop, a cavallo fra anni ’80 e ’90, che si adatta perfettamente a questo genere in voga in Giappone, cresciuto esponenzialmente grazie soprattutto a computer casalinghi come i già citati PC-98, noto per aver ospitato una miriadi di graphic novel a stampo erotico, o il PC Engine. Tuttavia parlare di erotismo, per quanto giusto, non è tutto, specialmente per il fatto che Oppaidius Summer Trouble! tende a riportare (i giocatori più anzianotti) in estati fatte di divertimento spensierato, nuove scoperte ed esperienze, soprattutto in campo sentimentale e non necessariamente carnale, o per lo meno non nel senso più volgare. A testimonianza di ciò è la lettera che Norihiko Hibino, guest musician che ha lavorato in passato per saghe come Metal Gear, Zone of Enders e Bayonetta, ha voluto dedicare allo sviluppo di Oppaidius Summer Trouble! e allo splendido lavoro fatto da Vittorio Giorgi:

«è bello sapere che molte persone in tutto il mondo continuano ad apprezzare questo tipo di contenuti originariamente creati in Giappone. La canzone che ho composto per Oppaidius Summer Trouble! si intitola “One Summer Memory“, ed è un pezzo che rievoca le belle giornate estive. In Giappone le quattro stagioni sono molto distinte fra loro e il godersi la stagione in corso o ripensare a quelle trascorse è una parte molto importante della nostra cultura. Persino una calma mattinata invernale può richiamare un qualche sentimento nostalgico per le stagioni passate in ognuno di noi. Spero che l’ascolto di questa canzone potrà aiutare le persone ad apprezzare qualsiasi stagione in corso e, in particolare, richiamare una bella giornata estiva. Grazie per l’opportunità di essere parte di questo gioco»

Il grosso della colonna sonora stato composto da Luca della Regina, compositore dello SHMUP italiano in corso di lavorazione Xydonia, mentre i restanti guest musician comprendono Masashi Kageyama (Gimmick!, Sunsoft) e Tsuyoshi Kaneko (Segagaga, Yakuza, Thunder Force IV), entrambi compositori di altissimo rango e apprezzatissimi in tutto il mondo. Inutile dire che il lavoro consegnato è di altissimo livello.

(Da adesso… Solo pensieri innocui… Come due bei cuccioli… Due…)

Tempi migliori

Recensire una visual novel dalle nostre parti è molto difficile, principalmente per il fatto che al di fuori della saga di Ace Attorney e pochi altri giochi, questo genere non ha mai attecchito veramente, ma ciò non toglie che il lavoro compiuto da Vittorio Giorgi, che firma il tutto con il marchio SbargiSoft, è senza dubbio di alta qualità già a primo impatto. Sicuramente potevano essere migliorati molti punti come la longevità, e con esso l’aggiunta di più finali, l’interfaccia grafica del menù iniziale e della galleria e la modalità poker, ma rimane comunque un validissimo acquisto e un ulteriore titolo indipendente italiano che si aggiunge alla sua sempre più vasta scena videoludica nostrana, disponibile al prezzo di 6,99€ su Steam. Chissà se vedremo Oppaidius Summer Trouble! presto su altre piattaforme come Nintendo Switch o Sony PlayStation 4. Se siete interessati alle visual novel di stampo nipponico Oppaidius Summer Trouble! è sicuramente un titolo da non perdere: un’ottima prima opera per Vittorio Giorgi alla quale auguriamo un buon proseguimento di carriera!




Monster Prom

Direttamente dalla Spagna, più precisamente dalla software house catalana Beautiful Glitch, arriva Monster Prom: una simpatica visual novel in cui ci ritroveremo nei panni di liceali che dovranno prepararsi al ballo di fine anno!

Chi scelgo?

Già il nome, Monster Prom, lascia poco spazio all’immaginazione, i protagonisti del gioco sono tratti dai mostri più comuni: vampiri, fantasmi, zombie, lupi mannari e simil-Frankenstein e qualche altra aberrazione di contorno. Il gioco ci mette sin dall’inizio davanti alla scelta del nostro personaggio, selezionabile tra 4 dei giovani mostri a disposizione.

Monster Prom metterà alla prova le nostre abilità seduttive per portare a compimento l’obiettivo del gioco, ossia riuscire a convincere uno dei compagni di liceo a venire con noi al ballo di fine anno… niente di più difficile! Ambientato interamente all’interno di un liceo stereotipale, con mensa, teatro, aule e tutto il contorno, Monster Prom è un gioco basato sulla scelta multipla, che ovviamente alla fine influirà sull’esito della partita. Partendo dal presupposto che è possibile iniziarlo e finirlo in un’unica sessione, il gioco propone, a ogni modo, 2 versioni: breve o lunga (ovviamente la breve è quella che si apprezza di più, perché volendo si potrebbero fare più tentativi, ma scoprirete che proprio per la sua scarsa longevità, molto spesso potrebbe rivelarsi difficile portare a casa la vittoria.)

