Call of Duty: Black Ops 4 e la presa di coscienza

Sono passati dieci anni da quando il primo Call of Duty: Black Ops arrivò sui nostri schermi, riuscendo a sorprendere critica e pubblico per un single player accattivante e un multiplayer che però, con i successivi capitoli, venne stravolto, sfruttando elementi fantascientifici che ne minarono la qualità.
Call of Duty: Black Ops 4 era atteso, soprattutto per avere conferma alle tante dicerie susseguitesi in queste ultime settimane. «È il CoD più ricco e rigiocabile di sempre»; questa è stata la frase più ricorrente nella conferenza di presentazione dedicata direttamente alla community. Black Ops 4 dunque rivoluziona il franchise e forse, è il primo di una nuova stirpe di FPS, completamente dedicata all’online. Partiamo proprio da qui, da quell’abbandono della classica campagna che essenzialmente, risponde un po’ alle mode del momento. Lo stesso David Vonderhar (Game Designer Director di Treyarch) non si è sbottonato più di tanto sui perché di tale assenza, forse in fin dei conti, non ce n’era bisogno: sentiamo da mesi, forse anni, che il single player così come lo conosciamo, non si sposa più con le esigenza della massa. Fortunatamente le eccezioni esitono (basti vedere Prey o Wolfenstein II: The New Colossus), ma la tendenza è ormai segnata.
Questo non vuol dire però che Call of Duty: Black Ops 4 non sarà dotato di impianto narrativo: il tutto sarà ambientato tra il secondo e terzo capitolo, con linee sottili di trama che collegheranno tutto l’impianto ludico del titolo. Tutto si baserà su degli incarichi che fungono da pretesto per prendere confidenza con le novità, scoprendo nel frattempo, piccoli retroscena sui vari personaggi. Ma basterà a darne un senso?

Tutti giù per terra

È inutile girarci intorno: la novità più apprezzata dalla community è sicuramente l’abbandono del jetpack. Nonostante sia sempre ambientato nel futuro, Black Ops 4 segna un netto distacco col passato, favorendo un gameplay più classico e sicuramente meno frenetico. Tutto ciò ovviamente non avrà un minimo di fondamento narrativo – e ci mancherebbe… – e sancisce una volta per tutte come la community di un videogioco sia fondamentale nello sviluppo di un nuovo titolo.
Se a prima vista, tutto sembra esattamente com’era, facendo attenzione si scorgono tante piccole novità, a cominciare da un numero più elevato di specialisti e abilità che portano il gioco ad avvicinarsi a concorrenti un tempo distanti: è possibile utilizzare onde d’urto in grado di spazzar via i nemici o estendere in men che non si dica barriere in grado di difendere noi e i nostri compagni; queste e altre migliorie, portano il titolo a essere più tattico, anche se sempre legato a vecchi stilemi, fatti di frenesia e pluri uccisioni come Steven Segal insegna. Modifiche sostanziali sono intervenute nel feeling con le armi e al loro rinculo, reso sicuramente più accentuato e meno “arcade” nella sua gestione. Questo porta a rivedere le proprie considerazioni sulle armi  in dotazione: Black Ops 4 avrà la più vasta gamma di armamenti mai vista in un CoD, contando su tutte quelle presenti nei capitoli precedenti più, ovviamente, le novità presenti in questo. Con una così vasta scelta, e il loro aggiornato comportamento, sperimentare tutto l’armamentario presente porterà ancora più profondità o magari riscoprire l’utilizzo di qualcosa che prima scartavamo a priori.

Benvenuti a Zombieland

Prima di arrivare al piatto forte delle novità, dobbiamo fare una sosta in una delle modalità più sorprendenti di Call of Duty: la modalità Zombie. Elemento più caciarone dell’offerta, questa modalità si è districata tra tanti capitoli e via via ha riscosso sempre più successo; era naturale un ulteriore e massiccia evoluzione in Black Ops 4. Prima di tutto partiamo dalla mole di contenuti, ben tre campagne disponibili già al lancio, più altre rilasciate tramite DLC successivamente. Probabilmente, l’aver lasciato da parte la modalità single player, ha permesso di usufruire di maggiori risorse e questo, lo si vede sopratutto nel gameplay, con maggiore enfasi dato al melee e alla maggiore fisicità.
Tutto si basa sui viaggi nel tempo e sull’inedità crew estremamente diversificata. Abbiamo avuto modo di vedere ambientazioni all’interno del Titanic e nell’antica Roma, estremamente diverse sia nel level design che negli obbiettivi.
Sembra esserci tanta carne al fuoco, ma bisognerà verificare l’effettiva varietà e il supporto post-lancio.

Quello che volevate (e che meritate)

