Che valore hanno i sogni? Che valore hanno i nostri ricordi? Scambiereste un ricordo autentico con il ricordo con un sogno mai realizzato? Probabilmente alcuni oggi accetterebbero lo scambio; di certo non pochi lo fanno nell’universo di To the Moon, nel quale la Sigmund Corporation è riuscita nell’intento di manipolare i ricordi a piacimento e offre questo genere di servizi a clienti in punto di morte (per non causare dissonanze cognitive ai sottoposti), aiutandoli a esaudire i propri desideri irrealizzati. Nel caso in questione, tocca agli scienziati Neil Watts ed Eva Rosalene rendere reale – quantomeno sul piano mnemonico – il desiderio dell’anziano John: andare sulla Luna.Velleità infantile, atavica, anche banale a primo acchito. Vien da pensare al desiderio istintivo del bambino che guarda il mondo con occhio disincantato e dichiara di voler fare l’astronauta, da grande.
Ma non sta ai due esperti giudicare il proprio cliente: entrambi devono limitarsi a connettersi alla memoria di John per risalire alla motivazione primigenia da cui è scaturito il desiderio, e far leva su quella per far sì che diventi reale – almeno sotto forma di ricordo – nella convinzione che non ci sia nulla che non si possa ottenere se animati da una forte motivazione. Ma già dal primo ricordo emerge ben poco, così Neil ed Eva si trovano a dover andare sempre più a ritroso – con non poche difficoltà – fino all’infanzia di John nella speranza di trovare la chiave del problema.
Temi (im)portanti
In questo viaggio al termine dei ricordi, Neil ed Eva si addentreranno nel vissuto più profondo di John, in un intrecciarsi di relazioni umane che va dall’amico più fidato al suo unico, vero amore, River, passando per quelle familiari, relazioni che imprimono il primo marchio nel percorso dell’esistenza. Temi comuni a ogni essere umano, ed è proprio dietro la maschera dell’ordinarietà che si annidano le storie speciali. Tramite una storia di vita senza alcun tratto apparentemente straordinario, Kan Gao riesce a trattare temi profondi e delicati: dicevamo del rapporto tra desiderio e memoria, e su entrambi gli argomenti emergono importanti interrogativi (abbiamo il diritto di non assecondare desideri altrui perché ci paiono ingiusti nei nostri confronti? Il valore dei nostri desideri è superiore a quello dei nostri ricordi?). Proprio sul tema della memoria, il racconto sembra oscillare tra il Gondry di Eternal Sunshine of the Spotless Mind – in cui è al centro il tema della rimozione dei ricordi dolorosi – e il Nolan di Memento e Inception – rispettivamente per il meccanismo del viaggio mnemonico à rebours e per il sistema a livelli in cui si struttura il percorso a ritroso nei ricordi – tralasciandone però la componente filosofica e per calcare la mano su quella emozionale. Certo non è un terreno semplice: John desidera aver innestato un nuovo ricordo per esaudire il proprio desiderio, ma la memoria non è una stanza illuminata a giorno, è anzi zeppa di zone d’ombra, è un terreno scosceso disseminato di crateri, non diversamente dalla Luna, la cui parte oscura è perfetta allegoria di quel subconscio in cui si nascondono i ricordi rimossi. E così è anche per John, come scopriranno i nostri scienziati.
Il tema si intreccia senza forzature a un altro ancor più spinoso e certamente meno noto, quello della Sindrome di Asperger. È una delle scelte più meritevoli di To The Moon, probabilmente il primo videogame a mettere in primo piano una simile patologia, e a ciò si aggiunge il merito di averla trattata con delicatezza inaspettata e rifuggendo ogni banalità, non facendo dei soggetti affetti da simili caratteristiche dei freak ma, al contempo, non puntando su un facile binomio autismo-genialità che, nel caso in questione, avrebbe costituito una comoda scappatoia. Tratti dell’Asperger sono stati del resto rintracciati in uomini di genio del calibro Darwin, Newton, Lewis Carrol, van Gogh, Tesla, Einstein, Syd Barrett ed è curioso trovare una simile patologia – parente stretta dell’autismo, e che comporta difficoltà sul piano sociale e comunicativo – in un videogame, essendo quelli dell’informatica e della produzione videoludica settori che vedono un discreto numero di soggetti interessati.