È tutta una questione di dialettica

Il gioco è suddiviso in giorni, gli stessi che ci dividono dalla data del ballo. Il tempo viene scandito tramite lo svolgimento di una singola azione, ogni giorno, al termine della quale si passerà al giorno successivo e così via, senza alcuna possibilità di riavviare, o ripetere gli eventi già trascorsi, fino al termine della sessione in atto. Come abbiamo detto precedentemente, Monster Prom è completamente ambientato in un liceo, ogni giorno, si potrà scegliere dove voler passare la giornata: libreria, auditorium, classe, giardino, palestra o bagni.

Per riuscire nel nostro difficile intento, dovremo ricorrere alle nostre strategie migliori, scegliere sempre le opzioni giuste che ci porteranno punti a favore dalla persona che desideriamo portare al ballo: prendere le sue difese, appoggiarla nelle discussioni importanti o semplicemente essere buffi o divertenti. La nostra personalità viene ricavata da un paio di domande che ci verranno poste prima che il gioco inizi, e caratterizzerà il nostro main character per quella sessione, determinando anche il personaggio al quale dovremmo indirizzare la nostra attenzione. Una volta definito il profilo del nostro protagonista, ci verranno dati dei punteggi per ognuna di 6 diverse caratteristiche, che aumenteranno o diminuiranno, in base all’andamento dei nostri dialoghi.

La nostra abilità, dovrà essere quella di fare sempre le scelte giuste, che a loro volta genereranno punti caratteristica e/o punti “cuore”, a favore di quel preciso personaggio, in modo da poter assicurarci una compagna, o compagno, per il tanto ambito ballo di fine anno.

Il gioco fornisce anche la possibilità di giocare in multiplayer localmente, o tramite connessione internet creando una partita e generando un ID da comunicare agli altri giocatori con cui desiderate condividere la partita. Purtroppo nulla di interattivo: infatti la modalità “online”, prevede le stesse funzioni di quella locale, quindi semplicemente che da 2 a 4 giocatori, partecipino a una stessa sessione di gioco mediante i turni.

Grafica e Audio

Non c’è che dire, la caratterizzazione dei personaggi è eccezionale; inoltre volerli proporre in questo stile anime/ultimicartonidisneychenonsembranoaffattodisney, risultano molto piacevoli alla vista, un’ottima scelta cromatica per questo horror cartoonesco, con colori che si sposano bene con l’ideologia del teenage-horror movie. Musicalmente il gioco è accompagnato da una melodia allegra che però, rimane sempre la stessa, risultando alla lunga monotona.

Concludendo

Non sono un grandissimo fan delle visual novel, non riesco mai ad appassionarmi a questo stile di gioco ma, d’altro canto, devo anche ammettere che, vuoi per la leggerezza dei temi trattati o dell’ebbrezza nello sfidare il mio ego, ormai sopito da teenager, Monster Prom è stata una delle poche visual novel che non mi hanno costretto al “rage-quit” (aka Alt+F4) dalla partita a causa magari di quei dialoghi interminabili di cui solitamente giochi del genere sono farciti.




Senko no Ronde 2

Uscito qualche mese fa anche in Occidente, Senko no Ronde 2 si presenta come il remake di Senko no Ronde Duo, titolo per Xbox 360 pubblicato nel 2010, ma riservato esclusivamente al pubblico giapponese.
Alla pubblicazione di Senko no Ronde 2 hanno lavorato, oltre a G.rev, gli sviluppatori della saga, anche Kadokawa Games, casa editrice giapponese.

SNR 2 è un gioco di combattimento con caratteristiche bullet hell in cui si impersoneranno dei mecha giganti super-corazzati e armati fino ai denti che si daranno battaglia in un’arena con visuale dall’alto.
Il gioco ci darà l’opportunità di scegliere diverse modalità,dalla modalità storia a quella arcade, da quella online e LAN sino a una modalità chiamata Score Attack.
La storia, prevedibile e poco originale, è ambientata in un futuro post-apocalittico in cui il pianeta Terra è stato reso inospitale e inabitabile da una calamità chiamata “Il Grande Disastro“, che ha costretto tutta la popolazione mondiale a migrare verso delle colonie spaziali, e racconta le vicende di un gruppo di ragazzi alla guida di robot militari che tenterà di recuperare una potente arma sottratta a seguito di  un attacco terroristico.
La modalità storia è praticamente il rifacimento dei fatti accaduti in Senko no Ronde Duo, visto che si tratta di un remake, raccontati in maniera tale da sembrare una Visual Novel classica, con un’alternarsi di scene di dialogo e combattimenti 1vs1.