Siamo in piena era battle royale e ovviamente questo successo, non poteva che minare le basi su cui poggiano i franchise più importanti. Il primo a cedere alla moda del momento è dunque Call of Duty: Black Ops 4 che, con la sua modalità Blackout, vuole dire la sua in questo difficile campo di battaglia.
Non si sa ancora molto: la mappa di gioco sarà grande 1500 volte Nuketown e conterrà tutti gli elementi che hanno caratterizzato tutte le precedenti mappe. Nella volontà di Treyarch c’è quella di voler inserire tutti i mezzi possibili, tra aerei, veicoli su ruote e navali. Tutto ciò si scontrerebbe con diversi fattori: il primo è il ritmo di gioco, ben lontano dalle caotiche partite principali e sarà interessante testare l’efficacia del gameplay da questo punto di vista. Il secondo è quello tecnico: si vociferà già delle limitazioni in termine di numero di partecipanti, massimo 32 giocatori contro i consueti 100. Siamo ancora nel campo dei rumor, ma di certo gli sviluppatori non aiutano, asserendo che per il momento “non vogliamo parlare di numeri”. Staremo a vedere.
Infine, è la piega che potrebbe prendere il mercato: sta forse passando un po’ sottotraccia, ma in fin dei conti, stiamo assistendo a un colosso come Activision adeguarsi alle circostanze, senza provar a far qualcosa di nuovo. Se sul piano economico è un mossa tutt’altro che discutibile, considerando anche che non sappiamo ancora quali siano le effettive novità apportate al genere (ammesso che ce ne siano), fa specie come uno dei più grossi esponenti dell’industry non abbia tirato fuori un asso dalla manica, in grado di far vera concorrenza ai vari Fortnite e Player Unknown Battlegrounds. Forse può essere considerato un segno di debolezza pericoloso, lanciando la tendenza “dell’andare sul sicuro” che rischia di appiattire ancor di più il mercato, preferendo i soldi alle idee. Certo, può anche esser visto nel senso opposto, quello in cui vede Treyarch fare la voce grossa, “dando una bella lezione” ai protagonisti del momento. Anche qui, non ci resta che attendere gli esiti.

Call of Duty: Black Ops 4 segna dunque un decisivo cambio di rotta per lo sparatutto Activision. Numerose novità, anche azzardate, come l’abbandono del single player, potrebbero segnare una nuova via per gli FPS, aspettando anche il reveal del suo concorrente diretto Battlefield V. L’interesse più grande ricade sopratutto nella modalità Blackout, che segna l’entrata in scena di CoD nelle battle royale, sperando di vedere nuova linfa per il genere.
Call of Duty: Black Ops 4 arriverà il 12 Ottobre su PS4, Xbox One e PC, ma non dove ve lo aspettereste. Questo capitolo segna anche l’addio a Steam per abbracciare Battle.net. Questo permetterà, oltre a risparmiare il 30% dei ricavi destinati a Valve, anche di usufruire di tutti gli aspetti social del portale. La versione PC conterà inoltre di server dedicati. Anche questo passaggio di consegne è abbastanza rilevante: se da un lato si guadagnerebbe di più, dall’altro, si potrà contare su un numero inferiore di utenti. Ma per questi calcoli, dobbiamo attendere i primi dati.




Microsoft annuncia l’Xbox Adaptive Controller

Microsoft ha presentato l’Xbox Adaptive Controller, pensato principalmente per le persone con disabilità motorie. Il prodotto presenta due grandi pulsanti programmabili e ben 19 jack che possono essere usati per collegare una vasta gamma di joystick, tasti e switch per facilitare l’uso per chi voglia giocare su Xbox One e PC con Windows 10.
Ne parla a proposito Solomon Romneylearning specialist di Microsoft nato senza dita nella sua mano sinistra:

«Posso personalizzare l’uso dell’Xbox Adaptive Controller esattamente come voglio. Se voglio giocare usando i miei piedi, posso farlo. Posso far sì che i controlli si adattino al mio corpo, ai miei bisogni e posso cambiarli a mio piacimento. Puoi collegarci ciò che vuoi ed essere subito pronto per giocare, non ci vuole molto. È davvero un controller semplice.»

L’Xbox Adaptive Controller verrà messo in commercio entro la fine dell’anno, al costo di 99,99$.




Grand Theft Auto V ha venduto quasi 95 milioni di copie

Durante l’ultima conference call di Take Two, è stato annunciato che Grand Theft Auto V è vicino all’incredibile risultato di 95 milioni di copie vendute.
Stando all’azienda statunitense, parte del successo è dovuto ai continui aggiornamenti gratuiti di GTA Online, che non smette di mietere successo e che si appresta a vivere il suo anno più remunerativo di sempre.

Il titolo ha portato guadagni pari a 6 miliardi di dollari nelle casse di Take Two, e risulta essere uno dei titoli di più successo nella storia dei videogiochi, tanto da apparire ancora nelle classifiche dei giochi più venduti in America e nel Regno Unito dopo 5 anni dall’uscita.




A novembre sarà il turno di RIDE 3

Con RIDE, Milestone ha sicuramente fatto centro: un “Gran Turismo delle moto”, riportando in auge quanto fatto dalla stessa Polyphony Digital con Tourist Trophy su PlayStation 2. Se il primo capitolo è stato un buon tentativo è col secondo che le cose si sono fatte interessanti, con una struttura ludica più matura e soprattutto la realizzazione di un gran numero di moto, vincendo il Guinness World Record per il maggior numero di moto su licenza presenti in un videogame.
RIDE 3 alzerà ulteriormente l’asticella e, puntando ancor di più sull‘Unreal Engine 4, porterà la migliore esperienza motociclistica videoludica mai vista.
Il numero delle moto arriverà a 230, suddivise in sette categorie mentre, le piste saranno 30, di cui 12 inedite. Nella realizzazione dei circuiti reali è stata utilizzata la tecnologia Drone Scanning System, utilizzata anche in MotoGP 18, per una riproduzione certosina di ogni minimo dettaglio. La varietà è garantita, spaziando da piste famose come Laguna Seca, a tracciati su sterrato e cittadine e per la prima volta, gare in notturna.
Ancora più importanza è stata data alla personalizzazione, non solo estetica: oltre 500 parti saranno modificabili, dai freni ai cerchioni più un editor per le livree, da condividere all’interno della community.
L’utilizzo del nuovo motore grafico permetterà un’evoluzione tecnica tangibile, con una migliore qualità di rendering, migliori effetti particellari e nuovo sistema di luci.

RIDE 3 uscirà l’8 Novembre su Steam, PS4 e Xbox One.