Novel, Visual & Sound
Seppur robuste e importanti, le tematiche da sole non potrebbero mai bastare; ragion per cui è il caso adesso di soffermarsi su quello che è un aspetto cruciale di opere atte a raccontare una storia attentamente pensata, dagli intenti autoriali, ovvero il meccanismo narrativo. Come nel caso di molti titoli di non facile inquadramento, si dibatte infatti su dove incasellarla fra chi la inserirebbe nel largo calderone delle avventure grafiche punta e clicca e chi la definirebbe una mera visual novel. Al di là di ogni definizione, possiamo certamente osservare che To The Moon consta di meccanismi propri dei punta e clicca sul piano tecnico ma di un dipanarsi del gameplay che lo avvicina più a quello delle visual novel: gli enigmi sono infatti quasi inesistenti mentre l’interazione con l’ambiente circostante è massima e finalizzata a ottenere ulteriori dettagli sulla trama. Le uniche, piccole sfide di gioco presenti consistono in piccoli puzzle da ricomporre tra un ricordo e l’altro e in una sfida di Whack-a-mole al Luna Park, ma si tratta di divertissment che non hanno rilevanza alcuna ai fini del completamento del gioco, il quale finisce col basarsi sostanzialmente sulla pura narrazione. Ed è proprio su questo piano che il titolo trova la sua forza, nella trattazione sapiente di tematiche importanti, rifuggendo la banalità e mettendo in sequenza eventi con un attento lavoro di regia videoludica che ben scandisce i tempi del racconto, utilizzando una scrittura elegante che riesce a equilibrare la profondità dei dialoghi con vari momenti di leggerezza (fondamentale, in tal senso, è la carica di sarcasmo e ostentato cinismo fornita dal Dr. Watts, a cui è affidata una piccola linea comica). Alcuni limiti del titolo sono però al contempo però rintracciabili proprio in fase di scrittura perché, se da un lato Kan Gao riesce a offrire un racconto raffinato e bilanciato, dall’altro canto questo manca in parte di quello spessore che ci aspetteremmo una volta alzata l’asticella dell’autorialità, non raggiungendo altissime vette di scrittura né offrendo dialoghi o monologhi memorabili.
La parte testuale rimane comunque un punto forte del titolo, che si arricchisce di richiami alla contemporaneità (dal Lorenzo von Matterhorn di How I Met Your Mother a Twilight fino ai vari “Hadouken”, “Kamehameha” e “Hulk Smash” citati da Neil Watts nei momenti di apertura di un varco tra un ricordo e l’altro) e che viene assolutamente completata da una colonna sonora straordinariamente intensa, basata su composizioni di pianoforte capaci di caricare emotivamente testi comunque già solidi e di regalare atmosfere sognanti e trasognate: il leitmotiv del titolo – composto dallo stesso Kan Gao, autore dell’intera soundtrack – vi resterà impresso a lungo, come del resto la dolcezza di Everything’s alright, l’unico brano cantato dalla voce carezzevole di Laura Shigihara.
La grafica 16-bit, che ricorda da vicino vecchi titoli come Secret of Mana, Final Fantasy o Chrono Trigger, essendo il titolo sviluppato con RPG maker, si armonizza perfettamente in quest’impianto, contribuendo all’unicità di un titolo che, nonostante una grafica affatto originale, risulta ormai facilmente riconoscibile dopo pochi secondi di gioco.
Un Mobile poco mobile
Sviluppato nel 2011, il gioco è stato oggi riproposto in versione mobile, e per l’occasione è stato risviluppato con motore Unity, con un leggero lavoro sulle grafiche e l’aggiunta di alcuni piccoli sistemi in-game come work log, qualche implementazione nei ricordi e poco altro. A parte queste implementazioni – nessuna di vero rilievo, in verità – emergono alcuni difetti di questa versione nel sistema di movimento, più lento e farraginoso rispetto a quello del pc, certamente ancora ottimizzabile, così come lo sono i dialoghi, per i quali non è possibile accelerare la velocità di lettura, difetto che spezza non poco il ritmo di gioco e che potrebbe penalizzare non poco un titolo che richiede predisposizione alla lettura e pazienza (specie in relazione agli standard odierni). Nulla che una buona patch non possa migliorare, e già gli sviluppatori hanno annunciato aggiornamenti, soprattutto perché la versione in italiano era stata lanciata sullo store con qualche problema tecnico che gli utenti non hanno mancato di ravvisare.
Dalla Terra alla Luna
Il viaggio dalla Terra alla Luna narrato da Jules Verne è certamente agli antipodi rispetto a quello narrato in To The Moon, tutt’altro che legato alla narrativa avventurosa o alla fantascienza dei primordi, ma certamente ha in comune un tratto concettuale, quello della sfida esistenziale, della battaglia quotidiana per la realizzazione dei sogni che vede al centro la forza di volontà, motore immobile per l’esaudimento di ogni desiderio.
I momenti di riflessione davanti agli interrogativi posti dalla storia si alternano agilmente a quelli in cui sono le emozioni a farla da padrona, in un climax che porterà anche i cuori più duri ad avvicinarsi alla storia d’amore tra John e River non meno che ai grandi messaggi che il titolo vuole veicolare e ricordare, per utilizzare un verbo appropriato, sulla falsariga di quanto sosteneva Edward Morgan Foster quando affermava che “unless we remember, we cannot understand”.
To The Moon è un titolo certamente raro nel panorama videoludico mondiale: a Kan Gao va il grande merito di aver creato un’opera videoludica che unisce profondità tematica e abilità di scrittura in un quadro di grande armonia, sostenuto da una colonna sonora raffinata, con composizioni che si imprimono nel cuore del giocatore e lo accompagnano con levità fino alla fine della storia. Un piccolo astro luminoso che non si può far a meno di ammirare e che continuerà a lungo a splendere nel firmamento degli indie games.