Sono proprio gli scontri tra robot a essere al centro di questo picchiaduro, battaglie che riescono tutto sommato a risanare i gap della storia. Nelle varie modalità si potranno scegliere 14 diversi mecha, ognuno dei quali possiede diverse abilità, armi (che non possono essere cambiate) e mosse B.O.S.S (mosse finali). Le battaglie si svolgeranno all’interno di una grande arena, in cui si alterneranno una visuale isometrica, per gli attacchi a distanza con armi da fuoco, e una visuale in terza persona, che si attiverà automaticamente nel momento in cui i mecha saranno uno vicino all’altro in occasione degli attacchi corpo a corpo.
Ogni robot ha un set di mosse differenti, chi ha dei laser equipaggiati, chi spara missili e chi invece proiettili al plasma; tutte le armi sono diverse tra loro, così come le mosse B.O.S.S, che permettono di utilizzare una navicella spaziale ancora più grande ed equipaggiata con molte più armi rispetto ai singoli mecha. Ma l’uso di più armi grava sulla mobilità del veicolo che diventa più pesante e più lento, quindi un facile bersaglio per l’avversario che però sarà bombardato da missili e laser. I diversi stili di combattimento, le diverse armi e le varie mosse creano un buon equilibrio tra i personaggi giocabili, che risultano molto versatili in qualunque situazione, anche nelle più difficili.

Altro tasto dolente è sicuramente l’infrastruttura utilizzata per l’online, che non permette alcun tipo di matchmaking: decine e decine di tentativi per riuscire a giocare, ma non si riesce mai a trovare qualcuno per poter provare la modalità 1vs1 in rete, sarà forse colpa della poca utenza occidentale, ma personalmente avrei preferito anche giocare un match con persone d’oltreoceano con relativo lag, pur di giocare online; per confrontarsi con altri giocatori, bisogna, per forza di cose, giocare in LAN oppure utilizzare la modalità Score Attack, una modalità in cui bisogna sconfiggere, in sequenza, dei nemici per riuscire a ottenere il punteggio più alto da poter scrivere sulla leaderboard online.
Il titolo di casa G.Rev non è di certo un capolavoro sul piano grafico, non aspettatevi texture dettagliate o ambienti realistici, ma una grafica semplice, con un character design di discreta fattura. Su PS4 Pro risoluzione e FPS sono ottimi, non si arriverà al 4K, ma per un gioco del genere va più che bene.
Per quanto riguarda il comparto sonoro, invece, sembra ben più curato, con dei pacchetti audio (α e β) che si potranno scaricare direttamente dallo store gratuitamente e si potranno personalizzare le voci di tutti i protagonisti; si va dalla voce più dura e adirata a quella più pacata e dolce. C’è da fare una precisazione però: alcune delle voci che si potranno selezionare, soprattutto per le ragazze, suonano abbastanza “imbarazzanti” per noi occidentali (chissà per i giapponesi), con gemiti e urla che facilmente fraintendibili: ma niente paura, la maggior parte delle voci saranno più che normali.
Senko no Ronde 2 è uno di quei giochi che difficilmente riescono a trovare spazio nel mercato europeo, adatto a una ristretta cerchia di appassionati e che a stento riesce ad avvicinare nuovi giocatori che per la prima volta fanno la conoscenza di questo genere di picchiaduro e soprattutto della serie. Se cercate un gioco che possa offrirvi una struttura online solida, una storia originale e amate la mera competizione online, non dovreste optare per Senko no Ronde 2. Questo titolo, per chi non è appassionato al genere, non è male per passare il tempo, ma a lungo andare potrebbe risultare noioso e ripetitivo.




Il fenomeno Doki Doki Literature Club!