Dusty Rooms: La storia di Panzer Dragoon Saga

Sfuggire ai giochi classici, a oggi, è quasi impossibile; grazie alle mini console, ai remake, remastered e re-relase, che siano virtuali o fisiche, è possibile ripercorrere a ritroso la strada che ci ha portato al gaming moderno. Ci sono però casi in cui è impossibile recuperare un determinato gioco, come ad esempio quando un titolo ha una particolare licenza o è impossibile risalire al developer o publisher originale, e per tanto sperare in un rilascio odierno, che sia migliorato o “al naturale”, diventa molto difficile. Come se non bastasse, alcuni titoli, cui all’assenza nelle console odierne si unisce a una probabile magra tiratura, finiscono per costare un accidente su eBay e perciò recuperare certi titoli per gli hardware originali diventa semi-impossibile… Si passa praticamente dalla padella alla brace! Grazie all’avvento di internet, emulatori e hard/softmod varie per retroconsole è stato possibile riscoprire molti titoli dimenticati e tanti franchise, dati ormai per dimenticati, sono inaspettatamente tornati; ne sono esempio Splatterhouse, l’imminente Shaq-Fu, Shenmue 3 o Nights: Journey of Dreams.
Tuttavia, nonostante siamo in piena riscoperta del retrogaming, manca ancora all’appello un gioco, uno che appare di continuo nelle liste dei migliori RPG di tutti i tempi e persino fra i primi 50 migliori 100 giochi di tutti i tempi su IGN (nel 2005 e 2007) e che, a oggi, ha assunto uno status semi-leggendario; stiamo parlando di Panzer Dragoon Saga (o Azel: Panzer Dragoon RPG in Giappone), titolo del 1998 sviluppato dal Team Andromeda e pubblicato da Sega sulla loro console dei tempi: il Sega Saturn. Molti dei titoli della sfortunata console 32-bit, che nel tardo 2000 è diventata una delle console più in voga fra i retrogamer, hanno visto diversi rilasci per Xbox Live Arcade o PSN (vedi Guardian Heroes, Radiant Silvergun e Fighting Vipers) ma questo particolare titolo è rimasto relegato al Saturn e forse lo sarà per sempre. Come mai non è possibile fruire di questo titolo in un media moderno?

La bestia in catene

Il Sega Saturn ebbe un discreto successo in occidente ma decisamente migliore in Giappone, tanto da vendere più del Nintendo 64 in quello specifico territorio; Panzer Dragoon, lo sparatutto su rotaie sullo stile di Star Fox, era uno dei titoli più in voga e uno di quelli in grado di vendere il sistema e Sega, ne prese atto. Nel 1995, poco dopo il rilascio del primo titolo, il Team Andromeda, che era dietro il suo sviluppo, su decisione del produttore Yoji Ishiji si divise in due: uno, meno numeroso, lavorò al sequel “puro”, ovvero Panzer Dragoon Zwei, l’altro, quasi il doppio, avrebbe dovuto usare l’immaginario dell’universo di Panzer Dragoon per farne un RPG. Si sapeva già che Squaresoft stava già lavorando su Final Fantasy VII e sapendo che il VI (Final Fantasy III negli Stati Uniti) era stato un successo strepitoso, non solo dovevano lanciare un competitore nel mercato ma anche fare di tutto per superarlo. Il gioco, anche se era già pronto nel 1997 e la sua uscita fu posticipata per non competere con Grandia (che fino al 1999 rimase un’esclusiva per la console Sega), fu rilasciato nel Gennaio 1998 in Giappone e Aprile e Giugno, rispettivamente, in Nord America e Europa; nonostante il Saturn fosse già semi-abbandonato in occidente non mancarono alcuni speciali in alcune riviste ma il suo rilascio, nonostante non fu totalmente sottotono, fu totalmente eclissato dai più accessibili titoli PlayStation. Il progetto era molto ambizioso e anche dalle sole immagini promozionali e di gameplay, dall’art-style e dal semplice fatto che il gioco fosse “diviso” in 4 compact disc – eh si… i tempi in cui le dimensioni contavano! – si capiva che non era un gioco come tutti gli altri. Panzer Dragoon Saga fu uno dei primi RPG della generazione 32/64-bit interamente in 3D e il “famoso 2D” del Saturn fu usato solo per rendere pochi effetti come i raggi laser del drago o i colpi di pistola del personaggio. Altri RPG, come Grandia o il concorrente Final Fantasy VII, ricorrevano alla grafica 3D prerenderizzata e il direttore del titolo, Yukio Futatsugi, disse persino che un gioco del genere era impossibile da produrre su PlayStation, specialmente per la sua particolare palette di colori (più cupa rispetto ai colori solari della concorrenza). Il Sega Saturn espresse il suo vero potenziale in termini di grafica, che sulla carta superava la console Sony in molti aspetti, ma i veri punti di forza di questo titolo erano indubbiamente la storia e il suo unico sistema di combattimento.
Panzer Dragoon Saga narra la storia di Edge, un mercenario assunto dall’Impero per proteggere una squadra di archeologi in cerca di reliquie di un’antica civiltà tecnologicamente avanzata; gli scavi portano alla luce una lastra in cui una strana ragazza, che poi scopriremo chiamarsi Azel, è “incastonata” al suo interno (un po’ come Han Solo nel blocco di carbonite), ma un misterioso commando criminale capitanato da un certo Lord Craymen stermina tutte le persone sul luogo e ruba la preziosa scoperta. Edge viene colpito da un colpo di pistola e cade in una profondissima gola ma, sorprendentemente, riesce a sopravvivere e lì, proprio quando viene circondato da dei misteriosi droni ancestrali si fa avanti un misterioso dragone alato che lo salva e lo riporta in superfice; i pensieri di Edge e del drago sono stranamente sincronizzati, riesce a controllarlo senza dovergli dire nulla ed è come se esistesse una precedente affinità con la creatura volante. Il nostro protagonista, in groppa allo strano dragone, va alla ricerca della ragazza sperando di vendicare, nel processo, i suoi amici ma l’impero conosce il valore di ciò che Craymen ha rubato e perciò è disposto a seminare il panico in tutti i suoi territori per impossessarsi della ragazza e raggiungere la misteriosa torre, di cui si parla tanto all’inizio della narrazione, prima della flotta ribelle.