Quasi tre milioni di copie vendute in meno di sei mesi, tantissimi youtuber (italiani e non) l’hanno portato sul loro canale ottenendo tantissime visualizzazioni, la fanbase è già grandissima e da tempo circolano teorie e speculazioni sulla trama. È l’ennesimo gioco tripla A che tutti aspettavano da anni? Tutt’altro, stiamo parlando di un indie prodotto da sole tre persone, e probabilmente sia loro che il prodotto non hanno bisogno di molte presentazioni.
Per chiunque sia estraneo a tutto questo, Doki Doki Literature Club! è una visual novel con elementi di dating sim prodotta dal Team Salvato, uscita nell’autunno del 2017 su Steam, disponibile su Linux, Windows e macOS, ed è anche free to play. Durante l’anno appena passato ha inoltre vinto diversi premi agli IGN Best of 2017 Awards, ovvero Miglior storiaGioco più innovativoMiglior gioco di avventura.
La trama è molto semplice e non sembra essere molto diversa da moltissimi altri titoli dello stesso genere ambientati in Giappone: il nostro protagonista è un normale studente del liceo che, convinto dalla sua amica e compagna di scuola Sayori (classica liceale impacciata ma tenera), entra in un club di letteratura che comprende altre tre ragazze oltre lei: Natsuki, la ragazza timida e impulsiva amante dei manga, Yuri, intelligente ma appartata e Monika, la fondatrice del club, sempre solare e sorridente, molto sicura di sé. All’interno del club, l’attività principale è quella di leggere i testi scritti dai vari membri e commentarli, ed è proprio scrivendo che si attirerà l’attenzione di una ragazza in particolare, a discrezione del giocatore e a seconda delle parole scelte durante un minigioco, finché la suddetta ragazza non inizierà ad avvicinarsi e a stringere un rapporto più serio. Ma dietro quella grafica tenera e colorata si nasconde un’esperienza di gioco tutt’altro che tranquilla e romantica: l’avviso che sconsiglia il titolo a persone che soffrono d’ansia o di cuore, che appare sia prima che dopo l’acquisto, non avrebbe motivo di esistere altrimenti.
Dopo una prima parte dove si familiarizza con le meccaniche e con i personaggi, tutto inizierà a prendere una piega strana, per poi scendere sull’inquietante e raccapricciante, fino a quando non si entra nel vero e proprio horror psicologico dove verranno scosse le basi del gioco stesso, e forse è proprio questo crescendo di paura e distorsione che ha portato così tante persone ad acquistarlo. La mescolanza di generi apparentemente così distanti e la quasi totale distruzione dei canoni delle visual novel ha portato DDLC a superare persino i numeri di Mystic Messenger durante il suo primo anno di vita.
Una delle principali differenze tra Doki Doki Literature Club! e le visual novel più amate è la durata: Clannad per esempio conta più di 50 ore per giocare tutte le route, mentre per Doki Doki ne bastano solo 7 per completarlo al 100%. Altro fattore, sempre relativo al tempo, è l’approfondimento dei personaggi, poiché avendo una durata ridotta si avranno molte meno occasioni per conoscere i membri del club e scegliere il proprio preferito. Poi, ovviamente, c’è la componente horror, che nonostante si inserisca in modo graduale arriva comunque al giocatore come un fulmine a ciel sereno; e per quanto esistano delle visual novel horror come la serie di  Danganronpa, il fattore “paura/ansia”  viene mostrato in modo diverso, meno diretto all’inizio e in maniera quasi esagerata alla fine.
Lo stesso Dan Salvato non si aspettava un feedback così positivo, per quanto il suo obbiettivo fosse quello di unire più categorie proprio per far conoscere le visual novel ad un pubblico più ampio.
Per avere una visuale quanto più completa del titolo (spoiler e teorie comprese) consiglio il video di Parliamo di videogiochi che segue.




Wheels of Aurelia

L’abitacolo di un’automobile è un luogo sicuro, in cui ci si racconta dalle più svariate sciocchezze ai segreti più cupi, come un confessionale da cui possano ammirarsi splendidi paesaggi soleggiati che costeggiano le strade. Queste sensazioni e questa atmosfera sono restituite benissimo da Wheels of Aurelia, gioco concepito dallo studio milanese Santa Ragione, che ha elaborato un gameplay singolare ma, a suo modo, veramente unico e divertente. Questo titolo, già apparso su Steam, Playstation 4Xbox One, è appena arrivato su Nintendo Switch, console ideale per portare questo gioco durante un viaggio in auto o in un qualsiasi altro mezzo in movimento!

«Sulla strada, nella testa scorre il film della tua vita»

Wheels of Aurelia è un gioco con una forte personalità: pieno di battute spiritose consegnate con classe, restituisce il background dell’Italia del 1978 senza alcuno spiegone servendosi di un gameplay congeniale alla finalità. È strano a dirsi ma questo titolo si pone a metà fra un gioco di guida con prospettiva isometrica (un po’ come i vecchi R.C. Pro-AM e Super Sprint) e una visual novel, e questi due elementi si fondono insieme benissimo. Quante volte ci capita in macchina di perdere il filo del discorso quando siamo troppo concentrati alla guida? Oppure, nel caso contrario, quante volte è capitato che degli incidenti si sono verificati per un conducente poco concentrato alla guida? Ecco, parte del gameplay in Wheels of Aurelia è proprio  basata sull’armonia di questi due elementi: dare la giusto equilibrio sia alla guida che alla conversazione in corso all’interno dell’automobile. In realtà l’automobile, se non si preme sull’acceleratore, sarà pilotata automaticamente: l’auto sterzerà a ogni curva, si terrà dritta sulla corsia e manterrà una velocità piacevole e costante in modo da permetterci di concentrarci sulle risposte da dare ai nostri passeggeri che converseranno con noi, anche se di tanto in tanto sarà giusto premere un attimo l’acceleratore per superare i guidatori più lenti. Questo ci dice però che dei due aspetti principali del gioco la conversazione è quella che conta di più; tuttavia sarà necessario, in alcune situazioni, premere l’acceleratore a tavoletta in modo da soddisfare (o non soddisfare) l’obbiettivo che ci viene posto e provare a guidare al meglio delle nostre capacità. A tal proposito, visto che questo titolo si concentra molto di più sulla storia che sul driving, Wheels of Aurelia non propone né una guida da simulatore né una fisica realistica, per il bene dello storytelling non sarà possibile danneggiare la nostra auto né provocare incidenti che fermino le macchine nel loro tragitto; il contatto fra i veicoli non sarà fra i più realistici ma certamente l’obiettivo degli sviluppatori non era certamente consegnare un titolo di guida. La storia vede Lella, una ragazza romana dalle forti tendenze rivoluzionarie, femministe e con una lingua tagliente, andarsene di casa prendendo per la via Aurelia insieme a Olga, una misteriosa ragazza incontrata il giorno prima al Piper e che decide di partire con noi. Durante il viaggio sulla famosa strada statale che collega Roma con la Francia avremo modo di conoscere le personalità e le intenzioni delle protagoniste e degli occasionali autostoppisti tramite il sistema delle conversazioni che, a seconda delle scelte di dialogo che faremo (insieme persino allo stile di guida), ci potranno portare a ben 16 finali diversi. Le scelte da fare sono tante: porterete un autostoppista alla destinazione designata? Farete ciò che il vostro passeggero vi dirà di fare? Direte al passeggero una frase anziché un’altra? Riuscirete a convincere quest’ultimo a fare delle scelte diverse da quelle che ha in mente? Tutto questo vi porterà a rigiocare la campagna più e più volte, alla scoperta di tutti i finali possibili. Anche se la longevità di questo titolo può regalarci diverse ore di gioco, non vi sono grossi incentivi alla rigiocabilità: è un gioco dal gameplay scarno, basato molto sulla storia ed è difficile rigiocare un titolo di cui conosciamo la fine. È un po’ lo stessa cosa che avviene con Phoenix Wright, insomma, poco di bello nel rigiocare i titoli di cui conosciamo sin dall’inizio i colpevoli. Molte delle tematiche presenti sia nei dialoghi presenti nel gioco che nei finali si rifanno a molti temi o eventi relativi all’Italia di quei anni: dai più seri, come il rapimento di Aldo Moro, Paolo VI, l’aborto, il massacro del Circeo e l’astio fra giovani rivoluzionari e neofascisti, ai più sciocchi come la musica di quegli anni, il “lavoro” dei preti, l’incoerente cristianità di alcuni comunisti italiani e persino l’incoerenza di quei palermitani che tifano per le squadre del nord! Il contesto storico è sempre presente, ben elaborato, presentato sempre con dialoghi intelligenti, spiritosi e che ricordano un certo senso le avventure grafiche della Lucasarts nello humor. Nella storia – e nel suo background storico – Wheels of Aurelia è veramente curatissimo, in grado di restituirvi al 100% quell’atmosfera tipica dell’Italia degli anni di Andreotti, del terrorismo e in generale di quel disordine politico. Sono tematiche abbastanza scottanti, persino nel 2017, e Santa Ragione merita un applauso per aver creato una storia ambientata in questo contesto storico travagliato e che non è mai stato utilizzato per una storia in un videogioco.

«Mi piaceva far casino, sognare la guerriglia»