Fatta un po’ di pratica con i comandi base, visto che nelle fasi di esplorazione in volo dovremmo tenere conto degli ambienti anche in altezza, ci verrà fatto un lungo tutorial sul sistema di combattimento. A primo acchito può sembrare troppo minuzioso ed eccessivo ma a ogni battaglia impareremo tranquillamente a sfruttarne ogni aspetto (senza contare che questo è rivisitabile in ogni momento). Nella schermata di combattimento, per ciò che riguarda l’attacco, dobbiamo aspettare che almeno una delle nostre tre barre, similarmente a Final Fantasy, si riempia e una volta piena possiamo far corrispondere un’azione: fra queste troviamo l’attacco laser del drago, che prende di mira più obiettivi ma non potentissimo, una raffica di proiettili della pistola di Edge, che ne prende di mira solo uno per un attacco più potente e concentrato, l’utilizzo di un oggetto dall’inventario, il cambio dell’arma impugnata e gli attacchi speciali detti “Berserk”, che consumano punti magia (in questo gioco propriamente chiamati Berserk points). A questi è collegata l’ultima e la più interessante azione, ovvero il cambio della classe del drago. Negli RPG classici si combatte spesso in team e ognuno dei suoi componenti ha delle qualità che compensano le mancanze di altri: il guerriero è forte ma non pratico con le magie, il mago può scagliare degli incantesimi ma cade giù come una pera cotta, il ladro è tattico ma manca di forza fisica, etc… In Panzer Dragoon Saga siamo soli con il nostro drago e perciò, qualora una barra sarà piena, possiamo cambiare le sue peculiarità: possiamo renderlo più forte in attacco diminuendo la potenza delle sue magie, possiamo puntare tutto sulla difesa sapendo che ciò farà riempire le barre più lentamente, puntare tutto sullo spirito (ovvero la magia) trascurando gli attacchi principali e colpire solo con gli attacchi berserk, etc… Il cambio della classe, a ogni modo, è totalmente modulare e perciò è possibile investire, ad esempio, quel che basta nell’attacco senza sacrificare troppo l’agilità e lo spirito. A seconda di come sistemeremo qualità del drago avremo dei diversi degli attacchi berserk (che piano piano il nostro drago imparerà salendo di livello): potremmo scagliare dei laser incontrollabili se dominerà l’attacco oppure semplicemente rinforzare la nostra corazza se decideremo di puntare di più sulla difesa. Insomma, le possibilità sono infinite a seconda del nostro stile di gioco.

Ma la vera peculiarità del sistema di combattimento di Panzer Dragoon Saga, che lo fa spiccare fra tutti gli RPG concorrenti, è il suo sistema di azione in tempo reale. Le battaglie si svolgono sempre in aria e perciò i nostri nemici sono sempre in movimento. in basso al centro della schermata d’azione, accanto alle tre barre, c’è una sorta di radar circolare che indicherà la nostra posizione rispetto al nemico che è rappresentato al centro; a sua volta, questo cerchio è diviso in 4 settori che si illumineranno di verde o rosso a seconda della “pericolosità della posizione” (esistono anche le zone di nessun colore che rappresentano il neutro): le prime sono zone sicure e stando lì, se il nemico attacca, si subiscono meno danni ma non è detto che siano anche le migliori per attaccare; ci sono volte in cui sono proprio i settori in rosso, i più rischiosi, dove potremo infliggere più danni al nemico perciò, quando si presentano situazioni di questo tipo, ci toccherà attaccare e subito spostarci in una zona più sicura per evitare i loro attacchi più potenti. Infine, così come i nostri obiettivi hanno le nostre stesse tre barre (anche se non sono visibili), i nemici possono decidere di spostarsi stravolgendo i settori perciò, parallelamente a costruire la nostra strategia durante la battaglia, dobbiamo sempre stare attenti a ciò che succede nel campo di battaglia e, pertanto, muoversi di conseguenza. Sono pochi gli RPG di stampo giapponese in grado di restituire un’azione così veloce, così vicina a un action e il sistema di combattimento di Panzer Dragoon Saga non è stato ancora emulato in nessun altro titolo. Le battaglie sono chiaramente l’attrattiva principale e, nonostante possa sembrare complicato, molti neofiti di questo genere videoludico possono trovare in questo titolo delle meccaniche accessibili, che prendono tanto dallo rail-shooter (genere, appunto, dei primi due titoli della saga) e dunque che possa essere una perfetta transizione da un gameplay frenetico, alla quale si potrebbe essere solitamente più abituati, a uno in cui bisogna pensare prima di agire, sempre, però, con una certa velocità. I veterani del genere troveranno in questo capitolo un diamante nascosto, un RPG da un art-style finissimo, una storia spettacolare che prende un po’, oseremo dire, da Star Wars, Blade Runner e Mad Max, una colonna sonora mastodontica che sposa in tutto e per tutto ciò che è questo gioco e un sistema di combattimento, che abbiamo elogiato abbastanza, semplicemente al di fuori di ogni normale schema e pertanto che merita assolutamente di essere riscoperto. Ovviamente non vogliamo anticiparvi alcun risvolto di trama ma vi assicuriamo che ogni battaglia, anche la più insignificante, sarà sempre emozionante ed è ciò che rende Panzer Dragoon Saga semplicemente un gioco fuori dal comune.

I tesori… costano!

Ma ora, purtroppo, dobbiamo toccare un lato incredibilmente spiacevole per coloro che si sono incuriositi leggendo queste righe e vogliono mettere le mani su questo spettacolare RPG, ovvero la reperibilità. Alle poche unità di Saturn in occidente sono corrisposte altrettante poche unità di questo spettacolare titolo: in Nord America sono state prodotte 20.000 copie che sono state liquidate in pochissimo tempo e perciò ne sono state prodotte poche altre migliaia ma, ovviamente, non si arriva di certo al milione; in Europa la situazione è ancora più tragica in quanto, in tutto il territorio PAL, sono state prodotte solamente 1000 copie, senza alcuna ristampa successiva. Panzer Dragoon Saga, sebbene accontentò i non pochi possessori di Saturn, non riuscì ad attirare nessun nuovo giocatore nonostante i punteggi positivissimi sulle riviste. Matt Underwood, che lavorò alla localizzazione di questo titolo, disse che i toni post-apocalittici del gioco e l’art-style particolarissimo allontanò persino coloro che avrebbero potuto prendere in considerazione l’acquisto della console; le visual del gioco erano ben distanti da ciò che andava di moda ai tempi (basta guardare lo stile anime dei personaggi di Final Fantasy VII) e perciò, secondo lui, Panzer Dragoon Saga rimase un gioco di nicchia per la nicchia, un gioco forse così “avant-garde” da non poter essere goduto dallo scenario del gaming di quei tempi. I prezzi per le copie PAL e NTSC-U sono ormai alle stelle, fra le 500 e le 600€, perciò chi ha intenzione di possedere questo gioco dovrà sborsare parecchio! Una soluzione per i collezionisti si potrebbe presentare con la copia giapponese, decisamente più accessibile in termini di denaro, ma potrete usarla solo in una console NTSC-J o in Saturn europei o americani muniti di Action Replay o di una qualche modifica; inoltre, essendo un RPG, sarà importantissimo seguire la storia e perciò, se non conoscete la lingua giapponese, dovrete probabilmente lasciar perdere anche questa copia.
E allora, visto che questo gioco è così popolare su internet e fan di ogni dove chiedono questo gioco a gran voce a Sega: perché questo titolo è ancora un esclusiva Saturn? Ricordate quando all’inizio dell’articolo quando abbiamo detto che certi giochi non possono essere ripubblicati per diversi motivi? Uno di questi è la perdita del codice sorgente e Panzer Dragoon Saga rientra proprio in questo caso; Yukio Futatsuji è a conoscenza della grosso “culto” formatosi nell’era post-Saturn ma a causa della perdita di quest’ultimo è impossibile fare un porting a meno che non si ricostruisca il gioco dalle fondamenta e, con buona probabilità, Sega difficilmente finanzierà un progetto di una saga, purtroppo, nota a pochi. Arrivati in questi casi, ed è veramente uno estremo, se non volete spendere oltre le 500€ per una copia usata (sempre che sia in condizioni buone) non ci resta altro che scaricare, ahimè, la ISO della versione europea, o americana, del titolo e giocarla su computer o masterizzarla e godersela più fedelmente in una console in grado di leggere i backup. I giochi per Saturn ormai non sono più in commercio da tantissimo tempo e dunque, anche se ciò che faremo non è proprio etico, non arrecheremo alcun danno economico a Sega. Fra le due alternative vi consigliamo la seconda perché l’emulazione del Saturn, nonostante siano passati diversi anni, è ancora imperfetta per via del complicato sistema degli 8 processori interni; soltato i computer più potenti sono in grado di emulare bene i giochi per questa console e perciò la migliore soluzione potrebbe presentarsi con un insolito acquisto dell’hardware originale. Sarebbe fantastico poter giocare a Panzer Dragoon Saga con la confezione e i dischi originali ma se i prezzi su eBay sono decisamente fuori dalla portata del giocatore medio e Sega non ha alcuna intenzione di fornire questo prodotto in maniera ufficiale per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch o Steam; a noi non rimangono altro che queste strade poco ortodosse. Purtrppo, forse, Panzer Dragoon Saga è e sarà per sempre un’esclusiva per Sega Saturn.




NieR Automata in arrivo su Xbox One?

Secondo vari rumor anonimi vicini al sito Jeuxvideo, pare che NieR Automata possa arrivare anche su Xbox One. L’RPG di Platinum Games, sviluppato dall’eccentrico Yoko Taro, è uscito lo scorso anno per PC e Playstation 4, ottenendo un successo sia di vendite che di critica.
Considerando che non esiste un accordo di esclusività tra Sony e Square Enix, publisher del titolo, e che il sito francese in passato abbia beccato alcuni giochi in arrivo sulla console di casa Microsoft, le voci potrebbero presto diventare realtà. Senza dimenticare che fra qualche settimana si svolgerà l’E3 2018, non è impossibile aspettarsi un annuncio ufficiale da parte della casa giapponese, magari direttamente dal palco del Los Angeles Convention Center.