Le illustrazioni 2D dei personaggi che appaiono a destra e sinistra, principalmente per indicare con chi sta parlando Lella, sono molto belle e, a uno stile fumettoso, che si rifà principalmente a Lancio Story e a Intrepido, ci riportano esattamente nel periodo in cui questo stile era in esplosione. Quel che riguarda il comparto grafico 3D, sviluppato col motore Unity, è abbastanza semplice da dire: mantiene uno stile molto grazioso, minimale per ciò che riguarda i modelli 3D ma comunque molto vibrante, colorato e, in un certo senso, in tono con le illustrazioni, un po’ come se fosse l’estensione dello stile stesso. È possibile scegliere, all’inizio della nostra avventura, diverse auto: alcune saranno disponibili sin dalla prima run del gioco, altre verranno sbloccate a seconda dei finali ottenuti. Sicuramente per gli sviluppatori non è stato possibile acquisire le licenze per le vetture, tuttavia i modelli delle auto si rifanno alle più in voga negli anni 70; fra le auto ci è possibile trovare dei modelli similissimi alla Fiat 127, Renault 4, Citroen 2 Cavalli, la Lancia Stratos, l’Alfa Romeo Giulietta della polizia del 1978 e persino la Piaggio Ape a tre ruote! Le città nelle quali passiamo attraverso, come Roma, Bracciano, Civitavecchia, Siena, Piombino e Viareggio, non sono dettagliate ma, come un po’ per la fisica di questo gioco, non è necessario che le strade siano geograficamente curate; tuttavia le città saranno facilmente distinguibili visto che certi elementi tipici, come le mura di Siena e le industrie di Piombino, sono ben visibili negli ambienti e, pur con poco riguardo alla precisione geografica, sono inseriti con cura e in modo che il giocatore possa notarli e distinguere le città. Per rendere il tutto ancora più vintage e “datato” è possibile sbloccare, dopo aver ottenuto giusto una buona manciata di finali, la modalità “bianco e nero”, la modalità “1978” che ci mostra il tutto come se fosse un bel tubo catodico con tanto di angoli smussati e la modalità “scenica” che ci permette di zoomare e ruotare la telecamera; mixate tutto questo (visto che è possibile attivare queste tre modalità contemporaneamente) e avrete non solo un videogioco ma anche un perfetto film noir d’avanguardia dei tempi! Il sonoro si basa principalmente sulle stazioni radio all’interno della nostra auto: anche qui nulla su licenza (anche se in questo caso sarebbe stato favoloso) ma abbiamo diversi pezzi creati appositamente per il gioco. In questo comparto il gioco esplode consegnando dei pezzi semplicemente eccellenti, in tono con le sonorità impregnate di beat e progressive rock inglese dei tempi (che in Italia diventavano italiani) e dai testi eversivi e pieni di rabbia. Se non avessi saputo che questi pezzi sono degli inediti composti appositamente per il gioco da Niccolò Sala, compositore dei pezzi alla radio, li avrei facilmente scambiati per dei pezzi dei New Trolls, Formula 3, PFM, Circus 2000 e altri di quel periodo; c’è anche spazio per i cantati dolci alla Mina e anche per il synthpop, genere che di lì a poco sarebbe esploso. Chi adora il rock progressivo ma in generale la musica italiana degli anni ’70, troverà la colonna sonora di questo gioco (ascoltabile gratuitamente su bandcamp) semplicemente spettacolare: un ulteriore elemento per rendere l’immersione negli anni ’70 ancora più viva!

Un gioco per pochi?

Sentir parlare male di questo gioco sarà veramente difficile, specialmente per dei giocatori italiani che conoscano il contesto storico del gioco. A tal proposito però – ma questo è un problema che poco ci riguarda – può essere difficile da apprezzare per un utente straniero; Wheels of Aurelia è un gioco molto vicino alla storia italiana e dubito che i diversi riferimenti storici possano essere colti da persone che non conoscono la storia di questo paese, specialmente del 1978. Se è per questo, anche l’italiano presentato in questo titolo è un italiano molto colloquiale, giusto un pizzico datato, e che riesce a cogliere le sfumature sia sociali che regionali. Insomma, è un qualcosa che noi italiani possiamo amare ma che forse, al di fuori del Belpaese, difficilmente potrà essere apprezzato. Inoltre, per via del suo gameplay ibrido e abbastanza sperimentale, questo titolo potrebbe non appassionare certi giocatori: è un gioco adatto per gli amanti delle avventure grafiche e per chi adora sperimentare le diverse opzioni di dialogo per ottenere finali sempre diversi, non di certo per gli amanti dei giochi automobilistici o per un pubblico più casual. Wheels of Aurelia potrebbe rimanere un titolo di nicchia ma in fondo va bene così: soltanto chi apprezza il suo contesto storico sarà in grado di di amare a pieno questa avventura e sarà in grado di amare questo gioco anche nei suoi piccoli difetti, che ci porta a lodare senza ombra di dubbio l’ottimo lavoro di Santa Ragione.