Cartucce speciali in edizione limitata per il 30esimo anniversario di Mega Man

Capcom collaborerà con iam8bit per produrre cartucce funzionanti per NES e SNES di Mega Man 2 e Mega Man X in occasione del 30esimo anniversario della saga del Blue Bomber; i preorder sono già aperti ma queste chicche arriveranno solamente a Settembre 2018. Le cartucce saranno prodotte in serie limitata e costeranno 100$ a pezzo: 7500 cartucce di Mega Man 2 saranno color blu opaco e altrettanto numero in bianco opaco per quanto riguarda Mega Man X, mentre altre 1000, per entrambi i prodotti, saranno di un blu semi-trasparente, fosforescente più scuro e saranno distribuite in maniera casuale all’interno di scatole non numerate. Ricevere l’una o l’altra versione delle cartucce è solo questione di fortuna!

La forma della cartuccia di Mega Man X ci suggerisce che, forse, queste funzioneranno esclusivamente su NES e SNES americani; non ci sono informazioni riguardo alla compatibilità ma, con buona probabilità, potrebbero funzionare solamente su console d’oltreoceano.

La scatola di Mega Man 2 ha una copertina apribile in due parti mentre quella di Mega Man X si apre in tre (un po’ come le confezioni di alcuni LP); entrambi i prodotti includeranno un booklet, rispettivamente con le prefazioni del collezionista Salvatore Pane e lo youtuber Jirard Khlil (più noto come “The Completionist“), e altre “retro-sorprese” che saranno note agli acquirenti solamente una volta ricevuto il prodotto.

Questo annuncio avvia il “Mega May” promosso da Capcom, indicando che, durante questo mese, ci saranno ben altre sorprese per i fan del Blue Bomber, specialmente con l’E3 dietro l’angolo. Il robottino più famoso del gaming ritornerà in questo 2018 con Mega Man 11, un gioco inedito che uscirà più tardi per PC, Playstation 4, Xbox One e Nintendo Switch.




Shadow of the Tomb Raider: tutti i dettagli

Come annunciato un paio di settimane fa, il nuovo Tomb Raider è stato annunciato ufficialmente, accompagnato da un trailer – purtroppo in CGi – dove cominciare a speculare sul nuovo titolo Eidos Montreal – conosciuti per il reboot di Deus Ex – visto che Crystal Dynamics è impegnata assiduamente su un altro franchise.
Il terzo capitolo Shadow of the Tomb Raider ci porta nella misteriosa terra dominata a suo tempo dalla civiltà Maya, della quale superstiti sembrano esserci ancora oggi. Scorci mozzafiato con le classiche piramidi ma anche piccole cittadine abitate, faranno da contorno alle nuove avventure di Lara Croft, arrivata a un bivio importante.
Da quel che traspare, Lara ha abbandonato la vecchia se stessa, insicura e inesperta per divenire un soldato perfetto, quasi priva di morale e rimorsi dopo aver fatto fuori un nemico. Qualcuno potrebbe pensare – anche leggendo il motto “The end of beginning” – che finalmente siamo giunti alla Croft che abbiamo conosciuto tanti anni fa, eppure c’è qualcosa di diverso. Queste sensazioni però, andranno approfondite sicuramente più avanti; quel che sappiamo è che l’archeologa cercherà vendetta nei confronti di Trinity, l’ordine che da tempo immemore, ha come obbiettivo quello di governare il mondo. Ma ci sarà anche un’apocalisse Maya da scongiurare.
Shadow of the Tomb Raider sarà un’evoluzione di quanto sviluppato finora, ma l’esperienza del nuovo team porterà sostanziali novità: probabilmente verrà dato maggior risalto alle fasi stealth, interagendo con l’ambiente circostante così da sorprendere i nemici. Proprio l’ambiente potrà essere nostro alleato e, a quanto promesso, sarà il più ricco e interattivo della serie. Vengono introdotte anche sezioni subacquee esplorative che fanno pendant a una nuova e più complessa ricerca delle tombe Maya.

Rilasciate anche informazioni sulle edizioni che troveremo nei negozi: Standard Edition, Collector’s Edition, Croft Edition, Digital Croft Edition, Digital Deluxe Edition e la versione Steelbook. Tra i contenuti speciali, per gli amanti dei collezionisti, l’immancabile action figure di Lara, un apribottiglia a forma di piccone, una torcia, colonna sonora su CD e, in game, tre nuove armi e nuovi costumi.

Insomma: Shadow of Tomb Raider potrebbe riservarci moltissime sorprese, a cominciare dalla narrazione che vedrà la protagonista compiere scelte “azzardate” e l’ambientazione, che potrebbe regalarci alcune delle più belle immagini di questa generazione. Attendiamo dunque il prossimo E3 per vedere del gameplay fatto e finito.




Che novità apporterà la nuova generazione di console?

Sono ormai giorni che non si fa altro che parlare delle possibili nuove console che probabilmente usciranno tra il 2019 e il 2020, ma nessuno sa effettivamente quali caratteristiche avranno, che componenti monteranno, la data d’uscita e soprattutto le novità che apporteranno nel mondo del gaming.
Meno di un anno fa sono state messe in commercio le versioni 2.0 delle console di Sony e Microsoft, le corrispettive PlayStation 4 Pro e Xbox One X. Queste due console hanno fatto indubbiamente passi avanti, portando lo standard di risoluzione dal FullHD (1920×1080) all’UltraHD (3840×2160), ma non basta. Infatti le nuove console riescono a far girare giochi abbastanza pesanti in UHD o giù di lì, ma ancora con un frame rate che fatica a superare la soglia dei 30 FPS per la maggior parte dei titoli.