To The Moon

Che valore hanno i sogni? Che valore hanno i nostri ricordi? Scambiereste un ricordo autentico con il ricordo con un sogno mai realizzato? Probabilmente alcuni oggi accetterebbero lo scambio; di certo non pochi lo fanno nell’universo di To the Moon, nel quale la Sigmund Corporation è riuscita nell’intento di manipolare i ricordi a piacimento e offre questo genere di servizi a clienti in punto di morte (per non causare dissonanze cognitive ai sottoposti), aiutandoli a esaudire i propri desideri irrealizzati. Nel caso in questione, tocca agli scienziati Neil Watts ed Eva Rosalene rendere reale – quantomeno sul piano mnemonico – il desiderio dell’anziano John: andare sulla Luna.Velleità infantile, atavica, anche banale a primo acchito. Vien da pensare al desiderio istintivo del bambino che guarda il mondo con occhio disincantato e dichiara di voler fare l’astronauta, da grande.
Ma non sta ai due esperti giudicare il proprio cliente: entrambi devono limitarsi a connettersi alla memoria di John per risalire alla motivazione primigenia da cui è scaturito il desiderio, e far leva su quella per far sì che diventi reale – almeno sotto forma di ricordo – nella convinzione che non ci sia nulla che non si possa ottenere se animati da una forte motivazione. Ma già dal primo ricordo emerge ben poco, così Neil ed Eva si trovano a dover andare sempre più a ritroso – con non poche difficoltà – fino all’infanzia di John nella speranza di trovare la chiave del problema.

Temi (im)portanti

In questo viaggio al termine dei ricordi, Neil ed Eva si addentreranno nel vissuto più profondo di John, in un intrecciarsi di relazioni umane che va dall’amico più fidato al suo unico, vero amore, River, passando per quelle familiari, relazioni che imprimono il primo marchio nel percorso dell’esistenza. Temi comuni a ogni essere umano, ed è proprio dietro la maschera dell’ordinarietà che si annidano le storie speciali. Tramite una storia di vita senza alcun tratto apparentemente straordinario, Kan Gao riesce a trattare temi profondi e delicati: dicevamo del rapporto tra desiderio e memoria, e su entrambi gli argomenti emergono importanti interrogativi (abbiamo il diritto di non assecondare desideri altrui perché ci paiono ingiusti nei nostri confronti? Il valore dei nostri desideri è superiore a quello dei nostri ricordi?). Proprio sul tema della memoria, il racconto sembra oscillare tra il Gondry di Eternal Sunshine of the Spotless Mind – in cui è al centro il tema della rimozione dei ricordi dolorosi – e il Nolan di Memento e Inception – rispettivamente per il meccanismo del viaggio mnemonico à rebours e per il sistema a livelli in cui si struttura il percorso a ritroso nei ricordi – tralasciandone però la componente filosofica e per calcare la mano su quella emozionale. Certo non è un terreno semplice: John desidera aver innestato un nuovo ricordo per esaudire il proprio desiderio, ma la memoria non è una stanza illuminata a giorno, è anzi zeppa di zone d’ombra, è un terreno scosceso disseminato di crateri, non diversamente dalla Luna, la cui parte oscura è perfetta allegoria di quel subconscio in cui si nascondono i ricordi rimossi. E così è anche per John, come scopriranno i nostri scienziati.
Il tema si intreccia senza forzature a un altro ancor più spinoso e certamente meno noto, quello della Sindrome di Asperger. È una delle scelte più meritevoli di To The Moon, probabilmente il primo videogame a mettere in primo piano una simile patologia, e a ciò si aggiunge il merito di averla trattata con delicatezza inaspettata e rifuggendo ogni banalità, non facendo dei soggetti affetti da simili caratteristiche dei freak ma, al contempo, non puntando su un facile binomio autismo-genialità che, nel caso in questione, avrebbe costituito una comoda scappatoia. Tratti dell’Asperger sono stati del resto rintracciati in uomini di genio del calibro Darwin, Newton, Lewis Carrol, van Gogh, Tesla, Einstein, Syd Barrett ed è curioso trovare una simile patologia – parente stretta dell’autismo, e che comporta difficoltà sul piano sociale e comunicativo – in un videogame, essendo quelli dell’informatica e della produzione videoludica settori che vedono un discreto numero di soggetti interessati.

Novel, Visual & Sound

Seppur robuste e importanti, le tematiche da sole non potrebbero mai bastare; ragion per cui è il caso adesso di soffermarsi su quello che è un aspetto cruciale di opere atte a raccontare una storia attentamente pensata, dagli intenti autoriali, ovvero il meccanismo narrativo. Come nel caso di molti titoli di non facile inquadramento, si dibatte infatti su dove incasellarla fra chi la inserirebbe nel largo calderone delle avventure grafiche punta e clicca e chi la definirebbe una mera visual novel. Al di là di ogni definizione, possiamo certamente osservare che To The Moon consta di meccanismi propri dei punta e clicca sul piano tecnico ma di un dipanarsi del gameplay che lo avvicina più a quello delle visual novel: gli enigmi sono infatti quasi inesistenti mentre l’interazione con l’ambiente circostante è massima e finalizzata a ottenere ulteriori dettagli sulla trama. Le uniche, piccole sfide di gioco presenti consistono in piccoli puzzle da ricomporre tra un ricordo e l’altro e in una sfida di Whack-a-mole al Luna Park, ma si tratta di divertissment che non hanno rilevanza alcuna ai fini del completamento del gioco, il quale finisce col basarsi sostanzialmente sulla pura narrazione. Ed è proprio su questo piano che il titolo trova la sua forza, nella trattazione sapiente di tematiche importanti, rifuggendo la banalità e mettendo in sequenza eventi con un attento lavoro di regia videoludica che ben scandisce i tempi del racconto, utilizzando una scrittura elegante che riesce a equilibrare la profondità dei dialoghi con vari momenti di leggerezza (fondamentale, in tal senso, è la carica di sarcasmo e ostentato cinismo fornita dal Dr. Watts, a cui è affidata una piccola linea comica). Alcuni limiti del titolo sono però al contempo però rintracciabili proprio in fase di scrittura perché, se da un lato Kan Gao riesce a offrire un racconto raffinato e bilanciato, dall’altro canto questo manca in parte di quello spessore che ci aspetteremmo una volta alzata l’asticella dell’autorialità, non raggiungendo altissime vette di scrittura né offrendo dialoghi o monologhi memorabili.
La parte testuale rimane comunque un punto forte del titolo, che si arricchisce di richiami alla contemporaneità (dal Lorenzo von Matterhorn di How I Met Your Mother a Twilight fino ai vari “Hadouken”, “Kamehameha” e “Hulk Smash” citati da Neil Watts nei momenti di apertura di un varco tra un ricordo e l’altro) e che viene assolutamente completata da una colonna sonora straordinariamente intensa, basata su composizioni di pianoforte capaci di caricare emotivamente testi comunque già solidi e di regalare atmosfere sognanti e trasognate: il leitmotiv del titolo – composto dallo stesso Kan Gao, autore dell’intera soundtrack – vi resterà impresso a lungo, come del resto la dolcezza di Everything’s alright, l’unico brano cantato dalla voce carezzevole di Laura Shigihara.
La grafica 16-bit, che ricorda da vicino vecchi titoli come Secret of ManaFinal Fantasy o Chrono Trigger, essendo il titolo sviluppato con RPG maker, si armonizza perfettamente in quest’impianto, contribuendo all’unicità di un titolo che, nonostante una grafica affatto originale, risulta ormai facilmente riconoscibile dopo pochi secondi di gioco.

Un Mobile poco mobile

Sviluppato nel 2011, il gioco è stato oggi riproposto in versione mobile, e per l’occasione è stato risviluppato con motore Unity, con un leggero lavoro sulle grafiche e l’aggiunta di alcuni piccoli sistemi in-game come work log, qualche implementazione nei ricordi e poco altro. A parte queste implementazioni – nessuna di vero rilievo, in verità –  emergono alcuni difetti di questa versione nel sistema di movimento, più lento e farraginoso rispetto a quello del pc, certamente ancora ottimizzabile, così come lo sono i dialoghi, per i quali non è possibile accelerare la velocità di lettura, difetto che spezza non poco il ritmo di gioco e che potrebbe penalizzare non poco un titolo che richiede predisposizione alla lettura e pazienza (specie in relazione agli standard odierni). Nulla che una buona patch non possa migliorare, e già gli sviluppatori hanno annunciato aggiornamenti, soprattutto perché la versione in italiano era stata lanciata sullo store con qualche problema tecnico che gli utenti non hanno mancato di ravvisare.

Dalla Terra alla Luna

Il viaggio dalla Terra alla Luna narrato da Jules Verne è certamente agli antipodi rispetto a quello narrato in To The Moon, tutt’altro che legato alla narrativa avventurosa o alla fantascienza dei primordi, ma certamente ha in comune un tratto concettuale, quello della sfida esistenziale, della battaglia quotidiana per la realizzazione dei sogni che vede al centro la forza di volontà, motore immobile per l’esaudimento di ogni desiderio.
I momenti di riflessione davanti agli interrogativi posti dalla storia si alternano agilmente a quelli in cui sono le emozioni a farla da padrona, in un climax che porterà anche i cuori più duri ad avvicinarsi alla storia d’amore tra John e River non meno che ai grandi messaggi che il titolo vuole veicolare e ricordare, per utilizzare un verbo appropriato, sulla falsariga di quanto sosteneva Edward Morgan Foster quando affermava che “unless we remember, we cannot understand”. 
To The Moon è un titolo certamente raro nel panorama videoludico mondiale: a Kan Gao va il grande merito di aver creato un’opera videoludica che unisce profondità tematica e abilità di scrittura in un quadro di grande armonia, sostenuto da una colonna sonora raffinata, con composizioni che si imprimono nel cuore del giocatore e lo accompagnano con levità fino alla fine della storia. Un piccolo astro luminoso che non si può far a meno di ammirare e che continuerà a lungo a splendere nel firmamento degli indie games.