La PS4 Pro al suo interno monta una CPU AMD Jaguar da 8 core con una frequenza di clock di 2,13 GHz, una GPU, che si basa su AMD Radeon, da 4,20 TFLOPS, e 8 GB di RAM DDR5, mentre la controparte Microsoft monta componenti più performanti, come una versione della Jaguar custom con una frequenza di 2,3 GHz, una GPU, anche questa custom, da ben 6 TFLOPS e 12 GB di RAM. Queste specifiche hanno permesso una grande evoluzione tecnologica: infatti, Xbox One X riesce a riprodurre quasi tutti i titoli in 4K nativo raggiungendo, in alcuni casi, anche i 60 FPS, mentre PS4 Pro sfrutta la tecnologia dell’upscaling, che permette una miglior risoluzione rispetto ai 1080p, ma non sufficiente per arrivare ai 2160p di Xbox One X. Questo cosa significa?
Semplice, le nuove console che arriveranno nei prossimi anni avranno, ovviamente, delle specifiche simili, ma molto più elaborate e potenti. Questo comporterebbe un passaggio immediato dai 1080p 30 FPS ai 2160p 60 FPS, segnando un nuovo standard: quello dell’UHD.
Di recente molte testate di settore hanno cominciato a fare le loro scommesse sulle componenti che monteranno le nuove console, discutendo soprattutto dell’ipotetica PlayStation 5. Si pensa che la nuova console Sony vedrà la luce a partire dal 2020 – magari nel mese di novembre – e monterà la nuova tecnologia AMD Navi, nuova architettura GPU, che dovrebbe offrire a PS5 la bellezza di 11 TFLOPS, e una CPU Ryzen octa-core a 7 nm; mentre per quanto riguarda il lato dello storage potrebbe montare un quantitativo di RAM pari a 16 GB e l’adozione della tecnologia SSD, consentendo una maggior velocità sia di lettura che di scrittura.
L’accoppiata di CPU e GPU permetterà sicuramente di avere delle performance migliori  (si ipotizza di avere una potenza pari a 15 TFLOPS) rispetto alla Jaguar, che ormai ha i suoi anni (circa cinque), e alle GPU custom utilizzate, consentendo una più pulita e fluida fruizione della risoluzione UHD con un frame rate stabile e molti più dettagli.
Mentre per ciò che riguarda il mondo Microsoft, non sono trapelati alcun tipo di rumor sulle caratteristiche future della console, che si potrebbe chiamare Xbox Two. Ma nelle scorse ore si è parlato di un annuncio di lavoro pubblicato dalla stessa Microsoft, che sta cercando degli ingegneri che possano lavorare allo sviluppo delle memorie DRAM e alla loro implementazione su un’ipotetica console.
Microsoft, come d’altronde Sony, sta già lavorando allo sviluppo della nuova console, che potrebbe avere delle caratteristiche molto simili a quelle di PlayStation 5.
Ma in tutto questo, Nintendo cosa farà?
Sicuramente la grande N non starà con le mani in mano e già qualche settimana fa si vociferava di una possibile nuova console: Switch Pro. Si tratterebbe sempre di una console ibrida, praticamente uguale a Switch, ma con alcuni aggiornamenti hardware, come il processore, che potrebbe diventare il nuovo Tegra X2 di Nvidia, uno schermo con una maggiore risoluzione e un maggior quantitativo di RAM. Questi upgrade potrebbero anche potenziare Switch in modalità fissa, implementando una GPU proprio all’interno del dock di ricarica, permettendo una migliore resa grafica e performance migliori quando sarà collegata direttamente alla TV.

Adesso però passiamo alle nuove funzionalità che PS5 e Xbox Two potrebbero avere, come la retrocompatibilità. Questa funzione è già stata implementata da Microsoft lo scorso anno, rendendo retrocompatibile la console, consentendo agli utenti di recuperare titoli datati senza dover aspettare un remake o una remastered. PS5 e Xbox Two dovrebbero adottare questa caratteristica, permettendo almeno di gustarsi giochi della console corrente senza dover per forza possederne una.
Questa novità permetterà non solo di continuare a vendere giochi per PS4 e Xbox One anche ai possessori della nuova console, ma anche di evitare di concentrarsi sulla produzione di remastered e remake che forse hanno un po’ annoiato il pubblico, tornando a sfornare titoli nuovi, innovativi che possano sfruttare appieno l’hardware messo a disposizione.
Se quindi per Microsoft non è una novità, PS5 consentirà finalmente di giocare i prossimi titoli in uscita, come Cyberpunk 2077, The Last of Us Parte 2 o Death Stranding, oltre ai tanti videogame che ci hanno accompagnato nella nostra infazia o adolescenza.
Come farebbe PS5 a essere retrocompatibile fisicamente senza il supporto ottico? Ebbene, il disco fisico non si abbandonerà, probabilmente perché l’utenza non è ancora sufficientemente pronta per accogliere al meglio il cloud gaming o l’acquisto di giochi totalmente in edizione digitale o, ancora, una mera scelta di marketing.
Questo però non porterà Sony a mettere completamente da parte il cloud gaming, non imponendolo come standard e utilizzando anche il supporto ottico.

Passiamo però alla vera rivoluzione di questa generazione di console apportata da Sony: la realtà virtuale, un nuovo universo che ha preso piede grazie al PlayStation VR. PS5 potrebbe essere un trampolino di lancio per la realtà virtuale, molto più di PS4, apportando delle modifiche hardware che permetteranno una migliore resa grafica e una serie di nuove tecnologie migliorate nel tempo, come un nuovo sistema di tracking.
E se Microsoft presentasse un proprio visore o, ancora meglio, riesca a terminare lo sviluppo di HoloLens per console – magari molto meno costosi – ? Staremo a vedere nelle prossime conferenze.

Alla fine della fiera, non sembra esserci un vero e proprio passo avanti rispetto alle attuali console. Probabilmente è più da considerarsi un aggiornamento delle attuali console. Ma se il prezzo di vendita resterà intorno alla fatidica cifra di 399€ sarà possibile avere un’esperienza in game stabile, fluida e soprattutto piena di dettagli, e in quel caso, l’acquisto di una console di nona generazione non sarebbe da sottovalutare.




Limbo

Il Limbo: un luogo senza pena e senza beatitudine divina, nella concezione dantesca; un vero e proprio Inferno per il protagonista dell’omonimo gioco.
Limbo è un puzzle-platform in 2D firmato Playdead, uscito per la prima volta nel 2010 per Xbox 360, per poi arrivare su PS3, PS4, Xbox One, PC, iOS e da un paio d’anni anche su smartphone e tablet Android. Tirare in ballo Dante non risulta una forzatura, molte sono le similitudini tra le ambientazioni della Divina Commedia e Limbo. A partire dal primo mezzo utilizzato dal nostro protagonista, un’imbarcazione che ricorda quella di Caronte, il traghettatore di anime che conduce Dante e Virgilio nel Limbo, fino alla presenza di soli bambini, probabilmente morti prima di ricevere il battesimo; lo stesso titolo, Limbo, fa riferimento al primo cerchio dell’Inferno e quindi richiama alla memoria direttamente l’opera dantesca. L’approccio al mondo di Limbo è alquanto diretto, e a tratti spiazzante: non ci sono introduzioni che spieghino perché il protagonista si trovi in quell’inquietante mondo in bianco e nero, nel quale si sveglia confuso, disorientato, spaventato, senza alcun preambolo. L’unica cosa che possiamo fare è accompagnarlo in questo viaggio, sperando che quest’incubo finisca presto. Il gioco non presenta alcuna narrazione esplicita, l’unico accenno alla trama lo troviamo nella descrizione del gioco presente in alcuni store: «Incerto del fato della sorella, un ragazzo entra nel LIMBO.» E in effetti nel corso del gioco si incontrerà presto una figura femminile, di cui andremo alla ricerca sino alla fine, muovendoci in un ambiente buio e ostile.

Ogni area è disseminata di trappole e ostacoli, dalle semplici buche iniziali da saltare sino a seghe circolari e complessi macchinari con i quali bisognerà giocare con la gravità per poter andare avanti, passando per alcuni personaggi come bambini armati di frecce e sassi e un minaccioso ragno gigante. Se da un lato il titolo gode di puzzle ben congegnati e di un level design studiato ad arte, quel che fa la differenza in termini di gameplay sta probabilmente in un attento studio della fisica, che induce il giocatore a essere quanto più preciso nell’affrontare determinate fasi di gioco, grazie anche all’engine Box2D, che risulta estremamente efficace allo scopo, e a un’architettura dei rompicapo che non risulta mai frustrante nonostante si basi su un meccanismo “die and try”: alla prima run sarà inevitabile infatti fallire un bel po’ di volte, ma si avrà la soddisfazione di superare anche le zone più difficili una volta fatte proprie le dinamiche e le tempistiche del relativo rompicapo. Limbo non presenta dei livelli o delle pause tra un’ambientazione e l’altra, ma è completamente lineare e il cambio di ambientazione non risulta mai forzato.

Dopo la pubblicazione di Limbo, sono nate diverse teorie sulla trama: c’è chi pensa che il protagonista sia morto e che abbia qualche “conto in sospeso”, rappresentato dalla figura della sorella, chi che entrambi i fratelli siano morti e che lui stia semplicemente cercando di ricongiungersi alla sorella, chi addirittura ipotizza che il mondo di Limbo sia stato creato dalla mente di un bambino che ha subito abusi o traumi. Gli sviluppatori non hanno rilasciato alcuna interpretazione ufficiale, e questi misteri rendono ancora più interessante un gioco che risulta in ogni suo aspetto suggestivo.
Ad amplificare la componente arcana del titolo c’è anche un comparto grafico che porta in scena un mondo di ombre interamente in bianco e nero con sfumature di grigio nel quale tutto appare rarefatto e indecifrabile: neanche il nostro protagonista ha un volto, risultando una mera sagoma vagante in un universo ostile. Nonostante l’uso dei colori risulti dunque estremamente essenziale, non si ha mai un senso di monotonia o di ripetitività, giovandosi di un art style accattivante e con ambienti eterogenei, da fitte foreste nere a fabbriche tetra passando per luminose insegne di Hotel.

Il comparto sonoro fa certamente il paio con quanto detto sinora: non troviamo alcuna pomposa o elaborata soundtrack, l’audio è essenziale ma efficace, basato su ronzii, scricchiolii, rumori ambientali e altri particolari che possono essere goduti al meglio giocando con dei buoni headset alle orecchie. Il principale difetto di Limbo risiede forse in una non sempre lineare armonia nella successione dei puzzle, che si fanno improvvisamente più complessi rispetto ai precedenti in certi punti (specie nella parte centrale); alcuni hanno visto anche dei difetti nella scarsa longevità e nella mancanza di una vera e propria trama, che sono però in realtà due tratti coerenti con le intenzioni dello sviluppatore: se da un lato, infatti, 4 o 5 ore di gioco risultano congrue in un titolo indipendente e zeppo di puzzle sfidanti, dall’altro la scelta di lasciare implicita una storia consente maggior spazio all’interpretazione dei giocatori e accresce il livello di suggestività dell’opera.
Con un’ambientazione accattivante e un sonoro minimale ma ricercato che si amalgamano benissimo in un’atmosfera inquietante e sinistra, Limbo è un titolo che unisce divertimento, ritmo e un buon livello di sfida, risultando uno dei migliori puzzle game degli ultimi anni, superato – fra i pochi – dal suo successore spirituale, l’acclamato Inside che, nella sua bellezza, serba un profondo debito nei confronti del titolo precedente.